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Visualizza Versione Completa : revisionismo



dilex
21-11-02, 22:45
Salve a tutti!
Recentemente mi sono imbattuto in una serie di scritti revisionisti e subito mi sono posto una domanda che ora vi rivolgo.
Secondo voi le teorie revisioniste (in particolare quelle relative allo sterminio degli ebrei) hanno una qualche autorevolezza, si basano cioè su informazioni quantomeno plausibili o sono il frutto di menti perverse e fantasticanti che nulla hanno a che fare con la ricerca storiografica?

Felix (POL)
23-11-02, 01:01
ho già commentato ripetutamente la mia posizione sul cosiddetto "revisionismo". In sintesi, ritengo che la storiografia, come ricordava giustamente De Felice, è intrinsecamente revisionista, perchè, alla pari di ogni altra scienza, procede a rivedere perennemente i risultati raggiunti, per apportare nuovi dati, nuovi angoli di lettura e formulare così nuove interpretazioni.

È il non-revisionismo, ovvero l'ortodossia, ad essere fuori dallo spirito della disciplina.

Per parte mia suggerisco di evitare di usare il termine "revisionismo" perchè, appunto, rindondante (in quanto la storiografia è per sua natura revisionista) o fuorviante (in quanto porterebbe a enucleare gruppi di presunti "storici revisionisti", che tali non sono oppure che usano il termine come bandiera per perorare cause politiche od interessi di parte).

È chi usa il termine "revisionismo" ad essere sospetto. Sia che si tratti di uno storico ortodosso in vena di scomuniche a qualche storico innovativo e spregiudicato, sia che si tratti di uno storico che cerchi di spingere la ricerca verso il terreno palustre della diatriba politica.

un 3D su questo tema era stato avviato sul forum del CdL. Si potrebbe cercare e ripostare qui.

saluti

Felix (POL)
23-11-02, 01:19
per scendere sul terreno concreto, ho pescato un testo "a favore" del cosiddetto "revisionismo". Premesso che il campo privilegiato dell'uso di questa espressione è quello dei massacri antiebraici avvenuti alla fine della seconda guerra mondiale, che non pochi storici -appunto, "revisionisti"- ritengono falsi o gonfiati ad arte per ragioni di propaganda.

Personalmente ho seri dubbi sulla validità di queste proposte, ma non nutro alcuna pregiudiziale, per cui se le prove a favore della versione "revisionista" di quelle vicende divenissero inoppugnabili, accetterei i risultati conseguenti.

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Breve introduzione al revisionismo sull'Olocausto


di Arthur R. Butz



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Esistono tre concrete ragioni per cui si dà generalmente credito alla leggenda, ampiamente diffusa, ma erronea, secondo la quale sarebbero stati milioni gli Ebrei uccisi dai Tedeschi durante la II guerra mondiale. Innanzi tutto vi è il rinvenimento, ad opera delle truppe inglesi e americane, di orripilanti pile di cadaveri ammassate all'interno dei campi della Germania occidentale (tra i quali Dachau e Belsen) liberarti nel '45. In secondo luogo si considera che in Polonia non sono più presenti consistenti comunità ebraiche. Il terzo motivo è che la quasi totalità degli storici e degli studiosi considerano verosimile questa leggenda.

Durante le due guerre mondiali, la Germania fu sempre impegnata a fronteggiare le epidemie di tifo che scoppiavano a causa dai pidocchi introdotti nei traffici commerciali con l'oriente. Ciò spiega il fatto che i prigionieri dei campi di concentramento tedeschi raccontino della rasatura dei capelli, delle docce frequenti e di altre procedure d'igiene quali il trattamento dei locali con un insetticida, lo Zyclon. Ciò spiega inoltre l'elevato tasso di mortalità nei campi e la presenza al loro interno dei forni crematori.

Quando, sul finire della guerra, la Germania entrò nel caos, tali misure cessarono e, di conseguenza, il tifo e altre malattie si diffusero rapidamente tanto da ridurre dei tre quarti la popolazione dei campi, per lo più composta da prigionieri politici, criminali comuni, omosessuali, obbiettori di coscienza, ed ebrei, tutti destinati ai lavori forzati. Di qui l'orrido spettacolo offerto ai soldati inglesi e americani, il quale, tuttavia, non aveva nulla a che vedere con lo "sterminio", né con nessun'altra deliberata politica persecutoria. Si consideri, inoltre, che i campi della Germania occidentale non sono additati come "campi di sterminio", definizione che, invece, si vorrebbe attribuire a quelli polacchi (ad es. Auschwitz e Treblinka). Questi ultimi furono tutti sgomberati e chiusi prima dell'arrivo dei Sovietici i quali, pertanto, non si imbatterono in tali drammatiche scene.

La "Soluzione Finale" di cui si parla nei documenti tedeschi era, in realtà, un programma di evacuazione, trasferimento e deportazione degli Ebrei, il cui fine ultimo doveva consistere nella loro espulsione dall'Europa. Durante la guerra, Ebrei di varie nazionalità vennero trasferiti verso est come primo passo di questa Soluzione Finale. La leggenda vorrebbe far credere che il motivo principale di questo trasferimento fosse lo sterminio. La maggioranza delle pretese vittime dell'Olocausto non sarebbero originarie né della Germania, né degli altri stati dell'Europa continentale, ma proverrebbero, invece, dall'Europa dell'est; per questo motivo, una ricostruzione del problema basata sugli studi statistici è da sempre risultata praticamente impossibile. Rimane comunque il fatto che in Polonia non esistono più comunità ebraiche numericamente consistenti. In realtà, i Tedeschi furono solo una delle parti coinvolte nel trasferimento e nello spostamento delle popolazioni ebraiche europee. Nel 1940 i Russi deportarono quasi tutti gli Ebrei della Polonia occidentale in Unione Sovietica. A guerra finita, mentre un gran numero di Ebrei polacchi e di altre nazionalità si muovevano dai paesi dell'est alla Germania occupata, i sionisti si adoperavano per il loro insediamento in Palestina. Molti altri emigrarono in America e in altri stati, in condizioni che, nella maggioranza dei casi, rendevano impossibile un censimento numericamente attendibile. A ciò si aggiunga il fatto che i confini polacchi furono drasticamente modificati: l'intero territorio fu letteralmente spostato ad est.

E' vero che gli storici danno credito alla leggenda, ma esistono numerosi precedenti di incredibile cecità, anche da parte di studiosi illustri. Per esempio, nel medio evo, perfino i nemici politici del Papa avallavano la sua falsa pretesa secondo la quale, il potere di governare l'impero d'occidente gli sarebbe stato conferito, nel quarto secolo, da Costantino; in realtà, tutti sapevano bene che alla morte di Costantino tale potere non era passato al Papa, ma ai suoi successori. La quasi totalità di studiosi, ricercatori e accademici diventa sospetta, soprattutto in presenza di forti pressioni politiche; in alcuni paesi gli storici revisionisti vengono perseguiti dalla legge.

E' semplice dimostrare che la leggenda relativa allo sterminio merita almeno di essere considerata con scetticismo. Anche il lettore occasionale della letteratura sull'Olocausto sa perfettamente che, durante la guerra, tutti risposero con l'indifferenza a ciò che stava accadendo. Di conseguenza, si cerca comunemente di addossare le colpe della generale inattività al Vaticano, alla Croce Rossa e agli alleati (in particolare ai servizi segreti) e di spiegare che gli Ebrei non opposero resistenza alla deportazione poiché non sapevano a cosa andavano incontro. Mettendo insieme tutto ciò, si giunge allo strano paradosso per cui per quasi tre anni i treni tedeschi avrebbero girato l'Europa portando regolarmente e sistematicamente milioni di Ebrei alla morte, senza che nessuno si accorgesse di niente, eccetto, forse, qualche leader ebraico che, all'epoca, parlò pubblicamente di "sterminio".

Ad un'osservazione più attenta, ci si accorge, però, che nemmeno queste poche persone agirono per contrastare ciò che a loro avviso stava accadendo. I normali canali di comunicazione tra paesi occupati e neutrali rimasero sempre aperti, quindi, se la leggenda fosse in qualche modo valida, chi sapeva avrebbe avuto la possibilità di diffondere la notizia.

Tale incredibile ignoranza deve poi essere attribuita anche al reparto di spionaggio militare comandato da Hans Oster, che in una recente pubblicazione è stato definito, a ragione, "la vera opposizione a Hitler all'interno dello stato maggiore".

Gli elementi che oggi sono indicati come prove, in realtà, emersero nei tribunali solo a guerra finita e si riducono, quasi unicamente, a testimonianze orali e "confessioni". Senza i processi, non si avrebbe quindi nessuna prova dello "sterminio". Questo punto va valutato con attenzione. Sono stati necessari i giudici per determinare che la battaglia di Waterloo è stata realmente combattuta? I bombardamenti di Amburgo e Dresda? Hiroshima e Nagasaki? I massacri in Cambogia? Invece, questo programma di genocidio di portata continentale, protrattosi per ben tre anni, che avrebbe provocato milioni di vittime, deve essere dimostrato in un aula di tribunale. Queste premesse non mi conducono a sostenere che i processi furono illeciti o parziali, ma solo a ribadire che una logica come questa, su cui la leggenda si basa, non deve essere favorita o sostenuta in alcun modo. Eventi di questa portata non possono aver luogo senza lasciarsi alle spalle una minima prova della loro esistenza, così come non è credibile che un grosso incendio possa divorare una foresta senza alzare un filo di fumo. Allo stesso modo si dovrebbe credere che New York sia stata rasa al suolo se solo si trovasse qualcuno disposto a confessare il gesto...

Considerazioni specifiche su ciascuna delle prove poste a sostegno della leggenda sono materia per la letteratura revisionista e non possono essere qui singolarmente analizzate, eccetto per un punto. La pretesa della leggenda è che non siano mai esistiti strumenti appositamente dedicati allo sterminio, ma che ve ne fossero altri, originariamente destinati a scopi diversi, che svolsero, per così dire, una doppia funzione. Insomma, gli Ebrei furono gassati con un insetticida, lo Zyclon, e i loro cadaveri vennero fatti sparire, assieme a quelli di persone morte per cause "ordinarie", nei forni crematori (se si desse credito a questa teoria, mancherebbero all'appello i resti o le ceneri di milioni di corpi mai ritrovati).

Senza dubbio, di fronte a quanto qui esposto, qualunque persona dotata di raziocinio deve essere scettica.

Tomás de Torquemada
24-11-02, 02:35
L'opinione personale di chi scrive è arcinota... Mi limiterò, dunque, a suggerire qualche spunto...

Ampia discussione sull'argomento nel forum della CdL (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=20827)


Materiale online:

AAARGH - IL revisionismo olocaustico in italiano - Non morite idioti!!! (http://www.abbc.com/aaargh/ital/ital.html)

www.revisionismo.com

Carlo Mattogno Web Page (http://www.russgranata.com/mattogno.html)


Materiale cartaceo (tanto per cominciare):

Carlo Mattogno, Intervista sull’olocausto, Edizioni di Ar

Carlo Mattogno, Olocausto. Dilettanti allo sbaraglio Edizioni di Ar

Carlo Mattogno, Auschwitz: la prima gasazione, Edizioni di Ar

Carlo Mattogno, Auschwitz. Fine di una leggenda, Edizioni di Ar


Saluti.

agaragar
24-11-02, 03:47
Originally posted by dilex
Salve a tutti!
Recentemente mi sono imbattuto in una serie di scritti revisionisti e subito mi sono posto una domanda che ora vi rivolgo.
Secondo voi le teorie revisioniste (in particolare quelle relative allo sterminio degli ebrei) hanno una qualche autorevolezza, si basano cioè su informazioni quantomeno plausibili o sono il frutto di menti perverse e fantasticanti che nulla hanno a che fare con la ricerca storiografica?
non è plausibile, ma nemmeno una fantasticheria,
è un tentativo di rileggittimare in nazismo.

Tomás de Torquemada
24-11-02, 04:49
Originally posted by Pasquin0
è un tentativo di rileggittimare in nazismo.

Falso... Falsissimo...

Saluti.

Schopenhauer
26-11-02, 03:38
Originally posted by Tomás de Torquemada
...

www.revisionismo.com

E intanto quel sito è stato mostrato come antisemita nella puntata odierna di "Sorgente di Vita" (Rai2), a voler ribadire, ancora una volta, il luogo comune secondo cui revisionismo olocaustico e antisemitismo sarebbero indissolubilmente legati.

E c'è chi ci crede fermamente a giudicare dal post del forumista Pasquin0.

Turambar
27-11-02, 23:26
Originally posted by Schopenhauer

E intanto quel sito è stato mostrato come antisemita nella puntata odierna di "Sorgente di Vita" (Rai2), a voler ribadire, ancora una volta, il luogo comune secondo cui revisionismo olocaustico e antisemitismo sarebbero indissolubilmente legati.

E c'è chi ci crede fermamente a giudicare dal post del forumista Pasquin0.

Piu' che legittimo, se c'e' chi crede che si usasse un nervino come insetticida...un po' come usare un'atomica per arare, non trovi?

Schopenhauer
28-11-02, 01:41
Cosa intendi dire...?

Turambar
28-11-02, 01:45
Originally posted by Schopenhauer
Cosa intendi dire...?

Che il forumista Pasquino crede che revisionismo olocaustico e antisemitismo siano legati, altri credono che si usasse lo Zyklon B (un gas nervino) come insetticida...cosa che personalmente trovo logica come arare un campo buttandoci sopra una bomba atomica, ma ognuno e' libero di credere cio' che vuole...

Schopenhauer
28-11-02, 03:05
Che l'acido cianidrico sia usabile come disinfestante è vero. Le zecche e i pidocchi sono più resistenti dei normali insetti, e non è esagerato l'uso dell' HCN per la suffumigazione degli indumenti. E' invece poco credibile che venissero allestite camere a gas improvvisate dentro a case e stanze ordinarie, vista la pericolosità di quel gas...

Il mio commento comunque si riferiva al fatto che nel sito revisionismo.com non si parla solo di revisionismo olocaustico, e che comunque quest'ultimo, iniziato da Rassinier (non certo un nazista), può benissimo essere indipendente da ideologie.

Ambrogio
02-12-02, 17:45
Mi sono chiesto come mai diversi campi di concentramento e sterminazionisti tedeschi specie quqlli in Polonia siano stati
scoperti e occupati dai Sovietici ancora nel 1944 e inizio e 1945 e
nessuno fu informato du quanto vi era accaduto.

Mai le Radio Alleate ( per esempio Radio Londra e Radio Bari
controllata dagli inglesi ) dissero qualche cosa in proposito cosi' come nulla apparve sulla stampa dell'epoca se non diverse settimana dopo la Liberazione.Almeno un mese dopo e forse piu'.

E si che i russi e gli alleati avevano tutto l'interesse a rivelare
l'accaduto:propagandisticamente era materiale prezioso e invece niente.Quei tempi li vissi e ricordo perfettamente.Non risulta che comunquemai nulla sia apparso sulla stampa americana inglese o neutrale.

Tutto viene dopo ,nell'estate del 1945.Mi sembra tuttora molto strano.Perche' nascondere quei fatti cosi' tanto tempo se erano documentabili da sei mesi ? Perche' i russi tacquero ? Perche' tacquero gli altri e si scatenarono tanto dopo ?

un saluto

Tomás de Torquemada
02-12-02, 21:02
Originally posted by Turambar
Zyklon B (un gas nervino)

Ehm... Veramente lo Zyklon B (acido cianidrico, tossico del sangue...) è proprio un antiparassitario, e il suo presunto uso nei presunti campi di sterminio è una delle argomentazioni contro l'esistenza delle presunte camere a gas proprio perché del tutto inidoneo (per le sue caratteristiche fisico-chimiche) alle presunte gasazioni...

I gas nervini (Tabun, Sarin, Soman, VX... che hanno tutt'altro meccanismo di funzionamento, essendo inibitori dell'enzima colinesterasi, sicché l'acetilcolina, idrolizzata, blocca le giunzioni tra neuroni...) sono stati usati, invece, contro i palestinesi... Ti stai confondendo con un altro olocausto, dunque...

Saluti.

Ambrogio
04-12-02, 10:32
Anche in sede legale quando una senteza viene sottoposta al pòrocesso di Appello e poi magari anche a quello di Cassazione si dice che un processo o senteza vanno in REVISIONE:

La storia e' un processo e pertanto non puo' non avere una revisione soecie se ci sono nuove prove o notizie che
possano inficiare la sentenza precedente e questo vale per tutto Olocausto compreso.

Quanto ha detto Fassino e cioe' che la storia la si scrive una volta sola non saprei neppure come definirlo.Fate Voi.

Un saluto

Felix (POL)
06-12-02, 04:33
“…Per sua natura lo storico non può che essere revisionista, dato che il suo lavoro prende le mosse da ciò che è stato acquisito dai suoi predecessori e tende ad approfondire, correggere, chiarire, la loro ricostruzione dei fatti.

Lo sforzo deve essere quello di emancipare la storia dall’ideologia, di scindere le ragioni della verità storica dalle esigenze della ragion politica…”

Renzo De Felice
da "Il rosso e il nero"

Aryan
27-01-03, 04:49
Le controversie sull'Olocausto
è ora di un dibattito serio

Bradley Smith



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Il problema Attuale

Nessun altro argomento allerta i benpensanti come il revisionismo sull'Olocausto. Naturalmente si può dibattere ogni importante evento storico, ma alcuni gruppi di pressione hanno reso l'Olocausto un'eccezione, corrompendo con i dogmi lo spirito critico, anche all'interno di scuole e Università. Gli studenti dovrebbero essere invitati ad approfondire le ricerche sulla storia dell'Olocausto così come avviene per ogni altro fatto storico. Questo non è un punto di vista estremo o radicale: le sue basi risalgono a qualche secolo fa, ad un periodo chiamato Illuminismo.

Il problema storico

I revisionisti concordano con gli storici "ortodossi" sul fatto che il regime nazionalsocialista tedesco scelse di riservare, agli Ebrei, un trattamento particolarmente brutale. A ciò si aggiunga che i nazisti, oltre ad inquadrare gli Ebrei nell'ottica dell'antisemitismo tradizionale, li ritenevano una forza al servizio del comunismo mondiale. Durante la II guerra mondiale, gli Ebrei tedeschi erano considerati un pericolo per l'attività bellica, oltre che nemici della patria, situazione affine a quella vissuta dai giapponesi in America. Di conseguenza vennero spogliati dei loro diritti, ghettizzati, reclutati per i lavori di fatica, privati dei loro beni, deportati dalle terre d'origine e variamente maltrattati. Molti di loro perirono tragicamente in questo inferno.

Gli storici revisionisti si differenziano da quelli ortodossi in quanto negano che lo stato tedesco abbia mai perseguito una politica di sterminio, nei confronti degli ebrei o di chiunque altro, attuata mediante l'utilizzo di camere a gas o di altre forme di abuso e di negligenza. I revisionisti sostengono, inoltre, che la cifra di sei milioni di Ebrei volutamente sterminati sia una menzogna e che nei campi europei controllati dai Tedeschi non vi fu mai nessuna camera adibita alla gassazione dei prigionieri. Esistevano, al contrario, numerosi apparati per la pulizia e la disinfestazione dei vestiti, progettati per prevenire il diffondersi di malattie tra i prigionieri. Verosimilmente è proprio da questa procedura, volta a salvare vite umane, che è emerso il mito delle camere a gas.

I revisionisti ritengono che i governi alleati abbiano deciso di perpetuare la loro oscura propaganda sulle pretese atrocità tedesche, ben oltre la fine della guerra, essenzialmente per tre ragioni. In primo luogo era necessario continuare a giustificare i sacrifici sopportati per aver combattuto due guerre mondiali. Secondariamente, gli Alleati intendevano sviare l'attenzione dai brutali crimini contro l'umanità da loro stessi commessi, tra i quali rientrano, a parte le indicibili atrocità di cui si macchiarono i Sovietici, i bombardamenti incendiari delle popolazioni civili nelle città tedesche e giapponesi. Infine, per terzo e più importante motivo, era necessario dare una giustificazione agli accordi postbellici che, tra l'altro, comportarono l'annessione alla Polonia di vasti territori tedeschi, territori che non erano, peraltro, aree di confine contese, ma che appartenevano indiscutibilmente alla Germania. I milioni di Tedeschi residenti in queste regioni furono spogliati di tutto e brutalmente cacciati dalle proprie case. Diverse centinaia di migliaia di loro morirono.

Durante la guerra e nel periodo postbellico le organizzazioni sioniste si accordarono con i governi alleati per formulare e diffondere una vera e propria propaganda di odio verso la Germania e i Tedeschi. Rimane ancora il dubbio che il loro scopo fosse quello di catalizzare la compassione del mondo assieme al sostegno finanziario e politico per le proprie cause, soprattutto in vista della formazione dello stato di Israele. Oggi, mentre i benefici politici dell'Olocausto sono andati scemando, la storia gioca ancora un ruolo importante nelle ambizioni dei sionisti e di altre organizzazioni radicate nella comunità ebraica. Sono i leader di queste organizzazioni politiche e propagandistiche che continuano a darsi da fare per sostenere la leggenda dell'Olocausto e il mito delle atrocità tedesche della II guerra mondiale.

Coloro che ritengono che queste interpretazioni siano antisemite, pretendono di aver letto qualcosa che semplicemente noi non abbiamo scritto. I revisionisti non accusano gli esponenti di punta degli Ebrei di aver fatto, durante e dopo la guerra, nulla che anche gli stessi alleati non abbiano fatto.

Per coloro che ritengono che il processo di Norimberga abbia fatto piena luce sui crimini di guerra tedeschi, sarà un grosso colpo sapere che l'allora presidente della Suprema Corte di Giustizia Americana, Harlan Fiske Stone, descrisse il collegio giudicante come "un gruppo di linciatori".

Le fotografie Tutti noi abbiamo visto "le fotografie". I documentari registrati dai fotografi inglesi e americani durante la liberazione dei campi tedeschi e in particolare le strazianti immagini di Dachau, Buchenwald, Bergen-Belsen. Questi film e queste foto sono tipicamente presentati, palesemente o implicitamente, in modo tale che la scena risulti essere la terribile conseguenza della deliberata politica di sterminio messa in atto dai Tedeschi.

Le fotografie sono autentiche. L'uso che se n'è fatto o distorto.
Da parte tedesca, non fu mai attuata, in nessuno dei campi, una politica volta intenzionalmente a procurare la morte degli internati. Negli ultimi mesi di guerra, mentre i Russi avanzavano da est sul suolo tedesco, le truppe inglesi e americane distruggevano sistematicamente, con bombardamenti a tappeto, tutte le maggiori città tedesche. I trasporti, la distribuzione e il sistema medico-sanitario giunsero al collasso. Tale era lo scopo dei bombardamenti alleati che sono, infatti, stati descritti come la più tremenda barbarie vissuta in Europa, dall'invasione dei Mongoli.

Milioni di rifugiati, fuggendo dai Sovietici, si riversarono in Germania. I campi, ancora sotto controllo tedesco, furono sommersi dagli internati che arrivavano da est. Agli inizi del '45 gli ospiti dei campi furono colpiti dalla malnutrizione e da varie epidemie di tifo, febbre tifoide, dissenteria e diarrea cronica. Perfino il sistema mortuario raggiunse il collasso. Quando la stampa, assieme ai soldati inglesi e americani entrò nei campi, si trovò semplicemente di fronte a questa situazione. E' questo che ritraggono "le fotografie".

In campi come Buchenwald, Dachau e Bergen-Belsen furono liberate decine di migliaia di internati che apparivano ancora relativamente in buona salute. C'erano anche loro quando "le fotografie" vennero scattate. Esistono documenti filmati che mostrano queste persone camminare, parlare e scherzare tra loro. Altre foto ritraggono i prigionieri che lanciano in aria i cappelli per salutare i loro liberatori.

E' quindi del tutto naturale chiedersi perché nessuno ha mai visto queste foto e questi filmati, mentre gli altri "documenti" ci vengono propinati anche centinaia di volte.

Documenti Ai portavoce delle associazioni che sostengono la veridicità dell'Olocausto preme assicurare al mondo che esistono e sono state recuperate "tonnellate" di documenti comprovanti il genocidio degli Ebrei, ma qualora vengano sollecitati in proposito, non si riceve altro che una manciata di carte di dubbia autenticità e discutibile interpretazione. Messi di fronte all'evidenza, i leader delle già citate associazioni, sono costretti ad ammettere che non esista una tale mole di prove e a giustificarsi sostenendo che i Tedeschi distrussero ogni cosa avesse potuto dimostrare le loro malefatte, che usassero codificare i propri documenti o ancora, che gli ordini per gli assassinii di massa venissero impartiti a voce.

Riguardo al preteso genocidio degli Ebrei europei, tutte le testimonianze scritte indicano che non ci furono mai né ordini, né piani in proposito, né la destinazione di parte dei bilanci, né armi (cioè nessuna cosiddetta camera a gas), e neppure vittime (non esiste in alcuno dei campi nessuna autopsia che testimoni una sola morte per gassazione).

Testimonianze Oculari
Per "provare" il genocidio degli Ebrei europei, gli storici dell'Olocausto dipendono ormai quasi esclusivamente dalle "testimonianze oculari", molte delle quali sono ridicole e del tutto inaffidabili. La storia è piena di gente che pretende di essere testimone oculare di ogni cosa, dalle streghe ai dischi volanti.

Durante e dopo la guerra, furono molte le "testimonianze oculari" delle camere a gas di Buchenwald, Bergen-Belsen, Dachau e di altri campi situati in suolo tedesco. Oggi, quasi tutti gli storici illustri riconoscono che queste testimonianze sono assolutamente false e che nessuna camera a gas è mai esistita all'interno dei campi tedeschi.

Gli storici ortodossi continuano a ritenere, comunque, che tali strumenti di morte si trovassero invece ad Auschwitz e in altri campi polacchi. In realtà, le prove e le testimonianze oculari che suffragherebbero tale ipotesi non sono qualitativamente diverse da quelle che volevano la presenza di camere a gas in Germania.

Durante i processi per crimini di guerra, molti testimoni oculari giurarono che i Tedeschi producevano sapone e paralumi rispettivamente con grasso e pelle umana. Gli alleati riuscirono perfino a produrre le prove di tali accuse. Per decenni, nelle più prestigiose Università dell'Occidente, professori e studiosi confermarono queste menzogne, inducendoci a credere che fossero "incontestabilmente autentiche". Tuttavia, con il passare del tempo, molti di questi racconti sono divenuti insostenibili, tanto che, nel 1990, Yehuda Bauer, responsabile degli studi sull'Olocausto presso l'Università di Hebrew a Tel Aviv, dovette ammettere: "I Tedeschi non hanno mai trasformato i corpi degli Ebrei in sapone..." (The Jerusalem Post" Edizione Internazionale, 5 maggio 1990, p.6). Questo è solo un recente esempio di come un'"incontestabile verità" sull'Olocausto si trasformi in una grossolana menzogna.

Riguardo alle confessioni dei Tedeschi processati per crimini di guerra, è ora emerso che moltissime furono estorte mediante minacce, intimidazioni, e perfino torture fisiche.

Auschwitz
Lo storico britannico David Irving, forse lo storiografo di lingua inglese più letto al mondo, ha definito la storia del campo di sterminio di Auschwitz "una nave che affonda", aggiungendo che "ad Auschwitz non è mai esistita alcuna camera a gas".

Il museo statale si Auschwitz ha recentemente rivisto le asserzioni secondo cui quattro milioni di esseri umani persero la vita nel campo. Si dice oggi che probabilmente furono un milione. Ma che prove fornisce il museo dell'attendibilità di quest'altra cifra? Nessuna! I propagandisti comunisti che gestiscono il museo hanno sistemato nelle bacheche pile di capelli, stivali, occhiali, ecc. Queste vetrine sono sicuramente efficaci strumenti di propaganda, ma non valgono niente come documentazione storica delle "gassazioni" o dello "sterminio".

I revisionisti vogliono ora sapere dove sono stati, per quarantacinque anni, quei tre milioni di anime. Anche loro fanno parte dei favolosi sei milioni?

Coloro che portano avanti la storia dell'Olocausto, spesso si lamentano che "il mondo intero" rimase indifferente al genocidio che, a quanto pare, si stava consumando nell'Europa occupata. Quando si chiedono loro i motivi di questo comportamento, viene risposto che ciò è probabilmente dovuto alla natura stessa delle popolazioni europee. Altre volte si dice, invece, che la gente non ha compreso l'enormità di quanto stava avvenendo. Rimane il fatto che il mondo ha risposto con l'indifferenza. E come altrimenti avrebbe potuto rispondere ad un qualcosa che non stava avvenendo?

Certo è che, se davvero fossero esistite queste "fabbriche di morte" in Polonia, sicuramente la Croce Rossa, il Papa, le associazioni umanitarie, i governi alleati, i governi neutrali e figure di spicco quali Roosevelt, Truman, Churchill, Eisenhower e molti altri se ne sarebbero accorti e non avrebbero tardato a porre ferma la loro condanna. Non lo fecero! I sostenitori della teoria dell'Olocausto ammettono che solo una ristretta cerchia di individui, molti dei quali legati alla propaganda giudaica, credeva che ciò fosse vero. La rinascita della storia dell'Olocausto fa pensare ad una campagna pubblicitaria ben orchestrata, piuttosto che a qualcos'altro.

Winston Churchill scrisse sei volumi della sua opera monumentale "La II guerra mondiale" senza mai accennare ad alcun progetto di genocidio o di sterminio di massa. Probabilmente la cosa gli è sfuggita. Dwight D. Eisenhower, nelle sue memorie, intitolate "Crociata in Europa" non fa alcun riferimento alle camere a gas. Il tremendo arnese di morte non era forse degno di qualche riga? O forse il presidente Eisenhower fu poco sensibile ai problemi degli Ebrei?

Il "politicamente corretto" e il revisionismo
Molta gente, quando per la prima volta viene in contatto con il revisionismo, rimane sconcertata. Le spiegazioni sembrano avere una certa logica... ma, "come è possibile?". Tutto il mondo crede all'Olocausto. Non è possibile che una cospirazione abbia potuto seppellire la verità per mezzo secolo.

Per comprendere come tutto ciò sia potuto accadere, è sufficiente riflettere sull'ortodossia politica e intellettuale dell'Europa medievale, della Germania nazista, o dei paesi del blocco comunista. In ognuna di queste società la grande maggioranza degli intellettuali si sottomette al pensiero comune. Asserviti all'ideologia prevalente e al suo modo di vedere e interpretare la realtà, questi studiosi sentono che è loro diritto, e perfino loro dovere, proteggerne e tutelarne ogni minimo aspetto. E' indirizzata a questo scopo l'oppressione cui sono sottoposti tutti coloro che a questa ideologia non sono e non vogliono allinearsi e che tentano di veicolare pensieri "offensivi" o "pericolosi". In ognuna di queste società sono gli intellettuali a svolgere la funzione di controllo delle idee.

Nella nostra società, all'interno del dibattito sul "politicamente corretto", c'è qualcuno che volutamente tenta di banalizzare la questione, sostenendo che, in realtà, non ci siano problemi di libertà di pensiero e che il "politicamente corretto" si riduca a poche regole finalizzate alla tutela delle minoranze. In realtà esiste anche un aspetto più serio e più profondo: all'interno di una qualsiasi Università esiste un ampio nucleo di idee e di punti di vista che è proibito discutere in pubblico. Perfino di fronte a fatti o realtà palesi, però politicamente sconvenienti, si sceglie di sopprimere e censurare. Per avere un'idea di come pensino e agiscano gli intellettuali organici all'ideologia dominante, basti osservare la loro reazione quando un tabù viene rotto e, ad esempio, è concesso ai revisionisti uno spazio pubblico.

Per prima cosa si dicono tremendamente offesi dal fatto che idee tanto oltraggiose e pericolose possano essere pubblicamente espresse. Rifiutano comunque di rispondere e di prendere parte alla discussione, perché ciò significherebbe dare una legittimazione ai revisionisti. Attaccano gli avversari attribuendo loro epiteti come "antisemita", "razzista", "neonazista" e additandoli come potenziali stragisti. Accusano i revisionisti di mentire, ma non specificano su cosa, né concedono loro repliche o faccia a faccia.

I sostenitori della veridicità dell'Olocausto accusano i revisionisti di essere gente piena di rancore e di diffondere una dottrina dell'odio. I revisionisti, però, non sono seguaci di una dottrina o di un'ideologia, ma semplicemente degli studiosi. Se gli storici e gli altri intellettuali ortodossi cercano chi diffonde l'odio, diano prima un'occhiata a se stessi e alle proprie dottrine.

Chiunque voglia invitare uno storico revisionista all'interno di un Ateneo è duramente attaccato e anche quando l'ospite riesce a prendere la parola, accade spesso che sia subito zittito e minacciato. Le biblioteche e le librerie subiscono intimidazioni di ogni tipo quando prendono in considerazione il materiale revisionista. Tutto questo continua sotto gli occhi della maggior parte dei Rettori e dei presidi di facoltà, che se ne stanno in silenzio lasciando che siano gli attivisti politici a decidere ciò che è bene leggere e ciò che non lo è.

In secondo luogo, gli intellettuali ortodossi cercano di distruggere il revisionista eretico sia nella sua credibilità professionale, sia finanziariamente, avviando e coordinando varie azioni legali contro la sua persona. I tribunali sono talora usati per attaccare il revisionismo: si cerca di sostenere che la scuola revisionista sia stata dichiarata falsa durante un qualche dibattimento. In realtà le tesi revisioniste non sono mai state giudicate o valutate nel corso di un processo.

Infine si cercherà in tutti i modi di "raddrizzare" quella fetta di media o di docenti che ha concesso spazi ai revisionisti.

Può perfino essere un istruttivo esercizio intellettuale quello di riconoscere e di individuare gli argomenti, oltre al revisionismo storico, che potrebbero infastidire, generando le medesime reazioni.

Di recente alcuni presidi e Rettori hanno stabilito che le amministrazioni degli Atenei dovrebbero porre in essere azioni concrete per sbarazzarsi di tutte quelle idee pericolose per lo stesso sistema universitario. Sicuramente con ciò si è scelto di assumere una posizione liberticida e di offrire un invito esplicito alla tirannide. Qualunque gruppo, munito di una robusta base militante, potrebbe, infatti, sgomberare il campo dalle idee scomode e imporre la propria ortodossia. E' certamente molto più semplice, per presidi e Rettori, eliminare le voci scomode che tenere a bada gruppi di scalpitanti e di ringhiosi, ma è indiscutibilmente il loro dovere quello di far si che le Università rimangano luoghi di libero scambio e di libera manifestazione del pensiero. Quando attraverso le idee si provocano dei danni è giusto colpire il responsabile del danno, non l'idea in se stessa.

Conclusioni
L'influsso del revisionismo, che vede le sue origini risalire al 1977, con la pubblicazione del libro La menzogna del XX secolo di Arthur R. Butz, sta crescendo a vista d'occhio sia negli Stati Uniti, sia in Europa. Oggi il prof. Butz è ordinario di ingegneria elettrica e informatica alla Northwestern University di Evanston, nell'Illinois.

Coloro che si avvicinano alla causa revisionista, compongono un ampio ventaglio di posizioni politiche e filosofiche. Di certo non sono né criminali, né bugiardi, né demoni come la lobby dell'Olocausto cerca di far credere.

Non esistono demoni nel mondo reale. Anzi, le persone raggiungono i livelli più bassi proprio quando iniziano a vedere e demonizzare l'avversario come l'incarnazione del diavolo.

La loro logica è destinata ad una triste fine.

ariel
29-06-03, 04:59
Sergio ROMANO

Ebbene sì, sono revisionista
tratto da Il Giornale, 6.11.1998, p. 28

Esce il libro di Sergio Romano che con la sua tesi sul franchismo e la guerra civile spagnola ha riaperto il dibattito sul metodo storiografico.

Esce oggi il libro di Sergio Romano Confessioni di un revisionista edito da Ponte alle Grazie. Prendendo spunti dalla polemica scatenata dai suoi giudizi sulla guerra di Spagna e sul franchismo, Romano fa una rilettura critica della storia dalla primi guerra mondiale ai giorni nostri. Eccone alcuni stralci in un'anticipazione per i lettori del Giornale.

Questo saggio sul "revisionismo" arriva dopo mesi di polemiche innescate da una breve introduzione scritta da Sergio Romano a un libretto sulla guerra civile spagnola dal titolo "Due fronti" edito da Liberal, che raccoglie le testimonianze di Giuliano Bonfante e Edgardo Sogno. Nella sua prefazione il professore sosteneva che Franco si servì del fascismo ma non fu un fascista e che la vittoria del generalissimo non fu un male per la Spagna perché rappresentò un argine contro il pericolo comunista.
Per quello scritto Romano si è procurato una lunga serie di critiche, attacchi e anche insulti, dei quali il più lieve è l'accusa di "neo revisionista" arrivata da Mario Pirani sulle colonne di Repubblica. In quel periodo (era la primavera scorsa) l'intellighentia di sinistra (con pochissime eccezioni) si è scagliata contro l'eretico professore sostenendo che Romano tentava un'operazione di riabilitazione di Francisco Franco, bollando le sue tesi come "indecenti" e accusandolo di essere egli stesso un franchista.
Dal fronte "moderato" il primo a difendere il professore è stato Indro Montanelli seguito da altri storici e intellettuali che hanno paragonato il linciaggio di Romano a quello fatto a suo tempo contro Renzo De Felice e stigmatizzando il conformismo che accusa di "revisionismo" chiunque abbia opinioni diverse da quelle dominanti. Questo libro è la risposta al dibattito che "Due fronti" ha involontariamente aperto sul revisionismo e sicuramente sarà la fonte di altre polemiche.

Vi sono Paesi in cui "revisionismo" ha conservato un significato negativo e porta cucito sul petto, anche quando passa da un contesto all'altro, un marchio d'infamia. Sono quelli il cui linguaggio politico è stato marcato da una lunga presenza comunista. In Italia ad esempio, l'aggettivo "revisionista" quando fu applicato alle opere di Renzo De Felice sul fascismo conteneva una nota di biasimo, era pronunciato a bocca storta e suggeriva implicitamente ai lettori la stessa cautela che i preti raccomandano ai loro allievi nel momento in cui debbono autorizzare la lettura di un libro interdetto.
Non credo di essere più revisionista di quanto debba essere abitualmene un qualsiasi studioso di storia. Ma se rifiutassi di fregiarmi della parola concederei un punto al gergo comunista e darei un contributo al cattivo uso che della parola si è fatto in Italia per molti anni. Ecco quindi le "confessioni di un revisionista".

La Spagna distorta
I miei critici più seri sono generalmente di sinistra -comunisti, ex comunisti, simpatizzanti del vecchio Pci- e fortemente convinti che la sollevazione militare del luglio 1936 sia una brutale violazione della legalità repubblicana. Hanno ragione naturalmente. L'alzamiento fu preparato in segreto da un gruppo di cospiratori e fu anticipato di qualche ora (dal mattino del 18 luglio alla sera del 17) quando i "quattro generali" ebbero l'impressione che la loro trama stava per essere scoperta. Nulla quindi di più illegale. Mi sorprende tuttavia che uomini di sinistra, cresciuti alla dura scuola del realismo marxista, esprimano giudizi ispirati a un astratto legalismo. Fu "legale" forse la decisione con cui Lenin bruscamente decise la chiusura dell'Assemblea costituente a Pietrogrado il 19 gennaio 1918?
Furono "legali" gli scioperi generali, gli "assalti al palazzo d'Inverno", i colpi di mano e le abdicazioni forzate con cui i comunisti andarono alla conquista del potere nel primo e nel secondo dopoguerra? La prima banale constatazione da farsi, in un dibattito sul revisionismo, è che le ideologie parlano dell'amico con criteri assai diversi da quelli che usano quando parlano del nemico. Per spiegare le violenze e le illegalità della rivoluzione d'Ottobre la storiografia di sinistra risale indietro nel tempo e racconta diffusamente le crudeli vessazioni del regime zarista. Per spiegare la guerra spagnola invece sceglie un evento e ne fa il "punto zero" della sua ricostruzione.
In questo caso il punto zero è l'alzamiento del 17 luglio 1936. I generali sono cattivi perché la Spagna del 1936 è buona, repubblicana, democratica, progressista, fremente di valori civili e di umane speranze. Si dimentica tutto ciò che è accaduto negli anni precedenti l'ammutinamento della guarnigione di Barcellona nel settembre del 1923, l'esplosione del separatismo catalano, la dittatura di Primo de Rivera, i tre tentati colpi di Stato degli anni in cui tenne il potere, la partenza del re nel 1931, la rivolta del generale Saniúrjo nell'agosto del 1932, l'insurrezione anarchica e sindacalista di Barcellona nel gennaio del 1933, la vittoria delle destre nel novembre dello stesso anno, la nuova insurrezione sindacalista e anarchica di Barcellona in dicembre, la proclamazione dell'indipendenza catalana nell'ottobre del 1934, l'insurrezione dei minatori delle Asturie e l'instaurazione di un regime comunista in quella regione negli stessi giorni. (...) Si dimentica che nella notte fra il 12 e il 13 luglio un drappello di Guardias de asalto repubblicane cercò dapprima di eliminare uno dei maggiori esponenti della destra, José Maria Gil Robles, e uccise poi, quando non riuscì a trovarlo, il leader monarchico José Calvo Sotelo.
Si trattò sostanzialmente di un "delitto Matteotti". Certo, come osservano gli storici progressisti della guerra di Spagna, gli uccisori di Calvo Sotero vollero vendicare la morte di un loro tenente, José del Castillo, ucciso dà un gruppo di falangisti nel pomeriggio del 12. Ma non vi è atto di violenza o terrorismo purtroppo, che non disponga di un alibi e non possa invocare un torto da raddrizzare o una ingiuria da "lavare con il sangue". Resta l'impressione che nella storiografia progressista i Matteotti destra meritino meno pietà di quelli di sinistra (...).

L'equivoco comunista
(...) L'Italia aveva una gran voglia di uscire dalla guerra tra le file dei vincitori. Fu necessario quindi dimostrare che il Paese aveva dissentito, cospirato, resistito; e come in Francia questa bugia, o grossa esagerazione, conferì un ruolo nazionale al partito che aveva avuto nella Resistenza un ruolo determinante. Grazie a Togliatti e al suo "comunismo tricolore" il Pci divenne una forza democratica, antifascista, nazional-popolare. Grazie alla sua accorta opera di reclutamento fra i giovani intellettuali del regime, divenne erede del fascismo di sinistra e titolare del patrimonio di speranze che la "rivoluzione fascista" aveva suscitato nelle giovani generazioni. (...)
Come in Francia quindi i comunisti italiani ebbero un diritto di sorveglianza e monitoraggio sulla storia nazionale e sulla propria. Poterono sostenere che erano stati sempre democratici e antifascisti. Poterono affermare impunemente che nei dieci anni dalla guerra di Spagna alla fine della seconda guerra mondiale avevano sempre combattuto dalla parte della libertà. Poterono passare un velo di silenzio su ciò che era accaduto ai comunisti italiani in Unione Sovietica durante gli anni Trenta quando alcuni di essi (Togliatti ad esempio) furono complici di Stalin e molti altri ne furono vittime.
Poterono controllare, se non zittire, il dibattito sull'Urss e sul comunismo nelle università, nei libri di testo, nei luoghi in cui si elaborava l'ortodossia culturale del Paese. E poterono infine con grande ambiguità tenere un piede a Roma e un piede a Mosca, da cui ricevettero un sostegno finanziario e logistico.
Confesso che mi è sempre stato difficile capire perche i collaborazionisti della Germania hitleriana fossero moralmente più riprovevoli di quei comunisti dell'Europa occidentale che per molti anni dopo alla scuola moscovita del partito, accettarono il denaro di un Paese che era virtualmente nemica del loro, mantennero in vita una struttura attrezzata con passaporti falsi e radio ricetrasmittenti cortesemente forniti dal Kgb. Ecco alcune delle storture concettuali e delle bugie che continuarono a circolare in alcuni Paesi dell'Europa continentale nel, secondo dopoguerra. La guerra fredda ebbe il merito di dissolvere la falsa alleanza tra le democrazie e l'Urss, ma non poté impedire che i partiti comunisti, soprattutto in Francia e in Italia, facessero figura di "forze nazionali, democratiche, popolari antifasciste". Il risultato fu la sopravvivenza nella società europea di una intelligencija progressiva, fiancheggiatrice ("compagni di viaggio", nella sarcastica definizione di Lenin) che continuò a sperare, spesso perfino in buona fede, nella conciliabilità fra comunisti e democrazia.

Bugie e verità
(...) Questo libro non si propone di contraddire per partito preso alcune "verità" del secolo o di rovesciare alcuni dei giudizi di valore attraverso i quali abbiamo guardato agli avvenimenti del nostro tempo. Esso prende spunto da alcune constatazioni. La fine del secolo coincide con la morte del comunismo, il collasso del sistema sovietico e la fine della guerra fredda. Sono finiti gli anni in cui il comunismo era per molti una "promessa", l'Unione Sovietica rappresentava la sua incarnazione terrena e l'America costituiva, per chi aveva interessi opposti, la migliore garanzia contro il "pericolo rosso".
Sono finiti in altre parole gli anni in cui gli interessi o le convinzioni costringevano ciascuno di noi a difendere la storia del comunismo contro quella delle democrazie o viceversa, la "storia di sinistra" contro la "storia destra" o viceversa. (...) Oggi le storie parzali, interessate, strumentali o reticenti hanno perduto la loro giustificazione, e diventano bugie gratuite o manifestazioni da pigrizia intellettuale. Per vincere le elezioni, tanto per fare un esempio, i Democratici di Sinistra non hanno più bisogno di dimostrare che la guerra civile spagnola fu la guerra dei buoni contro i cattivi e i protocolli segreti tedesco-sovietici furono un geniale accorgimento di Stalin per sfuggire all'accerchiamento delle potenze capitaliste. Per andare al potere Alleanza Nazionale non ha più bisogno di difendere il retaggio fascista, rivendicare l'esistenza di un fascismo sociale o dimostrare che il comunismo fu peggio del fascismo. Il passato al di là della censura è definitivamente passato. Può essere letto, giudicato, pesato e valutato con gli strumenti della storia. Scopriremo così che anche il XX secolo, come i secoli precedenti, è fatto di uomini e Stati che non sono mai stati né completamente buoni né completamente cattivi. Smetteremo di giudicare gli avvenimenti in fuunzione degli effetti desiderati e capiremo che essi possono essere compresi soltanto alla luce degli interessi e delle intenzioni dei protagonisti. Capiremo che il grande protagonista delle vicende umane è il Caso, vale a dire il risultato imprevedibile di una combizione incalcolabile di avvenimenti.

E' probabile che questo "ritorno alla storia" provocherà in molti studiosi una sorta di smarrimento. Verranno privati di quella storia, lineare progressiva e teleologica in cui hanno fermamente creduto. E dovranno abituarsi a lavorare nel fango della realtà dove tutto è ambiguo e ambivalente. Ma si accorgeranno finalmente che il mondo, come disse molti anni fa un intelligente uomo politico non va né a destra né a sistra: va in tondo.

enrique lister
29-06-03, 14:41
Mi chiedo, e lo chiedo ai revisionisti: se i lager erano semplici campi di lavoro perché i nazisti attuarono una politica di deportazione totale?
Perché i nazisti, nell'ambito dell'organizzazione Todt, deportavano solo la popolazione in grado di lavorare mentre neic asi degli ebrei e degli zingari deportavano tutti, compresi bambini ed anziani?
Qual'era l'utilità di avere bambini o vecchi nei campi di lavoro?
Anche facendoli lavorare avrebbero mantenuto una produttività bassissima che non avrebe coperto le spese per i trasporti, le divise, il vitto e l'alloggio

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Piccola chiosa su Romano.

La sua visione della guerra di Spagna (Franco salvatore della Spagna dal comunismo) è assolutamente irreale, perché:

1) nella Spagna pre-1936, i comunisti erano una forza assolutamente minoritaria e senza appoggio popolare. Inoltre il proletariato industriale si riconosceva nelle due centrali sindacali: la Ugt (socialisti) e la Cnt (anarcotrozkisti), entrambe decisamente avverse agli stalinisti. Il partito non aveva neanche un radicamento nel mondo militare, con la piccola eccezione degli "asaltos", per lo più ufficiali di collegamento. I comunisti spagnoli quindi mancavano di qualsiasi radicamento nelle due strutture fondamentali per un ipotetico colpo di stato: la classe operaia e i militari

2) tutto voleva Stalin tranne che una rivoluzione. Se Romano avesse studiato (e lo avrà fatto di sicuro, solo che lo ignora volontariamente) la strategia del Comintern dagli anni '30 in poi, si accorgerà che l'obiettivo di S. era un avvicinamento delle borghesie progressiste europee all'Urss. A questo servivano i fronti popolari: creare governi BORGHESI (e non COMUNISTI) su posizioni filosovietiche in materia di politica estera.
da ricordarsi che S. era terrorizzato dall'idea di un'alleanza tra la Germania e l'Inghilterra in funzione antisovietica.
Gli servivano dunque non altri paesi comunisti, ma rispettabili democrazie borghesi.

3) in effetti durante la guerra civile, specie dopo la represione degli anarco-trozkisti in Catalogna del '37 guidata dal colonnello Enrique Lister ( :) ), l'influenza dei comunisti nella Repubblica crebbe. Le ragioni sono semplici: l'Urss, insieme al Messico, fu l'unico Stato che aiutò economicamente e militarmente la repubblica. Inoltre l'arrivo ed il reclutamento di volontari (le Brigate Internazionali) era in mano ai comunisti. In terzo luogo i comunisti avevano guidato la repressione delle forze rivoluzionarie dentro la Repubblica (Poum, socialisti di sinistra e Cnt) guadagnandosi la stima dei radicali, dei repubblicani e dei liberalsocialisti (quelli di Prieto).
Ma l'accresciuta influenza non significava un aumento del consenso popolare.
Inoltre l'aumento dell'influenza e del prestigio dei comunisti spagnoli in seno alla repubblica fu una conseguenza della guerra stessa e non una precondizione. Fu grazie alla guerra scatenata da Franco che i comunisti aumentarono la loro influenza.
Quindi il meccanismo di causa-effetto di Romano non regge

Vahagn
30-06-03, 00:43
Originally posted by enrique lister
Mi chiedo, e lo chiedo ai revisionisti: se i lager erano semplici campi di lavoro perché i nazisti attuarono una politica di deportazione totale?
Perché i nazisti, nell'ambito dell'organizzazione Todt, deportavano solo la popolazione in grado di lavorare mentre neic asi degli ebrei e degli zingari deportavano tutti, compresi bambini ed anziani?
Qual'era l'utilità di avere bambini o vecchi nei campi di lavoro?
Anche facendoli lavorare avrebbero mantenuto una produttività bassissima che non avrebe coperto le spese per i trasporti, le divise, il vitto e l'alloggio

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Non vedo quale sia il tuo dubbio. Mai sentito parlare del "progetto Madagascar" (destinazione poi modificata anche per l'opposizione della Francia)? Fu il tentativo di separare europei ed ebrei, trasferendo coattamente i primi in una zona monoetnica; in pratica il sogno di mettere fine ad Asvero, l'eterno ebreo errante ed insinuantesi nel corpo delle nazioni.
D'altronde una Jewish Homeland è poi quello che poi hanno fatto loro stessi nel dopoguerra trasformando in realtà il progetto sionista di Herzl. Solo che una regione del Governatorato polacco adibita a marca ebraica, sarebbe stata sotto il controllo altrui, evitando che l'aggressività ebraica potesse nuocere (perlomeno in Europa, visto il nido giudaico rappresentato da New York).

enrique lister
30-06-03, 01:34
e perché attuare questo progetto durante la guerra, e non dopo averla vinta?
e perché sprecare risorse economiche e tempo in un momento storico di grandissima emergenza?

inoltre la tua risposta non soddisfa la mia domanda: dato che la concentrazione ed il controllo della popolazione ebraica era già avvenuto nei ghetti, perché deportarli tutti nei lager, anche coloro che erano palesemente inutili alla produzione?
Anzi, questo avrebbe creato ulteriore disordine, visto che avrebbe mischiato la popolazione ebraica con altri soggetti (zingari, omosessuali, prigionieri politici, ariani vari)

Aggiungo una piccola osservazione personale: negli ambienti della destra radicale sono in molti a denunciare l'occupazione della terra palestinese da parte degli ebrei. Ma, a quanto pare, dei diritti dei nativi del Madagascar ve ne frega poco

Vahagn
30-06-03, 11:52
Una fugace risposta, dato che non ho assolutamente tempo per andare a riaprire libri e portarti dati più precisi (altri più preparati potranno risponderti meglio).
Il progetto non è stato attuato "durante la guerra" come dici tu, ma è un punto fondamentale del nazionalsocialismo fin dagli inizi, il quale a ben vedere non ha fatto che rendere programma di partito un movimento ed un'idea ben presente in Germania da tempo (basti leggere non solo il Chamberlain, ma l'ottocentesco De Lagarde, etc.).
Secondo: perché un macro-ghetto al posto dei già esistenti ghetti? Perché gli ebrei non erano affatto tutti nei ghetti, ma incuneati a vario titolo nella società non-ebrea. Ripeto: il progetto doveva essere quello di separarli del tutto dai non-ebrei, un progetto più radicale quindi di quello dei ghetti, di origine ecclesiastica (e rabbinica, non dimentichiamo i precetti dei rabbini a non mescolarsi con i goym).
La tua osservazione sul Madagascar: non ho mica detto che sarei stato d'accordo con quel progetto. Probabilmente una zona (semi-)desertica dell'Eurasia (o una zona già fortemente abitata da ebrei) avrebbe dovuto essere la locazione più razionale, senza così calpestare i diritti di un qualche popolo nativo. Un po' come fece Stalin con i suoi ebrei, che cominciò a trasferire nel Birobidjian.