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Qoelèt
02-12-02, 17:39
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NICOLA II: FRA I SENTIERI DEL MARTIRIO
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di
Lorenzo Gabanizza

A mio avviso mai vi è stato personaggio tanto maltrattato dagli storici quanto Nicola II. Non solo questo il motivo che mi spinge oggi a parlare di Lui e della sua Famiglia. Se la verità è il primo compito nella ricerca dello storico e dello studioso, vi devono essere parallelamente anche l’intelligenza e la chiarezza tali da poter giudicare gli avvenimenti senza mezze misure e partigianerie di sorta. Tuttavia stasera, escluderò per quanto possibile gli avvenimenti storici di contorno, perché non è mia intenzione comporre un saggio prettamente storico ma far sì che possano essere compresi il dolore e l’umiliazione e il punto di vista della Famiglia Imperiale. Perciò guarderò più dentro di loro che attorno a loro e traccerò una sorta di percorso interiore. Ma, prima di solcare i tristi sentieri del martirio che videro come protagonisti L’ultimo Zar di Russia, la Sua famiglia e un manipolo di fedeli, mi vedo costretto a sfatare alcuni miti negativi che imbrattano ormai da troppo tempo la figura di Nicola II.
Chodynka. L'incidente dell'Incoronazione,(foto 1) non fu che questo: un incidente, e non provocato dallo Zar, ma semmai e solo in parte, dalla polizia e dalle forze organizzative e, ahimè, dal popolo stesso. Dopo l'Incoronazione, era tradizione far seguire una festa popolare, con divertimenti vari e libagioni gratuite.
Come era accaduto per quella di Alessandro III, venne allestito il tutto nel campo della Khodynka: tendoni da circo, padiglioni per spuntini e bevande gratuiti, negozi, chioschi, tribune per concerti. A tutti sarebbero stati offerti un boccale di birra gratuita e una moneta con l'effigie di Nicola. Il popolo si radunò, sempre più numeroso, in attesa dell'apertura, arrivando al numero esorbitante e inatteso di mezzo milione di persone. Quando venne annunciata l'apertura, purtroppo, la calca cominciò a spingere e correre verso i carri della birra litigandosi il primo posto e, inevitabilmente, si compì la tragedia: i primi caddero incespicando nelle tavole che ricoprivano le buche del terreno, gli altri che sopraggiungevano li calpestarono o finirono a loro volta calpestati.
In tutto questo che c'entra Nicola? Assolutamente nulla. Quando lo Zar venne a sapere dell'accaduto, volle annullare tutti gli altri punti del programma per recarsi a pregare per le vittime in un monastero, ma venne dissuaso dai consiglieri che lo costrinsero a partecipare al ricevimento serale in onore degli ambasciatori francesi giunti in Russia (allora la Francia era l'unica alleata della Russia). Nicola cedette a malincuore. Testimoni affermano che la coppia Imperiale presenziò al ricevimento in onore dei francesi visibilmente commossa (e i diari dello Zar confermano).Lo Zar oltre a formulare dure critiche sull'accaduto, fece aprire delle indagini le quali portarono alla destituzione di alcuni funzionari responsabili, e non è tutto: San Nicola risarcì di tasca propria la famiglia di ogni vittima, donando mille rubli a ciascuno e incaricandosi delle spese dei funerali di tutti i morti, che altrimenti sarebbero finiti in una fossa comune.
Domenica di sangue. Anche qui ci è giunta una versione sfalsata di quanto accadde quella tragica domenica. Non fu affatto una manifestazione pacifica del Popolo. Almeno, le intenzioni di chi la ideò non furono queste. Il tristemente noto Gapon, pope falso e intrigante, zarista e comunista a seconda del bisogno, condusse al massacro la gente innocente. Gapon sapeva benissimo che Nicola non era neppure presente ma si trovava come di consueto a Tsarskoe Selo. E portò a termine il suo piano: dividere lo zar dal suo popolo per favorire l’avvento della rivoluzione.
Nel corteo che di prima mattina si incamminò verso il Palazzo d’inverno,(foto 2) sventolavano le bandiere rosse insieme alle icone zariste. La gente cantava baldanzosa e minacciosa. Così raccontano i testimoni oculari, non di parte zarista. La massa di gente ruppe i cordoni del servizio d’ordine e all’alt intimato per tre volte rispose con insulti e minacce. Solo allora, le truppe spararono. Ad ogni modo, fu per lo Zar un dolore immenso quando, solo a cose fatte e del tutto ignaro, venne avvisato dell’accaduto. Oh, come venne preparata ad arte tutta la commedia dai rivoluzionari, come si affannarono a gridare che Nicola II era un bevitore di sangue! Ma io qui dico: quasi tutti sapevano che lo Zar non era a Pietroburgo, e di sicuro lo sapeva Gapon. E dopo la rivoluzione d’ottobre furono parecchi i capi sovietici a vantarsi d’aver preparato la manifestazione per rovesciare il regime zarista. Questa è la verità.
L’ultima accusa arcinota che alcuni storici muovono verso Nicola è di essere stato una persona stupida perché associava nel diario gravi avvenimenti con cene e passeggiate. Non sto scherzando. Questa accusa idiota ha del ridicolo ed è semplice confutarla: per esempio con i lavori letterari di Nicola che forse pochi conoscono ( vedi l’esilarante saggio da lui composto nel 1866), o con le lettere scritte alla madre e alla moglie o con le traduzioni dall’inglese al russo delle commedie di Shakespeare. O con il suo contegno nei lunghi mesi di prigionia fino alla morte. Infine, bisogna ricordare che il diario per Nicola non era un confessore ma un promemoria; i sentimenti, le lacrime, la gioia, erano riservati alla famiglia. Com’è giusto che fosse.
Dunque Nicola II entra nel martirio già durante il suo regno. Per tutta la vita suole ricordare di essere nato nel giorno di Giobbe sofferente e quindi di essere destinato a prove dolorose. In questo vi è l’ultimo e forse più grande scoglio che rendeva lo Zar inviso ai comunisti: la sua fede Ortodossa. A chi ha fatto dell’ateismo una bandiera, Lui, il Simbolo, l’Imperatore Cristiano, custode dell’Ortodossia, non poteva non dare fastidio. Eliminandolo, ed eliminando tutti i possibili eredi, i bolscevichi vollero eliminare anche il Cristianesimo. Lo dimostrano le cannonate sulle chiese, le torture agli ecclesiatici, i gulags, la decosachizzazione, e tutti quei credenti e contadini (questi ultimi erano coloro per i quali i bolscevichi affermavano di lottare) seviziati e ammazzati , povera gente che si era conquistata con il lavoro un pezzo di terra e che veniva bruciata viva per il fatto di opporsi. Lo dimostrano i processi cosiddetti del popolo alle ossa dei Martiri cristiani che venivano riesumate e impiccate, quando non trovavano posto nei musei dell’ateismo. E lo dimostra Lenin, che guarda i bimbi morire letteralmente di fame a centinaia nel Volga, senza muovere un dito e anzi, compiacendosi con la frase: “queste morti sono utili al partito.” (foto 3 e 4)Ma questa Signori, è un’altra storia e non mi dilungo. Sono qui stasera per parlarvi di Nicola II e del Suo martirio, condiviso dalla Famiglia Imperiale e da pochi fedeli.
L’avventura istituzionale di Nicola II terminò il 2 marzo 1917, con la sua abdicazione, estorta dalla Duma e dai generali con telegrammi e pressioni morali. In quel momento Nicola si trovò da solo, sotto il peso di un tradimento che non ha pari.
Venne posto in stato di arresto dal Governo provvisorio (che bisogno c’era?) che faceva capo al Principe Lvov e la Famiglia Imperiale, ignara dell’accaduto, subì la medesima sorte a Tsarskoe Selo . Così, dopo la rinuncia al trono del fratello Mikhail (strana analogia il primo Zar Romanov aveva lo stesso nome dell’ultimo) gli Zar scomparivano dalla scena, ma al contrario di quanto certa storiografia ci vuole far credere, questo evento non fu salutato dalla Russia con sollievo. Una moltitudine di poveri, di muziki, di contadini, rimase sorpresa e addolorata dall’abdicazione. Molti testimoniarono di gente in lacrime o che non accettava il nuovo status, per esempio, il figlio di un avvocato liberale fece la guardia tutta la notte difronte alla sua scuola per impedire che i rivoltosi staccassero dalle pareti i quadri raffiguranti Nicola. Molti veterani e generali, appresa la notizia del dissolvimento della Dinastia, rifiutarono di prestare giuramento al nuovo governo provvisorio. Alcuni scapparono a cavallo, altri si suicidarono. Ora, non voglio certo negare che vi fosse scontento, ma ciò vi fu in proporzione minore di quanto gli storici abbiano sin qui affermato e di sicuro, senza le pressioni e la propaganda dei bolscevichi, la storia avrebbe avuto un corso nettamente diverso.
Quando Nicola si riunisce alla famiglia, non una parola d’odio o rimprovero per gli usurpatori. Eppure, costoro lo fanno oggetto dei peggiori epiteti, quando poco prima mostravano d’amarlo. Le prime sanzioni prese contro la Famiglia sono l’impedimento di uscire nel giardino di Tsarskoe Selo e la sorveglianza a vista. Viene loro lasciata un’ora d’aria, soltanto grazie alle insistenze del precettore dello Zarevich, Pierre Gilliard. Ma quest’ora viene pian piano ridotta a mezz’ora e successivamente a 15 minuti.
La famiglia, la cui custodia è ufficialmente assegnata a Kerenskij, ministro della guerra e della marina e da luglio Presidente del Consiglio al posto di Lvov, è circondata da sentinelle ovunque. Insulti, sputi, scherzi volgari sono all’ordine del giorno. Al saluto militare che Nicola indirizza loro, essi non rispondono oppure lo fanno soltanto con un sogghigno o con un rumoroso rutto. Altre volte, quando Nicola ha il permesso di prendere la bicicletta, questi baldi giovanotti si divertono ad infilare improvvisamente le baionette fra i raggi delle ruote facendolo cadere rovinosamente al suolo: Nicola si rialza, senza proferir parola, pulisce gli abiti dalla polvere e riprende tranquillo la pedalata.
All’interno del governo provvisorio intanto vi sono tensioni: parte dei radicali rivoluzionari insediatisi nell’esecutivo dopo le sollevazioni di febbraio lottano a tutti i costi per concludere la guerra ed eliminare gli elementi borghesi ancora presenti nel governo, mentre questi ultimi all’opposto spingono per continuare ad oltranza il conflitto mantenendo così fede alla parola data agli Alleati.
Intanto, la Germania finanzia i pacifisti russi senza interrompere l’offensiva e sfrutta vigliaccamente i sobillatori del popolo per indebolire il morale dei soldati russi al fronte. Si deve sempre alla Germania di Guglielmo se Lenin può arrivare sano e salvo in Russia nell’aprile di quell’anno. Verranno poi trovati numerosi documenti compromettenti sulle bieche trame di Lenin e del suo ruolo di agente della Germania
Quali consolazioni per la famiglia? Ben poche. L’unico punto fermo è l’amore che li unisce. Se esaminiamo i diari di ciascuno vi troviamo solamente una grande fede e tanto amore. Le Granduchesse(foto 5) sono diventate grandi, splendide, belle come un campo di grano sotto il cielo russo; i loro sorrisi, i loro corpi agili e sinuosi come un lembo di mare della Crimea, colpiscono persino i guardiani, fra i quali purtroppo scarseggiano i gentiluomini.
La Famiglia viene trasferita a Tobol’sk. Il primo agosto, devono preparare le valigie e aspettare. Un attesa interminabile, perché l’ora stabilita è l’una del mattino, ma il segnale arriva soltanto alle sei. Allora si comincia a sbaraccare fra le lacrime. L’Imperatrice viene portata in braccio alla macchina che la condurrà alla stazione e là, ancora una volta insieme, con dolore, una miriade di ricordi ma tanta dignità, Alessandra si appoggia al braccio di Nicola raggiungendo faticosamente la carrozza assegnatale.
Nicola scrive: “L’alba che ci ha visti partire era meravigliosa…Grazie a Dio siamo tutti salvi e uniti.”



La Famiglia Imperiale trova posto nella casa del Governatore,(foto 6) un edificio bianco a due piani. Mentre lo sparuto seguito ha il permesso di occupare la casa di Kornilov, un edificio ben tenuto situato all’altro lato della strada. Resta sempre un sottofondo di dolore, malinconia e tristezza, ma si ingegnano come possono per dimenticare il loro stato. Nel contempo lo Zar mantiene sempre un contegno lucido, amorevole, paterno, leggendo per tutti dei romanzi alla sera o organizzando delle recite che divertono il piccolo Alexei. Nel frattempo, il governo provvisorio sta trattando con l’Inghilterra per dare asilo politico alla Famiglia Imperiale. Ma cedendo alle pressioni dei laburisti, Lloyd George e Re Giorgio V, cugino di Nicola, ritirano l’offerta. Una cosa è certa, questo rifiuto mette una greve ipoteca sul futuro dei Romanov.
E le angherie crescono. I viveri vengono presto tagliati così che per l’intera famiglia non è disponibile che una razione da soldato. E’ abbastanza guardare la fotografia n° 7 per rendersi conto dello stato di deperimento in cui si trova lo Zar.
Il 25 ottobre/7 novembre, un grande dolore morale si aggiunge a quelli già sopportati: Lenin e i bolscevichi rovesciano il Governo Provvisorio con un colpo di stato. Che ne sarà della sua famiglia e della cara ed amata Russia? Così può pensare lo Zar mentre un comandante della guardia lo spoglia delle sue spalline di Colonnello…Eppure si continua a ridere, si recitano commedie e le Granduchesse, con dolcezza, si riuniscono attorno al loro pilastro, il loro amato Padre: cuciono, ricamano, spaccano la legna, almeno fin quando la gente di Tobolsk non le applaude e non lancia saluti e complimenti allo Zar. Da allora viene interdetta anche l’uscita all’aperto. I carcerieri tolgono dai pasti il caffè, lo zucchero, le uova. E via sui sentieri del martirio…Io mi chiedo se potete immaginare cosa può significare tutto questo, quale potesse essere lo stato d’animo di questa gente indifesa e di Alexei, malato, sempre a letto. Un ragazzino di tredici anni che vede il Padre spogliato, e la madre derisa e offesa con volgarità. Un bimbo, quattro ragazze e due genitori indifesi, senza contare il seguito, che partecipa con abnegazione all’incerto destino dei loro Batiuska e Matiuska.
In quest’inizio cupo di secolo, già insanguinato dalla guerra, il gelo si impossessa della Russia e le strade di Tobolsk non possono essere percorse che dalle slitte che filano veloci coi sonagli - e crepita il ghiaccio… Crepita mentre la Zarina viene issata su una sorta di risciò a cavallo. Perché i controrivoluzionari non sono domati e quindi bisogna spostare i prigionieri, sradicarli ancora dalla loro residenza di dolore per mandarli al macello nella “casa a destinazione speciale” (foto 8). I bolscevichi lo sanno, hanno già deciso. Aspettano l’ordine.
La Famiglia non parte insieme: prima la bella Maria con lo Zar e la Zarina. Anastasia, Olga e Tatiana, restano per il momento a Tobolsk per accudire Alexei, sempre più magro, più pallido e debole.
Il viaggio da Tobolsk ad Ekaterinburg è tremendo. Sui risciò attraversano pantani e fiumi, strade sterrate e innevate, 200 miglia fino a Tjumen per prendere il treno; e poi, finalmente, arrivano ad Ekaterinburg dove vengono consegnati al presidente del soviet degli Urali che emette una ricevuta per i prigionieri come si trattasse di tre vacche. E nonostante la distanza, la famiglia rimane unita attraverso la posta. Scrive Maria alle sorelle: “Tutto in uno stato terribile…anche dentro le valigie: sporco, sudicio, tutto quanto in disordine, distrutto. Tutti quelli che entrano in casa ispezionano le nostre stanze. Ogni volta la mamma deve alzarsi ed accoglierli in camicia da notte. E’ difficile trovare qualcosa da scrivere di gioioso, perché quaggiù di gioia ce n’è ben poca. Ma Dio non ci abbandona. Il sole splende, gli uccelli cantano e questa mattina abbiamo udito il suono delle campane…Oh mie care, quanto desidero rivedervi!” Straziante.
Ci vogliono cinque settimane prima che la Famiglia possa finalmente riunirsi tutta insieme. Olga, Anastasia, Tatiana e Alexei insistono per tutto il tempo al fine di partire e riunirsi alla famiglia. Alla fine si da loro il permesso di partire. Prendono il battello per Tjumen ma molti del seguito vengono imprigionati ed uccisi. Signori, pensate che questa sia la fine? È forse abbastanza? No, perché alla stazione di Ekaterinburg le ragazze vengono separate dal seguito e gettate in un carro merci e lì la soldataglia ubriaca entra e ne fa scempio. Eppure, ciò non impedisce a tutti di scrivere sui diari che “è una grande gioia trovarsi”. Qualcosa comunque deve pur essere trapelato se da quel giorno la zarina obbliga le figlie ad indossare il corsetto.
Comincia l’ultimo capitolo di questa tragedia e provo orrore a doverla descrivere, ma è mio desiderio stasera che voi vediate con i vostri occhi ed ascoltiate con le vostre orecchie cosa accadde. Senza mezzi termini. Vi chiedo la cortesia e la pazienza di ascoltare, di fare uno sforzo con la vostra fantasia e il vostro cuore per calarvi nei panni di queste persone innocenti.
Gli ultimi giorni di prigionia nella casa Ipatiev, sono i peggiori, i più meschini ed odiosi, anche grazie al sovrintendente Avadeev, un rozzo ubriacone noto per i suoi sentimenti antizaristi. Costui nega le minime richieste della Famiglia e risponde sempre di andare al diavolo.
Le guardie rubano gli effetti personali dello Zar e la biancheria intima delle ragazze. Bevono, sputano e ruttano. Alle Granduchesse viene impedito di chiudere la porta della camera da letto (e immaginiamoci cosa può significare per delle ragazze sotto i vent’anni!) ma ancor peggio, una guardia le segue anche in bagno, dal quale è stata tolta persino la porta, sempre col sorriso beffardo stampato in faccia e ordina loro di guardare il muro sopra il water. Cosa c’è? Secondo voi, signori, per cosa si chiedeva alle Granduchesse di guardare il muro? Lasciamo da parte la vergogna, ovvero l’umiliazione per delle giovani donne di dover andare in bagno con una guardia difronte alla porta, vi chiedo però: Per cosa si spingevano le dolci fanciulle dentro il gabinetto? Non certo per ammirare delle rose, come avrebbero meritato, né per leggere una attestazione di tenerezza e amore come avrebbero altresì meritato. No, non c’è un dono, né un sentimento, una carezza o un tenero bacio ad attenderle. Invece sono costrette a vedere la loro amata Madre disegnata nuda sul muro mentre copula con Rasputin (foto 9) e altre nefandezze simili; e piovono pesanti apprezzamenti sessuali come le pallottole che di lì a poco le avrebbero martoriate. La soldataglia fuma loro in faccia, sputa per terra, tiene il berretto calcato sulla testa e bestemmia. E la sera ordina loro di suonare il piano e cantare canzonette sconce o rivoluzionarie. Tutto questo non impedisce loro di sognare, di ridere, di amare e di avere i propri segreti incantati celati nel cuore. Piccole cose che fanno questo orrore più vivibile, un agendina personale come dono, un piccolo albero di Natale. Così se guardiamo le foto della loro prigionia, sia che le scorgiamo durante il giardinaggio, o rasate a zero, non vediamo che innocenza e, un grido ci nasce spontaneo dal cuore: MALEDETTI PERCHE’ LE AVETE UCCISE? Guardiamo lo Zar che lavora con Alexei (foto *9), l’orto curato, le Granduchesse vestite di golfini rudimentali e berrettoni di lana e la Zarina sulla carrozzella e il grido è lo stesso …PERCHE’? Del resto, straziante come l’ultima zampata di un cucciolo che muore è la scritta che le figlie di Nicola appongono sul water: “si prega di lasciare il sedile pulito come lo si è trovato” I bolscevichi rispondono orinando in terra e sporcando il muro di escrementi.
Quando la Famiglia Imperiale si riunisce per la cena, vengono servite delle polpette in una zuppiera dalla quale si servono tutti con le mani. Non ci sono né posate né forchette. Avadeev prende il piatto e si serve spingendo il braccio fra Alessandra e Nicola e ritirando il braccio colpisce al volto Nicola con il gomito. Questo accade spesso. Quando non è una gomitata è un insulto e se non è un insulto è una spinta.
La Granduchessa Olga, poco prima del martirio, invia una lettera ad amici di famiglia che vale la pena di leggere: “Papà chiede di dire a tutti quelli che gli sono rimasti devoti e a tutti coloro sui quali essi possono avere influenza, che non cerchino di vendicarlo: egli ha perdonato tutti e per tutti prega. Non possono neanche vendicarsi per se stessi, giacché, altrimenti, il male che adesso domina il mondo diventerà più grande. Il male infatti, non può sconfiggere il male, ma solo l’amore può farlo…”
Il 16 luglio 1918, Jurovsky,(foto 10) nuovo comandante della casa, verso mezzanotte manda a svegliare i prigionieri. I Romanov cominciano a vestirsi e sono pronti dopo un’ora. Davanti a tutti esce lo Zar con in braccio Alexei, che ancora non può camminare a causa della malattia. Il piccolo poggia la testa contro il petto di Nicola e gli tiene le braccia attorno al collo. Il dottor Botkin chiede allo Zar di prendere Alessio, ma questi rifiuta. Jurovsky li conduce tutti in uno scantinato vuoto e ordina loro di aspettare. Al che Nicola chiede due sedie per il figlio e la moglie. Jurovsky ne fa portare tre. La Zarina siede sulla prima, lo Zar sulla seconda e Alexei sulla terza, appoggiando il capo sulla spalla del padre. Ci sono undici persone in quella stanza sei metri per sei: la Famiglia Imperiale, la cameriera Demidova, il dottor Botkin, il valletto trupp e il cuoco Kharitonov. I minuti passano, nel silenzio. Alcuni sguardi che si incontrano. Si ode il respiro pesante di Alexei. Nicola però è attratto da alcuni strani rumori che giungono dall’esterno, alcune risate, passi affrettati, il motore di un camion che si avvia e resta in moto.
Jurovsky rientra seguito da un manipolo di scagnozzi della Ceka. Ha un’espressione strana, quasi un bieco sorriso. Lo Zar si alza, mentre Jurovsky gli si pianta difronte estraendo dalla tasca un biglietto sgualcito. Con tono grave, l’assassino legge: “Cittadino Romanov, per decisione del soviet degli urali voi e la vostra famiglia e il seguito siete condannati a morte.” Provate a immaginare l’abisso in cui piombò lo Zar in quel momento…il tuffo del suo cuore al pensiero che tutti sarebbero morti. Tutti. Le sue figlie, la moglie, il suo piccolo Alexei. E questo non è martirio?
Nicola spalanca gli occhi e chiede: “Come?” Il suo cuore di Padre e marito e di Zar cristiano non può concepire quello che gli sta accadendo. Il rivoluzionario ripete la sentenza. Allora Nicola si volge a guardare la Famiglia e il seguito, come ad abbracciarli ed imprimere quei volti cari che presto avrebbero condiviso con lui il martirio. Le Granduchesse scoppiano in pianto ma con dignità e le belle labbra si muovono in un gesto estremo di fede, un’ultima preghiera. Le armi sono spianate adesso e Nicola chiede di pagare per tutti, ma Jurovsky taglia corto e gli spara dritto nella testa. (foto 11) E’ il segnale…un orrore indescrivibile. Spari su spari. Nicola piomba a terra a faccia in giù, poi è la volta di Botkin che cerca di proteggere Alexei con il proprio corpo. E la Ceka spara. E Alexei cade in terra. E la Ceka spara. La Zarina fa appena in tempo a fare il segno della croce che viene sbalzata dalla sedia da una raffica di proiettili. Il fumo aumenta e l’odore del sangue già riempie l’aria. Le figlie di Nicola si proteggono con le braccia gridando, accasciandosi, spingendosi contro l’angolo del muro ( se guardate la foto 112 vedete che proprio lì il muro è più distrutto) ma la ceka spara ancora. Sono assetati di sangue e di morte. I Romanov vengono trafitti da decine di proiettili che si conficcano crudelmente ovunque, nelle loro ossa, nel viso, sui muri, facendo schizzare quel sangue innocente ovunque. La cameriera Demidova , ferita, simile a un animale in trappola, corre di qua e di là cercando di evitare i colpi di baionetta con un cuscino. Ma quando alla fine cade, la trafiggono una trentina di colpi di baionetta.
Per un attimo i carnefici si fermano: bisogna vedere se sono tutti morti. Non è semplice in tutto quel fumo. Alcuni, ubriachi, barcollano nauseati dall’odore del sangue; tutto il pavimento è cosparso di schizzi, così come la tappezzeria. I corpi della Famiglia Imperiale giacciono a terra, qualcuno si muove ancora leggermente. Qualche flebile gemito. Le Granduchesse sono ancora vive: le finiscono a baionettate(foto 14). Anastasia lancia un ultimo urlo disperato e i soldati le sfondano il viso con la baionetta. Al centro della stanza c’è Alessio. Geme. Si muove lentamente, con quei movimenti che precedono la morte. Cerca con la manina di raggiungere il suo papà e proprio allora, quando può sentire la casacca insanguinata sotto le dita, arriva Jurovsky e lo colpisce con un calcio alla testa, poi gli spara tre colpi in un orecchio.
Così veramente finirono i Romanov. Ma, Signori, all’orrore non c’è limite.
I cadaveri vengono trasportati in un bosco poco lontano, buttati sull’erba e denudati. I soldatacci si divertono a ispezionare con cura le Granduchesse. Infine, uno ad uno, vengono presi e fatti letteralmente a pezzi. Uomini donne e bambini. Fatti a pezzi con seghe e scuri. Quei corpi che voi avete visto, quegli occhi che anche da queste foto vi guardano stasera: fatti a pezzi per poi essere bruciati. Ma alcune ossa resistono alle fiamme, per questo le cospargono di acido solforico.
Tutto quel che resta dei Romanov viene gettato nel pozzo di una vecchia miniera(foto 15) e fatto saltare in aria con una mina. L’abominevole operazione dura tre giorni. Non è martirio questo?
Amici, non può esserci scusa o giustificazione per questo crimine. Nessuno osi giustificare, perché sarà complice di questo scempio. Anche lui verrà coinvolto e respirerà il fumo e macchierà le sue vesti del sangue innocente dei Romanov. Nessuno osi farsi schermo di quei termini e quelle accuse false e vergognose, tipiche della propaganda che ci segue da più di mezzo secolo. Le Granduchesse avrebbero dovuto godere del sole, avrebbero dovuto correre libere la loro giovinezza in prati fioriti; il loro cuore avrebbe dovuto scaldarsi al sole dell’amore, della nascita di un figlio. Questo è stato loro tolto per sempre. Nessuna scusa.
Desidero terminare ora, leggendovi l’ultimo proclama di Nicola alle sue truppe, subito dopo l’abdicazione.
Per l’ultima volta mi rivolgo a voi, miei amatissimi soldati. Dopo la mia abdicazione per me e per mio figlio dal trono russo, il potere è passato al governo provvisorio costituito dalla Duma di stato. Che Dio lo aiuti a condurre la Russia sulla via della gloria e della prosperità. Che Dio aiuti anche voi e le vostre vittoriose truppe a preservare la nostra Patria dal malvagio nemico. Per due anni e mezzo avete sopportato un duro servizio di guerra, molto sangue è stato versato, grandi sforzi sono stati intrapresi, ed è vicina l’ora in cui la Russia, unita ai suoi Gloriosi Alleati in un unico sforzo verso la vittoria, spezzerà le ultime forze del nemico. Questa guerra senza precedenti deve essere condotta fino alla piena vittoria.
Chi ora pensa alla pace, chi ora la desidera, è un traditore della Patria. So che ogni leale soldato la pensa così. Adempite al vostro dovere, difendete la vostra gloriosa Patria, sottomettetevi al governo provvisorio, obbedite ai vostri superiori, e pensate al fatto che ogni cedimento nella disciplina va a solo vantaggio del nemico.
Io credo fermamente che non vi si sia spento nel cuore l’infinito amore per la vostra grande Patria. Dio vi benedica e San Giorgio, martire e portatore di vittoria, vi conduca fino al trionfo.
NICOLA

Questo era Nicola, il “nemico del popolo” che venne imprigionato, assassinato e fatto a pezzi dai bolscevichi con tutta la sua Famiglia. Possano questi morti innocenti, come tutte le vittime dell’orda rossa, poter godere nel Regno dei Cieli, tanto quanto hanno sofferto qui sulla terra.


LORENZO GABANIZZA

Fiorano, 3 agosto/16 agosto 2002



http://www.sisqtel.net/~williams/royalmartyrsicon.gif

uva bianca
28-05-05, 17:56
Originally posted by


http://www.sisqtel.net/~williams/royalmartyrsicon.gif

che strano vedere un'icona con persone dei tempi moderni!

hertford
28-05-05, 18:29
Vivendo in CSI trovo frequentemente icone raffiguranti personaggi vissuti in tempi recenti. Dell'icona sopra riportata ne ho una copia assieme ad altre.
La storiografia russa sta rivedendo parecchi luoghi comuni del passato e della propaganda sovietica.
Esiste anche una trasmissione televisiva apposita che settimanalmente affronta questi argomenti e - prove concrete e documentali alla mano - ristabilisce la verità storica.
Molto interessante, alcuni mesi fa, la ricostruzione della Domenica di Sangue.
Alcuni reparti di polizia e della guardia erano addirittura disarmati o con armi scariche. Il fuoco venne aperto dai manifestanti, i militari risposero a salve e solo alcuni ufficiali per legittima difesa fecero fuoco (come da testimonianze da loro stessi rese all'epoca).
Addirittura i poliziotti e i militari, dopo quegli eventi, organizzarono una colletta a favore delle famiglie delle vittime.
Chi fu a sparare? Forse non si saprà mai, ma l'inchiesta della sicurezza russa dell'epoca giunse alla conclusione che tra i manifestanti vi fossero una ventina di agenti giapponesi.
Considerate che la Russia è, ancora oggi, un mosaico di razze e popoli. Un giapponese, scelto ovviamente con cura e abbigliato anche in un certo modo, può passare inosservato, essere scambiato per un cittadino russo di nazionalità asiatica (Buriatia, per esempio) o comunque riconducibile al gruppo tataro mongolico (tatari, calmucchi, ecc.).
Non so se sull'argomento rivisitato sia stato scritto qualcosa in Italia (ovviamente in italiano). Forse vi potrebbero essere libri e giornali dell'emigrazione (io ne possiedo annate complete, ma su questi eventi non ho mai trovato granchè).

daneel
29-05-05, 16:38
Originally posted by uva bianca
che strano vedere un'icona con persone dei tempi moderni!
Ecco un'altra icona di un santo recente, legato anche lui alla terra russa:
http://ivanovoconvent.ivnet.ru/_iconost/stJohnM.jpg
San Giovanni il Taumaturgo di Shangai e San Francisco, di cui si può leggere una omelia su Orthodoxia (http://www.orthodoxia.it): vedi qui (http://www.orthodoxia.it/spir_zaccheo.php)

p. Daniele

uva bianca
29-05-05, 16:48
Originally posted by diacono Daniele
http://ivanovoconvent.ivnet.ru/_iconost/stJohnM.jpg
San Giovanni il Taumaturgo di Shangai e San Francisco, di cui si può leggere una omelia su Orthodoxia (http://www.orthodoxia.it):

p. Daniele

Shangai e San Francisco????
Ma san Francisco quello in California?

daneel
29-05-05, 16:53
Originally posted by uva bianca
Shangai e San Francisco????
Ma san Francisco quello in California?
Proprio quella. Ma San Giovanni era ben conosciuto anche in Europa e considerato santo già in vita, tanto che un prete cattolico parigino lo aveva chiamato "San Giovanni a piedi nudi".

uva bianca
29-05-05, 17:01
Originally posted by diacono Daniele
http://ivanovoconvent.ivnet.ru/_iconost/stJohnM.jpg
San Giovanni il Taumaturgo di Shangai e San Francisco,

Chiedo scusa ma potrei chiedervi un favore?
potreste (magari in un altro spazio per non andare OFFTOPIC) postarmi qualcosa di più su questo personaggio, insomma in che periodo è vissuto, cosa ha fatto... mi incuriosisce che una persona porti il nome di due posti così distanti tra loro (cina e california) e comunque così lontani dal territorio tradizionale delle chiese ortodosse.
:)

daneel
29-05-05, 19:06
Tempo permettendo, sto cercando di stendere un Vita di questo santo in italiano. Per il momento puoi leggere questo in inglese (http://www.synodinresistance.gr/Theo_en/E3d5002AgiIoannoySF.pdf) (è un pdf)

p. Daniele

Talib
01-06-05, 19:09
Se è cosa gradita, mi offro di tradurlo (e se qualcuno mi da una mano, è meglio ;) )

vescovosilvano
01-06-05, 19:55
Tante grazie. E' un aiuto prezioso per tutti!

uva bianca
02-06-05, 09:24
Guarda ti darei volentieri una mano ma purtroppo lavoro + esami universitari mal si conciliano con altre attività in questo periodo!
mi spiace.:(

Talib
02-06-05, 12:55
Non preoccuparti, era solo per fare un pò prima.
Anche io purtroppo ho i miei impegni "mondani", quindi penso che a occhio e croce impiegherò circa due settimane buone a tradurre tutto il documento (che è abbastanza lungo). Comunque non è un onere, anzi mi fa piacere. Mi piace tradurre in italiano articoli sulle vite o le gesta di santi e maestri spirituali: mi permette di soffermarmi meglio su quello che stò leggendo (cosa che una veloce lettura non sempre permette, sopratutto se leggo in un'altra lingua), e lo ritengo un piccolo modo per avere l'onore di godere, in un certo senso, della loro "compagnia" certamente gradita e edificante.

uva bianca
05-06-05, 16:16
è incredibile mettere a confronto l'icona di un santo con la sua fotografia:
http://ivanovoconvent.ivnet.ru/_iconost/stJohnM.jpg


San Giovanni il Taumaturgo di Shangai e San Francisco

http://www.orthodoxphotos.com/Holy_Fathers/St._John_Maximovitch/23.jpg

http://www.ocf.org/OrthodoxPage/icons/data/johnmax.gif


fa un effetto stranissimo.

daneel
05-06-05, 21:49
Originally posted by uva bianca
è incredibile mettere a confronto l'icona di un santo con la sua fotografia:

fa un effetto stranissimo.
Questo perché la foto di un santo non è la sua icona.
L'icona non vuole essere un ritratto, ma vuole mostrare un essere deificato, la vita di Cristo che continua nella Chiesa e nei suoi santi.

p. Daniele

daneel
08-06-05, 23:58
Per gli interessati: in internet è anche disponibile la Vita Prima (http://www.saintjohnwonderworker.org/lifeidx.htm) di San Giovanni il Taumaturgo, scritta da p. Seraphim Rose appena sei mesi dopo la morte dell'Arcivescovo di San Francisco.

p. Daniele

Hindefuns63
10-06-05, 18:28
per quanto fedele alla Tradizione esso possa essere, un re sarà sempre un Re, ed un santo un Santo.

In genere i due termini non si associano: Cristo stesso ha detto chiaramente che sarà più facile che un cammello passi per la cruna di un ago a che un ricco entri nel regno dei cieli.

Poi ci possono essere anche delle possibilità, in quanto dietro un re c'è un uomo e dietro una regina una donna, per cui non nego che un uomo possa divenir santo ascoltando la Chiamata.

ma un uomo, non un re. I re, come diceva Giovanni abitano in palazzi e posseggono morbide vesti.

E' tutto quello che ho da dire sull'argomento.

uva bianca
10-06-05, 18:43
si, ma qualunque uomo che segue rettamnete gli insegnamenti di Cristo e li viva appieno può ragggiungere la santità.
Non importa il ruolo sociale che può avere, ma come lo vive: se alla luce degli insegnamenti del Vangelo oppure no.

vescovosilvano
16-06-05, 15:47
Ogni uomo è chiamato "santo" quando è battezzato ed è chiamato ad essere Santo nel senso di "deificato" "deiforme" ed è tale quando risponde alla Chiamata di Dio e nel ruolo in cui Dio lo ha convocato dedica la sua vita e la sua morte alla sua Gloria.
Il monaco da monaco, il vescovo da vescovo, il padre di famiglia da padre di famiglia, il Re da re. Inoltre il fatto che la Chiesa consacri con l'unzione del sacro Myron i Re sottolinea che essi sono chiamati, in quanto Re Cristiani a porre il loro potere a servizio del popolo che governano. Dice il Signore "chi è primo in mezzo a voi sia come colui che serve". I Re santi sono i Re che hanno servito, talora fino alla morte.

La ricchezza condannata da Cristo è quella che si misura pesando il cuore (per usare una metafora dell'antyico egitto), non l'oro.