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Visualizza Versione Completa : I sistemi politici europei: 3) Regno Unito



Studentelibero
22-10-02, 17:52
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Regno Unito: Sistema politico

E' comunemente noto che le istituzioni e il sistema politico britannici sono caratterizzati da una eccezionale stabilità, grazie alla felice combinazione di un sistema elettorale maggioritario e di un governo parlamentare, con il ruolo predominante svolto dal gabinetto, sostenuto dal partito di maggioranza alla Camera dei Comuni. Molte sono state le cause che hanno permesso lo sviluppo di un sistema politico altamente operativo e stabile, alcune di carattere storico- sociale, altre di carattere prettamente politico; sicuramente, alla base del fortunato sviluppo del sistema politico britannico si situa la peculiare evoluzione del sistema sociale della Gran Bretagna. Secondo un insigne studioso, il Rokkan, nella formazione di ogni sistema politico – sociale, verrebbero in rilievo almeno 4 tipi di fratture o contrasti, legate al particolare momento storico di contrapposizione tra i vari gruppi sociali: le fratture centro/periferia e stato/chiesa, strettamente legate alla formazione dello stato nazionale e le fratture città/campagna e capitale/lavoro, piuttosto attinenti al fenomeno della rivoluzione industriale.Ogni frattura provoca la nascita di 2 o più formazioni politiche, che sorgono proprio per difendere gli interessi dei gruppi sociali coinvolti. La Gran Bretagna ha sperimentato, nel corso della sua lunga storia, ognuna delle fratture descritte da Rokkan ma, e questa è la chiave di interpretazione della stabilità dell'attuale sistema politico britannico, su un arco di tempo molto lungo. Ciò ha permesso alla società britannica di assorbire con maggiore facilità la frammentazione politica che ogni frattura portava con sé; il che si è tradotto in un sistema politico bipartitico, fondato sull'esistenza di 2 partiti predominanti, Labour Party e Conservative Party, attorniati da altre formazioni minori, dotate di scarsissimo potere di ricatto e di coalizione, quindi escluse dalla competizione elettorale.

Per comprendere appieno l'importanza delle fratture nell'evoluzione del sistema politico- sociale di un paese si prenda il caso dell'Italia, la cui frammentarietà partitica trova una causa preponderante nell'esplosione, nel breve volgere di pochi anni (tra il 1861 e il 1920), di tutte le fratture sopra menzionate. E' indubbio che il sistema partitico italiano, almeno fino all'inizio degli anni '90, sia stato provocato anche da un'evoluzione sociale molto diversa da quella della Gran Bretagna.

Naturalmente, una descrizione del sistema politico britannico non può limitarsi a constatare l'esistenza di peculiarità nello sviluppo sociale a giustificazione dell'attuale stabilità del sistema bipartitico. L'adozione di un particolare sistema elettorale incide profondamente sul funzionamento della politica nazionale; quindi è indubbio che il sistema elettorale adottato in Gran Bretagna abbia contribuito allo sviluppo di un sistema bipartitico.

La Gran Bretagna, com'è noto, ha adottato un sistema elettorale basato sul principio first past the post, ossia un sistema uninominale a maggioranza semplice. Secondo questo sistema elettorale, nei collegi uninominali risulta eletto quel candidato che ottiene più voti rispetto al suo avversario. Un simile sistema elettorale comporta la necessità, per i 2 maggiori partiti, di organizzarsi in modo da ottenere una forte base di consenso locale; infatti, i conservatori tradizionalmente godono di un consistente consenso nel sud- est del paese e nella zona di Londra, mentre il Labour Party trova maggiori appoggi nell'Inghilterra del nord e dell'ovest, nonché nelle zone più depresse della capitale. Invece, i liberali, che godono di un consenso uniformemente distribuito in tutto il paese, non riescono a ottenere che un numero limitato di seggi.

La tradizionale suddivisione del paese in roccaforti partitiche è stata, tuttavia, rivoluzionata dall'ascesa del nuovo leader dei laburisti, Tony Blair, che è riuscito per ben due volte di seguito, a sconfiggere i conservatori nella corsa a Downing Street e che si presenta a tutt'oggi, come il leader incontrastato della politica britannica.

La svolta che Blair ha imposto al partito laburista è passata attraverso scelte dolorose come l'abbandono, nello statuto del partito, della clause four, ossia della clausola relativa alla proprietà pubblica dei mezzi di produzione, nonché l'adozione di politiche sempre meno legate al volere delle Unions britanniche di cui il Labour Party è stato per molto tempo il braccio politico. Dopo la vittoria nelle ultime elezioni, Tony Blair dovrà affrontare una sfida dura; rieletto sulla base delle promesse di rimodernamento delle strutture pubbliche del paese, Tony Blair si è finora impegnato su un altro fronte, quello della lotta al terrorismo, nel quale si è schierato incondizionatamente a fianco degli Stati Uniti. Resta da vedere se l'elettore britannico medio sarà più interessato alla lotta ad Al- Qaeda oppure al recupero del sistema sanitario, scolastico e dei trasporti, assolutamente fatiscenti.

Abbiamo prima accennato alla "semplicità" del sistema politico in Gran Bretagna, ossia un gabinetto che in parlamento gode dell'appoggio della maggioranza del partito che vince le elezioni. Il gabinetto inglese ha un potere enorme proprio per il fatto di godere dell'appoggio incondizionato della Camera dei Comuni, rafforzato dalla assoluta fedeltà dei parlamentari alle direttive provenienti dai vertici del partito. L'assoluto predominio del gabinetto sul parlamento si fa normalmente risalire al principio costituzionale del mandato partitico, secondo il quale la piattaforma programmatica del partito che vince le elezioni diventa il programma del governo, o meglio del capo del governo il quale avrà il diritto di perseguire e realizzare quel programma.

Il gabinetto britannico risulta quindi essere dominato dalla figura del primo ministro. Questi possiede il "diritto di vita e di morte" su tutti i membri del gabinetto per i quali le possibilità di carriera politica dipendono in ultima analisi dalla benevolenza del premier. La signora Thatcher ricorse spesso al sistema del rimpasto del gabinetto nel corso della medesima legislatura per rimuovere alcuni dei suoi potenziali oppositori; e lo stesso Blair, durante il suo primo mandato, ha allontanato dei ministri troppo vicini al Cancelliere dello Scacchiere Gordon Brown, considerato un pericoloso rivale. Per questo è molto difficile che ai Comuni si verifichi il fenomeno dei franchi tiratori; soprattutto se il premier gode di un elevato consenso popolare come nel caso della signora Thatcher negli anni '80 e attualmente di Tony Blair, i membri del gabinetto staranno bene attenti a non intralciare l'azione politica del loro leader. In tale situazione il parlamento vede svilire il proprio ruolo a favore del governo e, in particolar modo, del primo ministro che risulta investito di una diretta designazione popolare. La Camera dei Comuni, insomma, più che svolgere il ruolo di controllo e di freno sull'operato del gabinetto, risulta essere la cassa di risonanza, l'ambito in cui questo adotta ed implementa le proprie politiche.

In questa situazione assume un ruolo importante la Camera dei Lords, antica istituzione composta da nobili ereditari, giudici e personalità illustri, che il governo Blair ha cercato, con successo, di ridurre a camera di mera rappresentanza, primo passo verso la sua totale abolizione. Non essendo legata ai giochi politico- elettorali la Camera dei Lords diventa spesso sede di appassionati dibattici sulle politiche del governo, che hanno un forte impatto sull'opinione pubblica per l'autorevolezza dei suoi membri e che riescono a influire a volte, sulle decisioni del gabinetto. Naturalmente, non trattandosi di una assemblea eletta la sua influenza, pur autorevole, è solo indiretta e occasionale.

Allo stesso modo, nel contesto del sistema politico britannico la monarchia gode di poteri molto limitati, piuttosto legati al prestigio personale del monarca presente sul trono.

In teoria, il potere del monarca è molto forte; infatti spetta a lui la nomina del primo ministro, nonché il decreto di scioglimento del parlamento. In realtà, per una consuetudine formatasi nel corso dei secoli (come è noto la Gran Bretagna non dispone di una costituzione scritta ma le regole di funzionamento della vita politica dipendono da consuetudini sorte e consolidatesi nel corso dei secoli) il monarca è costretto a nominare primo ministro il leader del partito che vince le elezioni; inoltre, spetta sempre all'iniziativa del primo ministro la decisione di scioglimento anticipato del parlamento, pur dovendo questa essere proclamata dal monarca.

Insomma, in Gran Bretagna l'intero sistema politico si accentra nella figura del premier che, come abbiamo visto, gode di un' impressionante serie di prerogative che ne rendono l'unico responsabile di fronte al popolo che lo ha investito del potere di governo. Un potere per nulla limitato dalla magistratura il cui ruolo di controllore è assolutamente secondario. Non essendoci in Gran Bretagna una costituzione scritta, non vi è nemmeno la necessità di una corte suprema incaricata di controllare la conformità delle leggi, principio peraltro vietato alla magistratura britannica in base al principio della supremazia del parlamento. In realtà, la magistratura è dotata di poteri piuttosto politici di controllo; in particolare, molto spesso il parlamento emana leggi che sono redatte in termini vaghi, richiedendo un'interpretazione giudiziale; in tal senso l'intervento della magistratura può avere un'influenza maggiormente politica sull'operato del gabinetto.

Erik Marangoni
marangoni@ragionpolitica.it

Oli
23-10-02, 19:04
Ecco, invece l'uk l'avrei evitata.

Sapete bene come la penso e nn credo ke gliene freghi qualcosa dell'Europa.

Boh, nn saprei, ma di certo nn piangerei se se ne uscisse dall'UE.

In fondo loro stanno così bene da soli.....

Alberich
24-10-02, 00:09
allora ringrazia pure me. l'attendibilità del tuo ragionamento è dimostrata dal riferimento all'inflazione.

Oli
24-10-02, 19:32
Originally posted by rector1


Infatti non gliene frega propio niente, ne di Europa ne di monetine euro. e' nella CE ,solo e escusivamente, per i propi interessi, il giorno che non ci sara' piu nulla da scroccare, se ne andranno per i fartti loro!!! chiamali stupidi!!!!! E poi. perche dici che son da soli? e il commonwealth ? dove loro sono la nazione leader, che comprende, ,Canada, Australia, Nuova Zelanda. e altri Paesi ex colonie, e non dimenticare il patto d' acciao con gli USA, e credi che se lasciano la CE rimarranno soli? Io certo non amo gli Albioni, ma devo riconoscere che sanno salvaguardare i loro interessi in primis; l' Italia? grande popolo di europeisti! ora si alleano con Turchia, Bosnia, Cipro ecc.ecc. bravo Oli! e un, bravo! per aver combattuto, con tutte le tue forze, per ottenere la 'monetina' euro, inflazione alle stelle e caro vita, gli Italiani ti ringraziano!!! e ringrazia anche il tuo compare di malefatte Erasmus
Ciao.

E' vero rector, quando c'era la lira l'inflazione era bassissima, infatti la lira era l'unica moneta ke è partita alla pari delle altre e si è ritrovata con banconote da 500.000 unità.

Un grande esempio di vittoria contro l'inflazione!!!!!

Banditore (POL)
22-11-02, 13:56
Originally posted by rector1




L'Europa non sorride più

A meno di un anno dallo storico avvento della moneta unica l'Unione europea ha pochi motivi per sorridere. Le principali economie del vecchio continente se la vedono male, e tra i responsabili c'è proprio la politica economica dell'Unione. In materia di politica estera, inoltre, l'Unione è divisa. Per non parlare dei disaccordi su un altro grande progetto, quello di dare una costituzione comune ai membri dell'Europea.

The Economist, Gran Bretagna [in inglese]

Ciao Oli. E, visto che lo chiede,un ringraziamento anche a Mr. Alberich.

UK FUORI!!!

Comunque, per Rector, ti ricordo che la CE o CEE non esiste più ora si chiama Unione Europea (UE) ...

benfy
21-04-03, 18:05
ci sono puntualizzazioni da fare.

mi risulta non mi ricordo quando che ci sia stato un periodo nel quale il partito liberal democratico sia stato al governo.

pur essendo considerate formazioni minori quelle oltre i tories e il labour party occore dire che i liberali il cui leader è un certo kennedy ha una percentuale di voti consistente tra il 10% e il 15%.

Alberich
25-04-03, 10:54
I liberal democratici hanno espresso dei ministri, più che essere stati al governo; al governo ci stavano nell'ottocento. Comunque sono sopra il 15%, spesso anche di molto.