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Nebbia
06-09-02, 23:38
Il futuro dell'architettura mondiale, in una parola NEXT, è di scena fino al 3 novembre 2002 negli spazi dell'Arsenale e dei Giardini di Castello della Biennale di Venezia.

Lontano da rappresentazioni fantastiche e virtuali che hanno avvicinato sempre più l'architettura al mondo delle installazioni d'arte, quest'anno la Biennale di Architettura - secondo il fermo orientamento del suo curatore Deyan Sudjic - guarda soprattutto alla qualità delle forme e dei materiali dell'architettura per raccontarne gli sviluppi nei prossimi anni, mostrando cosa sarà costruito e come sarà costruito.

Gli architetti di tutto il mondo esplorano nuove strade, cercano di fondere la scoperta di nuovi materiali con quella di nuove tecniche costruttive per consegnare ai loro edifici nuove qualità tattili e visive. Sono presenti in mostra molte di queste sperimentazioni, dal lavoro con l'alluminio e il vetrocemento dell'architetto giapponese Toyo Ito, agli eleganti materiali di rivestimento usati da Herzog e de Meuron attraverso il disegno digitale.

La Mostra Internazionale NEXT si snoda lungo i grandi spazi dell'Arsenale (Corderie e Artiglierie) in una affascinante passeggiata dove si intrecciano il passato dei luoghi e il futuro delle nuove costruzioni, rappresentate da grandi e piccoli modelli e dalle immagini fotografiche.
Si incontrano così in questo itinerario oltre 130 progetti, mai presentati prima d'ora, divisi in sezioni, ognuna delle quali dedicata a una particolare tipologia di costruzione o tema architettonico: quartieri e case da abitazione (Housing), musei (Museums), trasporti (Communication), spazi dell'istruzione (Education), grattacieli (Towers), spazi per il lavoro (Work), luoghi del commercio (Shopping), tempo libero (Performance), edifici pubblici e religiosi (Church/State), piani urbanistici (Masterplans).

Nel percorso della mostra, dalla storica e affascinante architettura dell'antico Arsenale di Venezia si raggiungono le diverse e non meno suggestive architetture dei Padiglioni ai Giardini di Castello, dove il tema NEXT è presentato attraverso i singoli punti di vista nazionali: una cinquantina di Paesi dall'Australia al Venezuela.
Al Padiglione Italia sono inoltre allestite le due ultime sezioni della mostra: Italy e Next City.
La prima presenta una serie di importanti nuovi progetti che saranno realizzati in Italia da architetti internazionali come David Chipperfield, Odile Decq, Arata Isozaki e da architetti italiani come Massimiliano Fuksas, Francesco Garofalo, Eric Miralles/Benedetta Tagliabue. Nella Sezione Next City, curata da Stefano Casciani, vengono esposti i progetti di riqualificazione degli spazi urbani di alcune città italiane: Milano, Napoli, Trieste, Salerno, Firenze e Venezia.

http://arte.tiscali.it/architettura/Media/foto/settembre2002/next/gif_next.gif

Nebbia
06-09-02, 23:38
Il futuro dell'architettura mondiale, in una parola NEXT, è di scena fino al 3 novembre 2002 negli spazi dell'Arsenale e dei Giardini di Castello della Biennale di Venezia.

Lontano da rappresentazioni fantastiche e virtuali che hanno avvicinato sempre più l'architettura al mondo delle installazioni d'arte, quest'anno la Biennale di Architettura - secondo il fermo orientamento del suo curatore Deyan Sudjic - guarda soprattutto alla qualità delle forme e dei materiali dell'architettura per raccontarne gli sviluppi nei prossimi anni, mostrando cosa sarà costruito e come sarà costruito.

Gli architetti di tutto il mondo esplorano nuove strade, cercano di fondere la scoperta di nuovi materiali con quella di nuove tecniche costruttive per consegnare ai loro edifici nuove qualità tattili e visive. Sono presenti in mostra molte di queste sperimentazioni, dal lavoro con l'alluminio e il vetrocemento dell'architetto giapponese Toyo Ito, agli eleganti materiali di rivestimento usati da Herzog e de Meuron attraverso il disegno digitale.

La Mostra Internazionale NEXT si snoda lungo i grandi spazi dell'Arsenale (Corderie e Artiglierie) in una affascinante passeggiata dove si intrecciano il passato dei luoghi e il futuro delle nuove costruzioni, rappresentate da grandi e piccoli modelli e dalle immagini fotografiche.
Si incontrano così in questo itinerario oltre 130 progetti, mai presentati prima d'ora, divisi in sezioni, ognuna delle quali dedicata a una particolare tipologia di costruzione o tema architettonico: quartieri e case da abitazione (Housing), musei (Museums), trasporti (Communication), spazi dell'istruzione (Education), grattacieli (Towers), spazi per il lavoro (Work), luoghi del commercio (Shopping), tempo libero (Performance), edifici pubblici e religiosi (Church/State), piani urbanistici (Masterplans).

Nel percorso della mostra, dalla storica e affascinante architettura dell'antico Arsenale di Venezia si raggiungono le diverse e non meno suggestive architetture dei Padiglioni ai Giardini di Castello, dove il tema NEXT è presentato attraverso i singoli punti di vista nazionali: una cinquantina di Paesi dall'Australia al Venezuela.
Al Padiglione Italia sono inoltre allestite le due ultime sezioni della mostra: Italy e Next City.
La prima presenta una serie di importanti nuovi progetti che saranno realizzati in Italia da architetti internazionali come David Chipperfield, Odile Decq, Arata Isozaki e da architetti italiani come Massimiliano Fuksas, Francesco Garofalo, Eric Miralles/Benedetta Tagliabue. Nella Sezione Next City, curata da Stefano Casciani, vengono esposti i progetti di riqualificazione degli spazi urbani di alcune città italiane: Milano, Napoli, Trieste, Salerno, Firenze e Venezia.

http://arte.tiscali.it/architettura/Media/foto/settembre2002/next/gif_next.gif

Österreicher
07-09-02, 14:21
http://www.ilnuovo.it/nuovo/images/167/torri.resti_165x200.jpg

Österreicher
07-09-02, 14:21
http://www.ilnuovo.it/nuovo/images/167/torri.resti_165x200.jpg

Österreicher
11-09-02, 19:51
Niente più trovate suggestive ma inattuabili, niente più «provocazioni». Solo progetti già approvati e pronti a essere realizzati. Per mostrare come saranno, da qui a pochi anni, le case, i negozi, le stazioni, i musei, i grattacieli del futuro.
L'architettura non è arte. È solo architettura. Quando gli architetti si mettono in testa di voler fare gli artisti producono solo pessima arte». Non lo dice qualche oscuro detrattore delle molte bruttezze delle città moderne, ma l'inglese Dejan Sudijc, direttore dell'ottava Biennale internazionale di architettura, aperta a Venezia dall'8 settembre al 3 novembre sotto un titolo euforico, ottimistico e molto futurista: Next. «Vogliamo mostrare con chiarezza e praticità, anche ai non addetti ai lavori, quale sarà l'architettura dei prossimi cinque anni» prosegue Sudijc «e per questo abbiamo selezionato non nomi di architetti, né proiezioni virtuali, ma progetti già pronti, con plastici in grande scala e prototipi funzionanti».
E questo segna un punto di svolta importante rispetto a Biennali precedenti. L'accento cade sulla fierezza dell'operare concreto, del costruire, più che su una generica creatività. Per la precisione si tratta di 140 lavori, pronti a essere costruiti o in via di realizzazione, prelevati da una novantina di studi famosi. Dunque un gran viavai di casse tra il mondo e la laguna.
Solo che l'idea che tutti questi progetti saranno certamente realizzati non sai se prenderla come una promessa o come una minaccia. In fondo abbiamo infiniti esempi di orrenda architettura. Così chiediamo a Sudijc: quale dovrebbe essere il valore primario presente nella mente di un architetto, oggi, la forma, la bellezza, la ragione, la provocazione? «La forma e la sua capacità di diventare spazio sono importanti» risponde «mentre la bellezza è un concetto forte, impegnativo, e gli architetti sono imbarazzati quando si tratta di parlarne. La ragione è la sostanza della buona architettura. Comunque, l'ultima cosa che si dovrebbe ricercare è la provocazione».
Effettivamente la struttura della mostra è limpidissima.
All'Arsenale e ai Giardini sono state allestite sezioni che affrontano le diverse tipologie costruttive e riguardano le abitazioni, i musei, i luoghi della comunicazione sociale, della formazione, del lavoro, dello spettacolo. Il pezzo forte di quest'ultima sezione è lo stranissimo Parco del relax, una sequenza di conchiglioni, che sarà costruito in Spagna su progetto dell'architetto giapponese Toyo Ito, al quale viene consegnato il Leone d'oro alla carriera. E poi i negozi, con facoltosi sodalizi tra architetti e stilisti, tipo quello tra Fuksas e Armani per l'emporio di Hong Kong.
Torri, cioè grattacieli, massimo «trip» contemporaneo, piani urbanistici. Progetti per l'Italia che verrà, come la nuova biblioteca di Torino di Mario Bellini o l'arcidiscussa e proprio brutta uscita per gli Uffizi di Arata Isozaki. E ancora architettura italiana nel padiglione Venezia, con un omaggio all'opera di Carlo Scarpa (1906-1978). Saranno presentati i disegni originali dei lavori eseguiti per la Biennale tra il 1948 e il 1968. L'intero archivio del maestro veneziano entrerà a far parte del Centro nazionale per le Arti contemporanee di Roma progettato da Zaha Hadid.
Infine, una sezione è dedicata a Chiesa e Stato, dunque al «potere»: però è francamente buffo vedere accostati un remoto monastero boemo al broncio di stazioni di polizia, parlamenti e tribunali.

La parola d'ordine che a Venezia è ripetuta dappertutto è «flessibilità». Tutto deve essere flessibile, mobile, vuoto. L'intera città di domani è come un loft. Ma questo concetto si applica più al contenuto che al contenitore. Riguarda noi, i nostri arredi, le nostre attività sempre più immateriali, le tecnologie per loro stessa natura rinnovabili: oggi ci siamo, domani chissà. Anche le opere d'arte nei musei devono rinunciare al posto fisso, nel turn over delle mode. Le architetture, invece, agili, permangono. Benché sottoposte alle oscillazioni del gusto e alle aggressioni del tempo (il moderno, si sa, si sporca facilmente, invecchia rapidamente), rappresentano la cornice stravagante della nostra transitorietà.
Infatti, suona come un geniale inno alla precarietà, o a una vita spericolata, il progetto di Steven Holl per una casa acquattata su una spiaggia delle Hawaii, luogo battuto da continui uragani e terremoti. L'edificio appare come una casamatta in attesa di sbarchi nemici.
Né si starebbe proprio tranquilli nella minicasetta che Kazuyo Sejima ha progettato in un miniprugneto al centro di Tokyo. L'obiettivo qui è far sentire la pressione della città sulle paretine sottilissime dell'edificio. Perfino una casa della campagna inglese nell'immaginazione di Ushida Findlay diventa una specie di tentacolare astronave aliena atterrata tra la nebbia e il pascolo. La parola domesticità non evoca più focolari al riparo da tutto, ma allarme, instabilità. O anche vertigine. Come nel caso dell'attico che Tadao Ando ha immaginato per la sommità di un grattacielo di New York. Uno spettacolare nido d'aquila sospeso in aria con giardino pensile e vasche e fontane per l'inquadramento della skyline di Manhattan.
Quando si dice edilizia di massa vengono in mente alveari, termitai, formicai. Anche utopie sociali e una certa prepotenza ideologica, molto novecentesche. Oggi gli architetti, qualsiasi cosa progettino, inseguono sempre sogni individuali. Anche un grattacielo, il sogno dei sogni per un architetto, ambisce a un che di eccentrico, di unico.
Dopo l'11 settembre se ne costruiranno ancora? Ovviamente sì. Per esempio a Venezia, il 7 settembre, al Teatro della Tesa dell'Arsenale si tiene un convegno organizzato in collaborazione con il New York Times (la cui nuova sede è firmata da Renzo Piano) sul futuro dell'area di Ground Zero alla presenza di alcuni tra i più celebri architetti del mondo. E poi basta guardare, oltre alla nota, un po' infantile propensione asiatica a battere i record di altezza, progetti come la Torre Agbar di Jean Nouvel, per Barcellona, o il mirabolante grattacielo della Swiss Re ideato da Norman Foster: gran totem fallico, o più banalmente, visti i tempi, gigantesco siluro caduto senza esplodere nel cuore di Londra.
È dai luoghi dove ci si aspetta, ci si saluta e magari ci si dice addio tra migliaia di sconosciuti, è proprio da stazioni e aeroporti che accettiamo più volentieri una vera fantascienza. Qui colpisce soprattutto la bella Stazione di Stoccarda progettata, includendo forme avveniristiche in un parco naturale, da Christoph Ingenhoven.
L'architetto pensa a tutto, anche a te che parti. Nel Medioevo il viaggio era per raggiungere le cattedrali sparse in Europa. Oggi il devoto pellegrinaggio di massa spesso punta ai musei. Costruirne uno è il massimo della gratificazione. E dovrà essere il più singolare e il più grande.
Tra quelli di David Chipperfield, Daniel Libeskind, Jean Nouvel o Fernando Romero, col suo museo-ponte che taglia il confine tra Usa e Messico, esiste già quello che domani rivaleggerà in bizzarria, estro e fama col Guggenheim al titanio inventato a Bilbao da Frank Gehry?

Marco Di Capua
Su Panorama del 6 settembre 2002 (www.panorama.it)

Österreicher
11-09-02, 19:51
Niente più trovate suggestive ma inattuabili, niente più «provocazioni». Solo progetti già approvati e pronti a essere realizzati. Per mostrare come saranno, da qui a pochi anni, le case, i negozi, le stazioni, i musei, i grattacieli del futuro.
L'architettura non è arte. È solo architettura. Quando gli architetti si mettono in testa di voler fare gli artisti producono solo pessima arte». Non lo dice qualche oscuro detrattore delle molte bruttezze delle città moderne, ma l'inglese Dejan Sudijc, direttore dell'ottava Biennale internazionale di architettura, aperta a Venezia dall'8 settembre al 3 novembre sotto un titolo euforico, ottimistico e molto futurista: Next. «Vogliamo mostrare con chiarezza e praticità, anche ai non addetti ai lavori, quale sarà l'architettura dei prossimi cinque anni» prosegue Sudijc «e per questo abbiamo selezionato non nomi di architetti, né proiezioni virtuali, ma progetti già pronti, con plastici in grande scala e prototipi funzionanti».
E questo segna un punto di svolta importante rispetto a Biennali precedenti. L'accento cade sulla fierezza dell'operare concreto, del costruire, più che su una generica creatività. Per la precisione si tratta di 140 lavori, pronti a essere costruiti o in via di realizzazione, prelevati da una novantina di studi famosi. Dunque un gran viavai di casse tra il mondo e la laguna.
Solo che l'idea che tutti questi progetti saranno certamente realizzati non sai se prenderla come una promessa o come una minaccia. In fondo abbiamo infiniti esempi di orrenda architettura. Così chiediamo a Sudijc: quale dovrebbe essere il valore primario presente nella mente di un architetto, oggi, la forma, la bellezza, la ragione, la provocazione? «La forma e la sua capacità di diventare spazio sono importanti» risponde «mentre la bellezza è un concetto forte, impegnativo, e gli architetti sono imbarazzati quando si tratta di parlarne. La ragione è la sostanza della buona architettura. Comunque, l'ultima cosa che si dovrebbe ricercare è la provocazione».
Effettivamente la struttura della mostra è limpidissima.
All'Arsenale e ai Giardini sono state allestite sezioni che affrontano le diverse tipologie costruttive e riguardano le abitazioni, i musei, i luoghi della comunicazione sociale, della formazione, del lavoro, dello spettacolo. Il pezzo forte di quest'ultima sezione è lo stranissimo Parco del relax, una sequenza di conchiglioni, che sarà costruito in Spagna su progetto dell'architetto giapponese Toyo Ito, al quale viene consegnato il Leone d'oro alla carriera. E poi i negozi, con facoltosi sodalizi tra architetti e stilisti, tipo quello tra Fuksas e Armani per l'emporio di Hong Kong.
Torri, cioè grattacieli, massimo «trip» contemporaneo, piani urbanistici. Progetti per l'Italia che verrà, come la nuova biblioteca di Torino di Mario Bellini o l'arcidiscussa e proprio brutta uscita per gli Uffizi di Arata Isozaki. E ancora architettura italiana nel padiglione Venezia, con un omaggio all'opera di Carlo Scarpa (1906-1978). Saranno presentati i disegni originali dei lavori eseguiti per la Biennale tra il 1948 e il 1968. L'intero archivio del maestro veneziano entrerà a far parte del Centro nazionale per le Arti contemporanee di Roma progettato da Zaha Hadid.
Infine, una sezione è dedicata a Chiesa e Stato, dunque al «potere»: però è francamente buffo vedere accostati un remoto monastero boemo al broncio di stazioni di polizia, parlamenti e tribunali.

La parola d'ordine che a Venezia è ripetuta dappertutto è «flessibilità». Tutto deve essere flessibile, mobile, vuoto. L'intera città di domani è come un loft. Ma questo concetto si applica più al contenuto che al contenitore. Riguarda noi, i nostri arredi, le nostre attività sempre più immateriali, le tecnologie per loro stessa natura rinnovabili: oggi ci siamo, domani chissà. Anche le opere d'arte nei musei devono rinunciare al posto fisso, nel turn over delle mode. Le architetture, invece, agili, permangono. Benché sottoposte alle oscillazioni del gusto e alle aggressioni del tempo (il moderno, si sa, si sporca facilmente, invecchia rapidamente), rappresentano la cornice stravagante della nostra transitorietà.
Infatti, suona come un geniale inno alla precarietà, o a una vita spericolata, il progetto di Steven Holl per una casa acquattata su una spiaggia delle Hawaii, luogo battuto da continui uragani e terremoti. L'edificio appare come una casamatta in attesa di sbarchi nemici.
Né si starebbe proprio tranquilli nella minicasetta che Kazuyo Sejima ha progettato in un miniprugneto al centro di Tokyo. L'obiettivo qui è far sentire la pressione della città sulle paretine sottilissime dell'edificio. Perfino una casa della campagna inglese nell'immaginazione di Ushida Findlay diventa una specie di tentacolare astronave aliena atterrata tra la nebbia e il pascolo. La parola domesticità non evoca più focolari al riparo da tutto, ma allarme, instabilità. O anche vertigine. Come nel caso dell'attico che Tadao Ando ha immaginato per la sommità di un grattacielo di New York. Uno spettacolare nido d'aquila sospeso in aria con giardino pensile e vasche e fontane per l'inquadramento della skyline di Manhattan.
Quando si dice edilizia di massa vengono in mente alveari, termitai, formicai. Anche utopie sociali e una certa prepotenza ideologica, molto novecentesche. Oggi gli architetti, qualsiasi cosa progettino, inseguono sempre sogni individuali. Anche un grattacielo, il sogno dei sogni per un architetto, ambisce a un che di eccentrico, di unico.
Dopo l'11 settembre se ne costruiranno ancora? Ovviamente sì. Per esempio a Venezia, il 7 settembre, al Teatro della Tesa dell'Arsenale si tiene un convegno organizzato in collaborazione con il New York Times (la cui nuova sede è firmata da Renzo Piano) sul futuro dell'area di Ground Zero alla presenza di alcuni tra i più celebri architetti del mondo. E poi basta guardare, oltre alla nota, un po' infantile propensione asiatica a battere i record di altezza, progetti come la Torre Agbar di Jean Nouvel, per Barcellona, o il mirabolante grattacielo della Swiss Re ideato da Norman Foster: gran totem fallico, o più banalmente, visti i tempi, gigantesco siluro caduto senza esplodere nel cuore di Londra.
È dai luoghi dove ci si aspetta, ci si saluta e magari ci si dice addio tra migliaia di sconosciuti, è proprio da stazioni e aeroporti che accettiamo più volentieri una vera fantascienza. Qui colpisce soprattutto la bella Stazione di Stoccarda progettata, includendo forme avveniristiche in un parco naturale, da Christoph Ingenhoven.
L'architetto pensa a tutto, anche a te che parti. Nel Medioevo il viaggio era per raggiungere le cattedrali sparse in Europa. Oggi il devoto pellegrinaggio di massa spesso punta ai musei. Costruirne uno è il massimo della gratificazione. E dovrà essere il più singolare e il più grande.
Tra quelli di David Chipperfield, Daniel Libeskind, Jean Nouvel o Fernando Romero, col suo museo-ponte che taglia il confine tra Usa e Messico, esiste già quello che domani rivaleggerà in bizzarria, estro e fama col Guggenheim al titanio inventato a Bilbao da Frank Gehry?

Marco Di Capua
Su Panorama del 6 settembre 2002 (www.panorama.it)

Österreicher
11-09-02, 19:52
http://www.mondadori.com/panorama/img/6_9_2002/372002cul01.jpg

Österreicher
11-09-02, 19:52
http://www.mondadori.com/panorama/img/6_9_2002/372002cul01.jpg

Österreicher
12-09-02, 21:32
http://arte.tiscali.it/architettura/gallery/200209/04/next10.html

Österreicher
12-09-02, 21:32
http://arte.tiscali.it/architettura/gallery/200209/04/next10.html

Österreicher
12-09-02, 21:33
http://arte.tiscali.it/architettura/Media/foto/settembre2002/next/biennale3.jpg

Grattacieli, Norman Foster, Swiss Re Tower, Londra

Österreicher
12-09-02, 21:33
http://arte.tiscali.it/architettura/Media/foto/settembre2002/next/biennale3.jpg

Grattacieli, Norman Foster, Swiss Re Tower, Londra

Nebbia
12-09-02, 21:42
La Biennale di Architettura quest'anno ha dedicato un'intera sezione di "Next" ai grattacieli che, lungi dal perdere il loro fascino, all'indomani dell'11 settembre 2001 sono sempre più ambiti da progettisti e committenti. Nella sezione "Torri" sono esposti il progetto di Renzo Piano per la sede del "New York Times", la straordinaria forma conica della Swiss Re Tower di Norman Foster a Londra, la torre Agbar progettata da Jean Nouvel a Barcellona e il Montevideo Tower a Rotterdam di Mecanoo.

Un altro momento di riflessione sui tragici fatti di un anno fa è rappresentato dalla "City of Towers": dieci architetti di fama internazionale, tra cui David Chipperfield, Future Systems e Zaha Hadid, hanno disegnato ognuno una torre costruita in scala 1 a 100 (circa 5 metri di altezza) riproducendo nei suggestivi spazi dell'Arsenale una vera e propria "Città delle Torri".

Anche gli Stati Uniti ricordano il tragico evento allestendo nel loro padiglione ai Giardini due mostre dedicate al World Trade Center: una dal titolo "Two Perspectives: the Aftermath Bifore" e l'altra composta da una serie di proposte per la ricostruzione dell'area.

Un anno dopo la distruzione del Word Trade Center, il futuro di questo luogo è ancora incerto e dubbioso. Il Lower Manhattan Development Corporation ha proposto durante l'estate sei diverse soluzioni alternative, nessuna delle quali però ha ricevuto un grande riscontro. Adesso la Corporation ha portato avanti il suo intento e sta preparando un concorso internazionale per scegliere un altro piano di ricostruzione urbanistica entro il 30 settembre 2002.

Nebbia
12-09-02, 21:42
La Biennale di Architettura quest'anno ha dedicato un'intera sezione di "Next" ai grattacieli che, lungi dal perdere il loro fascino, all'indomani dell'11 settembre 2001 sono sempre più ambiti da progettisti e committenti. Nella sezione "Torri" sono esposti il progetto di Renzo Piano per la sede del "New York Times", la straordinaria forma conica della Swiss Re Tower di Norman Foster a Londra, la torre Agbar progettata da Jean Nouvel a Barcellona e il Montevideo Tower a Rotterdam di Mecanoo.

Un altro momento di riflessione sui tragici fatti di un anno fa è rappresentato dalla "City of Towers": dieci architetti di fama internazionale, tra cui David Chipperfield, Future Systems e Zaha Hadid, hanno disegnato ognuno una torre costruita in scala 1 a 100 (circa 5 metri di altezza) riproducendo nei suggestivi spazi dell'Arsenale una vera e propria "Città delle Torri".

Anche gli Stati Uniti ricordano il tragico evento allestendo nel loro padiglione ai Giardini due mostre dedicate al World Trade Center: una dal titolo "Two Perspectives: the Aftermath Bifore" e l'altra composta da una serie di proposte per la ricostruzione dell'area.

Un anno dopo la distruzione del Word Trade Center, il futuro di questo luogo è ancora incerto e dubbioso. Il Lower Manhattan Development Corporation ha proposto durante l'estate sei diverse soluzioni alternative, nessuna delle quali però ha ricevuto un grande riscontro. Adesso la Corporation ha portato avanti il suo intento e sta preparando un concorso internazionale per scegliere un altro piano di ricostruzione urbanistica entro il 30 settembre 2002.

Österreicher
17-09-02, 23:55
A proposito di architettura, solo oggi ho visto la voto del nuovo municipio di Londra, progettato da Norman Foster. Purtroppo non ne ho trovato la foto, ma è davvero suggestivo. Ha la forma di una sorta di uovo. Una moderna opera d'arte!