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Roderigo
14-12-02, 00:01
Intervista allo storico Giovanni De Luna
«Hanno mostrato la loro vera faccia»

Vittorio Bonanni

Giovanni De Luna è professore di Storia contemporanea all'Università di Torino. Uno dei tanti studiosi che scrivono quei libri di storia che non piacciono all'attuale governo, messi all'indice ora da una risoluzione della Commissione cultura della Camera grazie alla quale il ministero dell'Istruzione dovrà vigilare sui testi adottati nelle scuole. Abbiamo chiamato lo studioso nella sua abitazione torinese per sapere che cosa pensa di questo provvedimento autoritario, che ha messo in imbarazzo anche alcuni esponenti della stessa maggioranza e costretto l'esecutivo a correggere il tiro.

Professore, come commenta questa decisione del governo sui libri di storia?
Mi allineo ai commenti unanimi che ci sono stati oggi (ieri per chi legge ndr), nel senso che si tratta di una cosa totalmente strampalata nel merito. Inoltre l'attribuisco anche ad una sorta di velo che si squarcia. Ho l'impressione che quando il conflitto sociale si fa particolarmente aspro cadono molte sovrastrutture e molte impalcature e ognuno mostra il volto che ha. Questa destra, al di là di ogni dimensione di abbellimento e di cosmesi, è quella che è. Guarda con fastidio gli scioperi operai, guarda con irritazione ogni manifestazione di conflittualità e ritorna alle sue radici. E nelle sue radici c'è questo, ovvero la pretesa che la storia la debbono scrivere i ministri e non gli storici. Siamo di fronte ad una manifestazione estrema di quella che è l'identità della destra che ci governa oggi.

Oggi la presa di posizione contraria degli ex democristiani che sono nel governo ha indotto lo stesso a correggere la rotta. Ma, a proposito di democristiani, ci sono stati nel nostro paese dei precedenti simili dopo il fascismo?
Nella storia della Repubblica ci sono stati tanti ministri della Pubblica Istruzione democristiani che, per esempio, negli anni '50, orientavano l'interpretazione della loro carica in una direzione fortemente anticomunista. Ma questo rientrava allora nella logica della guerra fredda, c'era un conformismo dilagante e i testi scolastici si uniformavano a quel conformismo. Una cosa che mi piace sempre ricordare è il 25 aprile del 1955, quando, nel decimo anniversario della Liberazione, l'allora ministro Ermini inviò una circolare a tutti i provveditorati italiani per dire che in quel giorno nelle scuole bisognava ricordare la nascita di Guglielmo Marconi. C'era dunque un clima di pesante anticomunismo, ma direttive esplicite in questa direzione non c'erano mai state. Ma soprattutto, anche se ci fossero state, paradossalmente sarebbero state meno gravi, un po' perché in qualche modo legittimate dal clima di guerra fredda ma un po' perché chi ci governa oggi si mette contro la sua stessa storia e tradizione. Questa loro autorappresentazione di liberali e questa loro fiducia nel mercato, nelle sue capacità di autoregolarsi, di essere intrinsecamente virtuoso e di saper selezionare i frutti migliori si scontra con la decisione presa. Perché non lasciano fare il mercato? Tutti scrivono libri di storia e ci sono testi di sinistra, di destra e di centro e il loro acquisto non lo deve certo decidere il governo. Altrimenti siamo dentro la peggiore deriva statalista e staliniana. E' una cosa che entra direttamente in contraddizione con quello che dovrebbe essere il loro patrimonio genetico. Ho l'impressione che provvedimenti di questo genere siano estremamente chiarificatori della natura intrinseca di questa coalizione di governo.

Non crede che la marginalità della cultura di destra nell'Italia repubblicana e la mancanza dunque di intellettuali e studiosi abbia spinto il governo a cercare la rivincita in questo modo?
Certamente c'è un'ansia di rivincita complessiva e c'è in particolare un'ansia di rivincita culturale che questi vogliono prendersi. E siccome con gli strumenti culturali non ce la fanno usano la scorciatoia della dimensione governativa e della dimensione istituzionale in cui loro oggi sono maggioritari. E' una scorciatoia francamente imbarazzante per i pochi grandi intellettuali di destra che pure ci sono e che di fatto sono molto perplessi di fronte ad un provvedimento di questo genere. Tutto questo ha comunque un pesante anacronismo al suo interno, perché se questi signori non fossero accecati dall'odio, dalla propaganda e dall'ansia di rivincita sarebbero consapevoli che il vero problema dell'insegnamento della storia oggi non è il fatto che si insegna una storia diversa e di sinistra ma che non si trasmette conoscenza storica. E la scuola fa fatica a rincorrerla rispetto ai mille altri strumenti di trasmissione del sapere storico che questa società produce. Le faccia un esempio: nella facoltà in cui insegno abbiamo fatto un test di ingresso per le matricole e una delle domande era "per quanti anni i comunisti sono stati al governo nell'Italia repubblicana: 30, 10 o 5". Il 22% ha scritto 30 anni. Questo vuole dire che la conoscenza storica viene trasmessa da altri. Per esempio dal capo del governo.

Liberazione 13 dicembre 2002
http://liberazione.it

Felix (POL)
15-12-02, 02:18
resta il fatto che, per esperienza personale, un gran numero di testi di storia per le scuole sono infarciti di errori e distorsioni ideologiche spesso grossolane.
Andate a (ri)leggervi il famigerato Camera-Fabietti, o il Salvadori... E sono testi come questi che spiegano poi come molti giovani, stufi di farsi prendere per i fondelli con vecchie anticaglie marxiste, passano all'anticomunismo militante... e votano per Berlusconi.

L'inchiesta di questo De Luna mette in luce non la "propaganda" anticomunista di Berlusconi, ma la percezione ampliamente diffusa della passata (ma ancora fresca nella memoria e con strascichi attuali) dominazione comunista su certi settori vitali del paese (scuola, cultura, magistratura...).

Tornando quindi al dunque. Se intesi come aggiornamento e depoliticizzazione dei testi di storia, i provvedimenti attuali sono encomiabili. Bisogna però stare attenti che non siano influenzati da "spirito di rivalsa" o spirito di parte avversa. Sarebbe ironico che si passasse da un bombardamento propagandistico marxista a uno liberaldemocratico.

Un'ultima considerazione: quelli di sx continuano a scusare e giustificare le posizioni di potere che pretendono mantenere nella scuola e nella cultura, con una presunta "incapacità" della dx a gestire la prima e dare vivacità e livello alla seconda. Tutte balle. Prima degli anni sessanta, quanto la sx partì all'assalto della cultura italiana, la "cultura di sx "restava relegata in secondo piano, e quasi tutti i grandi nomi della cultura italiana erano di dx (Croce, Pirandello...). Adesso che la dittatura culturale del marxismo (e "compagni di strada") va scomparendo, si apre la possibilità di riprendere il filo della grande cultura italiana, quella che è stata il vanto e l'orgoglio del nostro paese in tutto il mondo.

saluti