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Visualizza Versione Completa : Trieste, 20 dicembre 2002



Roberto (POL)
10-12-02, 01:16
Celebrazioni del 120° anniversario
della morte di Guglielmo Oberdan.
20 dicembre 1882 - 20 dicembre 2002

Venerdì 20 dicembre 2002 - ore 16.30
Aula Magna del Liceo "Dante Alighieri"
via Giustiniano, 3 - TRIESTE

Prolusione del

Prof. Avv. Enzio VOLLI
Pres. Onorario Ass. Mazziniana Italiana
Sezione di Trieste

Interventi:

Prof. Maddalena GUIOTTO
Ist. Storico Italia Germania (Trento)
"Guglielmo Oberdan tra Italia ed Austria"

Dott. Diego REDIVO
Lega Nazionale - Trieste
"Guglielmo Oberdan alle origini del mito irredentista"

Prof. Alberto BRAMBILLA
Università di Padova
"Guglielmo Oberdan: suggestioni e finzioni letterarie"

Coordinatore

Prof. Fulvio SALIMBENI
Università di Udine

La S.V. è invitata ad intervenire.

nuvolarossa
20-12-02, 16:21
http://www.lastampa.it/common/_img/nordovest120x60.gif
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DAI PATRIOTI LAICI E CRISTIANI
UNA LEZIONE PER OGGI ....
...... RISORGIMENTO DOCET

NON credo sia necessario un sondaggio d´opinione per affermare che pochissimi, soprattutto tra i giovani, sanno chi fu Guglielmo Oberdan e chi furono i Martiri di Belfiore. Per fortuna, grazie ad alcune iniziative che si sono svolte o si svolgono in questi giorni - a Ravenna, Mantova, e Trieste - quelle figure del nostro Risorgimento saranno forse un po´ più note e meglio apprezzate. Tanto Guglielmo Oberdan che si sacrifica nel tentativo di uccidere l´imperatore d´Austria, quanto i Martiri di Belfiore che perdono la vita inseguendo un sogno rivoluzionario repubblicano, sono lontani dalla sensibilità morale oggi prevalente. Il nostro è il tempo degli indifferenti e dei tiepidi (anche se non tutti sono indifferenti o tiepidi) o peggio ancora di «martiri» che uccidono vittime innocenti per esasperare l´odio fra i popoli, come ha ricordato Sauro Mattarelli al convegno di Ravenna. Guglielmo Oberdan fu invece un martire vero, che credeva profondamente nell´ideale della fratellanza e della libertà dei popoli. Come ha scritto Giani Stuparich, «tutta l´azione d´Oberdan è antiteatrale, ricorda la dignità, la compostezza, la sovrumana fermezza dei martiri cristiani: la sua religione era la patria. Veramente egli agì e parlò come se fosse stato davanti soltanto al giudizio della propria coscienza». La medesima religione animava anche i Martiri di Belfiore (don Enrico Tazzoli, Angelo Scarsellini, Bernardo del Canal, Giovanni Zambelli e Carlo Poma, uccisi il 7 dicembre 1852; Carlo Montanari, Tito Speri, don Bartolomeo Grazioli e Pietro Frattini, uccisi nel marzo del 1853; Pier Fortunato Calvi impiccato il 4 luglio 1855). Per alcuni di essi la religione della patria era tutt´uno con la religione di Cristo. Don Enrico Tazzoli, il personaggio di maggior spicco della rete mazziniana nel Mantovano, era sacerdote e professore di filosofia al Seminario; don Bartolomeo Grazioli era parroco di Revere. Un anno prima un altro sacerdote, don Giovanni Grioli, fu fucilato dagli austriaci perché trovato in possesso di lettere che provavano la sua appartenenza al movimento mazziniano. Erano sacerdoti cattolici che amavano la cultura illuministica e per loro l´amore della patria era una seconda religione che traeva forza morale dalla fede cristiana e a sua volta arricchiva la fede cristiana di idealità sociali e politiche. Ne sono prova le lettere e le testimonianze che un´altra bella figura di sacerdote e di italiano, monsignor Luigi Martini, raccolse nei volumi Il confortatorio di Mantova (1952). La vicenda dei Martiri di Belfiore (e si potrebbe citare altri esempi simili) dimostra ancora una volta quanto sia storicamente sbagliata la tesi, di tanto in tanto riesumata per ragioni di polemica ideologica, di un Risorgimento anticristiano e anticattolico. Il contributo dei cattolci non fu una «zona grigia», ma un insieme di esperienze di altissimo valore morale e civile che dovremmo tutti, cattolici e non cattolici, conoscere e capire meglio.

viroli@princeton.edu

Maurizio Viroli
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I Link di NUVOLAROSSA (http://baccioli.supereva.it/)

Mitteleuropeo
21-12-02, 03:33
Io non posso interferire con l' informazione che - correttamente - viene data su questo forum e difendo il diritto di ognuno di esprimere la propria opinione.

Conosco il Prof. Volli, integerrima persona e stimato professionista, che e' in possesso (me li ha mostrati) di documenti indicanti che l' apologia di Oberdan non fu fatta, come riportato sull' Enciclopedia UTET da Benito Mussolini, ma molto prima.

Sono fatti su cui non si puo' discutere. Io discuto invece sul vero movente del gesto di Oberdank: era odio verso il potere costituito, quindi avrebbe buttato bombe anche a Vittorio Emanuele, se fosse vissuto a Roma o Torino (= anarchico), o quelle bombe erano dirette al simbolo dell' Austria, che non considerava come sua patria (benche', e questo e dimostrato) non fosse stato da questa minimamente perseguitato?
Se e' vero il secondo caso, allora dovrebbe essere riabilitato, alla pari di Patrioti come Joerg Klotz, a cui va tutto il mio rispetto.
Altrimenti, e non mi sembra improbabile, gravitava piuttosto nell' area di Gavrilo Princip e di Luchini (Sissi a Ginevra), Bakunin......

Come Triestino, posso arrivare ad ammettere la buona fede di persone come Nazario Sauro, che si lanciarono in un' avventura, senza conoscere bene TUTTO il Popolo per cui si sacrificarono, errare humanum est, ma vorrei sottolineare quello che forse i non-triestini non sanno: l' Italia, a parte qualche frase retorica, non ha mai fatto un tubo per Trieste. E' colpa scellerata dell' Italia aver ripagato il sangue versato per lei da diversi ingenui, per lo piu' di sangue non italiano, con l' invio massiccio a TS di impiegati statali meridionali, il trasferimento dei Cantieri di Trieste e Muggia, persino della sede operativa (=quella che da' posti di lavoro) delle generali a Mogliano Veneto, aver messo il Porto in mano a gente proveniente da altri porti italiani, con le loro amicizie nei luoghi d' origine, aver costretto migliaia di triestini a lasciare la loro citta' dove, in mancanza di raccomandazioni (anche quelle di dubbia efficacia) non si trova un lavoro decoroso.
Se oggi qualche Friulano focoso accusa i Triestini di essere i "Terroni del Friuli", economicamente ha ragione, ma non deve farne la colpa ai Triestini, ma a chi, a 600 Km di distanza, li ha sempre ostacolati.
E' stata la repubblica italiana a privatizzare le ferrovie, lasciando che squallidi personaggi tagliassero le comunicazioni con il resto di tale repubblica: oggi non e' piu' posibile andare in giornata a Torino, per andare a Milano uno deve alzarsi alle 4:30, sono soppressi tutti i treni per Vienna e Monaco (erano sempre pieni, non mi si dica che e' una coincidenza...), ci sono solo 3 treni al giorno per Lubiana (parte del Corridoio 5) e impiegano 3 ore per 100 KM.

Se qualcuno insiste per considerare l' italia la madre di TS, dovrebbe forse abituarsi a dire "matrigna".

Serenissimi saluti mitteleuropei

Roberto (POL)
21-12-02, 16:46
mi spiace molto che, come credo, Tu non sia stato presente al convegno di ieri pomeriggio al "Dante" perchè lo scopo di quel convegno era proprio chiarire molte storture e fraintendimenti che sulla figura di Oberdan circolano, a Trieste ma non solo.

L'Ass. Mazziniana Italiana ha volentieri collaborato con la Lega Nazionale, pur con le differenti visuali che saprai, proprio perchè si è trattato di un incontro prettamente storico-scientifico e tutt'altro che apologetico.

Le relazioni degli oratori, del Prof. VOLLI non parlo perchè lo conosciamo bene, sono state assolutamente rigorose nel delineare lo stato degli studi sulla persona di Oberdan e sul significato del suo gesto. In particolare ho apprezzato la Prof.ssa GUIOTTO dell'ISIG di Trento che ha dato un particolare contributo sulla figura del martire vista da parte austriaca ed inserita nei rapporti italo-austriaci dell'epoca.

E' stato ben ribadito che è stupido rimarcare l'italianità di Oberdan senza citare il fatto che era figlio di Giuseppina Oberdank, slovena di Gorizia, di famiglia proveniente da Schoenpass. L'italianità di Oberdan è stata una scelta, motivata da diversi fattori, e non certo una questione di razza o geni.

Purtropo lo sai bene che alcuni personaggi pubblici triestini difettano assai in quanto a cultura (non solo storica).

La funzione che noi dell'A.M.I. tentiamo di rivestire in città è proprio finalizzata alla corretta interpretazione dei fatti storici ed alla loro proiezione nelle questioni di oggi. Fortunatamente oggi, a circa 150 anni dall'idea mazziniana di Stati Uniti d'Europa, stiamo andando verso un futuro di dialogo tra le genti d'Europa ed i biechi nazionalismi sembrano ogni giorno più obsoleti.

Per quanto riguarda l'ultima parte del Tuo post, devo dire che mi scandalizza anche che il treno da Trieste a Lubiana ci impiegi tre ore o che mentre i poliziotti sloveni conoscono l'italiano gli italiani non parlano una parola di sloveno!

Ma anche questo, se ci pensi, è un problema di cultura (non dei poliziotti però).

Un saluto mazziniano ( paneuropeo :) )

R.

Roberto (POL)
03-01-03, 20:16
da http://www.leganazionale.it

La Lega Nazionale di Trieste, con il contributo della Provincia e la collaborazione dell’Associazione Mazziniana, ha voluto ricordare, il 20 dicembre 2002, nell’aula magna del Liceo “Dante”, il 120° anniversario dell’impiccagione di Guglielmo Oberdan (Trieste 1° febbraio 1858 – 20 dicembre 1882). Dire delle parole pacate e basate sulla conoscenza dei fatti, al di là delle sgangherate polemiche che di frequente cercano d’infangare il valore del suo sacrificio, è stato l’intendimento di un incontro di studio che si è aperto con la prolusione di Enzio Volli, Presidente Onorario dell’Associazione Mazziniana Italiana Sezione di Trieste, il quale ha voluto donare al Presidente della Lega Nazionale, Paolo Sardos Albertini, le riproduzioni del materiale d’archivio su Oberdan posseduto dall’Associazione Mazziniana, riguardante, in particolare, il Circolo Garibaldi. Un regalo molto gradito che andrà ad arricchire il cospicuo patrimonio archivistico del centenario sodalizio triestino che ha appena avviato un pluriennale progetto d’inventariazione, catalogazione e informatizzazione del proprio archivio e di quelli ad essa collegati.

Nel seguito dei lavori, gli interventi di Maddalena Guiotto, dell’Istituto Storico italo-germanico di Trento, di Diego Redivo, in rappresentanza della Lega Nazionale, e di Alberto Brambilla, dell’Università di Padova, hanno ricostruito la vicenda di Oberdan e il suo progetto di attentare alla vita dell’imperatore asburgico nel 1882. Un anno fatidico in cui l’Italia firmava la Triplice Alleanza abbandonando la tradizione austrofoba, moriva Giuseppe Garibaldi, simbolo del Risorgimento, e ricorrevano i cinquecento anni della dedizione di Trieste all’Austria le cui celebrazioni venivano sentite come un affronto dagli austro-italiani. Un cumulo di eventi che sembrò porre fine al sogno del completamento dell’unità nazionale tanto da generare nel giovane irredento la volontà di “andare incontro al patibolo” per suscitare l’auspicato risveglio nazionale e le cui ripercussioni sui rapporti diplomatici tra Austria e Italia, sulla genesi e lo sviluppo della mitologia irredentista nonché sugli influssi sparsi in ambito letterario sono stati analizzati nel corso del convegno mentre Fulvio Salimbeni, dell’Università di Udine, ha tratto le conclusioni della proficua giornata.

Ne è emersa così la figura di un giovane romantico e passionale, cui le vicende della storia hanno assegnato da un lato il ruolo di bersaglio della malevolenza di tutti coloro che ritengono ancor oggi inaccettabile la soluzione nazionale italiana di Trieste e dall’altro, quello più propriamente storiografico, il simbolo maggiormente evidente di quella ottocentesca “religione della Patria”, laica e nazionale, ben esemplificato dal “Sacrario” – il luogo della sua detenzione e della sua impiccagione – attorno a cui è stato costruito il Museo del Risorgimento di Trieste. Il ruolo di Oberdan, si è detto, è stato non tanto quello del martire, di colui, cioè, che ha consapevolmente ricercato la propria condanna come esempio e sprone, bensì quello di agnello sacrificale, immolato sull’altare delle manovre politiche e diplomatiche internazionali che avevano spinto l’Italia nella direzione opposta a quella sperata dagli irredentisti e che, pur germogliando in maniera quasi sotterranea, grazie soprattutto all’opera di Carducci e D’Annunzio, non riuscì a mettere in crisi i rapporti italo-austriaci fino al 1914. Le inutili polemiche sulla sua origine nazionale, chiaramente italiana per scelta consapevole anche se la madre era slovena (il padre, che pur non lo riconobbe, veneto), sul cognome, privato della “K” dallo stesso Oberdan in quanto com’ebbe a scrivere, gli sembrava avere un suono troppo tedesco e sulla sua responsabilità in merito ad un precedente, mortale, attentato, negata, oltre ad ogni altra considerazione, sia dalle inchieste austriache che dalle deposizioni dei testimoni del fatto, dimostrano come i simboli della storia vengano spesso utilizzati per finalità tutt’altro che limpide. Così come poco limpidi appaiono i tentativi di attribuire la glorificazione di Oberdan al fascismo che aveva, invece, nei confronti dell’irredentismo, idealità di per se ribelle nei confronti dello Stato, e dei suoi eroi mazziniani e garibaldini una certa diffidenza, tanto da tentare di sostituire al culto di Oberdan il culto di Ruggero Timeus (Fauro), volontario irredento nazionalista sacrificatosi nel 1915, in quanto portatore di una visione teorica riguardante il confine orientale più consona alla politica di potenza messa in atto dal regime fascista.

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Saluti

R.