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Felix (POL)
06-12-02, 03:41
sono riuscito a ripescare nel mare magnum del mio disco duro un post della vecchia POL, di "ultimo cavaliere", forumista purtroppo sparito. Sono poi andato a verificare il sito da dove era stato "copiato e incollato".
È una proposta semiseria per "rivedere" a fondo la storiografia nei testi per la scuola.

buona lettura...

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Fregati dalla Scuola - Breve guida di liberazione ad uso degli studenti

Rino Camilleri

(da affiancare al normale manuale scolastico di storia)


indice:

Preistoria & dintorni

Il mondo preromano

Roma

La religiosità romana

La democrazia antica

Il Cristianesimo

Il Sacro Romano Impero

Nascita del Medioevo

Re, regine e cavalieri

Il feudo

La famiglia

La prima rivoluzione industriale

L'apporto dei monaci medievali

L'opera della Chiesa
L'Islam

Le Crociate

La guerra nel Medioevo

L'Inquisizione

L'Inquisizione spagnola

Il Sant'Uffizio (Galileo, Bruno e Campanella)

Umanesimo e Rinascimento

Il Nuovo Mondo

La cosiddetta Riforma

Le monarchie assolute

Nascita della Massoneria

L'illuminismo e la cosiddetta Rivoluzione americana
Effetti della Rivoluzione Francese

Le insorgenze e la Restaurazione

La Guerra di Secessione

Il cosiddetto Risorgimento

Il colonialismo

Il famoso Novecento

La Grande Guerra

La cosiddetta Rivoluzione sovietica

Il dopoguerra

Il martirio del Messico

La guerra di Spagna

La seconda guerra mondiale

Il dopoguerra




Introduzione



I manuali di storia della scuola dell'obbligo sono, per comodità, divisi in capitoli. Solo che questi non si limitano ad essere numerati, bensì recano dei titoli. E questi titoli, contrariamente a quel che si pensa, non si limitano a descrivere il contenuto del capitolo ma danno anche un giudizio di valore.

Esempio: "Medioevo", "Rinascimento", "Risorgimento", "Resistenza". Analizziamo i termini. "Medioevo" significa, come tutti sanno, "età di mezzo", laddove "Rinascimento" sta per "nuova nascita". Se si rinasce vuol dire che prima si era morti, ma anche che prima di essere morti si era già nati una volta, per cui adesso si "rinasce". Dunque il Medioevo, epoca precedente al Rinascimento, era il tempo in cui l'umanità era stata morta. Quanto dura il Rinascimento? Pochi decenni, verso la fine del Quattrocento. Poi? Si ha l'Età Moderna, e tutti tiriamo un respiro di sollievo.

Anche se, a ben vedere, le guerre e le catastrofi sembrano moltiplicarsi a ritmi parossistici: guerre tra Francia e Inghilterra, tra Francia e Spagna, tra cattolici e protestanti, tra lanzichenecchi e tutti gli altri, guerre di successione, di devoluzione, delle due dame, dei tre imperatori, dei quattro papi e dei cinque eserciti.

La Riforma: finalmente Lutero spezza le catene del dogma e della Chiesa. Controriforma: l'Italia ricade nell'oscurantismo. Solo a ben guardare si scopre che le guerre di religione stavano tutte nei paesi protestanti, mentre in Italia si stava tranquilli.

Il Medioevo, i "secoli bui". Quanto è durato? Dalla caduta dell'Impero Romano fino alla scoperta dell'America. Così dice il Manuale. Dunque mille anni e qualcosina. Mille anni! Sbrigativamente catalogati come "età di mezzo". Cribbio, che lunga morte! Ma "in mezzo" a cosa? All'Età Classica e al Rinascimento. Vuol dire che si era vivi ai bei tempi di Atene e Roma, poi si morì per mille anni e si rinacque infine alle soglie del Cinquecento. Infatti nel Rinascimento riappaiono, nell'arte, i trionfi di Bacco ed Arianna, Ercole, Apollo e Minerva. Cioè il paganesimo antico. Ecco la "rinascita". Tra un paganesimo (quello antico) e l'altro (quello rinascimentale) c'era un periodo di mille anni che quelli che ci abitavano chiamavano "Cristianità". Ergo: durante i secoli cristiani eravamo morti, mentre si era ben vivi nei tempi pagani. Letta così la storia dell'Europa sembra un continuo tentativo di scrollarsi di dosso il Cristianesimo. E lo è. Solo che tutto ciò nei manuali di storia è dato come positivo.

Il motivo si capirà leggendo questa Guida. Ma fin da subito possiamo anticipare che furono i liberali nel secolo scorso a impostare lo studio della storia in questo modo, cioè in senso ideologico. I nostri Padri della Patria statalizzarono la scuola, la resero obbligatoria ed uguale per tutti e cominciarono a mettere in galera quelli che non ci mandavano i figli. Cavour & Soci imposero uno studio della storia di tipo manicheo, cioè con i buoni da una parte e i cattivi dall'altra, in cui i buoni erano loro. Il Fascismo tentò una rivalutazione e una rilettura del Risorgimento appropriandosi dei suoi miti più importanti e la Repubblica lasciò le cose come stavano, limitandosi ad aggiungere il capitolo sulla Resistenza. Infine il Sessantotto ha virato il tutto in senso marxista.

Et voilà, tutti siamo riciclati nella convinzione che: Garibaldi e Napoleone erano i buoni, così come i Nordisti negli Usa, mentre i Borboni erano cattivi perché non volevano cedere volontariamente il Sud ai Piemontesi. E pure il Papa, che "per il suo bene" avrebbe fatto meglio a regalare Roma a Vittorio Emanuele II. Ancora: i Sudisti americani erano cattivi perché volevano tenere in schiavitù i negri e i Nordisti divennero cattivi quando sterminarono gli indiani. Che erano buoni e saggi.

Qualcuno, da adulto, per avventura scopre che forse la verità è diversa. Tutti gli altri, quelli che si occuperanno di banca o di artigianato o di commercio, continueranno a credere quel che la scuola ha loro insegnato. Spesso anche gli insegnanti di storia rimarranno in tale stato. Infatti all'università si sono occupati solo di approfondire quel che avevano assorbito da piccoli. E come l'hanno imparata la ripetono. Non solo. Poiché sono laureati non ammetteranno mai che hanno passato la vita a studiare cose in fondo opinabili, né accetteranno di ricominciare a studiare da zero per rimettere in discussione quel che hanno imparato. Spesso, dunque, si trasformeranno nei più feroci difensori di quelle quattro cose che credono di sapere. E il sistema andrà avanti da solo, in una spirale perversa che mantiene tutti nell'idea che questo sia il migliore dei mondi possibili e che le soluzioni per migliorarlo debbano essere cercate all'interno del "progresso", che è partito dalle oscurità medievali per approdare al radioso presente.

Questa Guida non è un contromanuale, non ci troverete né date né fatti; solo una diversa interpretazione. Lo studente che ne farà uso non troverà tanto una controverità quanto la possibilità di scegliere, dopo aver sentito -adesso- tutte le campane, con qual musica vuol ballare. Lo spirito critico, infatti, si acquista solo dopo aver avuto la possibilità di vedere le cose da tutti i lati. Se potessi tornare ai miei anni di liceo vorrei che alla storia venisse consacrata un'intera giornata settimanale: alla prima ora un insegnante marxista, alla seconda uno liberale, alla terza uno cattolico, e così via. Tutti dovrebbero trattare lo stesso argomento, ognuno dal suo punto di vista. Al pomeriggio (o la settimana successiva) il dibattito con gli allievi. La classe avrebbe una possibilità concreta di diventare veramente pluralista, nel senso che ogni studente aderirebbe alla concezione che più lo convince. O a nessuna, se vuole. Più democratici di così...

Ebbene così funzionavano le lezioni nel tanto vituperato Medioevo, epoca talmente "buia" da far concepire a san Tommaso d'Aquino la sua Summa Teologica perché i suoi studenti non avevano un manuale di teologia. Si tratta di un'opera che oggi comporta ben trentatré volumoni, per di più comprensibili solo ai filosofi più dotti. Ed era un semplice manuale per studenti. Studenti che, come si è detto, potevano intervenire, mettere in discussione e dibattere col loro docente. Ah, il "buio" Medioevo! Ragazzi, buon divertimento.

Preistoria & dintorni



La teoria dell'evoluzionismo ci dice che i nostri antenati erano scimmioni che si aggiravano sulla terra ricoperti di peli e picchiando le femmine in testa con la clava. Erano comparsi parecchi miliardi di anni dopo il big bang e dopo la sparizione dei dinosauri. Ma quel che la teoria dell'evoluzionismo non ci dice è che essa è appunto una teoria, così come quella del big bang. Infatti il darwinismo e il neodarwinismo sembrano spiegare molte cose, ma sono più quelle che non riescono a spiegare. Negli Usa almeno il cinquanta per cento degli scienziati non ci crede. Da dove si origina la vita? Dal caso? Troppo intelligente sarebbe, anche perché le "coincidenze" casuali sono troppe, tutte in fila come se il Caso sapesse esattamente dove andare e cosa fare. Allora non si vede perché continuare a chiamarlo Caso.

Non solo. Perché mai i nostri progenitori sarebbero dovuti essere pelosi? Come si può, partendo dalle ossa, sapere se la pelle sopra lo scheletro aveva i peli o no? E' una domanda che si è posta la prestigiosa rivista Science la quale, alcuni anni fa, mise in copertina la ricostruzione di un uomo di Neanderthal senza peli. Somigliava perfettamente a un aborigeno australiano. Ma, come tutti sanno, gli aborigeni esistono ancora, e alcuni di essi sono anche laureati. Sembra dunque più corretto ipotizzare che la razza di Neanderthal sia semplicemente estinta e non è progenitrice di niente.

Le teorie scientifiche si trasformano in certezze solo di fronte a prove. Quando una teoria non può essere verificata (e questa dura da ben due secoli), allora la si abbandona e si passa ad altra teoria. Così dice la Scienza. Invece nulla di tutto ciò è stato fatto per l'evoluzionismo, il quale viene dato come certo.

Invece è ancora tutto da dimostrare. Nei primi decenni di questo secolo, a Piltdown, Inghilterra, credettero di aver trovato un "anello mancante", cioè dei frammenti ossei di un individuo mezzo uomo e mezzo scimmia. Era la "prova" che l'uomo si era evoluto lentamente passando dalla scimmia all'Homo Sapiens. Così come si dice che lo Pteranodonte è l'anello intermedio tra il rettile e l'uccello (in realtà era solo un rettile volante, anzi planante, e nient'altro: i pipistrelli sono "intermedi" tra gli uccelli e i topi? Via...). Bene, ci volle mezzo secolo e la scoperta del metodo di datazione dei fossili col Carbonio 14 per rendersi conto che l'uomo di Piltdown era un falso clamoroso, orchestrato da un paio di dilettanti per rendersi famosi. Un po' quel che accadde con le false teste di Modigliani "scoperte" a Livorno da due studenti burloni.

A tutt'oggi, a intervalli irregolari, i paleontologi scoprono uno scheletro di "uomo" anteriore all'ultimo "ominide" scoperto. E devono retrodatare la comparsa dell'Homo Sapiens sulla terra. Lo stesso gli archeologi, che devono anch'essi continuamente spostare all'indietro la data della comparsa della scrittura. Infine l'ipotesi del big bang stesso comincia a scricchiolare. Ma l'ostinazione di quanti pretendono che le scoperte di oggi non possano essere contraddette da scoperte future permane inalterata. E questo con la Scienza non ha niente a che vedere.

Insomma, a tutt'oggi, non ci sono prove convincenti che a) l'universo si sia formato da solo e per caso; b) che la vita sia comparsa da sola e per caso; c) che l'uomo sia comparso da solo e per caso. Dunque, ipotesi per ipotesi, la storia narrata dalla Genesi biblica continua a sembrarci l'unica ipotesi che tutto spiega. Diceva Isaac Singer (premio Nobel 1978): &laqno;Parecchi pensatori hanno attribuito al cieco meccanismo dell'evoluzione più miracoli e prodigi di quanti ne abbiano mai potuti attribuire a Dio tutti i teologi del mondo».

Il mondo preromano



La civiltà prima di Roma presenta, grosso modo, la situazione seguente: a) imperi mesopotamici e mediorientali (Assiri, Babilonesi, Caldei, Ittiti, etc.); b) Egitto faraonico; c) città-stato greche; d) barbari; e) popoli e civiltà indiane e cinesi; f) popoli e civiltà precolombiane (forse, ma si sa poco); g) regni e popolazioni tribali africani. Giustamente i manuali di storia si concentrano su quel che accadde nei luoghi più civilizzati, cioè la Grecia e il vicino Oriente.

Qui ci imbattiamo in due misteri: Atene e Israele. Perché parliamo di "misteri"? Perché si tratta delle uniche due realtà sopravvissute fino ad oggi, nel senso che continuano a influenzare l'attuale nostra civiltà. Infatti sono completamente spariti i Faraoni e Sparta, Nabucodonosor e Ammurabi. Ma gli Ebrei ci sono ancora, così come l'idea di democrazia e la filosofia ellenica. Ma procediamo con ordine. Quando si pensa alla Grecia di allora vengono in mente nomi di città come Tebe, Sparta, Micene. Città abitate da poche migliaia di abitanti, sempre in guerra tra loro.

Ma Atene era diversa. La democrazia ateniese ancora oggi è oggetto di studio, diversamente da Sparta, per esempio (che pure colpisce la nostra immaginazione).

Ancora oggi gli studenti devono cimentarsi con i teoremi di Euclide e di Pitagora, con la filosofia di Platone e Aristotele, con le tragedie di Eschilo e di Sofocle. Ma non si studiano più, per esempio, il pensiero di Ramsete II né l'astrologia caldea. Insomma il pensiero greco è un unicum, tant'è che i Romani conquistatori lo fecero proprio in toto, dèi compresi. Invece si tennero culturalmente alla larga dagli altri popoli conquistati. Perché? Boh.

Altro boh: gli Ebrei. Il loro capostipite, si sa, è Abramo. Ma Abramo era della città di Ur, e Ur era una città caldea. Ora i Caldei sono un popolo così antico che le sue tracce si perdono nella leggenda e nella notte dei tempi. Dunque gli Ebrei sono antichissimi. Non solo. Essi erano diversi da tutti gli altri popoli. Non avevano arte, pittura, scultura, letteratura, architettura. Niente. Solo la Scrittura.

L'unica cosa a cui si dedicavano era la Scrittura e il continuo commento ad essa. Vietate le immagini e le statue, l'unica costruzione che si ricorda era il Tempio. Anche il governo era in mano ai sacerdoti. Eppure questo popolo ha attraversato i millenni ed è ancora tra noi, sempre attaccato, nei più, a quella sua Scrittura e a quell'antichissima Promessa. Due misteri, dunque, nella storia antica, cui andiamo subito ad aggiungere il terzo.

Roma



Chi voglia laurearsi in giurisprudenza, oggi, deve sostenere gli esami di Diritto Romano, Storia del Diritto Romano e Istituzioni di Diritto Romano. A parte il fatto che anche chi vuol laurearsi in Medicina parte handicappato se non conosce il greco e soprattutto il latino, osserviamo subito che nessuna istituzione del mondo antico continua a condizionarci come Roma. L'ossessione per le strutture dell'Impero Romano ci accompagna da sempre.

Contrariamente a quel che si crede i cristiani rimpiansero Roma; infatti, alla prima occasione, ne ripristinarono l'Impero con Carlo Magno, Impero che fu Sacro e Romano. I monaci medievali copiarono pazientemente tutte le opere antiche, tanto da permetterne un grande revival nell'Umanesimo e nel Rinascimento. Chi si lamentava dei mali d'Italia, come Machiavelli e Guicciardini, guardava con nostalgia all'Impero Romano. Tutti i fondatori di imperi, successivamente, innalzarono aquile e labari, da Napoleone (il suo "stile impero" era tutto pepli, colonne, fasci littori, lauri) a Mussolini, a Hitler.

Perfino gli Usa tengono l'aquila nell'emblema e i politologi americani ancora studiano con accanimento quell'antico Impero europeo. Perché mai? Perché ancora oggi le nostre strutture statali hanno nomi romani? Prefetto, questore, provincia, democrazia, tributo, fisco, comizi, scrutini, eccetera. I carabinieri sono divisi in "legioni" e la Chiesa in "diocesi". I popoli di tradizione cattolica sono detti "latini" e la Chiesa cattolica continua a chiamarsi "romana". Insomma, il mondo civilizzato non potrebbe essere quello che è senza Roma. Roma era speciale.

Innanzitutto era una repubblica, e tale rimase anche quando il suo supremo magistrato prese il titolo di Imperator. Prima di Augusto il Senato eleggeva due consoli, uno dei quali, a turno, comandava l'esercito (I"'imperator"). Poi le due cariche si fusero, ma l'Imperatore rimase sempre un magistrato designato; cosa che distingueva Roma dai circostanti popoli, i quali conoscevano solo la monarchia ereditaria in cui il re era anche sacerdote supremo e dio egli stesso. Negli ultimi tempi alcuni imperatori romani ricorsero all'artifizio di adottare il proprio successore, proprio perché la legge vietava l'ereditarietà delle cariche. Già, la legge. Ecco il genio romano: la legge. I Romani ne avevano il culto, e qualsiasi barbaro sapeva che avrebbe trovato più giustizia presso un magistrato romano che non davanti al suo stregone. Per questo i popoli confinanti cercavano di entrare nell'Impero, un po' come oggi il sogno di molti profughi è la cittadinanza americana.

Sappiamo che grandi rivolte scoppiarono perché i popoli federati con Roma o legati ad essa da vincoli di vassallaggio volevano partecipare della cittadinanza romana. Negli Atti degli Apostoli vediamo san Paolo imprigionato durante un tumulto, ma poi liberato con tante scuse quando rivela di essere cittadino romano. Non solo. Il palestinese Paolo in quell'occasione si appella a Cesare, com'è suo diritto, e riceve dal proconsole una scorta di settanta cavalieri e duecento soldati perché lo si porti a Roma da Claudio Nerone.

La religiosità romana



I Romani avevano, sì, i loro dèi (quelli greci, con i nomi variati: Zeus=Giove, Hera=Giunone, Athena=Minerva, e così via), ma erano molto superstiziosi e temevano di offendere le nuove divinità che incontravano man mano nell'espandersi. Per questo avevano il Pantheon (dal greco: "tutti gli dèi"), tempio in cui tutte le divinità dell'Impero erano venerate. Per sicurezza ci tenevano anche un altare al "dio ignoto".

Tiberio, saputo che in Palestina era sorta una nuova religione, propose addirittura al Senato di innalzare nel Pantheon una statua a quel Cresto che alcuni dicevano risorto. Non se ne fece nulla per l'opposizione degli Ebrei (per i quali Gesù non era affatto il Messia ma solo un rabbi eretico; del resto gli Ebrei non potevano adorare immagini) e dei cristiani, che non acconsentivano di vedere il loro Dio in mezzo ai falsi idoli.

I Romani nelle loro province si limitavano a imporre le tasse e a riservarsi la pena capitale (per questo il Sinedrio fa condannare Gesù da Pilato); per il resto erano rispettosissimi dei costumi locali. Ma, come si è detto, erano superstiziosi e tutta la loro vita veniva scandita da una serie di riti, cerimonie e scongiuri per ingraziarsi una folla enorme di divinità, da quelle "della soglia" a quelle del focolare, della guerra, della pace, del grano, della pioggia, eccetera. Lo Stato distingueva però tra religioni "lecite" e "illecite".

Queste ultime erano quelle i cui riti contrastavano notevolmente con l'ordine pubblico, i costumi e la giustizia romana. Le persecuzioni nei confronti del Cristianesimo, per esempio, furono dovute a una serie di incidenti che convinsero alcuni imperatori a classificare la religione cristiana come "illicita". Stessa sorte, tuttavia, ebbe il manicheismo persiano, per il quale Diocleziano stabilì la pena del rogo.

Innanzitutto è bene chiarire che il Cristianesimo non si presentò affatto come "religione dei poveri". Il messaggio cristiano fu subito interclassista: pensiamo ai Magi; a Lazzaro, che il Vangelo ci dice ricco e &laqno;amico dei romani»; a Zaccheo, &laqno;capo dei pubblicani» (i pubblicani erano gli esattori delle imposte, che riscuotevano in appalto per gli occupanti romani); a Giuseppe d'Arimatea (il seppellitore di Gesù), &laqno;membro distinto del Sinedrio». Non solo.

Lo stesso Gesù vestiva con una tunica talmente pregiata (&laqno;tessuta in un pezzo solo») che i soldati sotto la croce preferirono giocarsela a dadi pur di non dividerla. Il discorso cristiano sulla povertà era in realtà di ordine interiore: condannava solo l'avidità e l'attaccamento al denaro, cose che possiamo benissimo leggere anche negli occhi di un mendicante. Già ai tempi di san Paolo vediamo il Cristianesimo penetrare negli strati alti della società romana e perfino dentro la stessa casa imperiale. Ancora oggi la Chiesa venera come Santi senatori, consoli, alti funzionari romani (san Sebastiano, per esempio, era un alto ufficiale dei pretoriani, la sceltissima guardia del corpo dell'Imperatore; santa Flavia Domitilla era parente stretta di Vespasiano).

Le persecuzioni anticristiane furono in realtà sporadiche, localizzate e non da tutti i funzionari periferici applicate. Anzi, nel clima corrotto della decadenza, in molti luoghi i cristiani riscuotevano grande simpatia perché ricordavano le antiche virtù stoiche che avevano fatto grande Roma. L'ultima persecuzione, quella di Diocleziano, fu particolarmente feroce e cruenta solo perché questo imperatore aveva creato un'efficiente e capillare burocrazia e si proponeva di accentrare nelle sue mani tutte le funzioni dello Stato. La prima persecuzione fu quella di Nerone, ma si limitò alla sola città di Roma.

Pare vi sia stato spinto dalle donne di cui era succube (come Poppea), le quali praticavano la religione giudaica e vedevano il culto del falegname risorto come un'eresia blasfema. Le successive furono provocate da eresie interne al Cristianesimo, come quella montanista. I montanisti (così detti dal loro capo, Montano) rifiutavano il servizio militare e il giuramento di fedeltà allo Stato, perseguendo fanaticamente il martirio con l'abbattere idoli pagani e incendiare templi. Invece il Cristianesimo ortodosso era perfettamente leale con l'Impero, tant'è che le legioni pullulavano di cristiani. Ma gli imperatori non erano avvezzi a sottili distinguo in quella che per loro era solo una delle tante religioni dell'Impero e, di fronte all'"obiezione di coscienza" dei soldati montanisti, se la prendevano con tutti i cristiani. Allora molti autori cominciarono a indirizzare agli imperatori delle "Apologie", cioè degli scritti in cui spiegavano tutto e cercavano di far intendere che Roma nulla aveva da temere dai cristiani. Il più famoso di questi apologeti fu Tertulliano. Ma quasi mai riuscirono nel loro intento.

In realtà la posizione del Vangelo nei confronti del servizio militare e della lealtà allo Stato era chiara. Giovanni Battista, di fronte a una domanda precisa, aveva detto a dei soldati non di cambiare mestiere, ma di contentarsi della paga e di non angariare nessuno.

Cristo elogia pubblicamente il centurione di Cafarnao per la sua fede. Il primo pagano convertito al cristianesimo è Cornelio, il capo della Coorte Italica di stanza a Cesarea. Gesù dribbla il tranello dei farisei quando dice loro di dare &laqno;a Cesare quel che è di Cesare» e rassicura Pilato affermando che il suo &laqno;regno non è di questo mondo». Insomma Cristo non si presentò come eversore, tant'è che lo stesso Pilato, capitolo, voleva salvarlo. In molti processi a soldati montanisti si vede il magistrato che obietta come i loro commilitoni cristiani non abbiano nulla in contrario a giurare davanti alla statua dell'Imperatore.

Ma alcuni imperatori fecero di ogni erba un fascio e, per tagliare la testa al toro, ordinarono a tutti i cittadini -soldati compresi- di sacrificare agli dèi dello Stato. Questo i cristiani non potevano farlo; da qui la persecuzione. Intere legioni vennero sterminate perché composte da cristiani.

Ma come mai si aveva una presenza di cristiani così forte nelle armate imperiali? Si tenga presente che la stessa parola "pagano" è di origine militare. Paganus era l'abitante del pagus, cioè del borgo, e il termine veniva usato dai soldati così come quelli odierni chiamano "borghesi" o "civili" i non militari.

La parola passò a indicare i non cristiani sia per la fortissima presenza cristiana nelle legioni sia per la dottrina "militante" del Cristianesimo. San Paolo nelle sue Lettere usava continuamente termini militareschi (&laqno;lo scudo della fede», &laqno;l'elmo della salvezza», &laqno;la spada della parola di Dio», eccetera) e paragonava alla vita militare il combattimento spirituale cristiano contro il peccato e il male. Infatti le ritualità, il portare un'uniforme, la gerarchia, l'obbedienza, il coraggio, la frugalità, il lavoro di squadra, lo sprezzo della vita e la difesa dei deboli sono comuni, se ci si fa caso, sia ai monaci cristiani che ai soldati.

La democrazia antica



La democrazia antica non ha nulla a che vedere con quella moderna. Nell'Atene di Pericle votavano solo i cittadini maschi e liberi che pagavano le tasse, in base al principio che solo chi sovvenzionava la cosa pubblica aveva il diritto di metterci bocca.

Non solo. Si trattava di una comunità di poche migliaia di anime, che votavano su argomenti precisi e alla portata di tutti. Per esempio se dare l'ostracismo (cioè l'esilio) o meno a qualcuno ben conosciuto; naturalmente gli argomenti "alti" erano al di sopra del voto. Infatti Socrate venne condannato a morte perché metteva in dubbio l'esistenza degli dèi.

A Roma era la stessa cosa. Anche ai tempi dell'Impero chi votava erano i cittadini di Roma; e, tra essi, solo quelli provvisti di un certo "censo", cioè i più facoltosi. Infatti la carica di Censore designava il magistrato che periodicamente immetteva nelle liste elettorali i nuovi aventi diritto e ne espungeva quelli caduti al di sotto di un certo reddito. Com'è noto a un certo punto anche i plebei vollero almeno un magistrato che li rappresentasse collettivamente, il &laqno;tribuno della plebe».

Schiavi e donne non avevano alcun peso pubblico. Erano letteralmente proprietà del capofamiglia. Lo schiavo fuggiasco veniva inchiodato allo stipes, la stanga che chiudeva la porta della casa. La pena di morte per i non Romani era la stessa, solo che lo stipes veniva sospeso al patibulum, formando una croce. San Pietro, palestinese, venne infatti crocifisso; san Paolo, cittadino romano, ebbe l'onore della decapitazione. La schiavitù era una condizione giuridica che prescindeva dalla ricchezza personale.

Infatti si dava il caso di schiavi ricchi ancora giuridicamente legati al padrone caduto in miseria. Non tutti gli schiavi assurti a ricchezza avevano voglia di spendere per affrancarsi e diventare liberti.

Qualcuno lo faceva, altri no. Il fatto è che la schiavitù era considerata un'istituzione antica come l'uomo, nella natura stessa delle cose. Le rivolte servili (come quella del famoso Spartaco) non erano rivoluzioni tese a sovvertire l'ordine costituito: gli schiavi ribelli volevano affrancare solo se stessi. Va da sé che, potendolo, avrebbero comprato anche loro degli schiavi.

Il Cristianesimo non abolisce la schiavitù: avrebbe provocato solo un bagno di sangue Si limita a minare l'istituzione dall'interno, dicendo che davanti a Dio siamo tutti uguali e che il padrone deve amare lo schiavo come suo prossimo. Anche quando il Cristianesimo diventa religione, prima autorizzata e poi di Stato, la schiavitù non viene soppressa. La si aggira tramite istituzioni caritative che pagano l'affrancazione di schiavi solo dopo aver potuto garantire ai liberti un pezzo di terra per mantenersi. Diversamente accadrà dopo la Guerra di Secessione americana: gli schiavi, dichiarati liberi, si ritrovarono liberi di morire di fame come disoccupati.

La condizione della donna nel mondo antico non era dissimile. Nemmeno nel civilissimo mondo romano. Difficilmente, studiando la storia di Roma, ci si imbatte in nomi femminili. Si ricordano madri (come Cornelia) o amanti imperiali (come Messalina). Non solo. I nomi di donna che si incontrano non sono nemmeno nomi: sono cognomi. Giulia, Cornelia, Flavia erano infatti il nome della casata, perché i Romani premettevano il cognome al nome proprio. Poiché le donne non avevano personalità giuridica era inutile fornirle di nome proprio.

Di più: i padri, avendo diritto di vita e di morte sui figli, lasciavano vivere i nati maschi ed "esponevano" la maggior parte delle femmine (le neonate indesiderate, se sufficientemente robuste da sopravvivere, venivano portate via dai mercanti di schiavi).

Sarebbero state un peso: andavano provviste di dote e sposate, cosa non sempre facile. Avendo dunque, il più delle volte, una sola figlia femmina era inutile darle un nome proprio; bastava quello di famiglia. La donna poi passava dalla tutela del padre a quella del marito, e faceva parte della proprietà come i figli e gli schiavi. Il mondo romano era un mondo maschile, di funzionari e soldati.

La novità cristiana consisteva nel dichiarare "persona" anche le donne e gli schiavi. Infatti le martiri dei primi secoli non vennero uccise in quanto cristiane bensì perché, in quanto cristiane, si ribellavano all'autorità del padre. Infatti, rifiutando le nozze per consacrarsi a Dio, infrangevano la struttura più intima dell'ordinamento giuridico col rivendicare un diritto (quello di decidere della propria vita) che non potevano avere. Dunque meritavano la morte. Qui sta l'unica "rivoluzione" (se così la si vuol chiamare) apportata dal Cristianesimo; il quale, tra l'altro, mai si sognò di praticare quel "comunismo primitivo" che alcuni pretendono. I primissimi cristiani (ma non tutti e non in tutti i luoghi) mettevano liberamente a disposizione della comunità i loro averi, cosa fattibile in piccoli aggregati, ma poi lasciata cadere per ovvii motivi pratici appena la cristianità si allargò.

Il Cristianesimo



Il Cristianesimo si presenta subito come una religione "desacralizzante". Cristo dimostra di essere Dio e di padroneggiare sia gli elementi che i demoni.

Egli dice che l'uomo non deve avere più paura delle forze ostili che lo circondano, naturali o sovrannaturali, perché tutto è sottomesso all'unico Dio che è padre buono. Ora, poiché tutto quel che Dio ha creato è buono (la Genesi lo ripete sei volte: &laqno;...e vide che ciò era buono»), l'investigazione della natura adesso non solo è possibile ma anche raccomandata.

Per questo il Cristianesimo accolse subito la filosofia greca (lo vedremo meglio parlando del Medioevo). La Risurrezione di Cristo produce negli affranti discepoli una sorta di esplosione di gioia. La storia dimostra che quello sparuto manipolo, dileguatosi dopo la morte del Maestro, immediatamente si lanciò in un'attività pubblica senza precedenti, diffondendo il nuovo messaggio a macchia d'olio. Ora, senza i miracoli, ciò non sarebbe potuto avvenire.

Infatti gli Ebrei volevano le prove che Gesù fosse davvero il Messia, e gli scettici pagani credevano più ai fatti che non alle chiacchiere. Ma inizialmente la predicazione cristiana si concentrò sugli Ebrei.

Infatti la concezione che la Promessa del Messia riguardasse solo i discendenti di Abramo era condivisa anche dagli Apostoli, i quali predicavano esclusivamente nelle sinagoghe. Poi san Pietro riceve una visione soprannaturale che gli ordina di non considerare "impuro" più nessuno. Così la predicazione viene estesa ai pagani. Tuttavia la Chiesa nascente dibatte sull'opportunità o meno di circonciderli, cioè di farli aderire alla religione ebraica, sia pure nella nuova versione cristiana. Ma Paolo si oppone e la spunta. Tuttavia anche Paolo inizialmente si rivolge ai soli Ebrei. Fino al giorno in cui gli appare Cristo e gli dice di andare a Roma. Dicono gli Atti degli Apostoli che egli voleva ancora predicare in Asia Minore, ma &laqno;lo Spirito glielo vietò». Poi ebbe la visione di un Macedone che lo pregava di aiutare il suo popolo. Ora la Macedonia era in Europa. La conferma Paolo la ebbe mentre era in carcere.

Al solito i giudei avevano aizzato contro di lui una sommossa, e il proconsole romano lo aveva fatto incatenare. La notte gli era apparso Cristo il quale gli aveva ordinato di andare a Roma. Solo allora Paolo rivela di essere cittadino romano e di avere diritto ad appellarsi a Cesare, cioè all'imperatore Nerone. Così il proconsole lo fa scortare fino a Roma. Qui le donne di cui era succube Nerone (Poppea e Agrippina) erano &laqno;proselite» giudaiche, cioè convertite alla religione degli Ebrei. Esse spinsero Nerone ad accusare i cristiani dell'incendio di Roma, nel 64 d.C. Fu la prima persecuzione, quella in cui persero la vita Pietro e Paolo.

Dunque il Cristianesimo riceve una spinta da Dio stesso a rivolgersi verso il mondo greco-romano, quasi contro la volontà degli stessi Apostoli. Dal mix tra Cristianesimo, filosofia "razionale" greca e organizzazione romana nasce quella che oggi chiamiamo "civiltà occidentale".

Il Sacro Romano Impero



Non è vero che il Cristianesimo abbia contribuito alla dissoluzione dell'Impero Romano. E' vero il contrario. Secondo i Padri della Chiesa, anzi, l'Impero era stato voluto da Dio per tenere a bada le forze oscure del caos. All'interno del suo perimetro c'era ordine, disciplina e tranquillità: finché fosse durato le forze dell'Anticristo non avrebbero prevalso. Questa era anche l'opinione di san Paolo. In effetti alcune coincidenze sono singolari: l'ultimo imperatore romano fu Romolo Augusto, detto Augustolo perché giovanissimo. Romolo era stato il mitico re fondatore di Roma, Augusto aveva creato l'Impero. Fu ritenuto provvidenziale che Roma finisse con un capo che riassumeva in sé i nomi dei due fondatori.

Costantino sarà il fondatore dell'Impero Orientale, Bisanzio. Ebbene l'ultimo imperatore bizantino, che cadrà sugli spalti contro i Turchi, si chiamerà anch'egli Costantino. Non solo. L'Impero Romano fu ripristinato, adesso "Sacro", da Carlo Magno. L'ultimo rappresentante del Sacro Romano Impero si chiamerà anch'egli Carlo, e sarà il nipote di Francesco Giuseppe d'Austria.

Dunque i cristiani si considerarono legittimi eredi dell'Impero Romano, e lo ripristinarono alla prima occasione. Cioè quando un capo cristiano (Carlo Magno) fosse riuscito in qualche modo ad assicurare ordine e stabilità. Carlo assunse su di sé questo compito, che portò avanti tutta la vita difendendo l'Impero Sacro e Romano contro i pagani esterni.

Nascita del Medioevo



Senza le legioni a garantire l'ordine pubblico e a tenere a bada i barbari che premevano ai confini l'Europa sprofondò nel caos. Proprio da questo caos nacque, in modo del tutto naturale, quello che chiamiamo con termine improprio Medioevo (infatti sarebbe più appropriato chiamarlo Cristianità).

In una situazione di estrema insicurezza è istintivo cercare di mettersi sotto la protezione di un potente. Facciamo un esempio. Orde di banditi infestano le strade, quasi non posso nemmeno uscire ed ho tre figlie femmine da proteggere. Dall'altra parte del fiume c'è uno che ha sei figli maschi, giovani e forti; in più ha denaro, terra e armi. I banditi si guardano bene dall'attaccarlo. Allora gli chiedo protezione, dò le mie figlie in mogli ai suoi figli più grandi e mi dichiaro pronto a intervenire al suo fianco in caso di bisogno. Ecco nato il patto feudale, con l' "omaggio" (che vuol dire "io sono uno dei tuoi uomini") e lo scambio di protezione contro fedeltà.

La parola "feudo" viene dal latino fides, che vuol dire appunto "fedeltà", "affidamento". Altri vicini seguono il mio esempio e, qaundo siamo in numero cospicuo, chiamiamo il nostro signore "barone" o "conte" (comitis = compagno; del re, in questo caso) e lo aiutiamo a costruire un castello fortificato. In esso ci trincereremo in caso di attacco.

Il signore dovrà governarci, cioè dirimere le nostre controversie e difenderci. Egli, con tutti noi, suoi uomini, a sua volta ha giurato fedeltà a uno più potente, e così via. In cima ci sarà il re. Ecco creata una struttura politica dal basso, basata solo sulla parola data. Infatti nel Medioevo l'insulto più sanguinoso era "fellone", cioè spergiuro. Sembra incredibile come un'intera società abbia potuto crearsi e durare mille anni sul solo fragile legame del giuramento. Eppure è così. E' un po' quel che accade oggi nelle organizzazioni criminali di tipo mafioso: se ti rubano la macchina (non solo in certi centri siciliani, ma anche in Giappone, o nel Bronx) tu sai che se ti rivolgi alla polizia difficilmente rivedrai la tua auto. Ma se ti rivolgi al boss locale la riavrai la sera stessa e vedrai il ladro circolare con un occhio nero, se non peggio. Ovviamente quando il boss in questione avrà bisogno che tu gli ricambi il favore non potrai tirarti indietro.

Bene, si immagini un sistema del genere, però legale e addirittura istituzionalizzato per necessità. Certo poteva degenerare, ma qui intervenne la Chiesa. Infatti gli uomini di Chiesa erano gli unici ad aver conservato un minimo di organizzazione in mezzo allo sfacelo generale. Essi sapevano leggere, I sapevano parlare in pubblico, sapevano stilare un atto giuridico e conoscevano le antiche leggi. In più erano disciplinati e provvisti dell'autorevolezza necessaria. Nei loro monasteri avevano conservato e salvato, copiando e ricopiando, tutta la sapienza, la cultura, i documenti del tempo in cui il mondo era civile e prospero. I barbari, che restavano stupiti davanti ai palazzi romani in pietra e marmo, le statue, le terme, i teatri, capivano che conveniva loro farsi insegnare le regole di una civiltà immensamente superiore. E, man mano che accettavano di farsi cristiani, introiettavano il sogno della ricostituzione dell'Impero Romano. A quei predoni feudali (che potremmo paragonare, per propensione alla violenza, ai teppisti di una qualsiasi curva di stadio), la Chiesa disse: &laqno;Avete voglia di menare le mani? Bene, fatelo in difesa della vedova e dell'orfano, della civiltà e dei deboli, e ne avrete lustro, onore e riconoscenza da parte di Dio». Nacque così la Cavalleria.

Re, regine e cavalieri



Il re medievale aveva autorità, non potere. Esempio: mio padre è anziano e più bassino di me, ma gli obbedisco perché è mio padre, non perché può obbligarmi. Cioè egli ha autorità su di me, ma nessun potere. Così era il re medievale, solo primus inter pares, "fratello maggiore" tra i suoi baroni. Se voleva scendere in guerra doveva chiedere ai suoi baroni di seguirlo. E non poteva costringere chi rifiutava. Se ne aveva la forza allora poteva farlo, sennò doveva rinunciare. Le guerre medievali tra Francia e Inghilterra furono appunto dovute al fatto che il re d'Inghilterra, per via di matrimoni, era vassallo del re di Francia. Tutti i re, poi, erano (formalmente) soggetti all'autorità dell'Imperatore Sacro e Romano. Ma il Barbarossa, per esempio, dovette intervenire con la forza per far rispettare i patti ai comuni della Lega Lombarda che si erano unilateralmente dichiarati "liberi".

La Cristianità medievale non conosce distinzioni tra donne e uomini, tra bambini e adulti. Le cose le faceva chi le sapeva fare, maschio o femmina, vecchio o giovane. Ecco perché troviamo l'epoca medievale piena di regine (dunque le donne potevano accedere alla massima autorità politica) e di re -e pure cardinali- adolescenti. La maggiore età giuridica praticamente non esisteva: la titolarità dei diritti era esercitata a partire dal momento in cui uno era effettivamente in grado di assumersela, cosa che poteva benissimo accadere a tredici anni.

L'infanzia, come la giudichiamo oggi, non esisteva. Cioè i bambini venivano trattati come gli adulti. Infatti, secondo la concezione dell'epoca, l'infanzia era (ed è) un periodo di totale soggezione, dal quale era carità cercare di farne uscire al più presto i bambini. Non esistevano i giocattoli, solo attrezzi di lavoro più piccoli per imparare osservando l'opera del padre. Anche per gli uomini d'arme era così.

Manovrare un cavallo con una sola mano in mezzo a una battaglia e combattere con l'altra richiedeva un'addestramento continuo e iniziato da piccoli, per una "carriera" che durava suppergiù quanto quella di un calciatore odierno. Da qui i tornei continui, per tenersi in allenamento in periodo di pace. Da qui anche la decima parte dei prodotti della terra da versare al signore; il quale, dovendo occuparsi di giustizia, amministrazione e difesa, non aveva certo tempo per lavorare.

Il cosiddetto "diritto di maggiorasco", secondo il quale tutta la proprietà andava in eredità al figlio maggiore (e gli altri restavano a bocca asciutta), come tutte le cose che riguardano il Medioevo è un concetto che va rivisto. Innanzitutto ogni luogo aveva le sue usanze, che per giunta variavano nel tempo. Per esempio in certi posti della Francia e della Germania il "maggiorasco" era un "minorasco", poiché era il figlio minore a ereditare tutto. Perché? Perché era quello che restava più a lungo con i genitori, provvedendo così alla loro vecchiaia.
Comunque il maggiorasco aveva una sua logica: la maggiore ricchezza era la terra la quale, se troppo spezzettata, non produce più niente. Non solo. Il figlio maggiore era anche quello che prima degli altri era in grado di difendere il feudo e la proprietà.

Gli altri figli, se maschi, potevano combinare buoni matrimoni, darsi alla Cavalleria o al clero. Per quelli di non alto lignaggio il problema non si poneva neppure.

Il feudo



Jus primae noctis e servitù della gleba. Due leggende da revisionare. Il primo fu trovato dai missionari cristiani in qualche tribù pagana del Nordeuropa, e subito fieramente combattuto.

Rimase, in alcuni posti, come tassa da pagare al signore. Poiché il linguaggio medievale era molto fiorito "diritto della prima notte" rimase a significare la tassa matrimoniale da versare al signore. Il quale doveva contraccambiare con un regalo e porre la sua mano sul letto nuziale nel corso della cerimonia. Ma anche questa forma castigata sparì presto, per l'opposizione della Chiesa: una tassa sul matrimonio collideva con la libertà del sacramento.

Servitù della gleba. Il temine fa pensare a poveri cristi pressoché schiavi perché "comprati e venduti" con il feudo. Anche oggi si parla di "mobilità del lavoro", solo che i lavoratori non ne vogliono sapere. Infatti a loro interessa più la "stabilità" del lavoro. Cioè la sicurezza del posto. Infatti, se guardiamo le cose dal suo punto di vista, il servo della gleba era sì legato alla terra, ma nel senso che non poteva essere licenziato se la terra cambiava padrone. Il quale era direttamente interessato alla sua prosperità (altrimenti avrebbe percepito la decima di niente). La tassa matrimoniale serviva appunto a scoraggiare i matrimoni fuori dal feudo, perché avrebbero finito per far spostare lo sposo o la sposa. Quando lo zar Alessandro II, nel secolo scorso, abolì in Russia la servitù della gleba, provocò una mezza rivolta di servi della gleba che non ne volevano sapere: intuivano perfettamente che ciò avrebbe significato per loro la perdita della sicurezza del posto di lavoro.

L'organizzazione del feudo funzionava pressappoco così: il re concedeva a un suo vassallo una terra da amministrare e su cui vivere, lui e i suoi comites, cioè compagni d'arme. Essi stavano nel castello, al centro, sempre pronti a ricoverarvi i contadini in caso di pericolo. Su quella terra viveva e lavorava un certo numero di famiglie, le quali erano tenute a versare parte dei prodotti al signore. A turno avevano diritto al pascolo, a raccogliere la legna, a cacciare. La mietitura non poteva essere effettuata con la falce lunga perché i poveri avevano diritto di spigolare quel che restava dopo la mietitura. La caccia grossa spettava al signore per un motivo di praticità: il cinghiale, per esempio, richiedeva destrezza a cavallo e una vera e propria battuta.

Comunque questo condominio era regolato da leggi severissime, alle quali tutti, anche i nobili, erano soggetti. Al signore conveniva amministrare bene il feudo, che poteva essergli tolto dal re in qualsiasi momento per, appunto, cattiva amministrazione o infedeltà, e dato ad un altro. Praticamente, dal punto di vista giuridico, si trattava di una serie concentrica di contratti di gestione. Quando la situazione politica divenne più sicura poco a poco mercanti e artigiani presero a spostarsi nelle città. Per via del loro mestiere avevano bisogno di libertà di movimento, e soprattutto di potersi svincolare dai contratti che li legavano ai signori feudali. Da qui l'origine dei "liberi" comuni.

Va pur detto che i comuni fecero presto a stringere, I a loro volta, contratti feudali con le campagne dei dintorni.

La famiglia


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Nella concezione medievale la famiglia era tutto, l'individuo e lo Stato niente. Il ragionamento era semplice: se l'unica ricchezza è la terra, e la terra dura per sempre, per possederla e amministrarla ci vuole un'entità che abbia la stessa durata.

L'individuo muore, la terra rimane. Lo Stato? Lo Stato esiste quando esiste un'autorità fornita del necessario potere, cosa che nel frastagliatissimo periodo feudale era solo un ricordo, il ricordo di Roma. Non rimane che la famiglia, la quale dura per sempre, così come la terra. Da qui le norme che prevedevano il ritorno alle famiglie d'origine dei beni dei coniugi morti senza figli.

Il concetto di proprietà non era più, dunque, quello romano, cioè il "diritto di usare ed abusare" della cosa posseduta. L'individuo non ha praticamente titolo a possedere; solo la famiglia lo ha. E le famiglie, a loro volta, sono riunite in "famiglie" più larghe, i cosiddetti "corpi intermedi": le associazioni di mestiere (corporazioni), le parrocchie, i feudi, i regni. Tutti, poi, sono sotto una madre, la Chiesa, e un padre, l'imperatore e sopra tutti Cristo Re. Da questa concezione "familiare" discende una concezione diversa della proprietà. Sì, questa cosa è mia, ma nel servirmene devo ricordare che ci sono anche gli altri. Insomma uso "sociale" della proprietà. Come si ricorderà il feudo era praticamente di tutti quelli che ci vivevano; ognuno aveva su di esso dei diritti che erano solo diversi da quelli degli altri. Il termine &laqno;privilegio» deriva dal latino privata lex, cioè "norma valida per il singolo". Tutti avevano dei privilegi in questo senso. Oggi per "privilegiato" si intende uno che ha qualcosa che gli altri non possono avere, perciò la parola ha un senso odioso. Ma, a ben pensarci, daremmo una sola sedia, come a tutti gli altri, a uno che pesa duecento chili? Sarebbe giusto dargliene due, e nessuno troverebbe da obiettare. Questo è il senso che il termine "privilegio" aveva nel Medioevo.

Spessissimo, poi, il privilegio era puramente onorifico (ma non per questo meno ambito). Ne il principe e il povero di Mark Twain, il soldato, grazie al quale ha riavuto il trono, riceve dal principe riconoscente il privilegio di poter stare seduto davanti a lui, mentre tutti gli altri devono alzarsi in piedi. Potrà trasmettere questo diritto ai suoi discendenti.

Quando il re di Francia rientrò in possesso del regno grazie a Giovanna d'Arco il paese natale della Pulzella ricevette, per riconoscenza (lei era già morta), l'esenzione perpetua dalle tasse.

La prima rivoluzione industriale


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Il Medioevo è l'unico esempio di società sottosviluppata che si sia sviluppata da sola.

La liberazione dalla paura superstiziosa delle forze della natura, la santificazione cristiana del lavoro, l'abolizione della schiavitù e la parità tra uomo e donna, produssero quella che è stata chiamata "la prima rivoluzione industriale".

Il termine "lavoro" deriva dal latino labor. Solo che labor significava "travaglio", "fatica". I Romani usavano il termine negotium, composto di nec e otium, cioè "assenza di ozio". Essi distinguevano le attività in "servili" (quelle degli schiavi) e negotia, quelle amministrative, politiche, letterarie, le uniche degne dei ceti superiori. Il Cristianesimo ribalta questa concezione e fa del lavoro, anche servile, un mezzo di santificazione e ascesi. Infatti la maledizione di Adamo, nella Genesi, non consiste nel dover lavorare, bensì nel "sudore della fronte", cioè nella penosità del lavoro. Come alleviarla in mancanza di schiavi? La cristianità medievale rispose: con le macchine. Certo anche gli antichi pagani conoscevano le macchine e le usavano ma, avendo a disposizione gli schiavi, si limitavano a quelle essenziali. Non solo. Essendo, adesso, l'alleviamento della pena un'opera meritoria, ecco che lo scienziato si piega sul mondo del lavoro e delle attività economiche: nasce la tecnologia.

I Greci conoscevano tutti gli automatismi principali e la geometria di base (pensiamo ad Archimede o a Eratostene). Ma per i loro sapienti si trattava di "amore del sapere" (philosophia), e nient'altro. Platone cacciò dalla sua scuola un allievo che gli aveva chiesto a cosa servisse la geometria. Infatti per i Greci la scienza non doveva avere alcuno scopo pratico. I Romani, che erano grandi costruttori, invece utilizzarono le macchine, ma non in modo intensivo, perché l'energia gratuita era fornita dagli schiavi. E dalle donne. Infatti, ancora oggi, in certi documentari, vediamo le donne del Terzomondo intente a macinare a mano i cereali e ad accudire i figli. Il Medioevo, invece, applicò la massima di san Paolo: &laqno;Non c'è più né donna né uomo, né libero né schiavo, né giudeo né greco», perché tutti sono figli di Dio. Ecco allora l'uso intensivo dei mulini (ad acqua e a vento) che libera le donne da una schiavitù antica e dà loro più tempo per dedicarsi alle attività dello spirito. Il Cristianesimo, infatti, a differenza del mondo pagano, riconosceva alle donne un ruolo in religione e, immediatamente sotto Cristo, venerava una donna, Maria. Che, pur non essendo una dea, era madre di Dio.

Nel mondo antico non mancavano inventori, ma si trattava di geni isolati, e l'invenzione era nient'altro che uno sporadico colpo di intuizione. Invece, per il Medioevo, l'investigazione della natura era una forma di lode tributata a Dio Creatore. Si ribalta il concetto di invenzione: non più cosa "scoperta", bensì cosa "ricercata". La ricerca scientifica nasce lì. Esempio: il carbon fossile fu scoperto proprio perché da secoli si cercava un'intensità di calore molto più alta di quella del carbone da legna. Per fondere certi metalli, infatti, ci vuole un calore intensissimo. Senza un metallo particolarmente resistente alla corrosione della salsedine si poteva sì pensare di navigare al di là delle Colonne d'Ercole, ma non farlo davvero.

Nascono così il verricello e la carrucola, la ferratura dei cavalli, le staffe, l'arco rampante, la volta a crociera, la carriola, l'aratro meccanico, l'aggiogatura a spalla, la vite elicoidale, il martinetto, lo specchio, il sapone, il bottone. Eccetera. Più il perfezionamento e l'utilizzazione su larga scala di invenzioni precedenti, come la bussola, il vetro, la polvere da sparo, la carta.

Due parole per dare un'idea dell'importanza capitale di queste invenzioni. Per esempio la staffa. La sua introduzione rivoluzionò l'arte della guerra e pose le basi della potenza dei Franchi: puntando i piedi sulle staffe il cavaliere poteva porre la lancia "in resta", cioè sotto il braccio; così cavallo e cavaliere formavano un tutt'uno, con una potenza d'urto dirompente. L'aggiogatura "a spalla" permise di sostituire il cavallo al bue nell'aratura, con notevoli vantaggi di velocità. Infatti prima i cavalli erano imbracati al collo; il collare da spalla permetteva all animale di tirare con l'intero corpo.

La concezione cristiana del corpo come "tempio dello spirito" introdusse l'igiene personale, cosa fondamentale nella lotta alle epidemie. I Romani avevano si il culto del corpo, ma le loro terme erano luoghi di rilassamento, non di pulizia. I bagni pubblici furono il boom del Medioevo. Ci andavano uomini e donne, e anche suore e frati. Infatti la nudità non era considerata affatto scandalosa, e la verginità diventerà un valore" religioso solo in epoca molto tarda. Anzi fu per colpa delle accuse luterane alla rilassatezza del clero cattolico che il peccato sessuale soppiantò l'avarizia nei manuali per confessori. Sessuofobia del Medioevo cristiano? Già. E Boccaccio? E l'Aretino? Infine la beneficenza. L'amore del prossimo, è inutile dirlo, era un'idea sconosciuta ai pagani. I mercanti medievali tenevano una voce apposita (&laqno;messer Dio») nei loro bilanci: la somma da destinare alla beneficenza. Non solo. Grazie agli ordini religiosi l'assistenza, l'istruzione e la redistribuzione della ricchezza a favore dei più svantaggiati divenne organizzata e su larga scala.

L'apporto dei monaci medievali


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Il "buio" Medioevo ci ha lasciato le cattedrali, la Summa di san Tommaso e la Divina Commedia.

Cosa viene a vedere il turista in Europa? Le banche? I palazzi moderni? Le stazioni ferroviarie? No. Le chiese e le città medievali e rinascimentali. Questo fatto, da solo, testimonia che nulla di bello è più stato fatto, da allora. Come se la bellezza fosse finita con quel lunghissimo tramonto della Cristianità che, nello stile e nei gusti, arrivò quasi alla fine del Settecento.

Certo si può ammirare il Colosseo o entrare in una piramide egizia. Ma il freddo spettacolo del primo (ci ammazzavano la gente) e la sensazione angosciosa che dà la seconda (è una tomba difesa da maledizioni) non sono certo paragonabili allo stupore estatico e gioioso che dà l'interno di una cattedrale gotica. Quelle costruzioni arditissime, la cui edificazione durava secoli e dava lavoro a intere generazioni, quelle guglie svettanti, quelle trine di pietra, quelle immense vetrate policrome, creavano problemi che gli architetti medievali dovettero risolvere inventando una infinita serie di marchingegni. A chi verrebbe in mente di erigere un edificio a forma di croce? Eppure proprio perché così doveva essere, i costruttori cristiani si costrinsero a risolvere problemi pazzeschi. E poiché la cattedrale doveva poter contenere tutta la popolazione cittadina in Europa si scatenò la gara a chi aveva la cattedrale più grande, più alta, più bella, più ardita. Infine chi mai, oggi, investirebbe i suoi soldi in un'opera che sarà ultimata tra quattro secoli? Solo la fede cristiana poté creare quelle opere.

&laqno;Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato in sovrappiù», dice Cristo nel Vangelo. Così i cristiani medievali, cercando solo di costruire una chiesa col suo campanile, hanno fatto vivere di rendita noi posteri. La Torre di Pisa (capolavoro dell'arte mondiale, che tutta la terra viene ad ammirare), infatti, è un campanile.

Così i monaci. Perché san Benedetto è patrono d'Europa? Perché è la sua Regola (&laqno;ora et labora», "prega lavorando", poiché "il lavoro è preghiera") che ha fondato la civiltà occidentale e la sua superiorità sulle altre. Oggi si parla molto di "etnie" e "culture etniche", riferendosi ai pellerossa, agli africani, ai terzomondiali in genere. Eppure queste "culture" non potrebbero nemmeno sopravvivere senza il cibo e i medicinali occidentali. Paradossalmente proprio l'odierno piagnisteo sulla scomparsa di quelle "culture" ribadisce la superiorità della nostra. Solo agli intellettuali occidentali infatti interessa la sopravvivenza museale e folclorista di quelle "culture". Ma i poveri cristi del Terzomondo non sognano altro che una casa col riscaldamento, il frigo, l'automobile, la tivù e il telefono.

Benedetto, Bernardo, Francesco, erano personaggi che, desiderosi di consacrarsi unicamente a Dio, con un gruppo di amici si allontanarono dal mondo (tra parentesi: Francesco, santo "animalista"? Nel suo Cantico delle creature non c'è nemmeno un animale. Sì, amava la natura perché opera del Creatore, ma mangiava il pollo, e l'agnello a Pasqua.

Come Gesù). Scelsero posti impervi, paludi, dirupi, selve impenetrabili, e vi si stabilirono proprio per staccarsi dalla folla. Piazzata la loro comunità in un luogo deserto e lontano, ebbero il problema di mantenersi. E giù allora a dissodare, arare, vangare, per procurarsi il pane e il vino per il proprio sostentamento e per la messa. Ma non avevano molto tempo da dedicare al lavoro, dovendo prima di tutto pregare. Furono così costretti a letteralmente inventare la "razionalizzazione del tempo", ciò che oggi non ci permette di vivere senza un'agenda, un orologio e un calendario. Quando tutti si regolavano col sole i monaci avevano la campana che scandiva le ore canoniche. Cioè la giornata divisa in modo matematico e preciso. L'obbedienza, la disciplina e l'assenza di scopo di lucro immediato, dopo qualche tempo cominciava a dare frutto e quel luogo arido e desolato prendeva a fiorire. Ma, non dimentichiamolo, i monaci erano lì soprattutto per pregare. Dunque il poco tempo rimasto doveva essere speso benissimo.

Ecco perché i monaci inventarono la "ragioneria" e la partita doppia, l'apicoltura (miele e cera per le candele), la piscicoltura (per i giorni di astinenza), l'erboristeria medicinale, le tecniche di conservazione del cibo (formaggi, birra, elisir, digestivi: ancora oggi, su molte etichette, campeggia la figura di un monaco).

Il mondo monastico, egalitario ed elettivo, prevedeva elezioni, turni, ballottaggi, assemblee, meeting internazionali (certi ordini religiosi erano diffusi in tutta Europa). Quando un monastero si allargava, poco a poco i contadini venivano a stabilirsi nelle vicinanze. Infatti quella terra, prima desolata, adesso era fertile. I monaci cedevano il lavoro ai contadini per poter meglio dedicarsi alla preghiera. Sorgeva così, attorno al monastero, un intero villaggio, il quale attirava artigiani e mercanti. Con la chiesa al centro la vita si svolgeva al suono delle ore canoniche, non più col sole. I monaci aprivano allora una scuola gratuita per insegnare le nuove tecniche. La comunità civile, prendendo esempio dai sistemi monastici, si strutturava in modo democratico, con consigli, elezioni, eccetera.

Oggi l'Europa può, da sola, sfamare il mondo. Prima dell'avvento dei monaci essa era un coacervo di paludi, selve impenetrabili, burroni senza fine. Ricordate il &laqno;Varo, rendimi le mie legioni»? Ben tre legioni romane erano entrate nella selva germanica e non ne erano più uscite. I monaci crearono l'Europa "verde", la democrazia "laica" e la cultura cristiano-latina (ricordiamo la loro attività di copisti delle opere antiche).

L'opera della Chiesa


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Poiché l'ha fatto meglio di quanto noi possiamo sperare di fare riportiamo, sull'argomento, una memorabile pagina dello storico e Accademico di Francia Pierre Gaxotte.

&laqno;Al tempo dei Romani, un'epoca rude e razionale, la Chiesa aveva recato la consolazione nella miseria, il coraggio di vivere, L'abnegazione, la carità, la pazienza, la speranza di una vita migliore, improntata a giustizia. Quando l'Impero crollò sotto i colpi dei barbari, essa rappresentò il rifugio delle leggi e delle lettere, delle arti e della politica.

Nascose nei suoi monasteri tutto ciò che poteva essere salvato della cultura umana e della scienza. In piena anarchia la Chiesa era riuscita, in sostanza, a costituire una società viva e ordinata, la cui civiltà faceva ricordare e rimpiangere i tempi tranquilli, ormai passati. Ma c'è di più: essa va incontro agli invasori, se li fa amici, li rende tranquilli, ne opera la conversione, ne convoglia l'affluire, ne limita infine le devastazioni. Davanti al vescovo che rappresenta un aldilà misterioso, il Germano viene assalito dal timore, e retrocede. Egli risparmia le persone, le case, le terre. L'uomo di Dio diventa il capo della città, il difensore dei focolari, del lavoro, l'unico protettore degli umili su questa terra.

Più tardi, quando l'epoca dei saccheggi e degli incendi sarà passata, quando occorrerà ricostruire, amministrare, negoziare, le Assemblee e i Consigli accoglieranno a braccia aperte gli uomini della Chiesa, gli unici capaci di redigere un trattato, portare un'ambasceria, eleggere un principe.

Fra le continue disgrazie (...), mentre nuove invasioni ungheresi, saracene, normanne assillano i paesi, mentre il popolo disperso si agita senza alcun indirizzo, la Chiesa ancora una volta tiene fermo.

Essa fa risorgere le tradizioni interrotte, combatte i disordini feudali, regola i conflitti privati, impone tregue e opera accordi. I grandi monaci Oddone, Odilone, Bernardo innalzano al di sopra delle fortezze e delle città il potere morale della Chiesa, l'idea della Chiesa universale, il sogno dell'unità cristiana. Predicatori, pacificatori, consiglieri di tutti, arbitri in ogni questione, essi intervengono in ogni caso e dappertutto, veri potentati internazionali, di fronte ai quali ogni altro potere terrestre non resiste che a malapena.

Attorno ai grandi santuari e alle abbazie si intrecciano relazioni e viaggi. Lungo le grandi strade, dove camminano le lunghe processioni di pellegrini, nascono le canzoni epiche. Le foreste spariscono di fronte all'assalto dei monaci che dissodano la terra. All'ombra dei monasteri le campagne rifioriscono (celebre è la canalizzazione della pianura padana); i villaggi già rovinati rinascono. Le vetrate delle chiese e le sculture delle cattedrali sono il libro pratico nel quale il popolo si istruisce (...). I Appannaggi, ricchezze, onori, tutto si mette ai piedi degli uomini della Chiesa, e l'imponenza di questa riconoscenza basta da sola a far valutare la grandezza dei benefici seminati da essi».

L'intero Medioevo è popolato di Santi e Sante (cioè gente che ha praticato la virtù in grado eroico): Francesco, Caterina, Bernardo, Domenico. Tra questi moltissimi i re e le regine. Si può dire lo stesso, oggi? Quale modello umano viene ormai proposto ai giovani? Il cavaliere senza macchia e senza paura, difensore dei deboli e degli oppressi? Il santo benefattore e campione dell'autodisciplina? No: l'attore debosciato, la soubrette oca e di facili costumi, il cantante nichilista e tossicomane, il calciatore arricchito e smargiasso, il politico furbo.

E' la Chiesa medievale a inventare l'Università. Universitas studiorum = luogo in cui sono radunati tutti gli studi. L'Università è un corpo separato; esso dipende giuridicamente dalla Chiesa. Gli studenti hanno propri magistrati e amministratori; per indicare la loro indipendenza dalle autorità civili porta no l'abito ecclesiastico (da qui il proverbio &laqno;l'abito non fa il monaco»: poteva essere infatti uno studente). La Chiesa crea in tutte le parrocchie scuole gratuite e comuni, uguali per tutti. Carlomagno, vergognoso di essere analfabeta, rimproverava i figli dei nobili perché non profittavano negli studi come i figli dei popolani. La differenza con l'oggi è che la scuola non era obbligatoria. Ma chi non ci andava veniva guardato con sufficienza.

Infine le pitture e le vetrate delle chiese erano "libri a fumetti", immagini non solo sacre (vi erano rappresentati anche l'astronomia, i mestieri, le scienze, gli eventi storici e politici) che istruivano anche gli analfabeti in un'epoca in cui i libri (dovendo essere copiati a mano, uno ad uno) erano costosissimi.

L'Islam


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La storia del Cristianesimo è sinistramente punteggiata da due personaggi, entrambi appartenenti al segno zodiacale dello Scorpione: Maometto e Lutero. Curiosamente anche Giuda era uno Scorpione (così infatti lo rappresentò Leonardo ne L'ultima cena); ma anche sant'Agostino lo era.

A soli vent'anni dalla morte del Profeta gli Arabi musulmani (ex pastori e cammellieri, ora guerrieri) conquistarono tutta l'Africa cristiana ed ex romana, sconfissero la superpotenza dell'Oriente (L'impero persiano) e minacciarono seriamente Bisanzio. In più strapparono la Spagna ai Visigoti ed avrebbero invaso l'Europa se Carlo Martello non li avesse fermati sui Pirenei. L'espansione cattolica, impedita a Sud e ad Est dall'Islam, e poi dal protestantesimo a Nord, provvidenzialmente si diresse a Ovest, sulla rotta di Colombo. Ne riparleremo.

I musulmani, adesso a contatto con l'ambiente greco-bizantino e romano-africano, si dotarono di una raffinata cultura: filosofi e scienziati crearono l'alcool, L'alchimia, L'algebra, i logaritmi, i numeri "arabi" con lo zero. Termini astronomici come "zenit" e "nadir" sono arabi, si sa. Furono anche audaci navigatori e fini costruttori. Da essi i cristiani impararono molto. Dividevano il mondo in due: i seguaci del Profeta e gli altri. Tra questi ultimi i fedeli del Libro (ebrei e cristiani) erano tollerati, ma considerati cittadini di second'ordine. Tutti gli altri potevano essere trattati da schiavi o uccisi se non si convertivano. Ma l'Islam non fu mai un'entità monolitica; conobbe quasi subito divisioni e scuole di pensiero. Quando quelli che oggi definiremmo "integralisti" presero il sopravvento le cose precipitarono e la pacifica convivenza non poté più continuare. Per questo sorsero le Crociate.

Non solo. Dal XV secolo in poi la cultura islamica comincia a decadere, perdendo per strada scienza e filosofia. Mancò loro infatti la sintesi di fede e ragione operata da san Tommaso e dalla Scolastica. Per il musulmano Dio è impenetrabile, inconoscibile ed arbitro assoluto di tutto. Di fronte a lui l'unico atteggiamento giusto è quello del muslim, "il sottomesso". La pioggia cade in giù perché Dio vuole così; ma potrebbe volere anche il contrario. Dunque è inutile chiedersi perché la pioggia cada anziché ascendere; inutile investigare i misteri della natura, tempo perso. Invece dice san Tommaso che Dio non può sovvertire le leggi fisiche che Lui stesso ha posto, perché, essendo sommamente razionale, non può contraddirsi. Da qui la spinta in avanti del Cristianesimo. Il Cristianesimo è l'unica religione con una "teologia", cioè una disciplina apposita che studia Dio. Dunque Dio è conoscibile, e l'uomo (che ha una ragione fatta a immagine e somiglianza di Dio) può investigarlo. Anche attraverso lo studio della natura e la riproduzione dei fenomeni naturali in laboratorio. Insomma anche l'uomo può fabbricare fulmini, come Dio, e non c'è nulla di male in questo. Anzi. Tutto è buono, a patto di usarne bene. Tra parentesi è il Cristianesimo a introdurre il concetto di "progresso": la storia del mondo, dice, ha un inizio (la Creazione) ed avrà una fine (L'Apocalisse e il trionfo finale di Cristo), dunque va "avanti", e si deve preparare il terreno perché tale trionfo giunga presto. Il mondo pagano, invece, era fatalista, cioè credeva nel Fato, entità cieca che regola i destini degli uomini come gli pare, senza un scopo preciso; il mondo pagano non andava da nessuna parte: così era, così era sempre stato e così sempre sarebbe stato. Dunque l'idea di migliorarlo non era nemmeno concepita.

Le due altre "religioni del Libro" (Ebraismo e Islamismo, che si rifanno al solo Antico Testamento) diversamente dal Cristianesimo sono religioni del "comportamento". Cioè basta seguire puntigliosamente i precetti (non mangiare maiale, pregare le volte prescritte, osservare i periodi di digiuno, etc.) per avere diritto al Paradiso. II Cristianesimo, al contrario, basa tutto sull'intenzione retta, e non ha praticamente alcun precetto, a parte i sacramenti.

Libere da impacci ritualistici ed allenate al continuo perfezionamento interiore, oggi le nazioni cristiane sono le più avanzate e potenti. Infatti, come si è detto, anche l'idea di "progresso" è cristiana (continuo miglioramento per tutti), così come l'idea di evangelizzazione (fare partecipi tutti i popoli dei vantaggi della civiltà cristiana).

Per lo stesso motivo, paradossalmente, L'ateismo e l'agnosticismo sono fenomeni nati in casa cristiana: poiché il Cristianesimo fa appello alla ragione e l'apostolato si basa sulla capacità dell'altro di capire che la verità è Cristo, deve ammettere che ci sia qualcuno che, a furia di ragionare, possa arrivare a conclusioni opposte. Che Dio, cioè, non esiste.

Illuminismo, positivismo, comunismo, tutti gli "ismi", insomma, sono nati in Europa. Nel bene e nel male la storia del mondo è stata fatta (e continua ad essere fatta) dall'Europa cristiana, e dalla sua appendice americana.

Le Crociate


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Si trattò di un pellegrinaggio armato, nient'altro. Le Crociate furono otto, di cui solo due vittoriose. Gli scontri si svolsero in Terrasanta e i periodi bellici durarono in tutto pochi decenni su diversi secoli. La maggior parte dell'Islam quasi non se ne accorse.

Il papa Urbano II, a Clermont nel 1096, le "lanciò" quasi per sbaglio. In sostanza egli disse agli irrequieti signori feudali: perché anziché battervi tra voi non andate a proteggere i pellegrini cristiani? Infatti le cose a Gerusalemme si erano messe male, proprio perché una corrente "integralista" islamica aveva preso il sopravvento. Fino a quel momento i Luoghi Santi erano stati custoditi dai Bizantini, eredi anch'essi dell'Impero Romano, ma erano stati sconfitti e cacciati.

Quando si sente parlare di Bisanzio si pensa sempre a corruzione, omicidi, lotta per il potere. Ma i bizantini chiamavano se stessi romàioi, cioè "romani", e rum (ancora "romani") gli islamici chiamavano gli occidentali (tracce ne troviamo anche oggi nella "Romania" e negli zingari rom). Bisanzio, finché esistette, costituì il baluardo dell'Occidente contro i Persiani, i musulmani, gli slavi, i mongoli, e le tribù balcaniche. Anche nei suoi imperatori peggiori questo compito non le venne mai meno, fino alla sua caduta nel 1453. Non si dimentichi che fu Bisanzio a cristianizzare i popoli della Rus', a cominciare dal principato di Kiev.

Insomma, stupendo lui per primo, l'appello del Papa provocò una valanga. Ma le Crociate fallirono per le beghe interne dei principi cristiani e per il sabotaggio di Venezia, interessata solo ai suoi traffici. Ma anche per motivi pratici. Chi ha letto Robin Hood sa che Riccardo Cuor di Leone, assente per la Crociata, si vide soffiare il trono da suo fratello Giovanni Senza Terra (che adesso ebbe la terra).

L'episodio serve a far capire che nessuno aveva un reale interesse a partire per le Crociate. L'interpretazione (stantìa) marxista parla di "motivi economici". Ma i motivi economici, semmai, consigliavano di restare a casa. Invece un viaggio di anni, irto di pericoli, per andare a combattere vestiti di ferro nel deserto a cinquanta gradi all'ombra, con la concreta prospettiva di non tornare vivi. O di tornare e trovare un disastro a casa. C'erano sì gli avventurieri, nelle Crociate, quelli senza nulla da perdere. Ma i più andarono realmente per sciogliere il voto religioso. Federico Barbarossa ci morì annegato, san Luigi IX di Francia ci morì di peste, Riccardo d'Inghilterra si ritrovò col trono usurpato.

Ci furono ombre, come in tutte le cose umane, ma anche luci. Baldovino, il re lebbroso, si faceva portare in battaglia in barella. Goffredo di Buglione stupiva i musulmani perché la sua tenda, contrariamente a quelle dei capi islamici, era austera e disadorna. I musulmani gli chiesero di mostrar loro la sua forza leggendaria: gli portarono un vecchio cammello (uno scherzo di natura: gigantesco) e gli chiesero di decapitarlo con un solo colpo. Lui eseguì.

Riccardo Cuor di Leone, armato di un'ascia, tenne da solo la spiaggia in cui stava sbarcando l'esercito cristiano: i nemici, stupiti e ammirati, smisero di combattere. Il duca Boemondo non era uno stinco di santo, ma quando vide i suoi quaranta cavalieri accerchiati da quattromila musulmani, confessò pubblicamente i suoi peccati, poi ordinò l'assalto e riuscì a rompere l'assedio. Pochi Templari tennero Acri per mesi, di fronte a centomila nemici, sacrificandosi per far fuggire i cristiani.

Proprio il periodo delle Crociate fu quello dello scambio più intenso e proficuo tra le due culture. I problemi sorsero perché i crociati (tra cui molte donne-crociato), sciolto il proprio voto, se ne tornavano a casa. Ma è inutile conquistare qualcosa se poi non la si tiene. Cominciarono i Templari.

Alcuni cavalieri francesi decisero di farsi monaci e restare là. Però armati, per difendere i pellegrini. Altri ordini seguirono, come gli Ospitalieri, i Teutonici, i Portaspada di Livonia, eccetera, che si dislocarono lungo tutte le frontiere della Cristianità.

Questi monaci-cavalieri applicarono alla perfezione le norme della Chiesa sulla "guerra giusta". Già da tempo, infatti, la Chiesa aveva cercato di porre un freno alla guerra: era ineliminabile, ma almeno la si poteva dotare di regole, rendere cioè "cavalleresca".

Poco a poco, e sotto pena di scomunica, cominciarono le "tregue di Dio", le "paci di Dio", il divieto di combattere nei periodi di ricorrenze religiose, la distinzione tra combattenti e civili, il diritto di asilo, il trattamento dei prigionieri, eccetera. Tutto ciò costituirà la base del diritto internazionale odierno, e il suo corollario di "diritto bellico" (è il motivo per cui si possono perseguire penalmente i "criminali di guerra").

Le Crociate videro moltissime pause di tranquillità, nelle quali cristiani e musulmani convissero in Palestina. I crociati portarono molte novità in Europa, novità apprese dal contatto con l'Islam.

La guerra nel Medioevo



La Chiesa non ha mai insegnato l' "obiezione di coscienza". Sa che c'è il peccato originale e la guerra è inevitabile. Il cristiano è pacifico, non "pacifista", perché non sempre la pace è meglio della guerra. Infatti dice san Tommaso che la pace è &laqno;tranquillità nell'ordine». Dunque senza giustizia non ci può essere pace. E spesso la pace va imposta e difesa. Per questo esiste la polizia. Ma la Chiesa riuscì in qualche modo a umanizzare la guerra. Ci si può combattere, infatti, senza farlo da bestie.

Pensiamo alla differenza tra un duello di gentiluomini settecenteschi e una odierna rissa da stadio. I primi erano lì per uccidersi, certo (anche se le regole permettevano una "soddisfazione" al "primo sangue"), ma lo facevano scambiandosi cortesie e dandosi del "lei".

Poi fino alla Rivoluzione francese la guerra fu un affare di mestiere. Nessuno era obbligato. Per questo le guerre medievali si risolvevano in zuffe di pochi contro pochi, lontano dai centri abitati e pure dalle colture. Conquistare un territorio devastato, infatti, non serviva a nessuno. Non solo. Poiché era più vantaggioso far prigioniero un nemico per cavarne un riscatto, i morti finivano per essere pochi. La mischia si svolgeva più furibonda attorno ai cavalieri più riccamente addobbati, in vista di un riscatto più cospicuo. Ma questi cavalieri erano anche quelli meglio addestrati, così la cosa si risolveva tra gente di mestiere. Nella famosa battaglia di Anghiari -si lamenta Machiavelli, stigmatizzando la scarsa "serietà" delle guerre dell'epoca- ci fu un solo morto (per di più caduto, da solo, di sella).

E' la Rivoluzione francese a inaugurare le guerre "ideologiche", quelle cioè in cui si cerca di imporre le proprie idee ai conquistati. Essa inventa anche l' "esercito di popolo", arruolando per forza tutti i maschi. I Francesi (visto che la loro era una guerra ideologica) non fecero più distinzione tra combattenti e civili e depredarono l'Europa. Quando gli altri popoli si videro di fronte una valanga di milioni di armati dovettero adeguarsi per difendersi. Così la guerra divenne massacro indiscriminato e i morti cominciarono a contarsi a milioni.

L'Inquisizione



E' più corretto parlare di Inquisizioni, al plurale, perché questa istituzione ecclesiastica fu molto diversificata, a seconda dei tempi e dei luoghi. Così abbiamo l'Inquisizione medievale, quella spagnola, quella Romana (Sant'Uffizio), quelle laiche e quelle protestanti.

La prima nacque di fronte a un problema preciso: l’ eresia catara. In verità i catari, o neo-manichei, professavano non tanto un'eresia, quanto una vera e propria religione alternativa, tremenda e distruttiva.

Già per i manichei a suo tempo Diocleziano aveva decretato il rogo. Infatti essi sostenevano che ci sono due divinità, una buona e una cattiva. E' quella malvagia ad aver creato il mondo; dunque il mondo merita di scomparire e ogni cosa che può perpetuarlo è riprovevole. Dall'Oriente balcanico il neo-manichesimo si diffuse in Europa, con epicentri soprattutto nel meridione della Francia e nell'Italia settentrionale. Gli adepti chiamavano se stessi catari (dal greco, lingua dell'Oriente bizantino; vuol dire "puro") e predicavano il divieto di procreare. Erano conosciuti anche come bogomili, patarini e con un'infinità di altri nomi. I "perfetti" si distaccavano completamente da tutto, raggiungendo uno stadio semi-vegetale. Avevano un unico sacramento, il "consolamentum", che poteva essere amministrato solo una volta nella vita. Per questo praticavano l 'endura, cioè il suicidio assistito dopo la somministrazione del "consolamentum". Gli adepti non "perfetti" potevano praticare qualsiasi attività sessuale purché non feconda. Era loro vietato prestare giuramento alle autorità; di fatto potevano mentire e commettere qualsiasi infrazione, perché il mondo meritava di finire al più presto. Non mangiavano carne, uova e latticini e la loro apparente austerità di vita ammaliava soprattutto quello che oggi definiremmo sottoproletariato urbano, ignorante e sensibile ai millenarismi sovvertitori.

Immediatamente le autorità civili del tempo si resero conto di trovarsi di fronte a un gravissimo pericolo di sovversione: il mondo medievale era fondato sulla parola data (l'omaggio feudale) nonché sulla filosofia cristiana; dunque gli eretici erano pericolosissimi destabilizzatori. Non solo. Il suicidio e il divieto di procreare condannavano l'umanità all'estinzione. Durissima fu la reazione governativa, e dappertutto cominciarono ad accendersi roghi di Catari: la stessa pena prevista dal diritto romano per "lesa maestà" (nome antico della sovversione).

Purtroppo nei linciaggi a furor di popolo e negli interventi repressivi indiscriminati ci andava di mezzo anche chi aveva aderito al Catarismo per ignoranza o (nei luoghi dove gli eretici erano maggioranza) paura. In ogni caso, per stabilire con esattezza chi fosse davvero cataro e chi no, occorreva un esame sulla dottrina religiosa. La Chiesa, dunque, intervenne per sottrarre questa materia al potere civile: solo i teologi potevano procedere a un esame del genere.

La cosa venne inizialmente affidata ai vescovi, ma fallì. I vescovi, infatti, avevano troppe compromissioni in loco, a volte anche parenti coinvolti nell'eresia. E non di rado soccombevano nelle pubbliche dispute che organizzavano con i catari. Infatti la preparazione dottrinale del clero, all'epoca, lasciava molto a desiderare (da qui i tentativi di riforma ecclesiastica, prima fra tutte quella gregoriana); invece (come ben sanno quelli che, oggi, provano a discutere con i Testimoni di Geova) i catari erano molto agguerriti e scaltriti nel dibattito. Così la Chiesa pensò di affidare il compito di contrastare l'eresia a teologi cistercensi, inviati direttamente da Roma. Ma questi delegati papali spesso finivano trucidati dagli eretici e dai signori ghibellini che li sostenevano per loro motivi politici. Fu l'assassinio dei legati pontifici (mandante il conte di Tolosa, Raimondo VII) a scatenare la cosiddetta crociata contro gli Albigesi. La famosa frase &laqno;Uccideteli tutti, Dio distinguerà i suoi» è una fandonia storica. Non fu mai pronunciata.

Allora il Papa decise di affidare questo compito ai nuovissimi ordini mendicanti, Francescani e Domenicani. Specialmente i Domenicani, cui la regola imponeva lo studio e l'attività di predicazione. I frati erano molto amati dalla gente e potevano contrapporre ai catari altrettanta austerità e sprezzo della vita.

L'Inquisizione non fu un vero e proprio tribunale bensì un comitato di esperti che stabiliva chi fosse eretico e chi no. Non solo. Riammetteva nel seno della Cristianità coloro che, attratti all'eresia da ignoranza, paura o momentaneo fascino, si pentivano. Per gli ostinati la Chiesa non poteva fare più niente, e doveva lasciare che la giustizia civile seguisse il suo corso. Insomma l'Inquisizione salvò molta più gente di quanta ne abbia "abbandonata al braccio secolare". Paradossalmente è proprio l'Inquisizione a inventare il processo moderno. I tribunali laici medievali, infatti, funzionavano col sistema "accusatorio": il giudice poteva intervenire solo su istanza di parte e giudicava sulle prove fornite dalle parti. Anche l'omicidio. Se i parenti dell'ucciso perdonavano l'assassino questo veniva liberato.

Invece la Chiesa usò il procedimento "inquisitorio'': il giudice, di sua iniziativa ("d'ufficio") indaga, cerca le prove, incastra il colpevole (quel che fa oggi il magistrato "inquirente"). L'Inquisizione inventa il verbale redatto da un cancelliere, il "corpo del reato", la giuria popolare, gli sconti e la remissione di pena per buona condotta, le licenze per malattia, gli arresti domiciliari, l'avviso di garanzia. Essa condannò un numero di persone di gran lunga inferiore a quel che certi romanzi "gotici" ci hanno tramandato. E salvò la civiltà europea da un gravissimo pericolo. Proprio perché l'Inquisizione inventa il processo scritto e verbalizzato gli storici sanno tutto su questa istituzione, i cui documenti sono tutti conservati e a disposizione degli studiosi. Processi quali quelli mostrati ne il nome della rosa sono puramente inventati.

Anche la tortura inquisitoriale è una sciocchezza tramandata da disegni e incisioni di fantasia, diffusi dalla propaganda antipapista protestante dopo l'invenzione della stampa. La tortura, come mezzo per far confessare, era usata da sempre da tutti i tribunali (il carcere come pena comincia con la Rivoluzione francese; prima c'erano solo pene fisiche e pecuniarie). Il primo ad abolirla fu Luigi XVI, poco prima della Rivoluzione francese. L'unica tortura a cui facevano ricorso i tribunali inquisitoriali (ma solo in presenza di gravissimi indizi) era la corda: l'imputato veniva sospeso per le braccia e lasciato cadere sul pavimento, due o tre volte. Se non confessava, veniva liberato. Se confessava sotto tortura la sua confessione doveva essere da lui confermata dopo, senza tortura, altrimenti non era valida. Gli inquisitori la impiegarono pochissimo perché non se ne fidavano: sapevano che c'è chi sotto tortura confesserebbe anche quel che non ha commesso.

La tortura comunque era applicata sempre sotto stretto controllo medico e mai a vecchi e minori. Se qualche inquisitore era troppo duro immediatamente si levavano alte le proteste e il Papa preferiva sostituirlo. Roberto il Bulgaro, un ex cataro poi divenuto inquisitore generale in Francia, finì sotto processo e venne relegato a vita in un monastero. Se in qualche manuale scolastico si leggono espressioni come &laqno;carcere perpetuo» o &laqno;carcere perpetuo irremissibile», nel latino inquisitoriale ciò significava gli arresti, generalmente domiciliari, dai tre agli otto anni. E "arresti domiciliari" voleva dire, in pratica, divieto di uscire dalla città senza permesso. Si tenga sempre presente che la Chiesa aveva tutto l'interesse, anche propagandistico, a riconciliare l'eretico pentito e confesso.

L'Inquisizione spagnola



Su questo tema, la fantasia si è scatenata. Ma è appunto fantasia, come ne il pozzo e il pendolo di Edgar A. Poe.

Nel 1492, anno dell'impresa di Colombo, la Spagna, riunificatasi col matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona, era riuscita a portare a termine la plurisecolare opera di riconquista del paese ai Mori. Il nuovo regno si trovava adesso ad avere in casa due fortissime minoranze, quella musulmana e quella ebraica. Poiché ora il governo era interamente in mano ai cristiani, molti, per far Carriera, Si facevano battezzare, ma in segreto continuavano a praticare la vecchia religione. Solo che il segreto non era tale per i vicini di casa e i compaesani, i quali, non di rado scavalcati soprattutto dai più abili Ebrei (nel commercio e nelle finanze, ma anche nelle carriere amministrative e perfino ecclesiastiche), spesso davano luogo a tumulti contro i falsi convertiti o marranos. Si aggiunga che i Mori di Spagna per lungo tempo sognarono la rivincita, facendo da quinta colonna per i regni islamici corsari del vicino Nordafrica (i quali praticarono per secoli continue incursioni sulle coste). Rivolte scoppiavano qua e là, e impensierivano i due re. Ci fu anche una ribellione di nobili contro la corona, e molti Ebrei conversos commisero l'errore di appoggiare i ribelli. Insomma l'appena unificato regno rischiava una guerra civile. Per questo i Re Cattolici chiesero al Papa l'istituzione dell'Inquisizione. Finché Ferdinando e Isabella, buoni cristiani, vissero, l'Inquisizione spagnola obbedì alle direttive di moderazione del Papa. Ma in breve diventò un organismo governativo, del tutto indipendente da Roma e sul quale il Papa non aveva praticamente nessun potere.

Comunque l'Inquisizione ebbe il merito di sottrarre la questione dei falsi convertiti ai linciaggi di piazza. Fu garantito un processo giusto e puntiglioso. I veri convertiti vennero provvisti di regolare certificato inquisitoriale e garantiti contro ogni ulteriore molestia; agli altri fu posta l'alternativa tra la vera conversione o la condanna. Infatti l'Inquisizione, tribunale ecclesiastico, poteva giudicare solo i cristiani, non gli ebrei o i musulmani. Un battezzato che, di fatto, praticava il Giudaismo o l'Islamismo, era un eretico sovversivo. Così, colpendo relativamente pochi colpevoli (il cui numero effettivo, anche qui, va molto ridimensionato), l'Inquisizione "regolò il traffico" in Spagna: gli ebrei facessero gli ebrei, i musulmani i musulmani e i cristiani i cristiani, ognuno con i suoi riti e ben separati, per non litigare. La sua presenza evitò alla Spagna quelle guerre di religione che invece insanguinarono l'Europa settentrionale e garantì lo sviluppo del Paese, che così poté diventare la prima superpotenza del tempo. Si tenga presente che i più grandi Santi del cosiddetto "secolo d'oro" spagnolo (che coincise col culmine dell'attività inquisitoriale) erano tutti di origine ebraica: Giovanni di Dio, Teresa d'Avila, e altri. Il "famigerato", anch'egli ebreo convertito, Torquemada fu in realtà molto più mite di quel che Si pensa.

Per quanto riguarda la cosiddetta "caccia alle streghe" teniamo presente che l'Inquisizione se ne occupò poco. La vera e propria "stregomania" si diffuse in Europa alla fine del Rinascimento, dunque all'inizio della modernità. Ci credevano gente come Newton e Giordano Bruno (lui stesso un mago), Paracelso e Cartesio. A bruciare streghe furono soprattutto tribunali laici e protestanti (il più fiero cacciatore di streghe fu il giurista francese Jean Bodin, teorico dello Stato moderno). La famigerata Salem si trova infatti nel Massachusetts dei protestanti Padri Pellegrini americani. L'Inquisizione cattolica classificò la stregoneria come superstizione e, specialmente in Spagna, salvò la vita a moltissime presunte streghe che la furia popolare (o qualche cliente deluso) voleva linciare.

Il Sant'Uffizio (Galileo, Bruno e Campanella)



L'Inquisizione Romana, o Sant'Uffizio, nacque per rispondere alla sfida luterana. Essa fu centralizzata a Roma e affidata ai cardinali. Santi come Pio V (il papa della battaglia di Lepanto) furono inquisitori. Il Sant'Uffizio evitò all'Italia la caccia alle streghe e le guerre di religione. Il periodo della Controriforma, contrariamente a quanto molti sostengono, fu un'epoca di splendore di arti, lettere e scienze.

Nacque il "barocco" e scienziati perseguitati nei paesi protestanti (come Stenone e Keplero) ebbero cattedre universitarie e onori. In molte città d'Italia tuttavia il Sant'Uffizio non operò, perché alla lotta all'eresia provvedevano magistrature laiche (tutti i governi erano spaventati da quel che succedeva oltralpe). Così Genova, Venezia, Lucca. Napoli e Milano erano sotto la Spagna, ma non permisero che si insediasse l'Inquisizione spagnola, la quale operò solo in Sicilia e in Sardegna. In Roma si ebbe una sola condanna per stregoneria (ma vi era connesso un avvelenamento).

Il caso Galileo richiede un chiarimento. Innanzitutto diciamo subito che egli non inventò affatto il telescopio, né scoprì la rotazione e rivoluzione della terra, né disse mai &laqno;Eppur si muove!». Semplicemente puntando il cannocchiale (rispetto agli attuali, poco più che un giocattolo) al cielo scoprì i satelliti di Giove. Questo lo convinse che Copernico (morto vent'anni prima) aveva ragione: non tutto girava attorno alla terra. Ora si tenga presente che la teoria copernicana era regolarmente insegnata nelle università, accanto a quella tolemaica. Erano teorie non verificate, ma che la terra fosse al centro di tutto era cosa che si vedeva ad occhio nudo (infatti i sensi ci dicono che è il sole a girare, e la terra sta ferma). E Copernico era pure un prete.

Gli astronomi gesuiti della Specola Vaticana confermarono le scoperte di Galileo e le difesero contro gli scienziati laici che invidiavano il favore di cui il pisano godeva alla Corte pontificia. Galileo, carattere spigoloso, li beffeggiava e li insultava nei suoi scritti.

Gli tesero una trappola, facendo circolare certe sue lettere in cui diceva che la Chiesa avrebbe dovuto modificare il corrispondente passo delle Scritture (quello in cui Giosuè ferma il sole). Il cardinale Bellarmino (che è Santo) fu costretto a dire a Galileo di occuparsi di scienza e non di teologia. Galileo accettò e per vent'anni non se ne parlò più.

Continuò a insegnare la teoria copernicana e nessuno lo molestò. Poi si convinse che le maree erano dovute al movimento della terra (invece sono dovute all'attrazione lunare, come cercò di spiegargli Keplero) e pubblicò un'opera in cui faceva fare al Papa la figura dello sciocco. Solo che quel Papa era Urbano VIII, caratterino come il suo.

Convocato a Roma dal Sant'Uffizio Galileo venne alloggiato in un appartamento sul Pincio con un servitore. Il processo decretò, a stretta maggioranza, che i passi riguardanti la teoria copernicana data come provata nelle sue opere dovevano essere corretti. Lui venne condannato a recitare per tre anni i Salmi penitenziali un volta alla settimana.

Tutto qui. La rotazione della terra venne provata solo due secoli dopo, col famoso pendolo di Foucault. Giordano Bruno era un monaco domenicano dichiaratamente eretico. Gettò il suo accusatore nel Tevere e fuggì dall'Italia. Più che un filosofo era un mago, e si inimicò tutti i posti nei quali andò peregrinando. Fu scomunicato perfino dai protestanti. Si rifugiò in Inghilterra, dove venne accolto da Elisabetta I, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena. Lui, in cambio, le denunciava i cattolici (la persecuzione anglicana nei confronti dei cattolici inglesi fece più di settantamila vittime). Ma dovette fuggire anche da lì. Se ne andò a Venezia, la quale, per dispetto al Papa proteggeva gli eretici. Qui si installò in casa del nobile Mocenigo; questi lo manteneva in cambio della promessa di imparare la millantata "arte della memoria" che Bruno sosteneva di possedere Quando il Mocenigo trovò Bruno a letto con sua moglie lo denunciò alle autorità, le quali furono ben felici di sbarazzarsene consegnandolo all'Inquisizione romana. Bruno, che -lo ricordiamo- era un rate, abiurò ma poi tornò sulle sue decisioni, in un a letto continuo che durò anni. Alla fine venne abbandonato al braccio secolare come mago, eretico e sovversivo.

Tommaso Campanella, anch'egli domenicano era suddito spagnolo in quanto calabrese. Le sue teorie utopiche esposte nella Città del Sole lo portarono a organizzare una cospirazione contro il dominio spagnolo per instaurare un repubblica secondo le sue idee. Dopo trent'anni nelle carceri spagnole (dove poté tuttavia continuare a scrivere), il Papa lo fece fuggire con un trucco: ne chiese l'estradizione a Roma, poi lo lascia scappare in Francia.

Umanesimo e Rinascimento



Con la fine dell'anarchia feudale e l'avvento dei regni unitari (Francia, Inghilterra, Spagna) la situazione di endemica insicurezza cedette il posto a relativa pace e tranquillità di comunicazioni. La rivoluzione industriale medievale poté così esplodere in traffici, commerci e viaggi (di pellegrinaggio, di studio, di affari). L'aumentato benessere fece crescere la popolazione e sorsero i liberi comuni, le signorie, le repubbliche (marinare e no). Fiorirono le professioni, come quelle legate all'insegnamento e al diritto, e anche le arti. Essendoci più ricchi disposti a pagare, artisti e legulei, professori e scienziati proliferarono. Finalmente c'era tempo e agio per studiare tutte quelle antiche opere che i monaci avevano salvato dai secoli di disordine. Cioè le opere greche e romane. Machiavelli e Guicciardini cominciavano a dire chiaramente che era ora di ripristinare il sistema politico e amministrativo romano, che così grandi frutti aveva dato.

Solo che, a furia di studiare il mondo antico, esso divenne "di moda". Negli affreschi Marte e Venere cominciarono a sostituire Cristo e la Vergine, e l'audace Ars amandi di Ovidio venne compulsata pure nei conventi. Poco alla volta anche la mentalità antica cominciò a farsi strada, mentalità maschilista e burocratica. E i frutti si videro presto. Alla fine del XV secolo l'Università di Parigi vietò alle donne la professione medica. Qualche anno ancora e alle donne sposate verrà imposto di portare il cognome del marito. Spunta la "maggiore età" legale. Molti dotti cominciano a praticare la magia, la Chiesa si vede costretta a porre limiti all'alchimia e all'astrologia (finirà per vietarle del tutto nel secolo successivo).

Il Rinascimento sarebbe più appropriato chiamarlo "neo-paganesimo", perché tale in effetti fu. Nell'arte e nella letteratura al centro di tutto non c'è più Dio ma l'uomo ("umanesimo"); la politica e l'economia prendono le distanze dalla morale cristiana; i legisti teorizzano il potere dello Stato come totalmente indipendente da ogni altra autorità.

L'epoca di splendore che i manuali scolastici contrabbandano riguardò in realtà solo pochi privilegiati: le corti dei principi (come quella medicea) e gli artisti e i letterati da essi stipendiati. Il resto dell'umanità, invece, vedeva con terrore sopravvenire un altro tempo di disperazione. Nell'Europa settentrionale, uno dietro l'altro, eresiarchi trascinavano le folle nell'attesa della fine del mondo. Complici i maghi di cui si è detto e gli astrologi (e soprattutto l'invenzione della stampa, che permetteva la diffusione delle profezie apocalittiche e dei vaticini astrologici), la paura delle streghe, dei malefici, dell'Anticristo, dell'Apocalisse, cominciò a dilagare.

Ogni cometa, ogni pestilenza era vista come il segno dell'inizio dei tempi ultimi. "Profeti" improvvisati ed eretici millenaristi additavano nella Chiesa di Roma la "Grande Meretrice" dell'Apocalisse. Un papa come Alessandro Borgia venne ingiustamente diffamato e additato ad esempio della corruzione romana.

La successiva polemica luterana da antipapista divenne anticattolica e dunque anti-italiana: l'Italia, che fino a quel momento aveva significato arte, cultura e raffinatezza, da quel momento fu oggetto di disprezzo, disprezzo che, nell'immaginario dei popoli nordici, dura tutto sommato ancora oggi. Tale visuale è stata purtroppo introiettata dagli Italiani, grazie alla propaganda di quegli intellettuali che salutarono come "liberatori" i napoleonici, poi i piemontesi e infine gli americani. L'autodenigrazione (&laqno;E' inutile, siamo in Italia» o &laqno;all'italiana» per indicare corruzione, pressappochismo, inciviltà, disordine e inefficienza) è così diventato il nostro vero sport nazionale. E siamo gli unici al mondo a praticarlo. Invece nessuno ci ricorda che gli Italiani hanno letteralmente creato la civiltà: dal fazzoletto alla forchetta, dal motore a scoppio alla radio, dall'elettricità al telefono, dal galateo alla vera democrazia, dall'energia nucleare alla musica. Eccetera, eccetera. Se qualcuno si azzarda a ricordarlo i sedotti dalle ideologie d'importazione gridano al &laqno;fascista».

Ma torniamo a bomba. Alessandro VI Borgia, spagnolo, aveva il torto di essere inviso alla Francia e a Venezia. La Francia perché nemica delle Spagna. Venezia perché era da sempre interessata solo alla sopravvivenza dei suoi traffici (era stata la Serenissima a indurre a suo tempo i Crociati ad assaltare Costantinopoli, di fede scismatica "ortodossa", anziché Gerusalemme). Ora il papato aveva come politica tradizionale quella di impedire che il Nord dell'Italia diventasse una dipendenza dell'Impero germanico e il Sud un califfato musulmano (i Turchi sbarcarono più volte in Puglia e assediavano l'Europa risalendo dai Balcani; Budapest dovette essere riconquistata, Vienna fu salvata solo nel 1622; la Sicilia, a lungo sotto gli Arabi, era continuamente tormentata dai corsari islamici). Anzi proprio il figlio del Borgia, Cesare, stava realizzando, a colpi di conquiste, quell'unità d'Italia sotto un solo signore che stava tanto a cuore a Machiavelli (che appunto a Cesare Borgia dedicò il suo Principe). Ma il Borgia aveva un tallone d'Achille: la sua vita privata. Come pontefice fu esemplare, come uomo un po' meno: se ne vergognò sempre e non volle mai difendersi, cosa che però lasciò campo libero alle calunnie. Fu lui a introdurre la preghiera dell'Angelus, che ancora oggi il Papa recita. Grazie alla sua mediazione Spagna e Portogallo evitarono un conflitto a proposito delle nuove terre transoceaniche da colonizzare.

Il Nuovo Mondo



Cristoforo Colombo, il più grande navigatore di tutti i tempi, era un uomo religiosissimo (ma conviveva more uxorio, come del resto Galileo; questo serva a chiarire che il puritanesimo sessuale non fu mai di casa in ambiente cattolico). Il motivo per cui voleva andare nelle Indie passando dall'oceano è specificato nel suo testamento, nel quale ricordò ai Re Cattolici l'impegno, preso da loro con lui, di utilizzare le ricchezze del Nuovo Mondo per una definitiva Crociata tesa a liberare una volta per tutte il Santo Sepolcro.

Come è noto il viaggio delle sue caravelle si rivelò più lungo di quanto Colombo avesse previsto e le ciurme tumultuavano. Ma lo seguirono fino in fondo quando lo videro, durante una tempesta, allontanare un tromba marina ponendosi a prua con in mano una croce.

Tra parentesi il viaggio di Colombo poté essere concepito (e finanziato dalla Corona spagnola) perché tutti sapevano benissimo che la terra era tonda e non piatta (Aristarco di Samo ne aveva calcolato esattamente il raggio fin dal VI secolo avanti Cristo). Solo che Colombo la credeva di dimensioni più piccole.

La scoperta di un continente sconosciuto, abitato da razze mai viste, ebbe sugli Europei lo stesso impatto emotivo che avrebbe per noi un eventuale contatto con alieni. Si discusse se questi nativi seminudi e senza barba appartenessero o meno alla razza umana (come accadrebbe in caso di "incontro ravvicinato" con marziani), e il Papa, con una Bolla, stabilì che lo erano. Dunque avevano diritto, come gli altri, a conoscere la Buona Novella ed entrare nella civiltà. La "leggenda nera" sui Conquistadores merita di essere ridimensionata. Innanzitutto quegli avventurosi hidalgos erano davvero convinti della loro missione evangelizzatrice, tant'è che i frati li accompagnarono fin dalle prime spedizioni. Non che mancassero gli avventurieri, certo; ma la Corona spagnola considerò subito gli Indios come sudditi, e non selvaggi da colonizzare. Come sudditi avevano gli stessi diritti degli Spagnoli. E' questo il motivo per cui il Sudamerica oggi appare meno sviluppato economicamente del Nord. Diversamente dai pellerossa nordamericani gli indios erano troppo tutelati giuridicamente (Carlo V istituì la carica di "Protettore degli Indios", e la affidò all'ambiguo e non sempre obiettivo Bartolomé de las Casas), cosa che scoraggiava gli imprenditori spagnoli.

La Conquista avvenne in modo realmente miracoloso. Per esempio non è pensabile che i settanta uomini di Cortés potessero, da soli, eliminare l'impero azteco. Sì, avevano i cavalli e gli archibugi, ma gli Indios non tardarono a rendersi conto che anche i cavalli potevano essere facilmente uccisi e che, in quei climi caldo-umidi, gli archibugi facevano cilecca una volta su due. Il fatto è che gli Spagnoli furono accolti come liberatori dalle tribù oppresse dagli Aztechi, tribù che approfittarono della loro venuta per ribellarsi. Gli Aztechi (ma anche gli Incas peruviani) praticavano i sacrifici umani su larga scala perché la loro religione li obbligava a continuamente "nutrire" il sole con sangue umano. Nella sola inaugurazione del tempio di Tenochtitlàn vennero squartati ottantamila prigionieri di guerra, e le loro carni mangiate. Per procurarsi vittime da sacrificare gli Aztechi muovevano continuamente guerra alle popolazioni confinanti, che consideravano "inferiori". La loro superiorità bellica ne faceva degli oppressori e il fatalismo delle religioni precolombiane paralizzava le tribù vittime delle loro razzie. Ora antiche profezie dicevano che il dio Quetzalcoatl, biondo e con la barba, sarebbe arrivato dal mare su "case con le ali". Esattamente nel tempo previsto dalla profezia arrivò Cortés con i galeoni. Il segno fu interpretato come l'ora dell'attesa riscossa.

Il cosiddetto "genocidio" degli Indios fu dovuto alle malattie che gli Europei portarono con sé, malattie di fronte alle quali gli Indios erano privi di anticorpi. Ma altrettante malattie (quelle tropicali) trovarono gli Spagnoli. Essi portarono in Europa molto oro e molto argento, ma importarono nel Nuovo Mondo tecnologia, capitali, scuole, ospedali.

E poi all'oro e all'argento gli Indios non davano alcuna importanza, mentre per gli Europei erano vitali: le spezie (essenziali per conservare il cibo) e i prodotti dell'Oriente dovevano per forza essere pagati in oro e argento, perché gli orientali non accettavano le monete europee.

Grazie alla presenza assidua dei frati gli Spagnoli attratti dalle belle indie dovettero sposarle regolarmente. I cattolicissimi Spagnoli si unirono in matrimonio con le donne locali e oggi il Sudamerica presenta un variopinto meticciato. A differenza dell'America del Nord, protestante, dove i pellerossa sono quasi scomparsi. Qui, infatti, i primi coloni inglesi ("fondamentalisti" protestanti) considerarono i nativi come "inferiori" perché "figli di Caino". I soli indiani del Nord battezzati sono quelli degli stati ex spagnoli, come il Nuovo Messico, l'Arizona, etc.

Tutte le città statunitensi che portano nomi di santi sono infatti ex missioni spagnole (Los Angeles, San Francisco, Sacramento, San Diego, etc.). I missionari cattolici, nell'America appunto "latina", crearono catechismi e scuole per indios, cercando di approfondire la loro cultura e i loro linguaggi. Subito ci furono sacerdoti indios, che giunsero alle cariche più alte dei loro Ordini. Insomma la Conquista spagnola non fu affatto un Far West dove "L'unico indiano buono è quello morto". Al contrario Tra l'altro proprio il dibattito ad altissimo livello che si aprì in Europa sull'argomento creò la base di quei "diritti umani" (cioè spettanti a tutti solo perché appartenenti all'umanità, a prescindere dalle usanze o dalla religione o dalla razza) che oggi sono recepiti da tutte le principali Costituzioni e dalla Carta dell'ONU.

Pochi anni dopo la presa della capitale azteca, ribattezzata Città del Messico, la Madonna venne a confermare la bontà dell'impresa spagnola. Apparve a un indio battezzato e si presentò vestita con i simboli della Grande Madre dell'antica religione azteca La figura rimase prodigiosamente impressa sul mantello di fibre vegetali dell'indio, ed è oggi venerata nel santuario di Guadalupe. Si tratta di un'immagine, come la Sindone, che ancora stupisce gli scienziati.

La cosiddetta Riforma

Lutero era un monaco agostiniano (entrato in monastero per sfuggire a una vendetta privata) che trasse pretesto da una pretesa "corruzione" della Chiesa per fondare una religione completamente nuova. Per questo è inesatto parlare di "Riforma".

Infatti se il problema fosse stato davvero costituito dalla vendita delle indulgenze, delle cariche ecclesiastiche e dalla non osservanza del celibato ecclesiastico, si sarebbe potuto benissimo ovviare a tali abusi semplicemente eliminandoli. Non era la prima volta che la Chiesa si autoriformava sotto l'impulso di Santi (pensiamo a san Francesco), e lo stesso Lutero venne invitato al Concilio di Trento per esporre le sue tesi. Ma non ci andò. Ormai si era spinto troppo in là ed aveva rivelato dove realmente voleva andare a parare. Personalmente ossessionato dal sesso, dal demonio e dal peccato, proprio la notte di Ognissanti del 1517 (per coincidenza è la "notte delle streghe") affisse le sue famose "Tesi" sulla porta della chiesa di Wittemberg, la prima delle quali diceva che &laqno;tutta la vita del cristiano deve essere una penitenza». Questa allegra prospettiva fu puntellata con tutta una serie di rivendicazioni che, di fatto smantellavano completamente il Cattolicesimo: abolizione della gerarchia ecclesiastica perché ogni cristiano può interpretare da solo le Scritture, abolizione del culto dei Santi e della Madonna, sostituzione della Messa (in cui si ripete il sacrificio di Cristo) con una semplice commemorazione dell'Ultima Cena, abolizione degli ordini religiosi e della Confessione.

Naturalmente finì come doveva finire: se ogni cristiano è libero di interpretare le Scritture come vuole perché dovrebbe interpretarle come dice Lutero? Infatti già durante la sua vita le sètte protestanti si moltiplicarono. Ma lui instaurò un clima di terrore e ricorse ai prìncipi tedeschi per reprimere nel sangue ogni dissenso. Cominciarono le guerre di religione e la Cristianità si spaccò per sempre. L'Inghilterra di Enrico VIII, la Munster degli Anabattisti, la Ginevra di Calvino, la Scozia di Knox e la Francia degli Ugonotti divennero teatro di massacri senza fine, a cui si poté porre termine solo con il compromesso del "cuius regio eius religio". Adesso ogni suddito doveva obbligatoriamente professare la religione dello stato in cui viveva, cosa che portò all'instaurarsi di inquisizioni e alla repressione di ogni diversa religione all'interno di ogni stato. Le idee protestanti, in tutte le loro forme, veicolate attraverso la nuova invenzione della stampa, crearono dappertutto fermenti, rivolte e stragi.

Le novità introdotte dalla cosiddetta Riforma furono: la dottrina della predestinazione e l'impossibilità della Confessione liberatoria, che determinarono una psicologia pessimistica (da qui la plumbea "austerità" delle popolazioni nordiche). La sottoposizione della religione allo stato e la conseguente creazione di chiese nazionali abituò i protestanti all'obbedienza al governo, con la stessa intensità con cui prima si doveva obbedire a Dio stesso. Le donne, private anche della possibilità della carriera ecclesiastica, finirono "angeli del focolare" e vennero relegate in ruoli esclusivamente casalinghi. La sessuofobia di Lutero venne portata ad esasperazione dai Puritani inglesi, i quali la trapiantarono in America. Non è un caso se è proprio in quella nazione che i presidenti sono costretti alle dimissioni se scoperti in flagranza di adulterio. Il bigottismo sessuale, poi, genera il suo contrario per reazione: infatti la rivoluzione sessuale rockettara e poi sessantottina è partita proprio dagli Usa. Ancora: Lutero vietò le immagini sacre, costringendo l'arte alla sola musica: per questo motivo le zone protestanti partorirono da allora in poi praticamente solo musicisti. Infine i "pastori", perché sposati, divennero facilmente ricattabili dal Potere (lo si è visto nei regimi comunisti e nazisti: solo i preti cattolici hanno potuto resistere).

La drastica diminuzione delle feste e della "gioia di vivere" (come si fa, infatti, a sapere se si è "predestinati" o meno?), ha prodotto quel concentrarsi nel lavoro, quel reinvestire continuo, quella attitudine all'irregimentazione, quello sfruttamento degli operai (i poveri, come nell'Antico Testamento, sono tali perché "peccatori", non predestinati), quella propensione all'alcool (non si può sempre fingere una virtù che non si ha: ogni tanto bisogna "rilassarsi") che è assente nei paesi latini, quel reprimere la manifestazione pubblica dei sentimenti che porta da un lato all'ipocrisia, dall'altro allo sbracamento (impeccabili di giorno e ubriachi fradici il week-end; il "minuto di silenzio", l'occultamento delle emozioni ai funerali e gli hooligans; e così via), ma ha determinato l'ineluttabile superiorità economica e militare dei paesi nordici. Questo tipo di mentalità da "predestinati", incontrando il darwinismo, ha generato il razzismo biologico, prima totalmente sconosciuto. Si noti come il fenomeno dei serial killer sia partito dall'Inghilterra (il famoso Jack lo Squartatore) e dilagato negli Usa. Dagli Usa sta conquistando il mondo. In personalità fragili un peccato è irrimediabile (non c'è la Confessione); la mentalità e l'educazione puritane fanno il resto. Si noti come nei film anglosassoni non si mangi quasi mai: si beve. Nel West c'erano i saloon, dove si beveva ma non si mangiava. E da dove ogni tanto le benpensanti nerovestite della città facevano cacciare le "svergognate" ballerine.

Della grande tragedia che distrusse l'unità cristiana cosa è rimasto? Chi, oggi, pensa ancora che le buone opere non servano a niente? Chi crede in un Dio che ha predestinato al paradiso solo alcuni, mentre tutti gli altri sono dannati qualunque cosa facciano? Chi è spiacente che tutti i capolavori dell'arte sacra non siano stati distrutti? Chi vorrebbe al potere solo persone in "stato di grazia"? La storia e il buonsenso hanno dato ragione al Cattolicesimo "papista", piaccia o no. Certo oggi sono molti quelli che si rivolgono a nuovi culti o a vecchi culti riverniciati. Ma il mix di spiritismo, astrologia, reincarnazionismo chiamato New Age, ha davvero maggiore attendibilità scientifica di Babbo Natale? Il neo-buddismo è una religione? No, è una filosofia tutto sommato nichilista. Il suo fondamento (nelle sue infinite varianti) è questo: liberarsi dal desiderio per liberarsi dal dolore, evitare le cattive azioni per uscire dal ciclo delle reincarnazioni e raggiungere il Nirvana (cioè il Nulla, dove non c'è dolore, ma neanche gioia). Se uno soffre non ci si può far niente: è il suo karma; è stato cattivo in una vita precedente. In fondo queste "religioni" sono la proiezione mistica (insopprimibile nell'uomo) dell'edonismo imperante. Ognuno si crea una sua religione-fai-da-te, con un Dio che è a propria immagine e somiglianza.

Anche il proliferare di stregoni, maghi e cartomanti ha lo stesso scopo: star bene ed avere fortuna. Molti cercano di ovviare al proprio disagio esistenziale tuffandosi in una qualsiasi delle offerte che l'attuale "supermarket delle religioni" mette a disposizione.

Ma la ricerca di Dio, cioè della Verità (che non può essere che una), può esigere il contrario. Il Cristianesimo, infatti, non ti propone benessere, ma la Croce. La Verità, ti dice, ha questo prezzo; i vantaggi li vedrai dopo. Insomma chi afferma di cercare la Verità, ma in realtà cerca solo se stesso, non trova affatto Dio. Lo trova solo chi cerca Lui, anche a costo di dover rinunciare a se stesso.

Le monarchie assolute



C è chi ancora sostiene che la rivoluzione protestante abbia aperto la via alla "libertà". E' vero l'esatto contrario. Spezzato il monopolio romano sulla religione il compromesso "cuius regio eius religio" consegnò le varie chiese, ormai "nazionali", al potere civile. I re, ormai, non riconoscevano più l'autorità morale del Papa. Dunque su di loro adesso c'era solo Dio. In Inghilterra lo scisma di Enrico VIII proclamò il re capo della chiesa anglicana: cioè lo dichiarò "papa" nei suoi possedimenti, con potere di decidere in materia di dogmi e di fede (cosa che i sovrani inglesi hanno ancora oggi). Chi la pensava diversamente non era più solo eretico ma anche "traditore", passibile di impiccagione e conseguente squartamento del cadavere. Già lo vedemmo, ne fecero le spese oltre settantamila cattolici (tra parentesi, solo alla fine del secolo scorso cessarono le discriminazioni amministrative nei confronti dei cattolici inglesi). La dittatura di Cromwell completò l'opera sterminando mezza Irlanda in uno dei primi genocidi organizzati della storia.

Altra parentesi e altro massacro: all'altro capo del mondo, in Giappone, mercanti protestanti aizzarono l'imperatore nipponico contro i missionari cattolici, facendo credere che questi erano le avanguardie di una conquista spagnola o portoghese. Si scatenò la persecuzione. Nel 1537 un gruppo di ronin cattolici (i ronin erano samurai senza padrone) si misero alla testa di una rivolta e si arroccarono nel castello di Shimabara. Dopo una lunga ed eroica resistenza vennero tutti massacrati. Gli odierni film sulle arti marziali hanno finito per dare una patina "eroica" al Giappone feudale. In realtà si trattava di un sistema ingiusto e spietato, che opprimeva i contadini e teneva le classi inferiori per "cose" a disposizione dei padroni-feudatari. Così era anche in Cina e in tutto l'Oriente. Molti di questi sventurati si fecero cattolici proprio perché la religione dei missionari predicava il riscatto e l'uguaglianza. Tuttavia a Shimabara si limitarono a chiedere la stessa libertà di culto di cui godevano i Buddisti, i Confuciani e gli Shintoisti. All'assedio di Shimabara contribuì anche una nave olandese. Da quel momento tutti i cattolici giapponesi vissero nel terrore. Se scoperti venivano crocifissi o arsi sulla "collina dei martiri", a Nagasaki. Quando gli Americani costrinsero, nel secolo scorso, il Giappone ad aprire le sue frontiere, i missionari trovarono una forte comunità cattolica clandestina proprio a Nagasaki. Aveva resistito per oltre due secoli. Ma venne spazzata via dalla bomba atomica che giusto su Nagasaki fu lanciata, sebbene la città non presentasse obiettivi militari.

Torniamo all'Europa. Le idee espresse dall'Umanesimo, maturate nel Rinascimento ed esplose nella Riforma vennero poco a poco condensate sul piano politico da un ceto di "legisti", stipendiati dai sovrani. Costoro presero a costruire teoricamente lo stato moderno, quello al di sopra del quale non c'è niente e nessuno. Ai re faceva comodo, naturalmente. Finì che la volontà di Dio venne identificata con quella del sovrano, il quale divenne "assoluto", cioè ab (legibus) solutus, "sciolto dalle leggi" che egli stesso emanava. &laqno;Lo Stato sono io», diceva adesso con ragione il re di Francia. Tale processo culminò con Luigi XIII, il quale poco alla volta esautorò la nobiltà togliendole tutti gli incarichi, ma non i privilegi connessi. I nobili vennero attirati a Corte e trasformati in un ceto semiparassitario. Tutte le funzioni che avevano precedentemente (amministrazione, difesa, giustizia a livello locale) vennero loro tolte, lasciando loro solo gli alti gradi militari. In questo modo tra il monarca e i sudditi non c'era più niente a far da schermo. Solo la Chiesa. Ma essa venne sistematicamente attaccata ed erosa da estenuanti bracci di ferro col potere civile. Fu il cosiddetto Gallicanesimo in Francia e il Giuseppinismo in Austria, tendenze statalistiche che sottoponevano la nomina dei vescovi al gradimento del sovrano e ponevano di fatto l'attività della Chiesa sotto il controllo dello Stato. Nei paesi protestanti tale controllo era scontato. In Spagna e in Portogallo ministri accentratori e illuministi (come il marchese di Pombal, responsabile della distruzione delle reducciones dei gesuiti nel Sudamerica; è narrato nel film Mission) si incaricarono di adeguare il loro paesi alle tendenze generali.

Filosofie come il Positivismo ed eresie come il Giansenismo nel frattempo si incaricavano di svuotare il Cristianesimo nella sua versione cattolica, scemando sempre più l'autorità morale (ormai non più universale) del Pontefice romano.

Nascita della Massoneria



Il 24 giugno 1717, festa di san Giovanni Battista nonché equinozio estivo, a Londra veniva creata la Massoneria moderna o "speculativa". Si tratta di un fenomeno della più grande importanza per il mondo moderno: merita un cenno a parte. Il termine si rifà alle corporazioni dei costruttori medievali, muratori in italiano, maçons in francese e masons in inglese. Tali corporazioni erano quelle che avevano edificato le cattedrali, monumenti "unitari" del Medioevo ("unitari" perché in essi tutte le discipline confluivano: l'architettura, la scultura, la pittura, la musica, e anche l'astrologia, l'alchimia, la matematica, oltre naturalmente alla religione: insomma si trattava di vere e proprie "summae" del sapere); perciò erano considerate un po' l'élite dei lavoratori. In esse si entrava da apprendista e si imparava a squadrare la pietra, ma si arrivava via via al grado di architetto. Accanto ai cantieri sorgevano le "logge", dove i costruttori si riparavano dalle intemperie e insegnavano il mestiere ai giovani.

Poiché l'apprendista, da contratto, andava a vivere in casa del maestro, dal maestro doveva ricevere anche l'istruzione religiosa e morale, cosa che veniva eseguita prendendo a simbolo ed esempio le attività della costruzione (non per nulla il termine "edificazione" indica contemporaneamente il costruire e anche l'effetto del buon esempio morale). Questa fu detta Massoneria "operativa", proprio perché aveva scopi solo pratici.

I facenti parte della corporazione si spostavano di continuo per lavoro, in tutta Europa, ovunque c'era un cantiere aperto. Poiché i tagliatori della cosiddetta "pietra franca", molto pregiata, erano grandemente richiesti, e poiché non si poteva sottoporli a prova rovinando del prezioso materiale, coloro che avevano imparato quest'arte venivano muniti di segni segreti di riconoscimento che li mettessero in grado di trovare lavoro in tutti gli angoli della Cristianità. Da qui il termine franc-maçon, o frammassone. Ma "franco" ha anche il significato di "libero", per cui in inglese divenne freemason, o "libero muratore".

Per avere le spalle coperte da ingerenze governative, man mano che le monarchie diventavano assolute, tali corporazioni presero l'abitudine di ammettere nel loro seno personaggi altolocati come "muratori onorari". Molti nobili e letterati di corte ottennero questo onore, in cambio della loro protezione. Finì che essi stessi chiesero di far parte della corporazione, specialmente quando la magia rinascimentale divenne lo sport preferito dalle classi colte.

Si sparse la voce che il segreto alchemico della Pietra Filosofale, dell'Elisir di Lunga Vita, del Graal e della possibilità di fabbricare oro era detenuto dalle corporazioni muratorie. Non era vero, ma i "segreti" del mestiere finirono con l'essere interpretati così.

All'inizio del Settecento le corporazioni muratorie avevano ormai perso ogni carattere "operativo", e vi restavano solo gli "speculativi", cioè quelli che col mestiere muratorio non avevano proprio nulla a che fare. Nel 1717 le quattro principali logge inglesi si unificarono nella Gran Loggia di Londra e si diedero degli statuti.

Il ricordo dei massacri delle guerre di religione e il positivismo scettico ormai imperante fece sì che la Massoneria moderna si venisse a configurare come una specie di nuova religione, una "religione dell'umanità" di tipo deista. Cioè: esiste un Grande Architetto dell'Universo al di sopra delle religioni e delle chiese; basta riconoscerlo e, a qualsivoglia religione si appartenga, si può operare per il bene dell'umanità sotto la guida di alcuni saggi. Nasce qui il moderno concetto di "tolleranza", che non ha nulla a che vedere col significato etimologico del termine.

In sé significa infatti "sopportazione", e così era inteso in precedenza. Ogni credo religioso ha la pretesa di essere "la verità" e al massimo "sopporta" chi la pensa diversamente, sperando di convincerlo a convertirsi. Ora invece si parlava di "relativismo": ogni credo era relativamente vero, essendo in realtà solo parte di una verità più alta. Questa verità era posseduta dalla Massoneria, di cui chiunque poteva far parte, a patto che abbandonasse la pretesa alla verità assoluta delle sue credenze.

Pochi anni dopo la sua nascita la Massoneria ricevette la prima delle quasi seicento condanne da parte della Chiesa Cattolica, la quale vi vide subito una pericolosa religione alternativa e concorrente.

D'altra parte la Massoneria si rivestì immediatamente di riti e di miti fondanti, come quello di Hiram (il leggendario costruttore del Tempio di Salomone) e dei Templari (supposti antesignani della Massoneria speculativa). Quasi immediatamente la Massoneria si scisse e diversificò in molteplici "obbedienze", con una pluralità di rituali che sopravvivono ancora oggi. I tronconi principali si distinsero in "razionalisti" ed "esoteristi", quelli cioè che privilegiavano la riforma della società in senso anche politico e quelli che invece privilegiavano l'aspetto "magico" e "occulto" del sapere.

Qualche governante si impensierì e vietò queste associazioni; altri invece entrarono a farne parte Così Federico di Prussia, per esempio, e lo stesso Luigi XVI. In tutti i casi far parte della Massoneria divenne ben presto l'attività preferita delle classi alte; cosa che attirava tutti quei letterati, legulei, poeti, musicisti, filosofi, che avevano bisogno del favore dei potenti per vivere. Per non dar troppo nell'occhio alla Chiesa e ai governi ostili la Massoneria scelse il segreto, curando però di tenere stretti collegamenti tra i "fratelli" di tutto il mondo.

L'illuminismo e la cosiddetta Rivoluzione americana



Abbiamo detto la "cosiddetta" Rivoluzione americana, culminata nella Dichiarazione d'Indipendenza del 4 luglio 1776, perché si trattò in realtà di una guerra d'indipendenza delle colonie d'America contro l'Inghilterra, guerra scoppiata soprattutto per motivi fiscali. Le colonie chiedevano semmai una "restaurazione" dei loro antichi diritti.

Poiché, però, Franklin, Washington, Jefferson e gli altri "padri" degli Stati Uniti erano tutti massoni (infatti erano in stretto collegamento con i "fratelli" francesi: la Francia, per motivi coloniali, appoggiava gli insorti contro l'Inghilterra), e poiché le colonie erano popolate di emigrati europei appartenenti a tutte le varianti del Cristianesimo, il credo massonico fu scelto dai "padri della patria" come l'unico capace di tenere insieme la nuova realtà politica. Tutti i presidenti degli Usa da quel momento furono massoni (il capo onorario della Massoneria mondiale è, per tradizione, il fratello del re d'Inghilterra, il duca di Kent). I simboli massonici (come la stella a cinque punte) entrarono a far parte della bandiera americana e della moneta (il dollaro, sulle cui facce campeggiano ancora oggi quasi tutti i simboli massonici: dal colore verde alla piramide tronca, dal triangolo all'"occhio" divino). La pianta della capitale fu disegnata appositamente a forma di squadre e compassi e molte istituzioni filantropiche di carattere internazionale presero impulso da "fratelli" americani.

L'atteggiamento elitario tipico delle logge si trasfuse nella filosofia illuminista. Coloro che capivano i "lumi" (che consistevano nel razionalismo "liberatore" dalle "superstizioni" del passato, cioè dal Cattolicesimo "papista"; il Protestantesimo e l'Ebraismo non ebbero affatto a soffrire dalla successiva Rivoluzione Francese) avevano il dovere di ''illuminare" gli altri e guidarli sulla via del Progresso. Tutte queste idee vennero divinizzate ed esasperate, cominciando con lo scriverle maiuscole: Progresso, Ragione, Scienza, Libertà, Eguaglianza, Nazione, Popolo. Chi aderiva ai Lumi era nel giusto; chi non voleva aderirvi si condannava alla cecità. Gli illuministi cominciarono così a dividere l'umanità in due: se stessi, gli "intelligenti" o "illuminati", e gli "oscurantisti". Poiché i secondi erano dannosi per l'Umanità andavano neutralizzati.

La Rivoluzione francese, diversamente da quella americana, fu una vera rivoluzione, nel senso che cambiò completamente il volto della Francia, poi dell'Europa. Solo chi la pensava come gli illuministi era provvisto di Ragione e operava per il bene e il progresso dell'Umanità. Per la prima volta nella storia l'ideologia faceva il suo ingresso sanguinoso. Per la prima volta, cioè, una filosofia si armava e distruggeva tutto per riedificare secondo la sua visuale. Gli illuministi accusarono la religione (cattolica) di essere causa di discordia e di guerre, e finirono per fare la stessa cosa in peggio.

I Sanculotti prima e i Giacobini poi, definiti da uno storico contemporaneo "banda di fanatici armati", non si limitarono a prendere il potere in Francia, ma pretesero di fare tabula rasa della concezione cattolica (o di quel che ne restava) per costruire un mondo pensato a tavolino secondo le loro idee. Per questo usarono la ghigliottina e il Terrore organizzato. In più, come nel caso della Vandea, inventarono il primo genocidio "scientifico" della storia. Dalla Rivoluzione francese nascono tutti gli "ismi" che hanno sconvolto i due secoli successivi: il nazionalismo, il liberalismo, il comunismo. Si tratta di tre "anime" ben presenti fin dall'inizio nell'ideologia giacobina. Essa ereditò la mitologia romana (pensiamo alle parodie di fasci littori, berretti frigi, aquile imperiali, il mito di Sparta, il taglio di capelli "alla Bruto", eccetera) e impose il centralismo "romano" (province, prefetti, questori, triumvirati, eccetera), nonché la leva di massa e obbligatoria, prima sconosciuta. Gli Illuministi si riallacciarono direttamente alla "romanità" (o almeno alla "romanità" come la pensavano loro) e chiamarono l'epoca intermedia "secoli bui" o semplicemente Età di Mezzo tra Roma e i Lumi.

Essa distrusse il Cattolicesimo (ma, come si è detto, lasciò in pace i Protestanti e gli Ebrei), inventò la carta moneta, la prima inflazione cartacea e la prima carestia artificiale della storia. Reintroducendo il concetto romano di "proprietà privata", abolì tutti gli antichi diritti feudali e consuetudinari, le corporazioni operaie, col risultato di trasformare in salariati i contadini e gli artigiani. I beni dei nobili e della Chiesa, incamerati dallo stato, vennero svenduti ai ricchi borghesi (gli unici che potevano pagarli). Questi recintarono le loro proprietà (la Dichiarazione "universale" dei diritti dell'Uomo e del Cittadino, dice che la proprietà privata è &laqno;sacra e inviolabile») e "proletarizzarono" il popolo. L'assistenza e l'istruzione vennero tolte alla Chiesa e presi dallo Stato. Nacque così lo Stato-Dio, lo Stato-Provvidenza, al quale andavano tutte le ricchezze e il solo ad essere abilitato a redistribuirle. Nacque la burocrazia, cioè gli impiegati dello Stato che si incaricavano di tutti questi nuovi compiti. Per la prima volta lo Stato non era una persona o un gruppo di persone, bensì un'entità astratta e lontana, priva di responsabilità, onnipotente e insindacabile.

Effetti della Rivoluzione Francese



Servendosi del segreto delle logge massoniche, nonché della loro efficiente rete di collegamenti su tutto il territorio, i club riuscirono a prendere il potere in Francia. Si trattò di un vero e proprio colpo di Stato operato da soli seimilacinquecento uomini circa. Avendo ormai la monarchia accentrato tutti i suoi pur scarsi poteri a Parigi bastò loro impadronirsi della capitale. Dal centro la rete clandestina dei club eseguiva immediatamente gli ordini in tutto il paese. I primi ad accorgersi che la Rivoluzione li metteva alla fame furono gli operai. Vietate per legge le loro associazioni non ebbero più alcuna difesa contro lo sfruttamento. A Lione ed altrove le manifestazioni spontanee furono represse a cannonate.

Il "mito di fondazione" fu creato con la cosiddetta Presa della Bastiglia. Una settantina di insorti, tra delinquenti comuni, disertori e prostitute, si recarono alla fortezza, sperando di trovarvi armi.

Essa era presidiata da invalidi svizzeri, e deteneva alcuni falsari, un giovane depravato (fatto internare dalla famiglia) e due pazzi. Poiché l'autorità monarchica era ormai paralizzata (Luigi XVI era massone, e davvero credeva nei Lumi), il governatore della Bastiglia invitò a pranzo gli assedianti, ma finì decapitato. Il pittore David fu incaricato di dipingere un quadro che creasse il mito della Bastiglia. Da quel momento la prima superpotenza del mondo finì travolta dalla follia, con la ghigliottina che lavorava a tempo pieno contro i "sospetti", i "traditori", i preti.

Senza il golpe che a un certo punto eliminò Robespierre nessun francese sarebbe rimasto vivo. Liberté: e mai le galere di Francia furono così piene; anzi venne inventato il penitenziario, cioè il carcere come pena, cosa che prima non esisteva. Egalité: tutti divennero "cittadini", ma si inaugurò l'ineguaglianza più odiosa, quella tra ricchi e poveri. Fraternité: ma solo per gli appartenenti ai club; gli altri non erano nemmeno considerati uomini. La canzone La Marseillaise (oggi inno nazionale francese) era tutto un'invito ad ammazzare quelli che non la pensavano come i giacobini.

Lo sfacelo delle finanze statali francesi era cominciato con ministri illuministi come Say, Necker, Turgot, Condorcet, i quali erano infatuati delle nuove teorie economiche inglesi (Smith, Stuart Mill, Ricardo). Solo che queste teorie "del libero mercato" erano calibrate sulle necessità commerciali britanniche (l'Inghilterra aveva un'economia fondata sullo scambio con l'oltremare, e teneva come essenziale appunto la libertà di commercio). Un'economia di terraferma, però, era altra cosa. E' un errore pensare che il capitalismo sia nato dalle teorie liberiste inglesi, anche se i manuali fanno cominciare da esse la cosiddetta economia politica. In realtà il capitalismo nacque in Italia nel Medioevo, epoca in cui i banchieri italiani e le repubbliche marinare dominavano economicamente tutta l'Europa. La potenza economica si spostò al Nord quando i capitalisti italiani cessarono di produrre "cose" per dedicarsi alla più proficua speculazione finanziaria. Così l'Italia, che aveva inventato le assicurazioni, i noli, i contratti, l'assegno, la cambiale, la banca moderna, vide emigrare la ricchezza verso i luoghi dove il lavoro costava meno e gli imprenditori investivano in produzioni e non in titoli.

La nuova teoria economica partiva dalla "razionalità" del comportamento economico, definendo tale solo &laqno;il massimo risultato ottenuto col minimo sforzo». Va da sé che chi non cerca di arricchirsi, chi cerca solo la gloria o, peggio, la santità tramite la carità, non si comporta "economicamente". Di fatto era solo la razionalizzazione dell'egoismo e la teorizzazione dello sfruttamento. No ai monopòli che intralciavano la "libertà": dunque no al monopòlio del lavoro rappresentato dalle corporazioni. No alla beneficenza, no al clero, "inutile" perché non produttivo. Ma l'uomo non vive di soli beni, né vive solo per i beni. E quando si accorge di essere considerato solo una cosa, un'unità di produzione e consumo, si disaffeziona al lavoro. Tuttavia è tipico di tutti gli utopisti, cioè di quelli che "ri-creano" la società a tavolino secondo le loro idee, cercare di adattare i fatti alle loro teorie, perfette sulla carta. Chi non ci sta è un "nemico del popolo e del progresso".

Insomma la Francia si impoverì, e fu necessario convocare i famosi Stati Generali. I cahiers de doléances contenevano sì lamentele (come sempre, quando le cose vanno male e si chiedono riduzioni fiscali) ma non richieste rivoluzionarie. Anzi si chiedeva semmai di tornare all'epoca in cui si stava meglio, prima cioè delle "novità" introdotte da ministri scriteriati. Ma i rappresentanti agli Stati Generali, a Parigi, erano, in gran parte e logicamente, gente di penna e di lingua, cioè avvocatuzzi di provincia (come Robespierre) e letterati senza arte né parte ma in cerca di fortuna. Costoro, imbevuti di idee illuministiche, discutevano nelle "società di pensiero" ogni notte fino all'alba, per settimane. I più, stufi dell'inconcludenza demagogica, a un certo punto se ne tornarono alle loro case e al loro lavoro. Restarono solo gli "arrabbiati", che avevano tutto da guadagnare in un sommovimento sociale. Abbiamo visto qualcosa del genere nell'assemblearismo permanente e parolaio del Sessantotto (anche qui gli slogan iniziali poco a poco si trasformarono in "lotta armata").

Ridotta, con il Terrore, la Francia ai minimi termini, si sostenne che la Dichiarazione dei Diritti era "universale". Si inventò -letteralmente- la "patria in pericolo" e si aggredì, per depredarlo, il resto d'Europa.

Avendo introdotto la leva di massa e obbligatoria (il mito del Popolo in Armi, così come facevano i Romani), la Francia scatenò sull'Europa milioni di uomini armati, controllati allo spasimo da "commissari politici". In un'economia essenzialmente agricola la leva di massa toglieva le braccia migliori alla terra. Per questo la Vandea si sollevò. Non solo. Gli stati europei, invasi, si videro costretti a difendersi, decretando anch'essi la leva di massa. Ora, per gestire un esercito di milioni di uomini ci vuole un apparato logistico non indifferente, quale solo uno stato fortemente centralizzato può garantire. Insomma si inaugurò l'era della guerre "ideologiche", cioè quelle tese all'annientamento dell'avversario per motivi "filosofici". Le armate rivoluzionarie, e poi il genio militare di Napoleone, misero a sacco l'Europa e, soprattutto, imposero ovunque il modello giacobino, cioè lo Stato anticristiano e burocraticamente accentrato. Esportarono anche le Logge massoniche (Napoleone era il capo della Massoneria francese).

Le insorgenze e la Restaurazione



A questo punto accadde una cosa mai vista. I popoli d'Europa, cioè i civili e la gente comune, si sollevarono spontaneamente contro i Francesi. Si tenga presente che, prima, le guerre avevano riguardato solo i militari e si erano risolte o con un cambiamento dinastico o con qualche aggiustamento di confini. Gli Italiani, per esempio, erano abituati a vedere sui troni degli stati in cui erano politicamente divisi dinastie spagnole, austriache, francesi. Ma, per il popolo, di fatto non cambiava niente. Il nuovo re, o duca, o principe era giudicato solo sulle capacità amministrative; se il benessere era garantito e le particolarità dei popoli rispettate, nessuno aveva da ridire.

Ma ora era diverso: chiese saccheggiate e profanate, la religione irrisa, le monache violentate, i giovani arruolati per forza; e poi rappresaglie, fucilazioni indiscriminate, ruberie di oggetti sacri, di opere d'arte, requisizioni forzate (anche le scarpe tolsero ai cittadini, perché le casse francesi, svuotate dalle follie giacobine, non potevano vestire adeguatamente milioni di armati). Così il popolo insorse, spontaneamente.

Le campane di ogni villaggio suonarono a martello chiamando la gente alla riscossa. Così fu in tutta la Spagna, così in tutta l'Italia e altrove. La prima (ed unica) vera "resistenza" dell'intero popolo italiano, dalle Alpi alla Sicilia, fu questa. La storiografia liberale ha però invertito i ruoli: collaborazionisti come Ugo Foscolo e traditori come Vincenzo Monti sono stati chiamati "patrioti", mentre eroi come il mitico Fra' Diavolo furono definiti "briganti". L'epopea di popolo del Sanfedismo, che quasi senza versare sangue riconquistò il Regno di Napoli, venne etichettata come "masse fanatiche". Insomma il "popolo" è buono se plaude all'invasore straniero francese; è "plebe fanatizzata" se insorge per difendere la religione dei suoi padri, il suo modo di vita, le sue sostanze e il suo lavoro. Specialmente in Italia da quel momento abbiamo vissuto di propaganda, e la storia nazionale che ci è stata insegnata è totalmente spostata di angolo visuale: essa non è vista dalla parte del popolo, quello vero; bensì con gli occhi di quelle minoranze élitarie che di volta in volta si sono autoproclamate "la parte migliore" del popolo. L'invasione napoleonica fu sostenuta da una minoranza di intellettuali in combutta con le logge massoniche d'oltralpe; minoranza che il popolo ben conosceva e che, come nell'effimera Repubblica Partenopea, combattè con tutti i mezzi.

Purtroppo le rivolte veramente popolari mancano sempre di organizzazione. I contadini e la gente comune, pur se coraggiosi, non possono competere con gli eserciti professionali. Così, malgrado i prodigi di valore e gli eroi che non hanno avuto diritto nemmeno al ricordo grato, le insorgenze vennero schiacciate dovunque. E questo durò fino alla disfatta di Napoleone. Gli insorgenti, i sanfedisti, i lazzari napoletani sono stati semplicemente dimenticati. O, quando si era costretti a nominarli, affiancati da aggettivi di ordine ideologico ("fanatici", "plebaglia", "arretrati", "briganti") che inducono lo studente a parteggiare per i "buoni" (gli invasori francesi e i loro collaborazionisti, come Eleonora Pimentel Fonseca, il generale Pepe, Vincenzo Cuoco, eccetera).

La cosiddetta Restaurazione in realtà non restaurò un bel niente: solo le vecchie dinastie. Ma le "novità" introdotte dalla Rivoluzione francese rimasero, così come le logge ormai disseminate anche dove prima non erano. Si tenga presente, per esempio, che a condurre le trattative per la Francia di Luigi XVIII fu Talleyrand, l'ex vescovo che aveva operato in posizioni di primissimo piano fin dall'inizio della Rivoluzione.

Grazie al collaudato coordinamento internazionale della Massoneria (intanto fornitasi di un "braccio armato", la Carboneria), a partire dal 1812, con regolarità impressionante e fino al 1848, moti "spontanei' presero a scoppiare ovunque, portando a cambiamenti di regime in senso rivoluzionario in Spagna, in Francia e altrove. Tranne in Inghilterra, che si serviva della sua Gran Loggia per diramare ordini secondo i suoi interessi. I quali interessi consistevano nel tenere diviso il continente e nel crearvi regimi fidati. Tutto l'Ottocento non fu altro che una serie di rivoluzioni e guerre "d'indipendenza" fomentate dall'Inghilterra. La quale aveva plaudito alla Rivoluzione Francese, che la liberava da un pericoloso concorrente, ma intervenne quando Napoleone minacciò di unificare il continente in un'unica forza.

La Guerra di Secessione



Gli Stati Uniti nel frattempo si liberavano del "problema" indiano e iniziavano la loro ascesa economica. Con una tattica che poi Garibaldi userà nella spedizione dei Mille, quella cioè dei corpi di volontari "liberatori", si impadronirono della California, del Texas e di tutti gli stati appartenenti al Messico.

Parliamo un attimo del Texas, su cui, come al solito, è stato costruito il mito. Il Messico, cattolico, aveva abolito la schiavitù dei negri nei suoi stati, tra i quali c'era l'immenso Texas. Una minoranza, finanziata dagli Usa, dichiarò l' "indipendenza" e si arroccò nella missione cattolica di Alamo. Gli Usa inviarono "volontari", tra cui il famoso Davy Crockett, senatore e (ovviamente) massone. Com'è noto i Messicani del presidente Santa Ana ripresero il controllo della situazione, ma gli Americani intervennero in "fraterno" aiuto agli insorti, annettendosi il Texas e ripristinandovi la schiavitù. Da quel momento i "pacifici" Stati Uniti non cessarono più con gli interventi "fraterni" all'estero: nei due secoli della loro storia, a tutt'oggi hanno combattuto più di duecento guerre e tutte (tranne quella Civile) fuori casa. Nel secolo scorso strapparono Cuba, Santo Domingo e altro alla Spagna, ridussero ai minimi termini il Messico, imposero il loro protettorato a tutto il Sudamerica, combatterono di nuovo contro l'Inghilterra (ma questa volta le presero), ammonirono l'Europa a lasciare &laqno;l'America agli Americani» (cioè a loro).

La Guerra di Secessione non fu dovuta, come la propaganda fece credere, alla volontà di liberare gli schiavi negri. Si trattava esclusivamente di un motivo economico. Il Nord ormai si era industrializzato, mentre il Sud restava legato all'agricoltura e ai campi di cotone. Quando il problema della secessione si pose (perché il Sud rischiava di finire strangolato dal Nord), la liberazione degli schiavi non era affatto all'ordine del giorno. Dichiarata la guerra al Sud Lincoln proclamò la liberazione degli schiavi, ma non negli Stati che si erano schierati col Nord.

La guerra fu spietata e tesa, alla giacobina, all'eliminazione totale dell'avversario. Apparvero alcune novità che avrebbero fatto scuola: la mitragliatrice, le trincee, le corazzate, il filo spinato e i campi di concentramento. Il Sud fu schiacciato, raso al suolo e semisterminato. I negri, dichiarati "liberi", furono solo liberi di restare disoccupati in un mondo meccanizzato che aveva sempre meno bisogno di braccia. In più si accorsero che anche i nordisti li tenevano per "inferiori": solo al tempo di Kennedy cessò l'obbligo per i negri di avere un asterisco accanto al loro nome sugli elenchi telefonici.

Il cosiddetto Risorgimento



La liberazione dallo "straniero" austriaco era la cosa che interessava meno alla casta liberal-massonica che teneva Carlo Alberto praticamente in pugno. La Massoneria, a quel tempo fanaticamente anticattolica (ricordiamo che era stata trapiantata in Italia dai rivoluzionari francesi) teneva soprattutto a distruggere l'Austria "papista". Nel Sudamerica, con la complicità interessata degli Usa, aveva promosso una serie di guerre d'"indipendenza" che avevano tolto tutto alla Spagna e al Portogallo e gettato quel continente, un tempo prospero, in braccio allo sfruttamento americano e inglese. Nell'Ecuador, per esempio, il presidente Garcìa Moreno, cattolico, aveva consacrato la Costituzione al Sacro Cuore, ma aveva anche dimezzato le tasse e triplicato i salari, arrivando a concedere il voto anche agli indios. L'Ecuador fu l'unico stato a mandare un modesto aiuto economico al papa Pio IX, dopo l'invasione di Roma da parte dei piemontesi. Garcìa Moreno venne assassinato mentre usciva di chiesa.

Alla Prima Guerra d'Indipendenza italiana, com'è noto, parteciparono tutti gli stati della penisola, anche i borbonici e perfino un contingente pontificio. Ma quando si accorsero che non si trattava di unire l'Italia in una confederazione secondo i progetti di Gioberti e Cattaneo, ma di star prestando man forte all'espansione del Piemonte, tutti si ritirarono. Carlo Alberto, resosi conto di essere stato di fatto il burattino di un progetto massonico internazionale, cambiò idea e da quel momento venne beffeggiato come "il re tentenna".

Suo figlio Vittorio Emanuele, invece, stette al gioco dei massoni Palmerston e Napoleone III. Pura propaganda era l'idea di "'unità d'Italia", tant'è che l'italiana Corsica fu lasciata fuori, e Nizza e la Savoia tranquillamente barattate. Con le leggi Siccardi il Piemonte carbonaro gettò la maschera e cominciò un'aggressione anticattolica senza precedenti. Gli ordini religiosi furono espulsi, i vescovi incarcerati, i beni ecclesiastici confiscati, i conventi divennero prigioni e caserme. Le processioni vennero vietate e si procedette a un'epurazione degli impiegati statali "papisti". L'assassinio di Pellegrino Rossi e poi l'effimera Repubblica Romana inaugurarono l'era dei cortei massonici con gli stendardi neri raffiguranti Satana che schiacciava la testa all'arcangelo Michele.

Le chiese assaltate, le tipografie cattoliche devastate, i gendarmi che intervenivano per arrestare i "provocatori" cattolici. Con i soldi inglesi e le truppe francesi Cavour e compagni scatenarono una serie di guerre tutte regolarmente perse (la Seconda Guerra d'Indipendenza fu di fatto vinta dagli zuavi francesi). Le sole campagne vittoriose furono quelle contro altri italiani: il Papa e il Sud.

La Terza Guerra d'Indipendenza finì col disastro di Custoza e Lissa, malgrado l'Austria avesse offerto gratis il Veneto e il Trentino purché l'Italia si ritirasse dall'alleanza con la Prussia. I "plebisciti" sancirono l'annessione forzata di tutti gli ex stati italiani. La gente doveva votare all'aperto, mettendo le schede in due urne: su una stava scritto "sì", sull'altra "no". A Napoli si dovette votare passando tra due ali di garibaldini armati. Malgrado ciò i voti sommati risultarono pure molto superiori all'effettivo numero dei cittadini (segno che ogni "liberatore" aveva votato più volte). La spedizione dei Mille venne finanziata dagli Inglesi e dai protestanti americani e tedeschi. Ai Mille man mano si aggiunsero soldati piemontesi travestiti Molti alti ufficiali borbonici, massoni, cedettero senza combattere (alcuni finirono linciati dalle loro stesse truppe). Quando i borbonici poterono combattere davvero, al Volturno, Garibaldi a stento riuscì a salvare la pelle. A Gaeta Cialdini continuò a cannoneggiare per ore (anche l'ospedale) dopo che era stata issata la bandiera bianca. Lo stesso farà Cadorna alla breccia di Porta Pia. Diversi ufficiali piemontesi, cattolici, preferirono dimettersi.

Il floridissimo Regno delle Due Sicilie in brevissimo tempo fu portato al tracollo finanziario, e i meridionali per la prima volta nella loro storia furono costretti a emigrare all'estero per poter mangiare. Il Sud dovette pagare le guerre del Piemonte, anche quella combattuta contro i meridionali stessi.

Arrivarono tasse anche sul macinato, sulle porte e le finestre (le case cominciarono così ad avere un sola apertura, con conseguenti epidemie di tubercolosi, il male del secolo), arrivò la leva obbligatoria che durava anni e toglieva braccia a popolazioni prevalentemente agricole. Per dieci anni il Sud fu trattato come una colonia da sfruttare; sorse per reazione il cosiddetto "brigantaggio" (i partigiani dell'ex Regno, come al solito, vennero definiti banditi). Metà dell'esercito piemontese era di permanenza nel Sud, con uno stato di emergenza continuo: fucilazioni di massa, rappresaglie, stermini, incendi. Nacque così il problema del "mezzogiorno", da allora mai più risolto. Nel nuovo regime burocratico e accentrato i meridionali, privati delle industrie e delle terre ecclesiastiche e statali su cui lavorare, presero il vizio di far carriera nella pubblica amministrazione.

Lo scrittore Ippolito Nievo, cassiere dei Mille, morì in un misterioso naufragio mentre tornava al nord con le ricevute delle somme erogate. Cominciarono gli scandali: l'appalto dei tabacchi, quello delle ferrovie, lo scandalo della Banca Romana. Cominciarono i cadaveri "eccellenti" e le "insabbiature" di cui non si sarebbe mai saputa la verità.

Alla breccia di Porta Pia, dopo i bersaglieri, il primo ad entrare fu un carretto di Bibbie protestanti, tirato da un cane chiamato "Pio Nono". Tra i patti che Cavour aveva fatto con gli inglesi, "padrini" dell'espansione piemontese, c'era anche l'appoggio alla divulgazione protestante contro l'odiato "papismo".

Garibaldi si ritirò a Caprera con un sacco di grano (secondo la leggenda) e con una cassa di Bibbie protestanti (secondo la storia vera). Anche i soldati italiani in Crimea vennero inondati di Bibbie protestanti. Quando Pio IX morì il suo corteo funebre venne assaltato da fanatici massoni che cercarono di gettare nel Tevere la bara. Ogni venerdì santo le logge organizzavano giganteschi banchetti all'aperto in Roma, a base di carne di maiale. Il sindaco di Roma, duca di Torlonia, che aveva osato fare gli auguri a Leone XIII, venne destituito. Il sindaco più ricordato del tempo è il massone Ernesto Nathan, figlio dell'amante inglese di Mazzini, il quale poté fare il sindaco della capitale d'Italia pur essendo cittadino inglese. Del resto solo meno del 2% della popolazione aveva diritto al voto.

Gli inglesi avevano appoggiato l'invasione del Sud anche con le loro navi. Il Regno delle due Sicilie deteneva il monopolio dello zolfo, essenziale per i battelli a vapore, e l'Inghilterra voleva metterci sopra le mani. In più gli industriali piemontesi avevano tutto l'interesse nella distruzione delle industrie borboniche, molto quotate internazionalmente e fortemente competitive. Quando i siciliani che avevano appoggiato i Mille, credendo che i "liberatori" avrebbero provveduto a una redistribuzione di terre, si appropriarono di alcuni appezzamenti a Bronte e a Villalba, Bixio ricevette l'ordine di procedere a una spietata repressione. Quelle terre appartenevano a Inglesi. Una, in particolare, al padre delle scrittrici Charlotte ed Emily, appunto, Bronte.

Ultima stranezza (ma non troppo): Garibaldi, Mazzini, De Amicis e molti dei "padri della patria" erano spiritisti. A chiarire che si trattava esattamente di un'espansione piemontese il nuovo Re d'Italia, Vittorio Emanuele, non fu "primo", ma rimase "secondo". Vittorio Emanuele II, Re (adesso anche) d'Italia.

Il colonialismo



L'ultima parte del secolo scorso vide l'affermarsi delle colonie in Africa e in Asia. Protagonista assoluta l'Inghilterra. Costrinse l'impero cinese, con le armi, ad acquistare per forza l'oppio che essa commerciava. Questo produsse sentimenti xenofobi che culminarono nella lotta clandestina a tutto ciò che era europeo. Ne fecero le spese i missionari e i cattolici cinesi. Fino a quando la rivolta cinese (cosiddetta rivolta dei Boxer) fu repressa nel sangue dalle potenze occidentali con una spedizione congiunta cui parteciparono anche Stati Uniti, Italia, Giappone e Russia. In Africa gli Inglesi schiacciarono i Boeri del Transvaal e del Sud, applicando il sistema dei campi di concentramento. Il governatore del Sudan, Gordon, cattolico, fu abbandonato alla sua sorte e lasciato massacrare dai musulmani del Mahdi (uno dei tanti "messia" islamici ottocenteschi). L'Italia cercò la sua fetta di Africa, ma le venne lasciata la parte peggiore. Infatti Abissini, Eritrei e Somali non erano affatto come gli africani tribali del resto del continente. Erano innanzitutto cristiani, poi erano ben armati e addestrati da "consiglieri militari" francesi e russi. Finita la Guerra di Secessione americana i soldati pontifici avevano acquistato un partita di fucili a ripetizione Remington, che vennero confiscati dai Piemontesi dopo l'invasione di Roma. Questi fucili furono venduti agli abissini, che li usarono per l'unica grande disfatta di un esercito europeo in Africa: il nostro, ad Adua.

Tuttavia dobbiamo sfatare un mito. Quello della "oppressione" coloniale. A conti fatti i risultati della cosiddetta "decolonizzazione", avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, sono deludenti. Dopo aver contribuito a cacciare le potenze europee dall'Africa, Usa e Urss hanno sfruttato tutti i locali "movimenti di liberazione" possibili, cosa che ha trasformato il continente nero in un perenne campo di battaglia. I regimi "democratici" africani hanno ripristinato, con le armi e i "consiglieri" delle due superpotenze, le vecchie satrapie tribali. I massacri etnici, tra Hutu e Tutsi, tra Zulu e Xhosa (eccetera) sono ancora sui giornali. I culti animisti e stregonici sono stati ripristinati quasi dovunque e la morte per fame e malattie ha ridotto i neri d'Africa ai minimi termini. Gli aiuti cosiddetti umanitari dell'Occidente (e solo dell'Occidente cristiano, la cui opinione pubblica spinge di continuo i governi a interessarsi della sorte dei più sfortunati: i pur ricchi giapponesi, coreani, arabi, israeliani non sono presenti in queste operazioni) vengono di fatto requisiti dai tirannelli locali e finiscono rivenduti al mercato nero o dati alla tribù del capo. La mancanza di infrastrutture adeguate (magazzini, silos, ferrovie, autocarri) impedisce, per esempio, adeguate forniture di grano o di generi alimentari deperibili. E le infrastrutture mancano perché i tirannelli locali preferiscono comprare armi e costruirsi regge fiabesche. Le "culture" locali spesso ostacolano anche moderni interventi medici e terapeutici. In molte zone la nascita di gemelli viene considerata infausta e orrende mutilazioni rituali vengono ancora inferte soprattutto alle donne.

Le potenze coloniali europee erano invece costrette dalle loro opinioni pubbliche a farsi precedere dai missionari, i quali insegnavano prima di tutto il Cristianesimo e quel che comporta: rispetto per le persone, per i bambini, i vecchi, le donne, i sofferenti; eliminazione dello sciamanesimo e delle superstizioni; cultura del lavoro e apertura alle novità tecnologiche; scuole e università, perché l'istruzione sconfigge l'ignoranza e la paura. Così istruiti i nativi erano in condizioni migliori nei confronti dei bianchi, con i quali potevano relazionarsi in modo proficuo per entrambi. I bianchi, dal canto loro, avevano un preciso interesse a imporre l'ordine e pacificare i conflitti tribali, a costruire strade, ponti, ferrovie, città, porti, dighe, centrali elettriche.

Certo i colonizzatori godevano di uno standard di vita superiore a quelli dei locali, ma per tutto il tempo del colonialismo l'Africa non conobbe mai la fame, né gli assurdi massacri etnici. Di più: i bianchi stroncarono davvero e definitivamente lo schiavismo, intervenendo duramente contro i razziatori e mercanti arabi (cui i capi locali vendevano i prigionieri di guerra delle tribù nemiche).

Il famoso Novecento



II ventesimo secolo ha fatto più morti ammazzati di tutte le guerre precedenti, dall'età della pietra (se mai c'è stata) in poi. Esso si aprì con una specie di euforia per il Progresso, per il Futuro, che sarebbe stato sicuramente meraviglioso perché illuminato dalla Scienza. Esposizioni Universali e Balli Excelsior punteggiavano quella che si autodefiniva Belle Epoque, cui avrebbero fatto seguito gli Anni Ruggenti. Il romanticismo, che aveva disseminato di suicidi "per amore" o "alla Werther" e "alla Ortis" il secolo precedente, aveva ormai travolto anche re e prìncipi. In tutte le epoche i coronati avevano tenuto amanti, ma non si erano mai sognati di perdere la testa, la dignità, la corona, la vita anche, per una ballerina di can-can o per spogliarelliste come la Bella Otero o Mata Hari. Quelli che non si suicidavano a Mayerling, come l'erede al trono austriaco, finivano ammazzati dagli anarchici. Come Sissi, moglie di Francesco Giuseppe, o Umberto I re d'Italia.

Ma era l'intera Europa, che aveva dominato tutta la storia precedente, a preparare il suo suicidio. La Prima Guerra Mondiale fu realmente apocalittica. Per la quantità di nazioni che vi parteciparono fu ben più "mondiale" della seconda. L'intero pianeta scese in armi e, per la prima volta, scendeva in guerra anche la Scienza. Non solo. Per l'immenso sforzo necessario anche le popolazioni civili vennero coinvolte. Tutti gli uomini erano al fronte, così nelle fabbriche dovettero andare le donne. E divise, munizioni, viveri, medicinali non bastavano mai. Per mantenere il consenso dei popoli stremati si dovette far ricorso all'arma più micidiale di tutte: la propaganda. E il nemico non fu più l'avversario da battere, ma un "mostro" da distruggere per il bene dell'umanità. Gli Inglesi, per esempio, inventarono che i Tedeschi in Belgio avevano commesso stupri, stragi di civili e addirittura avevano mangiato i bambini. E a poco servirono le proteste tedesche. Ormai l'odio doveva essere fomentato con tutti i mezzi. La guerra "cavalleresca", quella con le regole d'onore, era un ricordo: le uniformi mimetiche sostituirono i pennacchi colorati, le giacche rosse e i calzoni blu, gli alamari d'oro e le spalline d'argento. Corazzate, sommergibili, mine, gas, reticolati, aerei, bombe a mano, mitragliatrici, carri armati, elmetti, treni, autocarri, cannoni semoventi: tutto questo era adesso la guerra, con tutti i maschi atti alle armi al fronte. Da quel momento la guerra divenne "immane macello": l'industria del ventesimo secolo poteva ricostruire tutto quel che veniva distrutto; dunque fare terra bruciata pur di vincere, costi quel che costi.

La Grande Guerra



Tutto cominciò, com'è noto, con l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando e di sua moglie a Sarajevo. Non era la prima volta che una testa coronata cadeva sotto i colpi di attentati, ma questa scatenò una guerra mai vista. Perché? Innanzitutto si trattava dell'erede al trono austroungarico, e Francesco Giuseppe era molto vecchio. In più l'arciduca era dichiaratamente antiprussiano. Non vedeva, cioè, di buon occhio la supremazia della recentemente unificata Germania, protestante, sull'intero mondo di lingua tedesca. Se fosse salito al trono l'Austria non sarebbe scesa in guerra accanto alla Prussia. I circoli massonici internazionali volevano la distruzione totale dell'Austria. Per questo a Sarajevo non uno ma diversi attentatori erano dislocati lungo la strada che l'arciduca avrebbe dovuto percorrere. Il primo attentato, infatti, andò a vuoto, ma i colpi di Gavrilo Princip andarono a segno. I servizi segreti austriaci non ebbero dubbi: la Serbia aveva tenuto mano alla società segreta di cui il Princip faceva parte. Per questo, dopo reiterate richieste di far giustizia andate a vuoto, fu deciso di lanciare l'ultimatum alla Serbia.

Tutti pensavano che le cose sarebbero andate come al solito: le potenze avrebbero mostrato i muscoli, avrebbero effettuato mobilitazioni minacciose, ma poi tutto si sarebbe risolto per via diplomatica. Infatti la Russia, autoproclamatasi protettrice dei popoli slavi e dei Balcani, diede l'ordine di mobilitazione. La Francia era alleata della Russia e la Prussia dell'Austria. La Prussia intimò allo zar di smobilitare, lo zar rifiutò e fu la catastrofe. Infatti i tedeschi avevano pronto da sempre il cosiddetto "piano Schlieffen" che prevedeva, in caso di guerra, un velocissimo colpo di maglio sulla Francia per poi rivolgersi verso la Russia, da sempre lentissima a mobilitare tutti i suoi uomini. La Germania, infatti, sapeva perfettamente che avrebbe dovuto combattere su due fronti: si trattava di neutralizzare il primo per poi buttarsi sul secondo. L'efficienza raggiunta nel frattempo dalle ferrovie tedesche fece sì che il piano scattasse quasi automaticamente.

L'Italia era alleata degli Imperi Centrali, ma le pressioni di Francia, Inghilterra (e Stati Uniti) la indussero a temporeggiare. L'Austria, pur di indurla almeno alla neutralità, le offrì ancora una volta gratis le cosiddette "terre irredente". Ma la massoneria internazionale mise in campo tutto il suo peso per portare l'Italia al "ribaltone". Francesi e Inglesi promisero all'Italia quasi di tutto, dalla Dalmazia alle colonie africane. A guerra finita, com'è noto, non mantennero e in Italia si parlò di "vittoria mutilata, innescando una serie di instabilità politiche che portarono all'avvento del Fascismo. Giolitti, il Papa e parte dei socialisti erano contrari all'intervento dell'Italia in guerra. I socialisti radicali (con Mussolini), i massoni (con D'Annunzio), i mazziniani e lo sparuto gruppetto dei cosiddetti "cattolici democratici erano per la guerra a fianco dell'intesa.

Così l'Italia combatté. In ben undici battaglie sull'lsonzo fu una carneficina per pochi metri di terreno. Seicentomila morti costò quell'inutile guerra all'Italia. I Tedeschi a un certo punto vennero in aiuto agli Austriaci. Crearono le famose sturmtruppen d'assalto (cui gli Italiani risposero creando gli Arditi) e sfondarono il fronte a Caporetto. La più grossa responsabilità di uno sfondamento che poteva essere contenuto, ma si tramutò in una rotta senza controllo, era di Badoglio, ma venne coperto dalle sue amicizie in alto loco. La successiva commissione d'inchiesta stilò un rapporto dettagliato dal quale sparirono le pagine che riguardavano le sue responsabilità. Il deputato che - pare - fu incaricato della cosa morì improvvisamente mentre beveva un caffè.

Cadorna pagò per tutti. Figlio del bombardiere di Porta Pia, ma profondamente cattolico, finì capro espiatorio anche se aveva salvato la situazione ordinando l'immediato arretramento del fronte a Vittorio Veneto. Amareggiato, stava per bruciarsi le cervella quando venne salvato da un'apparizione in bilocazione di Padre Pio.

La guerra fu decisa dall'intervento degli Stati Uniti, che nell'ultimo anno di guerra sbarcarono in Europa al ritmo di un milione di uomini al mese. L'opinione pubblica americana non voleva saperne di quella guerra europea, ma il governo la pensava diversamente. Venne artificialmente creato il casus belli del Lusitania, la nave passeggeri affondata da un sottomarino tedesco. L'Inghilterra aveva decretato il blocco navale delle merci dirette agli Imperi Centrali. Cioè le navi che commerciavano viveri e materiali con la Germania e l'Austria venivano sequestrate. Poiché gli Imperi Centrali erano praticamente privi di sbocchi sul mare questo sistema di guerra, contrario a tutte le norme di diritto internazionale, li strangolava. Allora risposero allo stesso modo, con la guerra sottomarina. Il Lusitania era una delle tante navi che, sotto l'apparenza di normali transatlantici, rifornivano di materiale bellico l'Inghilterra. Quantunque i Tedeschi avessero cercato in tutti i modi di scongiurare l'entrata in guerra degli Americani non ci fu niente da fare e le sorti del mondo vennero decise.

Alla fine di tutto gli Americani si trovarono completamente arbitri della situazione. Venne creata la Società delle Nazioni e, a Versailles, la carta d'Europa fu ridisegnata secondo i desideri della massoneria anglo-americana. L'unica vera vittima fu l'Austria-Ungheria, completamente cancellata.

Quella che fino a pochi anni prima era stata una delle più grandi potenze non esistette più, ed era la prima volta nella storia che accadeva una cosa del genere. Al suo posto (e alla faccia del tanto sbandierato "diritto all'autodeterminazione dei popoli") furono create mostruosità geopolitiche come la Cecoslovacchia e la Jugoslavia. Cioè popoli che si odiavano da sempre vennero accorpati artificialmente e per forza, mentre antichissime entità storiche ed etniche vennero smembrate. Tutti i nuovi stati, Italia compresa, si ritrovarono con minoranze che prima non avevano, cosa che preparava gli irredentismi futuri che puntualmente esplosero alla prima occasione. L'ultimo imperatore d'Austria Carlo d'Asburgo (uomo profondamente cristiano e in attesa di beatificazione da parte della Chiesa), venne deportato e morì di malattia in esilio, separato dai suoi figlioletti. La moglie italiana, Zita di BorboneParma, è scomparsa pochi anni fa.

La Russia ormai non esisteva più. Al suo posto c'era l'Unione Sovietica, una immensa carestia creata dal fanatismo comunista di Lenin e il terrore poliziesco scientificamente organizzato. La Germania fu caricata della colpa totale della guerra e costretta a pagare immensi risarcimenti ai vincitori. Aveva perso quasi tutti i suoi uomini attivi ed era letteralmente alla fame. Per essa si aprì un periodo di gravissimi torbidi e di inflazione apocalittica. Rivolte bolsceviche e settimane "rosse" e "di sangue" si susseguivano, mentre ogni partito si muniva di "servizi d ordine" in divisa e armati. Da qui l'ascesa del Nazismo e la volontà di rivincita.

Gli Inglesi, per mettere in difficoltà l'Impero turco, alleato degli Imperi Centrali, mandarono in Palestina il famoso Lawrence d'Arabia, col compito di sobillare le tribù arabe. Agli Arabi fu promessa la creazione di uno stato arabo palestinese. Ma verso la fine della guerra analoga promessa era stata fatta dagli Inglesi ai sionisti, cioè a quegli ebrei nazionalisti che volevano creare uno stato ebraico in Palestina. L'insanabile conflitto arabo-israeliano ha origine da qui. Francesi e Inglesi ridisegnarono a tavolino la geografia della zona, staccando dall'Iraq lo staterello artificiale del Kuwait, ricchissimo di petrolio e unico sbocco al mare. Se ne ricorderà l Iraq, invadendolo nel 1990.

La cosiddetta Rivoluzione sovietica



Come ha ricordato Solgenitsin l'impero zarista era economicamente florido, non aveva praticamente deficit né debito pubblico e i prigionieri politici in Siberia erano in numero molto inferiore a quello poi propagandato dal regime comunista. Il paternalismo zarista, anzi, faceva sì che i più venissero graziati. E si trattava in genere di terroristi nichilisti, decabristi, radicali, come descritto nelle opere di Dostojewski. Le sconfitte in Crimea e contro il Giappone avevano notevolmente scosso il prestigio del governo autocratico, ma nulla era più lontano dalla realtà che le "condizioni" previste da Marx per una rivoluzione comunista. Anzi Marx sbagliò proprio tutto, "profetizzando" la sua rivoluzione in Germania e in Inghilterra.

Marx, il giornalista che pretendeva di ridurre la filosofia ad economia, perse notevoli somme giocando in Borsa (soldi di Engels, che lo manteneva). Come economista fu un fallimento, come "profeta" pure. In realtà mise in piedi una perfetta teoria per prendere il potere e mantenerlo. La sua filosofia si basava su un assioma (tutto è Materia, la Materia è eterna) e sull'idealismo hegeliano (la realtà è continua trasformazione e la si può manipolare e "guidare"); la sua analisi storica era sbagliata (la lotta di classe come motore della storia) e le sue teorie economiche poggiavano sull'opinabile concetto di "plusvalore" (quello del "valore" è un problema insolubile come quello dell'uovo e della gallina: quanto "vale" un oggetto? Si può solo sapere quanto costa, perché nell'idea di valore entrano in gioco elementi psicologici non quantificabili. Ma lui pretendeva di aver risolto il problema "scientificamente"). Le teorie marxiste divennero "leninismo", "stalinismo", "maoismo", "gramscismo", man mano che altri le adattavano a situazioni diverse. L'estrema adattabilità del marxismo ne fa un Proteo capace di assumere tutte le forme: al contrario di tutte le altre ideologie il marxismo diventa tale solo alla fine del processo. Cioè prima si scala il potere con tutti i mezzi, poi si instaura la teoria. Ecco perché paesi diversissimi (Cambogia, Cuba, Russia, eccetera) sono diventati uguali dopo che la cappa comunista li aveva inglobati.

Ma la Russia ortodossa era famosa per i suoi periodici pogrom contro gli Ebrei. Moltissimi di questi preferirono emigrare negli Usa, dove divennero banchieri e finanzieri, uniti da un comprensibile astio nei confronti della loro ex patria. Tra essi troveremo diversi finanziatori del bolscevismo, tra i quali quel famoso Armand Hammer, il miliardario "rosso", che sostenne il regime di Lenin con sottoscrizioni e prestiti.

Quando, dopo la gigantesca battaglia della Marna, la guerra si impantanò nelle trincee, fallito il piano originario tedesco, lo stato maggiore prussiano si trovò nella necessità di neutralizzare la Russia per non dover trovarsi a combattere su due fronti.

Da qui il famoso "treno blindato" con cui Lenin, fino a quel momento personalità di secondo piano e senza futuro in esilio a Zurigo, poté tornare in Russia ben fornito di marchi tedeschi. Com'è noto, dopo essere entrati in un governo di coalizione con i moderati di Kerensky, la tattica leninista dell'egemonizzazione di larghe maggioranze da parte di un gruppetto organizzato "alla giacobina" ebbe successo. I bolscevichi a quel punto fecero un vero e proprio golpe, che poi la propaganda trasformò in "rivoluzione". Le foto che ritraggono il popolo all'assalto del Palazzo d'Inverno sono infatti false: furono costruite dopo, con attori e comparse. Lenin, di origine ebrea, diede vita ad un Soviet centrale in cui la stragrande maggioranza aveva la sua stessa origine.

Il dopoguerra



Con il cinema l'americanismo invadeva l'Europa. Le donne accorciavano i vestiti, tagliavano corti i capelli, guidavano l'aereo e l'auto. L'uomo dinamico e di successo, l'attore, l'affarista diventavano i modelli da imitare. La vita si democratizzava e diventava di massa, così come i modi e il linguaggio.

Il mare, prima riservato ai malati, si trasformava in divertimento popolare, così come lo sport L'Italia, patria di Machiavelli e della scienza politica, inventava il Fascismo, subito imitato all'estero. Nacquero movimenti fascisti dappertutto anche in America, in Inghilterra e in Francia Mitologie pagane, in Germania specialmente, cominciavano a venire esaltate. Ma non si trattava di un ritorno al passato. Era esattamente quel che i giacobini avevano fatto col mito di Roma, della Grecia di Pericle e di Sparta. In Italia, invece, grazie alla presenza della Chiesa, con la Conciliazione del 1929 il Fascismo adottò il motto "Dio, Patria, Famiglia", nel quale stemperò la sua carica rivoluzionaria.

Nel frattempo gli Stati Uniti venivano travolti dal crollo di Wall Street e coinvolgevano l'Europa, ormai da essi economicamente dipendente. L'Italia fu la prima a capire che la soluzione consisteva nell'applicare le tesi dell'economista John Maynard Keynes. La crisi economica era stata causata dal liberismo selvaggio, in precedenza l'unica dottrina economica seguita negli Usa. Consisteva nel considerare il lavoro una merce come le altre, soggetta dunque alle variazioni della domanda e dell'offerta.

Ovviamente, quando le cose andavano male, gli industriali non potevano chiedere ai fornitori, industriali come loro, una riduzione di prezzo; l'unica "merce" di cui potevano ridurre il prezzo era il salario degli operai che da essi dipendevano. Ma gli operai licenziati, non avendo più denaro da spendere, finivano col far fallire le industrie che producevano vestiti, case, cibo. Queste a loro volta licenziavano, e così via. Il fallimento delle industrie provocava quello delle banche loro creditrici; queste travolgevano i risparmiatori. Insomma si trattava di una depressione economica che vedeva i magazzini pieni di merci invendute e che nessuno poteva comprare.

Mussolini ebbe l'accortezza di circondarsi di economisti valenti, anche se non fascisti. Come Beneduce (padre della moglie del finanziere Enrico Cuccia, la signora Idea Socialista, sorella di Vittoria Proletaria), creatore dell'Iri. L'Iri (appunto, Istituto di Ricostruzione Industriale) rilevò le banche fallite e le sottopose allo Stato, il quale le sottomise a una banca centrale e statale, la Banca d'Italia. Il regime, accentrando tutte le funzioni nello Stato, era nella posizione migliore per riavviare l'economia. Lo Stato, che (diversamente dagli imprenditori privati) non ha fini di lucro, può stampare la moneta con cui pagare gli operai. Questi, ricevendo un salario grazie alla loro attività nei lavori pubblici (cioè quelli intrapresi dallo Stato), possono adesso spenderlo in vestiti, case, cibo. Le imprese, esauriti così i magazzini, rinnovano le ordinazioni alle imprese fornitrici, e così via. Il Fascismo avviò un piano grandioso di opere pubbliche, tra cui la costruzione di intere città. Stessa cosa fecero, poi, i Tedeschi con Hitler. In questa prima fase quasi tutti i premier del mondo si dichiararono ammiratori di Mussolinianche Churchill, Hitler, Lenin, Stalin. L'Unione Sovietica chiese addirittura all'Italia di ricostruirle la flotta da guerra.

Gli Stati Uniti provarono anch'essi, col cosiddetto New Deal, ad avviare una politica economica keynesiana. Ma essa è di fatto un'economia d'emergenza, "di guerra", quale solo una dittatura (avendo un solo centro decisionale e in mano tutte le leve dello Stato) può, in fondo, portare a compimento velocemente e con successo. Negli Usa sostanzialmente fallì. La vecchia ricetta liberista prevedeva che lo Stato dovesse solo fare da "arbitro" tra le parti economiche, perché la "mano invisibile del mercato" avrebbe prima o poi messo a posto le cose da sola.

Cioè, secondo gli economisti "classici", gli operai avrebbero accettato, pur di lavorare, un salario inferiore; questo avrebbe permesso alle imprese di riprendersi. Nel cosiddetto &laqno;lungo periodo», con la ripresa, i salari sarebbero cresciuti di nuovo. Ma giustamente Keynes aveva avvertito: &laqno;Nel lungo periodo saremo tutti morti».

L'unica soluzione parve, ai vertici americani, il coinvolgimento nel conflitto: lo stato di guerra fa accettare all'opinione pubblica la sospensione dei diritti costituzionali e la concentrazione dei poteri in mano allo Stato, cosa che permette di sostituire i lavori pubblici "di pace" (quasi impossibili in presenza di una forte resistenza "liberista") con quelli "di guerra", cioè gli armamenti e la merce deperibile per eccellenza: bombe e munizioni. Merce che, dovendosi continuamente sostituire, dà lavoro alle imprese e agli operai praticamente finché dura il conflitto. E anche dopo, con la ricostruzione di quanto è stato distrutto.

Il martirio del Messico



Nel 1926 il Messico cattolico insorgeva in armi contro il governo massonico e laicista appoggiato dagli Stati Uniti. La guerra civile terminava nel 1929 con la totale disfatta degli insorti.

I manuali di storia amano insistere, per motivi ideologici, solo su alcune stragi. I "martiri" sarebbero dunque solo quelli che, per certi faziosi manualisti, sono morti militando nella parte "giusta" (quella che è giudicata tale dallo "storico"; purtroppo molti manuali di storia hanno come fonte solo altri manuali precedenti; così le leggende si moltiplicano e le nuove acquisizioni della storiografia restano per decenni lontane dalla scuola. Di più: è invalso l'uso deprecabiie di tacciare di "revisionismo" ogni interpretazione che si discosti da quella "ufficiale", che poi sarebbe quella della maggioranza di volta in volta egemone. Il termine, di origine marxista, basta da solo a far capire che anche i fatti possono essere oggetto di racconto "addomesticato").

Nel secolo precedente Napoleone III aveva sostenuto l'attribuzione della corona messicana a Massimiliano d'Asburgo. Era l'unico sistema per far cessare i golpe continui e le conseguenti rivolte, fomentati dai vicini Stati Uniti. Un imperatore straniero, ma cattolico come i messicani, avrebbe pacificato gli animi e permesso a Napoleone III di accontentare l'opinione pubblica francese, che non vedeva di buon'occhio il suo appoggio alla politica anticattolica italiana. Pare che l'eminenza grigia di questa operazione sia stato l'ambasciatore spagnolo, il grande pensatore Donoso Cortés, già artefice del matrimonio dell'imperatore dei francesi con la contessa spagnola Eugenia de Montijo. L'avventura messicana- di Massimiliano finì, com'è noto, con la fucilazione di Queretaro per mano dei rivoluzionari.

Si ricominciò con i golpe e le rivoluzioni, con Carranza, Pancho Villa e Zapata, fino all'avvento al potere del cosiddetto Partito Rivoluzionario Istituzionale (è una contraddizione in termini, certo, ma tale partito è ancora oggi al potere), composto di massoni fortissimamente anticlericali e ammiratori di Lenin.

I presidenti Obregon e Calles, finanziati dagli Usa (che la diffusione del motore a scoppio aveva ingolosito del petrolio messicano), avviarono una campagna di scristianizzazione totale del paese. Per sradicare la "superstizione" cattolica vennero chiuse tutte le scuole confessionali, licenziati gli impiegati credenti, vietati gli abiti ecclesiastici, banditi i croce fissi dagli uffici pubblici. La croce di fuoco, film di John Ford, ben descrive la situazione. Il Papa protestò con un'enciclica. Per tutta risposta il santuario di Guadalupe subì diversi attentati dinamitardi. I vescovi locali decisero la sospensione del culto per protesta, ma le chiese erano sempre più affollate di fedeli. Allora il governo espulse i vescovi e abolì gli ordini religiosi. I cattolici risposero con il boicottaggio dei prodotti statali e americani. A quel punto si scatenò la persecuzione, con arresti, fucilazioni, rappresaglie. I federali, inalberando bandiere con su stampato Satana, sparsero il terrore per tutto il paese, ben forniti di aerei, autoblindo e mitragliatrici dagli Americani. Allora il popolo prese le armi e fu la cosiddetta cristiada, perché i combattenti cattolici venivano per disprezzo chiamati cristeros (il loro grido di guerra era Viva Cristo Rey! ). Un esercito spontaneo di ben cinquantamila uomini, aiutati in ogni modo dalla gente, tenne per tre anni testa alle ben più organizzate truppe governative. Le quali risposero con un massacro ferocissimo che non risparmiò vecchi, malati, donne e bambini. A ogni protesta del Papa i governativi aumentavano le rappresaglie. La Società delle Nazioni se ne lavò le mani: disse che si trattava di un problema interno messicano. Anche la Croce Rossa se ne disinteressò.

I cattolici messicani, abbandonati da tutti, si apprestarono a difendersi con la forza della disperazione. Ma a questo punto intervenne la "mediazione" degli Usa. Essi convinsero il Vaticano che, se gli insorti avessero deposto le armi, la Casa Bianca avrebbe fatto pressione sul governo messicano perché accedesse alle richieste dei cattolici. Il Vaticano abboccò e i vescovi ordinarono ai cristeros di consegnare le armi.

Forse, senza questa interruzione, gli insorti sarebbero davvero riusciti a impadronirsi di tutto il Messico, giacché i governativi erano in grave difficoltà. Ma obbedirono, e fu per essi la fine. Il governo si rimangiò tutte le promesse e a nulla valsero le proteste vaticane. Da quel momento, silenziosamente, tutti quelli che per un verso o per un altro avevano partecipato all'insurrezione vennero fatti "sparire". Ne morirono più dopo la resa che durante la guerra. Giovanni Paolo II, in visita in Messico, stato ateo per Costituzione, è stato accolto dal governo come "signor Wojtyla".

La guerra di Spagna



La moda "fascista" dilagò in molti paesi europei Bulgaria, Romania, Portogallo e altri si diedero regimi del genere. Intanto Hitler si riappropriava dei bacini carboniferi della Ruhr e della Saar e dichiarava che la Germania avrebbe cessato di pagare i debiti di guerra. Nel frattempo avviava trattative con l'Urss.

Si dimentica che è sempre la geografia a farla da padrona, e tutte le ideologie devono farvi i conti. Fin dai tempi dei Cavalieri Teutonici, e poi dello zar modernizzatore Pietro il Grande, la Russia aveva sempre contato sull'intraprendenza tedesca per sfruttare le sue immense risorse. Ingegneri, imprenditori, intellettuali tedeschi venivano letteralmente importati. La tradizionale contiguità tra Tedeschi e Russi era continuata anche col regime sovietico: i Tedeschi, infatti, misero al riparo gran parte dei loro armamenti proprio in Russia per sottrarli alle pretese dei vincitori della Prima Guerra Mondiale. Ma adesso il nazismo considerava il bolscevismo il suo nemico principale, e Stalin non aveva del tutto abbandonato l'idea di esportare il comunismo (l'aveva solo sospesa in attesa di tempi migliori: per questo aveva fatto uccidere Trotzski, teorizzatore della "rivoluzione permanente"). In più sapeva che comunismo e nazismo, totalitarismi concorrenti, non avrebbero potuto convivere a lungo. La Germania nazista voleva lo sterminato impero dell'est per due motivi: uno, le sconfinate risorse dovevano essere sfruttate dai Tedeschi, con i sovietici, "inferiori", a fare da semplice manovalanza. In più l'immenso territorio era adatto per deportarvi gli Ebrei. Infatti alcuni storici sostengono che la "soluzione finale" consistesse proprio nella deportazione di massa di tutti gli Ebrei.

La "prova generale" fu la Spagna. Qui erano andati al potere i repubblicani, uno schieramento composito che comprendeva comunisti, radicali e anarchici. L'aspetto meno noto consiste nella spietata persecuzione anticattolica che il nuovo regime avviò.

Disse uno storico liberale, Hugh Thomas, che non si era mai visto niente del genere dai tempi di Diocleziano. Più di sedicimila tra preti, vescovi, suore, seminaristi vennero massacrati nei modi più atroci. Oltre a un imprecisato numero di laici credenti. Vennero vietati i nomi cristiani e anche il saluto adios, che conteneva la parola "Dio". Profanati e incendiati chiese e conventi, fucilate anche le statue religiose, sterminati anche i parenti degli ecclesiastici.

Stalin inviò Togliatti e Longo, agenti del Komintern (struttura dell'Internazionale comunista con compiti di controllo sui partiti comunisti nei vari paesi), i quali organizzarono i comunisti locali e permisero loro di sbarazzarsi della scomoda "sinistra" anarchica, irriducibile alle direttive di Stalin. L'eliminazione (fisica) degli anarchici procedette di pari passo con la guerra civile. L'esercito insorse contro i repubblicani "rossi", aiutato da Italia e Germania. I "rossi" erano più o meno occultamente appoggiati da Stalin, dall'Inghilterra, dagli Stati Uniti e dalla Francia. La propaganda internazionale sostenne notevolissimamente la parte repubblicana. Intellettuali come Hemingway, Picasso e Orwell vennero mobilitati. Picasso cambiò titolo a un suo quadro che celebrava la morte di un torero e lo dedicò a Guernica (tanto, con l'arte astratta, una cosa può benissimo diventare un'altra), la città della cui distruzione i rojos incolparono gli avversari, facendone il simbolo della loro presunta "barbarie". Orwell, dal canto suo, vide nell'esperienza spagnola cos'era davvero il comunismo e vi concepì la sua opera più nota, 1984. La vittoria del generale Franco concluse la guerra civile. La Spagna, prudentemente, si tenne poi fuori dalla Seconda Guerra Mondiale.

Stalin a quel punto pensò bene di firmare il famoso trattato di non aggressione con Hitler, cosa che gli permise di invadere il Baltico, la Finlandia e spartirsi la Polonia con i Tedeschi. Nel contempo dava ordine ai partiti comunisti nel mondo di collaborare con la Germania, di cui adesso era "amico".

La seconda guerra mondiale



L'Italia fu praticamente spinta tra le braccia di Hitler dalla miopia delle democrazie occidentali.

La questione africana era per l'Italia di vitale importanza, ma Inghilterra e Francia (che, con gli Stati Uniti, praticamente egemonizzavano la Società delle Nazioni), gelose dei rispettivi interessi, ne ostacolarono in tutti i modi l'espansione nel continente nero. L'Italia procedette unilateralmente all'occupazione di Etiopia, Eritrea e Abissinia, e la Società delle Nazioni la "punì" decretandone il blocco economico e commerciale (le cosiddette "sanzioni"). Ma l'Italia, inaugurando un regime autarchico, cioè di autosufficienza, resistette. E va detto che il popolo collaborò, donando "oro e ferro alla Patria" e impegnandosi nella cosiddetta "battaglia del grano" (in cui si mieteva perfino nelle aiuole pubbliche). Le sanzioni fallirono perché, alla lunga, l'impossibilità di commerciare con l'Italia danneggiava molti paesi, i quali uno alla volta riaprirono le relazioni economiche. Questo episodio sancì l'inutilità della Società delle Nazioni e ne determinò la progressiva scomparsa.

Quando i nazisti eliminarono Dollfuss, cancelliere austriaco, e procedettero all'annessione (Anschluss) dell'Austria, ci fu un momento in cui le sorti di quel paese furono in mano all'Italia. Hitler, ammiratore di Mussolini, era disposto a offrirgli la "nemica storica" su un piatto d'argento. O, quanto meno, le truppe immediatamente inviate da Mussolini al confine avrebbero ben potuto dissuaderlo, se solo le potenze occidentali avessero lasciato mano libera all'Italia in Africa. Invece fu proprio la loro intransigenza a spingere Mussolini all'alleanza con Hitler. Scoppiata la guerra, tuttavia, il Duce esitò per un intero anno prima di prendere posizione. Il Papa, Pio XII, lo scongiurò di imitare Francisco Franco e restare neutrale. Ma ormai le armate del Reich dilagavano incontrastate fino a Parigi e assediavano l'Inghilterra. Mussolini temette di dover assistere a un trionfo tedesco, per poi dover fare da vassallo al padrone d'Europa.

Dopo l'invasione della Francia e l'evacuazione degli inglesi da Dunkerque l'Inghilterra era alle corde e temeva uno sbarco tedesco da un momento all'altro. La flotta italiana si ritrovò praticamente sola nel Mediterraneo e sarebbe stato relativamente agevole impadronirsi di Gibilterra e Malta, condizionando notevolmente le sorti della guerra. Invece qualcosa non funzionò a livello di ammiragliato (il cui ministero era allora distinto dagli altri) e non se ne fece nulla. Libri come il famoso Fucilate gli ammiragli di Trizzino gettano una fosca luce sull'intera vicenda. Qualcuno ha ipotizzato che, dati gli stretti legami tra i massoni italiani e l'Inghilterra ("madre" delle massonerie), si sia messo in moto un perverso meccanismo analogo a quello che, nel secolo precedente, aveva consegnato la flotta borbonica nelle mani dei garibaldini praticamente senza combattere. Comunque si tratta di aspetti sui quali probabilmente non verrà mai fatta piena luce.

Nel frattempo Hitler risolveva a modo suo il "problema" ebraico. A suo tempo passi più o meno informali erano stati compiuti per "offrire" gli Ebrei tedeschi a chi li voleva. Ma nessun paese si dichiarò disposto ad accoglierli. Avrebbero creato notevoli problemi, forse anche con le rispettive opinioni pubbliche. Del resto le teorie razzistiche erano relativamente recenti: erano comparse verso la fine del secolo scorso ed avevano avuto diversi corifei in intellettuali inglesi e americani, oltre che tedeschi.

Nel film I giovani leoni, con Dean Martin, Marlon Brando e Montgomery Clift, sono ben descritte le difficoltà di un soldato americano ebreo, oggetto di continui scherni da parte dei commilitoni durante la seconda guerra mondiale. Il film La nave dei folli, con Faye Dunaway, racconta la tragedia di una nave di profughi ebrei tedeschi, respinta dai porti americani e canadesi, e costretta a tornare in Germania.

Insomma non sono poche le voci che si sono levate a condannare l'atteggiamento iniziale, sostanzialmente indifferente, delle democrazie occidentali, teso a minimizzare il dramma ebraico mentre si compiva.

Occupata la Francia Hitler credette di aver risolto il problema col Madagascar, isola francese alle coste dell'Africa, nella quale i nazisti pensarono dapprima di deportare tutti gli Ebrei dell'Europa occupata. Ma il progetto dovette essere accantonato per l'impossibilità di trasferire milioni di persone in piena guerra, stante la presenza delle navi inglesi a Suez e nell'Atlantico. Nel frattempo i Tedeschi avevano attaccato l'Urss ed erano penetrati molto all'interno. Si pensò allora di deportare gli Ebrei in Russia. Ma poi, dopo Stalingrado, le cose andarono diversamente, com'è noto, e la "soluzione finale" fu un'altra. Gli Ebrei, decimati dalle malattie, dalla fame e dallo sfinimento (i nazisti impiegavano il loro lavoro forzato nelle fabbriche), morirono in gran numero. Il numero effettivo di morti è controverso.

Molti Russi (i Cosacchi, in particolare) si unirono alle truppe tedesche in odio al regime comunista (Stalin aveva aggiunto i suoi massacri a quelli di Lenin, e più di trenta milioni di persone -kulaki soprattutto, cioè coltivatori diretti- erano state eliminate dal comunismo sovietico). La stessa cosa accadde in Jugoslavia. Alla fine della guerra costoro si consegnarono nelle mani degli Alleati. Ma questi, soprattutto gli Inglesi, li restituirono con le loro famiglie a Stalin e a Tito. I quali provvidero a sterminarli. Intere famiglie, pur di non finire nelle mani dei comunisti, si suicidarono.

Churchill puntò tutto, allora, sull'aiuto americano. Ancora una volta l'opinione pubblica Usa era propensa a non impicciarsi in una guerra europea. Ma il presidente Roosevelt forzò ancora una volta la situazione. I Giapponesi, provocati in ogni modo e letteralmente spinti (dalle ritorsioni commerciali americane) a risolvere la cosa con le armi, attaccarono Pearl Harbour e distrussero gran parte della flotta americana. I servizi segreti statunitensi da tempo sapevano di quell'attacco, ma ebbero ordine di tacere. Gli Americani, consci della loro debolezza terrestre, puntarono tutto (di concerto con gli Inglesi) sull'arma aerea. Vennero per la prima volta pianificati bombardamenti strategici (prima di allora il bombardamento era stato solo tattico, di appoggio cioè alle manovre della fanteria). Valanghe di fuoco si riversarono sulle città tedesche, allo scopo di terrorizzare la popolazione civile e demoralizzare l'avversario. Centinaia di migliaia di civili inermi morirono nelle più importanti città tedesche. I Tedeschi risposero bersagliando Londra con i missili VI e V2.

Poi la sconfitta italiana in Africa e l'invasione della Normandia e dell'Italia ribaltarono definitivamente la situazione. L'Italia, con 1'8 settembre, si era chiamata unilateralmente fuori dalla guerra, e poi si era alleata con gli anglo-americani. I Tedeschi si ritrovarono, in Italia, da alleati a occupanti. Man mano che gli Alleati risalivano dal Sud essi si ritiravano. Uno degli scontri più sanguinosi tra Tedeschi e Alleati avvenne a Cassino. L'antichissima abbazia, patria del Patrono d'Europa, era colma di tesori d'arte. I comandanti tedeschi proposero al nemico di risparmiare la rocca, ma quelli non ne vollero sapere. Allora i Tedeschi portarono in salvo tutte le opere d'arte e i preziosi manoscritti in Vaticano. Quando un'incredibile tempesta di fuoco ridusse Cassino a un cumulo di rovine, solo allora i Tedeschi vi si asserragliarono, ed ebbe luogo una delle più cruente battaglie della guerra. Qualcuno ha avanzato il sospetto che certi comandanti alleati, protestanti, abbiano voluto così sfogare un odio atavico verso quel simbolo del "papismo"; ma siamo nel campo delle pure ipotesi.

A quel punto si scatenava la cosiddetta Resistenza. Gli Americani erano riusciti a sbarcare in Sicilia praticamente senza colpo ferire. Aveva fatto da battistrada la mafia. Al boss Lucky Luciano, in galera negli Usa, venne promessa l'impunità se avesse agevolato lo sbarco tramite le sue amicizie nell'isola. Così avvenne, ed emeriti mafiosi si ritrovarono, nella Sicilia "liberata", sindaci o addirittura commissari addetti alle distribuzioni degli aiuti alle popolazioni. Il Fascismo aveva di fatto sgominato la mafia inviando il famoso "prefetto di ferro" Mori.

Questi, munito di pieni poteri, aveva sbarazzato l'isola dei maggiori cápi mafiosi inviandoli al confino. L'"onorata società" aveva fatto i bagagli verso gli Usa, dove aveva imparato a occuparsi di alcool, droga, bische, prostituzione ed aveva perso l' "onore" che pur la cosiddetta vecchia mafia conservava. Tornata in Sicilia con lo sbarco alleato importò il nuovo stile.

E' ormai acquisito alla storiografia più seria che la Resistenza non fu affatto un'epica lotta di popolo ma riguardò solo una minoranza, e fu un fenomeno localizzato in alcune zone del Nord. La mitologia resistenziale ha invece occultato il ruolo svolto dall'esercito regolare italiano che combatté a fianco degli Alleati. I comunisti in breve riuscirono a egemonizzare i comitati di liberazione e, nei cosiddetti "triangoli della morte", ne approfittarono per sbarazzarsi di avversari politici. Oltre a ex fascisti, anche preti, e perfino partigiani non comunisti finirono uccisi in questi regolamenti di conti ideologici, tesi a sgombrare preventivamente il terreno da futuri oppositori. Al confine con la Jugoslavia i partigiani titini procedevano alla "pulizia etnica" degli Italiani nelle famigerate foibe. L'attentato di via Rasella, a Roma, veniva perpetrato per scatenare, con la rappresaglia tedesca, l'odio della popolazione civile. E anche per eliminare quella componente comunista "di sinistra" che non aveva intenzione di obbedire alle direttive politiche di Stalin. Infatti gli attentatori, malgrado le ripetute intimazioni tedesche, non si consegnarono (tra l'altro la bomba aveva ucciso solo Italiani, cioè Altoatesini arruolati a forza dai Tedeschi, nonché alcuni civili, tra cui un bambino) e la rappresaglia riguardò un gruppo di Ebrei e molti partigiani della formazione "Bandiera rossa" detenuti nelle carceri romane. Nel Nord la brigata partigiana "Osoppo" (di cui faceva parte il fratello del regista Pasolini) fu trucidata dai partigiani comunisti.

Tutto sommato la Resistenza non accelerò affatto la dipartita dei Tedeschi; anzi trasformò in un calvario di rappresaglie (ai danni dei civili inermi) quella che poteva essere una ordinata ritirata. Lo scopo era quello di permettere ai comunisti, che non avevano fino a quel momento alcun ruolo rilevante nella vita politica e sociale italiana, di guadagnarsi un posto di primo piano nel futuro assetto del paese.

Anzi l'idea era quella di prendere il potere tramite la "rivoluzione", come era stato in Russia (qui, infatti, i bolscevichi approfittarono dello sbandamento cagionato dalle prime disastrose sconfitte russe nella Grande Guerra per sbarazzarsi prima dello zar e poi dei menscevichi). I socialisti, di cui faceva parte il futuro presidente Pertini, prima dell'avvento di Craxi erano praticamente loro succubi. Finita la guerra i comunisti scateneranno la guerra civile in Grecia. L'Italia se la cavò perché ormai Stalin a Yalta vi aveva rinunciato.

Intanto esponenti del Partito D'Azione (ora scomparso; ma allora, pur minuscolo, era composto da "gente che contava", con notevoli e privilegiati agganci nell'establishment angloamericano), si accordavano con i servizi segreti inglesi perché gli Alleati bombardassero le grandi città del Nord, onde accelerare la decisione del governo Badoglio ad operare il "ribaltone" dopo l'armistizio unilaterale. Così avvenne. Nell'Italia centrale le truppe di colore (marocchini soprattutto), si abbandonavano a stupri e saccheggi ai danni della popolazione civile (come testimoniato nei film La ciociara e La pelle ).

Mussolini, arrestato ma liberato da un colpo di mano tedesco, crea la Repubblica Sociale a Salò, dove quel che rimaneva del regime ritornava ai suoi aspetti più marcatamente "sociali". Non si può negare che, agli occhi degli stranieri, gli Italiani appaiano come eterni "machiavellici" voltagabbana. Ma proprio l'episodio di Sala e la successiva nascita del Msi fanno eccezione. Si tratta, a prescindere dai giudizi ideologici, di un tasso di fedeltà a una causa persa che non ha uguali nel mondo occidentale. E che ancora oggi fa discutere.

Il Fascismo, ormai aggiogato al carro nazista, aveva dovuto emanare le cosiddette Leggi Razziali, discriminando gli Ebrei negli uffici pubblici. Ma va detto, a onor del vero, che dagli Italiani gli Ebrei non ebbero il trattamento loro riservato dai nazisti.

Anzi gli stessi aderenti alla repubblica di Salò non vollero consegnare gli Ebrei italiani nelle mani dei Tedeschi. L'esercito regolare italiano, da parte sua, li protesse come poté, in Jugoslavia e altrove. Il Papa aprì le porte del Vaticano e dei conventi di tutta Italia agli Ebrei, e i parroci fornirono falsi certificati di battesimo a quelli che li richiedevano.

Qualcuno ancora oggi sostiene che Pio XII tacque sulla persecuzione ebraica mentre questa si svolgeva. E' ingiusto. La Germania nazista aveva boicottato in tutti i modi il Concordato con la Chiesa cattolica, e aveva trovato una sorda resistenza proprio da parte dei cattolici (il movimento di resistenza tedesca chiamato La Rosa Bianca era composto di cattolici, e cattolico era von Stauffenberg, anima dell'attentato a Hitler del 20 luglio 1944). Quando i vescovi olandesi emanarono un documento di condanna della persecuzione antiebraica nazista, il risultato fu un incrudelire della repressione. Finirono ad Auschwitz la suora Edith Stein, il sacerdote Massimiliano Kolbe e moltissimi cattolici. A quel punto Pio XII capì che se avesse emanato un'enciclica di condanna avrebbe firmato la morte di un'infinità di innocenti. Tacque, allora, e preferì agire. Sono noti suoi contatti segreti con gli Alleati, nonché il piano hitleriano per arrestarlo e deportarlo.

Intanto gli americani concludevano la guerra nel Pacifico letteralmente seppellendo Tokio di bombe al fosforo. Le case di legno e carta di riso divennero un unico falò nel quale morirono più di trecentomila civili. Le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki completarono l'opera. Occupato il Giappone costrinsero l'imperatore a dichiarare pubblicamente di non essere figlio degli dèi (cosa che provocò suicidi di massa). Poi si apprestarono a spartirsi il mondo in zone d'influenza con Stalin.

Ambigua rimane, a tutt'oggi, questa politica americana. L'Inghilterra aveva perso tutto il suo impero, la Francia era ai minimi temini, l'Urss aveva praticamente combattuto con materiale e armi americane. Perché -si chiese Solgenitsin- gli Americani decisero di dividere tutto alla pari con l'Urss? Non solo. A che titolo i sovietici sedettero a Norimberga a giudicare i vinti? Tra le altre cose avevano sterminato quindicimila ufficiali polacchi loro alleati (ma anticomunisti) a Katyn e assistito impassibili alla repressione della rivolta ebraica nel ghetto di Varsavia. Interi villaggi tedeschi si erano suicidati per non cadere nelle loro mani. Dall'altra parte Eisenhower aveva fatto internare i prigionieri di guerra tedeschi, dei quali più di un milione morirono nei campi di concentramento americani, privi anche dell'aiuto della Croce Rossa. Problemi rimasti aperti, ma che toccano punti delicati.

Intanto nasceva lo stato di Israele. Prima della guerra il leader sionista Jabotinski (fondatore del Likud ) aveva preso contatti con Mussolini perché appoggiasse la creazione di uno stato ebraico in Palestina, e il Duce aveva promesso aiuto. Ma poi, malgrado la sua opposizione, Hitler l'aveva coinvolto nella campagna di Russia (gli Italiani, a ragione, proponevano invece di concentrarsi su Suez e il Medio Oriente per tagliare le vie di rifornimento petrolifero all'Inghilterra verso l'India). La campagna di Russia, com'è noto, finì in un disastro, e anche l'Africa fu persa.

Il dopoguerra



Questa volta gli Americani non commisero l'errore del primo dopoguerra, cioè non chiesero riparazioni ai vinti, bensì fornirono tramite il Piano Marshall aiuti per la ricostruzione. Con un'Europa alla fame a chi gli Americani avrebbero venduto i loro prodotti? Il resto del mondo era culturalmente, oltre che economicamente, non all'altezza di acquistare lavatrici, automobili, radio; insomma prodotti di alta tecnologia. Non si può vendere un phon a chi non ha nemmeno la presa di corrente, né film hollywoodiani a chi -pur essendovi abituato- non ha più i soldi per andare al cinema. La miseria dell'Europa avrebbe provocato un'altra crisi di sovrapproduzione negli Usa.

Così, finalmente, le teorie keynesiane vennero applicate su scala planetaria. L'Italia e la Germania (pur divisa) compivano una stupefacente rinascita economica. E così il Giappone. L'Italia, che attraverso un ambiguo e controverso referendum era diventata una Repubblica, si rendeva protagonista di un vero e proprio boom che si incagliava, per motivi politici, all'inizio degli Anni Sessanta. Con l'ingresso dei socialisti nel governo (il cosiddetto centro-sinistra, studiato per cercare di staccare i socialisti dalla sudditanza nei confronti del Pci: il necrologio più commosso per la morte di Stalin fu letto in Parlamento dal socialista Pertini). Dati alla mano il deficit nazionale comincia li, e prosegue per una china vertiginosa. Seguiva il Sessantotto che in Italia, e solo qui, durava ben dieci anni, culminando negli Anni di Piombo e nelle stragi misteriose e ancora impunite.

Gli Usa contrastavano l'espansionismo sovietico (e cinese) in Asia e in Africa, fino al collasso gorbacioviano dell'Impero sovietico. Ma si può dire che il secondo dopoguerra non sia mai finito, anche dopo la fine della cosiddetta "guerra fredda" Nei seggi permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU siedono ancora Francia e Inghilterra, mentre Germania, Giappone e Italia devono ancora sottostare a limitazioni negli armamenti. Il Medio Oriente rimane una polveriera, anzi una petroliera sulla quale gli americani tengono puntata costantemente l attenzione. Quando lo Scià di Persia, alleato degli Usa e confinante con l'Urss, comincia a chiedere un miglior trattamento nell'utilizzo del petrolio iraniano, l'ayatollah Khomeini lo scalza dal potere. L'idea secondo la cosiddetta dottrina Brzezinski (dal nome dell'allora segretario di stato americano), era quella di creare a ridosso dell'Urss un polo islamico che fungesse da eventuale detonatore per tutte le repubbliche sovietiche meridionali, a maggioranza musulmana (la cosiddetta "cintura verde", dal colore del Profeta). Invece la cosa sfuggì di mano. Allora le potenze atlantiche cercarono di contenere il regime degli ayatollah tramite l'Iraq, stato che intraprese una lunghissima guerra con il confinante Iran.

Quando l'Iraq chiese il conto, cioè l'annessione del Kuwait, si scatenò la Guerra del Golfo. Le guerre israeliane hanno messo a tacere, a quanto pare per sempre, l'Egitto. Ridimensionato l'Iraq (forse il solo stato mediorientale in cui i cristiani non sono discriminati), i suoi nemici potenziali restano l'Iran e la Siria. Con la Siria Israele ha proceduto praticamente all'occupazione del Libano; il resto è attualità.

"Fregati dalla Scuola" è disponibile in libreria - Edizioni Effedieffe; ISBN 88-85223-15-5 - Lire 12.000

Il Condor
07-12-02, 18:46
Alcune cose sono condivisibili (ho letto solo dalla I GM in poi), tante altre sono solo deliri causati da un profondo odio anti-Capitalista (ove per Capitalismo intendo massoneria+ebraismo+anglo_americani).

marcejap
14-12-02, 10:45
Originally posted by Felix
sono riuscito a ripescare nel mare magnum del mio disco duro un post della vecchia POL, di "ultimo cavaliere", forumista purtroppo sparito. Sono poi andato a verificare il sito da dove era stato "copiato e incollato".
È una proposta semiseria per "rivedere" a fondo la storiografia nei testi per la scuola.

buona lettura...

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Fregati dalla Scuola - Breve guida di liberazione ad uso degli studenti

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Come romanzo fantastorico è divertente. Soprattutto per la totale mancanza di obbiettività.