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Visualizza Versione Completa : Blair:ecco le prove contro l'Iraq.L'intervento è una scelta morale.Il ruolo dell'ONU



Studentelibero
04-09-02, 10:37
http://image.guardian.co.uk/sys-images/Politics/Pix/mps_/2001/03/20/tony_blair128.jpg

SEDGEFIELD (Inghilterra) - Tony Blair ha esposto le ragioni per cui l’intervento militare contro l’Iraq si farà. Era molto attesa la conferenza stampa convocata per ieri a Sedgefield, collegio elettorale del premier nel Nord dell’Inghilterra, in un paesaggio bucolico di pascoli che ha rimpiazzato il fosco orizzonte delle miniere. Era attesa perché si pensava che Blair annunciasse un viaggio a Washington, nella convinzione che, da colomba, volesse convincere il falco George Bush a cercare una nuova risoluzione dell’Onu prima di muovere contro Saddam Hussein. Nulla di tutto ciò: Blair, facendosi carico del compito di chiarezza che spetterebbe forse al presidente americano, ha detto invece che non c’è tempo da perdere. Non è ancora una dichiarazione di guerra all'Iraq, ma la spiegazione del perché la guerra sia inevitabile. E sarà una «guerra morale»: sarebbe colpa grave, infatti, chiudere gli occhi.
E’ sottile il ragionamento che Blair propone, spaccando in due il capello: prima di parlare di guerra, dice, vogliamo ammettere che l’Iraq è «un pericolo reale, unico», perché «trasgredisce palesemente» nove risoluzioni dell’Onu, manca di ottemperare a 23 domande su 29, ha usato armi di distruzione di massa contro i vicini e il suo stesso popolo? Sì, Saddam è una minaccia, dice Blair, «e, se gli permettiamo di continuare, minaccerà non solo per i Paesi confinanti, ma il mondo intero». Affrontare il problema Iraq, per ogni governante responsabile, è perciò questione d’interesse nazionale. Sul modo d’affrontarlo, ammette Blair, ci dev’essere un dibattito e «molte ragionevoli domande» (non quelle degli antiamericani per pregiudizio) dovranno avere una risposta. Per inciso, il premier britannico promette la pubblicazione, nel giro di qualche settimana, di un dossier sulle prove raccolte sul riarmo di Saddam. Ma non illudiamoci, il dibattito non è aperto a due opzioni opposte, guerra o pace: secondo il premier britannico, non c’è alternativa all’uso della forza.
Punto primo. Il contenimento non funziona più, perché gli ispettori non visitano più, da anni, l’Iraq. E’ noto che ora Saddam s’è ammorbidito: ancora ieri il suo vice, Tarek Aziz, ha incontrato a Johannesburg il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, e il presidente francese, Jacques Chirac (che ha ribadito la sua posizione, ossia che su «un intervento militare può essere deciso solo dal Consiglio di sicurezza dell’Onu»), e ha offerto un accordo con le Nazioni Unite sulle visite degli ispettori, a condizione che siano revocate le sanzioni. Blair non ascolta nemmeno queste mezze profferte: «Saddam sa che deve fare: permettere le ispezioni in ogni ora e in ogni luogo» (la frase, in inglese, ripete lo slogan pubblicitario d’un aperitivo: «Anytime, anyplace, anywhere»). Discutere ora non ha senso, e Blair è esplicito: «O il regime comincia a funzionare in un modo completamente nuovo, o bisogna cambiare regime. Questa è la scelta».
Punto secondo: non c’è tempo da perdere, perché Saddam ha raggiunto in questi ultimi tempi la disponibilità di tre miliardi di dollari, «denaro illegale», con cui riarmarsi. Armarsi di che? «Senza dubbio sta sviluppando armi chimiche e biologiche, e probabilmente anche armi nucleari. Siamo sicuri che, se può ottenere tecnologia nucleare, certo l’acquisirà». Allora non è il caso, appunto, di rivolgersi al Consiglio di Sicurezza e chiedere una nuova risoluzione? E’ qui che la presunta colomba Blair lascia cadere le speranze di chi, per quieto vivere, sperava che facesse da freno a Bush: «L’Onu deve essere il mezzo per affrontare questa situazione, non lo strumento di chi vuole evitare di farlo». Insomma, ben venga l’Onu se avalla l’intervento, non se inizia a porre ostacoli.
Punto terzo, inatteso: alla fine della conferenza stampa, come per fare una considerazione filosofica, un giornalista introduce la dimensione morale, chiedendo a Blair se la sua coscienza di cristiano non si ribelli all’idea di mandare a morte tanta gente. Blair, dopo una riflessione di un momento, è schietto: «Io odio la guerra. Ed è una tragedia che in ogni guerra muoiano tanti innocenti. Ma ci sono circostanze in cui è la cosa giusta da fare, come abbiamo già dovuto fare per il Kosovo e l’Afghanistan». In più: «E se Saddam sviluppa armi chimiche, biologiche e nucleari, e poi le usa, anche quello peserebbe sulla mia coscienza». Così, il ragionamento si chiude.

FONTE: CORRIERE DELLA SERA

Studentelibero
04-09-02, 10:37
http://image.guardian.co.uk/sys-images/Politics/Pix/mps_/2001/03/20/tony_blair128.jpg

SEDGEFIELD (Inghilterra) - Tony Blair ha esposto le ragioni per cui l’intervento militare contro l’Iraq si farà. Era molto attesa la conferenza stampa convocata per ieri a Sedgefield, collegio elettorale del premier nel Nord dell’Inghilterra, in un paesaggio bucolico di pascoli che ha rimpiazzato il fosco orizzonte delle miniere. Era attesa perché si pensava che Blair annunciasse un viaggio a Washington, nella convinzione che, da colomba, volesse convincere il falco George Bush a cercare una nuova risoluzione dell’Onu prima di muovere contro Saddam Hussein. Nulla di tutto ciò: Blair, facendosi carico del compito di chiarezza che spetterebbe forse al presidente americano, ha detto invece che non c’è tempo da perdere. Non è ancora una dichiarazione di guerra all'Iraq, ma la spiegazione del perché la guerra sia inevitabile. E sarà una «guerra morale»: sarebbe colpa grave, infatti, chiudere gli occhi.
E’ sottile il ragionamento che Blair propone, spaccando in due il capello: prima di parlare di guerra, dice, vogliamo ammettere che l’Iraq è «un pericolo reale, unico», perché «trasgredisce palesemente» nove risoluzioni dell’Onu, manca di ottemperare a 23 domande su 29, ha usato armi di distruzione di massa contro i vicini e il suo stesso popolo? Sì, Saddam è una minaccia, dice Blair, «e, se gli permettiamo di continuare, minaccerà non solo per i Paesi confinanti, ma il mondo intero». Affrontare il problema Iraq, per ogni governante responsabile, è perciò questione d’interesse nazionale. Sul modo d’affrontarlo, ammette Blair, ci dev’essere un dibattito e «molte ragionevoli domande» (non quelle degli antiamericani per pregiudizio) dovranno avere una risposta. Per inciso, il premier britannico promette la pubblicazione, nel giro di qualche settimana, di un dossier sulle prove raccolte sul riarmo di Saddam. Ma non illudiamoci, il dibattito non è aperto a due opzioni opposte, guerra o pace: secondo il premier britannico, non c’è alternativa all’uso della forza.
Punto primo. Il contenimento non funziona più, perché gli ispettori non visitano più, da anni, l’Iraq. E’ noto che ora Saddam s’è ammorbidito: ancora ieri il suo vice, Tarek Aziz, ha incontrato a Johannesburg il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, e il presidente francese, Jacques Chirac (che ha ribadito la sua posizione, ossia che su «un intervento militare può essere deciso solo dal Consiglio di sicurezza dell’Onu»), e ha offerto un accordo con le Nazioni Unite sulle visite degli ispettori, a condizione che siano revocate le sanzioni. Blair non ascolta nemmeno queste mezze profferte: «Saddam sa che deve fare: permettere le ispezioni in ogni ora e in ogni luogo» (la frase, in inglese, ripete lo slogan pubblicitario d’un aperitivo: «Anytime, anyplace, anywhere»). Discutere ora non ha senso, e Blair è esplicito: «O il regime comincia a funzionare in un modo completamente nuovo, o bisogna cambiare regime. Questa è la scelta».
Punto secondo: non c’è tempo da perdere, perché Saddam ha raggiunto in questi ultimi tempi la disponibilità di tre miliardi di dollari, «denaro illegale», con cui riarmarsi. Armarsi di che? «Senza dubbio sta sviluppando armi chimiche e biologiche, e probabilmente anche armi nucleari. Siamo sicuri che, se può ottenere tecnologia nucleare, certo l’acquisirà». Allora non è il caso, appunto, di rivolgersi al Consiglio di Sicurezza e chiedere una nuova risoluzione? E’ qui che la presunta colomba Blair lascia cadere le speranze di chi, per quieto vivere, sperava che facesse da freno a Bush: «L’Onu deve essere il mezzo per affrontare questa situazione, non lo strumento di chi vuole evitare di farlo». Insomma, ben venga l’Onu se avalla l’intervento, non se inizia a porre ostacoli.
Punto terzo, inatteso: alla fine della conferenza stampa, come per fare una considerazione filosofica, un giornalista introduce la dimensione morale, chiedendo a Blair se la sua coscienza di cristiano non si ribelli all’idea di mandare a morte tanta gente. Blair, dopo una riflessione di un momento, è schietto: «Io odio la guerra. Ed è una tragedia che in ogni guerra muoiano tanti innocenti. Ma ci sono circostanze in cui è la cosa giusta da fare, come abbiamo già dovuto fare per il Kosovo e l’Afghanistan». In più: «E se Saddam sviluppa armi chimiche, biologiche e nucleari, e poi le usa, anche quello peserebbe sulla mia coscienza». Così, il ragionamento si chiude.

FONTE: CORRIERE DELLA SERA