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Tomás de Torquemada
19-09-02, 00:05
Dal sito http://www.esoteria.org/

Il Labirinto, Teseo e … il Minotauro
di Antonio Perfetti

II tema del Labirinto è quanto di più affascinante si possa affacciare ala mente di un Libero Muratore per essere certamente una fonte inesauribile di speculazioni iniziatiche ed esoteriche.

Di questo antico simbolo o, meglio, archetipo, infatti, sono state date le interpretazioni più varie e disparate in ogni campo, dalla filosofia alla psicologia, dalla psicanalisi alla pittura, dall'architettura alla scultura.

Tale produzione feconda è dovuta proprio alla potenza creativa di questo simbolo o archetipo, in quanto esso risveglia nel nostro inconscio individuale quelle esperienze collettive ancestrali, ereditarie, comuni a tutta l'umanità.

Esso, cioè, al pari di ogni altro archetipo, suscita in ciascuno di noi un mondo di immagini tramandate nella memoria della specie, non tanto sotto forma di rappresentazioni o di ricordi in senso stretto, ma quale conseguenza della sollecitazione dell'immagine primaria che è la risultante di un deposito della memoria, un engramma, derivato dalla condensazione di innumerevoli esperienze similari che lasciano nel nostro subconscio delle tracce profonde che sì concretizzano in predisposizioni latenti, capaci di guidare la nostra visione del mondo, o., quanto meno, di influenzare i nostri rapporti con il mondo e ciò, come dice Jung, quale espressione psichica di una tendenza naturale anatomicamente e fisiologicamente determinata.

Andare, quindi, alla ricerca del significato di tale simbolo significa cercare di individuare in noi stessi le tracce mnestiche latenti, comuni a tutti gli uomini, che nella notte dei tempi si sono accumulate ed adagiate nel nostro subconscio come residui di un passato ancestrale, che riflette la storia evolutiva della specie umana. e che ora si presentano, come nella caverna platonica, simili a tremolanti ombre di uno schema senza tempo, al fine di ripercorrerle per poi farle affiorare e prendere così coscienza delle forme primigenie di pensiero a forte colorito emotivo.

Avviciniamoci, dunque, a questo simbolo che qualcuno definisce lapidariamente e con immagine plastica come il "luogo del silenzio imparziale" e, preliminarmente, precisiamo che l'indagine che andremo a compiere riguarda, più propriamente, la leggendaria dimora cretese del Minotauro.

E ciò non a caso ma perché è a tale costruzione che la nostra mente fa riferimento quando si parla di labirinto e che, a sua volta, richiama alla memoria, come esistesse un legame indissolubile, i personaggi mitici del Minotauro, di Minosse e Pasife, Teseo ed Arianna, Dedalo ed Icaro, le cui figure intendiamo utitizzare quale chiave di lettura del Simbolo in questione, per scoprirne il linguaggio nascosto e, quindi, raffrontarlo con quello che sottende al nostro rituale, al fine di verificarne congruenze, paralleli o eventuali contrasti.

L' utilizzazione, peraltro, del mito, favorirà al massimo la comprensione del Simbolo, in quanto la sua rappresentazione, tendendo ad abrogare tutte le leggi temporali, fà si che il passato torni a vivere e che il " c'era una volta" diventi il vero presente, in quanto solo se il tempo vissuto è presente da vivere ritorna il caldo desiderio della vita stessa.

E ciò in quanto il mito è il fondamento della Vita, lo schema senza tempo, la formula attraverso la quale la Vita si esprime quando fluisce al di fuori dell'inconscio.

Per ciò che il profano sa, il termine labirinto deriva proprio da una leggendaria costruzione architettonica dell'antichità', caratterizzata da una pianta così complicata e tortuosa da rendere estremamente difficile sia l'ingresso, sia l'orientamento all'interno e, quindi, l'uscita.

La tradizione attribuisce il progetto del primo labirinto all'architetto Dedalo, che disegnò e diresse la costruzione per ordine del re cretese Minosse, il quale era figlio del Re degli Dei greci, Zeus e marito di Pasife. Costei, presa da furore passionale per un Toro, fece costruire da Dedalo una statua di legno a forma di vacca, cosicchè celandosi al suo interno, riuscì a congiungersi carnalmente con l'animale.

Da tale animalesco ed innaturale rapporto amoroso nacque il Minotauro, un essere mezzo uomo e mezzo toro.

Minosse, allora, decise di far costruire il labirinto, sia per nascondere agli occhi dei suoi sudditi la mostruosa creatura sia per impedire che questa, andandosene in giro per il mondo, provocasse lutti e distruzioni.

Il Minotauro, però, aveva bisogno di vittime umane ed a fornirle erano gli Ateniesi, in quanto, sconfitti da Minosse, erano stati condannati ad inviare a Creta, ogni nove anni, sette giovani e sette fanciulle.

Teseo, figlio del re di Atene, per porre fine a tale tributo di sangue, decise di unirsi alle vittime destinate a Creta. Quì giunto viene aiutato ad entrare nel labirinto da Arianna, figlia di Minosse e Pasife e, quindi, sorellastra del Minotauro, la quale si innamora di lui e gli fornisce il filo che, da lei sorretto all'entrata, servirà all'eroe per riquadagnare, sano e salvo, l'uscita una volta ucciso il mostro.

Compiuta la missione, Teseo abbandona Arianna su di una isola e, da qui un girovagare per il mondo ed una serie di sventure e lutti.

Questa la favola o il racconto destinato al profano che cela il messaggio destinato all'iniziato e che noi intendiamo scoprire.

Intendiamo cioè, scoprire la potenza magica del labirinto ed il complessivo discorso velato dal mito e, al fine di pervenire a tanto, occorre, a mio modo di vedere, procedere in via prioritaria ad una analisi e disamina dei singoli elementi di cui si compone il mito, per poi ricomporre il tutto secondo un armonico processo razionale; e, per fare ciò, occorre penetrare nel fondo oscuro e nell'abisso del Tempo; occorre, prioritariamente, entrare nel Labirinto.

Il Labirinto originario, quello preistorico, quello cretese di cui ci occupiamo, romano e medioevale, detto unicursale è formato da un unica via che si intrica, si avvolge, e va verso un Centro, a cui si avvicina e da cui successivamente si allontana, ma che deve per forza raggiungere.

E' una via lunga, faticosa, ma senza biforcazioni, crocicchi o cammini ciechi, senza incertezze e necessità di scelte; chi la percorre, una volta arrivato al Centro, si svolta su se stesso compiendo un arco di 180° e, ripercorrendo la via in senso inverso, sempre con difficoltà, esce all'aperto senza pericolo di perdersi.

I1 Labirinto, quindi, per primo ci suggerisce che ci troviamo di fronte ad un processo di iniziazione che, a prezzo di una faticosa esperienza, conduce l'Uomo al Centro, dove esso è solo di fronte alla propria realtà interiore, o alla bestia con cui deve combattere o alla morte, nel sitenzio impalpabile che, solo, permette di acquisire la Conoscenza Fondamentale per pervenire al Principio Divino.

Tale significazione conserva anche nell'allegoresi cristiana dell'Alto Medio Evo dove il Labirinto simboleggia, di solito, le prove che il devoto deve affrontare prima di giungere alla Gerusalemme Celeste.

Nella tradizione cabalistica, ripresa anche dagli Alchimisti il Labirinto svolgerebbe una funzione magica e sarebbe uno dei segreti attribuiti a Salomone. E' per questo che il Labirinto delle Cattedrali, costituito da una serie di cerchi concentrici interrotti in alcuni punti in maniera tale da formare una sorta di sentiero inestricabile e bizzarro, sarebbe chiamato "Labirinto di Salomone".

Secondo gli Alchimisti sarebbe una immagine del lavoro intero dell'Opera con le sue difficoltà maggiori e cioé quella della via da seguire per raggiungere il Centro dove avviene il combattimento tra le due Nature dell'Uomo, la Divina e la Bestiale, lo Spirito e la Materia, e, dunque, quella del cammino che l'Artista deve percorrere per uscirne e pervenire alla Luce.

A far tempo dall'età manieristica e barocca, per effetto dell'influenza del dilagante cattoticesimo, questo concetto viene stravolto e mistificato, e subisce un radicale cambiamento che riverbera i suoi effetti sulle rappresentazioni grafiche di tale simbolo.

Il Labirinto si aggroviglia, si complica, è una serie di illusioni e ingannevoli camminamenti che non danno più la certezza di arrivare al Centro e, una volta arrivati, non danno più la certezza di raggiungere l'Uscita.

Il Labirinto diventa, allora, il luogo della perdizione, dell'errore, del mistero e dell'avventura.

Tale rappresentazione, dicevamo, è l'effetto del dilagare della dottrina professata dal Cattoticesimo, il cui dogma principale vuole che l'Uomo non possa ritrovare la Verità o scoprire la Luce mediante una ricerca in se stesso, ma solo attraverso un atto di Fede in Dio, che diventa l'unico mezzo dì Salvezza, in quanto l'Uomo è chiuso in un sistema di cammini ingannevoli e fuorvianti, da cui può essere liberato, epperò non dalla sua intelligenza, non dalla sua perspicacia o intuizione, ma solo dalla Grazia Divina.

Ritorniamo ora, al Labirinto oggetto del nostro esame. Esso conta, quindi, come elementi essenziali, la complicazione della sua pianta e la difficoltà del percorso, fatto da camminamenti che viaggiano verso il Centro per poi allontanarsene e così via.

Questo complesso tracciato si ritrova, allo stato di natura, nei corridoi di accesso ad alcune grotte preistoriche e che venivano fatte percorrere ai neofiti, onde far loro intuire la Via per arrivare alla Caverna Fondamentale.

Le vie intricate e tortuose che permettono o impediscono l'accesso appaiono anche un sistema di difesa di ciò che contiene e, quindi, annunciano la presenza all'interno di qualcosa di prezioso e di sacro a cui non tutti possono accedere.

E ciò ci suggerisce l'idea o il principio della Selezione in quanto solo a pochi qualificati Eletti è concesso di intuire l'Entrata del Labirinto e le vie da percorrere per arrivare fino in fondo, mentre tutti gli altri saranno impossibilitati a penetrarvi o si smarriranno per strada.

Tale situazione sveglia per primo nella Mente del libero muratore l'immagine del Gabinetto di Riflessione.

E' qui che il profano viene condotto, dopo una pre-selezione, oggi di carattere morale, ieri basata sul superamento di vere e proprie prove fisiche alle quali il profano veniva assoggettato secondo i dettami delle antiche Scuole Iniziatiche .

E qui, come nel labirinto, scendendo nell'Abisso buio, dove l'oscurità non è più assenza di luce ma qualcosa di più tangibile, quasi palpabile, il profano è assalito da un terribile senso di claustrofobia e contemporaneamente di distacco dal mondo esterno.

In questo luogo, che possiamo ben essere d'accordo nel definire come quello del "Silenzio Imparziale", il neofita, solo con la sua coscienza e privo di ogni condizionamento, perde il rapporto Spazio-Tempo e finisce per smarrirsi.

Le coordinate Tempo e Spazio saltano per cedere il posto al Caso, riducendo il mondo interiore ad un caos senza senso possibile.

Tutte le certezze vengono meno; le conoscenze acquisite sono in crisi; alla certezza ed alla sicumera del mondo profano subentra la perplessità ed il dubbio del mondo iniziatico.

Tale stato di shok determina la frantumazione di una personalità non più desiderata.

Ed allora il profano si sdoppia ed incomincia il soliloquio iniziatico.

E non appena i lampi dell'intuizione illuminano il buio della coscienza, le prime immagini abbagliano, la mente. Il sole, la luna, la terra, l'aria, l'acqua ed il fuoco, come indelebili "imprint" lo spingono a misurarsi e ad interrogarsi.

E per primo egli si interroga sulla sua origine, per poi ricercare la sua identità personale al fine di stabilire dove dirigersi.

Scopre, allora, le conseguenti difficoltà che deve risolvere; e, quindi, deve individuare e stabilire il centro, affine di ricomporre l'Unità perduta dall'Essere che si era dispersa nella moltitudine dei desideri indotti dalle ingannevoli illusioni e dalle insane passioni.

Occorre pervenire all'Eternitá senza Tempo attraverso la ricomposizione e la "reductio ad unum" della mutevole scena temporale in cui essa si riflette. Bisogna che egli sciolga l'enigma di questo mistero ultimo che, giustamente, Schopenhauer definisce il "nodo cosmico" .

E ciò è possibile liberando per primo la mente dal concetto di "Io" in quanto a ciò consegue, immediatamente, la dissoluzione sia della paura che del desiderio.

Ma ciò porta ad un momentaneo annullamento della creazione o, almeno, ad un distacco psicologico da essa che comporta il rivivere, ad un livello di esperienza immediata; la fase antecedente a qualsiasi pensiero, dove non esiste nè speranza nè paura bensì estasi e consapevolezza pura e semplice dell'essere.

Occorre, quindi, scoprire la parola, perché all'inizio era la Parola e la Parola era presso Dio e la Parola era Dio.

Ma come superare il senso di smarrimento per pervenire a tanto?

Giova, a questo punto, ricordare che., secondo i riferimenti antichi, quando il Neofíta procedeva lungo gli intricati sentieri egli finiva per smarrirsi, ma non doveva provare paura.

Il senso di smarrimento, quale conseguenza della perdita dell'orientamento, era una componente fondamentale del processo d'iniziazione.

Il Neofita, allora, doveva arrestarsi e chiedere: "Dov'è il Centro?' Al che, una Voce proveniente da Lontano rispondeva: "il Centro sei Tu. E' dentro di Te che devi guardare per scoprire la Verità".

In tal modo egli, facendo professione della Virtù dell'Umiltà, scopriva la Solidarietà che gli consentiva di accedere alla dazione della prima "Lettera" che gli avrebbe permesso di porre la seconda e di procedere, successivamente, nel cammino iniziatico.

Il Labirinto, quindi, è la via che conduce all'interno di se stessi, verso quella sorta di Santuario interiore e nascosto nel quale si trova la parte più misteriosa della persona umana, che non può essere raggiunta dalla coscienza se non a seguito di lunghi giri (la spirale) o di una intensa concentrazione, quale unico mezzo per pervenire all'Intuizione Principiatrice, per il cui tramite tutto si semplifica quale conseguenza della momentanea illuminazione da essa provocata, che permetterà di giungere all'Intuizione Finale, per cogliere e contemplare in estasi la grandezza di Dio.

Ed allora il candidato coglie il saggio suggerimento:

VISITA INTERIORA TERRAE
RECTFICANDOQUE INVENIES
OCCULTUM LAPIDEM

e si ripiega in se stesso.

E così facendo scopre la Bestia che è in lui e la necessità di sopprimerla.

Scopre il Minotauro Bisogna che uccida il Minotauro.

E' al Centro del Labirinto.

I1 Minotauro o Asterio che significa "Re delle Stelle", figlio di Pasife - "Colei che rischiara tutto", appellativo della dea lunare e di un Toro bellissimo, sotto le cui spoglie era Zeus per possederla.

Ma chi avrà l'ardire per osare tanto?

I1 Mito ci dice Teseo, il cui nome ricorda Tesi e significa colui che asserisce o afferma. Tale significazione è da mettere in correlazione con l'episodio che Teseo, giovinetto, visse all'età dì quindici anni.

Si narra che, a quel tempo, la madre Etra condusse il giovane innanzi alla "Pietra" sotto la quale il padre Egeo aveva riposto i suoi Sandali e la sua Spada. II giovane sollevò con facilità la Pietra , calzò i sandali paterni ed impugnò la spada, affrontando poi una serie di fatiche, abbattendo mostri che rappresentano Vizi.

Calzare i sandali significa ripercorrere le "orme paterne " cioè abbracciare i Principi della Tradizione difendendoli a spada tratta.

Appare chiara così, attraverso l'Allegoria, il significato del nome: Teseo è colui il quale afferma e difende i Principi della Tradizione.

Egli è alle porte del Labirinto, cioè del Santuario e si accinge ad uccidere il Minotauro guidato da Afrodite, la dea dell'Amore, la quale ha fatto innamorare di lui Arianna - La Purissima - che lo aiuta nell'impresa con la complicità di Dedalo.

Ma chi è Teseo? E' figlio di Egeo e di Etra, che era amata anche da Poseidone, dio del Mare, il quale possedette Etra la stessa notte in cui concepì Teseo con Egeo.

Ora, ove si tiene conto che Poseidone, essendo il dio del Mare, finisce per identificarsi con Egeo, o che, quantomeno, di esso rappresenta la sublimazione, si capisce che Teseo, figlio del Mare e del dio del Mare e di Etra, cioè l'Aria Serena, altro non è che una personificazione del Sole che sorge dal Mare d'Oriente attraverso l'Aria serena del Mattino.

Ci troviamo, quindi, di fronte al mito solare che preannuncia la iniziazione secondo l'Antica via Morte -Resurrezione.

Il Sole, infatti, come percorre le vie del Cielo nel suo itinerario giornaliero, così percorre quelle degli Inferi durante la Notte per poi tornare a rinascere al mattino.

I1 Sole fa il privilegio di attraversare l'Inferno senza subire le modalità della Morte.

Il Sole, per la sua qualità infera, presenta un carattere ambivalente che si manifesta sotto un duplice profilo: può condurre gli uomini con sè e, tramontando, farli morire e, nello stesso tempo, può guidare le anime attraverso le regioni infernali e ricondurle alla luce, l'indomani col giorno.

Ha, quindi, la duplice funzione di "psicopompo uccisore" ed insieme di "Ierofante iniziatico".

Ma Teseo rappresenta, soprattutto, il profano che ha in lui la duplice natura umana e divina, simboleggiata dal doppio concepimento, "Uomo Libero e di Buoni Costumi".

Egli, dopo aver calzato i sandali del padre, affronta l'impresa avvicinandosi al Labirinto accompagnato da Arianna - la purissima - la quale, su suggerimento di Dedalo, tiene il filo che permetterà all'eroe greco di entrare nel Labirinto e riguadagnare l'uscita sorretto nell'impresa da Afrodite.

Tutto ciò simboleggia lo status con cui il profano deve avvicinarsi, entrare nel labirinto e, quindi, uscirne.

Egli deve, sorretto dall'Amore della conoscenza (Afrodite) entrare con purezza di intenti (Arianna) per raggiungere, adoperando la ragione e l'intuizione (Dedalo), la prima luce, conquistando definitivamente la purezza d'animo come status finale, conseguente al superamento della prova impostagli e consistente nell'uccisione del Minotauro.

Teseo entra e a fatica percorre i tortuosi camminamenti che con il loro continuo avvicinarsi ed allontanarsi dal Centro, simile al procedere del Serpente, Simbolo della Conoscenza, e alle danze che si celebravano a Creta, dette "danze di Teseo", già gli suggeriscono che la Verità è lì a portata di mano e che solo l'Ignoranza e la Superstizione in cui è ancora immerso, perché dominato dalla passione, non gli consentono di squarciare il Velo di Maja e coglierla nella sua interezza.

Ed un lento lavorio ha inizio.

Una forza nuova lo spinge a scegliere fra la certezza ed il dubbio, tra la credenza e l'eresia, tra la dolce mollezza e la pericolosa avventura, nella consapevolezza che vi sono mille possibilità, mille aspirazioni, mille esperienze, mille scelte, e che la scelta che sta per fare, oltre ad essere un rischio, fortuna o sfortuna, avviene nell'occasione e determina, soprattutto, l'Irripetibile, che non consente di vivere due volte la stessa esperienza.

Ed allora Egli combatte con la Bestia a mani nude, uccidendola mediante lo strappo della testa con la sola forza delle braccia.

Così, comprende che l'uomo, nell'affrontare la battaglia contro i suoi vizi o contro la sua natura bestiale, è solo e che spetta a lui solo scavare oscure e profonde prigioni al Vizio per esaltare le sue virtù.

La prima Grande Fatica ha dato i suoi frutti.

L' Iniziato ha operato la Prima e Fondamentale Grande Scelta. La Bestia è domata!

I1 turbinio delle passioni è placato e l'animo è tranquillo e sereno.

E in tale modo, impadronitosi di siffatto atteggiamento mentale, il Neofita potenzia la sua sfera spirituale ed entra a fare parte della Dimensione più elevata.

Scopre, così, la prima Lettera ed impara a trovare il Santuario di sé in sé; scopre la sacralità interiore e, di conseguenza, si prepara ad interpretare, per viverla ad uno stato di coscienza, la realtà dell'altra faccia, sicura, lucente, attraverso l'acquisizione di poteri che lo renderanno superiore o più elevato rispetto agli altri esseri, in quanto favoriranno in lui lo sviluppo di una personalità unica, ben definita, inconfondibile e potenziata tanto di farlo vivere in un corpo più sano ed equilibrato, perchè frutto dell'organizzazione del disordinato Molteplice che, attraverso l'esperienza iniziatica, si è trasformato in Complesso.

E proprio nel momento della intuizione folgorante del suo conseguenziale nuovo stato, Egli guarda al futuro e riesamina, nel contempo, il passato non solo al fine di liberarsi di tutto ciò che era sbagliato, superato o superfluo, ma anche per individuare le tracce, le indicazioni, i suggerimenti ed i precedenti che gli faranno da guida sulla nuova "strada" che sta per intraprendere.

Ora si tratta, alla luce del nuovo stato mentale conquistato. di procedere ed avanzare sul Cammino Iniziatico.

Occorre uscire dal Labirinto.

E ciò richiederà sacrifici continui e costanti, almeno pari a quelli già sopportati per la conquista fatta, per come ci suggerisce il sinuoso percorso dei camminamenti labirintici, che è esattamente uguale a quello già esplorato.

Se la fatica affrontata non sarà costante e non perdurerà nel Tempo; se Teseo dovesse abbandonare Arianna; se non costringesse il Vizio in definitive oscure e profonde prigioni; se per avventura l'arroganza, il fanatismo, la superstizione, sempre in agguato, dovessero riaffiorare ed avere il sopravvento, Teseo sarebbe perduto e, tornando allo stato impuro, andrebbe girovago per il Mondo, inseguendo, ancora una volta, la moltitudine degli ingannevoli desideri sorretti da insane passioni che lo rendono cieco, insoddisfatto e tormentato, costringendolo ad un continuo naufragio.

Ma se così non sarà, se continuerà a perseverare nella sua diuturna battaglia, Egli, dopo aver colto e realizzato l'Intuizione Principiatrice, potrà pervenire all'Intuizione Finale.

E così Teseo esce dal Labirinto e scopre la Verità.

Scopre che, dopo aver tutto esplorato, ha finito per ritrovarsi al punto di partenza.

Scopre, infatti, che il punto di Partenza e d'Arrivo è Arianna e che il filo altro non è che il Cordone Ombelicale che unisce l'Uomo alla Caverna Fondamentale, cioè all'Utero Materno, nel cui interno il bambino si trova in uno stato di beatitudine e di felicità che viene paragonato a quello del Paradiso ed al quale l'Uomo deve ritornare.

Da alla Grande Madre. Dalla Terra alla Terra.

Scopre il Segreto della Morte; e cioè che la Morte è l'altra faccia di ciò che chiamiamo Vita e che il passaggio dalla Vita alla Morte è simile al passaggio dalla Infanzia alla

Maturità; che essa, cioè, è lo stato della Crisalide che precede il volo della Farfalla in quanto libera l'uomo dall'impaccio del Corpo Fisico.

Scopre, allora, che la Morte non è il Nulla, è morte-rinascita.

Considerando la Morte un passaggio, definendola Morte-Rinascita egli trasforma il Nulla nel Tutto.

E così facendo, affacciandosi e guardando al di là del Nulla scopre che c'è un altro mondo ed un'altra Umanità lontana da noi come noi lo siamo dai primi Uomini che hanno scoperto la Morte.

Noi non comprenderemo mai, a livello raziocinante, tale Mistero perché "la causa segreta" può essere solo contemplata attraverso l'estasi e non spiegata, perchè dove non arriva l'occhio, là non arriva nè il linguaggio nè la Mente.

La Grande Verità è, infatti, ineffabile; il nunc aeternum è indicibile perché sacro ed il sacro non può essere legato ed imprigionato; esso si manifesta o si rivela e l'Uomo lo coglie attraverso il semirrazionale atto dell'Intuizione.

Il Nodo Cosmico è sciolto e Teseo vive questa Verità frutto dell'Intuizione, né attraverso un atto di fede né di Conoscenza, ma attraverso la Contemplazione che permette al suo Pensiero di vivere in Armonia con le immagini primordiali dell'inconscio che sono la fonte di ogni nostro pensiero cosciente ed una di queste immagini primordiali è proprio l'idea della Vita dopo la Morte.

Vita - Morte - Resurrezione

Da parte mia, in conclusione, ritengo si possa con tranquillità affermare che il Labirinto pone l'uomo di fronte al suo Mistero che, restando inspiegabile razionalmente, deve essere colto o intuito attraverso la rappresentazione -rituale.

Ma ciò è Bene, in quanto, come dice il Borges "la soluzione del Mistero è sempre inferiore al Mistero. Questo partecipa del soprannaturale e finanche del Divino; la soluzione del gioco di prestigio".

Silvia
04-11-02, 22:27
IL LABIRINTO COME SIMBOLO

Conosciamo tutti la storia del labirinto di Creta, costruito da Dedalo a Cnosso su ordine del saggio re Minosse per nascondervi il Minotauro ed infine violato da Teseo grazie alla complicità di Arianna e dello stesso Dedalo.
Benchè nessuno in effetti sappia come precisamente fosse fatto il labirinto progettato da Dedalo, pure tutti in qualche maniera ce lo immaginiamo come un ampio intrico di corridoi tortuosi, passaggi multipli, stanze e varchi che ingannano e confondono lo sfortunato viandante che vi si inoltri, facendogli perdere il senso dell'orientamento. Ovidio così lo descrive nelle Metamorfosi: Daedalus, ingenio fabrae celeberrimus artis, /ponit opus; turbatque notas, et lumina flexum /ducit in errorem variarum ambage viarum..., paragonandolo poi al tortuoso e tormentato corso del fiume Meandro. Tanta vivida impressione hanno avuto queste immagini sulla fantasia popolare che ancora oggi diciamo "dedalo" o "meandro" per indicare un percorso particolarmente oscuro, intricato e complesso, facendo inconsciamente e spesso involontariamente rivivere personaggi, luoghi e miti di oltre tremila anni fa.

Il labirinto è certamente un oggetto curioso ed affascinante, ma pochi sospettano l'effettiva profondità della sua reale natura. Esso è in realtà un archetipo importantissimo nella nostra cultura e quello di Creta è solo il più famoso di tutta una serie di labirinti che da sempre, benchè sotto varie vesti e differenti aspetti, hanno accompagnato l'evoluzione della nostra civiltà occidentale. Ridotto oggigiorno a test di intelligenza per topolini di laboratorio o a blando passatempo per rivista illustrata, il labirinto è in realtà una presenza mistica ed esoterica che accompagna l'uomo sin dalla notte dei tempi. Esso infatti rappresenta e concentra in sé, unificandoli, una gran quantità di simboli antichissimi e profondamente radicati nella nostra coscienza sin dai suoi albori: dal "viaggio iniziatico" tipico di tutti i popoli primitivi al "cammino della salvezza" dei Cristiani, passando per tutta una serie di miti, concetti ed allegorie più o meno analoghi quali la "discesa agli inferi", la "peregrinazione impedita", la "ricerca della conoscenza".


Il labirinto nei secoli
In iscrizioni rupestri della Val Camonica risalenti ad oltre millecinquecento anni prima di Cristo, fra immancabili dischi solari e misteriosi segni geometrici, fra immagini di guerrieri e scene di danze rituali appare ripetutamente la raffigurazione schematica e simbolica ma chiarissima del labirinto (http://www.silviadue.net/labirinti/2.jpg).
Spesso rappresentato a pianta circolare, con andamento sinuoso e sviluppo unicursale, il labirinto camuno coincide in maniera fin troppo precisa con l'immagine simbolica del labirinto di Cnosso giuntaci incisa sul verso di innumerevoli monete cretesi di epoca minoica. E la stessa immagine, unita spesso all'onnipresente spirale cosmica simbolo di eternità, si ritrova pari pari non solo nell'area mediterranea e microasiatica ma anche nel più remoto nordeuropa, in chiare tracce lasciate dalle civiltà megalitiche della fascia atlantica e dalle popolazioni celtiche in Irlanda e nella Scandinavia meridionale.
Associate a queste incisioni compaioni talvolta immagini di animali o di mostri semibestiali, interpretate generalmenre come remoti influssi della leggenda del Minotauro. La provenienza mediterranea, e più specificatamente cretese, di questa simbologia sembra ormai accertata e viene spiegata con l'intensa rete di traffici commerciali intrattenuta da Creta verso il resto del mondo durante il suo periodo di massimo splendore. La leggenda del Minotauro è però assai più antica e di collocazione estremamente incerta: similitudini con essa si trovano in antichissimi miti dell'area assirobabilonese ed in particolare nell'epopea di Gilgamesh, ma anche in alcuni cicli mitologici indiani e perfino in certe saghe nordiche. Nel mito del Minotautro infatti si mescolano tali e tanti archetipi universali (il re semidio generato dal dio-toro Zeus e punito per la sua cupidigia, l'eroe solare Teseo che con la complicità della fanciulla uccide il mostro, la vergine Arianna che fugge dalla casa del padre re per seguire l'eroe, la costante presenza dell'artefice semidivino Dedalo e via dicendo) che appare impossibile attribuirgli una precisa collocazione spaziale e temporale; esso è un amalgama di miti disparati, frutto di rielaborazioni successive avvenute in un ampio intervallo di tempo e di spazio. In esso naturalmente il labirinto gioca un ruolo principale: rappresenta il lungo e tortuoso cammino iniziatico che l'eroe affronta per poter incontrare il mostro, cammino che può essere abbreviato e semplificato solo dal consiglio e dalla saggezza di chi è già iniziato (è infatti Dedalo, artefice supremo e creatore del labirinto in quanto co-responsabile della nascita del Minotauro, che suggerisce ad Arianna il famoso stratagemma del filo).
Ma quello di Cnosso non è il primo né l'unico labirinto tramandatoci dalla memoria degli antichi. Già in Egitto se ne era visto uno grandioso, descritto da parecchi storici fra cui Erodoto che lo visitò di persona verso il 450 a.C. e considerato sia da Plinio che da Diodoro Siculo come precursore ed ispiratore di quello cretese. Esso fu iniziato quasi due millenni prima di Cristo dal terz'ultimo faraone del Regno di Mezzo, quell'Amenemhet III vissuto dal 1842 al 1797 a:C. e sepolto nella piramide di Hawara che a sua volta costituisce un vero e proprio labirinto. Erodoto lo descrive come un ampio complesso di edifici collegati fra loro e circondati da un unico muro esterno, comprendente dodici grandi cortili coperti e sviluppato su due piani, uno sotterraneo ed uno a livello del terreno. Ogni piano è formato da 1500 stanze variamente connesse tra loro ed ai cortili da passaggi tortuosi, porticati e corridoi che creano enorme meraviglia nei visitatori per l'estrema intricatezza dei percorsi. Le pareti sono adornate con figure scolpite, i cortili abbelliti da colonne bianche ed il tetto di tutto il complesso è fatto di pietra così come le pareti. Ad Erodoto non fù però concesso di visitare la parte sotterranea, rigorosamente protetta in quanto dedicata alle tombe dei re e dei coccodrilli sacri.
Questo labirinto sorgeva nei pressi del lago artificiale di Meride, capolavoro dell'ingegneria idraulica egiziana, e ad una sua estremità si trovava la piramide di Hawara. La sua estensione, desunta da scavi effettuati verso la fine del secolo scorso da sir Flinders Petrie, doveva essere realmente enorme: circa 350 metri per 280. La descrizione di Erodoto viene indirettamente confermata dalla testimonianza di Strabone che dovrebbe averlo visitato pochi decenni prima della nascita di Cristo; mentre altri storici posteriori non fanno altro che riprendere e rielaborare citazioni più antiche, con minore attendibilità.
Altri labirinti vengono poi citati da Plinio a Lemno, in Italia (la tomba di Porsenna presso Chiusi) e a Samo; mentre Strabone parla di un labirinto presso Nauplia e di uno nei pressi di Agrigento.
I romani, non molto sensibili alle connotazioni misteriosofiche del labirinto, lo accettano tuttavia come interessante rompicapo e motivo ornamentale. A Pompei ed in altre località (perfino in Britannia) molte abitazioni sono arricchite da un pavimento su cui è tracciato a mosaico un motivo labirintico, spesso accompagnato da immagini rappresentanti il mito di Teseo e del Minotauro.
Poi con l'avvento del Cristianesimo i primi fedeli si ritrovano, volenti o nolenti, a dover costruire e frequentare veri e propri labirinti sotterranei dal disegno intricato e dagli accessi oscuri e pericolosi: le catacombe, rifugio e nascondiglio oltre che luogo di culto e di sepoltura dei defunti. E così l'archetipo del labirinto passa inconsciamente nella cultura protocristiana e vi rimane anche posteriormente alla fase catacombale, finendo per rappresentare il tortuoso cammino che porta dal peccato alla salvezza. Tale significato mistico del labirinto viene storicamente esplicitato per la prima volta nel nordeuropa, quando simboli labirintici talvolta associati alla Croce cominciano ad apparire nelle chiese e raggiunge il suo apice nel medioevo quando quasi tutte le grandi cattedrali romaniche e gotiche presentano, al centro della navata principale, un ampio e preciso tracciato labirintico. Nella mistica medioevale il mito di Teseo rinasce e si sovrappone così all'opera salvifica di Cristo e della Chiesa: il labirinto rappresenta il camminare nell'errore, che conduce sicuramente al Diavolo-Minotauro se non interviene Cristo-Teseo a salvare l'uomo dalla rovina.
Questi labirinti nelle cattedrali, tutti rigorosamente unicursali ossia "falsi labirinti", servivano presumibilmente per celebrare particolari processioni che si snodavano lungo il tracciato impresso nelle pietre del pavimento; si ritiene che i fedeli procedessero in una specie di sinuosa danza dall'andamento irregolare che rappresentava il lungo e tortuoso cammino dell'espiazione. Più raramente (e soprattutto in Inghilterra) il labirinto era tracciato esternamente alla chiesa, cosicché l'ingresso alla Casa del Signore veniva a coincidere fisicamente, oltre che allegoricamente, con l'uscita dal labirinto. Esempi di labirinti del genere si trovano in San Vitale a Ravenna, in Santa Maria in Aquino a Roma, nelle cattedrali di Amiens, Bayeex, Reims e Sens in Francia. Uno dei più belli è quello della cattedrale di Chartres, che ha un percorso ad andamento circolare di circa nove metri di diametro ed uno sviluppo lineare di quasi 250 metri.
Il Rinascimento e quindi il barocco, segnano un'enorme ripresa di interesse per il labirinto come ornamento o passatempo, completamente scevro di qualsiasi connotazione mistica o religiosa. I grandi palazzi patrizi vedono il sorgere di giardini ornati da siepi che formano percorsi labirintici, ad uso dei giochi di società dei loro nobili ed annoiati signori. Il labirinto viene studiato dal punto di vista geometrico e matematico, perfino da Leonardo. Da allora in poi, e fino ai giorni nostri, esso si insinua nell'arte, nella musica, nella pittura in mille e mille modi che meriterebbero un libro a parte solo per essere descritti.


Dal sito www.labirinti.it

http://www.silviadue.net/simboli/liber_floridus.jpg
Dal Liber floridus (1060 circa) di Lamberto di Saint Omer

Silvia
26-02-03, 23:56
TOPOLOGIA DEL LABIRINTO

Dopo aver parlato dei significati simbolici, rimettiamo un pò i piedi a terra e vediamo cos'è un labirinto dal punto di vista matematico. Si tratta innanzitutto di un problema topologico consistente nel trovare, fra tanti, l'unico percorso che conduca ad una certa meta. Questa può essere situata all'interno del labirinto, solitamente al centro, da dove si può uscire ripercorrendo a ritroso il cammino fatto (ed è il caso del labirinto di Creta); alternativamente può essere situata all'esterno, ed allora l'abilità consiste nel traversare il labirinto uscendo dalla parte giusta.
Mi sembra a questo proposito interessante notare che il labirinto di Creta, nella sua iconografia tradizionale, è sempre del primo tipo e soprattutto è di tipo unicursale, ossia è un falso labirinto consistente in una ed una sola strada tortuosamente aggrovigliata su se stessa ma del tutto priva di biforcazioni od incroci. In esso è impossibile perdersi perchè non vi sono alternative, non si pongono scelte. E se ciò appare in aperta contraddizione col significato originale di labirinto come luogo dove ci si perde proprio per via delle molte strade alternative, è invece perfettamente in linea col simbolo di labirinto come percorso lungo e tortuoso ma in qualche modo ineluttabile verso una meta definita, sia essa buona o cattiva.
Un labirinto "vero" è quello da dove ogni pochi passi si aprono molteplici percorsi alternativi che confondono il senso dell'orientamento, ed in cui quindi ci si può realmente perdere. Un esempio lo vediamo in questa immagine (http://www.labirinti.it/immagini/court.jpg), dove è rappresentata la pianta del labirinto di siepi voluto da Guglielmo d'Orange nel giardino di Hampton Court. Esiste un metodo sistematico semplice per risolvare un labirinto del genere? Nel caso di Hampton Court si ed è veramente elementare: basta procedere nei corridoi tenendo sempre la stessa mano ad ogni svolta od incrocio. La cosa si verifica facilmente dalla figura, supponendo ad esempio di procedere mantenendo idealmente la mano destra in continuo contatto con la parete. Questo semplice accorgimento porta a percorrere il labirinto fino alla meta centrale e quindi riporta fuori per la stessa via da cui si era entrati. Naturalmente non vi è alcuna garanzia che il tragitto così percorso sia quello minimo, tuttavia il metodo funziona e vi porta dentro e fuori dal labirinto in modo semplice e garantito.

Dal sito www.labirinti.it

pcosta
27-02-03, 00:25
http://digilander.libero.it/pcosta/labir.gif

Silvia
27-02-03, 21:57
Originally posted by Silvia


Esiste un metodo sistematico semplice per risolvare un labirinto del genere? Nel caso di Hampton Court sì ed è veramente elementare: basta procedere nei corridoi tenendo sempre la stessa mano ad ogni svolta od incrocio. La cosa si verifica facilmente dalla figura, supponendo ad esempio di procedere mantenendo idealmente la mano destra in continuo contatto con la parete. Questo semplice accorgimento porta a percorrere il labirinto fino alla meta centrale e quindi riporta fuori per la stessa via da cui si era entrati. Naturalmente non vi è alcuna garanzia che il tragitto così percorso sia quello minimo, tuttavia il metodo funziona e vi porta dentro e fuori dal labirinto in modo semplice e garantito.



La "regola della mano destra" come talvolta viene chiamata, funziona però solo in un caso particolare di labirinti: quelli che i topologi chiamano "semplicemente connessi", ossia quelli in cui tutte le pareti sono collegate tra loro (e quindi vi è in effetti un'unica tortuosa parete). Esiste però il caso più generale di labirinti "molteplicemente connessi", in cui cioè vi sono stanze dentro stanze o comunque isole, le cui pareti non sono collegate alle restanti pareti. E qui tale regola fallisce.
In un labirinto a connessione semplice la regola della mano destra garantisce di farvi visitare tutti i percorsi esattamente due volte, all'andata ed al ritorno; mentre in uno a connessione multipla garantisce solo di riportarvi fuori ma non vi assicura di farvi raggiungere la meta: per cui potreste semplicemente girare attorno alla meta senza in effetti incontrarla. Il labirinto di Hampton Court è in effetti molteplicemente connesso, ma il fatto che non esistano circuiti chiusi che circondino completamente la meta rende ugualmente applicabile la regola della mano destra.
Nel caso più generale di labirinti molteplicemente connessi esiste comunque una regola che assicura il raggiungimento della meta e l'uscita dal labirinto: la si deve al matematico francese M. Tremaux ed è quindi nota come Algoritmo di Tremaux. E' ovviamente più complicata della regola della mano destra, e soprattutto richiede per la sua applicazione una forma di memoria consistente nella possibilità di marcare in qualche modo i corridoi già percorsi. Supponiamo di chiamare "vecchi" i percorsi già seguiti e "nuovi" quelli non ancora seguiti: giungendo ad un incrocio nuovo si può scegliere una strada qualsiasi, giungendo ad un incrocio vecchio o ad un vicolo cieco per una strada nuova si gira e si torna indietro; giungendo ad un incrocio vecchio per una strada vecchia si sceglie una qualsiasi strada nuova, se esiste, altrimenti una vecchia purchè non sia già stata percorsa due volte (ossia all'andata ed al ritorno). Provare per credere: questo semplice insieme di regole permette di traversare un labirinto di qualsiasi complessità e topologia, anche se certamente non nel modo più breve possibile.

Dal sito www.labirinti.it

Chiaro no? :rolleyes:

Silvia
16-09-03, 21:05
IL LABIRINTO DELLA CATTEDRALE DI CHARTRES
di Andrea Maugeri

I labirinti sono tanto antichi quanto multi-culturali; ma in una cattedrale medievale sono caratterizzati da un significato tipicamente religioso, cristiano, altrimenti non si troverebbero in questi luoghi. Sfortunatamente, tra il diciassettesimo ed il diciottesimo secolo, il loro significato spirituale si è andato perdendo ed è stato per lungo tempo misconosciuto e non completamente compreso, anche dal clero stesso, e molti esempi di queste realizzazioni sono andate perdute.

Nei suoi scritti, Jean Baptiste Souchet, un canonico della cattedrale di Chartres morto nel 1654, considerava il labirinto “un gioco senza senso, una perdita di tempo”. Nonostante questo, il labirinto di Chartres è sopravvissuto ed è uno dei meglio conservati e il più grande giunto dall’epoca medievale ai nostri giorni. Risalente all’incirca al 1200, inserito nel pavimento della navata raggiunge una circonferenza di 12,85 metri mentre il percorso interno misura complessivamente 261,5 metri.

Il suo disegno circolare, così come avviene per il labirinto della cattedrale di Sens, prevede un’entrata, un percorso ed una fine, collocata al centro del labirinto stesso. Caratteristica questa comune, indipendentemente dall’andamento geometrico del percorso, a tutti i labirinti. Sia il labirinto di Sens che quello collocato nella cattedrale di Chartres sono stati assimilati ad un viaggio verso Gerusalemme, che potrebbe simboleggiare un pellegrinaggio penitenziale verso la Città Santa, che nelle mappe medievali era collocata al centro del mondo. Ma la Gerusalemme in questione non è certo la Gerusalemme terrestre, bensì quella dei Cieli, della quale la stessa cattedrale è un simbolo, come testimoniato dal Libro della Rivelazione; pertanto, il viaggio attraverso il labirinto rappresenta il nostro viaggio attraverso la vita, culminante non nella morte, come nella tradizione Greco – Romana, ma, nel contesto cristiano, nella vita eterna in Paradiso.

Al centro del labirinto di Chartres era collocata una placca di bronzo, rimossa e fusa nel 1792, durante le guerre napoleoniche. I fermi metallici cui era ancorata sono ancora visibili nella pietra.
Stando a quanto afferma Charles Challine, morto nel 1678, la placca avrebbe rappresentato Teseo e il Minotauro. Alle loro spalle era Arianna, che reggeva in mano il famoso gomitolo di lana, con il quale, secondo la leggenda cretese, ella condusse Teseo presso il Minotauro, affrontando un altro celebre labirinto, quello di Dedalo.

Presso la cattedrale di Lucca, su uno dei pilastri prossimi all’entrata, è riprodotto lo stesso labirinto presente a Chartres, ma la misura è decisamente inferiore. È databile intorno al dodicesimo secolo, ed è accompagnato da un’iscrizione in latino: “Hic quem Creticus edit Daedalus est laberinthus de quo nullus vadere quivit qui fuit intus ni Theseus gratis Ariane stamine jutus”

La battaglia fra Teseo ed il Minotauro, come quella tra San Giorgio ed il drago, simboleggia, nell’interpretazione cristiana, una sorta di psicomachia, una lotta che si svolge nell’anima, proprio dentro di noi, fra le forze del bene e del male, lungo il percorso che compone il labirinto delle nostre vite; una lotta che ha avuto inizio con il peccato originale di Adamo ed Eva che è riprodotto nella vetrata del XIII secolo collocata nell’abside meridionale proprio al di sopra del labirinto.

La maggior parte dei labirinti, cristiani e non, ha un solo complicato percorso, che conduce lentamente ma inevitabilmente ad una destinazione finale, divenendo simbolo del viaggio dell’uomo dalla nascita alla morte. I labirinti cristiani, in ogni caso, vogliono significare che la morte non costituisce la fine, ma la porta attraverso la quale l’uomo può pervenire alla contemplazione della Gerusalemme Celeste. Arianna, con il suo filo, personifica Ecclesia, la Chiesa e la Grazia Divina, attraverso la quale l’uomo può ottenere la salvezza.

La distanza del centro del labirinto di Chartres dalla porta ovest è più o meno la stessa che separa la porta ovest dal rosone occidentale sopra di essa, che raffigura il Giudizio Universale, formando così una sorta di triangolo, la cui ipotenusa è la distanza che separa il centro del rosone dal centro del labirinto. Quindi, se la facciata ovest posasse sul piano della navata, la vetrata del rosone dovrebbe cadere esattamente sul labirinto; e il Giudizio Universale, del resto, vuole significare il momento in cui i redenti trascendono il Tempo e la Morte ed entrano nella Gerusalemme Celeste.


Dal sito www.medievale.it

http://www.silviadue.net/labirinti/Chartres.jpg

pcosta
16-09-03, 22:21
http://www.pcosta.net/ima/labir.jpg

Il Labirinto Egiziano

Il poligrafo tedesco Athanasius Kircher (1602-1680) chiamato dai suoi contemporanei doctor centum artium tentò anche - evidentemente sulla base di descrizioni antiche - una ricostruzione del Labirinto Egiziano.
Al centro c'è un labirinto per il quale Kircher si è ispirato probabilmente a mosaici romani. Tutto attorno sono disposti gli edifici dei dodici nomoi, le dodici unità amministrative dell'Egitto su cui ci informa Erodoto (II, 148).
(Incisione in rame da Turris Babel sive Archontologia, Amsterdam 1679, di fronte alla pagina 78.)

Nel testo che lo spiega, Kircher si occupa anche degli altri labirinti enumerati da Plinio e a pagina 84 dà anche una bella incisione del Labirinto Cretese.

http://www.pcosta.net/ima/labir2.jpg

Silvia
17-09-03, 13:20
Grazie, pcosta, i tuoi documenti sono preziosissimi…

Immagino si tratti del grandioso labirinto che sorgeva accanto alla piramide di Hawara, descritto qualche post più su e considerato da Plinio e da Diodoro Siculo l’ispiratore del labirinto di Cnosso.

Erodoto lo descrive come un ampio complesso di edifici collegati fra loro e circondati da un unico muro esterno, comprendente dodici grandi cortili coperti e sviluppato su due piani, uno sotterraneo ed uno a livello del terreno. Ogni piano è formato da 1500 stanze variamente connesse tra loro ed ai cortili da passaggi tortuosi, porticati e corridoi che creano enorme meraviglia nei visitatori per l'estrema intricatezza dei percorsi. Le pareti sono adornate con figure scolpite, i cortili abbelliti da colonne bianche ed il tetto di tutto il complesso è fatto di pietra così come le pareti. Questo labirinto sorgeva nei pressi del lago artificiale di Meride, capolavoro dell'ingegneria idraulica egiziana, e ad una sua estremità si trovava la piramide di Hawara. La sua estensione, desunta da scavi effettuati verso la fine del secolo scorso da sir Flinders Petrie, doveva essere realmente enorme: circa 350 metri per 280. La descrizione di Erodoto viene indirettamente confermata dalla testimonianza di Strabone che dovrebbe averlo visitato pochi decenni prima della nascita di Cristo; mentre altri storici posteriori non fanno altro che riprendere e rielaborare citazioni più antiche, con minore attendibilità.

pcosta
18-09-03, 20:02
Il Gentiluomo del Labirinto

http://www.pcosta.net/ima/labir3.jpg

Ritratto di gentiluomo, olio su tavola, cm 73x54,6 eseguito probabilmente a Milano attorno al 1510 da Bartolomeo Veneto.
Cambridge, Fitzwilliams Museum n. inventario 133.

Questo dipinto estremamente misterioso merita un esame più attento.
Il giovane viene rappresentato davanti a una tenda che a destra consente di osservare un paesaggio; in esso un centauro in camicia (raffigurante il Minotauro o Nesso?), che impugna un grosso bastone, sta entrando in acqua diretto verso una coppia di cigni; un cigno (maschio?) ne insegue un altro (femmina?).
Sul mantello nero del nostro personaggio sono ricamati numerosi nodi di Salomone (venti grandi, due piccoli), sul suo petto si osserva un labirinto del tipo da chiesa, con dieci spire che si avvolgono attorno al centro, coperto.
L'ingresso del labirinto è in alto, e sopra di esso c'è una pigna sormontata da una perla; altre tre perle si trovano a destra ed altrettante a sinistra.
La mano destra del personaggio impugna l'elsa di una spada, la sinistra è posata sul ramo dell'elsa, l'indice indica verso il basso.
Collo di pelo di lince. Berretto nero,con ricami di foglie spinose e con cinque penne ornamentali molto sottili tenute insieme da una "impresa": un medaglione smaltato raffigura una nave che sta naufragando nella tempesta, circondata da alberi verdi; a bordo c'è un uomo e in alto il motto "Esperance me guide".

Si conoscono tre tentativi di identificazione di questo personaggio.
Beard crede di riconoscere in lui Francois de Laval, Signore di Boisdauphin; Anna Omodeo pubblica un emblema con labirinto della famiglia Beccaria e ipotizza che il personaggio appartenga a questa famiglia.
In una direzione completamente diversa ci conduce l'interpretazione dei singoli simboliche appaiono in questo quadro, quale viene esposta nel catalogo di Cambridge di Goodison e Robertson.
Secondo questa interpretazione - che però si fonda sull'opera molto posteriore Labirinto del Mondo e Paradiso del Cuore di Comenio, scritta nel 1623 e pubblicata nel 1631 -, il personaggio ritratto apparterrebbe ad una società esoterica, forse di osservanza boema.

pcosta
01-11-03, 18:29
http://www.pcosta.net/ima/labircin.jpg

Pechino, Labirinto presso il Palazzo d'Estate

Il gesuita italiano, pittore e architetto, Giuseppe Castiglione (1698-1768), missionario in Cina, dove era chiamato Lang Che-ning, costruì negli anni 1737-1766, in collaborazione con nove confratelli (pittori, architetti, ingegneri, architetti di giardini), artistici giardini di gusto europeo per l'imperatore Ch'ien-lung nella sua residenza estiva Yuan Ming Yuan, presso Pechino.
I giardini furono distrutti nell'anno 1860 dal corpo di spedizione anglo-francese.
La fantastica bellezza di questi giardini è documentata da una sequenza di venti incisioni in rame eseguite negli anni 1783-1786 da artisti cinesi sotto la supervisione personale dell'imperatore.
Incisione nel formato cm. 51x88,5.
A sinistra in alto c'è la scritta "Veduta di prospetto del giardino, N.5"

Silvia
12-07-05, 20:14
Simbolo antichissimo e universale, il labirinto ha accompagnato la storia dell'uomo trasversalmente, in diverse culture, epoche e luoghi della Terra. E continua ad affascinarci, forse perché abbiamo ancora voglia di perderci... per poi ritrovare la strada…




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http://www.silviadue.net/labirinti/1.jpg

Il primo labirinto fu costruito a Cnosso dall'architetto greco Dedalo: l'incarico gli fu affidato dal re Minosse che voleva chiudere in un intrico complicatissimo un essere mostruoso, il Minotauro. A sconfiggerlo sarà poi Teseo, che saprà districarsi dal labirinto seguendo il filo che Arianna gli aveva consegnato all'ingresso.
Il pavimento della "Casa del Labirinto" di Pompei è stato decorato con un mosaico poi chiamato "Teseo e il Minotauro", proprio in ricordo di questo mitico evento. Composto intorno al 80-60 a.C., è ancora al suo posto.



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Questo graffito, ritrovato in Val Camonica, risale al primo millennio a.C.. Forse legato a riti e incantesimi propiziatori della caccia, una sorta di rappresentazione escogitata per attirare la selvaggina.



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Chi per primo li aveva individuati, credeva fossero semplici segni tracciati per gioco da bambini. Si tratta in realtà dei cosiddetti labirinti di pietre, o Troiaburg (cioè città di Troia), diffusi soprattutto il Svezia (come quello della foto), Finlandia e Norvegia. Attorno a questi labirinti, composti da piccoli ciottoli, c'è ancora molto mistero. Furono chiamati anche Jungfrudans, ossia "danza della vergine": pare servissero infatti a indirizzare la danza di una fanciulla che poteva percorrere il labirinto volteggiando o che, posta al centro, attendeva un giovane che la raggiungesse attraverso le spire del tracciato.



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I Troy Town (ovvero città di Troia) non sono fatti di pietra, bensì tracciati grazie alle diverse altezze dell'erba. In Europa, il simbolo del labirinto, composto all'origine da sette avvolgimenti, oltre a essere associato a Creta, è legato alla città di Troia, protetta da sette mura. Nella foto, il labirinto di Suffron Walden (Inghilterra).



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È una luce radente sparata da potenti fari a illuminare il labirinto di Alkborough (Gran Bretagna), facendone risaltare il percorso. Si tratta di un labirinto erboso disegnato sul terreno e risalente probabilmente al 1967. L'origine di questi percorsi magici scolpiti nell'erba si mischia anche col mito: sarebbero stati infatti importati in Italia da Ascanio, figlio di Enea, dopo la guerra di Troia, e diffusi solo successivamente in Nord Europa.



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Dopo il significato mistico che lo caratterizzò nel periodo classico e l'interpretazione religiosa, quasi magica, che acquistò nel Medioevo, dalla metà del Cinquecento il labirinto diventò un gioco che ben si sposava con l'atmosfera festaiola delle corti, fino a diventare il leit motiv dei giardini sei-settecenteschi.
Nella foto, il labirinto di Villa Pisani a Stra (Venezia), col suo percorso disegnato da siepi di bosso, che ispirò anche Gabriele D'Annunzio.



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http://www.silviadue.net/labirinti/7.jpg

Si trova in Gran Bretagna, nel Wiltshire, ed è considerato il più lungo labirinto di siepi del mondo. Diversamente da quelli più tradizionali, il labirinto del parco di Longleat House è tridimensionale, grazie ai ponti di legno che consentono di guardare dall'alto il centro del labirinto per capire la posizione.
Progettato nel 1975 da Greg Bright, è composto da 16.000 tassi inglesi e copre un'area di 6.000 metri quadrati. Tempo per uscirne? In media 90 minuti.

Materiale liberamente tratto da www.focus.it

pcosta
16-07-05, 13:11
IL LABIRINTO SECONDO KUBRICK

Il labirinto dell'Overlook Hotel - dove si svolge la scena finale di Shining - visto dall'alto.

http://www.pcosta.net/ima/labirshi0.jpg

e il labirinto interno dell'hotel, visto dalla steadycam dietro Danny.

http://www.pcosta.net/ima/labirshi1.jpg

Silvia
16-07-05, 18:42
Difficile dire quale dei due sia più angosciante e claustrofobico... se il labirinto innevato del giardino o l’Overlook Hotel, il labirinto della mente...


Mi sa che stasera mi rivedo il film...http://www.silviadue.net/smiles/ammicca.gif

eliodoro
17-07-05, 01:08
In Origine Postato da Silvia
IL LABIRINTO DELLA CATTEDRALE DI CHARTRES
di Andrea Maugeri
Nonostante questo, il labirinto di Chartres è sopravvissuto ed è uno dei meglio conservati e il più grande giunto dall’epoca medievale ai nostri giorni. Risalente all’incirca al 1200, inserito nel pavimento della navata raggiunge una circonferenza di 12,85 metri mentre il percorso interno misura complessivamente 261,5 metri.


Dal sito www.medievale.it

http://www.silviadue.net/labirinti/Chartres.jpg

Se si ha voglia di vedere il labirinto nella sua interezza ( di solito sopra di esso ci sono sedie e panche ) occorre visitare la cattedrale di Chartres di venerdì, come mi è fortunosamente capitato un mesetto fa : è l'unico giorno della settimana nel quale le sedie che vi stanno sopra vengono rimosse e si può liberamente osservare o percorrere tale labirinto.
Non manca la presenza inevitabile di personaggi bizzarri che lo percorrono molto lentamente e a piedi nudi...

Cordialmente

eliodoro

Silvia
17-07-05, 14:24
In Origine Postato da eliodoro
Se si ha voglia di vedere il labirinto nella sua interezza ( di solito sopra di esso ci sono sedie e panche ) occorre visitare la cattedrale di Chartres di venerdì, come mi è fortunosamente capitato un mesetto fa : è l'unico giorno della settimana nel quale le sedie che vi stanno sopra vengono rimosse e si può liberamente osservare o percorrere tale labirinto.
Non manca la presenza inevitabile di personaggi bizzarri che lo percorrono molto lentamente e a piedi nudi...

Grazie, ne terrò conto semmai dovessi capitare da quelle parti. :)

Non lo sapevo, ma avrei dovuto immaginarlo, visto che il labirinto occupa buona parte della navata centrale. Mi risultava invece che rimanesse coperto da un tappeto per buona parte dell’anno e venisse scoperto solo in occasioni speciali.

Silvia
15-07-07, 09:15
http://www.silviadue.net/vari/crete.jpg

Il labirinto di Creta (Parigi, Biblioteca nazionale, Ea 29 rés. Cl. 63 B 30706)



Beato chi, come Teseo, potrà uscire dal suo labirinto personale una volta per sempre. Ma la vicenda dell'uomo a cui non arride tanto favore degli dèi è più grave, quindi il suo errare sarà lungo quanto la vita. Eppure, l'aver raggiunto la camera segreta anche una sola volta - per illuminazione spirituale o per una meditazione perfetta - modificherà la sua coscienza per sempre: «Chi è stato felice una volta, non potrà mai essere distrutto».

Entrare nel labirinto è collocarsi in na solitudine volontaria: è accettare i rigiri e i rigori ignoti della sorte e tentare la soluzione rifiutando ogni aiuto che non sia quello della propria mente: infatti, anche se ci troveremo nella felice condizione di stringere tra le dita un filo di guida, lo dovremo ancora, in ultima analisi, a noi stessi. L'Arianna favolosa che avrà abbastanza pietà o amore per noi verrà a premiare il nostro valore.
Tuttavia, quella solitudine sarà una Einsamkeit e non un Alleinsein, secondo la distinzione di Hölderlin: un essere soli ma non abbandonati. Sarà uno stato cercato, voluto, scelto come via per spiegare a se stessi il proprio mistero, nel corso di una peregrinazione impedita, compiuta in uno stato di veglia, anzi in uno stato di massima attenzione, per arrivare a una situazione di salvezza. Lontani dal mondo, noi ci troveremo presi in un avanzare che è attività del cercatore di sé, del perché di Dio, molto simile a quella volontà di separare se stesso dal mondo che anima l'eremita o l'anacoreta. È un modo di sfuggire alla sorte «per acquistare conoscenza»; una discesa agli Inferi, una nekyia: una decisione di entrare nella caverna e nei suoi inganni sotterranei con la volontà di sottrarre se stessi, sia pure precariamente, agli inganni del mondo di sopra. La stessa angoscia, la vertigine di non avere nessuno né davanti né dietro né a fianco di sé, ma solo un cammino malsicuro e tortuoso che si apre davanti ai propri passi esitanti e pareti di caverna tutt'intorno, si trasforma in una più piena coscienza di sé nella consapevolezza che, con la perseveranza, con la fiducia, con il filo che avremo avuto da quell'Arianna dal serto luminoso che dimora nel nostro cuore, noi sapremo arrivare fino alla camera del mistero. Vi troveremo un tesoro? Lo prenderemo. Vi troveremo un mostro? Lo uccideremo.

Nel labirinto - lo abbiamo già detto -si abolisce anche il tempo: è «tenebra sanza tempo tinta»; e lo sapeva il Poeta, quando entrò nelle viscere della Terra per compiere il grande viaggio. L'importante è che, al termine del cammino, si torni «a riveder le stelle». La conquista umana del sapere - il rinvenimento del Centro, del locus absconditus - è il solo approdo possibile e sensibile; è un uscire dalle tenebre; è la conquista della chiarezza dopo avere oltrepassato le acque infernali.
Ovviamente, questo tipo di rappresentazione dell'iter mistico della conoscenza è particolarmente presente nell'animo dell'uomo religioso; era quanto sperimentavano in modo plastico ed evidente coloro che percorrevano l’hieros odòs dei santuari; è quanto sperimenta ancora chi percorre, per esempio, la via lunga che era prescritta agli adepti nell'Asclepion di Pergamo. Il peregrinare è tortuoso e accidentato; ma, al termine di una lunga galleria - di cui anche oggi si ritrova il percorso tra le rovine del santuario - s'incontra la fonte della Gioventù eterna, proprio al limitare di quella che era stata la camera segreta: solo rumori, il leggero strisciare del vento sull'erba alta, sulla gramigna, e il verso schioccante delle rare cicogne bianche e nere, là in alto, sui mozziconi delle mura.


Da Il libro dei labirinti – Paolo Santarcangeli (Frassinelli editore, 2005 - pag. 299 e seguenti)