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Asteroids
05-12-02, 19:36
Breve sguardo panoramico sulle “nuove” persecuzioni.

LA PASSIONE DELLA CHIESA CATTOLICA SOTTO L’ISLAM E IL COMUNISMO Per non dimenticare i nostri fratelli che soffrono, dalla Cuba comunista all’Indonesia islamica.


Sfogliando le pagine dei giornali capita con una certa frequenza di imbattersi in angoscianti notizie che hanno per oggetto la persecuzione dei cristiani, anche se purtroppo le occupazioni quotidiane spesso ci prendono a tal punto di impedirci di valutare certi eventi nella loro reale portata. Questi fatti, presi singolarmente, ci appaiono come degli episodi circoscritti, ma che comunque non entrano nella nostra vita concreta, almeno per adesso, lasciandoci inspiegabilmente freddi.
Ecco che allora può essere utile raccogliere queste informazioni e ripresentarle alla nostra attenzione in un unico corpus per prendere maggiore coscienza di quella tristissima realtà che è la persecuzione contro i cristiani, relegata non solo ai libri di storia, ma drammaticamente reale, concreta e molto più vicina a noi di quello che si possa immaginare.
Abbiamo quindi deciso qui di tracciare un panorama riassuntivo, selezionando alcune tra le tante notizie sull’argomento dal Natale 2000 ai primi giorni di giugno scorso. Siamo consapevoli che i nostri lettori non sono da annoverare fra quelli che in Occidente dimenticano la terribile sorte toccata a tanti fratelli nella fede, ma anzi che trarranno da queste righe spunti per una buona intenzione di preghiera.
Preliminarmente, è comunque sempre conveniente aver presente quanto dichiarato dal sacerdote gesuita egiziano Samir Khalil, islamologo docente all’Università St. Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma, in una intervista su Avvenire (29/03/1999): “In un’Europa che ha perso la memoria delle radici crescono i complessi d’inferiorità, una sorta di ‘meaculpismo’ che impedisce di capire i cambiamenti che la crescita dell’islam può produrre nel tessuto sociale… in fondo a questo equivoco c’è la crisi d’identità dell’Europa, dove tutto viene messo in discussione in nome di un relativismo che finisce per penalizzare il cristianesimo… (aggiungerei) che da parte dello Stato ci vorrebbe più coraggio nei rapporti diplomatici con certi paesi dove i cristiani vivono in condizione di emarginazione sociale e patiscono discriminazioni…”.
Non è la prima volta, ed è purtroppo poco probabile che sia l’ultima, che ci occupiamo dello scottante problema della persecuzione religiosa ai nostri giorni (vedi per esempio “Spunti”, Giugno 99). Un fenomeno crescente che non può non starci a cuore, anche perché – al margine del pericolo islamico - troviamo a volte un diffuso ottimismo sul fatto che il comunismo sarebbe completamente scomparso dalla terra o, se si ammette che sia ancora vivo in certi luoghi di secondaria importanza, sarebbe comunque ridotto ad una sorta di dinosauro moribondo in preda agli ultimi colpi di coda. È bene ricordare però che la Cina controlla la non indifferente cifra di un miliardo e duecento milioni di abitanti e che, in fatto di persecuzione religiosa, si comporta nel peggiore stile del comunismo classico, cioè, di quello che ha riempito di martiri le pagine del secolo trascorso. Non è un po’ strano che questo “morto”, quale dovrebbe essere il comunismo, riesca ancora a perseguitare in modo così militante e virulento la religione?

Cina comunista
Nel mirino vescovi, sacerdoti e laici fedeli al Papa
“Puntuale come una cambiale, una nuova ondata di arresti di vescovi, preti e laici in diverse province cinesi ha colpito la Chiesa cattolica negli ultimi giorni, in una azione repressiva che appare coordinata a livello nazionale”, leggiamo su Avvenire in un servizio del 24 aprile scorso (”Cina, la Chiesa nel mirino”), che riprende informazioni trasmesse dall’agenzia vaticana Fides e dalla Kung Foundation di Stanford, USA.
“Informazioni giunte a Fides affermano che il vescovo non ufficiale di Pechino (ndr.: cioè, non riconosciuto dalle autorità comuniste perché in comunione col Papa), Mons. Mattia Pei, 82 anni è stato arrestato agli inizi di aprile. Mons. Pei, ricercato da anni, era sempre riuscito a sfuggire ad arresti e controlli. Intanto la Kung Foundation di Stanford afferma che anche il vescovo non ufficiale di Yixian (Hebei), mons. Shi Enxiang, è stato arrestato dalla polizia il 13 aprile scorso (Venerdì Santo) a Pechino. Mons. Shi, 79 anni, è vescovo dal 1982. Ha già passato 30 anni in prigione”. Dopo averci informarto che l’Hebei è la regione con la massima concentrazione di cattolici, la Fides dà notizia di 5 sacerdoti e 13 laici arrestati dalle autorità comuniste, commentando che “secondo alcuni osservatori l’ondata di arresti – a cui si devono aggiungere le decine di vescovi sotterranei agli arresti domiciliari – rientra nella campagna di eliminazione della chiesa sotterranea (ndr: cioè fedele a Roma) lanciata nel ‘95 a riattizzata dopo le canonizzazioni dei martiri cinesi, avvenuta in Vaticano il 1 ottobre 2000”. Mons. Pan Deshi, vescovo patriota, cioè riconosciuto dal governo ma non da Roma, ha negato che Mons. Shia sia stato maltrattato; secondo lui, la polizia “ha solo cercato di educarlo” (Fides 23/04/2001).

Alla forzata diaspora si è aggiunta la distruzione degli edifici di culto
In un altro articolo apparso su Avvenire (21/02/2001), P. Bernardo Cervellera, direttore della Fides, racconta: “Lo scorso anno in Hebei, Zhejian, Fujian, Liaoning, membri delle Associazioni patriottiche hanno arrestato vescovi sotterranei per convincerli di passare alla chiesa ufficiale”. Altri “sono tenuti sequestrati da più di 4 anni, rei di non sottomettere la loro attività pastorale al controllo completo della polizia. La distruzione delle comunità sotterranee avviene in modo capillare anche con una campagna contro i laici: i genitori che non vogliono iscriversi all’Associazione patriottica perdono il lavoro; i loro figli vengono espulsi dalla scuola; i più renitenti vengono imprigionati. Lo scorso novembre a Luoyuan (Fujian) 2 suore, 6 seminaristi, e un gruppo di laici sono stati incarcerati per alcuni giorni, picchiati e tenuti alla fame finché non avessero firmato a forza una rinuncia alla loro fede. Alla distruzione delle comunità si è aggiunta nel Fujian la distruzione fisica di più di 500 chiese e templi domestici”.

Hong Kong: primi passi per estromettere i cattolici dal sistema educativo
Se la situazione nella Cina continentale è da tempo difficile per i cattolici, dovranno rivedersi coloro che pensavano che almeno Hong Kong sarebbe stata lasciata in pace, in base al principio “un paese, due sistemi”, al quale Pechino aveva promesso di tener fede. Ma è risaputo che le amnesie riguardanti il valore della parola data dai comunisti sono una malattia cronica dell’Occidente. E’ la Fides a informarci ancora che a Hong Kong incominciano le prime grane: “La Chiesa cattolica deve versare al governo cinese 128mila dollari per l’affitto di strutture scolastiche utilizzate per ‘attività religiose’”. Il sotterfugio utilizzato per questa rivendicazione è che la Chiesa adopera certi edifici pubblici non soltanto per educare, come stabilisce un accordo firmato a suo tempo con le autorità britanniche, ma anche per “celebrare messe”. “P. Stephen Chan, preside di una scuola cattolica e supervisore ecclesiastico della Commissione “Giustizia e Pace” diocesana ha detto a Fides che le attività religiose sono parte integrante dell’educazione…”. Ci racconta ancora la Fides che nell’ex colonia inglese, dove ci sono 323 scuole cattoliche con circa 290.000 iscritti, è stata varata una riforma “che sminuisce il ruolo della Chiesa, scavalcando il suo diritto a dirigere scuole come ente promotore” e che “secondo personalità ecclesiastiche di Hong Kong, la pretesa (ndr: di chiedere l’affitto) è un primo passo suggerito da Pechino per tentare di acquisire il controllo delle scuole ed esautorare i cattolici dal sistema educativo nell’ex colonia inglese”. (Fides 11/01/2001).

Cuba
Proibiti oggetti religiosi a scuola e ricevere medicine dalla Chiesa
Da un altro paese dominato da un partito comunista, Cuba, ci arrivano notizie di difficoltà per i cattolici. Fides/Aci, in un servizio del 19/01/2001, informa: “Le scuole cattoliche della capitale cubana hanno vietato la presenza in classe agli alunni che portino oggetti religiosi: crocifissi, immaginette, medaglie, scapolari (…) Il provvedimento è stato adottato perché le espressioni religiose ‘non ostacolino’ il lavoro politico ideologico svolto con gli alunni”. Un’altra misura presa dalle autorità cubane è “punire severamente” i medici che prescrivono ricette per avere farmaci dalla Chiesa cattolica. “Secondo fonti locali, il problema è che il governo cubano è incapace di porre rimedio alla mancanza di medicine per cui i malati si rivolgono in massa alla Chiesa cattolica. Il governo è quindi preoccupato di perdere il controllo su un aspetto importante della vita dei cubani come la salute”. Una gelosia ingiustificabile ma non incomprensibile. Incomprensibile è invece il coro mediatico e politico che decanta i pregi della sanità cubana.

Si batte per i diritti umani: torturato
Veniamo pure a sapere che nell’isola caraibica il dottor Oscar Elias Biscet, medico, presidente della Lawton Foundation for Human Rights, notissimo per la sua difesa del diritto alla vita, “oltre ad essere rinchiuso in prigione, è stato selvaggiamente torturato dai carcerieri comunisti (…)”. Mons. Eduardo Boza Masvidal, ex-vescovo ausilare dell’Avana, esiliato dalla dittatura e attualmente a Caracas, ha denunziato che ‘su 10 potenziali nascite, ben 6 vengono abortite. Si tratta della più alta percentuale dell’emisfero occidentale’”. (“Cuba si batte per i diritti umani: torturato”, F. Salatino in Secolo d’Italia, 01/02/2001).

Vietnam
Il partito comunista ha imposto un regime disumano sulle religioni
Sul Vietnam, un’altra agenzia missionaria, Misna, ci informa che “i cristiani devono rinunciare alla loro fede bevendo un misto di sangue di pollo e saké” (14/02/2001). Quattro leader religiosi, fra i quali un sacerdote cattolico, hanno rivolto un appello al governo in cui affermano che “dopo la conquista del Vietnam del Sud, il 30 aprile 1975, il partito comunista ha imposto un regime disumano sulle religioni (...).
Uno dei firmatari della dichiarazione, p. Tadeo Nguyen Van Ly, sacerdote dell’arcidocesi di Hue, è ancora agli arresti domiciliari, senza mezzi di comunicazione con l’esterno”. (Fides, 23/01/2001). Rilasciato ancora una volta dopo diversi periodi trascorsi in galera, secondo recenti informazioni della Fides (17/05/2001) Padre Van Ly è stato nuovamente arrestato. 600 agenti hanno fatto irruzione nella chiesa dove stava celebrando messa, malmenando i fedeli che hanno cercato di difenderlo.

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Tutti più o meno sanno che oggi i nostri fratelli cattolici più esposti alle persecuzioni sono quelli a cui capita di dover vivere in certi paesi islamici o dove c’è la presenza, in genere crescente, di una componente musulmana fondamentalista.

Pakistan
Cattolici arrestati per aver protestato contro gli abusi
“Padre Arnold Heredia, 60 anni, e Alsam Martin, laico cattolico 44enne, sono stati arrestati mercoledì a Karachi, in Pakistan, per aver preso parte ad una protesta pubblica contro la legge sulla blasfemia (…). La protesta delle minoranze non musulmane contro la legge sulla blasfemia è cresciuta per il moltiplicarsi di uccisioni illegali, saccheggi di proprietà private e luoghi di culto, compiuti in nome della blasfemia (…)”. La legge sulla blasfemia “punisce anche con la pena di morte ‘chiunque con parole dette o scritte o con rappresentazioni visive o con ogni mezzo, direttamente o indirettamente, offenda il sacro profeta Maometto’” (Avvenire, 13/01/2001).
Così la legge è fatta in modo tale da poter venire interpretata in un senso ampiamente persecutorio. Non solo un accenno critico o parlato all’islam, ma addirittura una rappresentazione grafica sulla divinità di Gesù o sulla Trinità di Dio possono venire represse brutalmente. La Fides racconta che “altri cristiani restano in carcere per aver distribuito pubblicazioni cristiane e copie del film ‘Jesus’” (Fides 26/01/2001). Il già citato servizio di Avvenire ricorda “che il 6 maggio 1998 il vescovo di Faisalbad, Mons. John Joseph, si tolse la vita come atto di protesta per il caso del cristiano Ayub Masih, condannato a morte in applicazione della legge sulla blasfemia”. Non è l’unica versione certa del fatto: come abbiamo riportato su Spunti (Giugno 99), un nipote del vescovo escludeva il suicidio data la sua solida formazione religiosa e piuttosto segnalava gli integralisti islamici come gli autori della sua uccisione.

Afghanistan
Pena di morte a chi si converte
Dello stesso tenore sono le notizie che arrivano dall’Afghanistan: “Qualsiasi afghano che si converta al cristianesimo o – comunque – propagandi altre religioni diverse da quella musulmana sarà condannato a morte” . Un portavoce dei talebani, Abdul Hai Mutmaen, chiarisce: “Recita il decreto (NdR: promulgato dai taleban): si avvertono tutti i cittadini che se un musulmano afghano accetta le credenze cristiane o si è convertito a questa religione abolita, o se è visto professare il cristianesimo o il giudaismo, distribuire la loro letteratura religiosa o fare pubblicità per loro, sarà condannato a morte” (R. Cascioli, “Pena di morte a chi si converte”, Avvenire 9/1/01).

Attaco dinamitardo in una chiesa durante Messa domenicale
Tragica pure la notizia giunta nel giugno scorso dal Bangladesh: “Un ordigno esploso ieri in una chiesa cattolica ha provocato dieci morti e diversi feriti. (…) Lo riferiscono alla Misna fonti missionarie locali. La bomba è esplosa durante la messa domenicale a Baniarchar (…); le vittime, tutti giovani, si trovavano nella zona del coro (…). Secondo il governo si tratterebbe di un attacco di fondamentalisti islamici. Fonti missionarie tendono invece a credere che vi siano ragioni politiche” (Misna, 04/06/2001). Il fatto è che comunque sono dei cattolici a fare le spese.

Indonesia
Violenze, decapitazioni e “conversioni” forzate
Particolarmente drammatiche sono le notizie sulla persecuzione islamica in Indonesia. Il Cardinale E. Tonini ha detto di essere rimasto profondamente colpito dal resoconto fatto dal Cardinale di Jakarta al concistoro di maggio scorso in Vaticano.
Ecco un breve riassunto di questi fatti di inaudita crudeltà: “Gli uomini vengono circoncisi, le donne infibulate. I cristiani delle Molucche subiscono mutilazioni dei genitali come segno di appartenenza all’islam. Gli aguzzini usano lame rudimentali e le vittime della violenza hanno ferite infette e purulente”, racconta la Fides (5/1/01), che si è informata presso fonti vicine alla conferenza episcopale indonesiana. “… Anche il governatore di Ambon, Saleh Latuconsina, responsabile dello stato civile di emergenza nelle Molucche, ha riconosciuto che ‘è innegabile che alle isole di Kasui e Teor stia avvenendo una islamizzazione forzata’”. Una testimone, Christina Sagat, racconta la raccapriciante vicenda di cui è stata vittima. La Fides dice che Christina “era sfuggita il 23 e il 24 novembre agli attacchi della Jihad islamica contro i villaggi nell’isola di Kasui. Non si sa quanti siano morti durante gli attacchi. Ma è certo che diverse persone sono state uccise e una decapitata. Secondo testimonianze raccolte dalla Fides, un capo del gruppo della Jihad è stato visto ritornare dagli attacchi portando come trofeo la testa di un cristiano. (…) Il macabro trofeo doveva essere la prova che i musulmani di Kasui avevano compiuto la missione loro affidata dalla moschea Al Fatah per ‘farla finita con i cristiani’”.
Secondo i testimoni “dopo gli attacchi ai loro villaggi, i cristiani sopravvissuti sono stati raccolti in varie moschee. Qui, sotto la minaccia di morte, venivano forzati a seguire i rituali della conversione all’islam. Dapprima sono stati costretti a ricevere un bagno purificatore… Sotto la minaccia delle armi dovevano rispondere alla domanda ‘Vi convertite volontariamente?’ Pieni di paura, tutti hanno risposto di sì. Poche ore prima essi avevano assistito all’uccisione di una insegnante di scuola elementare che si era rifiutata di convertirsi”. (Fides 05/01/2001).

Nelle feste natalizie, attentati contro scuole e chiese cattoliche
A queste atroci notizie di novembre, sono seguite quelle degli attentati dinamitardi che hanno sconvolto l’Indonesia a Natale, con 17 morti e oltre 100 feriti. Questi attentati hanno colpito la cattedrale di Jakarta, la chiesa di S. Giuseppe di Matraman, una scuola superiore dei gesuiti e anche una chiesa protestante in momenti di particolare affollamento per le feste natalizie. “Settori deviati delle Forze speciali di Sicurezza – ci racconta ancora la Fides – si sono infiltrati fra i padri francescani della comunità di Kramat, al centro di Jakarta. Il 31 dicembre la polizia ha arrestato un uomo di nome “Hyeronimus”, sospettato di essere coinvolto nell’attacco che la vigilia di Natale ha colpito la cattedrale di Jakarta. L’uomo che viveva presso la comunità francescana aveva una falsa identità. (…) Il Ministro della Difesa indonesiano Muhammad Mahfud ha confermato il coinvolgimento attivo delle forze di polizia negli attentati di Natale… Sul coinvolgimento dei poteri forti anche i vescovi indonesiani concordano. Un messaggio ufficiale della Conferenza episcopale indonesiana afferma: ‘Dietro gli attentati con bombe, abilmente pianificati, si nasconde un potere ben organizzato e molto influente…’” (Fides 12/01/2001).

Cristiana uccisa perché non voleva sposare un musulmano
Il Corriere della Sera del 3 gennaio scorso informa che “una donna cristiana è stata uccisa per aver rifiutato di sposare un musulmano (…) nella piccola isola di Keswi (Molucche)”.
Quali sono state le proteste contro questa brutale discriminazione?

Ambon: sanguinoso attacco a quartieri cristiani
“Nuovi dettagli giungono alla Misna (ndr: l’agenzia missionaria già citata) sul sanguinoso attacco sferrato ad alcuni quartieri cristiani dai guerriglieri islamici inneggianti alla ‘jihad’ (guerra santa) nella notte di domenica 20 maggio ad Ambon. I padri del Centro di crisi della locale diocesi riferiscono alla Misna che i feriti risultano almeno 17, mentre i morti sono 9, tra cui due soldati. Questi indossavano abiti militari, giubbotti antiproiettile e recavano con sé diverse granate. Stando ai religiosi, tutti questi particolari ‘andrebbero ad avvalorare l’opinione ormai diffusa tra i cristiani secondo cui alcuni esponenti dell’esercito sono coinvolti nei recenti attacchi.’” (Misna 22/05/2001).

Un rapporto “opprimente sulle persecuzioni anticristiane nel mondo”
Altre notizie di ostilità islamiche nei confronti di cristiani arrivano dal Libano, dalla Terra Santa, dal Sudan, dalla Turchia e dalla Nigeria. Per motivi di spazio ci fermiamo qui, non senza prima accennare ad altri fronti di persecuzione, come quella scatenata in India dai nazionalisti indù dove, dall’arrivo al potere del partito MJP nel 1998, le “chiese sono regolarmente saccheggiate, bibbie bruciate, sacerdoti assassinati” (Le Monde 14/02/2001) .
Non sono del tutto chiare le informazioni riguardanti l’uccisione il 15 maggio scorso di 2 sacerdoti salesiani e un fratello assistente a Imphar, nello stato di Manipur. Comunque, il fatto si inserisce in tutto un contesto di attentati sanguinosi contro sacerdoti cattolici, come riferisce L’Osservatore Romano del 16 maggio 2001, cominciati nel 1990 nel Manipur. Anche nel Bhutan, unico regno buddista del mondo, “i cristiani soffrono la più aspra persecuzione della loro storia” – ci informa un servizio della Fides del 20/04/2001 – una persecuzione che “è ora estesa e sistematica, villaggio per villaggio… In alcune città i cristiani sono malmenati a causa della loro fede”.
Il prestigioso giornale parigino Le Monde (14/02/01) dà notizia di un rapporto “opprimente sulle persecuzioni anticristiane nel mondo”. Il documento è stato firmato da quattro gruppi di studio del fenomeno, uno dei quali ufficialmente legato alla Chiesa cattolica, la commissione Giustizia e Pace. Commentandolo, Le Monde asserisce: “Per lungo tempo limitate al XX secolo, le discriminazioni anticristiane non sono scomparse con la caduta dei sistemi totalitari. Oggi sono ancora più disseminate, mascherate sotto artifici costituzionali, confuse con arcaiche guerre etniche, sottovalutate dalle società secolarizzate e persino dalle stesse chiese, che temono dar l’impressione di un sentimento d’ostilità verso l’islam”. E Avvenire (10/04/2001) intervista Jean-Etienne de Linares, presidente di una delle quattro organizzazioni firmatarie della denuncia, l’Acat (Actions des Chrétiens pour l’abolition de la torture), chiedendogli se la persecuzione delle minoranze cristiane sia un fatto nuovo. “No affatto. Eppure non si fa nulla. I diritti delle comunità cristiane vengono regolarmente violati, ma queste violazioni non trovano eco nella nostra società… In primo luogo, è necessario che i cristiani per primi sappiano che le persecuzioni possono giungere a forme estreme come l’omicidio”.
Avvenire del 5 giugno 2001 riporta una buona notizia a firma di Anto Akkara: la severa condanna dei colpevoli “di violenza carnale multipla nei confronti di quattro suore”. Buona, sia detto subito, relativamente, perché secondo l’articolista “arresti e condanne restano una eccezione” per quanto riguarda “le migliaia di aggressioni contro suore e preti” in India negli ultimi anni. Dall’autore del servizio veniamo a sapere qualcosa di queste aggressioni: fra i diversi sacerdoti assassinati, uno è stato addirittura decapitato, un altro costretto a marciare nudo per tre chilometri nelle strade della sua cittadina “scortato” da ufficiali di polizia e funzionari del governo, suore minacciate di subire la stessa umiliazione, un suora pugnalata 40 volte, e via dicendo.

Da www.lucisullest.it
www.cattolicipadani.org

cm814
06-12-02, 15:52
Originally posted by Asteroids
Breve sguardo panoramico sulle “nuove” persecuzioni.

LA PASSIONE DELLA CHIESA CATTOLICA SOTTO L’ISLAM E IL COMUNISMO Per non dimenticare i nostri fratelli che soffrono, dalla Cuba comunista all’Indonesia islamica.



Dici bene, Asteroids: non si DEVE dimenticare....
peccato che siano in tanti a farlo. Perfino chi è proposta a evitare tutto ciò.
Posta alrtro materiale, se ce l'hai!;)