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Visualizza Versione Completa : Crisi dell'Ambientalismo o solo crisi dei Verdi?



Ghibli
20-09-02, 12:43
PIETRO GRECO
Ambientalismo, il verde che sbiadisce
La crisi politica del movimento dipende anche dal suo cambiamento di prospettiva

La ricusazione del protocollo di Kyoto. La trivellazione dell'Alaska. La tolleranza per l'acqua all'arsenico. Il taglio delle spese ecologiche. Se c'è un tratto politico che caratterizza i primi sei mesi da presidente degli Stati Uniti d'America di George W. Bush, questo tratto è la schietta, dichiarata e persino ostentata politica di indifferenza, se non di vero e proprio attacco, alla cultura e alla sensibilità ambientali. Una politica che non ha precedenti nella storia recente degli Stati Uniti. E neppure nella storia recente del mondo occidentale. Il risultato è che, per la prima volta, l'idea di sviluppo sostenibile concertata e perseguita dalle Nazioni Unite trova davanti a sé un avversario dichiarato. E che avversario; la più grande potenza economica e politica del pianeta! Reggerà l'idea di sviluppo sostenibile a questo formidabile urto?
La domanda è tanto più drammatica, perché in questi ultimi mesi in molti importanti paesi del mondo occidentale i difensori politici dell'idea di sviluppo sostenibile, i verdi, hanno inanellato una serie di insuccessi ormai troppo lunga per poter essere considerata mera contingenza.
LA CRISI POLITICA
Negli Stati Uniti, il verde Al Gore, per otto anni vicepresidente di Bill Clinton, non ha perso solo e non ha perso tanto per l'inefficienza tecnica della macchina elettorale della Florida, che gli avrebbe sottratto le poche centinaia di voti che lo dividevano da un ingresso comunque sofferto alla Casa Bianca. Ma ha perso anche e soprattutto perché il movimento politico verde di Ralph Nader gli ha sottratto le decine di migliaia di voti che, invece, avrebbero consentito il suo ingresso trionfale alla Casa Bianca. Senza dubbio la vittoria dell'antiambientalista George W. Bush è stata la conseguenza della drammatica divisione e, quindi, della crisi del movimento ambientalista americano.
In Europa la crisi dei Verdi non è meno acuta. La Norvegia, guidata nel recente passato da quella bandiera dello sviluppo sostenibile planetario che è Gro Harlem Brundtland, è oggi la nazione capofila della pesca alla balena. Ovvero, di una pratica che è considerata l'emblema stesso dello sviluppo non sostenibile.
In Germania, i Verdi sono al governo in posizione di rilievo. E hanno in Joschka Fischer un Ministro degli Esteri apprezzato da tutti. Da tutti, tranne che da una parte rilevantissima del suo stesso partito. Che lo accusa di aver costruito il suo successo personale sul tradimento dell'idea ambientalista, preludio di un imminente tracollo elettorale dei Verdi. Ovunque vada nel mondo, Joschka Fischer è accompagnato da poliziotti in alta uniforme. Ma quando va al congresso del suo partito deve essere accompagnato da poliziotti in assetto antisommossa.
In Italia, domenica 13 maggio i Verdi, dopo cinque anni di partecipazione al governo, hanno subito una sconfitta elettorale che somiglia molto a una disfatta. Tanto che i due leader del partito, Grazia Francescato e Alfonso Pecoraro Scanio, ne hanno chiesto addirittura lo scioglimento, in vista di una rifondazione. Perché, tutto questo? Perché la cultura ambientalista dopo due o tre decenni di crescita e di diffusione di massa in tutto il mondo occidentale, segna il passo, perde la sua caratura egemonica e, per la prima volta, non ha a che fare solo con "amici freddini" ma con avversari dichiarati? Perché, nel medesimo tempo, il movimento politico dei Verdi è ovunque, in America come in Europa, in una crisi seria, se non proprio profonda?
L'origine di questa crisi dalla doppia faccia dell'ambientalismo occidentale è molto complessa. Costellata, com'è, da una serie di concause locali che sarebbe quanto meno imprudente sottovalutare. Tuttavia, ci sono alcuni fattori generali che concorrono, in modo più o meno rilevante, a generare la crisi della cultura e, quindi, della politica ambientale.
DAL GLOBALE AL LOCALE
Il primo riguarda il fatto che, costretto ad agire localmente dall'assunzione di responsabilità di governo, il movimento politico ambientalista ha smesso di pensare globalmente. O, almeno, non lo ha fatto con la sistematicità e la determinazione che la congerie dei problemi ambientali planetari richiederebbe.
Prima di diventare vicepresidente, il verde Al Gore, oppositore di Bush padre, teorizzava la necessità inderogabile di un "Piano Marshall" per l'ambiente globale (si veda La Terra in bilico, che Gore ha pubblicato per Laterza nel 1993). Durante gli otto anni di vicepresidenza degli Stati Uniti, di quel "Piano Marshall" Al Gore non ha mai parlato. Alla fine degli anni '80, la politica ambien@ globale aveva una figura leader (Gro Harlem Brundtland) e dei solidi progetti (si veda Il futuro di noi tutti, elaborato dalla Commissione Brundtland ed edito da Bompiani nel 1988) sintetizzati nella felice idea dello sviluppo sostenibile.
Intorno a quei progetti in pochi anni il movimento ambientalista riuscì a organizzare un consenso politico pressoché unanime. Un consenso che sancì il successo della Conferenza sull'Ambiente e lo Sviluppo organizzata nel 1992 a Rio de Janeiro dalle Nazioni Unite: due Convenzioni (sul clima e sulla biodiversità), una Dichiarazione di principio, un programma fittissimo (Agenda '21), una serie di iniziative a torto giudicate minori. Quel successo, analizzato oggi, a meno di dieci anni di distanza, appare tanto straordinario quanto irripetibile. E, infatti, oggi la politica ambientalista planetaria non ha né una figura leader, né un progetto veramente solido, né tantomeno una reale capacità di aggregare il consenso. Diventato spesso forza di governo, ma frantumato nelle sue dimensioni locali il movimento ambientalista ha perso quasi ovunque forza.
Il pensiero ambientalista globale tra la fine degli anni '80 e la fine degli anni '90 aveva un progetto economico e politico, lo sviluppo sostenibile, chiaro e "positivo": costruire una società che pone al centro dei suoi valori l'ambiente. Questo progetto era chiaramente alternativo a quello, liberista, di una società che pone al centro dei suoi valori il mercato. Oggi la chiarezza e la radicalità di quel progetto "positivo" si sono fortemente appannati. Sia nella componente, come dire, governativa del movimento ambientalista. Sia nella componente movimentista, che si è praticamente sciolta nel "popolo di Seattle", le cui istanze sono certo radicali, ma molto confuse e, soprattutto, "negative" (no alla globalizzazione, no agli ogm).
L'appannamento del progetto "forte" del movimento ambientalista globale è legato, probabilmente, ad altri due fattori comuni alle vicende dei verdi in Occidente.
Uno riguarda la teoria, l'altro la prassi. Il primo riguarda il progressivo spostamento dai temi ambientali globali che avevano un prevalente carattere oggettivo e razionale a nuovi temi che hanno un prevalente carattere soggettivo ed emotivo. L'idea di sviluppo sostenibile, dieci anni fa, si incarnò nelle grandi battaglie per il controllo demografico, per la salvaguardia dell'ozono stratosferico, per la salvaguardia della biodiversità, contro l'accelerazione prodotta dall'uomo nei cambiamenti del clima. Tutti temi fondati su solide evidenze scientifiche. Tanto che l'ambientalismo divenne portatore di una nuova razionalità, fondata sulla conoscenza scientifica. Moltissimi uomini di scienza e intere comunità scientifiche riconobbero la portata sociale delle loro azioni e le responsabilità che ne conseguiva. Addirittura nacquero nuove discipline scientifiche per affrontare i temi portati alla ribalta dal movimento ambientalista.
UN APPROCCIO "EMOTIVO"
Oggi l'idea di sostenibilità si incarna in temi in cui l'elemento oggettivo è, per un motivo o per il altro, molto meno solido (biotecnologie, agricoltura biologica, elettrosmog, ftalati).Ma che, soprattutto, vengono affrontati con un approccio fortemente emotivo, che spesso si lascia vincere da tentazioni mistiche (new age) o conservatrici (neobucoliche). Tanto che oggi molti vedono nell'ambientalismo o, almeno, in una sua componente rilevante il portatore di una nuova irrazionalità, fondata sul misconoscimento della scienza e della tecnica.
C'è, infine, un ultimo fattore generale che concorre a spiegare la crisi dell'ambientalismo. E' un fattore più legato alla prassi, ma certo non meno importante degli altri. Il movimento ambientalista tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 ha prodotto ovunque grandi intelligenze politiche. Persone colte, preparate, oneste, portatrici di un progetto ideale. E questo proprio mentre le fonti tradizionali di personale politico, i partiti, segnavano il passo.
In breve, il movimento ambientalista è stato indotto a occupare il vuoto lasciato dai partiti tradizionali. E ha prestato alla politica politicante, molti dei suoi quadri migliori. Nella convinzione, peraltro, che entrando direttamente nelle stanze del potere la cultura ambientale potesse aumentare la sua incisività.
Gli ambientalisti si sono, quasi sempre e quasi ovunque, rivelati ottimi politici: in America, in Europa, in Italia. Ma il loro progetto non si è realizzato: né in America, né in Europa e, tutto sommato, neppure in Italia.
Per due motivi. Non solo e non tanto perché, entrando in governi di coalizione, hanno dovuto accettare i necessari compromessi. E ciò è particolarmente doloroso per i portatori di progetti radicali. Ma anche e soprattutto perché lasciando il movimento, lo hanno indebolito. Forse una cultura radicale e, insieme, trasversale come quella ambientale si impone meglio per diluizione e diffusione nella società (compresa la società politica) che per penetrazione e occupazione. Più con l'agilità avvolgente del movimento che con la rigidità definita del partito.
Non sappiamo se questi fattori abbiano davvero giocato un ruolo rilevante nella recente crisi dell'ambientalismo un po' ovunque in Occidente. Ma è probabile che solo dando una risposta a questi interrogativi l'idea di sviluppo sostenibile sopravviverà a George W. Bush. E ai suoi epigoni nostrani.

Wyatt Earp
22-09-02, 20:59
Originally posted by Ghibli
PIETRO GRECO
Ambientalismo, il verde che sbiadisce
La crisi politica del movimento dipende anche dal suo cambiamento di prospettiva



Non mi fido minimamente dei partiti e delle associazioni ambientaliste che si schierano politicamente a destra o a sinistra,sotto o sopra....verdi compresi,che considero dei comunisti alla stregua di rifondazione o dei ds e banda varia.
Secondo un me un vero "partito ambientalista" dovrebbe essere superpartes,per esempio.....prima delle elezioni agli schieramenti in corsa per il governo(o comunque qualsiasi tipo di elezioni,provinciali,regionali,ecc) "noi appoggiamo al governo chi ci promette di far passare tot ettari parco naturale,o chi ci assicura che farà almeno 4 domeniche ecologiche nei prossimi mesi",richieste simili.
Lasciare da parte le loro ideologie di destra e sinistra e dedicarsi unicamente all'ambiente....anche perchè il rispetto dell'ambiente non è un dogma della sinistra,ma è,o meglio,dovrebbe essere dei cittadini in generale!
Per esempio,i verdi non otterrebbero di più per l'ambiente se fossero al governo adesso?
Saluti Padani

Ghibli
22-09-02, 22:11
Originally posted by Wyatt Earp


Non mi fido minimamente dei partiti e delle associazioni ambientaliste che si schierano politicamente a destra o a sinistra,sotto o sopra....verdi compresi,che considero dei comunisti alla stregua di rifondazione o dei ds e banda varia.
Secondo un me un vero "partito ambientalista" dovrebbe essere superpartes,per esempio.....prima delle elezioni agli schieramenti in corsa per il governo(o comunque qualsiasi tipo di elezioni,provinciali,regionali,ecc) "noi appoggiamo al governo chi ci promette di far passare tot ettari parco naturale,o chi ci assicura che farà almeno 4 domeniche ecologiche nei prossimi mesi",richieste simili.
Lasciare da parte le loro ideologie di destra e sinistra e dedicarsi unicamente all'ambiente....anche perchè il rispetto dell'ambiente non è un dogma della sinistra,ma è,o meglio,dovrebbe essere dei cittadini in generale!
Per esempio,i verdi non otterrebbero di più per l'ambiente se fossero al governo adesso?
Saluti Padani








si, sono d'accordo con te.