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Tomás de Torquemada
04-09-02, 22:12
Storia del vampirismo


Introduzione

Il mito dei vampiri ha radici antichissime, addirittura preistoriche. Il vampiro, in realtà, non è altro che un morto che torna nel mondo dei vivi, ed è questa l'origine del mito stesso; infatti sono due le cose che caretterizzano la vita degli uomini e che si pensava potessero essere protratte anche dopo il trapasso: il sesso e l'alimentazione.


Vita sessuale dei defunti

Si pensava che la vita sessuale dei morti fosse particolarmente intensa, per questa ragione le popolazioni antiche, come gli Egizi e i Mesopotami, posizionavano nel sepolcro le concubine di pietra: statuette femminili (prive di piedi perché non potessero allontanarsi) in cui erano esaltati gli organi erotici.
Onde evitare l'indesiderato ritorno del defunto (i primi a preoccuparsi erano i familiari e in modo particolare il compagno di letto), ogni popolazione aveva diversi sistemi, più o meno drastici. Nel Neolitico i cadaveri erano bruciati e chiusi in delle urne, oppure legati e sepolti in sepolcri assicurati da pesanti macigni. In Colombia (in popolazioni ancora esistenti al giorno d'oggi) le vedove si allontanano per un certo periodo dal resto della tribù e dormono in letti di spine per scoraggiare il ritorno del marito; mentre i vedovi della Nuova Guinea si coricano tenendo ben a portata di mano una robusta ascia. I mesopotami si limitavano a fare riti sacri, mentre gli Etruschi muravano i cadaveri e facevano sorvegliare continuamente il muro da guardie. Popolazioni come quelle Persiane, ma non solo, arrivavano al punto di far divorare i defunti da belve feroci; mentre tribù africane ne spezzavano la spina dorsale o addirittura chiudevano il morto in un sacco e lo maciullavano a bastonate prima di abbandonarlo. I popoli nomadi erano soliti trapassare il cuore e la testa i cadaveri con ferri appuntiti per poi inchiodarli alla bara per impedire loro di seguire gli spostamenti della tribù. I romani, però, erano indubbiamente i più raffinati: la famiglia concedeva al defunto un periodo di tempo piuttosto breve (qualche giorno l'anno) durante i quali il morto poteva tornale tranquillamente nel mondo dei vivi per compiere cose lasciate interrotte per la sua dipartita; in questi giorni l'intera famiglia si asteneva da tutte le occupazioni pubbliche e in certi casi stava addirittura segregata in casa, poi, allo scadere del tempo concesso, il pater familias, attraverso un rituale simbolico, imponeva al defunto di tornare nel mondo dei morti.
Le precauzioni, in definitiva, erano varie e complesse, ma nonostante tutte quelle attenzioni esistono numerosi documenti (anche in epoche relativamente recenti) che testimoniano il ritorno dei defunti nel mondo dei vivi.


Alimentazione dei morti

Nei tempi più antichi era d'uso lasciare accanto al defunto una certa quantità di cibo vero o simbolico (affreschi e figure di terracotta), in modo da soddisfare la fame del morto; in altri casi (soprattutto nelle popolazioni classiche) venivano fatte periodiche offerte alimentari: come miele, latte e farine. Esistono numerosissime testimonianze del fatto che i cibi venissero effettivamente consumati: ancora nel 1700 ci sono documenti che ne testimoniano la reale divorazione di quanto era stato depositato nel sepolcro, in alcuni casi si parla anche di cadaveri che, trovando troppo esiguo il cibo lasciatogli dai vivi, arrivano al punto di divorare i sudari e addirittura di cibarsi delle proprie membra (Michel M. Raufft: De masticatione Mortuorum in Tumulis; 1734).
Vi sono anche molte leggende che narrano della presenza di un defunto tra i banchetti dei vivi, per questa ragione, in certe comunità, si era soliti collocare a capo tavola un cadavere mummificato, in questo modo il defunto uscito dalla tomba, vedendo il proprio posto già occupato, avrebbe desistito dal tentativo di partecipare anch'esso al banchetto.
È comunque convinzione di tutte le popolazioni che il cibo preferito dai morti viventi non fossero le vivande gradite dai vivi, bensì una pietanza del tutto particolare: la carne umana. Sarebbe infatti grazie a questa che i morti possono continuare la propria particolare esistenza nel mondo dei vivi: la carne e il sangue degli uomini possederebbero, quindi, l'incredibile potere di saldare la frattura tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Simili esseri demoniaci sono presenti in moltissime culture differenti: dai greci (L'Empusa), ai Babilonesi (la Lamashtu), agli Ebrei (L'Aluqa, ovvero il «Succhiasangue». Per altri termini vedere le curiosità).
La suzione del sangue è dunque uno degli atti che consente ai morti una permanenza nel mondo dei vivi, e secondo alcuni testi medievali essa è così legata alla sessualità dei defunti che i due atti arrivano ed essere pressoché contemporanei: e il piacere provato da entrambi i partecipanti sarebbe, in questi casi, assolutamente identico.
È da notare infine che il sangue è considerato da sempre la porta di comunicazione tra i due mondi: ad esempio Ulisse, nell'Odissea, può comunicare con le anime dei defunti solo facendo bere loro il sangue di un montone sacrificato ad Ade.


http://www.satanshimmel.de/vampir11.jpg
Immagine tratta dal sito http://www.satanshimmel.de/


Vampiro

La parola «vampiro» deriva senza alcun dubbio dagli stati slavi, in particolare dall'Europa baltico-balcanica; si pensa comunque che si debba mettere in relazione la parola con i termini lituano wempti: «bere», e il turco uber: «essere demoniaco»; di conseguenza la traduzione sarebbe «demone che beve». Le pagane religioni slave, prima della forzatura cristiana, consideravano la morte come un mondo distorto ma molto simile alla vita: si pensava, infatti, che i defunti continuasse la propria esistenza in un mondo molto simile a quello appena lasciato, e in modo totalmente identico, per questa ragione venivano collocati a fianco dei cadavere quegli oggetti (come provviste o armi) di cui si pensava potesse aver bisogno il morto. Era anche convinzione che i morti si allontanassero piuttosto malvolentieri dalla propria famiglia, per questa ragione si temeva il loro ritorno, soprattutto dei morti vergini e di quelli uccisi in quanto essi avevano maggior desiderio di completare le azioni lasciate incompiute.
I popoli, per assicurarsi il riposo perpetuo dei morti, usavano disseppellire i cadaveri ad intervalli regolari di qualche anno: se i corpi non si trovavano nello stato di decomposizione che ci si attendeva, allora venivano impalati o bruciati.
Durante il corso della storia sono state rinvenute numerose testimonianze di epidemie vampiriche (ricordate che il morso è contagioso), fino agli inizi del nostro secolo.
Ma procediamo con ordine: nel XII secolo si rinvenne in Inghilterra il corpo di un Vampiro, il suo corpo venne bruciato per impedirgli di colpire. Il secolo successivo si hanno documenti che attribuiscono ad uno di essi le colpe di un'incredibile pestilenza: un uomo morto assassinato si aggirava nelle terre di Danimarca a fare strage; ne venne esumato il corpo, quindi fu decapitato e trafitto al cuore: la moria si estinse. Dalla seconda metà dei seicento fino al termine del '700 si ha un'incredibile aumento di questi documenti testimonianti numerosi fenomeni di vampirismo diffusi soprattutto nell'Europa sud orientale: Moravia, Istria, Grecia, Prussia, Valacchia, Ungheria, Slesia, Russia... In Serbia si hanno addirittura cronache di un'intero villaggio preso d'assalto da un'orda di vampiri i cui abitanti furono sterminati senza pietà.
È proprio in questo periodo che si incontra per la prima volta il termine «Vampiro»: Moravia, anno 1725; un cadavere non poteva trovare pace a causa di una ben evidente Vampertione infecta.
Col passare del tempo il fenomeno diminuì sensibilmete, ma solo nella metà del 1800 il Parlamento inglese decise di abrogare una legge che imponeva di trafiggere il cuore di tutti i suicidi e altri morti "sospetti", ma una legge simile rimase in vigore fino agli inizi del nostro secolo nello Stato americano del Rhode Island: unico luogo degli Stati Uniti in cui si ebbe un'infezione vampirica (attorno al XVIII secolo).
In seguito non si parlò più di epidemie di vampirismo, infatti i casi riscontrati sono esclusivamente localizzati e circoscritti in piccoli villaggi o città; in Transilvania, tuttavia, ancora nel 1900 ci fu un castello dato interamente alle fiamme; mentre in un luogo non ben precisato vi fu l'aumento improvviso di morti di uomini e animali, individuato il cadavere autore del massacro ne si aprì la tomba e lo si trovò perfettamente conservato; fu eretta una palizzata attorno alla tomba, ma il rimedio si rivelò presto totalmente inutile, si procedette quindi ad una seconda esumazione: il corpo, ancora intatto, fu bruciato. Il Vampiro non comparve più.
Sebbene l'Italia non sia mai stata direttamente colpita da una di questa epidemie, il mondo cristiano fu abitato spesso da testimonianze riguardanti fenomeni di vampirismo (Francia e Germania comprese), soprattutto in seguito all'ignoranza delle campagne. I pontefici che vissero dal seicento in poi cercarono di porre rimedio il più drasticamente possibile, spingendo la gente a non lasciarsi suggestionare dalle credenze popolari; ma se questo rimedio ebbe il massimo effetto tra i fedeli colti, moltissimi preti di provincia continuarono a credere nei vampiri e continuarono a inculcare questa convinzione nel popolo povero, e in molti casi loro stessi, con l'appoggio dei magistrati locali, assistevano ai rituali impalamenti ai danni dei cadaveri ritenuti colpiti dal vampirismo. Era però necessario effettuare un vero e proprio processo: i familiari, i compaesani e il parroco del defunto testimoniavano davanti ai magistati, questi controllavano che il cadavere manifestasse qualche sintomo (mancata rigidità, mancata putrefazione ecc.) e in caso affermativo si procedeva alla decapitazione, al trapasso del cuore col palo di frassino e, in alcuni casi, alla cremazione.

Dal sito http://vampiri.virtualave.net/italiano/vampiri.html

Tomás de Torquemada
04-09-02, 22:12
Storia del vampirismo


Introduzione

Il mito dei vampiri ha radici antichissime, addirittura preistoriche. Il vampiro, in realtà, non è altro che un morto che torna nel mondo dei vivi, ed è questa l'origine del mito stesso; infatti sono due le cose che caretterizzano la vita degli uomini e che si pensava potessero essere protratte anche dopo il trapasso: il sesso e l'alimentazione.


Vita sessuale dei defunti

Si pensava che la vita sessuale dei morti fosse particolarmente intensa, per questa ragione le popolazioni antiche, come gli Egizi e i Mesopotami, posizionavano nel sepolcro le concubine di pietra: statuette femminili (prive di piedi perché non potessero allontanarsi) in cui erano esaltati gli organi erotici.
Onde evitare l'indesiderato ritorno del defunto (i primi a preoccuparsi erano i familiari e in modo particolare il compagno di letto), ogni popolazione aveva diversi sistemi, più o meno drastici. Nel Neolitico i cadaveri erano bruciati e chiusi in delle urne, oppure legati e sepolti in sepolcri assicurati da pesanti macigni. In Colombia (in popolazioni ancora esistenti al giorno d'oggi) le vedove si allontanano per un certo periodo dal resto della tribù e dormono in letti di spine per scoraggiare il ritorno del marito; mentre i vedovi della Nuova Guinea si coricano tenendo ben a portata di mano una robusta ascia. I mesopotami si limitavano a fare riti sacri, mentre gli Etruschi muravano i cadaveri e facevano sorvegliare continuamente il muro da guardie. Popolazioni come quelle Persiane, ma non solo, arrivavano al punto di far divorare i defunti da belve feroci; mentre tribù africane ne spezzavano la spina dorsale o addirittura chiudevano il morto in un sacco e lo maciullavano a bastonate prima di abbandonarlo. I popoli nomadi erano soliti trapassare il cuore e la testa i cadaveri con ferri appuntiti per poi inchiodarli alla bara per impedire loro di seguire gli spostamenti della tribù. I romani, però, erano indubbiamente i più raffinati: la famiglia concedeva al defunto un periodo di tempo piuttosto breve (qualche giorno l'anno) durante i quali il morto poteva tornale tranquillamente nel mondo dei vivi per compiere cose lasciate interrotte per la sua dipartita; in questi giorni l'intera famiglia si asteneva da tutte le occupazioni pubbliche e in certi casi stava addirittura segregata in casa, poi, allo scadere del tempo concesso, il pater familias, attraverso un rituale simbolico, imponeva al defunto di tornare nel mondo dei morti.
Le precauzioni, in definitiva, erano varie e complesse, ma nonostante tutte quelle attenzioni esistono numerosi documenti (anche in epoche relativamente recenti) che testimoniano il ritorno dei defunti nel mondo dei vivi.


Alimentazione dei morti

Nei tempi più antichi era d'uso lasciare accanto al defunto una certa quantità di cibo vero o simbolico (affreschi e figure di terracotta), in modo da soddisfare la fame del morto; in altri casi (soprattutto nelle popolazioni classiche) venivano fatte periodiche offerte alimentari: come miele, latte e farine. Esistono numerosissime testimonianze del fatto che i cibi venissero effettivamente consumati: ancora nel 1700 ci sono documenti che ne testimoniano la reale divorazione di quanto era stato depositato nel sepolcro, in alcuni casi si parla anche di cadaveri che, trovando troppo esiguo il cibo lasciatogli dai vivi, arrivano al punto di divorare i sudari e addirittura di cibarsi delle proprie membra (Michel M. Raufft: De masticatione Mortuorum in Tumulis; 1734).
Vi sono anche molte leggende che narrano della presenza di un defunto tra i banchetti dei vivi, per questa ragione, in certe comunità, si era soliti collocare a capo tavola un cadavere mummificato, in questo modo il defunto uscito dalla tomba, vedendo il proprio posto già occupato, avrebbe desistito dal tentativo di partecipare anch'esso al banchetto.
È comunque convinzione di tutte le popolazioni che il cibo preferito dai morti viventi non fossero le vivande gradite dai vivi, bensì una pietanza del tutto particolare: la carne umana. Sarebbe infatti grazie a questa che i morti possono continuare la propria particolare esistenza nel mondo dei vivi: la carne e il sangue degli uomini possederebbero, quindi, l'incredibile potere di saldare la frattura tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Simili esseri demoniaci sono presenti in moltissime culture differenti: dai greci (L'Empusa), ai Babilonesi (la Lamashtu), agli Ebrei (L'Aluqa, ovvero il «Succhiasangue». Per altri termini vedere le curiosità).
La suzione del sangue è dunque uno degli atti che consente ai morti una permanenza nel mondo dei vivi, e secondo alcuni testi medievali essa è così legata alla sessualità dei defunti che i due atti arrivano ed essere pressoché contemporanei: e il piacere provato da entrambi i partecipanti sarebbe, in questi casi, assolutamente identico.
È da notare infine che il sangue è considerato da sempre la porta di comunicazione tra i due mondi: ad esempio Ulisse, nell'Odissea, può comunicare con le anime dei defunti solo facendo bere loro il sangue di un montone sacrificato ad Ade.


http://www.satanshimmel.de/vampir11.jpg
Immagine tratta dal sito http://www.satanshimmel.de/


Vampiro

La parola «vampiro» deriva senza alcun dubbio dagli stati slavi, in particolare dall'Europa baltico-balcanica; si pensa comunque che si debba mettere in relazione la parola con i termini lituano wempti: «bere», e il turco uber: «essere demoniaco»; di conseguenza la traduzione sarebbe «demone che beve». Le pagane religioni slave, prima della forzatura cristiana, consideravano la morte come un mondo distorto ma molto simile alla vita: si pensava, infatti, che i defunti continuasse la propria esistenza in un mondo molto simile a quello appena lasciato, e in modo totalmente identico, per questa ragione venivano collocati a fianco dei cadavere quegli oggetti (come provviste o armi) di cui si pensava potesse aver bisogno il morto. Era anche convinzione che i morti si allontanassero piuttosto malvolentieri dalla propria famiglia, per questa ragione si temeva il loro ritorno, soprattutto dei morti vergini e di quelli uccisi in quanto essi avevano maggior desiderio di completare le azioni lasciate incompiute.
I popoli, per assicurarsi il riposo perpetuo dei morti, usavano disseppellire i cadaveri ad intervalli regolari di qualche anno: se i corpi non si trovavano nello stato di decomposizione che ci si attendeva, allora venivano impalati o bruciati.
Durante il corso della storia sono state rinvenute numerose testimonianze di epidemie vampiriche (ricordate che il morso è contagioso), fino agli inizi del nostro secolo.
Ma procediamo con ordine: nel XII secolo si rinvenne in Inghilterra il corpo di un Vampiro, il suo corpo venne bruciato per impedirgli di colpire. Il secolo successivo si hanno documenti che attribuiscono ad uno di essi le colpe di un'incredibile pestilenza: un uomo morto assassinato si aggirava nelle terre di Danimarca a fare strage; ne venne esumato il corpo, quindi fu decapitato e trafitto al cuore: la moria si estinse. Dalla seconda metà dei seicento fino al termine del '700 si ha un'incredibile aumento di questi documenti testimonianti numerosi fenomeni di vampirismo diffusi soprattutto nell'Europa sud orientale: Moravia, Istria, Grecia, Prussia, Valacchia, Ungheria, Slesia, Russia... In Serbia si hanno addirittura cronache di un'intero villaggio preso d'assalto da un'orda di vampiri i cui abitanti furono sterminati senza pietà.
È proprio in questo periodo che si incontra per la prima volta il termine «Vampiro»: Moravia, anno 1725; un cadavere non poteva trovare pace a causa di una ben evidente Vampertione infecta.
Col passare del tempo il fenomeno diminuì sensibilmete, ma solo nella metà del 1800 il Parlamento inglese decise di abrogare una legge che imponeva di trafiggere il cuore di tutti i suicidi e altri morti "sospetti", ma una legge simile rimase in vigore fino agli inizi del nostro secolo nello Stato americano del Rhode Island: unico luogo degli Stati Uniti in cui si ebbe un'infezione vampirica (attorno al XVIII secolo).
In seguito non si parlò più di epidemie di vampirismo, infatti i casi riscontrati sono esclusivamente localizzati e circoscritti in piccoli villaggi o città; in Transilvania, tuttavia, ancora nel 1900 ci fu un castello dato interamente alle fiamme; mentre in un luogo non ben precisato vi fu l'aumento improvviso di morti di uomini e animali, individuato il cadavere autore del massacro ne si aprì la tomba e lo si trovò perfettamente conservato; fu eretta una palizzata attorno alla tomba, ma il rimedio si rivelò presto totalmente inutile, si procedette quindi ad una seconda esumazione: il corpo, ancora intatto, fu bruciato. Il Vampiro non comparve più.
Sebbene l'Italia non sia mai stata direttamente colpita da una di questa epidemie, il mondo cristiano fu abitato spesso da testimonianze riguardanti fenomeni di vampirismo (Francia e Germania comprese), soprattutto in seguito all'ignoranza delle campagne. I pontefici che vissero dal seicento in poi cercarono di porre rimedio il più drasticamente possibile, spingendo la gente a non lasciarsi suggestionare dalle credenze popolari; ma se questo rimedio ebbe il massimo effetto tra i fedeli colti, moltissimi preti di provincia continuarono a credere nei vampiri e continuarono a inculcare questa convinzione nel popolo povero, e in molti casi loro stessi, con l'appoggio dei magistrati locali, assistevano ai rituali impalamenti ai danni dei cadaveri ritenuti colpiti dal vampirismo. Era però necessario effettuare un vero e proprio processo: i familiari, i compaesani e il parroco del defunto testimoniavano davanti ai magistati, questi controllavano che il cadavere manifestasse qualche sintomo (mancata rigidità, mancata putrefazione ecc.) e in caso affermativo si procedeva alla decapitazione, al trapasso del cuore col palo di frassino e, in alcuni casi, alla cremazione.

Dal sito http://vampiri.virtualave.net/italiano/vampiri.html

Silvia
27-10-02, 23:20
Il vampiro classico di molti film sembra oggi un personaggio impossibile da prendere sul serio. Invece nel Settecento, passato alla storia come il secolo della razionalità per eccellenza, furono più volte segnalate delle "epidemie" di vampirismo nella regione dei Balcani. Questi fatti, riportati dai giornali dell'epoca, causarono clamore e preoccupazione in tutta Europa: molti vi credevano ciecamente, pochi si limitavano a liquidare la faccenda come frutto di superstizione. Qualche anno fa, Juan Gomez-Alonso, neurologo all'ospedale Xeral a Virgo, in Spagna, ha fatto un’ipotesi suggestiva: ci sarebbe un'epidemia di rabbia, scoppiata nell'Europa orientale intorno al 1720, alla base della leggenda dei Vampiri. A convincere il Dott. Gomez-Alonso, sono state le straordinarie similitudini fra l'iconografia del vampiro e la sintomatologia della malattia: dal comportamento aggressivo alla fotofobia, sino all'iperattività sessuale.


I VAMPIRI? COLPA DI UN VIRUS
di Letizia Gabaglio

Uno spicchio d'aglio, un crocifisso e un piolo di legno da conficcare nel cuore: così, secondo la tradizione, si sconfiggono i vampiri, creature notturne che albergano nelle tenebrose regioni della Transilvania. Pura leggenda? Secondo uno studio pubblicato sull'ultimo numero di Neurology, al fondo delle storie che hanno ispirato la letteratura sul conte Dracula potrebbero esserci fatti realmente accaduti. L'articolo avanza l'ipotesi che alla base del mito degli esseri assetati di sangue ci sia un'epidemia di rabbia scoppiata nell'Europa orientale intorno al 1720. L'idea è venuta a Juan Gomez-Alonso, neurologo all'ospedale Xeral a Virgo in Spagna, dopo aver visto un film sui vampiri nel 1981. Non avevo mai visto una pellicola del genere, e sono rimasto impressionato dalle similitudini con i casi che avevo studiato, afferma lo scienziato.

Alla base delle ipotesi del neurologo vi è dunque l'osservazione dei sintomi caratteristici dei malati di rabbia: ipersensibilità agli stimoli violenti, quindi repulsione per la luce e per gli oggetti riflettenti come gli specchi, e per gli odori particolarmente forti, come quello dell'aglio. Di più. Poiché il virus della rabbia attacca il sistema limbico, la regione cerebrale che controlla l'aggressività e il comportamento sessuale, coloro che ne sono affetti possono avere un atteggiamento violento (magari tentando di mordere qualcuno), e mostrare una iperattività sessuale. Un altro sintomo della malattia è l'insonnia: il virus, infatti, colpisce anche l'ipotalamo, l'area del cervello che controlla il sonno. Infine, chi è affetto da rabbia vomita sangue, è idrofobico - e quindi non riesce a deglutire la saliva - ed è colpito da spasmi facciali. Non stupisce quindi che qualcuno abbia voluto associare ai sintomi della malattia l'idea di un essere malvagio e assetato di sangue, dai lineamenti stravolti da un ghigno malefico, e che teme la luce del giorno.
La diagnosi di questa malattia non è semplice: i sintomi non appaiono prima di due settimane dall'infezione, quando ormai le tracce del morso di un animale infetto, che in genere trasmette il virus, non sono più visibili. Una volta che i sintomi si sono manifestati il trattamento antirabbia è inefficace e la malattia è il più delle volte fatale. Questo problema è ancora attuale, spiega Gomez-Alonso citando il caso, da lui studiato, di un uomo classificato come "lunatico". Solo dopo l'autopsia è risultato chiaro che si trattava di rabbia. Queste diagnosi mancate erano probabilmente molto comuni nel XVII secolo, afferma il ricercatore spagnolo. Un altro elemento che rafforza la tesi del neurologo spagnolo è la coincidenza storica fra il fenomeno del vampirismo e l'epidemia di rabbia verificatasi fra il 1721 e il 1728 in Ungheria.

Ricercando negli archivi del'Est europeo di quegli anni, Gomez-Alonso ha scoperto che proprio ad allora risalgono i primi avvistamenti di vampiri. Si narra di persone che, sebbene morte da parecchi anni, sembravano resuscitare, parlare, camminare e infestare i villaggi succhiando il sangue di malcapitati e provocandone la morte. Altri racconti parlano invece di cadaveri da cui continuava a sgorgare sangue anche parecchi giorni dopo la morte. Un particolare, questo, che sembra coincidere anch'esso con i sintomi della rabbia: quando infatti il decesso del paziente è provocato da collasso o asfissia, eventualità per altro comune nei malati di rabbia, il sangue si coagula con difficoltà.

A questo va aggiunto l'alto tasso di umidità del terreno di alcune regioni dell'Ungheria, che secondo il neurologo spagnolo avrebbe in molti casi ritardato la decomposizione dei corpi. L'aspetto particolare delle salme fa pensare che possa essere avvenuto un processo di saponificazione caratteristico delle sepolture in terreni umidi, che trasforma i tessuti sottocutanei in una sostanza simile alla cera e che permette la conservazione del corpo per anni, continua Gomez-Alonso.
Così come il vampirismo, la rabbia è più comune negli uomini che nelle donne. Inoltre non solo le persone, ma anche i cani, i lupi e i pipistrelli, tutti animali tradizionalmente legati alle storie di vampiri, possono contrarre la rabbia. Ci sono molte prove che la rabbia abbia giocato un ruolo chiave nella nascita delle leggende sui vampiri, conclude il neurologo spagnolo. D'altra parte, gli antropologi sanno che molte leggende popolari nascono da fatti realmente accaduti. Sotto questo aspetto, dire che i vampiri sono un parto di fantasia, è in qualche modo falso.

Articolo tratto da Galileo Magazine del 3 ottobre 1998

Tomás de Torquemada
29-10-02, 04:36
VAMPIRISMO
Tra credenze popolari e strani rituali in PUGLIA
di Andrea Romanazzi

Oggi quando si parla di vampiri e vampirismo si pensa a finzioni teatrali e cinematografiche , in realta’ il termine “vampiro” non e’ un invenzione recente ma un qualcosa di misterioso la cui origine si perde negli oscure pieghe del tempo , nei meandri nascosti e spesso volutamente dimenticati della memoria dell’uomo.

Il termine “vampiro” e’ relativamente recente , di origine slava esso e’ legato alla radice “pi” cioe’ stregone e al verbo “wempti” che significa bere. Notoriamente si legano i vampiri alle terre dell’Europa Orientale , spesso a causa dell’associazione di questa creatura con il famosissimo Conte Dracula personaggio ispirato allo storico Vlad Tapes , principe della Valacchia forse associato al “vampiro” a causa dei suoi severissimi metodi di governo , chiamato e soprannominato DRACUL ,che in Rumeno significa “stregone”. In realta’ Vlad fu un grande paladino della Cristianita’ contro l’incombente pericolo turco che riusci’ a sconfiggere anche disponendo di un esercito notevolmente inferiore , utilizzando una vera e propria arma psicologica . Quando i turchi arrivarono alla capitale del regno , Targoviste , trovarono circa 8.000 pali ove erano stati infissi altrettanti prigionieri turchi. L’impatto fu cosi’ inaspettato e tremendo che i turchi decisero subito di ritirarsi.

In realta’ , Dracula a parte, il “vampirismo” si perde nella notte dei tempi e non e’ caratteristico di una sola regione ma di quasi tutta l’Europa e non solo. Abbiamo cosi’ i vrykolakas greci o gli upir della Russia , passando per i polong della Malesia. La Dalmazia e l’Albania invece sono infestati secondo il folklore locale dai Vukodlak , mentre in Indonesia si pensa che le donne morte durante il parto si trasformino in Langsuir demoni che succhiano il sangue ai bambini appena nati. Il nostro excursus vampiresco potrebbe poi continuare nella Americhe , e cosi’ in Cile vi era il chon chon mentre gli Aztechi credevano nelle pericolosissimie ciuapipiltin anche esse , come visto in precedenza , donne morte durante il parto e la nostra lista potrebbe proseguire ancora per molto.

In tutti i casi , comunque , il vampiro e’ una creatura che si crede possa tornare in vita dopo la morte per nutrirsi della linfa degli uomini vivi e cosi’ spesso , per impedire il ritorno in vita , in alcune necropoli venivamo messi enormi massi sul corpo del presunto vampiro per impedirgli di lasciare la sepoltura.

Il testo piu’ antico sul vampirismo e’ una tavoletta babilonese che si trova nel British Museum e dove descrive formule magiche che servono per proteggersi dai vampiri , e ancora gli assiri credevana in un demone , Lilith, trasformato successivamente dagli ebrei nella perfida prima moglie di Adamo che poi dara’ vita nella tradizion greco-romana alla famosa Lamia , spesso raffigurata come una bella fanciulla che si nutriva del sangue e del seme degli uomini.

In realta’ dietro l’immagine del vampiro vi sono numerose spiegazioni , in molte tradizioni il vampiro e’ un figlio illegittimo o ancora bambini nati con denti , gli assassini , i ladri , o ancora , come gia’ detto , le donne morte durante il parto. Molto spesso era considerato “vampiro” colui o colei che violava i principali “tabu’” della religione locale.

Infatti il selvaggio crede in una religione che non impone solo i precetti positivi , ma anche quelli negativi , cioe’ tutto quello che “non va fatto” e che prende il nome di Tabu’. Violando uno di questi adempimenti il credente entra in una vorticosa spirale di causa-effetto che per lui diventa dannosa se non addirittura mortale.


http://www.entry-magazin.de/Images/Vampir.jpg
Immagine tratta dal sito http://www.entry-magazin.de/

J. Frazer , nel suo famosissimo libro , “il ramo d’oro” , descrive una serie infinita’ di tabu’ , per esempio tra le tribu’ africane si crede che se durante la caccia una moglie sia infedele con il suo marito , egli sara’ morso da un serpente e morira’, nasce cosi’ l’idea del “non morto” , l’uomo che torna dopo la morte per vendicare il tabu’ violato.

In realta’ l’idea del vampiro nasce a causa della paura dei morti , comune a tutte le culture , e in particolare dei morti che hanno ancora qualcosa da regolare , cosi’ ecco come le donne morte durante il parto , i bambini defunti ancora in fasce o ancora mariti traditi vogliano , dopo la morte , portare i loro parenti con loro , nell’aldila’. Il rito funebre nasce proprio per questo , esso e’ visto all’inizio con lo scopo di rompere drasticamente il legame tra il defunto e le vita sulla terra. Del resto , nel passato , quando non si conoscevano le malattie epidemiche , quando un uomo moriva di un male sconosciuto e , successivamente dello stesso si ammalavano anche i suoi parenti si pensava subito all’intervento malvagio del defunto.

Nasce da queste paure l’idea, presso alcune culture orientali, della cremazione o ancora , l’usanza , tipica dei nativi d’America , di far spolpare il cadavere dagli animali.

Se dunque capitava di avere un morto “in odore di vampirismo” ad esso si applicavano rituali particolari. Magari tutte queste cose ci posson sembrare lontani retaggi culturali di popoli distanti da noi , immersi in credenze orientali che solo come curiosita’ “toccano” il nostro paese e la nostra cultura. Questo in realta’ fino a pochi mesi fa , quando a Trani , un paese della provincia di Bari , in Puglia , sono state scoperte appunto le tombe di “vampiri”.

Infatti in uno scavo condotto a Trani , in particolare in localita’ “Capo Colonna” sono emerse due sepolcri databili IX-VIII sec. a.C. con particolari sconcertanti. Infatti nella prima sepoltura era deposto un individuo in posizione inginocchiata schiacciato da un lastrone posto alle sue spalle , nella seconda tomba , molto piu’ grande , son stati trovati tre defunti anch’essi con un masso.

In realta’ l’area era sicuramente un luogo di culto , e questo lo testimonierebbe il Monastero di Capo Colonna ancora visitabile. Gia’ nel passato eran stati scoperti reperti di epoca micenea e tardo-ellenici , reperti che pero' stranamente non sono mai stati resi noti ne’ pubblicati , l’ultimo scavo pero’ ha portato alla luce una struttura le cui pareti esterne , costituite da grandi lastroni , avevano la particolarita’ di esser infisse nel terreno. Tra i diversi reperti trovati e’ stato segnalato su di un frammento uno strano disegno di un “animale” bipede con una notevole cresta e una coda da rettile. Ma le particolarita’ , gia’ non poco rilevanti , non si esauriscono qui , infatti e’ stata anche ritrovata una “fossa circolare” di cui si ignora la funzione all’ interno della quale sono state infisse delle pietre verticali. Per quanto riguarda le due tombe , poi , la piu’ piccola e’ posizionata fuori dal recinto dell’edificio , mentre la seconda all’interno dello stesso e inoltre entrambe non hanno corredo funerario , sicuramente si doveva trattare di stranissimi personaggi che , non dovevano assolutamente ritornare tra i vivi, non permettendo loro di proiettare se stessi e la propria stirpe negli oceani del tempo. Sepolture di questo tipo , gia’ presenti in altre parti del mondo , sono le prime presenti e comunque scoperte in Italia.

Corpi di uomini che dopo morti “non devono” ritornare tra i vivi , strani riti legati a pietre verticali , misteriosi disegni di creature antropomorfe , sembrano echi lontani di una terra senza eta’ che ci nasconde nel suo ventre , come uno scrigno antichi riti e misteri non ancora svelati.

BIBLIOGRAFIA

“La Gazzetta del Mezzogiono” 3-Marzo-2002

“Il Ramo D’Oro” di J.Frazer

“Il manuale del Vampirologo” M.Boselli

Dal sito http://www.acam.it/

Silvia
03-03-03, 22:06
Ma che cos'è un vampiro?

Un vampiro è semplicemente una persona morta che possiede la facoltà di muoversi e agire come se fosse viva. Questo è possibile grazie all'intervento delle Forze del Male, che hanno ridato vita al suo corpo. Il sangue, ritenuto sede e veicolo di vita, assume il valore sacrale di prolungamento della vita stessa: per questo motivoi vampiri si affannano a procurarselo.
Il vampiro può pensare e agire come nella vita normale, e possiede una forza fisica immensamente superiore a quella di cui godeva quando era vivo, però i suoi pensieri e le sue azioni sono tutti inevitabilmente dominati dalla malvagità. Inoltre, come quasi tutte le creature e le Forze del Male, il vampiro è fortissimo di notte ed estremamente debole durante il giorno. Tanto debole che, dall'alba al tramonto, è costretto a giacere immobile nella bara come se fosse realmente morto.

La tipologia e il nome del vampiro variano a seconda del popolo di appartenenza: i polacchi lo chiamavano Upir (lingua affilata come un pungiglione), nella Piccola Russia era detto Mjertovjek, ed era considerato figlio di un lupo mannaro e di una strega. Per i serbi e i montenegrini era Vurdalak (colui che in vita è stato un uomo dalla condotta riprovevole). Malgrado le differenzazioni, esistono tuttavia numerose caratteristiche che ne permettono agevolmente l'identificazione: il vampiro, in genere, ha il viso emaciato e pallido, gli occhi dal colore indefinibile, le labbra gonfie, spesso tumefatte, i denti aguzzi, le unghie lunghissime ed affilate, le orecchie appuntite e mobili come quelle dei pipistrelli e, dulcis in fundo, l'alito fetido (ma, secondo altri testi, i vampiri sono uomini e donne bellissimi e affascinanti…).

Il morso del vampiro non fa male, tanto che chi lo subisce durante il sonno non si sveglia. In compenso è contagioso e la vittima diventa a sua volta vampiro. Nel succhiare il sangue, emette un suono caratteristico per il quale il vampirologo Pierre Thyraeus de Neuss ha coniato, nel 1700, il termine poppysma (De Terrificationibus Nocturnis).

Il mito del vampiro e le leggende dei morti che risorgono per bere il sangue dei vivi sono presenti in tutte le culture, dall'Africa al Giappone, dall'Inghilterra alla Spagna. Nell'area slava, in particolare, il mito del vampiro si è diffuso probabilmente a causa della elevata presenza di popolazioni nomadi, che hanno contribuito a far conoscere il folklore di tutti i paesi.
Esistono diversi modi per diventare vampiri: bambini nati sotto un certo presagio, suicidi, persone dedite alla stregoneria ma, secondo la tradizione popolare, hanno più possibilità di diventare vampiri i giovani vergini e coloro che muoiono prematuramente in modo violento, perché ancora avidi delle gioie di cui il trapasso li ha privati. Inoltre, i vampiri possono trasformarsi in animali, in nuvole gassose oppure controllare altre creature. Non sopportano la luce e il crocifisso, non possono entrare in una casa senza essere invitati, né attraversare i corsi d'acqua (se non all’interno della loro bara…). Non proiettano ombra e non possono riflettersi in uno specchio, in quanto le ombre e l'immagine riflessa sono caratteristiche dei vivi.

Per proteggersi da queste creature non morte il metodo più sicuro è il crocifisso, ma ci sono anche altri rimedi: l'aglio è il più famoso, ma va bene anche il biancospino. Nei racconti si sente spesso parlare dell'argento come difesa dai vampiri: in realtà è il ferro il metallo più usato. Schegge di ferro venivano poste sotto le culle dei bambini, si indossavano collane di ferro ed altri oggetti venivano sparsi nel luogo da proteggere. Il vampiro può essere distrutto anche tramite cremazione, mozzandogli il capo, esponendolo alla luce solare o trafiggendogli il cuore con un paletto. Altre superstizioni riferiscono che un vampiro può essere eliminato toccandolo con un crocifisso, bagnandolo con acquasanta ed aglio, riempiendolo di sassi e gettandolo in un fiume, o servendosi di un damphir (essere nato da un umano e un vampiro). Si ritiene che i damphir siano gli unici a vedere i vampiri invisibili e che spesso sfruttino questa loro prerogativa mettendola a disposizione dei cacciatori di vampiri.

:D

Silvia
13-11-03, 21:51
Il vampiro fa parte di quell’universo mitico in cui, da sempre, le paure ataviche dell'uomo si attanagliano trovando forma, acquisendo un volto, determinando una ragione di esistenza anche alle creature più improbabili. Notturna entità orrifica, il vampiro trae quindi origine dai timori ancestrali, riceve vitalità dalle radici profonde dell’inconscio e si colora di tinte fosche nella fantasia letteraria e cinematografica, diventando una figura archetipica e raggiungendo così l’immortalità.

Tra i più noti esseri della notte associati a nefandi riti incontriamo il principe Vlad Tepes, il famoso Dracula e… l'ignaro pipistrello, la cui natura ambigua (è un mammifero fornito di ali) ha suscitato l’attenzione di molte culture.

Il pipistrello, uccello mancato, che simbolicamente rappresenta il cattivo volo (l’essere che si blocca in una fase della sua evoluzione verso l’alto), ha arti anteriori forniti di lunghissime dita, strutture portanti di una membrana cutanea a funzionalità alare. La dentatura è completa di incisivi e canini aguzzi e di molari appuntiti. E’ un animale letargico, ubiquitario, ad abitudini crepuscolari. E’ eminentemente insettivoro, ma i racconti su una specie sudamericana, che succhierebbe il sangue degli uomini, hanno contribuito a far sì che in Europa il pipistrello, che si ciba di zanzare, venisse considerato simbolo sempre più negativo. E così il notturno, fotofobo, misantropo e innocuo pipistrello è diventato, nell’immaginario collettivo, una creatura lugubre, mortifera, incarnazione delle forze sotterranee e divoratore della luce. E ha ispirato il modello morfologico-comportamentale al nostro Vampiro, personaggio di grande effetto e di sicura - è davvero il caso di dirlo - incisività.

http://www.silviadue.net/smiles/Dracula.gif

Shambler
14-11-03, 13:25
carina la gif.

Silvia
14-11-03, 13:31
Carino anche il tuo avatar, Cavalier Shambler da Scurnacchiate ;)

Silvia
30-08-05, 18:19
ARCHEOLOGIA DEL VAMPIRISMO

Molti studiosi identificano il prototipo del Vampiro in Lilith, demone assiro che, nella tradizione ebraica, diventerà la consorte ripudiata di Adamo. Abitatrice del deserto, perversa divoratrice di seme umano (simbolo di vita esattamente come il sangue), persecutrice di neonati, Lilith entra a far parte della tradizione ebraica direttamente dal mondo mesopotamico come incarnazione della lussuria e quintessenza della lascivia, perversamente asservita a Ishtar, divinità assiro- babilonese. Nella cultura ebraica, diventa un diavolo del genere "succubus", ovvero un diavolo dalle caratteristiche espressamente femminili e capace di assorbire energia vitale da chiunque sia così folle da congiungersi carnalmente con lei. Da Lilith derivano le Lilin, che nottetempo succhiano il sangue dei bambini, prosciugandoli completamente della loro linfa vitale. Lilith e le Lilin venivano raffigurate in forma umana, ma dotate di ali.


http://www.silviadue.net/vari/lilith.jpg
Lilith

Nel mondo greco e latino diverse figure presentano tratti inequivocabilmente vampirici, ombre provenienti dal Regno degli Inferi dove domina Ecate. Nell'antica Grecia troviamo Empusa, una forma particolare di "succubus" che appare sempre all’improvviso (a volte su una carrozza trainata da cani latranti) e, dopo essersi furtivamente introdotta nel giaciglio degli uomini, li costringe ad estenuanti amplessi, prosciugandoli di ogni energia e procurandone la morte. Solitamente Empusa viene raffigurata con una gamba di bronzo e una di letame e, secondo la tradizione, si nutre anche di carne umana. Può assumere qualsiasi forma, altra caratteristica che condivide con il Vampiro.

A Lamia possiamo attribuire un’ascendenza nobile: figlia di Belo, re di Libia, ha la disgrazia di essere amata da Zeus con il quale genera numerosi figli. Ma Era, gelosa del marito, fa sì che i figli di Lamia muoiano strangolati (solo Scilla riesce a scampare alla sua furia). Dopo di che Lamia, impazzita dal dolore, si nasconde in una caverna e diventa un mostro orribile, geloso delle madri più felici di lei delle quali spia i figli per poi rapirli e ucciderli. Era priva Lamia del sonno, ma Zeus le concede di potersi togliere gli occhi ed appoggiarli in un vaso per poter riposare: quando Lamia è priva degli occhi, non è pericolosa.
Come Empusa, anche Lamia può assumere qualsiasi forma.
Nell’Ars Poetica di Orazio le Lamie sono descritte come esseri mostruosi, in grado di ingoiare i bambini e di restituirli ancora intatti se si squarcia loro il ventre (l’integrità dei corpi è, però, solo apparente, infatti all’interno sono svuotati d’ogni umore).


http://www.silviadue.net/vari/lamia1.jpg
In questo bassorilievo greco del 400 a.C.,
Lamia è rappresentata come un demone alato,
con il torace di donna e la parte inferiore di uccello,
nell’atto di rapire un neonato (British Museum)



La letteratura latina annovera anche altri "protovampiri", ma difficilmente li fa uscire dall’ambito femminile. Ovidio parla di Striges, uccelli notturni che volano sulle culle dei neonati succhiandone il sangue e divorandone le viscere.


Vi sono ingordi uccelli, non quelli che rubavano il cibo
dalla bocca di Fineo, ma da essi deriva la loro razza:
grossa testa, occhi sbarrati, rostri adatti alla rapina,
penne grigiastre, unghie munite d’uncino;
volano di notte e cercano infanti che non hanno accanto la nutrice,
li rapiscono dalle loro culle e ne straziano i corpi;
si dice che coi rostri strappino le viscere dei lattanti,
e bevano il loro sangue sino a riempirsi il gozzo.
Hanno il nome di Strigi: origine di questo appellativo
È il fatto che di notte sogliono stridere orrendamente.
Sia che nascano dunque uccelli, sia che lo diventino per incantesimo,
e null’altro che siano vecchie tramutate in volatili da una nenia della Marsica,
vennero al letto di Proca: Proca nato da cinque giorni,
sarebbe stato una tenera preda per questi uccelli;
con avide lingue succhiano il petto dell’infante,
ma il povero bambino vagisce e chiede aiuto.

Ovidio, I Fasti


http://www.silviadue.net/vari/striges.jpg

sacher.tonino
30-08-05, 18:53
...ma è vero che la tomba di Draculia era vuota :eek: quando fù scoperta? :confused:

Silvia
30-08-05, 20:13
In Origine Postato da sacher.tonino
...ma è vero che la tomba di Draculia era vuota :eek: quando fù scoperta? :confused:

In effetti non si sa bene che fine abbia fatto il corpo di Dracula.

Si dice sia stato sepolto in un monastero su un'isoletta del lago Snagov dove, in una tomba anonima, sono stati trovati uno scheletro vestito di velluto rosso e diversi emblemi tipicamente nobiliari. Elementi insufficienti per permettere un'identificazione certa, anche se tra gli oggetti rinvenuti (e poi spariti) pare ci fosse un anello con inciso il simbolo del Drago. C'è chi dice che, quando la tomba venne riaperta nel 1931, siano state trovate solo ossa di animali, pare lo scheletro di un cavallo.

E' anche possibile che il corpo di Vlad Tepes sia stato smembrato sul campo di battaglia dai turchi, ancora increduli di averlo effettivamente ammazzato. E che, come si racconta, la sua testa sia stata tenuta a lungo esposta su un palo a Istambul, perché tutti potessero vederla. Ma non ci sono prove neppure in questo senso: storia e leggenda si intrecciano continuamente... E l'incertezza sulla fine del suo corpo non ha fatto altro che alimentare il mito di un vampiro costretto in eterno tra la vita e la morte...

Zmajcek
01-09-05, 12:12
A tal proposito consiglio la lettura di questo libricino interessante :

Dissertazioni sopra le apparizioni de' spiriti e sopra i vampiri o i redivivi d'Ungheria... (rist. anast. 1751)
Calmet Agostino
Ed. Arktos

lo potete trovare qui (http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1&c=KUFNPXIJ569IO)

Tomás de Torquemada
06-09-07, 00:15
I Vampiri nel Medioevo, prima parte: I morti inquieti e la "Masnada Hellequin"

Non comprendo io ancora, che cosa si fossero questi Vampiri, e molto meno in qual maniera cagionassero simili effetti, (…). I suddetti Vampiri altro non erano che alcuni uomini morti da alcuni giorni prima, i quali già sepolti e sotterrati comparivano di nuovo nella stessa forma, e negli stessi abiti e portamenti di quando erano vivi, e si facevano vedere da’ loro parenti ed amici di giorno e di notte, portandosi francamente nelle lor case, conversando, parlando e mangiando con esso loro: e talvolta mettendosi a letto, invitavano quelli a riposarsi parimente con esso loro.
(Giuseppe Davanzati, Dissertazione Sopra i Vampiri, Besa editrice, Bari 1998. Pag. 19)


I morti inquieti

Nel 313 d.C. con l’editto di Milano, gli imperatori Costantino e Licinio permisero la pratica della religione cattolica all’interno dell’Impero Romano. La religione fondata da Gesù Cristo e ispirata ai suoi insegnamenti passò, da culto clandestino e passibile di persecuzione, a religione ufficiale, alla quale si convertirono anche molte popolazioni barbariche.La religione Cristiana sopravvisse al crollo dell’Impero Romano e, tra il 500 e il 1500, la Chiesa di Pietro fu protagonista indiscussa del Medioevo, sebbene, per i primi anni, i culti cristiani fossero praticati esclusivamente all’interno delle città mentre le campagne restavano prevalentemente pagane. Nell’età medievale la popolazione europea, sprofondata nella crisi economica dopo la caduta dell’Impero Romano e, profondamente provata dalle incursioni dei barbari, trovò un’àncora di salvezza nella religione cristiana, capace di infondere una nuova speranza, e contribuì, così, all’ascesa del potere ecclesiastico.

Il riconoscimento della religione di Cristo come unica e vera doveva proporsi lo scopo di estinguere tutti i culti pagani presenti soprattutto nelle campagne. Dapprima i missionari si dimostrarono molto tolleranti per conquistarsi la fiducia del popolino al fine di evangelizzarlo; per fare un esempio pensiamo alle creature magiche: i racconti della tradizione celtica sulla presenza delle fate nei pressi delle sorgenti vennero associati ad apparizioni della Vergine Maria; mentre figure ibride come i Satiri della tradizione greca diventarono manifestazioni diaboliche.

La questione principale che richiedeva un intervento urgente e tempestivo era una regolamentazione, che fosse la più chiara ed inequivocabile possibile, di tutto ciò che aveva a che fare col culto dei morti. Uno dei meccanismi principali della psicologia del lutto è l’incapacità di accettare che il defunto possa giacere immobile per l’eternità senza curarsi delle persone che lo hanno amato e che gli sono sopravvissute. Un cadavere deve provare il desiderio di ricongiungersi ai vivi a causa di un ambivalente sentimento, costituito da amore ed odio, al quale la morte non può porre fine. I fondamenti dell’antropologia cristiana, invece contemplano che l’uomo è composto da un corpo creato mortale e da un’anima immortale: quando un uomo muore, quando si spegne il principio vitale che lo “animava”, il suo corpo (involucro carnale e transitorio dell’anima) è inumato e destinato a un rapido disfacimento.Nei Secoli Bui l’idea del vampiro comincia a prendere forma, assumendo alcune delle caratteristiche moderne. In questo periodo il Vampiro non fa più parte della cerchia delle divinità malvagie che, nottetempo, succhiano il sangue ai viventi ma, diventa il morto che ritorna, costituendo un pericolo ben più concreto.

I defunti cominciano ad uscire dai sepolcri, a camminare per le strade dei villaggi dove avevano vissuto, ad ammorbare l’aria e a cagionare terribili sventure, possono essere fermati dalla Croce, da un palo di legno conficcato nel corpo, con il rogo della salma e la dispersione delle ceneri. Le origini di queste testimonianze sono da ricercarsi, prevalentemente, nella confusione che i missionari cattolici avevano creato, nelle menti delle diverse popolazioni europee, per quanto riguardava gli usi e i costumi funebri. La Chiesa, dapprima aveva assimilato le tradizioni “barbare”per avvicinarsi ai popoli riluttanti alla conversione, poi appose qualche “modifica” che le avvicinasse ai propri dogmi: ci si trovava spesso di fronte ad un cadavere che non aveva espletato completamente tutti i rituali connessi al decesso caratteristici della sua religione d’origine ma, nemmeno, era stato sepolto in maniera perfettamente cristiana, quindi non poteva far accedere la sua anima in paradiso lasciando il corpo a decomporsi. Nella vasta area geografica in cui, prima della conversione al cattolicesimo, la componente sciamanica dei culti era predominante, le varie fasi della vita si susseguivano senza soluzioni di continuità, scandite da precisi riti di passaggio. Se, dopo il decesso, il defunto non riusciva ad integrarsi nel regno dei morti cercava di tornare indietro per infierire sui vivi. L’intervento della Chiesa, volto a sfatare questo tipo di superstizioni, ottenne il risultato opposto di consolidarle. Proprio la Bibbia, narrando della Resurrezione di Cristo e della sua promessa di vita eterna, forniva una testimonianza autorevole del fatto che dalla morte si potesse ritornare. Nelle Scritture, inoltre, compaiono fin troppi riferimenti al sangue per non considerarlo come “alimento” privilegiato per il sostentamento di chi ritorna dall’aldilà. La dottrina stessa sfruttò il vampiro per insegnare che l’obiettivo di Satana era di bere il sangue dei peccatori assicurandosi la loro anima, mentre coloro che vivevano in rettitudine, assumendo il vino transustanziato, partecipavano della santità di Cristo.

Nelle regioni del Nord dell’Europa, dopo la conversione alla religione cattolica, cominciarono a raccontarsi, nei toni della saga epica, episodi di cadaveri irrequieti: Saxo Grammaticus, nella Historia Danica, descrive come un morto rifiuti davvero in malo modo l’offerta del suo amico di giacere qualche giorno con lui nella tomba:

Morto Aswid prematuramente, il suo amico Asmund, che gli ha promesso di non lasciarlo, munito di provviste si fa calare nel sepolcro del morto. Qualche tempo dopo lo si trova sfigurato e coperto di sangue, ma vivo. Racconta che Aswid tutte le notti ritornava in vita . Dopo aver divorato prima il cavallo e poi il cane che erano stati calati nel sepolcro con lui, si era gettato sull’amico e gli aveva strappato un orecchio. Asmund dovette decidersi a tagliargli la testa e a piantargli un piolo nel corpo per immobilizzarlo.

La "Eybyggiasaga" Islandese parla di pestilenze intorno al luogo di sepoltura di un certo Thorolf:

a Hvamm in Islanda muore un certo Ehorolfr o Thorolf Boegifotr. Sepolto in una collina, la rende un luogo pericoloso, e molti animali e uccelli che vi si avvicinano muoiono. Thorolf visita anche la moglie e alcuni uomini del paese, e li fa morire. Il figlio Arnkell decide di andare a guardare il cadavere del padre, e lo trova non decomposto ma “gonfio come un bue”e mostruoso. Anche in questo caso soltanto dopo aver bruciato il corpo e disperso le ceneri in mare i fenomeni cessano.

I morti, o dragur, che ritornano dell’Europa del Nord non hanno nulla in comune con quelli descritti nell’antica Roma (che in precisi periodi dell’anno celebrava, placandoli, i propri morti), sono dotati di corpo e possono nuocere, senza ricorrere a maledizioni e magie, chiunque li incontri.


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La Masnada Hellequin - Immagine tratta dal sito http://www.cosmovisions.com/

La Masnada Hellequin

La morte, nel medioevo, faceva parte del quotidiano, era antropomorfizzata nei dipinti e nelle narrazioni orali, ma la soppressione dei rituali pagani che consentissero un trapasso definitivo, e la negazione dell’esistenza dei paradisi precristiani (per esempio il Walhalla) in nome delle verità della nuova religione, causò in Francia, nell’Italia settentrionale e nella Germania il riversarsi di un gran numero di cadaveri proprio sulle strade. Intorno l’anno mille vediamo comparire gli Exercitus Mortuorum, guidati dal gigante a cavallo Hellequin (probabilmente assimilabile all’Odino dei Celti): si trattava di cortei di morti che attraversavano le contrade senza aver cura di risparmiare ciò che si trovava sul loro cammino. Il prete normanno Gualchelmo, riferì di essere stato salvato dalla furia dei cavalieri infernali proprio da uno di questi, nel quale riconobbe suo fratello:

Nella notte del primo gennaio 1091 il cappellano (Gualchelmo) ritornava da una visita a un malato della sua parrocchia quando, solo e lontano da qualunque abitazione, sentì il fracasso di un «esercito immenso», che prese per quello di Roberto di Bellême, in marcia per assediare Courcy. La notte era chiara, il prete era giovane, coraggioso e robusto: si pose al riparo di quattro nespoli, pronto a difendersi se fosse stato necessario. In quel momento gli apparve un gigante, armato di randello, che gli ordinò di rimanere sul posto per assistere alla sfilata dell’exercitus, a ondate successive.

Il primo gruppo era il più composito. Era un’«immensa truppa di fanti», con bestie da soma cariche di vesti e di utensili diversi, come briganti che camminano oppressi sotto il peso del bottino. Affrettavano il passo gemendo e fra loro il prete riconobbe dei vicini recentemente deceduti. Seguiva una schiera di sterratori (turma vespillionum), alla quale si unì il gigante; essi portavano a due a due una cinquantina di barelle cariche di nani, che avevano la testa smisuratamente grossa o a forma di vaso(dolium). Due etiopi -demoni neri – portavano un tronco d’albero sul quale era legato e torturato uno sventurato che urlava per il dolore; un demone terrificante, seduto sul tronco, lo feriva ai reni e alla schiena colpendolo con i suoi speroni incandescenti. (…). Seguiva un gran numero di donne a cavallo, sedute all’amazzone su selle dotate di chiodi ardenti; incessantemente il vento le sollevava all’altezza di un cubito per lasciarle poi ricadere dolorosamente sulle loro selle; i seni erano trapassati da chiodi arroventati che le facevano urlare e confessare i loro peccati. (…).
Il prete, terrorizzato, vide in seguito un «esercito di preti e di monaci», guidati da vescovi e abati, che portavano ognuno la propria croce. I secolari erano vestiti con una cappa nera, i regolari con una cocolla nera. Essi si lamentavano e supplicavano Gualchelmo, che chiamavano per nome, di pregare per loro.(…).

Ancor più spaventoso era il gruppo successivo: era l’«esercito dei cavalieri» (exercitus militum). Tutto nero e che vomitava fuoco. Su immensi cavalli essi si affrettavano, muniti di ogni sorta di armi e di bandiere nere, come se andassero alla guerra. (…).

Passate ormai parecchie migliaia di cavalieri, Gualchelmo si rese conto che si trattava senza alcun dubbio della Masnada di hellequin (familia Herlechini): aveva già sentito dire che molte persone l’avevano vista, ma non aveva mai creduto ai suoi informatori, anzi si era burlato di loro. Temeva quindi di non essere creduto a sua volta, se non avesse portato una prova sicura della sua visione. Per questo motivo decise di catturare uno dei cavalli neri che passavano privi di cavaliere. Il primo gli sfuggì. Sbarrò allora la strada al secondo, che si fermò come per lasciarlo montare ed emise dalle froge una nuvola di fuoco della grandezza di una quercia. Il prete passò il piede nella staffa e afferrò le redini, ma sentì improvvisamente un intenso bruciore al piede e un freddo indicibile alla mano. Dovette lasciar andare l’animale, quando improvvisamente comparvero quattro cavalieri, i quali lo accusarono di aver cercato di rubare la loro proprietà e gli ordinarono di seguirli. (…)

Il morto enumerò dunque i «segni» che finirono col convincere il prete, il quale ascoltò il messaggio che doveva trasmettere. Ma Gualchelmo tornò in sé: non voleva fare da messaggero per un criminale. Preso da furore l’altro lo afferrò alla gola con una mano ardente che vi avrebbe lasciato un marchio indelebile, il signum dell’autenticità dell’apparizione. Lasciò la presa quando il prete invocò la Madre di Dio, anche perché un nuovo cavaliere si era interposto, levando la sua spada e accusando gli altri quattro di voler uccidere suo fratello.

Il nuovo arrivato rivelò la propria identità: si trattava del fratello di Gualchelmo, Roberto, figlio di Rodolfo il Biondo

A questo punto i ministri della Chiesa, a fronte di tali testimonianze, provenienti da personaggi degni di fiducia, cominciarono a chiedersi come mai questi trapassati non se ne stessero tranquilli sottoterra e, dopo aver studiato quanto scritto in proposito dai filosofi cristiani, giunsero alla conclusione che il responsabile era il Diavolo.

La fonte più autorevole in materia furono gli scritti di Sant’Agostino (De cura pro mortis Gerenda e De Civitate Dei), nei quali egli asseriva che i morti, se appaiono ai vivi è solo per opera di Dio e non appaiono col loro corpo ma con lo spirito, esclusivamente per chiedere d’essere sepolti o per ricevere preghiere. Qualora un morto si presenti ad un congiunto con il proprio corpo, è da ricercarsi, in questa manifestazione, l’intervento del Diavolo, ma anche il Diavolo non può nulla senza il benestare del Signore. Di conseguenza le apparizioni dei fantasmi erano “legittime”, mentre quelle dei defunti “in corpore” erano frutto del malvagio operato di Satana. Prima dell’anno 1000 le anime dei defunti se erano meritevoli ascendevano in paradiso (raffigurato come un giardino fiorito in cui essi beatamente oziavano) oppure, coloro che in vita furono malvagi, bruciavano all’inferno: non c’era una soluzione intermedia per chi, pur non avendo grossi meriti, non era poi completamente malvagio. Tuttavia, se le anime avevano bisogno delle intercessioni dei vivi doveva pur esistere un luogo di confine nel quale le anime dei morti potessero riscattarsi con le preghiere dei vivi; questo spazio era strettamente collegato alle antiche credenze pagane e suffragato dalle visioni monastiche medievali; solitamente queste anime sfortunate soggiornavano nei pressi del luogo dove avevano trovato la morte al fine di apparire con più facilità ai vivi. Presto i teologi elaborarono il concetto di purgatorio, conseguentemente ad un diverso approccio nella considerazione dell’uomo che non era più o buono o cattivo ma costituito da un insieme di elementi sia positivi che negativi che andavano soppesati.

Tra il 1024 e il 1033 il monastero di Cluny istituì la festa dei morti che si sarebbe svolta ogni anno il 2 novembre, dopo il giorno dei Santi. In questa giornata si recitavano le preghiere per le anime del purgatorio al fine di accorciare la loro permanenza in quel luogo di transizione dal quale potevano, col permesso di Dio, affacciarsi al mondo dei vivi per esortarli a compiere qualche azione che desse loro sollievo nell’attesa di congiungersi a Dio. La pratica di celebrare messe, le indulgenze e le preghiere per i morti divenne una costante che durò almeno fino all’età dell’illuminismo.
La leggenda che sta all’origine della festa vuole che: Un eremita siciliano sentì i diavoli, che si davano da fare nelle fiamme dell’Etna, deplorare che le preghiere, le elemosine e le messe dei monaci cluniacensi strappassero troppo rapidamente alle loro torture le anime dannate: Informato di questa visione, l’Abate Odilone istituì la Festa dei Morti. Presto un’apparizione del defunto Papa Benedetto, liberato dalle pene dell’aldilà dai suffragi dei cluniacensi, confermò la fondatezza di questa iniziativa.

Dell’esercito dei morti, le cui testimonianze più antiche risalgono ai tempi in cui il Cristianesimo, ormai largamente diffuso nell’Europa, cominciava a corrompersi a causa degli errori introdotti dalla Chiesa Romana, si ebbero notizie fino alla fine del secolo XVI. Sebbene le apparizioni fossero diventate più rare a Francoforte s’instaurò la consuetudine di pagare alcuni giovani che, una volta all’anno, conducessero di notte davanti alle porte delle case, un carro coperto di foglie cantando canzoni. In questo modo si celebrava la memoria dell’esercito dei morti. Il destino del terribile cavaliere Hellequin, dopo essere stato demonizzato, fu di ricomparire, in veste di maschera, nel teatro borghese assumendo il nome di Arlecchino.

(Fine prima parte - Continua)

http://digilander.libero.it/catafalco/origini/morti%20inquieti.htm

Dal sito http://digilander.libero.it/catafalco/

Artorius
11-09-07, 17:32
Le sanguisughe
Una volta accertato che la faccenda dei ritornanti puzzava di zolfo, le successive narrazioni che avevano a che fare con le visite post-mortem segnalavano immediatamente il Diavolo come artefice degli accadimenti. Intorno 1200 vediamo un intenso proliferare di racconti attinenti al ritorno di alcuni defunti malvagi. I cronisti più famosi di questo periodo sono Guglielmo di Newburg, un canonico che scrisse la “Historia rerum Anglicarum”, soffermandosi particolarmente sugli eventi prodigiosi accaduti nello Yorkshire e Walter Map, un Ufficiale del re Enrico II delegato al Concilio Lateranense III, che raccolse alcuni aneddoti (in maniera meno scrupolosa e veridica del contemporaneo Guglielmo di Newburg) nel De nugis Curialum; una sorta di pettegolezzi aventi a che fare con la vita a corte.
A riferire i fatti a Guglielmo di Newburg sono persone degne di fiducia, appartenenti all’ambiente ecclesiastico come l’arcidiacono Stefano che riferì quest’episodio:


Un uomo è seppellito alla vigilia dell’ascensione. La notte successiva entra nella camera della moglie, la sveglia, e gli si getta addosso con tutto il peso del suo corpo lasciandola mezza morta. La seconda notte l’incidente si ripete. La terza notte la moglie si organizza e rimane sveglia con un gruppo di amici: quando il defunto si accorge che la donna non è sola fugge, come spaventato dalle alte grida dei presenti. Vistosi respinto dalla moglie comincia ad attaccare i fratelli, ma questi ormai conoscono il modo di respingere la sanguisuga: rimangono svegli e, quando il defunto compare, lo spaventano con alte grida. Non domo, il defunto comincia ad apparire ad altre persone, questa volta in pieno giorno. L’arcidiacono locale scrive al Vescovo di Lincoln, chiedendo lumi su che cosa si debba fare. (…) I teologi raccomandano al vescovo di far bruciare il corpo, ma questo metodo sembra al prelato “del tutto indesiderabile e sconveniente”. Preferisce scrivere di suo pugno un decreto di assoluzione per il morto. Aperta la tomba, il corpo è trovato incorrotto “precisamente com’era il giorno della sepoltura”, e da quel momento gli incidenti cessano completamente.


A Berwick (al confine fra Scozia e Inghilterra), sempre nel 1196, accadde che:


Qui viene seppellito un uomo ricco ma malvagio, che di notte “per il potere di Satana” esce dal sepolcro e terrorizza gli uomini e anche gli animali. Dopo pochi giorni nessuno ha più il coraggio di uscire di notte. Che si tratti di un artificio di Satana diventa chiaro quando il defunto stesso suggerisce a qualcuno il metodo per far cessare le sue apparizioni: si esumi il suo corpo e lo si bruci. Così viene fatto, ma il corpo non è affatto incorrotto: è invece orribilmente decomposto. Viene bruciato, ma i miasmi dell’esumazione causano una terribile pestilenza che si porta via la maggior parte della città. In nessun altro luogo la malattia fu così virulenta, benché certo nello stesso periodo vi fossero state epidemie nei diversi distretti dell’Inghilterra.

Newburg riporta altri due episodi, uno riguarda un cappellano dell’ Abbazia di Melrose che in vita era più propenso a dedicarsi alla caccia che alla predicazione e alle opere pie, il quale, dopo morto cerca di rientrare nel suo monastero ma, non riuscendovi terrorizza una nobildonna.


Benefattrice dell’abbazia, la signora chiede aiuto ai monaci, che decidono di fare la guardia alla tomba del prete cacciatore, “bene armati con armi tanto spirituali quanto terrene”. Poco dopo la mezzanotte – mentre tre dei quattro religiosi che fanno guardia alla tomba sono andati a riscaldarsi – “il Diavolo, pensando di avere una buona occasione perché il sepolcro è vegliato da uno solo dei monaci, fa uscire il defunto. Il monaco però, dopo un primo momento di terrore, lo colpisce con una lancia, lo insegue, lo costringe a rifugiarsi nella tomba che sembra immediatamente aprirsi, come spontaneamente, per accoglierlo”. Non si tratta di un incubo del monaco perché il mattino dopo, quando il corpo è esumato, la ferita è ben presente e la tomba è piena di “sangue nero”. Il corpo viene bruciato, e le apparizioni del defunto cessano.

L’altro episodio parla di un uomo che, essendosi arrampicato su un tetto per spiare la moglie infedele, perde l’equilibrio e cade ferendosi gravemente e morendo senza essersi confessato.

Benché evidentemente non sia morto in grazia di Dio, gli è concessa una sepoltura cristiana “che non si merita e non gli serve a nulla”. In effetti, appena sepolto, “per il potere di Satana”, comincia a uscire di notte dalla tomba e ad aggirarsi intorno alle case vicine, terrorizzando la popolazione. Anche in questo caso il defunto va in giro con il suo corpo, che non è però intatto ma in decomposizione. La sue apparizioni causano così in breve tempo un’orribile pestilenza che uccide buona parte della popolazione del borgo, mentre altri fuggono trasformando la contrada “quasi in un deserto”. (…) La comitiva decide quindi di recarsi al cimitero dove trova il corpo in parte gonfio e decomposto, ma “con una faccia florida”. Molti si spaventano, ma i due fratelli colpiscono il corpo con la spada e, immediatamente ne esce una tale quantità di sangue rosso e caldo da convincerli che la sanguisuga si è nutrita del sangue di molti sventurati. Portano il corpo fuori dalla città e lo bruciano.

Dopo il rogo purificatore, cessano le apparizioni del ritornante ed anche la pestilenza ha fine.
Walter Map riferisce la storia di un certo William Laudun, “un soldato inglese di grande forza e di coraggio più volte dimostrato”. Laudun chiede consiglio al vescovo di Hereford a proposito di un gallese di cattivi costumi morto nella sua casa. Dopo la morte è tornato e ha chiamato per nome diverse altre persone della casa; ciascuna persona così chiamata è morta dopo pochi giorni.(...) Il vescovo commenta: “Forse il Signore ha permesso all’angelo malvagio di far uscire questo disgraziato dalla tomba e camminare con il suo corpo di morto.” Nonostante una prima decapitazione e aspersione della salma con acqua benedetta, il morto ritorna e chiama per tre volte Laudun che, senza farsi intimorire lo insegue e lo decolla di nuovo, questa volta i fenomeni cessano.
L’altro episodio degno di nota, riferito da Map, coinvolge il vescovo di Worcester che testa la repulsione di un ritornante nei confronti della croce; dimostrando che l’operato del Diavolo nella rianimazione dei defunti è indispensabile.
Intorno al 1200 il resoconto di fatti macabri è un fenomeno quasi di moda presso le corti, ma queste cronache, a differenza di quelle di altri contemporanei come Gervasio di Tillbury e Giraldo Cambrense, sottolineano la corporeità dei defunti che tornano e le loro cattive intenzioni. Sono racconti più vicini alle saghe epiche dei popoli Nord Europei che alle ghost-stories inglesi che fioriranno in seguito.


L’Europa Orientale
Nell’Europa orientale la cristianità si trovò a dover fare i conti con una superstizione profondamente radicata negli usi e costumi delle genti: dai Balcani alla Russia il Vampiro esisteva davvero (è dal magiaro Vampir che è stato coniato il termine che indica, in tutto il mondo, a partire dal XV sec. queste particolari creature della notte), esistevano persino alcuni soggetti candidati a questa particolare condizione.
Un ruolo importante nell’evoluzione del mito del vampiro è da attribuirsi allo scisma avvenuto nel 1054 fra chiesa cattolica d’Occidente e Chiesa cattolica d’Oriente che causò una certa “confusione” nella mente delle popolazioni dell’Europa orientale e lo sfruttamento delle tradizioni popolari, da parte dei ministri della chiesa, per stabilire condanne all’anima di coloro che non si fossero attenuti perfettamente ai dogmi della religione praticata nella zona in cui vivevano.
L’arma principale della Chiesa, sia cattolica che Ortodossa, era la scomunica con la quale si privava l’anima di tutti i privilegi della comunione con Dio acquisiti col battesimo (che era automaticamente annullato) e, di conseguenza, era inevitabile la dannazione eterna e il Diavolo poteva fare camminare sulla terra il loro corpo morto come Vampiro. La terra consacrata stessa respingeva i cadaveri degli scomunicati spingendoli fuori dalle loro tombe. Secondo la Chiesa Ortodossa i corpi di coloro che ricevevano la scomunica, quelli degli eretici e dei grandi peccatori non erano soggetti ai normali processi di decomposizione post-mortem perché il Diavolo aveva bisogno di un corpo integro per agire. Questa considerazione fu causa di un ulteriore conflitto dottrinale fra le due chiese perché, secondo la chiesa di Roma, a non decomporsi erano i corpi di coloro che erano morti dopo aver condotto una vita santa, la soluzione che si ipotizzo si basava sulle semplici caratteristiche del cadavere. Il santo manteneva una carnagione rosea morbida e profumata, il peccatore invece diventava gonfio, la pelle si scuriva ed emanava esalazioni mefitiche.
Altri candidati a diventare vampiri erano i suicidi, i quali, avendo interferito col volere di Dio per quanto concerne la durata della vita concessagli, la loro anima e il loro corpo erano a disposizione del Diavolo.
Prima dell’adozione della scomunica nei paesi dell’Europa centro-orientale esistevano alcune condizioni che portavano al vampirismo senza che il soggetto potesse interferire: una morte violenta, il nascere morti o nascere con la camicia, nascere il 25 dicembre, mangiare la carne di una pecora uccisa da un lupo, consentire che alcuni animali passassero sulla propria tomba, avere i capelli rossi, essere figli illegittimi ed essere guardate dal vampiro durante la gravidanza poteva segnare il destino del nascituro. Si tratta, prevalentemente, di credenze dell’età precristiana che hanno convissuto accanto alle Verità Evangeliche insegnate dai predicatori cattolici.
Fu in questa vasta area geografica che, nel 1700, si diffusero le epidemie vampiriche, che destarono l’interesse degli studiosi di tutta Europa e, per arginarle, occorsero gli interventi di Papi e Regnanti; comunque non mancano le testimonianze scritte di episodi accaduti secoli prima.
Un'altro aspetto da tenere in considerazione sono le invasioni dei barbari dell'estremo oriente, in particolare le orde dei Mongoli (che i popoli sottomessi non faticavano ad identificare come demoni vomitati da chissà quale inferno), e i resoconti dei viaggi dei primi esploratori che, come i Polo, ebbero profondi contatti con le tradizioni e la cultura dei popoli cinesi; episodi che influirono in maniera determinante sulla immagine del vampiro che abbiamo conservato fino ad oggi: la capacità di assumere le sembianze del pipistrello e la presenza delle ali del chirottero nelle sue rappresentazioni artistiche.
In Cina, a partire dal periodo Chou (XI - III a. C.) si era sviluppato nell'arte il criterio di raffigurare le schiere delle divinità malvagie in forma di uomo-chirottero, inoltre, i diavoli cinesi assomigliano in alcune caratteristiche ai non morti balcanici. Il motivo delle ali di pipistrello passò rapidamente nell'arte gotica comportando la scomparsa del diavolo in forma di caprone a favore dell'uomo (con o senza tratti somatici bestiali) con le ali di pipistrello, il topo volante che aveva portato la peste in Europa e, al pari di Satana, anche i suoi servitori come i vampiri non potevano essere privi di questo attributo.


Incubi e succubi
Il diavolo aveva anche un altro sistema per impadronirsi delle energie vitali dei viventi, senza necessariamente rianimare un cadavere, è proprio alla fine del Medioevo che si inizia a parlare di succubi e di incubi, queste due entità, sebbene appartengano all’ambito demoniaco hanno alcune caratteristiche in comune con i vampiri. Il succubo è un demone femminile che si introduce nelle stanze da letto degli uomini e si sdraia sul loro corpo stimolandoli a compiere un estenuante amplesso al fine di catturare il seme. L’incubo, invece, è di sesso maschile ed entra nelle camere delle donne, si siede sul loro petto e le invita ad accoppiarsi con lui. L’effetto che queste entità demoniache hanno sulle vittime è il medesimo: gli sventurati si svegliano esausti, con una sensazione di soffocamento dovuta al peso del demone sul corpo, e pieni di sensi di colpa per il terribile piacere che hanno provato; se le visite si ripetono per molte volte il soggetto non sopravvive. I teologi hanno pensato che il diavolo usasse questo sistema per riprodursi. Il meccanismo, secondo, S. Tommaso d’Aquino, sarebbe che il diavolo, sottoforma di Succubo, rubi il seme agli uomini; e poi si trasformi in Incubo per eiacularlo nella donna da ingravidare ma, siccome le donne che avevano avuto rapporti con l’incubo generavano figli mostruosi sia nel fisico che nell’animo, se ne deduce che il seme sottratto si corrompe perché il demone non ha le caratteristiche fisiche che ne garantiscano l’adeguata conservazione.
Interessante è la teoria di Sinistrari che prevede che, oltre ai demoni materializzati, esista un'altra specie d’incubi e succubi non diabolica; tale conclusione era motivata dal fatto che quelle creature copulavano anche con gli animali: la loro intenzione non era corrompere le anime (poiché gli animali non ne possiedono) ma appagare i propri istinti. I figli nati dai rapporti sessuali con queste creature erano, inoltre, dotati di grandi doti morali e intellettuali, tanto da essere considerati superiori in virtù agli altri uomini.

Stupefacente e quasi incomprensibile è come questi incubi, o in italiano folletti, o in spagnolo duendes, in francese folet, non obbediscano agli esorcisti né temano esorcismi; essi non rispettano gli oggetti sacri, manifestando paura al loro avvicinarsi come fanno i demoni che tormentano gli ossessi. (…) Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso.(Sinistrari, Demonialità, Palermo 1986. pp. 41, 42.)

Dovrà passare ancora qualche secolo, prima il vampiro si liberi dei connotati di ripugnante marionetta di Satana, e deve ancora intervenire la fantasia degli scrittori. La dentatura non è, ancora, quella caratteristica, i ritornanti assorbivano l’energia vitale attraverso una sorta d’osmosi che non richiedeva il morso; ma siamo già abbastanza vicini al moderno vampiro: c’è la paura dei simboli cristiani, la preferenza per la notte ed esistono già anche personaggi preposti a scovarli e ad ucciderli, con l’inevitabile paletto, da conficcare nel cuore, che è ancora oggi presente nell’armamentario, magari accanto a prodotti ultratecnologici di dubbia efficacia, dei vampire-hunters moderni.

Tomás de Torquemada
11-09-07, 22:25
Ottimo, caro Artorius, ma ribadiamo per correttezza che la fonte da cui è stato tratto quanto sopra è il sito http://digilander.libero.it/catafalco/ . :)

Artorius
12-09-07, 10:58
hai ragione, me lo ero perso. sorry :-00w09d

Artorius
12-09-07, 10:59
sono anche a segnalarVi una pagina dedicata ai "Vampiri e Vampirismo", nel sito dello studioso Enrico Baccarini. Mi sembra che tra tante sia una delle poche ricca di materiale interessante e serio. http://www.enricobaccarini.com/vampirismo.htm

Art

Gerri
12-09-07, 12:20
Bisogna guardare Buffy:D:D..