Nirvana
21-12-02, 17:33
Il pilota milanese è deceduto dopo che la sua barca è stata investita dallo svedese Honkala. Cappellini decide di fermarsi, gara sospesa.
ABU DHABI, 21 dicembre 2002 - Lo sport italiano e la motonautica italiana vincitutto piangono un altro dei suoi uomini. Non un campione di cui tutti conoscono il nome, ma forse un atleta da ammirare ancora più degli altri perché allo sport, in questo caso alla F.1 dell'acqua, aveva regalato la cosa che amava di più: la passione. Vincenzo Polli, 37 anni lo scorso 10 marzo, imprenditore tessile di successo nella vita, in motonautica - sulla spinta dello zio Edoardo - aveva esordito nel Mondiale offshore (l'attuale Classe 1) nel 1989, mentre alla F.1 inshore era approdato solo sul finire della passata stagione, proprio con le due ultime gare negli Emirati.
Ad Abu Dhabi, venerdì pomeriggio, con la luna piena già alta in cielo, ha perso la vita, dopo 12 giri di corsa, già doppiato, con Cappellini lontano, là davanti a confermare la pole n. 47 della carriera, speronato nell'avvicinamento alla boa n. 2 dall'irruento svedese Jari Honkala. Un urto tremendo (per Honkala qualche ammaccatura e la frattura di un braccio) che, però, non aveva subito fatto temere il peggio. Polli, rianimato una prima volta durante la corsa verso l'ospedale, ha invece perso la vita per un (probabile) successivo arresto cardiocircolatorio quando era già ricoverato nel reparto di terapia intensiva.Un lutto che ha annichilito il mondo del Circo Blu, togliendo il fiato e l'anima a tutti. A chi tentava di spiegare l'incidente, ai molti che si chiedevano il perché. Il solito perché dell'attimo dopo, ma comunque sempre troppo tardi. Perché qualche risposta la si può dare, si può tentare di darla, ce la si poteva dare prima. Come l'orario d'inizio della prova che concludeva il Mondiale, con il sole dritto dritto negli occhi o negli specchietti - così facile dimenticare quello che, solo una settimana prima, era accaduto a Sharjah? - o il percorso accorciato rispetto alle edizioni degli anni passati che favoriva, ha favorito, l'ammucchiarsi di piloti, ad ogni virata. Polli, com'era nel suo carattere anche al di fuori della barca, si stava avvicinando alla boa quasi con prudenza, sicuramente con circospezione. Quella che non ha avuto Honkala che ha puntato in pieno lo scafo arancione con il numero 6, distruggendo la capsula di sicurezza. Bandiera gialla e, dopo un arco di tempo che pareva e sicuramente è stato interminabile, la bandiera rossa. Gara sospesa per "visibilità ridotta e, dunque, mancanza delle condizioni di sicurezza", con le due ambulanze di servizio che non erano neppure rientrate ai paddock. Punteggio dimezzato per tutti e seconda vittoria in F.1 per Laith Pharaon (la prima un anno fa in Malesia, a Johor Bahru), un altro che arriva dall'offshore, al comando al momento dell'incidente davanti a Cantando, Dessertenne e Roggiero.
Ma a chi interessava più? A nessuno, certo, se non fosse che, al di là della tragedia, c'è qualcosa che merita di essere raccontato. Dopo i primi 5 giri in regime di bandiera gialla, infatti, Guido Cappellini, ancora leader dopo la pole del giorno prima, la 47.a della carriera, ha lasciato improvvisamente la compagnia avviandosi al pontone. Un balzo giù dal catamarano biancorossoverde con il n.1 del Team Zepter e un attimo dopo era davanti alla tenda della giuria. Per dire in faccia, a muso duro, agli uomini dell'Uim e dell'organizzazione quello che, più tardi, avrebbero confermato quasi tutti (non proprio tutti) gli altri piloti: "In acqua io non ci vado più. Ho già rischiato a Sharjah, qui è uguale: non ci si vede niente. Non rischio la pelle e, in queste condizioni, non la rischierei neppure se non avessi ancora vinto il Mondiale".
Le altre barche, intanto, continuavano a girare, mentre si consultavano i regolamenti e nessuno pareva avere il coraggio di prendere una decisione. Che, finalmente, arrivava dopo 22 giri (10 dei quali condotti al trotto con la bandiera gialla esposta), in un silenzio assordante. Lo stesso che ovattava la cerimonia di premiazione con timidissimi applausi e il gala serale, sfrondato di ogni cerimonia. Proprio come era avvenuto un anno fa, su queste stesse acque, per la morte del russo Victor Kounitch - un groviglio di imbarcazioni alla prima boa dopo l'accelerazione del semaforo verde - e come accadde nel 1992 quando il primo appuntamento della F.1 ad Abu Dhabi fu funestato dalla tragedia che troncò la vita all'inglese John Hill. Una maledizione
ABU DHABI, 21 dicembre 2002 - Lo sport italiano e la motonautica italiana vincitutto piangono un altro dei suoi uomini. Non un campione di cui tutti conoscono il nome, ma forse un atleta da ammirare ancora più degli altri perché allo sport, in questo caso alla F.1 dell'acqua, aveva regalato la cosa che amava di più: la passione. Vincenzo Polli, 37 anni lo scorso 10 marzo, imprenditore tessile di successo nella vita, in motonautica - sulla spinta dello zio Edoardo - aveva esordito nel Mondiale offshore (l'attuale Classe 1) nel 1989, mentre alla F.1 inshore era approdato solo sul finire della passata stagione, proprio con le due ultime gare negli Emirati.
Ad Abu Dhabi, venerdì pomeriggio, con la luna piena già alta in cielo, ha perso la vita, dopo 12 giri di corsa, già doppiato, con Cappellini lontano, là davanti a confermare la pole n. 47 della carriera, speronato nell'avvicinamento alla boa n. 2 dall'irruento svedese Jari Honkala. Un urto tremendo (per Honkala qualche ammaccatura e la frattura di un braccio) che, però, non aveva subito fatto temere il peggio. Polli, rianimato una prima volta durante la corsa verso l'ospedale, ha invece perso la vita per un (probabile) successivo arresto cardiocircolatorio quando era già ricoverato nel reparto di terapia intensiva.Un lutto che ha annichilito il mondo del Circo Blu, togliendo il fiato e l'anima a tutti. A chi tentava di spiegare l'incidente, ai molti che si chiedevano il perché. Il solito perché dell'attimo dopo, ma comunque sempre troppo tardi. Perché qualche risposta la si può dare, si può tentare di darla, ce la si poteva dare prima. Come l'orario d'inizio della prova che concludeva il Mondiale, con il sole dritto dritto negli occhi o negli specchietti - così facile dimenticare quello che, solo una settimana prima, era accaduto a Sharjah? - o il percorso accorciato rispetto alle edizioni degli anni passati che favoriva, ha favorito, l'ammucchiarsi di piloti, ad ogni virata. Polli, com'era nel suo carattere anche al di fuori della barca, si stava avvicinando alla boa quasi con prudenza, sicuramente con circospezione. Quella che non ha avuto Honkala che ha puntato in pieno lo scafo arancione con il numero 6, distruggendo la capsula di sicurezza. Bandiera gialla e, dopo un arco di tempo che pareva e sicuramente è stato interminabile, la bandiera rossa. Gara sospesa per "visibilità ridotta e, dunque, mancanza delle condizioni di sicurezza", con le due ambulanze di servizio che non erano neppure rientrate ai paddock. Punteggio dimezzato per tutti e seconda vittoria in F.1 per Laith Pharaon (la prima un anno fa in Malesia, a Johor Bahru), un altro che arriva dall'offshore, al comando al momento dell'incidente davanti a Cantando, Dessertenne e Roggiero.
Ma a chi interessava più? A nessuno, certo, se non fosse che, al di là della tragedia, c'è qualcosa che merita di essere raccontato. Dopo i primi 5 giri in regime di bandiera gialla, infatti, Guido Cappellini, ancora leader dopo la pole del giorno prima, la 47.a della carriera, ha lasciato improvvisamente la compagnia avviandosi al pontone. Un balzo giù dal catamarano biancorossoverde con il n.1 del Team Zepter e un attimo dopo era davanti alla tenda della giuria. Per dire in faccia, a muso duro, agli uomini dell'Uim e dell'organizzazione quello che, più tardi, avrebbero confermato quasi tutti (non proprio tutti) gli altri piloti: "In acqua io non ci vado più. Ho già rischiato a Sharjah, qui è uguale: non ci si vede niente. Non rischio la pelle e, in queste condizioni, non la rischierei neppure se non avessi ancora vinto il Mondiale".
Le altre barche, intanto, continuavano a girare, mentre si consultavano i regolamenti e nessuno pareva avere il coraggio di prendere una decisione. Che, finalmente, arrivava dopo 22 giri (10 dei quali condotti al trotto con la bandiera gialla esposta), in un silenzio assordante. Lo stesso che ovattava la cerimonia di premiazione con timidissimi applausi e il gala serale, sfrondato di ogni cerimonia. Proprio come era avvenuto un anno fa, su queste stesse acque, per la morte del russo Victor Kounitch - un groviglio di imbarcazioni alla prima boa dopo l'accelerazione del semaforo verde - e come accadde nel 1992 quando il primo appuntamento della F.1 ad Abu Dhabi fu funestato dalla tragedia che troncò la vita all'inglese John Hill. Una maledizione