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Visualizza Versione Completa : I "Mondi in collisione" di Immanuel Velikovsky



Tomás de Torquemada
11-09-02, 01:20
Cinquant'anni dopo Mondi in Collisione:
rivisitando Immanuel Velikovsky
di Emilio Spedicato


Introduzione

Mezzo secolo fa (più precisamente nel 1950 pubblicato da McMillan e nel 1951 da Doubleday, dopo che McMillan aveva dovuto trasferire a questa casa i suoi diritti di pubblicazione sotto minaccia di boicottaggio da una parte del mondo accademico) appariva un libro di sostanziose dimensioni e ricchissimo di riferimenti bibliografici, dal titolo Mondi in Collisione. Il libro fu un best seller negli Stati Uniti nel 1952 ed apparve in sintesi anche sul Readers Digest, ivi compresa l'edizione italiana dal nome Selezione. Allora chi scrive era un ragazzino frequentante la seconda elementare appassionato divoratore di qualunque cosa scritta (purtroppo non molti libri erano allora presenti nella casa dove ci eravamo trasferiti dopo che l'ultimo bombardamento di Milano aveva distrutto con la casa la biblioteca del nonno). Lessi l'articolo su Selezione con immenso fascino, colpito in particolare dalla spiegazione che veniva data del "miracolo" riportato nella Bibbia sul fermarsi del Sole durante l'assedio di Gerico.

Dimenticai poi il nome dell'autore e del libro, per ricordarmene improvvisamente oltre trenta anni dopo, discutendo con un collega inglese alcune idee mie sulle origini catastrofiche delle glaciazioni e sulla possibilità di spiegare in questo contesto il mito di Atlantide. Velikovsky era stato in superficie dimenticato, ma ovviamente aveva lasciato un seme nel profondo, che a distanza di tempo si era risvegliato.

Quando il libro uscì, Velikovsky (che nel seguito citiamo semplicemente con V.) era uno sconosciuto per il grande pubblico, anche se il suo nome era noto ad una cerchia di specialisti. Infatti, oltre a numerose pubblicazioni nel campo della psichiatria, dove aveva operato professionalmente per molti anni in Israele, negli anni Trenta V. aveva edito in stretta collaborazione con Eistein la rivista Scripta Universitatis atque Bibliothecae Hierosolymitarum, strumento culturale che poi si evolse nella Università Ebraica di Gerusalemme. Il grande successo del pubblico fu dovuto a vari fattori, in parte connessi al clima postbellico caratterizzato da un risvegliato interesse per le tradizioni religiose e da sentimenti critici nei confronti di una scienza che aveva portato all'arma atomica ed al rischio di un conflitto nucleare. Contribuì anche sicuramente la pubblicità fornita dalla radicale opposizione da parte del mondo accademico ufficiale, con la minaccia andata in porto di boicottaggio della casa McMillan da parte degli astronomi guidati da Shapley e Payne Gaposchkin. Un autore che susciti le ire degli accademici, i quali tendono semplicemente ad ignorare chi proponga idee in contrapposizione con le loro, è una rarità. Il libro fu seguito nel giro di alcuni anni da altri non meno rivoluzionari relativi alla geologia terrestre ed alla cronologia della storia antica, con conseguente revisione di vari capitoli del passato così come appaiono nei libri standard.

Oltre che alla pubblicazione delle sue monografie, V. fu anche coinvolto in una serie di conferenze in vari paesi del mondo e fu l'ispiratore di alcune riviste e gruppi di studio, alcuni dei quali ancora attivi, che hanno portato avanti il suo approccio. Va detto che molte idee di V. sono ormai accettate dal mondo accademico, anche se di solito non si fa riferimento al suo ruolo iniziatore.

Il dibattito e l'influenza di V. sono stati importanti in particolare nel mondo anglosassone (USA, Canada, Inghilterra, Australia e Nuova Zelanda). Poca l'attenzione nel mondo latino, forse a causa del minore interesse in questi paesi per le tematiche di tipo biblico. Dobbiamo comunque ricordare per l'Italia come V. sia stato valutato positivamente sia dal grande matematico statistico Bruno de Finetti, che dallo storico della scienza Federico Di Trocchio, che gli ha dedicato un ampio capitolo del suo libro Il Genio Incompreso.

Nelle prossime sezioni vediamo alcuni elementi della biografia di V., quindi i contenuti fondamentali delle monografie Mondi in Collisione ed Ages in Chaos, con cenni alle altre monografie storiche. Diamo quindi alcune informazioni sul convegno organizzato in occasione dei Cinquanta Anni dalla pubblicazione di Mondi in Collisione presso l'Università di Bergamo.


Immanuel Velikovsky: elementi biografici

Velikovsky nacque nel 1895 a Vitebsk, città della Russia sulla Dvina Occidentale, allora di circa 70.000 abitanti, molti dei quali Ebrei, città natale anche di Chagall. Terzo figlio, il nome Immanuel fu scelto dal padre durante una solitaria passeggiata nei boschi dei dintorni. Leggiamo dalla sua autobiografia (Days and Years) disponibile nel sito internet curato da Jan Sammer (www.varchive.org) "il nome fu scelto da un verso del settimo capitolo di Isaia; non c'era alcun Immanuel fra gli avi noti a lui. ...si attendeva da me un grande compito in relazione alla tragica storia della nostra nazione... va visualizzata la personalità di mio padre, un Ebreo impegnato con una visione di rinascita nazionale...quando avevo sette anni mio padre mi mostrava il capitolo di Isaia dove si trova il nome Immanuel...".

Il 1895 era l'anno in cui Freud iniziava a scrivere L'interpretazione dei sogni, in cui Roentgen scopriva i raggi X, ed in cui, il 10 giugno, giorno della nascita di Velikovsky, Herzl scriveva nel suo diario "riprendo in mano il filo rotto della tradizione del mio popolo: Lo porterò alla Terra promessa".

Da Vitebsk la famiglia si trasferì presto a Mosca, dove il padre ebbe grande successo nel commercio e divenne uno dei leader e finanziatori del movimento sionista. Fu lui fra gli organizzatori di acquisti di terreni in Palestina da cui nacquero i primi kibbutz.Immanuel fece studi classici, eccellendo in matematica ed imparando numerose lingue. Dopo vari viaggi in Europa e Palestina (Tell Aviv esisteva da soli tre anni), si laureò in medicina a Mosca nel 1921, dopo avere fatto parte degli studi a Montpellier. Uscì dalla Russia rivoluzionaria con un viaggio avventuroso per la via del Caucaso sistemandosi a Berlino, dove sposò Elisheva Kramer, brillante violinista e pianista. Iniziò in questo periodo l'attività di editore della rivista su citata Scripta Universitatis… , la cui sezione di matematica e fisica era curata da Albert Einstein.

Dal 24 al 39 visse in Palestina; del 30 è un suo lavoro in cui, per la prima volta nella letteratura, si propone che l'epilessia sia caratterizzata da encefalogrammi patologici.

L'interesse di Velikovsky per una reinterpretazione della storia antica fu acceso dalla lettura dell'opera di Freud Moses and Monotheism. In alternativa alla tesi allegorica di Freud, Velikovsky concepì l'idea che il faraone Akhnaton fosse la figura reale dietro la figura mitica di Edipo.Tale idea fu successivamente sviluppata nel 1930 durante un anno sabbatico passato nelle biblioteche di New York, e diede origine allo straordinario libro Oedipus and Akhnaton, pubblicato solo nel 1960, che chi scrive ha letto non stop fra le nove di sera e le tre di mattina. Qui gli straordinari parallelismi fra i dati storici su Akhnaton ed i dati della tradizione greca su Edipo sono sviluppati nel contesto di una datazione di Akhnaton ben più recente di quella di Mosè, anzi più recente di quella di Salomone: nel nono secolo AC, poco prima della conquista dell'Egitto da parte degli Assiri, tema questo di una delle sue opere ancora non pubblicate, The Assyrian Conquest, disponibile nel citato sito internet.

Nell'aprile del 1940 Velikovky concepì l'idea di una grande catastrofe naturale al tempo dell'Esodo, interpretando quindi i fenomeni descritti nella Bibbia come le dieci piaghe in termini di eventi catastrofici di origine extraterrestre. La scoperta della descrizione di eventi simili in una fonte egiziana, il papiro Ipuwer della collezione di Leiden, lo convinse della validità dell'idea, spingendolo ad abbandonare la redditizia attività di psichiatra per uno studio a tempo pieno di fonti antiche e di autori moderni in relazione al suo approccio catastrofico. Mondi in Collisione fu il risultato di dieci anni di ricerche nelle grandi biblioteche di New York e Princeton (all'inizio della seconda guerra mondiale Velikovsky si era trasferito definitivamente a Princeton). Seguirono a breve distanza le altre opere sulla revisione della cronologia della storia antica e sulla evidenza di catastrofi nella storia geologica della Terra.

A Princeton Velikovsky ristabilì contatti amichevoli e frequenti con Einstein, con lunghe ore di discussione su temi astronomici e storici, inframmezzate da sedute musicali, dove il violinista Einstein era accompagnato al pianoforte da Elisheva. La storia dei suoi rapporti con Einstein è contenuta in uno dei libri ancora non pubblicati (Before the Day Breaks), disponibile nel citato sito internet.

Durante gli anni Cinquanta e parte dei Sessanta Velikovsky fu persona non grata nelle università e centri di ricerca in USA. Tuttavia dopo che le prime missioni spaziali confermarono in modo spettacolare parecchie delle sue previsioni sul sistema solare, fu invitato a tenere conferenze in varie università (Brown, Yale, Pennsylvania, Columbia, Dartmouth, Duke, Rice...); straordinario fu il successo di sue conferenze nei primi anni Settanta ad Harvard ed alla McMaster.

Velikovsky è morto, a 84 anni, a Princeton, nel 1979. L'archivio delle sue opere - fra cui le numerose non pubblicate - è tuttora nelle mani delle due figlie che gli sopravvivono, Ruth, psicanalista a Princeton, e Shulamit, la primogenita, che vive in un kibbutz presso Haifa, sposata con il noto matematico israeliano Abraham Kogan.


Mondi in Collisione

Mondi in Collisione fu pubblicato negli Stati Uniti da McMillan nel 1950 e a partire dall'anno successivo da Doubleday, cui erano stati trasferiti i diritti di pubblicazione, dopo che Shapley aveva fatto obliquamente osservare alla McMillan che il suo ruolo di importante editore accademico nel campo astronomico era minacciato dalla continuata presenza fra i suoi titoli del libro di Velikovsky (la storia di questo ed altri episodi dei difficili rapporti fra V. ed il mondo accademico si trova nel libro di V. Stargazers and Gravediggers, pubblicato postumo nel 1983 con copyright di Elisheva V.). Il libro fu un immediato successo di pubblico - sebbene fosse stato rifiutato da vari editori precedentemente contattati - e definito dal New York Times "A literary earthquake". Nella prefazione alla successiva Paperback Edition scriveva V.: First published in 1950, this book was left unchanged in all subsequent printings … in 1950 it was generally assumed that the fundamentals of science were all known and that only details and decimals were let to fill in. In the same year, a cosmologist, certainly not of a conservative bent of mind, Fred Hoyle, wrote in the conclusion of his book "The Nature of the Universe": "Is it likely that any astonishing new developments are lying in wait for us? Is it possible that the cosmology of 500 years hence will extend as far beyond our present beliefs as our cosmology goes beyond that of Newton? … I doubt whether this will be so. I am prepared to believe that there will be many advances in the detailed understanding of matters that still baffle us … But by and large I think that our present picture will turn out to bear an approximate resemblance to the cosmologies of the future…". Che l'opinione di Hoyle fosse quella effettivamente dominante allora è stato confermato alle orecchie di chi scrive dalla affermazione fatta dal prof. Salvini, insigne fisico italiano e ministro della ricerca e dell'università pochi anni orsono, ad una riunione in Roma organizzata dall'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) in relazione ai programmi di ricerca della missione GAIA programmata dall'ESA (per il 2012): Quarant'anni fa credevamo di conoscere tutto, ora siamo in profonda incertezza (citazione non verbatim). Va detto a proposito di Fred Hoyle che egli è poi stato fra i proponenti di teorie spesso alternative a quelle più diffuse, nonché acceso critico della teoria del big bang (nome ironicamente proprio da lui coniato); V. è citato nella autobiografia di Hoyle - si erano incontrati ad un seminario tenuto da Hoyle - senza alcuna critica.


http://www.nndb.com/people/177/000115829/immanuel-velikovsky-1.jpg
Immagine tratta dal sito http://www.nndb.com/

Il libro Mondi in Collisione parte dalla ipotesi che gli eventi di natura chiaramente catastrofica descritti nella letteratura antica, ed in particolare nella Bibbia, siano fenomeni effettivamente accaduti, la cui spiegazione non può essere data in un contesto puramente terrestre e va quindi attribuita ad interazioni fra il pianeta Terra e corpi extraterrestri. Analizza in particolare due eventi catastrofici - il primo associato all'Esodo, il secondo all'assedio di Gerusalemme da parte di Sennacherib, avvenuto qualche anno dopo che Sargon II aveva conquistato e deportato le dieci tribù di Israele. Ipotizza quindi che gli agenti extraterrestri delle due catastrofi siano stati nel primo caso il pianeta Venere, nel secondo caso il pianeta Marte, pianeti allora in orbite diverse da quelle attuali, più ellittiche, e reduci da precedenti interazioni con i grandi pianeti del sistema solare. Con l'ultima catastrofe le orbite dei due pianeti sarebbero state infine circolarizzate e sarebbe terminato per il pianeta Terra il periodo catastrofico, dove i pianeti costituivano una effettiva minaccia, dove l'astrologia era quindi una forma di scienza basata sullo studio di una realtà diversa del sistema solare. Il libro contiene prevalentemente riferimenti alla letteratura classica e mitologica e riferimenti di tipo solo qualitativo alle correnti teorie scientifiche (un migliaio di citazioni, anche di testi rari ed in molte lingue). Pur non contenendo alcuno sviluppo quantitativo - ed un trattamento quantitativo degli scenari proposti sarebbe anche oggi probabilmente al di là della capacità di modellizzazione e di calcolo - contiene alcune affermazioni critiche nei confronti degli scenari astronomici tradizionali, dove è virtualmente presa in considerazione solo la forza di gravità, trascurando effetti elettromagnetici, sia su grande scala che nel caso di passaggi ravvicinati fra corpi celesti.

Non è qui il caso di passare in rassegna in dettaglio il contenuto del libro, scritto in uno stile sintetico e chiaro e quindi densissimo di informazioni e di proposte (molte delle quali date in forma ipotetica). Possiamo sintetizzare come segue gli elementi importanti del libro:

La rivalutazione del contenuto dei testi antichi, basati secondo V. su esperienze reali vissute dagli antichi, in un contesto diverso da quello attuale. L'idea che le esperienze descritte nei testi antichi fossero esperienze reali era comunemente accettata nel mondo occidentale sino all'Illuminismo; questo comprendeva in particolare l'idea di catastrofi in periodi a memoria d'uomo, fra cui il Diluvio Universale descritto nella Bibbia ed in numerosi altri testi ad esempio della mitologia classica (Deucalione e Pirra,…). Erano idee accettate da Newton e da Cuvier. Con l'Illuminismo le affermazioni contenute nella Bibbia vennero fortemente criticate aprendo la strada all'ideologia cosiddetta dell'uniformitarismo che divenne dominante nell'Ottocento a seguito dei lavori in particolare di Lyell in geologia e di Darwin in biologia: il presente è la chiave del passato, non ci sono catastrofi celesti oggi, non possono essercene state ai tempi di Mosè. Non cadono pietre dal cielo oggi, non possono essere cadute allora (solo nella seconda metà dell'Ottocento l'esistenza di piogge meteoritiche fu di nuovo accettata dalla scienza, dopo che la caduta di uno sciame meteoritico in Francia convinse anche i più ostinati). A distanza di cinquanta anni da Mondi in Collisione possiamo certamente dire che c'è ora una maggiore attenzione da parte degli studiosi nel campo delle scienze naturali nei confronti delle tradizioni catastrofiche antiche. Tale attenzione dipende anche dalla possibilità offerta da strumenti di oggi, non disponibili ai tempi di V., di verificare gli effetti di tali eventi nel record geologico e biologico: analisi raffinate dei depositi di polline o altre componenti biologiche nei sedimenti lacustri ed oceanici, analisi di sostanze organiche ed inorganiche nei carotaggi glaciali, serie dendrocronologiche. Da tali studi è emersa l'evidenza di notevoli variazioni climatiche negli ultimi 12.000 anni, avvenute così rapidamente da essere difficilmente spiegabili in termini dei normali processi terrestri; infine la verifica con la cometa Shoemaker-Levy dei processi di disintegrazione cometale proposti da V. e da altri neocatastrofisti (Clube e Napier in particolare) e l'osservazione diretta dell'impatto dei frammenti di tale cometa su Giove, evento mai prima considerato di possibile osservazione sui tempi brevi della astronomia osservativa moderna, ha reso assai più consapevoli che ci troviamo in un ambiente, il sistema solare, più ricco di pericoli di quanto se ne pensasse cinquanta anni fa.
V. ha affermato l'instabilità del sistema solare e l'emergenza dell'attuale configurazione orbitale planetare, per quanto riguarda i pianeti Marte e Venere, in tempi assai recenti, storici addirittura. Tale affermazione fu fatta in un periodo in cui il sistema solare era considerato estremamente stabile, in base a considerazioni analitiche approssimate sulla stabilità dei sistemi dinamici n-body e sulla base del modello standard utilizzato per la formazione dei sistemi planetari, di cui quello solare era ritenuto del tutto tipico. Questo scenario è profondamente cambiato a cinquanta anni di distanza, anche se le tesi di V. circa Marte e Venere sono tuttora ritenute inaccettabili, salvo che da una piccola minoranza di studiosi. L'analisi fatta con i moderni più raffinati strumenti analitici dei sistemi nonlineari complessi ha infatto dimostrato che il comportamento di tali sistemi è generalmente del tipo caotico, imprevedibile a lungo termine e caratterizzato da una estrema complessità e varietà di configurazioni. Ora si ritiene che, anche trascurando le pur possibilissime interazioni con altri corpi e strutture della galassia, il sistema solare non possa essere studiato indietro nel tempo per più di qualche milione di anni - un fattore circa mille volte meno di quanto si pensasse allora. Sono inoltre emerse strutture del sistema solare sia sulle grandi distanze che su quelle dei pianeti interni che allora erano ignorate o di cui non si capiva l'importanza, come la popolazione dei cosiddetti oggetti Apollo/Amor e la fascia di Kuiper (di cui sono stati individuati componenti di considerevoli dimensioni, circa 600 km di diametro). L'osservazione dei pianeti lontani e dei loro satelliti ha individuato tutta una serie di caratteristiche inattese, di cui una spiegazione catastrofistica, anche se non nei tempi ristretti di V., pare essere la più adatta. L'osservazione, sebbene solo parziale, di una sessantina ad oggi di sistema planetari extrasolari ha mostrato caratteristiche di questi dinamiche e strutturali del tutto impensate, anzi addirittura considerate prima impossibili (e.g. la presenza di pianeti di tipo gioviano o supergioviano vicinissimi alla stella, quando i modelli accettati prevedevano in tale regione solo pianeti di tipo terrestre; o la presenza di pianeti di tipo gioviano in orbite ellittiche). Con un centinaio di argomentazioni l'astronomo Van Flandern ha ripreso l'ipotesi di Olbers circa l'esplosione di uno o più pianeti nella zona della fascia degli asteroidi, esplosione che avrebbe originato non solo la fascia stessa, ma la maggior parte delle comete e possibilmente Marte stesso, visto quale satellite perduto del pianeta esploso (ultima esplosione datata a circa 3.2 milioni di anni fa). Osservando che la sequenza ultima di glaciazioni sul nostro pianeta inizia anch'essa 3.2 milioni di anni fa, i fisici Woelfli e Baltensperger hanno recentemente proposto una nuova teoria per l'origine di tali glaciazioni, in termini di effetti sull'asse terrestre chiamati true polar wandering (dove i poli geografici si spostano sulla superficie terrestre), dovuti al passaggio ravvicinato di un pianeta, per cui hanno per default preso le dimensioni di Marte. Tali autori hanno scritto le equazioni relative alla dinamica del processo (solo in termini di forze gravitazionali, quelle mareali giocando il ruolo fondamentale) e sono pervenuti alla conclusione che un passaggio sufficientemente ravvicinato può effettivamente spostare i poli anche di 18 gradi, una conclusione simile a quella di V. Inoltre hanno calcolato che tale corpo interagente con la Terra, nel passaggio vicino al Sole, si riscalderebbe così tanto da allontanarsi dal Sole come una gigantesca cometa, circondato da un alone di gas caldissimo di oltre un milione di km di diametro… uno scenario perfettamente velikovskiano. Resta tuttavia ancora completamente da provare la possibilità necessaria per il modello di V. di un arrotondamento delle orbite di pianeti quali Venere e Marte nel giro di pochi secoli, equivalenti a qualche centinaio di rivoluzioni. Che la cosa non sia possibile è tuttavia anche qui da essere provato… Ci troviamo pertanto di fronte a scenari del tutto aperti ed innovativi circa la ricchezza strutturale e dinamica dei sistemi planetari. Resta quindi molto importante l'idea di V. di fare ricorso al record testimoniale antico per avere informazioni sulla evoluzione del nostro stesso sistema solare.
V. afferma l'importanza del fattore interazione elettromagnetica nel campo astronomico, in particolare in relazione ai passaggi ravvicinati fra corpi celesti. La forza di gravità resta tuttora quella considerata come unico agente nella evoluzione dell'Universo dalla maggior parte dei cosmologi, nonostante le autorevoli idee alternative della scuola del premio Nobel Alfven (citato in vari scritti di V.) sulla importanza delle strutture di plasmi a grande scala. Sono tuttavia emersi molti problemi con l'utilizzo della classica relazione di Newton sulla dipendenza inversa con il quadrato della distanza su scale maggiori di quella dove la relazione fu stabilita in base alle osservazioni di Keplero. Quindi la necessità di introdurre masse oscure o masse mancanti o altre più esotiche strutture, sulle quali sono fiorite centinaia di pubblicazioni, o di ipotizzare una diversa relazione funzionale rispetto alla distanza, o di introdurre nuove forze. Quello del ruolo in astronomia delle forze elettromagnetiche fu tema di numerosi colloqui fra V. ed Einstein, descritti nel citato libro di V. sui suoi incontri con Einstein. Sviluppi dell'idea di V. sull'importanza della forze elettromagnetiche sono stati compiuti da studiosi ispirati da V., fra cui Juergens, Thornhill, Ginenthal, De Grazia e Milton. E' un campo ancora off limits la ricerca astrofisica standard, da cui ci si possono attendere notevoli sorprese.
V. ha predetto l'emissione di onde radio da Giove, che la temperatura di Venere dovesse essere molto elevata (quando si riteneva che fosse di poco superiore a quella della Terra), e che la Terra fosse circondata da un campo magnetico. Queste previsioni furono confermate nel corso di pochi anni e V. ebbe la soddisfazione di vedere riconosciuta la validità della sua predizione, se non nei lavori ufficiali, almeno in una lettera scritta a Science (21 Dicembre 1962) dal noto fisico di Princeton Bargmann e dall'astronomo Motz della Columbia University. Va inoltre detto che V. aveva spesso insistito con Einstein perché utilizzasse la sua autorità al fine di fare compiere già nelle primissime missioni con sonde spaziali una ricerca di emissioni radio di Giove e che Einstein poi si scusò in una lettera a V. per non avere dato seguito alla sua richiesta. Le immagini dettagliate ottenute negli ultimi anni delle superfici di Marte e di Venere hanno mostrato caratteristiche geologiche del tutto sorprendenti. Venere mostra una superficie che sembra essere stata sottoposta a processi recenti di emissioni magmatiche e liquefazioni, e dove sono praticamente assenti tracce di processi di erosione; Marte mostra una superficie con evidenza di recentissimi fenomeni di alterazione catastrofica e di presenza recente di acqua, anche qui senza le tracce attese dei fenomeni di erosione che avrebbero dovuto smussare la superficie del pianeta nel corso dei miliardi di anni della sua vita secondo il modello standard. Una analisi dettagliata della morfologia di Marte alla luce delle ipotesi di V. è stata presentata in uno studio di Ginenthal apparso negli atti di un convegno organizzato a New York nel 1995 in occasione del centenario della nascita di V.


Ages in Chaos

Il volume Ages in Chaos uscì nel 1952, primo di una serie di opere a carattere storico, cui seguirono Oedipus and Akhnaton (1960), Peoples of the Sea (1977) e Ramses II and his Time (1977). Ancora non ufficialmente pubblicati ma disponibili nel sito internet creato da Jan Sammer sono i volumi The Assyrian conquest e The dark ages of Greece.

L'idea fondamentale di V. è che la cronologia ufficiale del primo e secondo millennio avanti Cristo relativa all'Egitto ed alle civiltà che vengono datate per correlazione con la civiltà egiziana (fra cui quella micenea, cananea, ugaritica, cretese…) non sia corretta, fatto che spiega la essenziale impossibilità di agganciare gli eventi descritti nella Bibbia con corrispondenti elementi descritti nelle fonti egiziane o correlate con queste. Secondo V. l'errore fondamentale in cui è incorsa la cronologia egiziana risale a circa duecento anni fa, agli inizi della egittologia moderna. Allora nel tentativo di agganciare la cronologia relativa ottenibile dagli annali egiziani con una data precisa fu compiuto un errore che ha portato ad allungare di alcuni secoli la storia egiziana. Conseguenza di tale errore è stata l'introduzione dei cosiddetti secoli bui nelle civiltà correlate (ad esempio in Anatolia e nel mondo miceneo), secoli durante i quali non si ha praticamente alcuna evidenza di attività documentata archeologicamente, ma al termine dei quali riprende l'evidenza archeologica, con gli stessi stili presenti all'inizio del periodo buio, come se nel frattempo non ci fosse stata alcuna evoluzione stilistica.

Il problema della determinazione di una cronologia corretta dei popoli antichi è assai complesso, sebbene sia spesso supposto risolto, adottandosi, salvo variazioni di pochi anni, cronologie essenzialmente fissate nel corso del diciannovesimo secolo. Fu un problema al centro dell'attenzione di Isaac Newton, che scrisse un'opera, da lui considerata il migliore prodotto della sua vita scientifica, The chronology of ancient peoples revisited, risultato della sua vastissima cultura classica e biblistica (aveva letto praticamente l'integrale delle opere della patristica graca e latina), recentemente ristampata ma letta quasi da nessuno (il noto biografo di Newton Westfall ne definisce la lettura la peggiore penitenza che possa concepirsi per una persona…). E' un problema che a seguito del lavoro di Velikovsky è stato ripreso da un numero significativo di studiosi, specie in ambito anglosassone (Rohl, James, Bimson, Murphie) e che nei lavori dei tedeschi Heinsohn ed Illig e soprattutto del matematico e statistico siberiano accademico Fomenko, pubblicato recentemente in due tomi della Kluwer, ha portato l'approccio di Velikovsky, in cui sono tagliati repliche di regni e periodi bui, a conseguenze ancora più radicali (eccessive, a parere di chi scrive).

Il volume Ages in Chaos può essere visto come il libro parallelo a Worlds in Collision, dedicato alla cronologia ed alle correlazioni storiche, laddove il primo era dedicato all'analisi dei fenomeni fisici ed a un loro tentativo di spiegazione.

V. individua il periodo dell'Esodo, e quindi l'epoca di Mosè, al termine del medio Regno Egiziano, quando l'Egitto viene invaso da una popolazione di popoli pastori, chiamati Hyksos da Manetone, Amu dalle fonti egiziane dell'epoca, Amalek nell'Esodo, proveniente da est, che occupò l'Egitto, devastandolo, distruggendo città, centri religiosi e gran parte della popolazione. La data specifica proposta da V. è il 1447 BC ed il faraone dell'Esodo, il Tutimaeus o Timaios di Manetone, è l'altrimenti oscuro Dudimose, il cui nome compare nella lista dei faraoni preservata nel Museo Egizio di Torino (parte della quale fu disgraziatamente distrutta nel trasporto dalla Savoia a Torino). In questo scenario Mosè, portando il suo popolo fuori dall'Egitto, lo salva quindi non tanto dalla oppressione degli Egizi quanto da un ben più probabile annichilamento da parte degli Hyksos. Chi scrive ha proposto per il termine Hyksos il significato preciso di popolo dei cavalli e ne ha identificato l'origine nella regione turanica del fiume Amu Darya, da cui gli Amu sarebbero partiti nel corso di un processo mondiale di migrazioni indotte dall'evento catastrofico associato all'Esodo. Chi scrive ha inoltre suggerito che la moglie che Mosè prese nella terra di Kush, usualmente intesa come Etiopia, provenisse in realtà dalla attuale regione dell'Hindukush/Badakshan, unica regione dove venivano prodotti i preziosi lapislazzuli, e che Mosè fosse stato informato dell'arrivo degli Amu dalla famiglia della moglie, il che gli avrebbe suggerito l'urgenza del lasciare l'Egitto e la necessità di allontanarsi per una strada nel deserto, lungi dalla via che gli Amu avrebbero seguito.

La datazione e la collocazione nell'ambito delle dinastie egiziane di V. - ora accettata anche con ulteriori argomenti da Rohl, James, Bimson, Clube… - era in contrasto con quelle tradizionali, che ponevano l'arrivo degli Hyksos a circa 350 anni prima e la partenza degli Ebrei - fatto addirittura dubitato da alcuni - nel corso del Nuovo Regno, spesso all'epoca di Ramses II. Il fatto che le fonti egiziane non ne parlassero era considerato come prova di una certa inattendibilità storica della Bibbia o almeno di una tendenza della Bibbia ad amplificare l'importanza degli eventi relativi al popolo ebraico. La ricollocazione operata da V. ridefinisce completamente il quadro storico con importanti conseguenze sulla storia successiva, essenzialmente sino all'arrivo di Alessandro Magno, a partire dal quale si hanno le precise fonti annalistiche della storiografia classica. Qui diamo solo alcune delle affermazioni di V.:

Gli Amu/Hyksos controllarono il territorio da loro conquistato dalla città di Avaris, identificata da V. nella prossimità di El Arish, nella attuale striscia di Gaza (territorio dove insediamenti ellenistici od egizi sono ora seppelliti anche da una ventina di metri di sabbia, un problema per ogni ricerca archeologica)
Gli Amu/Hyksos furono cacciati da una coalizione di Egizi che si erano ritirati nel sud dell'Egitto e di Ebrei guidati da Saul, verso il 1000 BC
La regina di Saba è il grande faraone donna Hatshpsut
Il faraone che invade il territorio che era stato il grande regno di Salomone è Tutmosi III
Amenofi III e Amenofi IV (Akhenaton) sono vissuti nel nono secolo BC, quindi dopo Salomone (e quindi eliminando ogni possibilità di interpretare Akhenaton come l'ispiratore del monoteismo di Mosè). L'archivio delle loro lettere, da attribuire al periodo 870-840 BC, comprende lettere inviate ai sovrani ebrei dei regni di Samaria (capitale del territorio delle 10 tribù di Israele) e di Gerusalemme (capitale del territorio delle tribù di Giuda e di Beniamino).
In tre recenti monografie lo storico libanese Kamal Salibi, professore alla American University di Beirut e direttore del Centro Studi fra le Fedi di Amman, ha sostenuto che la terra del latte e del miele dove Abramo si stabilì (in una epoca che nell'ambito della cronologia di V. può essere identificata con il 1850 BC circa, tempo anche del faraone Sesostri I Il Grande), sia l'attuale regione dell'Arabia sud-occidentale chiamata Asir. A parere di chi scrive l'approccio di Salibi può perfettamente accordarsi con quello di V. portando addirittura a rafforzarne le conclusioni.

Dal sito http://www.dipmat.unipg.it/~bartocci/Epistem.html

Tomás de Torquemada
11-09-02, 01:20
Cinquant'anni dopo Mondi in Collisione:
rivisitando Immanuel Velikovsky
di Emilio Spedicato


Introduzione

Mezzo secolo fa (più precisamente nel 1950 pubblicato da McMillan e nel 1951 da Doubleday, dopo che McMillan aveva dovuto trasferire a questa casa i suoi diritti di pubblicazione sotto minaccia di boicottaggio da una parte del mondo accademico) appariva un libro di sostanziose dimensioni e ricchissimo di riferimenti bibliografici, dal titolo Mondi in Collisione. Il libro fu un best seller negli Stati Uniti nel 1952 ed apparve in sintesi anche sul Readers Digest, ivi compresa l'edizione italiana dal nome Selezione. Allora chi scrive era un ragazzino frequentante la seconda elementare appassionato divoratore di qualunque cosa scritta (purtroppo non molti libri erano allora presenti nella casa dove ci eravamo trasferiti dopo che l'ultimo bombardamento di Milano aveva distrutto con la casa la biblioteca del nonno). Lessi l'articolo su Selezione con immenso fascino, colpito in particolare dalla spiegazione che veniva data del "miracolo" riportato nella Bibbia sul fermarsi del Sole durante l'assedio di Gerico.

Dimenticai poi il nome dell'autore e del libro, per ricordarmene improvvisamente oltre trenta anni dopo, discutendo con un collega inglese alcune idee mie sulle origini catastrofiche delle glaciazioni e sulla possibilità di spiegare in questo contesto il mito di Atlantide. Velikovsky era stato in superficie dimenticato, ma ovviamente aveva lasciato un seme nel profondo, che a distanza di tempo si era risvegliato.

Quando il libro uscì, Velikovsky (che nel seguito citiamo semplicemente con V.) era uno sconosciuto per il grande pubblico, anche se il suo nome era noto ad una cerchia di specialisti. Infatti, oltre a numerose pubblicazioni nel campo della psichiatria, dove aveva operato professionalmente per molti anni in Israele, negli anni Trenta V. aveva edito in stretta collaborazione con Eistein la rivista Scripta Universitatis atque Bibliothecae Hierosolymitarum, strumento culturale che poi si evolse nella Università Ebraica di Gerusalemme. Il grande successo del pubblico fu dovuto a vari fattori, in parte connessi al clima postbellico caratterizzato da un risvegliato interesse per le tradizioni religiose e da sentimenti critici nei confronti di una scienza che aveva portato all'arma atomica ed al rischio di un conflitto nucleare. Contribuì anche sicuramente la pubblicità fornita dalla radicale opposizione da parte del mondo accademico ufficiale, con la minaccia andata in porto di boicottaggio della casa McMillan da parte degli astronomi guidati da Shapley e Payne Gaposchkin. Un autore che susciti le ire degli accademici, i quali tendono semplicemente ad ignorare chi proponga idee in contrapposizione con le loro, è una rarità. Il libro fu seguito nel giro di alcuni anni da altri non meno rivoluzionari relativi alla geologia terrestre ed alla cronologia della storia antica, con conseguente revisione di vari capitoli del passato così come appaiono nei libri standard.

Oltre che alla pubblicazione delle sue monografie, V. fu anche coinvolto in una serie di conferenze in vari paesi del mondo e fu l'ispiratore di alcune riviste e gruppi di studio, alcuni dei quali ancora attivi, che hanno portato avanti il suo approccio. Va detto che molte idee di V. sono ormai accettate dal mondo accademico, anche se di solito non si fa riferimento al suo ruolo iniziatore.

Il dibattito e l'influenza di V. sono stati importanti in particolare nel mondo anglosassone (USA, Canada, Inghilterra, Australia e Nuova Zelanda). Poca l'attenzione nel mondo latino, forse a causa del minore interesse in questi paesi per le tematiche di tipo biblico. Dobbiamo comunque ricordare per l'Italia come V. sia stato valutato positivamente sia dal grande matematico statistico Bruno de Finetti, che dallo storico della scienza Federico Di Trocchio, che gli ha dedicato un ampio capitolo del suo libro Il Genio Incompreso.

Nelle prossime sezioni vediamo alcuni elementi della biografia di V., quindi i contenuti fondamentali delle monografie Mondi in Collisione ed Ages in Chaos, con cenni alle altre monografie storiche. Diamo quindi alcune informazioni sul convegno organizzato in occasione dei Cinquanta Anni dalla pubblicazione di Mondi in Collisione presso l'Università di Bergamo.


Immanuel Velikovsky: elementi biografici

Velikovsky nacque nel 1895 a Vitebsk, città della Russia sulla Dvina Occidentale, allora di circa 70.000 abitanti, molti dei quali Ebrei, città natale anche di Chagall. Terzo figlio, il nome Immanuel fu scelto dal padre durante una solitaria passeggiata nei boschi dei dintorni. Leggiamo dalla sua autobiografia (Days and Years) disponibile nel sito internet curato da Jan Sammer (www.varchive.org) "il nome fu scelto da un verso del settimo capitolo di Isaia; non c'era alcun Immanuel fra gli avi noti a lui. ...si attendeva da me un grande compito in relazione alla tragica storia della nostra nazione... va visualizzata la personalità di mio padre, un Ebreo impegnato con una visione di rinascita nazionale...quando avevo sette anni mio padre mi mostrava il capitolo di Isaia dove si trova il nome Immanuel...".

Il 1895 era l'anno in cui Freud iniziava a scrivere L'interpretazione dei sogni, in cui Roentgen scopriva i raggi X, ed in cui, il 10 giugno, giorno della nascita di Velikovsky, Herzl scriveva nel suo diario "riprendo in mano il filo rotto della tradizione del mio popolo: Lo porterò alla Terra promessa".

Da Vitebsk la famiglia si trasferì presto a Mosca, dove il padre ebbe grande successo nel commercio e divenne uno dei leader e finanziatori del movimento sionista. Fu lui fra gli organizzatori di acquisti di terreni in Palestina da cui nacquero i primi kibbutz.Immanuel fece studi classici, eccellendo in matematica ed imparando numerose lingue. Dopo vari viaggi in Europa e Palestina (Tell Aviv esisteva da soli tre anni), si laureò in medicina a Mosca nel 1921, dopo avere fatto parte degli studi a Montpellier. Uscì dalla Russia rivoluzionaria con un viaggio avventuroso per la via del Caucaso sistemandosi a Berlino, dove sposò Elisheva Kramer, brillante violinista e pianista. Iniziò in questo periodo l'attività di editore della rivista su citata Scripta Universitatis… , la cui sezione di matematica e fisica era curata da Albert Einstein.

Dal 24 al 39 visse in Palestina; del 30 è un suo lavoro in cui, per la prima volta nella letteratura, si propone che l'epilessia sia caratterizzata da encefalogrammi patologici.

L'interesse di Velikovsky per una reinterpretazione della storia antica fu acceso dalla lettura dell'opera di Freud Moses and Monotheism. In alternativa alla tesi allegorica di Freud, Velikovsky concepì l'idea che il faraone Akhnaton fosse la figura reale dietro la figura mitica di Edipo.Tale idea fu successivamente sviluppata nel 1930 durante un anno sabbatico passato nelle biblioteche di New York, e diede origine allo straordinario libro Oedipus and Akhnaton, pubblicato solo nel 1960, che chi scrive ha letto non stop fra le nove di sera e le tre di mattina. Qui gli straordinari parallelismi fra i dati storici su Akhnaton ed i dati della tradizione greca su Edipo sono sviluppati nel contesto di una datazione di Akhnaton ben più recente di quella di Mosè, anzi più recente di quella di Salomone: nel nono secolo AC, poco prima della conquista dell'Egitto da parte degli Assiri, tema questo di una delle sue opere ancora non pubblicate, The Assyrian Conquest, disponibile nel citato sito internet.

Nell'aprile del 1940 Velikovky concepì l'idea di una grande catastrofe naturale al tempo dell'Esodo, interpretando quindi i fenomeni descritti nella Bibbia come le dieci piaghe in termini di eventi catastrofici di origine extraterrestre. La scoperta della descrizione di eventi simili in una fonte egiziana, il papiro Ipuwer della collezione di Leiden, lo convinse della validità dell'idea, spingendolo ad abbandonare la redditizia attività di psichiatra per uno studio a tempo pieno di fonti antiche e di autori moderni in relazione al suo approccio catastrofico. Mondi in Collisione fu il risultato di dieci anni di ricerche nelle grandi biblioteche di New York e Princeton (all'inizio della seconda guerra mondiale Velikovsky si era trasferito definitivamente a Princeton). Seguirono a breve distanza le altre opere sulla revisione della cronologia della storia antica e sulla evidenza di catastrofi nella storia geologica della Terra.

A Princeton Velikovsky ristabilì contatti amichevoli e frequenti con Einstein, con lunghe ore di discussione su temi astronomici e storici, inframmezzate da sedute musicali, dove il violinista Einstein era accompagnato al pianoforte da Elisheva. La storia dei suoi rapporti con Einstein è contenuta in uno dei libri ancora non pubblicati (Before the Day Breaks), disponibile nel citato sito internet.

Durante gli anni Cinquanta e parte dei Sessanta Velikovsky fu persona non grata nelle università e centri di ricerca in USA. Tuttavia dopo che le prime missioni spaziali confermarono in modo spettacolare parecchie delle sue previsioni sul sistema solare, fu invitato a tenere conferenze in varie università (Brown, Yale, Pennsylvania, Columbia, Dartmouth, Duke, Rice...); straordinario fu il successo di sue conferenze nei primi anni Settanta ad Harvard ed alla McMaster.

Velikovsky è morto, a 84 anni, a Princeton, nel 1979. L'archivio delle sue opere - fra cui le numerose non pubblicate - è tuttora nelle mani delle due figlie che gli sopravvivono, Ruth, psicanalista a Princeton, e Shulamit, la primogenita, che vive in un kibbutz presso Haifa, sposata con il noto matematico israeliano Abraham Kogan.


Mondi in Collisione

Mondi in Collisione fu pubblicato negli Stati Uniti da McMillan nel 1950 e a partire dall'anno successivo da Doubleday, cui erano stati trasferiti i diritti di pubblicazione, dopo che Shapley aveva fatto obliquamente osservare alla McMillan che il suo ruolo di importante editore accademico nel campo astronomico era minacciato dalla continuata presenza fra i suoi titoli del libro di Velikovsky (la storia di questo ed altri episodi dei difficili rapporti fra V. ed il mondo accademico si trova nel libro di V. Stargazers and Gravediggers, pubblicato postumo nel 1983 con copyright di Elisheva V.). Il libro fu un immediato successo di pubblico - sebbene fosse stato rifiutato da vari editori precedentemente contattati - e definito dal New York Times "A literary earthquake". Nella prefazione alla successiva Paperback Edition scriveva V.: First published in 1950, this book was left unchanged in all subsequent printings … in 1950 it was generally assumed that the fundamentals of science were all known and that only details and decimals were let to fill in. In the same year, a cosmologist, certainly not of a conservative bent of mind, Fred Hoyle, wrote in the conclusion of his book "The Nature of the Universe": "Is it likely that any astonishing new developments are lying in wait for us? Is it possible that the cosmology of 500 years hence will extend as far beyond our present beliefs as our cosmology goes beyond that of Newton? … I doubt whether this will be so. I am prepared to believe that there will be many advances in the detailed understanding of matters that still baffle us … But by and large I think that our present picture will turn out to bear an approximate resemblance to the cosmologies of the future…". Che l'opinione di Hoyle fosse quella effettivamente dominante allora è stato confermato alle orecchie di chi scrive dalla affermazione fatta dal prof. Salvini, insigne fisico italiano e ministro della ricerca e dell'università pochi anni orsono, ad una riunione in Roma organizzata dall'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) in relazione ai programmi di ricerca della missione GAIA programmata dall'ESA (per il 2012): Quarant'anni fa credevamo di conoscere tutto, ora siamo in profonda incertezza (citazione non verbatim). Va detto a proposito di Fred Hoyle che egli è poi stato fra i proponenti di teorie spesso alternative a quelle più diffuse, nonché acceso critico della teoria del big bang (nome ironicamente proprio da lui coniato); V. è citato nella autobiografia di Hoyle - si erano incontrati ad un seminario tenuto da Hoyle - senza alcuna critica.


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Immagine tratta dal sito http://www.nndb.com/

Il libro Mondi in Collisione parte dalla ipotesi che gli eventi di natura chiaramente catastrofica descritti nella letteratura antica, ed in particolare nella Bibbia, siano fenomeni effettivamente accaduti, la cui spiegazione non può essere data in un contesto puramente terrestre e va quindi attribuita ad interazioni fra il pianeta Terra e corpi extraterrestri. Analizza in particolare due eventi catastrofici - il primo associato all'Esodo, il secondo all'assedio di Gerusalemme da parte di Sennacherib, avvenuto qualche anno dopo che Sargon II aveva conquistato e deportato le dieci tribù di Israele. Ipotizza quindi che gli agenti extraterrestri delle due catastrofi siano stati nel primo caso il pianeta Venere, nel secondo caso il pianeta Marte, pianeti allora in orbite diverse da quelle attuali, più ellittiche, e reduci da precedenti interazioni con i grandi pianeti del sistema solare. Con l'ultima catastrofe le orbite dei due pianeti sarebbero state infine circolarizzate e sarebbe terminato per il pianeta Terra il periodo catastrofico, dove i pianeti costituivano una effettiva minaccia, dove l'astrologia era quindi una forma di scienza basata sullo studio di una realtà diversa del sistema solare. Il libro contiene prevalentemente riferimenti alla letteratura classica e mitologica e riferimenti di tipo solo qualitativo alle correnti teorie scientifiche (un migliaio di citazioni, anche di testi rari ed in molte lingue). Pur non contenendo alcuno sviluppo quantitativo - ed un trattamento quantitativo degli scenari proposti sarebbe anche oggi probabilmente al di là della capacità di modellizzazione e di calcolo - contiene alcune affermazioni critiche nei confronti degli scenari astronomici tradizionali, dove è virtualmente presa in considerazione solo la forza di gravità, trascurando effetti elettromagnetici, sia su grande scala che nel caso di passaggi ravvicinati fra corpi celesti.

Non è qui il caso di passare in rassegna in dettaglio il contenuto del libro, scritto in uno stile sintetico e chiaro e quindi densissimo di informazioni e di proposte (molte delle quali date in forma ipotetica). Possiamo sintetizzare come segue gli elementi importanti del libro:

La rivalutazione del contenuto dei testi antichi, basati secondo V. su esperienze reali vissute dagli antichi, in un contesto diverso da quello attuale. L'idea che le esperienze descritte nei testi antichi fossero esperienze reali era comunemente accettata nel mondo occidentale sino all'Illuminismo; questo comprendeva in particolare l'idea di catastrofi in periodi a memoria d'uomo, fra cui il Diluvio Universale descritto nella Bibbia ed in numerosi altri testi ad esempio della mitologia classica (Deucalione e Pirra,…). Erano idee accettate da Newton e da Cuvier. Con l'Illuminismo le affermazioni contenute nella Bibbia vennero fortemente criticate aprendo la strada all'ideologia cosiddetta dell'uniformitarismo che divenne dominante nell'Ottocento a seguito dei lavori in particolare di Lyell in geologia e di Darwin in biologia: il presente è la chiave del passato, non ci sono catastrofi celesti oggi, non possono essercene state ai tempi di Mosè. Non cadono pietre dal cielo oggi, non possono essere cadute allora (solo nella seconda metà dell'Ottocento l'esistenza di piogge meteoritiche fu di nuovo accettata dalla scienza, dopo che la caduta di uno sciame meteoritico in Francia convinse anche i più ostinati). A distanza di cinquanta anni da Mondi in Collisione possiamo certamente dire che c'è ora una maggiore attenzione da parte degli studiosi nel campo delle scienze naturali nei confronti delle tradizioni catastrofiche antiche. Tale attenzione dipende anche dalla possibilità offerta da strumenti di oggi, non disponibili ai tempi di V., di verificare gli effetti di tali eventi nel record geologico e biologico: analisi raffinate dei depositi di polline o altre componenti biologiche nei sedimenti lacustri ed oceanici, analisi di sostanze organiche ed inorganiche nei carotaggi glaciali, serie dendrocronologiche. Da tali studi è emersa l'evidenza di notevoli variazioni climatiche negli ultimi 12.000 anni, avvenute così rapidamente da essere difficilmente spiegabili in termini dei normali processi terrestri; infine la verifica con la cometa Shoemaker-Levy dei processi di disintegrazione cometale proposti da V. e da altri neocatastrofisti (Clube e Napier in particolare) e l'osservazione diretta dell'impatto dei frammenti di tale cometa su Giove, evento mai prima considerato di possibile osservazione sui tempi brevi della astronomia osservativa moderna, ha reso assai più consapevoli che ci troviamo in un ambiente, il sistema solare, più ricco di pericoli di quanto se ne pensasse cinquanta anni fa.
V. ha affermato l'instabilità del sistema solare e l'emergenza dell'attuale configurazione orbitale planetare, per quanto riguarda i pianeti Marte e Venere, in tempi assai recenti, storici addirittura. Tale affermazione fu fatta in un periodo in cui il sistema solare era considerato estremamente stabile, in base a considerazioni analitiche approssimate sulla stabilità dei sistemi dinamici n-body e sulla base del modello standard utilizzato per la formazione dei sistemi planetari, di cui quello solare era ritenuto del tutto tipico. Questo scenario è profondamente cambiato a cinquanta anni di distanza, anche se le tesi di V. circa Marte e Venere sono tuttora ritenute inaccettabili, salvo che da una piccola minoranza di studiosi. L'analisi fatta con i moderni più raffinati strumenti analitici dei sistemi nonlineari complessi ha infatto dimostrato che il comportamento di tali sistemi è generalmente del tipo caotico, imprevedibile a lungo termine e caratterizzato da una estrema complessità e varietà di configurazioni. Ora si ritiene che, anche trascurando le pur possibilissime interazioni con altri corpi e strutture della galassia, il sistema solare non possa essere studiato indietro nel tempo per più di qualche milione di anni - un fattore circa mille volte meno di quanto si pensasse allora. Sono inoltre emerse strutture del sistema solare sia sulle grandi distanze che su quelle dei pianeti interni che allora erano ignorate o di cui non si capiva l'importanza, come la popolazione dei cosiddetti oggetti Apollo/Amor e la fascia di Kuiper (di cui sono stati individuati componenti di considerevoli dimensioni, circa 600 km di diametro). L'osservazione dei pianeti lontani e dei loro satelliti ha individuato tutta una serie di caratteristiche inattese, di cui una spiegazione catastrofistica, anche se non nei tempi ristretti di V., pare essere la più adatta. L'osservazione, sebbene solo parziale, di una sessantina ad oggi di sistema planetari extrasolari ha mostrato caratteristiche di questi dinamiche e strutturali del tutto impensate, anzi addirittura considerate prima impossibili (e.g. la presenza di pianeti di tipo gioviano o supergioviano vicinissimi alla stella, quando i modelli accettati prevedevano in tale regione solo pianeti di tipo terrestre; o la presenza di pianeti di tipo gioviano in orbite ellittiche). Con un centinaio di argomentazioni l'astronomo Van Flandern ha ripreso l'ipotesi di Olbers circa l'esplosione di uno o più pianeti nella zona della fascia degli asteroidi, esplosione che avrebbe originato non solo la fascia stessa, ma la maggior parte delle comete e possibilmente Marte stesso, visto quale satellite perduto del pianeta esploso (ultima esplosione datata a circa 3.2 milioni di anni fa). Osservando che la sequenza ultima di glaciazioni sul nostro pianeta inizia anch'essa 3.2 milioni di anni fa, i fisici Woelfli e Baltensperger hanno recentemente proposto una nuova teoria per l'origine di tali glaciazioni, in termini di effetti sull'asse terrestre chiamati true polar wandering (dove i poli geografici si spostano sulla superficie terrestre), dovuti al passaggio ravvicinato di un pianeta, per cui hanno per default preso le dimensioni di Marte. Tali autori hanno scritto le equazioni relative alla dinamica del processo (solo in termini di forze gravitazionali, quelle mareali giocando il ruolo fondamentale) e sono pervenuti alla conclusione che un passaggio sufficientemente ravvicinato può effettivamente spostare i poli anche di 18 gradi, una conclusione simile a quella di V. Inoltre hanno calcolato che tale corpo interagente con la Terra, nel passaggio vicino al Sole, si riscalderebbe così tanto da allontanarsi dal Sole come una gigantesca cometa, circondato da un alone di gas caldissimo di oltre un milione di km di diametro… uno scenario perfettamente velikovskiano. Resta tuttavia ancora completamente da provare la possibilità necessaria per il modello di V. di un arrotondamento delle orbite di pianeti quali Venere e Marte nel giro di pochi secoli, equivalenti a qualche centinaio di rivoluzioni. Che la cosa non sia possibile è tuttavia anche qui da essere provato… Ci troviamo pertanto di fronte a scenari del tutto aperti ed innovativi circa la ricchezza strutturale e dinamica dei sistemi planetari. Resta quindi molto importante l'idea di V. di fare ricorso al record testimoniale antico per avere informazioni sulla evoluzione del nostro stesso sistema solare.
V. afferma l'importanza del fattore interazione elettromagnetica nel campo astronomico, in particolare in relazione ai passaggi ravvicinati fra corpi celesti. La forza di gravità resta tuttora quella considerata come unico agente nella evoluzione dell'Universo dalla maggior parte dei cosmologi, nonostante le autorevoli idee alternative della scuola del premio Nobel Alfven (citato in vari scritti di V.) sulla importanza delle strutture di plasmi a grande scala. Sono tuttavia emersi molti problemi con l'utilizzo della classica relazione di Newton sulla dipendenza inversa con il quadrato della distanza su scale maggiori di quella dove la relazione fu stabilita in base alle osservazioni di Keplero. Quindi la necessità di introdurre masse oscure o masse mancanti o altre più esotiche strutture, sulle quali sono fiorite centinaia di pubblicazioni, o di ipotizzare una diversa relazione funzionale rispetto alla distanza, o di introdurre nuove forze. Quello del ruolo in astronomia delle forze elettromagnetiche fu tema di numerosi colloqui fra V. ed Einstein, descritti nel citato libro di V. sui suoi incontri con Einstein. Sviluppi dell'idea di V. sull'importanza della forze elettromagnetiche sono stati compiuti da studiosi ispirati da V., fra cui Juergens, Thornhill, Ginenthal, De Grazia e Milton. E' un campo ancora off limits la ricerca astrofisica standard, da cui ci si possono attendere notevoli sorprese.
V. ha predetto l'emissione di onde radio da Giove, che la temperatura di Venere dovesse essere molto elevata (quando si riteneva che fosse di poco superiore a quella della Terra), e che la Terra fosse circondata da un campo magnetico. Queste previsioni furono confermate nel corso di pochi anni e V. ebbe la soddisfazione di vedere riconosciuta la validità della sua predizione, se non nei lavori ufficiali, almeno in una lettera scritta a Science (21 Dicembre 1962) dal noto fisico di Princeton Bargmann e dall'astronomo Motz della Columbia University. Va inoltre detto che V. aveva spesso insistito con Einstein perché utilizzasse la sua autorità al fine di fare compiere già nelle primissime missioni con sonde spaziali una ricerca di emissioni radio di Giove e che Einstein poi si scusò in una lettera a V. per non avere dato seguito alla sua richiesta. Le immagini dettagliate ottenute negli ultimi anni delle superfici di Marte e di Venere hanno mostrato caratteristiche geologiche del tutto sorprendenti. Venere mostra una superficie che sembra essere stata sottoposta a processi recenti di emissioni magmatiche e liquefazioni, e dove sono praticamente assenti tracce di processi di erosione; Marte mostra una superficie con evidenza di recentissimi fenomeni di alterazione catastrofica e di presenza recente di acqua, anche qui senza le tracce attese dei fenomeni di erosione che avrebbero dovuto smussare la superficie del pianeta nel corso dei miliardi di anni della sua vita secondo il modello standard. Una analisi dettagliata della morfologia di Marte alla luce delle ipotesi di V. è stata presentata in uno studio di Ginenthal apparso negli atti di un convegno organizzato a New York nel 1995 in occasione del centenario della nascita di V.


Ages in Chaos

Il volume Ages in Chaos uscì nel 1952, primo di una serie di opere a carattere storico, cui seguirono Oedipus and Akhnaton (1960), Peoples of the Sea (1977) e Ramses II and his Time (1977). Ancora non ufficialmente pubblicati ma disponibili nel sito internet creato da Jan Sammer sono i volumi The Assyrian conquest e The dark ages of Greece.

L'idea fondamentale di V. è che la cronologia ufficiale del primo e secondo millennio avanti Cristo relativa all'Egitto ed alle civiltà che vengono datate per correlazione con la civiltà egiziana (fra cui quella micenea, cananea, ugaritica, cretese…) non sia corretta, fatto che spiega la essenziale impossibilità di agganciare gli eventi descritti nella Bibbia con corrispondenti elementi descritti nelle fonti egiziane o correlate con queste. Secondo V. l'errore fondamentale in cui è incorsa la cronologia egiziana risale a circa duecento anni fa, agli inizi della egittologia moderna. Allora nel tentativo di agganciare la cronologia relativa ottenibile dagli annali egiziani con una data precisa fu compiuto un errore che ha portato ad allungare di alcuni secoli la storia egiziana. Conseguenza di tale errore è stata l'introduzione dei cosiddetti secoli bui nelle civiltà correlate (ad esempio in Anatolia e nel mondo miceneo), secoli durante i quali non si ha praticamente alcuna evidenza di attività documentata archeologicamente, ma al termine dei quali riprende l'evidenza archeologica, con gli stessi stili presenti all'inizio del periodo buio, come se nel frattempo non ci fosse stata alcuna evoluzione stilistica.

Il problema della determinazione di una cronologia corretta dei popoli antichi è assai complesso, sebbene sia spesso supposto risolto, adottandosi, salvo variazioni di pochi anni, cronologie essenzialmente fissate nel corso del diciannovesimo secolo. Fu un problema al centro dell'attenzione di Isaac Newton, che scrisse un'opera, da lui considerata il migliore prodotto della sua vita scientifica, The chronology of ancient peoples revisited, risultato della sua vastissima cultura classica e biblistica (aveva letto praticamente l'integrale delle opere della patristica graca e latina), recentemente ristampata ma letta quasi da nessuno (il noto biografo di Newton Westfall ne definisce la lettura la peggiore penitenza che possa concepirsi per una persona…). E' un problema che a seguito del lavoro di Velikovsky è stato ripreso da un numero significativo di studiosi, specie in ambito anglosassone (Rohl, James, Bimson, Murphie) e che nei lavori dei tedeschi Heinsohn ed Illig e soprattutto del matematico e statistico siberiano accademico Fomenko, pubblicato recentemente in due tomi della Kluwer, ha portato l'approccio di Velikovsky, in cui sono tagliati repliche di regni e periodi bui, a conseguenze ancora più radicali (eccessive, a parere di chi scrive).

Il volume Ages in Chaos può essere visto come il libro parallelo a Worlds in Collision, dedicato alla cronologia ed alle correlazioni storiche, laddove il primo era dedicato all'analisi dei fenomeni fisici ed a un loro tentativo di spiegazione.

V. individua il periodo dell'Esodo, e quindi l'epoca di Mosè, al termine del medio Regno Egiziano, quando l'Egitto viene invaso da una popolazione di popoli pastori, chiamati Hyksos da Manetone, Amu dalle fonti egiziane dell'epoca, Amalek nell'Esodo, proveniente da est, che occupò l'Egitto, devastandolo, distruggendo città, centri religiosi e gran parte della popolazione. La data specifica proposta da V. è il 1447 BC ed il faraone dell'Esodo, il Tutimaeus o Timaios di Manetone, è l'altrimenti oscuro Dudimose, il cui nome compare nella lista dei faraoni preservata nel Museo Egizio di Torino (parte della quale fu disgraziatamente distrutta nel trasporto dalla Savoia a Torino). In questo scenario Mosè, portando il suo popolo fuori dall'Egitto, lo salva quindi non tanto dalla oppressione degli Egizi quanto da un ben più probabile annichilamento da parte degli Hyksos. Chi scrive ha proposto per il termine Hyksos il significato preciso di popolo dei cavalli e ne ha identificato l'origine nella regione turanica del fiume Amu Darya, da cui gli Amu sarebbero partiti nel corso di un processo mondiale di migrazioni indotte dall'evento catastrofico associato all'Esodo. Chi scrive ha inoltre suggerito che la moglie che Mosè prese nella terra di Kush, usualmente intesa come Etiopia, provenisse in realtà dalla attuale regione dell'Hindukush/Badakshan, unica regione dove venivano prodotti i preziosi lapislazzuli, e che Mosè fosse stato informato dell'arrivo degli Amu dalla famiglia della moglie, il che gli avrebbe suggerito l'urgenza del lasciare l'Egitto e la necessità di allontanarsi per una strada nel deserto, lungi dalla via che gli Amu avrebbero seguito.

La datazione e la collocazione nell'ambito delle dinastie egiziane di V. - ora accettata anche con ulteriori argomenti da Rohl, James, Bimson, Clube… - era in contrasto con quelle tradizionali, che ponevano l'arrivo degli Hyksos a circa 350 anni prima e la partenza degli Ebrei - fatto addirittura dubitato da alcuni - nel corso del Nuovo Regno, spesso all'epoca di Ramses II. Il fatto che le fonti egiziane non ne parlassero era considerato come prova di una certa inattendibilità storica della Bibbia o almeno di una tendenza della Bibbia ad amplificare l'importanza degli eventi relativi al popolo ebraico. La ricollocazione operata da V. ridefinisce completamente il quadro storico con importanti conseguenze sulla storia successiva, essenzialmente sino all'arrivo di Alessandro Magno, a partire dal quale si hanno le precise fonti annalistiche della storiografia classica. Qui diamo solo alcune delle affermazioni di V.:

Gli Amu/Hyksos controllarono il territorio da loro conquistato dalla città di Avaris, identificata da V. nella prossimità di El Arish, nella attuale striscia di Gaza (territorio dove insediamenti ellenistici od egizi sono ora seppelliti anche da una ventina di metri di sabbia, un problema per ogni ricerca archeologica)
Gli Amu/Hyksos furono cacciati da una coalizione di Egizi che si erano ritirati nel sud dell'Egitto e di Ebrei guidati da Saul, verso il 1000 BC
La regina di Saba è il grande faraone donna Hatshpsut
Il faraone che invade il territorio che era stato il grande regno di Salomone è Tutmosi III
Amenofi III e Amenofi IV (Akhenaton) sono vissuti nel nono secolo BC, quindi dopo Salomone (e quindi eliminando ogni possibilità di interpretare Akhenaton come l'ispiratore del monoteismo di Mosè). L'archivio delle loro lettere, da attribuire al periodo 870-840 BC, comprende lettere inviate ai sovrani ebrei dei regni di Samaria (capitale del territorio delle 10 tribù di Israele) e di Gerusalemme (capitale del territorio delle tribù di Giuda e di Beniamino).
In tre recenti monografie lo storico libanese Kamal Salibi, professore alla American University di Beirut e direttore del Centro Studi fra le Fedi di Amman, ha sostenuto che la terra del latte e del miele dove Abramo si stabilì (in una epoca che nell'ambito della cronologia di V. può essere identificata con il 1850 BC circa, tempo anche del faraone Sesostri I Il Grande), sia l'attuale regione dell'Arabia sud-occidentale chiamata Asir. A parere di chi scrive l'approccio di Salibi può perfettamente accordarsi con quello di V. portando addirittura a rafforzarne le conclusioni.

Dal sito http://www.dipmat.unipg.it/~bartocci/Epistem.html

Tomás de Torquemada
03-04-03, 05:01
Simposio sul tema:
Cinquanta anni dopo "Mondi in Collisione" di Velikovsky:
scenari classici e nuovi sulla evoluzione del sistema solare

Bergamo, 20 e 21 Ottobre, 2001

http://wwwesterni.unibg.it/siti_esterni/dmsia/seminari/simpo.jpg

(...)

Motivazioni del simposio

Velikovsky, nato a Vitebsk in Russia nel 1895 e morto a Princeton, in USA, nel 1979, e’ stato una delle grandi personalita’ nel mondo della cultura del ventesimo secolo. Editore con Albert Einstein (la cui amicizia fu ripresa negli anni finali della sua vita a Princeton) della rivista Acta Ierosolimitanae universitatis, che pose le basi della Universita’ Ebraica in Gerusalemme, psichiatra professionale, fu spinto da una analisi del lavoro di Freud Edipo ed Akenaton, ad una riconsiderazione della storia antica secondo tesi innovative e dal punto di vista della cronologia da lui proposta, in contrasto con quella standard, e per la introduzione del fattore interazione fra Terra e corpi esterni nella spiegazione di vari episodi nella storia antica.

La monografia MONDI IN COLLISIONE di Velikovsky fu pubblicata mezzo secolo fa, suscitando una clamorosa opposizione da parte del mondo accademico (ma Einstein ne aveva una copia sul comodino quando mori’). La tesi principale del libro e’ che le testimonianze di catastrofi nella Bibbia ed in altre antiche tradizioni siano basate su reali eventi avvenuti sul nostro pianeta in tempi relativamente recenti per cause extraterrestri, ovvero interazione fra Terra e corpi esterni. Il libro e’ concentrato sugli eventi fra l’ Esodo (datato da Velikovsky al 1447 BC, appena prima dell’ invasione degli Hyksos) e l’ assedio di Gerusalemme da parte del re assiro Sennacherib. Gli oggetti esterni interagenti con la Terra sono identificati da Velikovsky nei pianeti Venere e Marte, i quali avrebbero allora avuto orbite piu’ ellittiche di quelle attuali, per cui ogni tanto si sarebbero cosi’ avvicinati alla Terra da provocare catastrofi per effetti elettromagnetici e di marea gravitazionale.

Mezzo secolo dopo la pubblicazione del libro e’ ora certo che il sistema solare abbia avuto una storia molto piu’ complessa e catastrofica di quanto gli astronomi immaginassero allora, anche se le ipotesi di Velikovsky su Venere e Marte non sono certo confermate.

Nel simposio si discuteranno questioni relative al ruolo di Velikovsky nella storia del ventesimo secolo nonche’ una serie di recenti risultati da osservazioni e calcoli che vanno nella direzione di alcune affermazioni di Velikovsky.

Immagine e testo dal sito http://wwwesterni.unibg.it/

agaragar
04-04-03, 16:41
La stella del Würmiano
di Marco Marchetti

Ora parleremo di un evento astronomico accaduto circa 12.000 anni fa durante la terza ed ultima fase della glaciazione Würm, l'ultima glaciazione che ha attanagliato il nostro pianeta a partire da circa 90.000 ÷ 80.000 anni fa fino ad esaurirsi a partire da circa 11.000 anni fa.

Il fenomeno in questione fu di una rara e straordinaria bellezza, una bellezza pari a quella di una eclisse totale di sole (come quella avvenuta l'11 agosto 1999) oppure a quella dell'apparizione di una grande cometa (come la Hale-Bopp apparsa durante la primavera del 1997).

Ancora un po' di pazienza e capiremo in dettaglio di che cosa si tratta.



LA NEBULOSA DI GUM

La ricchissima varietà di stelle (apprezzabile anche ad occhio nudo) non è l'unico spettacolo che il cielo offre alla visione telescopica.

Esiste un'altra categoria di oggetti astronomici molto suggestivi che, mostrandosi in tutta la loro bellezza, ci regalano visioni da mozzare il fiato. Questi oggetti, molti dei quali sono alla portata anche dei piccoli telescopi amatoriali, sono le nebulose: immensi agglomerati di gas (soprattutto idrogeno, l'elemento più diffuso nell'universo) e polveri che si mostrano ai nostri occhi con una varietà di forme, strutture e colorazioni veramente impressionante.

Le nebulose devono la loro luminosità e colorazione alla luce emessa da una o più stelle molto luminose che si trovano al loro interno. Infatti gli atomi che compongono la nube assorbono la radiazione emessa dalle stelle eccitatrici e la riemettono a frequenze diverse dando luogo a quelle splendide colorazioni che osserviamo nelle fotografie pubblicate dai libri e dalle riviste.

Nel 1939 l'astronomo russo-americano Otto Struve scoprì una debole traccia di luminosità nella costellazione australe della Vela. Queste osservazioni furono riprese fra il 1950 e il 1952 da un giovane astronomo australiano, Colin S. Gum, il quale pubblicò i suoi risultati nel 1955. Questi mostravano l'esistenza di una gigantesca nube di gas debolmente luminosa che si estendeva occupando una grande porzione di cielo, una superficie più grande di quella occupata dalle costellazioni dell'Orsa Maggiore e Minore messe assieme. Fino a quel momento la nube era riuscita a sfuggire alle osservazioni degli astronomi poiché è molto tenue e occorre mettere insieme molte fotografie per poterla apprezzare nella sua totalità.

In onore dello scopritore la nube venne battezzata “la Nebulosa di Gum”.

Purtroppo Gum scomparve prematuramente nel 1960 a causa di un incidente mentre stava sciando sulle Alpi.

Altri astronomi proseguirono le ricerche e i risultati furono abbastanza sorprendenti. Infatti la Nebulosa di Gum risultò essere una delle più grandi nebulose di tutta la galassia; esse si estende per 2.400 anni luce e, benché sia molto rarefatta, contiene tanta materia da poter formare 180.000 stelle come il Sole. Inoltre la Nebulosa di Gum è molto vicina alla Terra e ci fu un periodo in cui si temeva che, se la nebulosa si fosse espansa, avrebbe finito con l'inghiottire il sistema solare. Oggi sappiamo che questa eventualità è sicuramente da escludere; infatti la nube attualmente non è in espansione e neppure in moto di avvicinamento verso la Terra.
Quindi La Nebulosa di Gum altro non è che una tranquilla e pacifica nube di idrogeno posta appena al di là dei confini del sistema solare che, però, racchiude un grande mistero.
Per illuminare tutta la nebulosa è necessaria una grande quantità di energia (nota 1) e non si capiva quale potesse esserne la sorgente.
Lo stesso Gum aveva scoperto la presenza di due stelle molto luminose (Gamma-2 Velorum e Zeta Puppis) proprio nel centro della nebulosa e, in un primo momento, gli astronomi credettero che fossero loro le stelle eccitatrici. Invece osservazioni successive mostrarono che la temperatura di queste due stelle era troppo bassa per potere eccitare l'intera nebulosa; l'energia emessa sarebbe stata appena sufficiente per illuminare la parte centrale della nebulosa.
Di conseguenza il mistero che circondava la Nebulosa di Gum invece che schiarirsi si infittiva sempre di più.

UN SECONDO SOLE APPARE NEL CIELO

Per capire qual è la sorgente di energia in grado di illuminare l'intera Nebulosa di Gum bisogna fare un salto indietro nel tempo, in un'epoca che risale a 12.000 anni fa.

L'aspetto del nostro pianeta è ovviamente diverso da quello attuale. Non esistono città, aeroporti, autostrade; non vi è traccia alcuna di quella che noi oggi chiamiamo “civiltà tecnologicamente progredita” poiché siamo ancora in piena preistoria. Però si stanno verificando alcuni importanti cambiamenti; l'uomo da nomade sta diventando sedentario, da cacciatore-raccoglitore si sta trasformando in agricoltore e comincia l'addomesticamento degli animali (nota 2).

La razza di uomini che incontriamo è quella esistente al giorno d'oggi cioè la stessa a cui apparteniamo noi: l'Homo Sapiens Sapiens. Originatosi e sviluppatosi in Africa a partire da un'epoca risalente a 150.000 ÷ 100.000 anni prima di Cristo l'Homo Sapiens Sapiens da circa 20.000 anni è il dominatore incontrastato del pianeta.

Anche il clima è molto diverso da quello attuale; infatti è in corso la terza e ultima fase della glaciazione Würm e molti territori del pianeta sono coperti da una coltre di ghiaccio. Però questo è l'ultimo colpo di coda della grande glaciazione poiché fra non molto i ghiacci cominceranno a ritirarsi e inizierà il periodo di clima mite che dura tuttora.

La macchina del tempo ci ha lasciato nei pressi di un villaggio in territorio africano; è ormai sera e possiamo vedere gli uomini raccolti attorno al fuoco. Li vediamo parlare e discutere fra loro e possiamo immaginare gli argomenti di quelle chiacchierate: episodi di caccia, episodi di vita quotidiana, ecc. La conoscenza del fuoco è stata sicuramente una delle più grandi conquiste dell'uomo; oltre ai vantaggi più diretti che tutti possiamo facilmente immaginare (cottura dei cibi, protezione contro gli animali feroci, ...) il fuoco è un formidabile catalizzatore sociale e favorisce l'aggregazione degli individui.

Improvvisamente il gruppo si agita; infatti qualcosa di straordinario ha attirato l'attenzione di uno degli uomini il quale aveva alzato gli occhi al cielo per ammirare quel superbo spettacolo che è il cielo stellato privo di inquinamento luminoso. Nella zona in cui si trova l'attuale costellazione della Vela è apparsa una nuova e luminosissima stella.

Lo spettacolo è veramente stupendo: nonostante l'eccezionale splendore la stella continua ad aumentare la propria luminosità fino al punto in cui diventa impossibile fissarla ad occhio nudo. La luminosità è altissima, quasi quanto quella della luna piena, e tutta concentrata in un punto (nota 3); è come se un pezzetto di Sole si fosse staccato dal resto e si fosse trasferito nel cielo notturno.

In effetti tutto va come se in cielo si fosse acceso un secondo, piccolissimo e luminosissimo Sole.

Il nuovo astro continuerà a brillare luminosissimo ed inosservabile ancora per qualche settimana poi la sua luminosità comincerà a diminuire fino a sparire del tutto dopo qualche anno, apparentemente senza lasciare traccia alcuna.

I nostri lontanissimi antenati avevano assistito, senza saperlo, all'esplosione di una supernova cioè all'ultimo disperato grido di agonia di una stella morente.



UNA SUPERNOVA NELLA PREISTORIA

Le supernove sono stelle molto massicce le quali terminano la propria esistenza in maniera molto spettacolare e pirotecnica: semplicemente esplodono. Infatti quando il combustibile nucleare si esaurisce all'interno delle stella vengono ad instaurarsi delle fortissime instabilità che alla fine degenerano in una apocalittica esplosione.

Nel breve tempo dell'esplosione la stella libera tanta energia quanta ne aveva emessa in tutta la sua vita e diventa più luminosa dell'intera galassia che la contiene.

L'eccezionalità della supernova del Würmiano sta nel fatto che, a differenza di altre supernove apparse in cielo in epoche più o meno remote (nota 4), la stella esplosa si trovava molto vicino alla Terra. La distanza stimata è circa 1.500 anni luce, una distanza però sufficiente a salvare il nostro pianeta dai pericolosissimi effetti collaterali dell'esplosione. Infatti, oltre alla spaventosa onda d'urto, una supernova emette grandi quantità di raggi X e Gamma che sono pericolosissimi per gli esseri viventi.

Se, in un raggio di alcune centinaia di anni luce a partire dalla stella che sarebbe esplosa, un tempo esistevano forme di vita oggi non esistono più: sono state annientate dalla furia dell'esplosione e dalle radiazioni.

A questo punto il mistero che circondava la Nebulosa di Gum è finalmente risolto. L'enorme energia necessaria per illuminare l'intera nube è stata involontariamente fornita da questa antichissima supernova; la Nebulosa di Gum brilla da 12.000 anni a questa parte grazie al lento e graduale rilascio di questa energia.



IL FOSSILE DELLA STELLA DEL WÜRMIANO

La storia che abbiamo raccontato è sicuramente molto affascinante e suggestiva. Però adesso urge una domanda: come fanno gli astronomi a conoscere fatti avvenuti in un'epoca così lontana?

La risposta è molto semplice e altrettanto suggestiva: nel 1968 è stato scoperto il fossile della stella del Würmiano e i fossili possono raccontare molte cose!

Una stella quando esplode come supernova non si disintegra completamente; solo il 90% della sua massa viene disperso. Il restante 10%, cioè il nucleo, subisce un destino opposto: collassa.

La forza di gravità, che dopo l'esaurimento dei combustibili nucleari regna sovrana, comprime ciò che resta della stella. Man mano che il collasso procede il nucleo della stella diventa sempre più piccolo e aumenta la sua velocità di rotazione. Il collasso si arresterà quando il nucleo collassato della stella sarà ridotto ad una sfera di soli 10 chilometri di diametro in rapidissima rotazione su se stessa.

Il risultato è una 'stella di neutroni' cioè una piccola sfera di materia superdensa in cui la gravità è bilanciata dall'enorme pressione di così tanta materia confinata in un volume così piccolo. La densità è talmente elevata che un cucchiaino di materia peserebbe un miliardo di tonnellate e la gravità è talmente forte che gli elettroni sono stati spinti all'interno dei nuclei degli atomi annullando la carica dei protoni e dando luogo ad un fluido di neutroni (da qui il nome di stella di neutroni).

L'esistenza delle stelle di neutroni era stata prevista fin dagli anni '30, nel periodo in cui cominciarono a svilupparsi le prime teorie sull'evoluzione stellare; però gli astronomi erano molto pessimisti sull'eventualità di una loro osservazione diretta. In realtà questo pessimismo si è rivelato infondato.

Nel 1967 Jocelyn Bell, una laureanda inglese che lavorava alle dipendenze del professor Anthony Hewish, scoprì casualmente una serie di impulsi estremamente regolari che provenivano dallo spazio. Gli sconosciuti oggetti che emettevano questi impulsi furono, in un primo momento, chiamati LGM (acronimo della frase inglese Little Green Men, piccoli uomini verdi) poiché l'estrema regolarità della pulsazione fece pensare ad un'origine artificiale dei segnali. In seguito, dopo che se ne fu accertata l'origine naturale, furono chiamati pulsar.

Il numero di pulsar scoperte aumentò rapidamente e la regolarità della pulsazione venne attribuita ad una stella in rotazione; nel 1968 nella costellazione del Toro venne scoperta una pulsar molto veloce la quale emetteva un impulso 33 volte al secondo. Ora gli unici oggetti in grado di ruotare così velocemente senza disgregarsi sono le stelle di neutroni; il meccanismo di emissione degli impulsi, non ancora chiarito nei dettagli, è dovuto alla presenza di campi magnetici molto intensi i quali collimano fasci di radiazione lungo alcune direttrici nello spazio. Quando la direttrice è orientata in direzione della Terra noi riceviamo ad ogni giro un segnale.

Di conseguenza le pulsar sono una specie di fari cosmici.

L'emissione dell'impulso, però, avviene a spese dell'energia di rotazione della pulsar la quale, in maniera impercettibile, rallenta la propria rotazione; quindi le pulsar più veloci sono anche quelle più giovani.

Sempre nel 1968 nella costellazione della Vela, nel centro della Nebulosa di Gum, fu scoperta una pulsar molto veloce; confrontando l'attuale velocità di rotazione con la velocità che la pulsar avrebbe dovuto avere appena formata, gli astronomi calcolarono che la supernova associata sarebbe dovuta esplodere 11.000 ÷ 12.000 anni fa (sicuramente non prima di 30.000 anni fa) raggiungendo quello splendore descritto in precedenza. Per curiosità si può sentirne la “pulsazione”.

La pulsar della Vela è il fossile vivente della stella del Würmiano (nota 5)!



EPILOGO

Arrivati a questo punto la Nebulosa di Gum ci mostra la sua vera natura: una gigantesca nube di idrogeno estremamente rarefatta che per un brevisssimo periodo della sua vita (12.000 anni, per ora) ha avuto il suo momento di gloria sotto forma di una ingentissima quantità di energia che l'ha illuminata e resa visibile in tutta la sua estensione.

Essa ci porta la testimonianza di un'antica catastrofe avvenuta alle porte di casa nostra che ha seminato morte e distruzione per centinaia di anni luce sfiorando appena il nostro pianeta il quale, per fortuna, si trovava a distanza di sicurezza.

Quando avrà finito di rilasciare l'energia accumulata la Nebulosa di Gum ritornerà ad essere invisibile, fredda e oscura com'era prima di quel fatidico giorno di 12.000 anni fa.

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NOTE a “La stella del Würmiano”
(1) - Il valore è pari a 1.051 erg pari all'intera energia emessa da una stella durante tutta la sua esistenza.
(2) - In una sepoltura risalente a 10.000 anni prima di Cristo è stato trovato un bimbo che teneva fra le braccia un cucciolo di lupo.
(3) - Stime attuali indicano una magnitudine apparente pari a -10.
(4) - Ricordiamo la supernova apparsa nella costellazione del Lupo nel 1006 d.c., quella apparsa nel 1054 d.c. nella costellazione del Toro e le cosiddette stelle di Thyco e di Keplero apparse rispettivamente nel 1572 d.c. nella costellazione di Cassiopea e nel 1604 d.c. nella costellazione di Ofiuco.
(5) - La pulsar scoperta nella costellazione del Toro citata in precedenza è anch'essa molto giovane: ha appena 950 anni. Essa è il residuo della supernova esplosa nel 1054 d.c. nella costellazione del Toro passata inosservata in Europa ma ben registrata nelle antiche cronache cinesi. Pur essendo rimasta visibile ad occhio nudo per 3 settimane anche in pieno giorno la sua luminosità non fu nemmeno lontanamente paragonabile a quella della stella del Würmiano.

agaragar
04-04-03, 16:49
LE GRANDI ESTINZIONI.. e la vita rischiò di scomparire
di Marco Marchetti

Da quando sul nostro pianeta apparvero i primi esseri viventi complessi la vita ha conosciuto diverse crisi biologiche, cioè la più o meno improvvisa scomparsa di intere speci animali e vegetali.

La più famosa di queste crisi avvenne circa 65 milioni di anni fa alla fine del periodo geologico chiamato Cretaceo quando scomparve circa l’80% della vita animale e vegetale presente sulla Terra; fra le speci estinte in questo periodo ricordiamo le ammoniti (organismi marini dotati di una magnifica conchiglia avvolta a spirale) e i famosissimi dinosauri.

Questa crisi non fu l’unica né tantomeno la più catastrofica; gli scienziati hanno scoperto le tracce di diverse ‘grandi estinzioni’ mentre la più terribile avvenne circa 250 milioni di anni fa, alla fine del periodo geologico chiamato Permiano, quando scomparve il 90% (e forse anche più) di tutte le speci viventi e la vita rischiò sul serio di scomparire per sempre.

Nelle pagine seguenti andremo a conoscere meglio le caratteristiche di queste grandi estinzioni e cercheremo di spiegarne le possibili cause.



UN UNIVERSO VIOLENTO

Il senso di pace e di serenità che ci trasmette la visione del cielo stellato può portare a ritenere che l’universo sia un luogo pacifico in cui regna la tranquillità. In realtà l’universo è molto diverso da come ci appare; in esso avvengono fenomeni di una violenza inimmaginabile, vere e proprie catastrofi cosmiche che fanno vacillare la nostra mente quando tentiamo di apprezzarne la portata.

I grandi telescopi costruiti nel secolo che si è appena concluso ci hanno mostrato stelle che esplodono, galassie che si incontrano e si fondono, buchi neri supermassicci che inglobano miliardi di tonnellate di materia, nuclei di galassie da cui si dipartono giganteschi getti di materia con velocità di migliaia di chilometri al secondo e tutta una serie di altri fenomeni minori che ci fanno comprendere quanto l’universo in cui viviamo sia violento e inospitale.

Andiamo allora a vedere da vicino alcuni di questi fenomeni e cerchiamo di capire i motivi della loro pericolosità.

Supernovae

Antiche cronache ci raccontano che nell’anno 1006 d.c. nella costellazione australe del Lupo apparve una nuova e luminosissima stella; il nuovo astro, nel momento del massimo splendore, raggiunse e superò la luminosità del pianeta Venere dopodiché cominciò ad affievolirsi fino a sparire del tutto dopo qualche tempo senza lasciare traccia.

Un’analoga apparizione avvenuta 48 anni più tardi nella costellazione del Toro attirò l’attenzione degli antichi astronomi cinesi mentre altre due avvenute nel 1572 nella costellazione di Cassiopeia e nel 1604 nella costellazione di Ofiuco furono osservate rispettivamente dal grande astronomo danese Thyco Brahe e dal suo allievo tedesco Johannes Kepler.

Il mistero legato a queste improvvise apparizioni di stelle venne definitivamente svelato, almeno nelle sue linee generali, negli anni ’30 del secolo scorso quando cominciarono a svilupparsi le prime teorie sulla evoluzione stellare. Secondo queste teorie quando una stella molto massiccia esaurisce il suo combustibile nucleare nel suo interno vengono ad instaurarsi delle fortissime instabilità che degenerano in una apocalittica esplosione e la stella si autodistrugge. Il fenomeno è davvero imponente: nei brevi istanti dell’esplosione la stella libera tanta energia quanta ne aveva liberata in tutta la sua vita precedente e diventa più luminosa dell’intera galassia che la contiene, cioè più luminosa di centinaia di miliardi stelle. Queste esplosioni stellari furono chiamate supernovae (nota 1).

Le supernovae sono fenomeni abbastanza rari, almeno nell’ambito della singola galassia; però, siccome esistono miliardi di galassie, esplosioni di supernovae vengono continuamente osservate nelle galassie esterne.

La loro pericolosità consiste nella furia devastante dell’esplosione e nell’ingentissima quantità di raggi X e Gamma emessi. Ricordiamo che queste radiazioni, in dosi massicce, sono pericolosissime per gli esseri viventi; di conseguenza se una supernova dovesse esplodere nel raggio di qualche centinaio di anni luce dalla Terra la vita subirebbe gravi danni e rischierebbe l’estinzione.

Gamma Ray Burst (lampi di raggi gamma).

Durante gli anni ’60 del secolo scorso alcuni satelliti militari (Vela) predisposti al controllo del rispetto dei trattati contro la proliferazione degli armamenti nucleari scoprirono l’esistenza di veri e propri lampi di raggi gamma provenienti dallo spazio al ritmo medio di un lampo al giorno. Questi fenomeni furono chiamati GRB, Gamma Ray Burst (lampi di raggi gamma) e la loro origine è rimasta un mistero fino a pochi anni fa; durante gli ultimi anni, soprattutto grazie al satellite italiano Beppo SAX, gli scienziati hanno scoperto che i GRB sono dovuti a titaniche esplosioni, molto più potenti delle esplosioni di supernova, che avvengono in galassie lontanissime. L’origine di queste esplosioni non è però ancora chiara; si parla infatti di supernovae molto più potenti di quelle ordinarie (ipernovae) oppure della fusione di due stelle di neutroni oppure di una stella di neutroni con un buco nero.

Quello che invece è molto chiaro è che i GRB sono i fenomeni più energetici e violenti dell’intero universo conosciuto; il 14 dicembre 1997 Beppo SAX registrò l’apparizione di un lampo gamma la cui potenza fu seconda solo a quella del Big Bang (per questo motivo il lampo gamma in questione fu chiamato ‘il secondo Big Bang’).

Le conseguenze per il nostro pianeta dell’apparizione di un GRB nella nostra galassia sono facilmente intuibili.

Impatti asteroidali

Fenomeni di inaudita violenza (anche se di molti ordini di grandezza inferiore a quella di una supernova o di un GRB) avvengono anche all’interno del nostro sistema solare e, per rendersene conto, basta osservare la Luna con un modesto cannocchiale. La superficie del nostro satellite appare costellata di crateri dovuti all’impatto con corpi minori del sistema solare; i crateri sono molto diffusi su tutti i pianeti di tipo roccioso di tipo terrestre e sui satelliti dei pianeti gioviani.

Infatti il sistema solare, oltre ai pianeti, contiene milioni di corpi minori (meteoriti, asteroidi, comete) con dimensioni che variano da qualche millesimo di millimetro a qualche centinaio di chilometri; quando l’orbita di uno di questi corpi interseca quella di un pianeta è possibile una collisione.

Anche la Terra in passato deve essere stata oggetto di numerosi impatti ma l’azione degli agenti atmosferici (vento e pioggia) ne ha cancellato quasi totalmente i crateri; nonostante tutto alcune di queste antiche cicatrici sono ancora visibili come, ad esempio, il famosissimo cratere, visibile solo da immagini prese in quota, che si trova nello stato canadese del Quebec e generato dalla collisione con un asteroide avvenuta circa 200 milioni di anni fa.

Le conseguenze di impatti di questo tipo sono devastanti; oltre agli effetti immediati come onde d’urto e giganteschi tsunami che farebbero più volte il giro del pianeta, avremmo effetti a lungo periodo sul clima. Infatti l’impatto con un grosso asteroide o una cometa provocherebbe il sollevamento di milioni di tonnellate di polvere che finirebbero nell’alta atmosfera riducendo in maniera sostanziale la quantità di luce proveniente dal Sole; avremmo così un periodo iniziale di raffreddamento e un drastico calo dell’attività fotosintetica delle piante cui seguirebbe un periodo di forte riscaldamento per effetto serra (nota 2).

Per un ecosistema come il nostro che dipende fortemente dalla temperatura e quasi completamente dalla luce solare le conseguenze sarebbero catastrofiche con la scomparsa di intere speci animali e vegetali.

Queste considerazioni di carattere astronomico sono quasi profetiche. Infatti gli scienziati che studiano la storia della vita sulla Terra hanno scoperto, in maniera del tutto indipendente, che a partire dalla comparsa dei primi organismi viventi complessi (circa 700 milioni di anni fa) la vita ha conosciuto e superato diverse crisi biologiche, cioè la scomparsa in tempi più o meno rapidi di numerosissime speci di esseri viventi che sono state chiamate ‘grandi estinzioni’.



LE GRANDI ESTINZIONI

La vita apparve molto presto sul nostro pianeta; circa 4 miliardi di anni fa, appena 600 milioni di anni dopo la sua formazione, comparvero negli oceani terrestri le prime antichissime forma di vita.

Questi esseri viventi erano microorganismi unicellulari (cioè costituiti da una sola cellula) molto semplici e primitivi e si dividevano in due grandi categorie: organismi fermentatori, i quali si nutrivano a spese delle numerose molecole organiche presenti negli oceani, e organismi fotosintetizzatori, i quali invece prosperavano grazie ad un meccanismo completamente diverso. Infatti grazie ad un pigmento verde chiamato clorofilla, che si ritiene sia stato inglobato in queste cellule casualmente, questi esseri riuscivano a catturare l’energia del Sole e, grazie a questa energia, scomponevano le molecole di acqua e di anidride carbonica (disciolta nell’acqua) per autocostruirsi i propri alimenti.

Questo meccanismo è la famosa fotosintesi clorofilliana ed è talmente semplice e ingegnoso che si è conservato praticamente immutato fino ad oggi. La fotosintesi clorofilliana è un piccolo prodigio della natura: da essa dipende la quasi totalità della vita sulla Terra.

Inoltre la fotosintesi presenta un importantissimo effetto collaterale; infatti dopo la scomposizione dell’acqua e dell’anidride carbonica rimane inutilizzato l’ossigeno il quale è a tutti gli effetti un prodotto di scarto e viene liberato nell’atmosfera. Quasi tutto l’ossigeno presente oggi nell’atmosfera terrestre, così importante per una grossa percentuale di esseri viventi (uomo compreso), è stato rilasciato grazie a quattro miliardi di anni di attività fotosintetica.

La vita rimase confinata negli oceani sotto forma di semplici microorganismi unicellulari per più di tre miliardi di anni; infatti le prime speci complesse (spugne e meduse) comparvero circa 700 milioni di anni fa. Infine, circa 400 milioni di anni fa, la vita uscì dall’acqua e si trasferì sulla terraferma.

Le prime estinzioni conosciute risalgono proprio a quest’epoca. Le teorie proposte per spiegare queste tremende crisi biologiche si dividono in due gruppi: teorie che sostengono che le speci animali e vegetali scomparvero in maniera lenta e graduale a causa di forti mutamenti del loro habitat (come imponenti glaciazioni) e teorie che invece sostengono che le estinzioni furono rapide e improvvise causate da eventi catastrofici. A loro volta queste catastrofi possono essere di tipo extraterrestre, come l’esplosione di una supernova vicina o la collisione con un asteroide o una cometa, oppure di origine terrestre come episodi di intensa attività vulcanica.

Gli effetti di una imponente eruzione vulcanica sul clima sono analoghi a quelli provocati da una collisione asteroidale: immense quantità di polveri immesse nell’atmosfera, iniziale raffreddamento e conseguente riscaldamento della superficie terrestre con un drastico calo dell’attività fotosintetica delle piante per via dell’oscuramento del Sole.

Ovviamente non esiste un’unica spiegazione e tutti i fenomeni (e anche altri) di abbiamo parlato in precedenza possono essere stati più o meno determinanti.

A tutt’oggi gli scienziati hanno scoperto l’esistenza di cinque grandi estinzioni e altre minori. Le più importanti sono le seguenti:

1ª grande estinzione – fine Ordoviciano – 450 milioni di anni fa

Depositi glaciali relativi a questo periodo sono stati trovati nel deserto del Sahara; quando l’antico supercontinente Gondwana (nota 3) transitò nei pressi del Polo Sud si ebbe una glaciazione prolungata che causò l’abbassamento del livello dei mari con conseguente drastica riduzione di tutti gli habitat marini. Ricordiamo che in quest’epoca la vita era ancora confinata negli oceani.

Percentuale stimata di speci viventi coinvolte nell’estinzione: 85%

2ª grande estinzione – fine Devoniano – 365 milioni di anni fa

Depositi glaciali relativi a questo periodo sono stati trovati nel nord del Brasile ma, fra le cause dell’estinzione, alcuni scienziati includono anche impatti asteroidali. In ordine di gravità è la terza estinzione.

3ª grande estinzione – fine Permiano – 250 milioni di anni fa

È la più grande estinzione di tutti i tempi; ne parleremo più diffusamente nel prossimo capitolo.

Percentuale stimata di speci viventi coinvolte nell’estinzione: 90-95%

4ª grande estinzione – fine Triassico – 205 milioni di anni fa

Questa estinzione colpisce soprattutto le speci marine.

Percentuale stimata di speci viventi coinvolte nell’estinzione: 75%

5ª grande estinzione – fine Cretaceo – 65 milioni di anni fa

È sicuramente l’estinzione di massa più famosa poiché costò la vita ai dinosauri e, essendo la più recente, anche la più conosciuta.

Percentuale stimata di speci viventi coinvolte nell’estinzione: 80%



LA GRANDE ESTINZIONE DEL PERMIANO

Il ‘Triangolo Nero’ è una località che si trova nel nord della Repubblica Ceca non lontano dai confini con la Germania e la Polonia. Questa zona deve il suo nome al carbone bruciato nelle vicine centrali termoelettriche.

In mezzo alla bassa vegetazione vi sono centinaia di tronchi di alberi morti; è ciò che resta di una lussureggiante foresta annientata dalle piogge acide, una conseguenza della combustione del carbone (nota 4).

Immaginiamo un paesaggio del genere esteso a tutto il pianeta e forse potremo avere un’idea del panorama presente sulla Terra 250 milioni di anni fa, alla fine del periodo geologico denominato Permiano, all’epoca della più grande catastrofe ecologica di tutti i tempi.

Prima della grande crisi la vita sia animale che vegetale, sia terrestre che marina, prosperava sul nostro pianeta; la terraferma era dominata dai sinapsidi, la prima grande dinastia di vertebrati terrestri, che prosperavano da 60 milioni di anni. Anche le acque degli oceani pullulavano di vita: fra le numerosissime speci ricordiamo i coralli, le ammoniti e le trilobiti.

Solo pochissime speci scamparono al disastro; la superficie terrestre si trasformò in una landa desolata e gli oceani in una massa d’acqua quasi sterile.

Per quanto riguarda il mondo vegetale la situazione fu altrettanto drammatica: quasi tutti gli alberi morirono; sopravvissero solamente le piante di minori dimensioni. Infatti gli scienziati hanno scoperto che le rocce risalenti al Permiano sono ricche di polline, segno della presenza di grandi foreste di conifere in buona salute; poi, improvvisamente, il polline sparisce e nelle rocce di fine Permiano di tutto il mondo si trova una grande quantità di filamenti di funghi fossilizzati. Secondo alcuni ricercatori si tratta di un fungo che attacca gli alberi morti segno inequivocabile che la superficie terrestre si era trasformata in una distesa di alberi in decomposizione.

Si calcola che durante la grande estinzione del Permiano scomparve il 90-95% di tutte le speci viventi presenti sulla Terra; meno del 5% degli animali marini riuscì a sopravvivere. Mai, come in questo momento, la vita rischiò veramente di scomparire dalla faccia del pianeta Terra.

Secondo alcuni ricercatori l’estinzione avvenne in tempi rapidi, dell’ordine di alcuni milioni di anni; secondo altri in tempi rapidissimi, meno di 100.000 anni. È difficile immaginare un cataclisma in grado di provocare un disastro simile ma, come abbiamo visto in precedenza, i candidati non mancano.

Secondo l’opinione di alcuni scienziati l’evento che ha scatenato il disastro fu la caduta di un grosso asteroide. Analizzando alcuni campioni di roccia presenti in Australia e in Antartide, che risalgono all’epoca dell’estinzione, sono stati trovati dei minuscoli cristalli di quarzo che presentano delle microscopiche fratture. Per deformare il quarzo in questa maniera è necessaria una quantità di energia enorme, di molte volte superiore a quella di un’esplosione nucleare.

Recentemente nel sottosuolo australiano è stata scoperta la presenza di un antico cratere da impatto, largo 120 chilometri, provocato dalla collisione con un asteroide di cinque chilometri di diametro. Questo evento catastrofico risale proprio all’epoca della grande estinzione; le cose sono, però, complicate dal fatto che l’estinzione del Permiano è stata preceduta e seguita da due estinzioni minori.

Gli effetti di un simile cataclisma sono stati descritti in precedenza ma vale la pena ricordarli. La potenza della collisione solleverebbe milioni di tonnellate di polveri e gigantesche nubi oscurerebbero il Sole per molto tempo; la temperatura subirebbe una drastica riduzione e cadrebbero piogge e nevi acide corrosive. Questi effetti immediati sarebbero di per sé sufficienti a sterminare quasi tutte le piante e con loro gran parte degli animali erbivori (che si nutrono di piante) e carnivori (che si nutrono di erbivori). Una volta diradate le nubi il Sole sarebbe tornato a risplendere su un pianeta devastato; ma i guai non sarebbero finiti qui.

La decomposizione di così tanta materia organica libererebbe nell’atmosfera immense quantità di anidride carbonica che è, fra l’altro, un potente gas serra. Si sarebbe quindi sviluppato un colossale effetto serra con un conseguente fortissimo surriscaldamento del pianeta che sarebbe durato milioni di anni.

Altri scienziati sono invece convinti che a provocare il disastro sia stato un episodio di intenso vulcanismo verificatosi proprio 250 milioni di anni fa. Questa volta le indagini partono dalla città di Norilsk in Siberia. Norilsk si trova su un enorme tavolato basaltico, coperto di boschi di conifere, spesso 4000 metri e ampio due milioni e mezzo di chilometri quadrati frutto di una delle più grandi eruzioni vulcaniche di tutti i tempi. Si calcola che in quella occasione venne eruttata una quantità di lava sufficiente a ricoprire la superficie dell’intero pianeta con uno strato di circa sei metri.

Come accennato in precedenza gli effetti sul clima di un tale cataclisma sono identici a quelli provocati da una collisione asteroidale.

Altri scienziati ancora propendono per soluzioni più ‘soft’. Secondo alcuni la vita nei mari si sarebbe estinta a causa di una anossia generalizata di origine sconosciuta; tracce di anossia, cioè di mancanza di ossigeno, sono state riscontrate in rocce marine risalenti alla fine del Permiano. Secondo altri, invece, la crisi dei mari sarebbe avvenuta a causa di una concentrazione troppo elevata di anidride carbonica.

Abbiamo quindi diversi indiziati ma nessun colpevole certo; infatti ciò che accadde alla fine del Permiano è ancora avvolto nel mistero.



L’ULTIMO GIORNO DEL CRETACEO

La più famosa estinzione di massa avvenne 65 milioni di anni fa alla fine del periodo geologico chiamato Cretaceo; la sua fama è dovuta al fatto che in quest’epoca scomparvero i dinosauri; i grandi rettili, discendenti dei sopravvissuti della grande estinzione del Permiano, dominarono il pianeta Terra per più di 150 milioni di anni.

Sull’argomento molto è stato detto e scritto da parte di organi di stampa e televisivi, soprattutto in corrispondenza dell’uscita nelle sale cinematografiche del film “Jurassic Park”, e quindi non ci soffermeremo più di tanto.

Era opinione diffusa che la grande crisi fosse stata causata dall’esplosione di una supernova molto vicina alla Terra; a sostegno di tale ipotesi alcuni astronomi avevano scoperto che il sistema solare si trova molto vicino al centro di un enorme anello di gas in espansione che sembrava essere il residuo di tale esplosione.

Poi nel 1980 si ebbe il primo colpo di scena. Nei pressi della città italiana di Gubbio in alcuni strati geologici risalenti al limite KT (nota 5) venne riscontrata la presenza di una anomala concentrazione di iridio, un elemento abbastanza raro sulla Terra ma comune nelle meteoriti.

Luis Alvarez, premio Nobel per la chimica che partecipò al progetto Manhattan, il figlio Walter e Frank Asaro, che misurò quantitativamente la percentuale di iridio, avanzarono allora l’ipotesi che l’estinzione doveva essere stata causata dalla collisione con un grosso asteroide o una cometa.

Le tracce del cratere e del conseguente tsunami sono state cercate per dieci anni e tutti gli indizi a disposizione facevano ritenere che il luogo dell’impatto fosse il Golfo del Messico. Poi il secondo colpo di scena: negli archivi della PEMEX (Petroleos Mexicanos), una grossa azienda petrolifera messicana, fu trovato un dossier relativo alla scoperta di una enorme struttura circolare sotterranea situata nella penisola dello Yucatan in prossimità della cittadina di Puerto Chicxulub vicino a Merida. Su questa struttura, che in un primo tempo era stata scambiata per un vulcano sotterraneo, era stato eseguito uno studio i cui risultati non erano stati pubblicati per motivi di riservatezza.

Lo studio del cratere di Chicxulub ha portato alla conclusione che il corpo celeste responsabile della collisione doveva essere un asteroide o una cometa con un diametro di circa dieci chilometri che ha impattato la superficie terrestre alla velocità di 30 chilometri al secondo liberando una energia pari a 10000 volte quella che avrebbe potuto liberare tutto l’arsenale nucleare mondiale ai tempi della guerra fredda.



NEMESI: LA COMPAGNA OSCURA DEL SOLE

Secondo alcuni scienziati le estinzioni di massa si sono ripetute, nell’arco della storia della vita sulla Terra, con una periodicità compresa fra 26 e 31 milioni di anni; ovviamente gli autori nel loro studio hanno considerato oltre alle grandi estinzioni anche le estinzioni minori e altre crisi che hanno interessato alcune speci animali.

Per spiegare questa periodicità nel 1984 Richard Muller, Piet Hut e Marc Davis avanzarono l’affascinante ipotesi che il Sole non sia una stella singola bensì una stella doppia. La compagna sarebbe una stellina molto debole (una nana rossa) e percorrerebbe un’orbita molto allungata con un periodo compreso fra 26 e 31 milioni di anni.

Questa presunta compagna oscura del Sole fu battezzata con il nome di Nemesi.

L’orbita molto eccentrica farebbe in modo che Nemesi rimanga per la maggior parte del tempo in regioni remote; ma quando, una volta ogni 26-31 milioni di anni, la stellina raggiunge il punto della sua orbita più vicino al Sole va a perturbare la nube di Oort, il grande serbatoio di comete inattive che si trova oltre l’orbita di Plutone, provocando così una fitta pioggia di comete in direzione del centro del sistema solare. La probabilità di impatti sarebbe così molto più elevata.

Questa teoria, dopo un periodo iniziale di grande popolarità, è caduta un po’ in disgrazia al punto che al solo nome di Nemesi molti astronomi storcono il naso. Nonostante tutto alcuni gruppi di ricercatori continuano imperterriti nella sua ricerca.

Molto recentemente è stata annunciata la scoperta di una nana bruna (nota 6) nelle immediate vicinanze del Sole. Secondo le prime stime l’astro è stato trovato a una distanza di 13 anni luce e possiede una massa che si aggira intorno alle 60 masse gioviane; il tipo di stella e le sue caratteristiche sono comunque diverse da quelle ipotizzate per Nemesi.

La caccia continua.



E OGGI ?

Oggi la situazione non è molto cambiata rispetto a 65 milioni di anni fa; i pericolosissimi eventi astronomici, di cui abbiamo parlato in precedenza, sono sempre in agguato e possono verificarsi in qualsiasi momento.

Le supernovae, per esempio. Trattandosi della fase finale della vita di stelle molto massicce, l’esplosione di una supernova è un evento piuttosto comune su scale di tempi molto grandi ed è assolutamente imprevedibile.

Nei dintorni del Sole vi sono molte stelle candidate a terminare la propria esistenza in questa maniera e abbiamo fortissimi indizi astronomici che circa 12.000 anni fa esplose una supernova che distava dalla Terra solo 1.500 anni luce. La supernova apparve nella zona attualmente occupata dalla costellazione australe della Vela e nel momento del parossismo raggiunse una luminosità pari a quella della Luna piena. Gli effetti furono limitati poiché la distanza era comunque sufficiente per salvare il pianeta dalle radiazioni; infatti, secondo studi realizzati negli ’70 del secolo scorso, la distanza critica dovrebbe aggirarsi intorno ai 600 anni luce.

Sul fronte degli impatti asteroidali le cose non vanno meglio visto che questi fenomeni sono molto frequenti; basti pensare al Meteor Crater in Arizona, provocato dalla caduta di un asteroide avvenuta fra 50.000 e 20.000 anni fa, oppure alla catastrofe di Tunguska in Siberia, dove nel 1908 l’esplosione in quota di un asteroide annientò migliaia di chilometri quadrati di foresta, oppure ancora al piccolo asteroide che nel 1972 entrò nell’atmosfera e sfiorò la superficie terrestre.

Oggi si conoscono numerosi asteroidi le cui orbite intersecano quella terrestre e che vengono continuamente monitorati; nessuno di loro è attualmente in rotta di collisione con la Terra ma il pericolo non è certamente scongiurato per l’impossibilità di scoprire e tenere sotto controllo tutti gli asteroidi potenzialmente pericolosi, soprattutto quelli più piccoli.

Nell’eventualità, speriamo remota, di una esplosione di supernova vicina o di un impatto con grosso asteroide o con una cometa il genere umano probabilmente non avrebbe scampo e farebbe la stessa fine dei dinosauri. Ma l’uomo è solo una fra le innumerevoli speci viventi sul pianeta Terra e la vita ha già dimostrato in più di un’occasione di sapersela cavare anche nelle situazioni più estreme; infatti se è riuscita a superare la grande crisi del Permiano vuol proprio dire che la vita non ha paura di nulla.
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NOTE a “LE GRANDI ESTINZIONI ...”
(1) - Il nome deriva dal fatto che esiste un’altra categoria di stelle che esplodono chiamate novae (dal latino ‘nuove’); l’esplosione di una nova è molto meno potente di quella di una supernova poiché solo gli strati superficiali della stella vengono espulsi. Il nome nova fu coniato dal grande astronomo Ipparco il quale rimase particolarmente colpito dall’apparizione di una di queste stelle avvenuta nell’anno 134 a.C.
(2) - L’effetto serra è un fenomeno attraverso il quale alcuni gas presenti nell’atmosfera, denominati ‘gas serra’, assorbono le radiazioni infrarosse provenienti dal riscaldamento del suolo e ne ritardano la dispersione verso lo spazio esterno. In questo modo la temperatura media della superficie terrestre risulta più alta di quella che si avrebbe in assenza di atmosfera.
Il gas serra più conosciuto è l’anidride carbonica (CO2). È opinione diffusa, ma non condivisa da tutti (compreso lo scrivente), che l’anidride carbonica prodotta dalle attività umane comporterà nei prossimi decenni un forte innalzamento della temperatura media del pianeta.
(3) - A quei tempi tutti i continenti attuali erano fusi in un unico supercontinente chiamato Gondwana.
(4) - Le piogge acide sono un fenomeno di inquinamento ambientale dovuto alla presenza di acido solforico e acido nitrico nell’acqua piovana che si formano a partire dall’ossidazione in atmosfera del biossido di zolfo e degli ossidi di azoto provenienti dalla combustione di combustibili fossili. Le conseguenze per l’ambiente possono essere molto gravi con la distruzione di interi ecosistemi sia terrestri che acquatici.
(5) - Il limite KT è l’espressione usualmente impiegata per la transizione fra il Cretaceo e il periodo geologico successivo, il Terziario, durante la quale si verificò l’estinzione.
(6) - Le nane brune sono una specie di anello di congiunzione fra le stelle ed i pianeti al contrario delle nane rosse che, pur essendo estremamente meno luminose del Sole, sono stelle a tutti gli effetti.

Tomás de Torquemada
20-09-07, 00:16
MONDI IN COLLISIONE

È trascorso più di mezzo secolo da quando in America la casa editrice Macmillan pubblicò - era il 1950 - "Mondi in collisione" dell’ebreo russo Immanuel Velikovsky

di Selene Ballerini

http://www.edicolaweb.net/am_0103a.htm

http://sprott.physics.wisc.edu/fractals/collect/2006/velikovsky.jpg
Immagine tratta dal sito http://sprott.physics.wisc.edu/

Dal sito http://www.edicolaweb.net/

cacalupo
30-09-07, 18:14
une questione : cuando magna grecia fue partita dela grecia che conoscemo oggi ?

Puo essre primo del tempo del cataclismo del atlantis ?
No puo essere nel tempo del atlantis.
Perche ? Perche solon no lo sa e che gi prete egiziane non ci rispondono sul cuela questione.

Dunque; puo essere dopo del tempo del cataclismo del atlantis ?
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Une question : à quelle époque la Sicile Magna Grecia s'est elle séparè de la Grece actuelle ?

Cela ne peut pas être pendant le cataclysme de l atlantide ?
Cela ne peut pas être du temps de l atlandtide parce que les pretres égyptiens ne repondent pas à solon mais precisent que les Grecs sont des enfants qui confondent les époques.

Donc; cela peut être après le cataclysme de l atlantide.

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cataclysme catalismo Atlantide Atlantis environ circa - 10 000 ans anni ante J.C

Separation Partimento de Magna Grecia Sicile e Grecia
moins meno de 10 000 ans anni ! - 8 000 ? _ - 7 000 ?
.

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cataclismo di Thera o santorin =/= in magnitude del ogetto de la questione.
le cataclysme de Thera ou santorin =/= en magnitude de l objet de la question .