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Visualizza Versione Completa : ENCICLICHE PAPALI



Bellarmino
03-12-02, 20:00
SPOSTIAMO E ASSEMBLIAMO ALCUNE ENCICLICHE, LA CUI PRESENZA SUL FORUM RISCHIAVA DI CREARE CONFUSIONE NELLE DISCUSSIONI. MOTIVI MERAMENTE TECNICI.

PREGHIAMO QUEI FORUMISTI, CHE VOLESSERO POSTARE ALTRO MATERIALE SIMILE, DI UTLIZZARE QUESTO SPAZIO.



IN NOSTRO SIGNOR GESU' CRISTO.

CM814
moderatore



















san Pio X
Lamentabili sane exitu


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SUPREMA SACRA INQUISIZIONE
ROMANA ED UNIVERSALE




Con deplorevoli frutti, l'età nostra, impaziente di freno nell'indagare le somme ragioni delle cose, non di rado segue talmente le novità, che, lasciata da parte, per così dire, l'eredità del genere umano, cade in errori gravissimi. Questi errori sono di gran lunga più pericolosi qualora si tratti della disciplina sacra, dell'interpretazione della Sacra Scrittura, dei principali misteri della Fede.

È da dolersi poi grandemente che, anche fra i cattolici, si trovino non pochi scrittori i quali, trasgredendo i limiti stabiliti dai Padri e dalla Santa Chiesa stessa, sotto le apparenze di più alta intelligenza e col nome di considerazione storica, cercano un progresso dei dogmi che, in realtà, è la corruzione dei medesimi.

Affinché dunque simili errori, che ogni giorno si spargono tra i fedeli, non mettano radici nelle loro anime e corrompano la sincerità della Fede, piacque al Santissimo Signore Nostro Pio per divina Provvidenza Papa X, che per questo officio della Sacra Romana ed Universale Inquisizione si notassero e si riprovassero quelli fra di essi che sono i precipui.

Perciò, dopo istituito diligentissimo esame e avuto il voto dei Reverendi Signori Consultori, gli Eminentissimi e Reverendissimi Signori Cardinali Inquisitori generali nelle cose di fede e di costumi, giudicarono che le seguenti proposizioni sono da riprovarsi e da condannarsi, come si riprovano e si condannano con questo generale Decreto:

1. La legge ecclesiastica che prescrive di sottoporre a previa censura i libri concernenti la Sacra Scrittura non si estende ai cultori della critica o dell'esegesi scientifica dei Libri dell'Antico e del Nuovo Testamento.

2. L'interpretazione che la Chiesa dà dei Libri sacri non è da disprezzare, ma soggiace ad un più accurato giudizio e alla correzione degli esegeti.

3. Dai giudizi e dalle censure ecclesiastiche, emanati contro l'esegesi libera e superiore, si può dedurre che la fede proposta dalla Chiesa contraddice la storia, e che i dogmi cattolici in realtà non si possono accordare con le vere origini della religione cristiana.

4. Il magistero della Chiesa non può determinare il genuino senso delle sacre Scritture nemmeno con definizioni dogmatiche.

5. Siccome nel deposito della fede non sono contenute solamente verità rivelate, in nessun modo spetta alla Chiesa giudicare sulle asserzioni delle discipline umane.

6. Nella definizione delle verità, la Chiesa discente e la Chiesa docente collaborano in tale maniera, che alla Chiesa docente non resta altro che ratificare le comuni opinioni di quella discente.

7. La Chiesa, quando condanna gli errori, non può esigere dai fedeli nessun assenso interno che accetti i giudizi da lei dati.

8. Sono da ritenersi esenti da ogni colpa coloro che non tengono in alcun conto delle riprovazioni espresse dalla Sacra Congregazione dell'Indice e da altre Sacre Congregazioni Romane.

9. Coloro che credono che Dio è l'Autore della Sacra Scrittura sono influenzati da eccessiva ingenuità o da ignoranza.

10. L'ispirazione dei Libri dell'Antico Testamento consiste nel fatto che gli Scrittori israeliti tramandarono le dottrine religiose sotto un certo aspetto particolare in parte conosciuto e in parte sconosciuto ai gentili.

11. L'ispirazione divina non si estende a tutta la Sacra Scrittura al punto che tutte e singole le sue parti siano immuni da ogni errore.

12. L'esegeta, qualora voglia affrontare con utilità gli studi biblici, deve, anzitutto, lasciar cadere quel certo qual preconcetto inerente l'origine sovrannaturale della Sacra Scrittura.

13. Gli stessi Evangelisti e i Cristiani della seconda e terza generazione composero le parabole evangeliche in modo artificioso così da spiegare gli esigui frutti della predicazione di Cristo presso i giudei.

14. Gli Evangelisti riferirono in molte narrazioni non tanto ciò che effettivamente accadde, quanto ciò che essi ritennero maggiormente utile ai lettori, ancorché falso.

15. Gli Evangeli furono soggetti a continue aggiunte e correzioni, fino alla definizione e alla costituzione del canone; in essi, pertanto, della dottrina di Cristo, non rimase che un tenue e incerto vestigio.

16. I racconti d Giovanni non sono propriamente storia, ma mistica contemplazione del Vangelo; i discorsi contenuti nel suo Vangelo sono meditazioni teologiche sul Mistero della Salvezza, destituite di verità storica.

17. Il quarto Evangelo esagerò i miracoli, non solo perché apparissero maggiormente straordinari, ma anche affinché fossero più adatti a significare l'opera e la gloria del Verbo Incarnato.

18. Giovanni rivendica a sé il ruolo di testimone di Cristo; in verità egli non è che un eccellente testimone di vita cristiana, ovvero della vita di Cristo alla fine del primo secolo.

19. Gli esegeti eterodossi espresso più fedelmente il vero senso della Scrittura di quanto non abbiano fatto gli esegeti cattolici.

20. La Rivelazione non poté essere altro che la coscienza acquisita dall'uomo circa la sua relazione con Dio.

21. La Rivelazione, che costituisce l'oggetto della Fede cattolica, non si è conclusa con gli Apostoli.

22. I dogmi, che la Chiesa presenta come rivelati, non sono verità cadute dal cielo, ma l'interpretazione di fatti religiosi, che la mente umana si è data con travaglio.

23. Può esistere, ed esiste in realtà, un'opposizione tra i fatti raccontati dalla Sacra Scrittura ed i dogmi della Chiesa fondati sopra di essi; sicché il critico può rigettare come falsi i fatti che la Chiesa crede certissimi.

24. Non dev'essere condannato l'esegeta che pone le premesse, cui segue che i dogmi sono falsi o dubbi, purché non neghi direttamente i dogmi stessi.

25. L'assenso della Fede si appoggia da ultimo su una congerie di probabilità.

26. I dogmi della Fede debbono essere accettati soltanto secondo il loro senso pratico, cioè come norma precettiva riguardante il comportamento, ma non come norma di Fede.

27. La Sacra Scrittura non prova la Divinità di Gesù Cristo; ma è un dogma che la coscienza cristiana deduce dal concetto di Messia.

28. Gesù, durante il suo Ministero, non parlava per insegnare di essere il Messia, né i suoi miracoli miravano a dimostrarlo.

29. Si può ammettere che il Cristo storico sia molto inferiore al Cristo della Fede.

30. In tutti i testi evangelici, il nome "Figlio di Dio" equivale soltanto a nome "Messia" e non significa assolutamente che Cristo è vero e naturale Figlio di Dio.

31. La dottrina su Cristo, tramandata da Paolo, Giovanni e dai Concili Niceno, Efesino e Calcedonense, non è quella insegnato da Gesù, ma che su Gesù concepì la coscienza cristiana.

32. Non è possibile conciliare il senso naturale dei testi evangelici con quello che i nostri teologi insegnano circa la coscienza e la scienza infallibile di Gesù Cristo.

33. È evidente a chiunque non sia influenzato da opinioni preconcette che Gesù ha professato un errore circa il prossimo avvento messianico, o che la maggior parte della sua dottrina, contenuta negli Evangeli sinottici, è priva di autenticità.

34. Il critico non può affermare che la scienza di Cristo non sia circoscritta da alcun limite, se non ponendo ipotesi - non concepibile storicamente e che ripugna al senso morale - secondo la quale Cristo abbia avuto la conoscenza di Dio in quanto uomo e non abbia voluto in alcun modo darne notizia ai discepoli e alla posterità.

35. Cristo non ebbe sempre la coscienza della sua dignità messianica.

36. La Risurrezione del Salvatore non è propriamente un fatto di ordine storico, ma un fatto di ordine meramente sovrannaturale, non dimostrato né dimostrabile, che la coscienza cristiana lentamente trasse dagli altri.

37. La Fede nella Risurrezione di Cristo inizialmente non fu tanto nel fatto stesso della Risurrezione, quanto nella vita immortale di Cristo presso Dio.

38. La dottrina concernente la Morte espiatrice di Cristo non è evangelica, ma solo paolina.

39. Le opinioni sull'origine dei Sacramenti, di cui erano imbevuti i Padri tridentini, e che senza dubbio ebbero un influsso nei loro Canoni dogmatici, sono molto distanti da quelle cui ora gli storici del Cristianesimo dànno credito.

40. I Sacramenti ebbero origine perché gli Apostoli e i loro successori interpretarono una certa idea e intenzione di Cristo, sotto la persuasione e la spinta di circostanze ed eventi.

41. I Sacramenti hanno come unico fine di ricordare alla mente dell'uomo la presenza sempre benefica del Creatore.

42. La comunità cristiana inventò la necessità del Battesimo, adottandolo come rito necessario e annettendo ad esso gli obblighi della professione cristiana.

43. L'uso di conferire il Battesimo ai bambini fu un'evoluzione disciplinare, ragion per cui il Sacramento è diventato due, cioè il Battesimo e la Penitenza.

44. Nulla prova che il rito del Sacramento della Confermazione sia stato istituito dagli Apostoli; la formale distinzione di due Sacramenti, cioè del Battesimo e della Confermazione, non risale alla storia del cristianesimo primitivo.

45. Non tutto ciò che narra Paolo a proposito dell'istituzione dell'Eucaristia [I Cor., 11, 23-25] è da considerarsi fatto storico.

46. Il concetto della riconciliazione del cristiano peccatore, per autorità della Chiesa, non fu presente nella comunità primitiva: fu la Chiesa ad abituarsi lentamente a questo concetto. Per di più, dopo che la Penitenza fu riconosciuta quale istituzione della Chiesa, non veniva chiamata col nome di Sacramento, poiché era considerata come Sacramento vergognoso.

47. Le parole del Signore "Ricevete lo Spirito Santo; a coloro ai quali rimetterete i peccati saranno rimessi e a coloro ai quali non li rimetterete non saranno rimessi" [Joh., 20, 22-23] non si riferiscono al Sacramento della Penitenza, anche se i Padri tridentini vollero affermarlo.

48. Giacomo, nella sua epistola [Jac., 5, 14 sqq.], non volle promulgare un Sacramento di Cristo, ma raccomandare una pia pratica e se in ciò riconobbe un certo qual mezzo di Grazia, non lo intese con quel rigore con cui lo intesero i teologi che stabilirono la nozione e il numero dei Sacramenti.

49. Coloro che erano soliti presiedere alla cena cristiana acquisirono il carattere sacerdotale per il fatto che essa progressivamente andava assumendo l'indole di un'azione liturgica.

50. Gli anziani che, nelle adunanze dei Cristiani, esercitavano l'ufficio di vigilanza, furono dagli Apostoli creati preti o vescovi per provvedere all'ordinamento necessario delle crescenti comunità, e non propriamente per perpetuare la missione e la potestà Apostolica.

51. Il Matrimonio fu riconosciuto dalla Chiesa come Sacramento della nuova Legge solo molto tardi; infatti, perché il Matrimonio fosse considerato Sacramento, era necessario che lo precedesse la piena dottrina della Grazia e la spiegazione teologica del Sacramento.

52. Cristo non volle costituire la Chiesa come società duratura sulla terra, per lunga successione di secoli; anzi, nella mente di Cristo, il regno del Cielo, unitamente alla fine del mondo, doveva essere prossimo.

53. La costituzione organica della Chiesa non è immutabile; ma la società cristiana, non meno della società umana, va soggetta a continua evoluzione.

54. I dogmi, i sacramenti, la gerarchia, sia nel loro concetto come nella loro realtà, non sono che interpretazioni ed evoluzioni dell'intelligenza cristiana, le quali svilupparono e perfezionarono il piccolo germe latente nel Vangelo con esterne aggiunte.

55. Simon Pietro non ha mai sospettato di aver ricevuto da Cristo il primato nella Chiesa.

56. La Chiesa Romana diventò capo di tutte le Chiese non per disposizione della Divina Provvidenza, ma per circostanze puramente politiche.

57. La Chiesa si mostra ostile ai progressi delle scienze naturali e teologiche.

58. La verità non è immutabile più di quanto non lo sia l'uomo stesso, poiché si evolve con lui, in lui e per mezzo di lui.

59. Cristo non insegnò un determinato insieme di dottrine applicabile a tutti i tempi e a tutti gli uomini, ma piuttosto iniziò un certo qual moto religioso adattato e da adattare a diversi tempi e circostanze.

60. La dottrina cristiana fu, nel suo esordio, giudaica; poi divenne, per successive evoluzioni, prima paolina, poi giovannea, infine ellenica e universale.

61. Si può dire senza paradosso che nessun passo della Scrittura, dal primo capitolo della Genesi fino all'ultimo dell'Apocalisse, contiene una dottrina perfettamente identica a quella che la Chiesa insegna sullo stesso argomento, e perciò nessun capitolo della Scrittura ha lo stesso senso per il critico e per il teologo.

62. Gli articoli principali del Simbolo apostolico non avevano per i cristiani dei primi tempi lo stesso significato che hanno per i cristiani del nostro tempo.

63. La Chiesa si dimostra incapace a tutelare efficacemente l'etica evangelica, perché ostinatamente si attacca a dottrine immutabili, inconciliabili con i progressi odierni.

64. Il progresso delle scienze richiede una riforma del concetto che la dottrina cristiana ha di Dio, della Creazione, della Rivelazione, della Persona del Verbo Incarnato e della Redenzione.

65. Il Cattolicesimo odierno non può essere conciliato con la vera scienza, a meno che non si trasformi in un cristianesimo non dogmatico, cioè in protestantesimo lato e liberale.

Nella seguente Feria V, il giorno 4 dello stesso mese ed anno, fatta di tutte queste cose accurata relazione al Santissimo Signor Nostro Pio Papa X, Sua Santità approvò e confermò il Decreto degli Eminentissimi Padri e diede ordine che tutte e singole le sopra enumerate proposizioni siano considerate da tutti come riprovate e condannate.

Pietro Palombelli,
Notaro della Sacra Inquisizione Romana ed Universale

Dato a Roma, presso il Palazzo del Sant'Uffizio, il giorno 3 del mese di Luglio dell'Anno 1907.

Bellarmino
03-12-02, 20:04
Pio XI
Mortalium animos


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1. Forse mai nel passato sentì il mondo vivo come al Nostri giomi il desiderio di rafforzare ed estendere al bene comune dell’umanità quelle fraterne relazioni che, per identità di natura e di origine, ci uniscono, in quanto uomini, strettamente fra noi.

Le nazioni sono ancora ben lontane dal goder pienamente i beni della pace, anzi vecchi e nuovi dissidi sbocciano qua e là in rivolte e lotte civili; d’altra parte la soluzione dei molti contrasti circa la tranquillità e prosperità dei popoli è subordinata all’opera concorde ed attiva dei rispettivi governanti; si spiega facilmente (massime ora che tutti convengono sull’unità del genere umano) perché siano tanti a desiderare una sempre maggiore unione fra le varie nazioni, a ciò portate da questa fraternità universale.

2. Analogo è l’intento che si prefiggono di conseguire taluni per quanto riguarda l’ordinamento della nuova legge promulgata da Nostro Signore Gesù Cristo.

Convinti che rarissimo è il caso di uomini assolutamente privi di ogni sentimento religioso, sembrano nutrire speranza che non debba riuscire troppo difficile che, malgrado singole divergenze in materia di religione i popoli si accordino fraternamente un giorno nella professione di alcune dottrine, accolte come base comune di vita spirituale.

Di qui il frequente indire che fanno, con notevole intervento di persone, di congressi, riunioni, conferenze cui sono indifferentemente invitati a discutere infedeli di ogni gradazione e cristiani e perfino infelici apostati da Cristo che ne ripudiano con pertinace ostinazione la natura e missione divina.

Simili tentativi non possono in nessun modo riscuotere l’approvazione dei cattolici, fondati come sono sul falso presupposto che tutte le religioni siano buone e lodevoli in quanto tutte, pur nella diversità dei modi, manifestano e significano ugualmente quel sentimento, a chiunque congenito, che ci rivolge a Dio e ci rende ossequienti nel riconoscimento del suo dominio.

Teoria questa non solo erronea e ingannatrice, ma che attraverso una deformazione del vero concetto religioso conduce insensibilmente chi la professa al naturalismo ed all’ateismo. E’ chiara quindi la conseguenza: aderendo ai fautori di tali teorie e tentativi ci si allontana del tutto dalla religione rivelata da Dio.

3. Ma dove parvenze di bene ingannano più facilmente parecchi è quando si tratta di promuovere l’unità fra tutti quanti i cristiani. Si sente ripetere con insistenza che, non solo è giusto, ma doveroso che quanti invocano il nome di Cristo si astengano da reciproche recriminazioni e si stringano una buona volta in vincoli di vicendevole carità.

E chi oserebbe sostenere di amar Gesù Cristo, senza impegnar tutte le proprie forze per contribuire alla realizzazione di uno dei voti di Lui, quando pregò il Padre perché i suoi discepoli fossero "una cosa sola?".

E lo stesso Gesù non diede ai propri fedeli quasi come distintivo l’amore reciproco: "Da questo tutti vi conosceranno per i miei discepoli: dall’amarvi l’un l’altro?" E magari aggiungono fossero tutti i cristiani "una cosa sola"; ben maggiore sarebbe la resistenza alla peste dell’empietà il cui quotidiano diffondersi ed imporsi minaccia di paralizzare la Buona Novella.

4. Queste e simili sono le ragioni che espongono non senza ampliarle, i cosiddetti pancristiani. E non è da credere che costoro siano pochi e raccolti in rari gruppi: si sono invece moltiplicati per così dire in fitta schiera e riuniti in società di vasta diffusione, rette specialmente - benché composte di credenti di varie confessioni - da acattolici.

Il lavoro a questo scopo è talmente attivo che in vari luoghi ha guadagnato la pubblica opinione e parecchi fra gli stessi cattolici sono presi dal miraggio e dalla speranza di simile unione, tanto più che essa sembra rispondere ai desideri di Santa Madre Chiesa, uno dei cui voti più antichi è di richiamare e ricondurre nel proprio seno i figli che l’han disertata.

Eppure sotto codeste attrattive e lusinghe si nasconde un gravissimo errore che scalzerebbe dalle basi il fondamento della Chiesa cattolica. Perciò la consapevolezza del Nostro dovere apostolico ci impone di vigilare a che il gregge del Signore non cada vittima di pericolose fallacie, e contro tanto male sollecitiamo, venerabili fratelli, la vostra diligenza.

Voi avvicinerete - ne siamo sicuri - con il più facile mezzo dello scritto e della parola, il popolo e ne sarete compresi nella spiegazione degli argomenti e principi che stiamo per esporre.

Non mancherà così ai cattolici una precisa norma di pensiero e di azione per saper come regolarsi rispetto a iniziative tendenti a procurare in qualsivoglia modo l’unione in un corpo solo di tutti i cristiani.

5. Dio, sommo fattore dell’universo, ci ha creati per conoscerlo e servirlo: pieno diritto ha per conseguenza alla nostra servitù. Avrebbe potuto Iddio per governar l’uomo prescrivere solamente la legge di natura, quella cioè che gli scolpì nell’animo all’atto della creazione e quindi, mercé la ordinaria sua provvidenza regolarne i progressi. Amò invece presentarci dei particolari precetti e nel corso dei secoli, dall’origine del genere umano sino alla venuta e predicazione di Cristo, insegnò egli stesso all’uomo i doveri che gli derivavano dalla propria natura verso il Creatore: "molte volte e in molti modi Dio ha parlato già ai nostri Padri per mezzo dei Profeti, e da ultima ai giorni nostri ha parlato a noi attraverso il suo Figliolo".

E’ evidente da quanto precede che delle religioni sola vera sarà quella che si fonda sulla parola della rivelazione, cominciata fin da principio, proseguita nell’antico testamento e compiuta nel nuovo dello stesso Gesù Cristo. Ora, se Dio ha parlato, e la storia ci prova che realmente parlò, tutti comprendono che è Nostro dovere credere senza limiti a quanto Egli rivela e senza restrizioni obbedire ai suoi ordini. E proprio per questo, perché potessimo rettamente comportarci a gloria di Dio e per la nostra salvezza, fondò il Signore la sua Chiesa nel mondo.

Nessuno crediamo, può dichiararsi cristiano senza almeno credere alla istituzione di una Chiesa e di una sola, per opera di Cristo: ma se appena si richiede quale deva essere secondo la volontà del suo fondatore, allora cominciano le divergenze. Molti per esempio negano che la Chiesa di Cristo deva essere visibile, almeno nel senso che debba presentarsi come un solo corpo di fedeli, concordi in un solo insegnamento e in una sola dottrina, sotto unico governo; e dicono invece che la Chiesa visibile altro non è se non una società composta dall’assieme delle varie comunità cristiane, anche se singolarmente aderenti a dottrine magari opposte fra loro.

La Chiesa sua invece Nostro Signore la fondò come società perfetta, per natura esterna e sensibile, con il fine di perpetuare nel futuro l’opera salvatrice della Redenzione, sotto la guida di un solo capo, mercé l’insegnamento della parola e con la dispensa dei sacramenti, fonti della Grazia celeste.

Ecco perché nelle sue parabole la dichiarò simile a regno, a casa, a ovile, a gregge. E codesta Chiesa, morti che furono il fondatore e gli apostoli, primi artefici della sua propaganda, non poteva certo, così mirabilmente costituita, venir meno e cessare, poiché ad essa era stato assegnato il compito di condurre tutti gli uomini senza alcuna eccezione di tempo o di luogo all’eterna salvezza "andate dunque ed insegnate a tutti...".

E come potrà mai la chiesa deflettere dall’adempimento di questo dovere, per diminuito valore ed efficacia, sicura della permanente presenza a suo fianco di Gesù Cristo secondo la solenne promessa "Ecco io sono con voi ogni giorno, sino alla fine dei secoli?".

Non solamente deve dunque la Chiesa di Cristo sussistere oggi, domani e sempre, bensì deve avere l’identica fisionomia di quella dei tempi apostolici, a meno che non si voglia giungere all’assurdità di ritenere che Gesù Cristo o abbia fallito allo scopo o pur si sia sbagliato quando affermò che le porte dell’inferno non avrebbero mai prevalso contro di essa.

Se non che a questo punto occorre chiarire e confutare una falsa opinione, da cui sembra dipenda tutta la questione presente da cui traggono origine la molteplice attività e sollecitudine degli acattolici tendenti - come dicemmo - all’unione delle chiese cristiane.

I fautori di questa iniziativa van di continuo e quasi all’infinito ripetendo le parole di Cristo: "Che tutti siano una cosa sola... si farà un solo gregge ed un solo pastore..." con l’idea però di esprimere così un voto e una preghiera di Gesù Cristo tuttavia inesauditi. Per costoro l’unità di governo e di fede, che è la nota distintiva dell’unica e vera Chiesa di Cristo non è mai, si può dire, esistita nel passato né esiste al presente; è possibile si desiderarla e forse, una volta o l’altra, mediante la comune volontà dei fedeli potrebbe anche realizzarsi, ma rimane per adesso vaga utopia.

Di più: la Chiesa, dicono, per sé, per sua natura è divisa in parti, consta cioè di molte singole Chiese e comunità e queste separate finora pur avendo in comune taluni punti dottrinali, tuttavia non sono d’accordo per altri i ma tutte godono e possono rivendicare gli stessi diritti; la Chiesa insomma fu unica al più dall’età apostolica fino ai primi concili ecumenici.

Dunque, soggiungono, bisogna mettere da parte e superare ogni controversia e codeste antichissime divergenze che ancor oggi mantengono diviso il nome cristiano; e formare invece, dalle altre dottrine comuni, e proporre, una norma di fede nella cui professione prevalga piuttosto al sapersi il sentirsi fratelli; che infine se unite da un patto universale le varie comunità o chiese potranno opporre solida e fruttuosa resistenza ai progressi dell’empietà.

6. Questo, venerabili fratelli, è quanto si sente comunemente dire. E’ ben vero che non mancano di quelli che ritengono e concedono che il Protestantesimo ha peccato di leggerezza nell’abbandonare certi punti di fede e qualche rito del culto esterno, certamente accettabili ed utili, che invece la Chiesa romana ancora mantiene. Subito dopo però rinfacciano proprio a questa chiesa di aver corrotto la purezza delle antiche dottrine con l’aggiunta di altre, nonché aliene, contrastanti addirittura al Vangelo; e la principale sarebbe quella del primato di giurisdizione concesso a Pietro e ai suoi successori nella sede romana. Fra costoro ce ne sono pure benché pochi - che concedono - al Romano Pontefice un primato d’onore, una qualche giurisdizione o potere, ma solo in quanto derivato, in certa maniera, dal consenso dei fedeli e non già per diritto divino; ed altri arrivano fino a desiderare alla presidenza dei loro, diciamo così, variopinti convegni, lo stesso Pontefice.

Ma se molti sono gli acattolici che predicano a gran voce la fraterna comunione in Gesù Cristo, non se ne trova nemmeno uno cui venga in mente di obbedire all’insegnamento e sottoporsi al governo del Vicario di Gesù Cristo.

E intanto sostengono che essi tratteranno ben volentieri con la chiesa romana ma con eguaglianza di diritti, cioè da pari a pari; e se così potessero fare ci vuol poco a supporre che agirebbero in modo che l’eventuale accordo non li costringesse al ripudio delle opinioni per cui vagano ancora erranti lontano dall’unico ovile di Cristo.

7. Stando così le cose, è evidente che non può la Sede Apostolica prendere parte a queste riunioni né è permesso in alcun modo ai cattolici aderire o prestar l’opera propria a tali iniziative; cosi facendo attribuirebbero autorità ad una falsa religione cristiana, assai diversa dall’unica Chiesa di Cristo. Ma potremo noi tollerare l’iniquissimo tentativo che la verità, e di più divinamente rivelata sia oggetto di transazioni?

Ché qui si tratta proprio della difesa della verità rivelata. Dal momento che Gesù mandò per il mondo intero a diffondere tra tutti la buona novella gli apostoli, dopo aver loro tolto, per mezzo del preventivo insegnamento di tutta la verità da parte dello Spirito Santo, ogni possibilità di errore, forse che cotesta dottrina apostolica è mai venuta del tutto meno o fu talvolta alterata, in quella chiesa di cui Dio stesso è guida e custode ?

E poteva il Signore, mentre dichiarò apertamente che il Vangelo non si riferiva solo ai tempi apostolici, ma abbracciava anche tutto il futuro, permettere un oscuramento progressivo dell’oggetto della fede, tale da trovarci a dover oggi tollerare opinioni contrastanti?

Ma se questo fosse vero bisognerebbe pur convenire bestemmiando che la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e la sua stessa perpetua permanenza nella Chiesa e fin la Predicazione di Cristo han perduto ormai da parecchi secoli ogni efficacia ed utilità.

Di più l’Unigenito Figlio di Dio quando ordinò ai suoi messi di evangelizzare tutto il mondo impose a tutti gli uomini il dovere di prestar fede alla verità insegnata da questi "testimoni preordinati da Dio" con la sanzione: "Chi crederà e sarà battezzato si salverà; e chi non crederà sarà dannato". Ora non si può nemmeno comprendere la portata e il valore di questo duplice precetto di insegnare cioè e di credere indispensabile al conseguimento dell’eterna salute, se non attraverso l’integra e chiara esposizione della dottrina evangelica fatta dalla Chiesa, e la sicurezza della sua infallibilità.

A questo riguardo sono pure fuori di strada quanti ammettono sì l’esistenza in terra di un deposito di verità, ma ne subordinano la conquista a così faticoso lavoro, con studi ed indagini tanto diuturne, che sì e no la vita di un uomo potrebbe bastare; come se Dio nella sua immensa bontà, avesse parlato per mezzo dei profeti e del proprio Unigenito perché solo pochi ed anziani conoscessero la verità da lui rivelata, e non per imporre norme di fede e di morale a guida e sostegno dell’uomo nel suo corso mortale.

8. Potrà sembrare che codesti "pancristiani" tutti occupati nell’unire le Chiese si propongano il nobilissimo scopo di diffondere e d’intensificare tra tutti i cristiani il senso della carità; ma come mai potrebbe la carità rivolgersi in danno della fede?

Nessuno certamente ignora che proprio Giovanni, l’apostolo della Carità, che pare nel suo vangelo aver svelato i secreti del Cuore Sacratissimo di Gesù e che sempre inculcava ai discepoli il nuovo comandamento: "Amatevi l’un l’altro", vietò ogni relazione con chi non professi piena ed incorrotta la fede di Cristo: "Chi viene a voi e non porta questa dottrina non accoglietelo in casa e non lo salutate nemmeno".

Quindi, basandosi la carità sulla fede integra e sincera, occorre che principalmente sul vincolo dell’unità della fede si polarizzino gli sforzi per riunire i figli di Cristo.

9. Come è dunque possibile concepire una società cristiana i cui singoli componenti siano liberi di ritenere, anche quando si tratta dell’oggetto della fede, il proprio modo di pensare e di giudicare benché contrario alle opinioni degli altri ?

E in che maniera, di grazia, armonizzerebbero a comporre una sola ed uguale unità di fedeli, uomini che seguono sentenze diverse! Come, per esempio, gli assertori della validità della sacra Tradizione, a fonte genuina della Rivelazione divina e quelli che la impugnano? Chi accetta l’origine divina della gerarchia ecclesiastica, coi suoi vescovi, sacerdoti e ministri, e chi la considera sorta mano a mano per le esigenze dei tempi e delle cose? Chi nella santissima Eucaristia, per la transustanziazione del pane e del vino, adora Cristo realmente presente e chi sostiene che ivi il Suo corpo è soltanto presente per la fede o per il segno e la virtù del Sacramento, chi nell’Eucaristia riconosce la natura di sacrificio e di sacramento e chi la giudica niente altro che memoria o rievocazione dell’Ultima Cena?

E come potranno star insieme le contrastanti dottrine sulla bontà e utilità delle preghiere ai santi prima fra tutti la Vergine Maria Madre di Dio che regnano insieme a Nostro Signore, e della venerazione alle loro immagini, e quelle per cui il culto dei santi non è lecito in quanto si oppone all’onore dovuto a Gesù Cristo "solo mediatore fra Dio e gli uomini"?

Date divergenze dottrinali così gravi e numerose non vediamo come si prepari la via a formare l’unità della Chiesa, mentre suoi requisiti essenziali sono un unico magistero, una unica legge del credere ed una sola fede.

Sappiamo invece benissimo che da tutto questo all’indifferenza religiosa ed al modernismo è breve il passo. Per quelli infatti che ne han miseramente subito il contagio, la verità dogmatica non è già assoluta ma relativa, proporzionata alle diverse esigenze di tempo e di luogo ed alle varie tendenze degli spiriti, non essendo basata sulla rivelazione immutabile ma sull’adattabilità alla vita.

Inoltre in materia di fede non si può assolutamente tollerare la distinzione posta tra articoli fondamentali e non fondamentali come se gli uni si imponessero a tutti e gli altri fossero lasciati all’arbitrio ed al gusto dei fedeli.

La virtù soprannaturale della fede che ha per causa formale l’autorità di Dio rivelante, non permette una simile distinzione. Sicché i veri cristiani prestano, per esempio, all’augusto mistero della Ss.ma Trinità uguale fede che a quello dell’Immacolata Concezione, e credono cosi all’Incarnazione del Verbo come all’infallibilità del Romano Pontefice, così come il Concilio Vaticano la definì.

Né per il fatto che le singole verità sono state definite e solennemente proclamate dalla Chiesa in tempi diversi ed anche recenti ne consegue una graduatoria nella loro certezza e credibilità. Forse non è sempre Dio che le rivelò?

Il Magistero Ecclesiastico infatti, stabilito per divina provvidenza nel mondo allo scopo di conservare intatti in perpetuo le verità rivelate e di diffonderne con facilità e sicurezza la conoscenza, per quanto si eserciti quotidianamente per mezzo del Sommo Pontefice e dei vescovi in comunione con Lui, abbraccia pure il compito di definire, con riti e solenni decreti, quei punti della Sacra dottrina che, per errori di eretici e controversie, occorre spiegare con ulteriore efficacia e chiarezza e ribadire nelle menti dei fedeli.

Però con questa forma straordinaria di insegnamento non si introducono invenzioni o comunque qualcosa di nuovo che venga ad aggiungersi alla somma delle verità almeno implicitamente contenute nel deposito della Rivelazione divina; si tratta invece o di chiarire punti che a taluni potrebbero rimanere tuttavia oscuri, o di dichiarare oggetto di fede verità prima ancora ritenute da taluno controverse.

10. Risulta quindi evidente, venerabili fratelli, il motivo del permanente divieto posto da questa Sede Apostolica ai fedeli di partecipare a riunioni degli acattolici. Ché l’unico modo possibile di favorire l’unità dei cristiani si è di agevolare il ritorno dei dissidenti alla unica vera Chiesa di Cristo, a tutti ben nota e, per volontà del proprio fondatore, destinata a rimaner in eterno tale come Egli la istituì per la comune salvezza di tutti. Che mai nel volgere dei secoli la mistica Sposa di Cristo fu contaminata né mai potrà contaminarsi secondo le belle parole di Cipriano: "Non può adulterarsi la Sposa di Cristo; è incorrotta e pudica; una sola casa conosce, di una sola stanza custodisce con casto pudore: la santità". E il medesimo santo martire bene a ragione si meravigliava che ci fosse qualcuno capace di credere che "questa unità proveniente dalla divina stabilità e saldata per mezzo dei sacramenti celesti possa nella Chiesa infrangersi ed esser sciolta per il dissenso di volontà discordanti".

Se infatti il mistico corpo di Cristo, cioè la Chiesa, è ben connesso e solidamente collegato come il fisico suo corpo, sarebbe sciocchezza fallace il dire che il mistico corpo si risolva in membri separati e distinti. Chiunque ad esso non è congiunto non può esserne membro né comunica con il capo che è Cristo. Ora nessuno partecipa a questa unica Chiesa di Cristo, come nessuno vi rimane, se non conoscendo ed accogliendo con l’obbedienza la suprema autorità di Pietro e dei suoi legittimi successori. Non fu forse al Vescovo di Roma che obbedirono gli antenati degli odierni seguaci degli errori di Fozio e dei Protestanti? I figli si allontanarono purtroppo dalla casa paterna ma non per questo essa andò in rovina sostenuta com’era dal continuo aiuto di Dio. Ritornino dunque al padre comune ed Egli dimentico delle precedenti ingiurie contro la Sede Apostolica li accoglierà con tutto l’affetto del cuore.

Ché se desiderano, come ripetono, unirsi con Noi e con i Nostri, perché non si affrettano a venire alla Chiesa " Madre e maestra di tutti i seguaci di Cristo?".

Ascoltino la dichiarazione di Lattanzio: "La sola... Chiesa Cattolica è quella che mantiene il culto vero. Questa è la fonte della verità, questa la dimora della Fede, questo il tempio di Dio. E chiunque non v’è entrato o ne sia uscito rimane privo della speranza di salvezza. Nessuno deve cercare d’ingannare sé stesso con dispute pertinaci: qui si tratta della vita, e se non vi si pensa e provvede, la si perde irreparabilmente".

Tornino dunque i Nostri figli dissidenti alla Sede Apostolica, posta nell’Urbe che i principi degli apostoli, Pietro e Paolo, consacrarono col loro sangue, alla sede "Radice e matrice della Chiesa cattolica": non già con l’idea o la speranza che la "Chiesa del Dio vivo, colonna e fondamento della verità" faccia getto dell’integrità della fede per tollerare i loro errori, ma per sottomettersi al suo magistero e governo.

11. Volesse il Cielo che toccasse a Noi di realizzare quanto non riuscì ai Nostri predecessori: di poter abbracciare con effusione paterna i figli di cui piangiamo il doloroso abbandono; così il Salvatore che vuol tutti gli uomini salvi e consapevoli della verità, ascoltando la nostra appassionata preghiera si degnasse di richiamare tutti gli erranti alla unità della Chiesa!

E per conseguire cosi difficile intento invochiamo, e vogliamo s’invochi, l’intercessione della Beata Vergine Maria Madre della grazia divina, vincitrice di ogni eresia ed aiuto dei cristiani, perché ci ottenga quanto prima il sorgere di quel desideratissimo giorno in cui tutti gli uomini udranno la voce del suo Figliolo divino "conservando nel vincolo della pace l’unità dello Spirito".

Voi ben comprendete, venerabili fratelli, quanto questo ritorno Ci stia a cuore e desideriamo che lo sappiano tutti i Nostri figli, non soltanto i cattolici ma anche quelli da Noi separati. E non v’è dubbio che se richiedono con umiltà di preghiera lumi celesti riconosceranno l’unica vera chiesa di Cristo e vi entreranno finalmente uniti con Noi in perfetta carità.

In questa attesa a voi, venerabili fratelli, al vostro clero e popolo impartiamo di cuore, auspicio di doni divini e conferma di benevolenza paterna, l’apostolica benedizione.

Data a Roma, presso S. Pietro, il 6 Gennaio 1928, Festa dell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo, nell’anno VI del Nostro Pontificato.