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Visualizza Versione Completa : Presidenza UE, Pannella: il candidato della sinistra Tony Blair traditore di libertà



santiago
19-09-09, 13:07
Le iniziative del Partito Radicale Transnazionale per “aiutare” la democrazia, a partire dalla democrazia americana ad accettare la verità. La vera alternativa era tra “Iraq libero!” o guerra.

santiago
19-09-09, 13:08
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Bush e Blair hanno mentito, negato la verità per imporre la guerra?
Le iniziative del Partito Radicale Transnazionale per “aiutare” la democrazia, a partire dalla democrazia americana ad accettare la verità. La vera alternativa era tra “Iraq libero!” o guerra.
Bush e anche Blair vollero la guerra preparata dalla falsa alternativa del pacifismo.
Satyagraha: il Partito Radicale fu battuto con la menzogna e il tradimento del giuramento di fedeltà agli Stati Uniti da parte di Bush.
Per scongiurare altre guerre in minacciato arrivo serve amore e forza della verità: Satyagraha



19/01/2003 Marco Pannella annuncia a Radio Radicale il lancio dell’iniziativa “Iraq libero! Unica alternativa alla guerra”
Marco Pannella nella conversazione settimanale lancia la proposta dell'esilio di Saddam, unita subito a quella di un governo di transizione dell'Onu:
«(...) Da alcune agenzie leggo che da alcuni giorni si fa strada, sul piano delle ipotesi e del dibattito, una posizione che può anche essere - d’altra parte lecitamente - soprattutto propagandistica o strumentale, ma che, al di là delle intenzioni, mi pare essere importante e che credo mi consenta di cogliere l’occasione di questo nostro dialogo per fare una proposta formale, politica. Mi assumo la responsabilità di farla come Presidente del Senato del Partito radicale transnazionale, in attesa di poter raggiungere Emma e gli altri per vedere se questa proposta sarà immediatamente fatta propria e diverrà esecutiva per il partito. Diversi titoli di agenzie dicono questo: «anche da parte americana si afferma che se Saddam va in esilio non ci sarà guerra e non ci sarà più nessun problema». Semplicistica o no è una tesi che rimbalza anche in Egitto. Ci sono state da parte di personalità delle dichiarazioni del genere, ma più come constatazione o riflessione che come obiettivo che viene assunto da qualcuno. Ecco, il Partito radicale transnazionale credo che lo possa assumere. D’urgenza. Vediamo allora che cosa, perché e qual è la proposta che dobbiamo fare e spero che tutti i radicali e tutti gli ascoltatori che fossero d’accordo trovino ciascuno il modo di armarsi un po' di questa proposta per affermare le proprie idee attorno a se stessi e servendo eventualmente il dibattito (…). Se c’è un dittatore feroce, nazicomunista, assassino e via dicendo, noi diciamo che il problema è delle donne e degli uomini irachene, perfino di quei bambini che ci vengono cattolicamente diffusi dappertutto, vittime del sabotaggio che è dell’Onu e non americano (...). Bene, occorre allora usare un'arma di attrazione di massa - in buona fede, con convinzione - anche contro Saddam e quindi anche contro chi vuole la guerra per altri motivi da quelli che lo stesso Bush dichiara, proclama. Noi diciamo che a questo punto l’Onu deve assicurare la transizione, fra Saddam che va in esilio e l’instaurazione di un regime fondato sulle leggi, sulla carta dell’Onu, cioè sui diritti politici e umani- perfino in Italia noi avevamo il governo militare alleato che in alcuni momenti gestiva la realtà italiana che a mano a mano veniva liberata dai tedeschi. Questo comporta un’opera anche di governo, di amministrazione. Io propongo a questo punto che si annunci agli iracheni, alla classe dirigente, a tutti, che se Saddam va in esilio l’Onu può assumere questa missione di governo, di commissariamento della Repubblica irachena per due anni, avendo come commissari grandi statisti - io penso all’ex presidente finlandese o Rocard - con equipe adeguate, ma sarà solo un problema tecnico individuare chi sia necessario (...)».




20/01/2003 Primo comunicato di Pannella da Bruxelles (in tre lingue), diretto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu

«Tra, da un lato, i sostenitori della pace ad ogni costo, eredi di chi affermava di “Morire per Danzica mai!” o “Meglio rossi che morti” e degli appelli "pacifisti" e comunisti alla diserzione di fronte all'esercito hitleriano o davanti ai terroristi del regime talebano, e, dall'altro, delle azioni pericolose e forse non necessarie dei fautori della soluzione militare, della guerra, che metta un punto finale alla minaccia rappresentata dal regime di Baghdad, emerge un'evidenza accecante: in Iraq e per l' Iraq, cosi come per l'insieme del Medio Oriente e del mondo intero, la vera e duratura alternativa, oggi, non è “la guerra o la pace”, ma “la guerra o la libertà, il diritto, la democrazia e la pace”.
Ci rivolgiamo quindi alla Comunità internazionale, alle Nazioni Unite in primo luogo, perché facciano proprie, immediatamente, le affermazioni secondo cui l'esilio del dittatore Saddam Hussein cancellerebbe, per gli Stati Uniti stessi, la necessità della guerra, costituendo il punto di partenza per una soluzione politica della questione irachena.
Chiediamo al Consiglio di Sicurezza che decida da subito - partendo dal presupposto dell'uscita di scena di Saddam e sulla base dei poteri conferitigli dalla Carta dell'ONU - di porre l'Iraq sotto un regime di Amministrazione fiduciaria internazionale (un governo democratico), affidando ad un uomo di stato di altissimo livello il compito di predisporre, entro un termine di due anni, le condizioni di un pieno esercizio dei diritti e delle libertà per l'insieme degli iracheni, donne ed uomini, come esige la Carta dei Diritti fondamentali delle Nazioni Unite.
Lanciamo un appello alle donne e agli uomini di buona volontà perché si organizzino e si mobilitino d'urgenza, in tutto il mondo, perché questa semplice verità, vecchia come la democrazia e la libertà, trionfi! Perché la libertà, il diritto, la democrazia e la pace vincano sulla dittatura e sulla guerra!».


21/01/2003 Pannella commenta Frattini
Marco Pannella tiene una conferenza stampa a Milano sulla proposta del Prt di una possibile soluzione
per la guerra in Iraq: «Alle due di notte italiane il Ministro degli Esteri del governo italiano, Frattini,
senza citare in modo esplicito l’iniziativa “Iraq Libero!”, ha già corrisposto - ho motivo e ragione di ritenere che sia più che un segnale - alla nostra proposta. Vedo da un'Ansa delle tre, in un dispaccio da New York, che Frattini dice che «l'Italia è pronta a dare appoggio alla costruzione democratica e umanitaria dell'Iraq del dopo Saddam. Diamo atto, do atto, al Ministro Frattini di avere in questo momento, non casualmente, raccolto la nostra proposta».


24/01/2003 Parte una seconda e-mail con un testo di Pannella, che poi si aggiungerà al testo dell’appello iniziale
«“Governo provvisorio”, amministrazione insediata e controllata dall'Onu con il mandato, a tempo, di assicurare agli iracheni quei diritti democratici, di libertà politica e umani, che una montagna di dichiarazioni, carte, trattati e convenzioni, da quasi 60 anni vanno scrivendo e pre-scrivendo come diritto fondante la comunità internazionale, umana, e troppo spesso sono, anche per l'Onu, letteralmente "lettera morta". È questo il cammino per giungere alla Organizzazione Mondiale della Democrazia/delle Democrazie (…). QUESTA ALTERNATIVA È NON SOLAMENTE E PRINCIPALMENTE ALLA GUERRA, LO È ANCHE ALLO STATUS QUO, NON ALTRO CHE CRIMINALE, PERICOLOSISSIMO, INTOLLERABILE. Quanto alla pretesa infondatezza dell'obiettivo dell'"esilio" di Saddam, obiettivo e strumento della nostra proposta, non è che obiezione di senso comune e di scarso buon senso, se facciamo salva la buona fede di chi la sostiene (…) . Saddam deve scegliere fra la morte, per guerra o più probabilmente per "golpe", in un bunker "berlinese" o assieme a decine di migliaia di suoi militari e di civili che vuole ammassare a Baghdad come cinico e inutile deterrente, o la via di fuga protetta che suggeriamo. Il suo biografo francese, Pierre-Jean Luizarde, ha proprio ieri espresso la convinzione che Saddam potrebbe proprio optare per questa scelta (…)».


28/01/2003 Adesioni all’appello:
Adesioni di 2.600 cittadini da 57 paesi; sottoscrivono l'appello anche 40 parlamentari italiani, 20 di centro-destra e 20 di centro-sinistra.


29/01/2003 Marco Pannella al Parlamento europeo
«Signor Presidente, signor Alto rappresentante, signor Commissario, colleghe e colleghi, mi pare pacifico: “No alla guerra”. Vedete qualcuno che gira dicendo: “Sì alla guerra”? Tutti – il Papa, l’antipapa, i comunisti, i fascisti, tutti – dicono: “No alla guerra”. Ma qual è l’alternativa al “No alla guerra”? (...). L’Europa propone quale obiettivo? L’alternativa alla distruzione che si chiama guerra, di cosa è fatta, per noi e per voi? L’alternativa c’è, e non è la pace; la pace c’è (...). Noi radicali abbiamo lanciato una proposta: in quattro giorni, da sessantasei paesi abbiamo ricevuto un “sì”; in Italia, fino a questo momento, l’abbiamo avuto da cinquantasette parlamentari, metà di centrosinistra, metà di centrodestra, tra i quali l’ex Presidente del Consiglio Andreotti e altre personalità. Cosa diciamo, cosa sottoponiamo anche a voi? L’alternativa si chiama “democrazia”, l’alternativa si chiama “diritto” e “diritti”, l’alternativa consiste nel rendere finalmente vigente la legge scritta internazionale – che è vigente, ma non vige (...) – quella legge internazionale che nell’assieme ha ormai individuato una sorta di diritto soggettivo alla libertà e alla democrazia degli esseri viventi in questo paese, e per “questo paese” intendiamo il paese globale. Abbiamo la possibilità di scegliere che cosa vuole l’Unione europea, se c’è la guerra o se non c’è la guerra, se Saddam (...) si dimette sostanzialmente con un salvacondotto fino al luogo del suo esilio (...). Ma quello che possiamo e dobbiamo fare è sapere che l’ONU, il Consiglio di sicurezza hanno l’obbligo di intervenire. Non si tratta di cambiare il dittatore, bensì di cambiare regime. È necessario in quell’area del mondo, dove la pistola puntata, bene o male, alla tempia di Saddam gli dà ora la possibilità solo di scegliere fra cadere in un golpe che stanno preparando i suoi intimi, spararsi, uccidersi in un bunker, morire in mezzo a un massacro, o andare via, com’è successo a molti dittatori, accompagnato altrove. Questa è la proposta, l’alternativa alla guerra (...) e precisamente: “governo provvisorio” dell’ONU per due o tre anni, fino a stabilire i diritti fondamentali in quel paese, un governo con il compito di rendere ai cittadini iracheni e al Medio Oriente quanto dei loro diritti è tolto con violenza. Questa è la proposta che noi avanziamo, e agli altri diciamo: “Pace assoluta, pace eterna”. «Mi pare che noi scegliamo un’altra cosa: essere vivi nella libertà, nel diritto, nella costruzione di una vita che meriti di essere vissuta e non tale da essere solo impietrita dinanzi al terrore della morte».


29/01/2003 Interventi alla radio di Frattini: «Sono poco convinto…»
«Come è emerso, questa proposta è progressivamente apparsa come irrealizzabile. Sarebbe ovviamente una ipotesi di soluzione quella di realizzare queste due condizioni (...) ma io sono personalmente poco convinto che questo possa accadere, non vedo perchè questo regime dittatoriale, che questa mattina ha fatto dire ad un uomo del governo che loro colpiranno il primo stato che aiuta l'eventuale azione militare, possa pensare ad andare in esilio».


01/02/2003 Adesioni all’appello:
Raggiunte le 5000 firme. Sottoscrivono l'appello anche:
Giulio Andreotti, senatore a vita ed ex presidente del Consiglio: «La proposta di Pannella è buona e interessante. Marco ha fatto in passato delle proposte che sembravano paradossali, ma dobbiamo dire che quando ha fatto la campagna sulla fame nel mondo fece conoscere questo problema e portò a fare delle leggi, buone o cattive che fossero. Riuscì a muovere la opinione pubblica».
Margherita Boniver, sottosegretario agli Esteri: «L'amministrazione Onu proposta da Pannella ha funzionato in passato e varrebbe la pena di poter lavorare perché questo sogno si avveri».
Lamberto Dini, ex ministro degli Esteri: «Sarebbe una buona soluzione, se Saddam dovesse uscire di scena, anche nel caso dovesse essere rovesciato a seguito di un'azione militare, dovrà esserci un'amministrazione civile che non può essere che delle Nazioni Unite», che «rimangono il punto focale di questa situazione».
Giuseppe Ayala, Enrico Morando, Franca Chiaromonte, Franco Grillini, Ds; Thierry Jean-Pierre, parlamentare europeo Ppe, Comitato “Iraq Libero!” (Danimarca); Alessandro Battistini; Cinzia Dato, Enzo Bianco, Margherita; Marco Boato, Stefano Boco, Verdi; Cesare Marini, Sdi; Alfredo D'Ambrosio, Udeur; Alfredo Biondi, vicepresidente della Camera, Fabrizio Cicchitto/, Vittori Sgarbi, Carlo Taormina, Forza Italia; Gianfranco Pittelli, Mario Landolfii, An; Fiorello Provera, Lega Nord; Amedeo Ciccanti, Michele Ranieri, Udc; Riccardo di Segni, abbino capo di Roma; Luca Barbareschi, attore; Alessandro Haber, attore; Vasco Rossi, cantante; Eugenio Bennato, cantante; Ennio Morricone, compositore; Nantas Salvalaggio, scrittore e giornalista; Luciano De Crescenzo, scrittore e filosofo; Giorgio Bocca, giornalista e scrittore; Giuliano Ferrara, giornalista; Miriam Mafai, scrittrice: «Cara Emma, c'è qualche termine che non condivido del tutto, ma condivido l'iniziativa. Dunque firmo il tuo appello».
Andrè Glucksmann, filosofo francese: «Avrei preferito che il Consiglio di sicurezza all'unanimità esigesse l'esilio di Saddam Hussein. Forse sarebbe stato possibile ottenerlo con una forte minaccia militare. Purtroppo la Francia, la Germania e le manifestazioni pacifiste hanno incoraggiato Saddam a credersi protetto». «Pacifisti, siete ipocriti. Tacete i crimini del raìs», Glucksmann dà una sua interpretazione del pacifismo delle piazze, partendo da un particolare slogan che lo ha colpito: «Fate il the e non la guerra». «Io lo traduco non come "voglio la pace" ma come "voglio che mi lascino in pace, voglio dormire tranquillo dopo una buona tazza di the"».
Renato Farina, giornalista: «Lo status quo è intollerabile. L'esilio di Saddam è a questo punto l'unico realistico e pacifico modo per evitare sangue e terrorismo, ampliando i confini dei diritti della persona umana».
Bill Emmott, Editor-in-chief dell'Economist: «Dear Emma Bonino Thanks; I agree entirely about the post-Saddam Iraq. best wishes Bill Emmott».
Kok Ksor, presidente della Montagnard Foundation Inc.: «I believe this is the only way to void bloodshed of innocent Iraqi people and to establish a true democracy in Iraq»."Fate il the e non la guerra". «Io lo traduco non come "voglio la pace" ma come "voglio che mi lascino in pace, voglio dormire tranquillo dopo una buona tazza di the"».
Renato Farina, giornalista, «Lo status quo è intollerabile. L'esilio di Saddam è a questo punto l'unico realistico e pacifico modo per evitare sangue e terrorismo, ampliando i confini dei diritti della persona umana».


04/02/2003 Adesioni all’appello:
6190 adesioni da 75 paesi. Sottoscrivono l'appello anche Gaetano Pecorella, Presidente della commissione Giustizia della Camera; Walter Veltroni, Sindaco di Roma: «Il nostro no alla guerra deve sapere accompagnarsi ad una proposta positiva in grado di indicare un futuro di pace e libertà per i popoli della regione. Il regime di Saddam Hussein, come tutti quelli responsabili di violazioni di diritti umani e del diritto internazionale, può e deve essere contrastato dalle Nazioni Unite e dalla comunità internazionale con i numerosi strumenti offerti dal diritto, dalla legalità e dalla giustizia penale internazionale».


05/02/2003 Colin Powell all’ONU
In una relazione dettagliata, per punti, documentata con intercettazioni telefoniche e foto satellitari, Colin Powell ha cercato di dimostrare al Consiglio di Sicurezza la materiale violazione, da parte dell'Iraq, della risoluzione Onu 1441. Cina, Russia e Francia frenano (notizia di agenzia).

santiago
19-09-09, 13:09
Proposte di De Villepin al Consiglio di Sicurezza dell'ONU
- Raddoppiare o triplicare il numero di ispettori ed aprire più uffici regionali. Stabilire, inoltre, un ente
specializzato per sorvegliare i siti e le zone già ispezionate.
- Aumentare notevolmente le risorse per il monitoraggio e la raccolta di dati/informazioni sul territorio
iracheno. La Francia è pronta a fornire tutto il suo sostegno attraverso l'uso dell'aereo di osservazione
Mirage IV.
- Stabilire collettivamente un centro di coordinamento e di elaborazione di informazioni che fornirebbe
a Blix e El Baradei, in tempo reale ed in modo coordinato, tutte le risorse di cui potrebbero avere
bisogno.
- Mettere tutte le questioni relative al disarmo non ancora risolte in una lista, in ordine d' importanza .
-Definire, con il consenso dei responsabili dei gruppi d'ispettori, un esigente e realistico calendario per
andare avanti nell'affrontare e nell'eliminare i problemi. Ci devono essere aggiornamenti regolari sui
progressi che vengono fatti relativi al disarmo dell'iraq.
- Un coordinatore dell'ONU per il disarmo in iraq, dislocato in iraq sotto la direzione dei sign. Blix e
ElBaradei, sarebbe un utile complemento a questo intensificato regime d'ispezioni e monitoraggio.
Ma l'Iraq deve collaborare in modo vigoroso e deve aderire alle richieste dei sign. Blix e del Dr.
ElBaradei, in particolare:
- alla richiesta del permesso di organizzare riunioni con scienziati iracheni senza la presenza di altri
testimoni.
- alla richiesta che venga accettato l'utilizzo di U2 per compiere voli di osservazione.
- alla richiesta che venga adottata un'adeguata legislazione che proibisca la fabbricazione di armi di
distruzione di massa.
- alla richiesta di ricevere immediatamente tutti i documenti relativi alle questioni non risolte
concernenti il disarmo, in particolare nel settore bio-chimico, affinché gli ispettori possano analizzarli; i
documenti che sono già stati ricevuti il 20 Gennaio non rappresentano un passo nella buona direzione.
Le 3000 pagine di documenti scoperti a casa di un ricercatore dimostrano che Baghdad ha ancora molta
strada da fare. In assenza di documenti, l'Iraq deve essere in grado di presentare prove affidabili.



06/02/2003 Dichiarazioni di Bush
Il presidente George W. Bush, dopo un incontro con il segretario di stato Colin Powell alla Casa Bianca ha dichiarato che gli Stati Uniti sono favorevoli a una nuova risoluzione delle Nazioni Unite purché essa mostri determinazione e preveda l'uso della forza (notizia di agenzia).
Un gruppo di intellettuali arabi ha fatto circolare una petizione per richiamare l'attenzione della pubblica opinione sull'opzione di una deposizione dei poteri da parte di Saddam. Nel documento vi era un espresso richiamo alla necessità di instaurare un governo democratico a Baghdad, supervisionato da personale ONU e della Lega Araba che controllasse l'effettività della transizione pacifica verso la democrazia (da The Daily Star, MEMRI: The Middle East Media Research Institute (http://www.memri.org)).

07/02/2003 Incontro Fisher-Sodano
Il ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer, ha incontrato stamani in Vaticano il Papa, il segretario di Stato card. Angelo Sodano e il ministro degli esteri della Santa Sede Jean Louis Tauran. Fischer ha sottolineato la convergenza di intenti tra Germania e Vaticano sulla crisi irachena: faranno tutto quanto è possibile perché venga applicata dall'Iraq la risoluzione 1441 dell'Onu senza ricorso ad una guerra (notizia di agenzia) Dalla base di Aviano, in Italia, il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Donald Rumsfeld, parlando ai soldati ha assicurato che la guerra in Iraq, se ci sarà: «Durerà sei giorni, forse sei settimane, non certamente sei mesi», ma che «con la guerra contro l'Iraq non si concluderà di certo la lotta degli Stati Uniti contro il terrorismo» (notizia di agenzia). Berlusconi ha sottolineato la necessità di esercitare in modo compatto una pressione su Saddam allo scopo di evitare la guerra: «Solo una pressione internazionale convincerà Saddam Hussein ad andare in esilio» (notizia di agenzia). Conferenza stampa di Donald Rumsfeld e Antonio Martino. Secondo il ministro italiano: «Se la risoluzione 1441 fosse violata sarebbe uno "smacco" per l'Onu». Per Rumsfeld sono ormai falliti gli sforzi diplomatici (RadioRadicale.it (http://www.radioradicale.it)).

Adesioni all’appello:
8483 adesioni da 96 paesi. Sottoscrivono l'appello anche:
Massimo De Angelis giornalista (Avvenire): «L'interrogativo è perché la sinistra non ha abbracciato con forza la via prospettata da Marco Pannella. oggi tale posizione è stata appoggiata nella leadership del centrosinistra solo da Walter Veltroni, eppure essa avrebbe potuto far quadrare i conti, diradare molte ombre, e tutto sommato avrebbe potuto (o potrebbe ancora?) rappresentare una valida soluzione».
Francesco Rutelli; Adriano Sofri: «Per parte mia ho aderito alla proposta di Pannella. Si manifesti contro chi vuole la guerra, perché Saddam se ne vada, perché l'Iraq diventi libero e padrone di sé» (da l'Unità); Francesco Cossiga, senatore a vita ed ex presidente della Repubblica: «Perché il governo italiano non fa propria l'iniziativa dell'on. Pannella e, anche facendo pronunziare in tal senso il Consiglio Europeo, non richiede al Consiglio di sicurezza di costruire e realizzare il pacifico esilio di Saddam Hussein, con garanzia da parte del Consiglio di sicurezza stesso?»; Franco Marini- ex segretario Ppi; Pierluigi Castagnetti- capogruppo alla Camera.

08/02/2003
Per Donald Rumsfeld la crisi irachena potrebbe avere una soluzione pacifica se Saddam Hussein decidesse di lasciare il paese. Ma l'unica chance per una soluzione pacifica è dimostrare che le nazioni libere in caso di necessità sono pronte ad usare la forza (notizia di agenzia).

09/02/2003 Adesioni all’appello:
Adesione di 10.962 cittadini da 104 paesi ; 136 parlamentari italiani, 65 di centro-destra, 66 di centro-sinistra e i 5 senatori a vita.
Sottoscrivono l'appello anche Enrico Boselli (SDI), Sandro Bondi (FI), Domenico Fisichella (AN).
Berlusconi parla della crisi in Iraq agli Stati generali di Forza Italia. Tra le soluzioni possibili emerge anche la possibilità di una risoluzione per garantire immunità ed esilio per Saddam (notizia di agenzia).


10/02/2003
A pochi giorni dal vertice straordinario dell'Ue, Chirac ha letto una dichiarazione congiunta Francia-Russia-Germania: disarmo nella pace tramite il rafforzamento delle ispezioni (notizia di agenzia).
Donald Rumsfeld si è espresso ancora una volta con toni duri, nei confronti di Francia, Belgio e Germania, che avevano espresso la possibilità di un veto in sede Nato per evitare immediati piani di difesa della Turchia da parte dell'Alleanza in caso di attacco all'Iraq: “Il contrasto all'interno della Nato non impedirà agli Stati Uniti di agire contro l'Iraq e non minaccia la sopravvivenza a lungo termine dell'Alleanza atlantica” (notizia di agenzia).

12/02/2003
Per Prodi, la guerra è l'ultima soluzione, dopo averle tentate tutte, ed è necessario trovare il "filo comune" di un'azione diplomatica europea (notizia di agenzia).
Nato: non c'è accordo, ma si ragiona sul compromesso di Robertson, che ha presentato un documento di mediazione che dovrebbe far superare le resistenze di Francia, Russia, Germania, Belgio sull'incremento di basi in Turchia in previsione del conflitto (da Rai.it - Homepage (http://www.obiettivoiraq.rai.it)).

Secondo il ministro degli esteri Franco Frattini c'è ancora una speranza, tenue, che la pressione internazionale possa convincere le autorità irachene ad adempiere all'obbligo di disarmare a cui si è sottratto da ben 12 anni" (notizia di agenzia).



13/02/2003
In un'audizione alla Camera, il segretario di stato Usa Colin Powell ha comunicato che si sta studiando «dove, con quali protezioni e come esattamente mettere in atto questa operazione». È la prima volta che la Casa Bianca ammette, ai massimi livelli, che non sta solo "incoraggiando" raìs a lasciare il Paese per evitare la guerra, ma che sta attivamente elaborando l'ipotesi del suo esilio. «Non ne stiamo solo discutendo, siamo in contatto con una serie di paesi che si sono dimostrati disponibili a far arrivare questo messaggio al regime iracheno: che il tempo è oramai scaduto e che un modo per evitare molta sofferenza è che il regime lasci il potere...Saddam Hussein e i suoi accoliti», spiega Powell. «È una soluzione che evita un sacco di problemi...dovrebbe comprendere lui e i suoi maggiori collaboratori. Vorremmo eliminare l'intera infezione e poi andare avanti nel processo di guarigione» (notizia di agenzia).


14/02/2003 Marco Pannella invia una e-mail a tutto l’indirizzario radicale
«Abbiamo testé finito di ascoltare la relazione del Capo degli Ispettori Blix. Mi assumo le responsabilità, prima di ascoltare qualsiasi altrui commento politico, di dare fra un attimo una dichiarazione molto positiva dell’evolversi della situazione, nella direzione da noi per primi auspicata (...). La nostra lotta quindi deve continuare e raddoppiare di forza (...)».


15/02/2003 Prima riunione dei ministri degli esteri della Lega araba
Dichiarazione di Blix ed El Baradei: «Da quando siamo arrivati in Iraq abbiamo condotto oltre 400 ispezioni in più di 300 siti. Tutte le verifiche sono state compiute senza preavviso e l'accesso è stato quasi sempre immediato. In nessun caso abbiamo visto prove convincenti che gli iracheni sapessero in anticipo del nostro arrivo (...) Se le armi ci sono, vanno distrutte, altrimenti bisogna presentare prove credibili della loro distruzione» (notizia di agenzia).

Ciampi appoggia l'azione del governo Berlusconi nella crisi irachena, che si incardina nelle tradizionali e costanti linee di politica estera italiana. Berlusconi apprezza e condivide (notizia di agenzia).

Pannella: chiedo con Emma Bonino formalmente incontro con il governo in tempi utili in vista
del consiglio europeo di lunedì e del consiglio di sicurezza di martedì
Dal cimitero di guerra inglese di Rivotorto d’Assisi, (cioè dalla pressoché assoluta clandestinità cui il
comportamento del sistema televisivo Ucigrai-Mediaset ha costretto la manifestazione radicale
attualmente in corso), Emma Bonino ha già ufficialmente richiesto un incontro assolutamente urgente
al Presidente del Consiglio, al Governo nelle ore residue ancora utili per la riunione del Consiglio
Europeo di lunedì 17 e del Consiglio di Sicurezza di martedì.
Comprendiamo che anche il Governo, come le forze politiche, siano vittime del totale ostracismo, del
silenzio totale realizzato dal 20 gennaio ad oggi sull’iniziativa che attualmente unisce personalità e
gruppi militanti da 123 Paesi e in Italia 270 parlamentari equamente suddivisi fra quelli di maggioranza e
quelli di opposizione.
Non un solo minuto infatti, di approfondimento, di dibattito e di effettiva informazione da allora è
stato consentito all’opinione pubblica, al “popolo sovrano”.
Ci permettiamo di dire, umilmente ma anche con la forza che deriva dalla considerazione nota del
nostro progetto da parte delle principali cancellerie dei Paesi democratici, che si rischia di dissipare
un’occasione unica per l’Italia di governare la crisi europea e della Nato, con obiettivi che possono
ricompattare la posizione francese, belga e tedesca con quella britannica, italiana e degli altri 8 Paesi
europei, probabilmente così incontrando obiettivi attualmente propri anche della maggioranza dei paesi
mediorientali.
Onestà ci impone di dire che anche chi governa la politica di opposizione in Italia lo fa in modo non
dissimile e con una sufficienza e una superficialità che almeno in parte può essere giustificata da
prudenze istituzionali e diplomatiche del Governo italiano.
Occorre immediatamente immaginare lo strumento parlamentare che traduca in scelta del Parlamento e
un impegno dell’esecutivo il progetto volto ad assicurare oltre al disarmo anche la democrazia (cioè la
fine del massacro di centinaia di migliaia di iracheni).
Rivolgiamo a tutti un invito a dedicare questa giornata di manifestazione “per la pace” in concreta
operatività, urgente e necessaria.


16/02/2003
L'inviato del Papa Giovanni Paolo II, Etchegaray, si è recato in visita ufficiale da Saddam Hussein, ma non sono trapelati i contenuti del colloquio (da il Sole 24 Ore).

Adesioni all’appello:
Adesione di 16.592 cittadini; 244 parlamentari italiani, 122 di centro-destra, 120 di centro-sinistra.

Conversazione Pannella-Bordin
Alla vigilia del Consiglio Europeo Marco Pannella afferma che «la nostra proposta può riunificare la
posizione europea. So che all’Eliseo si è attenti a questa nostra proposta. Per quanto riguarda
l’amministrazione americana Enrico Jacchia, con le sue professioni, con le sue conoscenze, è andato lì
ed ha tenuto a dire a Radio Radicale che nell’amministrazione di Washington ha trovato molta simpatia
e conoscenza della nostra proposta. E posso dire senz’altro che al congresso laburista in corso, vi è chi
conosce la nostra posizione, ma certo tutti erano convinti che domani il governo italiano ci cavasse
dall’impaccio di non avere una posizione molto forte».
«Domani al Consiglio europeo l’avremmo potuta riunificare con la nostra proposta, perchè, torno a
dire, la posizione francese che dice “quintuplichiamo o quadruplichaimo il numero degli ispettori
e facciamoli accompagnare da una forza armata dell’Onu come scorte e non come esercito di
occupazione, e diamo il tempo a questo piccolo esercito di ispettori di fare il loro lavoro” a me
va benissimo, ma bisogna vedere 1) se Saddam accettava 2) se l’accettava la politica cogliona
americana (ci sono degli aspetti coglioni nella politica americana) che ha avuto fretta, paura, ha
spostato 250 mila uomini (e al contribuente americano costa questa roba); quello lì – che non è liberista
– Bush, ha portato il bilancio dello stato a delle vette che non si erano mai avute attraverso il
nutrimento di quel complesso militare industriale…
[…] Quindi mantenere ferma la nostra posizione: no all’intervento militare, ancora. Il nostro governo,
pur essendo governo, pur sapendo tante cose, non sa di non sapere e va disarmato dell’arma maggiore:
vediamo se riusciamo ad avere una rivoluzione alla Camera dei Deputati e al Senato, che recuperi, se c’è
ancora tempo, questa posizione “Iraq Libero”, l’ONU che insedia quello che in altre condizoni storiche
la grande america ha insediato in 4 anni nel grande Giappone, dopo la guerra.


17/02/2003 Messaggio di Kofi Annan e Consiglio europeo
«Noi come ONU abbiamo il dovere di esplorare tutte le possibilità di una risoluzione pacifica prima di ricorrere all'uso della forza. Spetta solo all'Onu disarmare Saddam» (da la Repubblica).

Consiglio europeo straordinario di Bruxelles
Il Consiglio europeo ha tenuto una riunione straordinaria per discutere la crisi irachena. I membri
hanno incontrato anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e il Presidente del
Parlamento europeo Pat Cox.
Riaffermiamo la validità delle conclusioni del Consiglio "Affari generali e relazioni esterne" del 27
gennaio e dei termini dell’iniziativa ufficiale del 4 febbraio 2003 riguardo all’Iraq. Il modo in cui sarà
gestita l’evoluzione della situazione in Iraq avrà importanti ripercussioni nel mondo per i prossimi
decenni. In particolare siamo determinati ad affrontare efficacemente la minaccia della proliferazione
delle armi di distruzione di massa.
Ribadiamo la centralità delle Nazioni Unite nell’ordine internazionale. Riconosciamo che spetta
anzitutto al Consiglio di Sicurezza la responsabilità del disarmo dell’Iraq. Ci impegniamo a fornire pieno
(continua)

santiago
19-09-09, 13:09
appoggio al Consiglio nell’esercitare le sue responsabilità.
L’obiettivo dell’Unione nei confronti dell’Iraq rimane il pieno ed effettivo disarmo in applicazione delle
pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare della risoluzione
1441. Vogliamo raggiungere questo obiettivo in maniera pacifica. È chiaro che è proprio questo che
vogliono i popoli d’Europa.
La guerra non è inevitabile. L’uso della forza dovrebbe essere solo l’ultima risorsa. È il regime iracheno
che deve porre fine a questa crisi ottemperando alle richieste del Consiglio di Sicurezza. Ribadiamo il
pieno sostegno all’attuale missione degli ispettori ONU. Essi devono disporre del tempo e delle risorse
ritenuti necessari dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Tuttavia le ispezioni non possono
durare indefinitamente in mancanza di una totale cooperazione da parte dell’Iraq che deve fornire
anche tutte le informazioni specifiche e supplementari sulle questioni sollevate nelle relazioni degli
ispettori.
Bagdad non si deve illudere: deve disarmare e cooperare immediatamente e pienamente. L’Iraq ha
un’ultima opportunità per risolvere la crisi in modo pacifico. Il regime iracheno sarà il solo responsabile
delle conseguenze se continua a beffarsi della volontà della comunità internazionale e non coglie
quest’ultima occasione.
Riconosciamo che l’unità e la fermezza della comunità internazionale, espresse con l’adozione
all’unanimità della risoluzione 1441, e il concentramento delle forze militari sono stati fondamentali per
ottenere il ritorno degli ispettori. Questi fattori resteranno essenziali se vogliamo ottenere la piena
cooperazione che cerchiamo.
Opereremo con i paesi arabi e con la Lega araba. Li incoraggeremo, tanto insieme quanto
separatamente, a far comprendere a Saddam Hussein l’estremo pericolo di una valutazione errata della
situazione e la necessità di ottemperare integralmente alla risoluzione 1441. Esprimiamo sostegno alle
iniziative regionali avviate dalla Turchia con i paesi limitrofi dell’Iraq e con l’Egitto. In questo contesto
regionale, l’Unione europea riafferma di essere fermamente convinta della necessità di infondere nuovo
vigore al processo di pace in Medio Oriente e di risolvere il conflitto israelo-palestinese. Continuiamo a
sostenere una rapida attuazione della tabella di marcia avallata dal "Quartetto". Il terrore e la violenza
devono cessare, e così gli insediamenti. Le riforme palestinesi devono essere accelerate e, a questo
proposito, la dichiarazione del Presidente Arafat con cui annuncia che designerà un Primo Ministro è
un’iniziativa positiva nella giusta direzione. Nell’affrontare questi problemi è di vitale importanza l’unità
della comunità internazionale. Ribadiamo il nostro impegno a operare con tutti i nostri partner,
specialmente con gli Stati Uniti, per il disarmo dell’Iraq, per la pace e la stabilità nella regione e per un
futuro dignitoso per tutta la sua popolazione.


18/02/2003
Il 18 febbraio un gruppo di alti rappresentanti della chiesa americana, accompagnati dai colleghi britannici e da esponenti della chiesa anglicana, si sono incontrati col primo ministro inglese Tony Blair e il suo segretario di stato per lo sviluppo internazionale, Clare Short, per discutere alternative alla guerra. Ecco le possibili linee d'azione emerse dai colloqui:
rimuovere Hussein e il partito Baath dal potere;
perseguire un disarmo coercitivo e il raggiungimento della democrazia in Iraq;
organizzare un massiccio sforzo a sostegno immediato della popolazione irachena (dal Washington Post).

Le proteste del Kuwait sull'esito della riunione della Lega araba danno il polso della divisione del mondo arabo (Da BBC News, BBC NEWS | News Front Page (http://news.bbc.co.uk/)).


19/02/2003 La proposta radicale su “Iraq Libero!” in Parlamento
Viene fatta espressamente propria in una mozione presentata dall’UDC, sottoscritta da quasi tutti i gruppi parlamentari. Dopo una serie di vicende convulse, la mozione viene votata per punti e la parte della proposta radicale dedicata all’esilio per Saddam Hussein viene approvata a larghissima maggioranza (345 sì, 38 no, 52 astenuti). Pochi minuti dopo la conclusione del voto, Marco Pannella si presenta in sala stampa alla Camera per commentare l'esito del dibattito e afferma: «La nostra proposta è rivolta al Consiglio di sicurezza dell'ONU, affinché proceda ad instaurare una "amministrazione provvisoria" per assicurare la transizione democratica in Iraq, rendendo finalmente vigente la legge internazionale che prescrive il diritto umano alla libertà ed alla democrazia come diritto imprescindibile, storicamente acquisito. Dinanzi a questa prospettiva che si chiama “Iraq Libero!” strumentalmente suggerivamo che “Nessuno tocchi Saddam” ristabilendo l'istituto millenario dell'esilio, garantendogli non l'impunità, ma l'incolumità. Il voto del Parlamento è stato un momento indecoroso e basso. Ci sarà da fare per le antologie scolastiche il racconto di queste ore anche per ammonire del distacco sempre più grave che si va creando tra democrazia reale e democrazia legale. Siamo sempre più in una situazione di fascismo democratico».

«Tutto comincia di buon mattino. L’Udc decide di trasformare in mozione la proposta di Pannella. Obiettivo: alzare la bandiera centrista e dimostrare che è possibile, in Parlamento, trova un’intesa con l’opposizione. Luca Volonté, il capogruppo Udc, ci mette la firma. Salvo scoprire, a stretto giro di posta, che la cosa non piace al governo. «Abbiamo provato a spingere Saddam in esilio», mette a verbale il ministro degli Esteri, Franco Frattini, «ma abbiamo ricevuto una risposta inequivocabilmente negativa. Chiedo che la mozione venga ritirata».
Volonté chiede la parola: «Volevamo unire, non dividere, dunque ritiro». È il momento che attendeva l’opposizione. Enzo Bianco: «Chiedo che venga votata la mozione di Volonté». Alfredo Biondi, presidente di turno dell’aula, gli concede un sorrisetto di sufficienza: «Non può, una mozione altrui può essere usata solo da un capogruppo o da dieci deputati. Non si offenda, ma...».
Volonté fiuta lo scippo. «Non vorrei che qualcuno si alzasse per far propria il mio documento». Appunto. Luciano Violante, capogruppo dei Ds: «Chiedo di far propria la mozione di Volonté». Antonio Boccia: «A nome della Margherita chiedo di fare nostra...». Marco Boato: «Anche i Verdi adottano la mozione, ma vorrei ricordare che l’Udc si era appropriata dell’iniziativa di Pannella». Biondi: «Bene, vorrà dire che sarà un condominio...».
C’è chi ride, chi applaude. Gianfranco Fini, avvertito del pericolo-furto, spedisce in aula Ignazio La Russa: «Volontè non ci aveva detto nulla, ma adesso anche An sottoscrive la mozione». A chiudere è Volonté in persona, nel ruolo di rianimatore: «A questo punto chiedo di mantenere in vita la mia mozione».
Lo psicodramma non è finito. Preso dalla foga, l’Ulivo non ha letto bene il documento. Soprattutto la parte che critica «i pacifisti, per i quali l’unica alternativa alla guerra è solo la pace e non anche la libertà, il diritto, la democrazia». Se ne accorgono dalle parti di Forza Italia. «Prendiamo atto che Violante fa un’autocritica profonda», sibila Fabrizio Cicchitto. «Vorrà dire che voteremo la mozione per parti separate e bocceremo quella che non ci piace», è la replica di Violante.
In Transatlantico, negli stessi istanti, va in onda il Pannella-day. «La storia gira, da pietra dello scandalo sei diventato elemento unificante», l’apostrofa il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, prima di beccarsi i baci del leader radicale. «Alla fine, di dritto o di rovescio, Marco riesce sempre a colpire», commenta La Russa. E Pannella a Violante: «Grazie, è eccezionale che questo Parlamento riprenda la mia proposta, Bruno Vespa non le ha concesso neppure due minuti...».
Eccezionale è anche il finale. Frattini aveva detto che l’esilio era una partita persa e conclusa? Bene, Berlusconi in aula: «Stiamo operando per convincere Saddam ad accettare l'esilio». Poi arriva il voto per parti separate. E, sorpresa, vengono approvate (345 sì, 38 no, 52 astenuti) appena sette, delle trenta righe della mozione. Quelle in cui si parla dell’esilio come «soluzione che cancellerebbe la necessità dell’intervento armato Usa» e che impegnano «il governo a sostenere la proposta in sede Onu». Bocciato, e alla grande (446 no), tutto il resto. Pannella si apposta fuori dall’aula e applaude ironico. Lo fermano i commessi: «Prego, la smetta»
(da il Messaggero).

(Retroscena) Secondo il sito iraniano Baztab, Saddam avrebbe chiesto di poter transitare sul territorio iraniano al fine di raggiungere sano e salvo Mosca (da il Corriere della Sera).

(Retroscena) Commandos americani delle Special Forces infiltrati a Baghdad avrebbero organizzato piccoli attentati per testare a sicurezza del regime e seminare il panico (da il Corriere della Sera).

(Retroscena) Alcune indiscrezioni rivelano che Saddam avrebbe incontrato due volte Sharon negli ultimi tre mesi per sollecitare l'aiuto di Gerusalemme nel convincere gli USA a rinunciare all'attacco. In cambio l'Iraq avrebbe offerto il riconoscimento dello stato ebraico e informazioni su gruppi estremisti del Medio Oriente (da il Corriere della Sera).

(Retroscena) In un vertice segreto tra i dirigenti del partito e il raìs, Saddam si sarebbe dichiarato contrario ad ogni soluzione che preveda il suo esilio (da la Repubblica).


20/02/2003
Accolta nei due rami del Parlamento la mozione del centrodestra sulla crisi irachena: nella risoluzione si fa riferimento alle conclusioni del vertice di Bruxelles, e quindi alla guerra come ultima chance e si chiede al governo di proseguire nella linea fin qui seguita, impegnandolo a non prendere decisioni sull'Iraq senza una preventiva autorizzazione del Parlamento (da il Tempo).

Bocciata la risoluzione presentata dall'opposizione, nella quale si chiedeva di non dare per scontata la guerra e di far proseguire l'Onu e di non fornire alcun supporto alle azioni militari (da il Tempo).

Mubarak critica le divisioni nella Lega araba sull'Iraq (da The New York Times).


21/02/2003
Gli editorialisti della stampa araba incitano Saddam ad andarsene, mentre un gruppo di intellettuali sta facendo circolare un documento dove «sollecitano l'opinione pubblica araba ad esercitare pressioni per la destituzione di Saddam e dei suoi stretti collaboratori, per evitare una guerra catastrofica per i popoli della regione»(da il Riformista).
Dichiarazione di Aznar: «Io non amo la guerra, ma la pace e la sicurezza non passano per l'inazione. Dobbiamo esigere che la legalità non venga violata. E c'è una sola persona che può evitare il conflitto: Saddam Hussein» (da Panorama).

Il presidente francese Jacques Chirac,durante una conferenza stampa a Parigi, al termine di un vertice Francia-Africa, ha ribadito che si può arrivare al disarmo dell'Iraq tramite le ispezioni Onu e pertanto non vede la necessità della «strada militare». Ieri, i paesi africani avevano dato alla linea di Chirac il loro pieno sostegno (notizia di agenzia).

Annuncio di una nuova riunione della Lega araba sull'Iraq (dal New York Times).

(Retroscena) Secondo il Washington Post la Casa Bianca prevede di assumere il totale controllo unilaterale dell'Iraq post-Saddam, attraverso un'amministrazione ad interim guidata da un funzionario civile che avrà il compito di gestire la ricostruzione del Paese e di dare vita a un governo "rappresentativo" di tutte le componenti irachene, gestendo tra l'altro la ricostruzione e la distribuzione degli aiuti umanitari (notizia di agenzia).

Piero Fassino, invitato a Berlino da Schroeder, afferma: «La posizione dei partiti socialisti europei e, in particolare la nostra, non è una posizione che esclude la forza in modo assoluto, in qualsiasi condizione perché i nostri partiti hanno condiviso la missione in Kosovo, in Afghanistan. In ogni caso adesso c'è una posizione chiara dell'Ue che sostiene come la guerra non è inevitabile, si deve scommettere fino in fondo per una soluzione pacifica» (notizia di agenzia).


23/02/2003 Incontro Bush-Aznar-Blair-Berlusconi
Dopo una telefonata a quattro col premier spagnolo Aznar, quello britannico Blair e quello italiano Berlusconi, Bush ha annunciato che all'inizio della settimana presenterà la risoluzione per aprire le porte alla guerra. Il testo sarà breve ed affermerà che Saddam non ha rispettato la 1441 perché non ha disarmato e non intende farlo. Madrid potrebbe co-firmare la risoluzione per premere su paesi ispanici come Messico e Cile (da la Stampa).

Il 22 febbraio 2003, quattro settimane prima dell’invasione dell’Iraq, il presidente George Bush incontra nel suo ranch di Crawford, in Texas, l’allora premier spagnolo José Maria Aznar e lo informa che è giunto il momento di attaccare l’Iraq. Ecco il testo integrale della loro conversazione:

Bush: «Saddam Hussein non cambierà, continuerà a giocare. È arrivato il momento di sbarazzarsi di lui. È così. Da parte mia, cercherò di usare una retorica il più sottile possibile, fintanto che cerchiamo di far approvare la risoluzione. Se qualcuno metterà il veto (Russia, Cina e Francia, con Stati Uniti e Regno Unito, hanno il diritto di veto al Consiglio di sicurezza, n.d.r.), noi andremo avanti. Saddam Hussein non si sta disarmando. Dobbiamo beccarlo adesso. Finora abbiamo mostrato una pazienza incredibile. Restano due settimane. In due settimane saremo pronti, dal punto di vista militare. Credo che ce la faremo con la seconda risoluzione. In Consiglio di sicurezza abbiamo i tre africani (Camerun, Angola e Guinea, n.d.r.), i cileni, i messicani. Parlerò con loro, e anche con Putin, naturalmente. Saremo a Baghdad a fine marzo. Ci sono un 15 per cento di possibilità che per quella data Saddam Hussein sia morto o fuggito. Ma queste possibilità non esistono finché non avremo mostrato la nostra risoluzione. Gli egiziani stanno parlando con Saddam Hussein. Sembra che abbia fatto sapere che è disposto ad andare in esilio se gli permetteranno di portare con sé un miliardo di dollari e tutte le informazioni che desidera sulle armi di distruzione di massa. Gheddafi ha detto a Berlusconi che Saddam se ne vuole andare. Mubarak ci dice che in queste circostanze ci sono forti probabilità che venga assassinato. Ci piacerebbe agire su mandato delle Nazioni Unite. Se agiremo militarmente lo faremo con grande precisione, e focalizzando i nostri obbiettivi. Decimeremo le truppe fedeli a Saddam, e l’esercito regolare capirà in fretta che sta succedendo. Abbiamo fatto arrivare un messaggio chiaro ai generali di Saddam Hussein: li tratteremo come criminali di guerra.

Aznar: «È vero che esistono possibilità che Saddam Hussein vada in esilio?».

Bush: «Sì, esiste questa possibilità. C’è anche la possibilità che venga assassinato».

Aznar: «Esilio con qualche garanzia?».

Bush: «Nessuna garanzia. È un ladro, un terrorista, un criminale di guerra. A confronto di Saddam, Miloševic sarebbe una Madre Teresa. Quando entreremo, scopriremo molti altri crimini e lo porteremo di fronte alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja. Saddam Hussein crede già di averla scampata. Crede che Francia e Germania abbiano fermato il processo alle sue responsabilità. Crede anche che le manifestazioni della settimana scorsa (sabato 15 febbraio, n. d. r) lo proteggano. E crede che io sia molto indebolito. Ma la gente che gli sta intorno sa che le cose stanno in un altro modo. Sanno che il suo futuro è in esilio o in una cassa da morto. Per questo è importantissimo mantenere la pressione su di lui. Gheddafi ci dice indirettamente che questo è l’unico modo per farla finita con lui. L’unica strategia di Saddam Hussein è ritardare, ritardare, ritardare».

Aznar: «In realtà, il successo maggiore sarebbe vincere la partita senza sparare un solo colpo ed entrando a Baghdad».

santiago
19-09-09, 13:10
Bush: «Per me sarebbe la soluzione perfetta. Io non voglio la guerra. Lo so che cosa sono le guerre. Conosco la distruzione e la morte che si portano dietro. Io sono quello che deve consolare le madri e le vedove dei morti. È naturale che per noi questa sarebbe la soluzione migliore. Inoltre, ci farebbe risparmiare 50 miliardi di dollari» (da El País, 27 sett 2007).

Retroscena
Juan Gabriel Valdés, ambasciatore del Cile all'Onu nei giorni che precedettero l'invasione dell'Iraq, ha reagito con stupore quando è venuto a conoscenza della conversazione tra Bush e Aznar del 22 febbraio 2003, durante la quale il presidente USA ventilò l'ipotesi di ritorsioni contro il Cile, se si fosse tifiutato di appoggiare l'intervento armato. «Qui in Cile non giunse alcuna notizia di tale brutalità. Sapevo che c'erano state alcune pressioni, ma mai così dirette», ha dichiarato Valdés. «I paesi come il Messico, il Cile, l'Angola e il Cameroon devono sapere che è in ballo la sicurezza degli Stati Uniti e schierarsi dalla nostra parte. [Il presidente cileno Ricardo] Lagos deve sapere che l'accordo di Libero Commercio col Cile è in attesa dell'approvazione da parte del Senato e che dissensi sul tema iracheno potrebbero porre in pericolo la ratifica dell'accordo stesso», aveva dichiarato Bush (...). «La conversazione tra Aznar e Bush rivela esattamente la visione che l'amministrazione Bush aveva ed ha dell'istituzione delle Nazioni Unite. Ciò che conta, in ogni questione, è la relazione bilaterale che ciascun paese intrattiene con gli Usa (...). Non esiste la comunità internazionale come tale», afferma Valdés. L'ex-ambasciatore si oppose attivamente alla seconda risoluzione proposta dagli Usa, dal Regno Unito e dalla Spagna (...) e si pose a capo di un gruppo di sei paesi (Angola, Cameroon, Guinea, Pakistan, Messico e Cile) insieme al ambasciatore messicano presso le Nazioni Unite, Adolfo Aguilar Zinser, per dare più tempo agli ispettori (...). Nel marzo 2003, invece, la ministra degli esteri spagnola, Ana Palacio, propose al Cile di appoggiare la seconda risoluzione: «Sole, bisogna salvare Colin, bisogna salvare Colin», disse alla collega cilena Soledad Alvear (...), dopo avere escluso Aguilar Zinser per il suo antiamericanismo da una riunione con lo stesso Powell (...) (da El País, 27 sett 2007).

24/02/2003 CAGRE, Bruxelles Per l'Italia: Sig. Franco FRATTINI
Durante la colazione i Ministri hanno discusso la questione del Medio Oriente nonché dell'Iraq, in
presenza del Presidente della Lega araba, sig. Hammoud, e del Segretario Generale della Lega araba, sig.
Moussa. Il 17 febbraio il Consiglio europeo ha sottolineato che l'Unione europea lavorerà con i paesi
arabi e con la Lega delle nazioni arabe.
Sul Medio Oriente i Ministri hanno riaffermato l'importanza di infondere nuovo vigore al processo di
pace nonché il loro sostegno per una rapida attuazione della tabella di marcia avallata dal "Quartetto".
Per quanto riguarda l'Iraq, essi hanno valutato i recenti sviluppi e le prospettive per i prossimi giorni,
riaffermando che la totale cooperazione dell'Iraq sul disarmo, conformemente alla risoluzione n. 1441
del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, è un obiettivo urgente condiviso da tutti.
Tutti si sono dichiarati d'accordo sull'importanza di rinnovare il dialogo interculturale/il dialogo tra le
civiltà.


2/03/2003 Conversazione settimanale Pannella-Bordin
Pannella: Il governo non ha voluto cogliere l’occasione di non avere accettato il nostro suggerimento di
andare al Consiglio Europeo su una proposta che avrebbe creato lì, di sorpresa apparente, in grande,
quello che è accaduto al Parlamento italiano. Perchè poteva inglobare immediatamente anche la
posizione francese […]
[…] Il governo non ha voluto cogliere l’occasione di non avere accettato il nostro suggerimento di
andare al Consiglio Europeo su una proposta che avrebbe creato lì, di sorpresa apparente, in grande,
quello che è accaduto al Parlamento italiano. Perchè poteva inglobare immediatamente anche la
posizione francese […] La Francia aveva una posizione che poteva andare benissimo proprio
nella prospettiva che noi indicavamo: quanto più ormai sono chiari i successi e gli insuccessi della
decisione dell’esibizione della mobilitazione militare anglo-americana.

Documento del Consiglio europeo straordinario di Bruxelles Capitolo IRAQ
66. L’inizio del conflitto militare ci pone di fronte ad una situazione nuova. La nostra speranza è che il
conflitto si concluda con perdite di vite umane e sofferenze minime. I nostri obiettivi comuni sono:
67. Per quanto riguarda l’Iraq:
- l’UE si impegna per l’integrità territoriale, la sovranità, la stabilità politica e il pieno ed effettivo
disarmo dell’Iraq in tutto il suo territorio nonché per il rispetto dei diritti della popolazione irachena,
comprese tutte le persone appartenenti a minoranze;
- riteniamo che l’ONU debba continuare a svolgere un ruolo centrale durante e dopo la crisi attuale. Il
sistema delle Nazioni Unite dispone di capacità uniche e di esperienza pratica per il coordinamento
dell’assistenza negli Stati che escono da conflitti. Il Consiglio di sicurezza dovrebbe conferire alle
Nazioni Unite un fermo mandato per tale missione;
- dobbiamo affrontare urgentemente le principali esigenze umanitarie che scaturiranno dal conflitto.
L’UE si impegna a partecipare attivamente in tale settore, conformemente ai principi stabiliti.
Appoggiamo la proposta del Segretario Generale dell’ONU che si possa continuare a far fronte alle
esigenze umanitarie della popolazione irachena mediante il programma "Petrolio in cambio di cibo"; .
- desideriamo contribuire efficacemente a creare le condizioni che consentiranno a tutti gli iracheni di
vivere nella libertà, dignità e prosperità sotto un governo rappresentativo, che sia in pace con i suoi
vicini e membro attivo della comunità internazionale. Il Consiglio invita la Commissione e l’Alto
Rappresentante ad esplorare i mezzi mediante i quali l’UE può aiutare il popolo iracheno a conseguire
questi obiettivi.


18/03/2003 CAGRE, Bruxelles Per l'Italia: Sig. Franco FRATTINI
Durante il pranzo, i Ministri hanno discusso la situazione in Iraq alla luce dei recenti sviluppi.


19/03/2003 Appello per il rinvio
Emma Bonino e Marco Pannella scrivono al presidente degli Stati Uniti, George Bush, ed al primo
ministro britannico, Tony Blair, chiedendo di soprassedere ai termini dell’ultimatum. «Il regime infame
di Saddam è in disfacimento, la sua caduta e la liberazione dell’Iraq sono ormai acquisiti. Soprassedete
ai termini dell’ultimatum! Senza cadaveri e senza il massacro che il solo Saddam ormai vuole, sarà il
trionfo della democrazia, della vita, della pace».

Approvata in Parlamento la risoluzione sull'intervento in Iraq. Alla Camera i voti a favore sono stati
304, i no 246. 2 gli astenuti. L'assemblea del Senato ha approvato in serata con 159 sì, 124 no e 1
astenuto


21/03/2003 Intervento di Marco Pannella a Radio Radicale
Dai microfoni di Radio Radicale Marco Pannella dichiara: « in ottemperanza, finalmente, anche della
delibera della Camera dei Deputati chiediamo formalmente al Governo italiano di immediatamente
proporre al Presidente del Consiglio UE in esercizio Papandreu, in molto probabile intesa con il
Presidente egiziano Mubarak e con tanta parte degli Stati medio-orientali ed islamici che già lo hanno
richiesto di tornare formalmente ad offrire a Saddam Hussein ed ai suoi l’immediata possibilità di esilio,
garantendo loro naturalmente incolumità (e non la teoricamente impossibile impunità)».


23/03/2003 Dichiarazione di Marco Pannella
Ho fatto presente che mi assumevo la responsabilità pubblica di parlare non solamente a nome dei
25.000 cittadini dei 163 paesi, ma anche del 42% degli eletti nel nostro Parlamento, per l'ottemperanza
della risoluzione della Camera dei Deputati, adottata con oltre il 90% dei votanti, relativa al mandato al
governo per rilanciare la proposta-concessione a Saddam dell'esilio anche per i suoi. Mi è stato subito
chiesto cosa c'entrasse Mubarak, prendendo atto con stupore del fatto che ritenevo di poter garantire
l'accordo immediato di Papandreu. Fino alle 13:40 di oggi, quando il TG1 ha dato la notizia, tutti i tele e
i radio giornale hanno censurato la notizia.
Il governo e – in decalcomania – anche il leader dell'opposizione non si sono occupati di questa
quisquilia. Alle 10:00 ora italiana Mubarak chiedeva la "sospensione" dello scontro militare per
realizzare una soluzione politico-diplomatica al proseguirsi della guerra (...).


7/04/2003 Pannella, c'e' ancora tempo per esiliare Saddam
ROMA, 7 APR - ''Siamo ancora in tempo per dare concretezza al nostro obiettivo, se la Farnesina ci
ascolta'': Marco Pannella, nel corso della consueta conversazione settimanale a Radio Radicale, torna a
chiedere con urgenza passi concreti al governo italiano perche' porti in sede europea entro poche ore la
proposta ''Iraq libero'', per l'esilio di Saddam Hussein e la instaurazione di una Amministrazione Onu a
Baghdad. ''Noi non abbiamo ne' una posizione pacifista ne' una posizione guerrafondaia. Abbiamo un
obiettivo di lotta, che conduciamo coerentemente, e che, ne siamo certi, puo' essere reso possibile''
rileva Pannella.''Se le forze della opposizione, se molti cittadini, usando i loro mezzi e la loro fantasia ci
aiutano - propone Pannella - abbiamo la possibilita' di rilanciare che il Governo italiano, membro della
trojka europea e futuro Presidente di turno, proponga al Presidente Papandreu e al Parlamento
europeo, prima di mercoledi', di unire le diplomazie ed i contatti del medio oriente, quelli dell'Europa,
quelli di una parte della Amministrazione Usa rappresentata dal Dipartimento di Stato, perché ci si
adoperi per l'obiettivo Iraq libero, esilio per Saddam ed Amministrazione Onu a Baghdad''.
''Se il Governo italiano si fosse trovato davanti a delle opposizioni forti, che lo avessero richiamato a
compiere gli atti che spettano al Governo, forse avrebbe potuto fare qualcosa di piu'''. ''Un Saddam
ricercato e introvabile - osserva Pannella - sarebbe una cosa rischiosissima. E non si vede perche'
dovremmo pagare, per irresponsabilita' delle nostre istituzioni, un prezzo cosi' rischioso. Basterebbe
poco''. ''Hanno preso iniziativa Mubarak, il Bahrein, un ampio fronte di intellettuali arabi, piu' volte
l'Arabia Saudita'' sottolinea Pannella. ''Lo hanno fatto gli ambasciatori inglesi in diversi paesi arabi, lo ha
fatto Blair. La classe politica di tutto il mondo si parla, dialoga, tratta. Non c'e' il Governo italiano. Il
Governo italiano manca di esperienza, quella esperienza che la repubblica partitocratica conosceva.
Oggi la Farnesina non e' quella di dieci anni fa, quando la diplomazia funzionava. Il problema e' che il
ministro degli esteri, per poter agire, deve conoscere la linea del suo Presidente del consiglio''.

14 /04/ 2003 CAGRE
Per l'Italia: Sig. Franco FRATTINI Sig. Roberto ANTONIONE, Sottosegretario di Stato agli affari
esteri
I Ministri hanno inoltre discusso la situazione in Iraq alla luce degli avvenimenti in corso, nonché le
prospettive per le iniziative da intraprendere nella fase postbellica. Sulla base di quanto affermato nel
Consiglio Europeo del 20-21 marzo ovvero che l'ONU deve continuare a svolgere un ruolo centrale
durante e dopo il conflitto, i Ministri hanno avuto uno scambio di opinioni sulle forme specifiche che
tale ruolo dell'ONU potrebbe assumere in termini sia di azioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite sia di coinvolgimento concreto dell'ONU in loco, in particolare ispirandonsi agli esempi del
passato. Essi hanno anche avviato una prima discussione sulla natura degli strumenti dell'UE, oltre
all'assistenza umanitaria, che potrebbero essere usati nell'Iraq postbellico nell'ambito di un quadro
giuridico internazionale soddisfacente.


24/04/2003 Iraq: idea esilio Saddam ancora presente in mondo arabo. Bonino pensa che sia ragionevole
provarci
(ANSA) - IL CAIRO, 24 MAR - L'idea di chiedere a Saddam Hussein di lasciare il potere ed andarsene
in esilio non sarebbe ancora completamente abbandonata da qualche esponente del mondo arabo. Lo si
ricava dalla lettura di una dichiarazione del ministro degli esteri saudita, l'emiro Saud al Faysal,
pubblicata ieri sul sito internet 'Daralhayat.com', intitolata ''Lasciamo lavorare la diplomazia''. ''Saddam
Hussein ora sa bene a che cosa va incontro il suo paese... e se sta chiedendo al suo popolo sacrifici per
la fesa del suo paese, allora forse potrebbe pensare a quale sacrificio egli stesso potrebbe fare per
difendere il suo paese''. Faysal aggiunge che il presidente Usa George Bush dovrebbe avviare negoziati
con la dirigenza irachena e ''dare na possibilita' alla pace''. L'Arabia Saudita, ovviamente - ice Faysal -
non offrirebbe asilo a Saddam, ma potrebbe garantirgli ''un passaggio sicuro''. ''Ci sono altri paesi arabi
che sono in posizione migliore'' per ospitare Saddam. Qualche giorno fa il Bahrein ha rinnovato la
proposta di ospitare Saddam Hussein se dovesse decidere per l'esilio,riprendendo quella che era stata
formulata, mai ufficialmente, al presidente degli Emirati Arabi Uniti il primo marzo al vertice arabo di
Sharm El Sheikh e la cui discussione era stata esclusa ufficialmente da qualsiasi altra riunione araba.
Ieri il presidente egiziano, Hosni Mubarak, in una sua dichiarazione ha ripreso l'ipotesi di ''una
soluzione politica necessaria'' per la crisi irachena, affermando che la guerra dovrebbe finire subito,
cosi' come aveva gia' detto a Bush quando il presidente Usa gli aveva telefonato giovedi 20 marzo,
subito dopo l'avvio dell'attacco contro l'Iraq. Sempre ieri l'ambasciatore britannico al Cairo, John
Sawers, ha consegnato al ministro degli esteri egiziano, Ahmed Maher, un messaggio di Tony
Blair, del quale non si conosce il contenuto. Dopo il colloquio, pero', ha dichiarato che la
Gran Bretagna ''deplora che la situazione sia arrivata a questo punto''. Oggi pomeriggio,
interpellati da alcuni giornalisti a proposito dell' eventuale proposta di chiedere a Saddam di lasciare
il potere, alcuni ministri degli esteri arabi riuniti alla Lega Araba hanno reagito irritati, chiedendo ''per
cortesia, di non porre piu' domande su questo argomento''. Dal canto suo l'eurodeputata Emma
Bonino, al Cairo dove studia arabo da oltre un anno, da detto all'Ansa che ''da un po' di tempo vado
dicendo, discutendo e proponendo l'idea che questa sia la proposta piu' ragionevole oggi sul tappeto.
Se la politica e' l'impegno a ragionare per trovare soluzioni adatte alle crisi, questa proposta mi
sembra assolutamente idonea a re da base per un lavoro che la renda piu' concreta e le dia
possibilita' reali di successo. Percio' bisognerebbe provarci''. Il nome di Bonino e' stato indicato da
Marco Pannella come quello di uno dei componenti dell'eventuale organismo che trebbe gestire
l'amministrazione dell'Iraq sotto l'egida dell'Onu dopo la rimozione dal potere i Saddam Hussein.
(ANSA)

santiago
19-09-09, 13:10
“Nessuno tocchi Saddam”. Lo sciopero della sete e della fame di Marco Pannella

Il 26 dicembre 2006, a seguito della conferma della condanna a morte nei confronti dell’ex dittatore iracheno Saddam Hussein, Marco Pannella inizia uno sciopero della fame e della sete per sostenere la proposta “Nessuno tocchi Saddam” volta a scongiurarne l’esecuzione. Un appello in tal senso, lanciato nel giugno 2006 da Nessuno Tocchi Caino, alla notizia della richiesta di condanna a morte dell’ex Rais avanzata dai procuratori iracheni, è stato sottoscritto da oltre 200 parlamentari italiani ed europei, da 3 premi Nobel per la Pace e numerose personalità internazionali.

L’azione di Pannella, che prelude anche all’avvio di un Primo Grande Satyagraha mondiale per la Pace lanciato dal Partito Radicale, si propone di “evitare che tutto precipiti, in Iraq e non solo, in altro sangue, ulteriore morte e pene di morte, in una spirale di violenza e di guerra che può trasformarsi in un conflitto generalizzato dalle conseguenze incalcolabili”. Decine di media arabi danno notizia dell’iniziativa nonviolenta di Pannella.

Il 30 dicembre, l’ex dittatore viene impiccato all’alba nella sede dei servizi segreti iracheni. Le immagini dell’esecuzione provocano un moto di indignazione in tutto il mondo, anche in quello arabo e negli Stati Uniti.

Dopo l’esecuzione di Saddam Hussein, lo sciopero della fame e della sete di Marco Pannella è rilanciato e convertito sull’obiettivo più generale dell’approvazione di una risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali. Dal sito radicalparty.org viene lanciato un appello per la moratoria e sono raccolte adesioni all’iniziativa di Pannella.

Allo sciopero della fame aderiscono (al 14 aprile 2007) 689 persone per uno o più giorni da 41 Paesi. L’appello è sottoscritto da 52.421 persone da 158 paesi, tra cui: 17 Premi Nobel, 300 parlamentari nazionali, 262 parlamentari europei, 9 membri di governo, 113 personalità.

Con la sua iniziativa nonviolenta, Pannella chiede al Governo italiano, che dal 1° gennaio è divenuto anche membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, di assumere un impegno formale e concreto a presentare una risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali nell’Assemblea Generale dell’ONU in corso.

Il 2 gennaio 2007, in risposta all’iniziativa di sciopero della fame e della sete di Pannella e in attuazione del mandato unanime ricevuto dal Parlamento italiano, la Presidenza del Consiglio dichiara ufficialmente e pubblicamente che “Il Presidente del Consiglio e il Governo si impegnano ad avviare le procedure formali - coinvolgendo in primis i paesi già sottoscrittori della Dichiarazione di dicembre - perché questa Assemblea Generale delle Nazioni Unite metta all’ordine del giorno la questione della moratoria universale sulla pena di morte”.

Il 3 gennaio, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, commenta la decisione del Governo con le seguenti parole: “E’ un bel biglietto da visita per l’Italia nel Consiglio di Sicurezza”.

Sempre il 3 gennaio, giunto all’ottavo giorno di sciopero della sete, Pannella lo interrompe e continua con quello della fame che porta avanti fino al 15 gennaio. La lotta nonviolenta sarà più volte ripresa nel corso del 2007 da Marco Pannella a sostegno del voto da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU per favore della moratoria universale delle esecuzioni avvenuto il 18 dicembre scorso.

santiago
19-09-09, 13:11
Come e quando il Presidente Bush scelse la guerra
per impedire l’esilio di Saddam
Date, luoghi e protagonisti dell’affossamento dell’unica concreta alternativa di pace alla guerra in Iraq ricostruiti attraverso le azioni della comunità internazionale e la Campagna “Iraq libero” del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale

santiago
19-09-09, 13:12
I presupposti della Campagna Radicale:
notizie precedenti al 19 gennaio 2003

Settembre 1995 – Circolano le prime notizie di incontri per l’esilio di Saddam Hussein
Saddam sta preparando le valigie? Fonti di intelligence nella nazione sahariana della Mauritania affermano che il dittatore iracheno avrebbe iniziato a negoziare per l’eventuale asilo politico per sé e per i membri del suo entourage. Le fonti affermano che Shabib al-Maliki, ministro della Giustizia di Saddam Hussein, è volato nella capitale mauritana a metà luglio 1995 per incontrarvi il Presidente Maaouya Ould Sini Ahmed Taya e presentargli la richiesta di Saddam Hussein di un esilio sicuro nel caso venisse costretto ad abbandonare il potere. Si dice che il leader della Mauritania, il cui governo estremista è uno degli ultimi alleati rimasti di Saddam, avrebbe risposto favorevolmente. (da U.S. News & World Report).

23 luglio 2002 - Bush voleva passare alla guerra usando come giustificazione il legame tra terrorismo e armi di distruzione di massa

Dal “Downing Street Memo” di David Manning (all'epoca consigliere diplomatico di Blair):

«Blair [n.d.r.] ci ha fatto un rapporto sui suoi recenti incontri a Washington. Si è verificato un percettibile cambiamento nell'attitudine. L'azione militare ora era vista come inevitabile. Bush voleva rimuovere Saddam, militarmente, usando come giustificazione il legame tra terrorismo e armi di distruzione di massa (ADM). L'intelligence e i fatti che accadevano venivano fatti calzare alla linea scelta. Il National Security Council era nettamente insofferente della via ONU e non era certo entusiasta di pubblicare il materiale del dossier sul regime iracheno.
(…)
Il Segretario alla Difesa disse che gli USA avevano già dato inizio a “minime attività” per mettere sotto pressione il regime. Nessuna decisione era stata ancora presa, ma riteneva che la scadenza più probabile per iniziare l'attacco a cui pensavano gli americani fosse gennaio, 30 giorni prima delle elezioni per il Congresso.
(…)
Il Segretario agli Esteri disse che avrebbe parlato con Colin Powell questa settimana. Sembrava chiaro ormai che Bush aveva deciso di passare all'azione militare, anche se non era ancora stato fissato quando. I margini di manovra erano sottili. Saddam non stava minacciando i paesi vicini e le ADM in suo possesso erano inferiori rispetto a quelle di Libia, Corea del Nord o Iran. Avremmo dovuto elaborare un piano per poter inviare a Saddam un ultimatum facendo così rientrare gli ispettori dell'ONU. Questo gli sarebbe stato inoltre d'aiuto per giustificare legalmente l'uso della forza.
(…)
Il Ministro agli Esteri [della GB ndr.] pensava che gli USA non avrebbero proseguito col loro piano militare se non fossero stati convinti che la loro era la strategia vincente. Su questo gli interessi di USA e UK convergevano. Ma sul piano politico, potevano esserci differenze. Nonostante la resistenza degli americani, avremmo potuto approfondire con discrezione il punto l'ultimatum. Saddam avrebbe continuato a giocare duro con l'ONU».


27 settembre 2002 - Usa e stati arabi lavorano per l'esilio
«Gli Stati Uniti ed alcuni paesi arabi hanno avviato un processo di persuasione nei confronti di Saddam affinché accetti di andare in esilio e consenta così che la crisi irachena si risolva pacificamente. L'idea dell'esilio discussa soprattutto dai paesi arabi è stata accolta positivamente da Washington perché consentirebbe di ridurre la percezione del pericolo da parte del leader iracheno, evitando che quindi egli, per difendersi, possa far ricorso ad armi chimiche o biologiche». (da “USA Today”- di John Diamond)

16 novembre 2002 - Il piano di Saddam: esilio per 3, 5 miliardi di dollari
Saddam starebbe mettendo a punto un piano segreto per garantire asilo politico in Libia alla sua famiglia e ad alcuni membri del suo partito (al prezzo di tre miliardi e mezzo di dollari da versare a Tripoli). (da Timesonline).

2 gennaio 2003 - Una coalizione di stati arabi progetta l'esilio per Saddam
Egitto, Giordania, Siria, Oman, Emirati Arabi e Arabia Saudita stanno cercando di evitare la guerra offrendo al raìs iracheno il salvacondotto verso un lido sicuro, in Algeria o Bielorussia, insieme alla famiglia e alle ingenti fortune accumulate. (da il Riformista).

7 gennaio 2003 - La Turchia annuncia un piano (per l’esilio?)
Il primo ministro turco Abdullah Gul dichiara che la Turchia, insieme a Giordania, Egitto e Siria, sta tentando di mettere a punto un piano congiunto per la risoluzione diplomatica della crisi irachena. (da The New York Times).

9 gennaio 2003 - La missione di Papandreu per una soluzione diplomatica
Papandreu, ministro degli esteri greco, annuncia una missione dell'Ue in Arabia Saudita, Siria, Giordania, Egitto, Libano, Israele e Territori palestinesi, per una soluzione diplomatica della crisi irachena. (da la Repubblica).



18 gennaio 2003 - Le prime condizioni di Saddam. Primo rifiuto di Bush?
Secondo “Der Spiegel” Saddam Hussein avrebbe avanzato direttamente a Bush le condizioni per l'esilio: la garanzia che né lui né i suoi familiari, una volta all'estero, vengano processati; il ritiro dei soldati americani dal Golfo; la cessazione delle ispezioni e delle sanzioni Onu in Iraq; la fine della produzione israeliana di armi di distruzione di massa. Bush avrebbe già respinto queste condizioni. (da la Repubblica).















L’opzione dell’esilio è sempre più concreta
Dall'Appello alla Mozione votata dalla maggioranza
del Parlamento italiano: il primo mese della Campagna Radicale


19 gennaio - Pannella lancia l’appello “Iraq Libero, unica alternativa alla guerra”
(..)Ci rivolgiamo alla Comunità internazionale, alle Nazioni Unite in primo luogo, perché facciano proprie, immediatamente, le affermazioni secondo cui l'esilio del dittatore Saddam Hussein cancellerebbe, per gli Stati Uniti stessi, la necessità della guerra, costituendo il punto di partenza per una soluzione politica della questione irachena.
Chiediamo al Consiglio di Sicurezza che decida da subito - partendo dal presupposto dell'uscita di scena di Saddam e sulla base dei poteri conferitigli dalla Carta dell'ONU - di porre l'Iraq sotto un regime di Amministrazione fiduciaria internazionale (un governo democratico), affidando ad un uomo di stato di altissimo livello il compito di predisporre, entro un termine di due anni, le condizioni di un pieno esercizio dei diritti e delle libertà per l'insieme degli iracheni, donne ed uomini, come esige la Carta dei Diritti fondamentali delle Nazioni Unite. (…)

19 gennaio - La Libia si dice disponibile ad ospitare Saddam
Mentre la diplomazia araba, capeggiata dall'Egitto e spalleggiata dall'Europa, è mobilitata per convincere Saddam all'esilio ed evitare una catastrofe, i sauditi mirano al rovesciamento con la forza di Saddam – con un golpe o l'obbligo di esilio – accaparrandosi tribù, capi e personalità locali. In particolare la Libia si è detta disposta ad ospitare Saddam. (agenzie)

20 gennaio - “Gli Stati Uniti approvano il piano per l'esilo di Saddam”
L'amministrazione Bush ha approvato il piano elaborato dai Paesi arabi che si propone di persuadere Saddam ad accettare l'esilio in modo da evitare lo scoppio di nuova guerra nel Golfo.
(Articolo di Tim Reid, Phipil Webster e Michael Evans pubblicato da“The Times”)




29 gennaio – Ancora dissidi al PE persino tra Pannella e Watson (Presidente del Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa) sull’esilio
Watson (ELDR). «(...) smettiamo di parlare della possibilità di consentire a Saddam Hussein di
svignarsela tranquillamente e scomparire nel nulla in un comodo esilio all’estero. È un criminale di guerra e deve essere portato dinanzi al Tribunale penale internazionale».
Pannella: «L’Europa propone quale obiettivo? L’alternativa alla distruzione se si chiama guerra, di cosa è fatta, allora questa guerra per noi e per voi? L’alternativa c’è, e non è altra che la pace; ma non la pace che c’è oggi (...). Noi radicali abbiamo lanciato una proposta. (…)Abbiamo la possibilità di scegliere che cosa vuole l’Unione europea, se la guerra o non la guerra, se Saddam (...) si dimetta con un salvacondotto fino al luogo del suo esilio (...). Ma quello che possiamo e dobbiamo fare è sapere che l’ONU, il Consiglio di sicurezza hanno l’obbligo di intervenire. Non si tratta di cambiare il dittatore, bensì di cambiare regime».

29 gennaio – Pannella: le diplomazie al lavoro per l’esilio
«A parte noi, sicuramente sauditi, egiziani, giordani e importanti rappresentanti di altri Paesi stanno lavorando da settimane su questo obiettivo. Oggi confluiscono anche potenti e vasti ambienti religiosi e non alludo qui alla Chiesa Cattolica».

29 gennaio – Il Ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini anticipa i desideri e svela: «Questa proposta è progressivamente apparsa come irrealizzabile»
Intervento a Radio Radicale di Frattini: «Come è emerso, questa proposta è progressivamente apparsa come irrealizzabile. Sarebbe ovviamente una ipotesi di soluzione quella di realizzare queste due condizioni (...) ma io sono personalmente poco convinto che questo possa accadere, non vedo perchè questo regime dittatoriale, che questa mattina ha fatto dire ad un uomo del governo che loro colpiranno il primo stato che aiuta l'eventuale azione militare, possa pensare ad andare in esilio».

29 gennaio - Colin Powell: Usa potrebbero aiutare Saddam a trovare luogo esilio
Gli Stati Uniti sono disposti ad aiutare Saddam Hussein ed i suoi familiari a trovare una nazione dove recarsi in esilio. Il segretario di stato Colin Powell ha espresso per la prima volta la disponibilità della amministrazione Bush ad assistere in modo concreto il presidente iracheno ad abbandonare il paese se questo può consentire di evitare la guerra. «Se Saddam Hussein volesse lasciare l'Iraq con alcuni dei suoi familiari e con altri membri della elite al potere – ha detto Powell rispondendo alla domanda di un giornalista sulla ipotesi di una partenza in esilio del presidente iracheno – noi potremmo senz'altro cercare di dare un aiuto per trovare un posto dove andare». «Questo potrebbe essere sicuramente un modo per evitare la guerra», ha aggiunto Colin Powell. Per quanto riguarda la questione dell'immunità per Saddam Hussein, Powell ha sottolineato che il problema non riguarda solo gli Stati Uniti. «Non spetta agli Stati Uniti da soli offrire questo tipo di protezione - ha affermato il segretario di stato - Solo un forum molto più ampio potrebbe prendere in esame in futuro questo problema». (Ansa – Washington)


30 gennaio - Bush menziona favorevolmente l’esilio
Bush menziona favorevolmente l'esilio in una conferenza-stampa durante la visita ufficiale di Berlusconi alla Casa Bianca. «La pressione del mondo libero convincerà Saddam Hussein ad abbandonare il potere. E lui dovrebbe scegliere di lasciare il paese, insieme a molti altri scagnozzi che hanno torturato il popolo iracheno, il quale sarebbe favorevole, naturalmente. Dico al mio amico, Silvio, - afferma Bush con i giornalisti dopo l'incontro con il presidente Berlusconi - che l'impiego di truppe militari è la mia ultima scelta, non la mia prima». (da Welcome to the White House (http://www.whitehouse.gov) ).

30 gennaio - Pannella scrive ai media britannici, Bonino ai premi Nobel e ai sindaci europei
«Far risuonare forte i sì, sì ai diritti, alla democrazia, alla libertà in Iraq».



31 gennaio - Secondo il memo ufficioso britannico Bush ha già scelto invece la guerra decisa per il 10 marzo
(Estratto dal "January 2003 memo" scritto da David Manning -consigliere diplomatico di Tony Blair -- che registra tutti i punti del meeting di due ore tenutosi il 31 gennaio nell´Oval Office).
All'incontro, Bush fu accompagnato da Condoleeza Rice, allora consigliere nazionale per la sicurezza; Dan Fried, assistente della Rice; ed Andrew Card jr, il capo dello staff della Casa Bianca. Oltre a Manning, Blair era accompagnato da altri esperti assistenti: Jonathan Powell, il suo capo dello staff e Matthew Rycroft, consigliere per la politica estera e autore del Downing Street memo.

La data d'inizio della campagna militare è appuntata a matita per il 10 marzo" scrive Manning, citando il presidente. "Quello è il giorno in cui dovranno avere inizio i bombardamenti".
Il memo dimostra inoltre che il presidente e il primo ministro accettano che in Iraq non fossero state trovate armi di distruzione di massa. Di fronte alla possibilità di non scovare alcunché prima dell'attacco militare ormai pronto, Bush para di alcuni sistemi per provocare lo scontro, tra cui l'idea di disegnare un piano di sorveglianza degli USA sotto mandato ONU nella possibilità di far scattare la scintilla o di assassinare Saddam Hussein.
(…)
Alcuni funzionari della GB sono preoccupati per la determinazione mostrata dagli USA a voler invadere l'Iraq e del fatto che "l'intelligence e i fatti erano riportati in modo da giustificare la politica" dall'amministrazione Bush di esaudire il desiderio di entrare in guerra.
(…)

santiago
19-09-09, 13:12
(…)
Bush e Blair hanno espresso forti dubbi sulla possibilità di trovare armi chimiche, batteriologiche o nucleari in Iraq nelle settimane successive. Il presidente si esprimeva come se l'invasione fosse inevitabile. I due discussero una possibile tabella di marcia per la guerra, i dettagli della campagna militare e i piani per la fase successiva alla fine del conflitto.
(…)
"Gli USA – si legge nel memo - stanno progettando di far volare sull'Iraq gli aerei da ricognizione U2, con copertura pronta ad aprire il fuoco, sotto mandato ONU" attribuendo l'idea a Bush. "Se Saddam facesse fuoco contro di loro, commetterebbe una violazione."
(…)
In merito alle ADM, il presidente avrebbe inoltre detto: "gli USA potrebbero anche far emergere un disertore che parli pubblicamente delle ADM di Saddam".
(…)
Una piccola clausola nel memo fa poi riferimento ad una terza possibilità, menzionata da Bush, ovvero l'idea di assassinare Saddam Hussein. Nel memo non v'`e traccia di come e se Blair abbia risposto a tale proposta.
(...)
in caso di fallimento [di una seconda risoluzione Onu], l'azione militare sarebbe seguita."
(…)
"probabilmente, la campagna durerà quattro giorni, durante i quali colpiremo 1500 obiettivi circa. Molta attenzione ad evitare i civili innocenti. Bush riteneva che l'impatto dell'attacco aereo avrebbe garantito il rapido crollo del regime di Saddam. Considerando la tabella di marcia stabilita, si doveva arrivare alla seconda in tempi molto brevi e ciò significava subito dopo la presentazione del successivo rapporto di Blix al Consiglio di Sicurezza di metà febbraio."
Il memo si chiude con Manning che conserva ancora l'ultimissima speranza che gli ispettori scovassero le ADM o perfino che Saddam lasciasse l'Iraq di sua volontà. Manning scrisse di essere preoccupato perché questo non poteva verificarsi a causa della tabella di marcia di Bush.
Scriveva: “questo rende i tempi molto stretti”.

1 febbraio - Aumentano le adesioni ad “Iraq Libero!”
Bill Emmott, Andrè Glucksmann, Adriano Sofri appoggiano l’iniziativa

2 febbraio - Berlusconi: «Ci stiamo impegnando per evitare la guerra»
Berlusconi ha dichiarato: «Si ha ragione di credere che dietro Al Qaeda ci sia l'Iraq: tutti noi siamo contrari alla guerra, ma a volte l'azione militare si rende necessaria per un pericolo più grande che incombe per tutti. Ci stiamo impegnando per evitarlo» (da il Giornale)

4 febbraio - Berlusconi: «o aprirsi ispettori o esilio e immunità »
Per Berlusconi, Saddam ha ancora una scelta: «Aprirsi agli ispettori o accettare un esilio e un'immunità garantita da un'ulteriore risoluzione dell'Onu» (notizia di agenzia).



5 febbraio - Intervento del repubblicano Leach al Congresso sulle strategie per l’esilio di Saddam: il solo scenario per evitare la guerra è l'esilio
«A questo punto c'è un solo scenario che appare avere il potenziale di essere una situazione dove vincono tutti, l'America, il popolo iracheno e la comunità mondiale. Questo è per Saddam Hussein, la sua famiglia e il suo gruppo di abdicare dal potere e accettare l'esilio fuori dall'Iraq.

5 febbraio - La relazione di Powell all’ONU sulla violazione da parte dell'iraq della risoluzione
In una relazione dettagliata, per punti, documentata con intercettazioni telefoniche e foto satellitari, Colin Powell ha cercato di dimostrare al Consiglio di Sicurezza la materiale violazione, da parte dell'Iraq, della risoluzione Onu 1441. Cina, Russia e Francia frenano. Questo episodio verrà ricordato da Powell come la “macchia nera della sua carriera”.

5 febbraio - Le proposte di De Villepin al Consiglio di Sicurezza dell’ONU
«Raddoppiare o triplicare il numero di ispettori ed aprire più uffici regionali».
Il personale UNMOVIC in Iraq ammontava a 202 individui, provenienti da 60 paesi. Le operazioni aeree dell'UNMOVIC erano svolte utilizzando 1 aeroplano e 8 elicotteri, per uno staff aereo composto da 57 individui in totale (dal Twelfth Quarterly Report of the Executive Chairman of the United Nations Monitoring, Verification and Inspection Commission (UNMOVIC) – Security Council, 28 February 2003).
Per quanto riguarda il numero di ispezioni, tra il novembre 2002 e la metà di marzo 2003 gli ispettori condussero 750 ispezioni in 550 siti (da CBS news).

5 febbraio - Leader monarchico d'opposizione, Saddam andrà in esilio
Sharif Ali bin Hussein, uno dei possibili successori di Saddam Hussein, è convinto che il dittatore iracheno cercherà di salvarsi fuggendo in esilio. «La domanda non è se va in esilio, ma quando». (Ansa)


7 febbraio - Berlusconi chiede pressione internazionale per esilio
Berlusconi ha sottolineato la necessità di esercitare in modo compatto una pressione su Saddam allo scopo di evitare la guerra: «Solo una pressione internazionale convincerà Saddam Hussein ad andare in esilio» (notizia di agenzia). (AGI di seguito): Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sta riflettendo con gli alleati se "varrà la pena incontrare Aziz". Berlusconi ha chiesto a Gheddafi di mediare con l'Iraq e "è in attesa di una risposta". L'Italia vede con favore l'esilio di Saddam Hussein per mettere a Baghdad "un Karzai iracheno".


8 febbraio – Il quotidiano “La Stampa” dà notizia del memorandum riservato trasmesso da Berlusconi a Tripoli a Gheddafi sulla proposta di esilio.
Igor Man scrive: «il Premier [Berlusconi], ci rivela essere in corso una grossa operazione diplomatica: Berlusconi ha chiesto a Gheddafi, sì ad al Qaid, la Guida, insomma al Colonnello dalle sette vite e dalle settecento uniformi, se fosse disposto a far da “intermediario”. In verità si tratterebbe di far pressioni su Saddam Hussein affinché il dittatore si rassegni all'esilio (dorato) così salvando l'innocente popolo iracheno ch'egli, il raiss, giura (sul Corano, ovviamente) di amare più di se stesso (e qualcuno magari gli crede). Gheddafi si sarebbe detto “disponibile”, tanto da spedire il suo ministro degli Esteri (il diplomatico-poeta che fu già graditissimo ambasciatore a Roma) a via del Plebiscito, sede operativa del Premier. All'ottimo Shalgam che gli portava un «appunto» di Gheddafi il nostro presidente del Consiglio avrebbe affidato una sorta di memorandum da consegnare urgentemente al Colonnello. Non si poteva fare tutto per fax o e-mail o col cifrato? No: l'elettronica è oramai un libro aperto, meglio tornare al bocca-orecchio, come ai tempi di Lawrence d'Arabia. Va qui detto che l'iniziativa è partita da Gheddafi. Ad Addis Abeba per quel vertice africano, il Colonnello, a precisa domanda della immancabile Cnn ha risposto d'esser pronto a far da mediatore. “Mi piacerebbe salvare la pace internazionale” , ha detto. E il nostro Premier ha colto al volo la disponibilità di al Qaid col quale, del resto, aveva diciamo così simpatizzato durante la recente visita di Stato del Nostro a Tripoli. [...] Ammuina anche il palazzo fatto costruire da Gheddafi a Tripoli per ospitare Saddam, se all'ultimo secondo decidesse di andare in esilio? Lo sapremo presto».
Berlusconi ha trasmesso a Tripoli un memorandum riservato «con le indicazioni della soluzione che potrebbe essere accettata da Saddam Hussein». Si parla di una località blindata, in Libia dove il Raiss potrebbe trovare rifugio. Gheddafi ha preso l'impegno di discutere con il diretto interessato anche se finora non è arrivata risposta. Difatti nel caso in cui da Tripoli non giungesse risposta, ha in animo di fare opera di convincimento su un interlocutore ancor più diretto: Tareq Aziz. (agenzie del 7 febbraio)


13 febbraio - Colin Powell continua a lavorare per la soluzione esilio. Nell'audizione alla Camera dei Rappresentanti descrive le attività per questa ipotesi
Si sta studiando «dove, con quali protezioni e come esattamente mettere in atto questa operazione». È la prima volta che la Casa Bianca ammette, ai massimi livelli, che non sta solo "incoraggiando" il raìs a lasciare il Paese per evitare la guerra, ma che sta attivamente elaborando l'ipotesi del suo esilio. «Non ne stiamo solo discutendo, siamo in contatto con una serie di paesi che si sono dimostrati disponibili a far arrivare questo messaggio al regime iracheno».

16 febbraio - Pannella: bene De Villepin, «quintuplichiamo o quadruplichaimo il numero degli ispettori». La proposta “Iraq libero!” può riunificare la posizione ormai spaccata dell’UE. Rinviare l’intervento militare
«Domani al Consiglio europeo l’avremmo potuta riunificare con la nostra proposta, perché, torno a dire, la posizione francese che dice «quintuplichiamo o quadruplichaimo il numero degli ispettori e facciamoli accompagnare da una forza armata dell’Onu come scorte e non come esercito di occupazione, e diamo il tempo a questo piccolo esercito di ispettori di fare il loro lavoro» a me va benissimo, ma bisogna vedere 1) se Saddam accetta 2) se l’accetta la politica cogliona americana

16 febbraio - Powell torna sulla proposta esilio al vertice delle Azzorre tra USA, Gran Bretagna e Spagna
Powell ribadisce che la guerra può essere ancora evitata se Saddam Hussein e i suoi principali collaboratori lasceranno il potere ed andranno in esilio.


16 febbraio - Riunione del Consiglio ministeriale della Lega Araba alla presenza del commissario europeo alle relazioni esterne, Chris Patten e del presidente di turno dell'Ue, Ghiorgos Papandreou
[...] La riunione del Consiglio ministeriale della Lega Araba, in corso al Cairo stenta a trovare concordia sulla data del vertice straordinario sulla crisi irachena, sollecitato dal presidente egiziano Hosni Mubarak e, almeno in teoria, unanimemente accettato. La proposta è che i capi di stato arabi si riuniscano il 27 e 28 febbraio in sessione straordinaria a Sharm El Sheikh per discutere sull'Iraq e quindi il primo marzo si aprano i lavori del summit annuale dedicato agli altri problemi della regione. [...] Ad incrinare il clima di unitarietà è venuto anche un altro segnale: l'improvviso allontanamento del ministro degli esteri saudita, Saud Al Faysal, per un vivace scambio di vedute con i colleghi del Qatar e dell'Iraq. Si era già diretto con la sua automobile all'aeroporto, quando l'abilità diplomatica del segretario generale della Lega, Amr Mussa, è riuscita a farlo ritornare sui suoi passi. Il piccolo giallo si è svolto sotto gli occhi di decine di giornalisti di vari paesi in attesa nel cortile della sede della Lega Araba, al centro del Cairo, mentre veniva anche diffusa un bozza del progetto di risoluzione finale della riunione. [...] Nota insolita, la presenza durante la prima parte della riunione di ospiti ammessi in via del tutto eccezionale: il commissario europeo alle relazioni esterne, Chris Patten ed il ministro degli esteri greco ora presidente di turno dell'Ue, Ghiorgos Papandreou, che aveva già avuto contatti con i governi arabi durante una visita nell'area due settimane fa. Evidente scopo dell'invito rivolto ai due dal segretario della Lega Araba è il tentativo di sottolineare una possibile cooperazione arabo-europea per disinnescare l'azione militare annunciata da Usa e Gran Bretagna. [...] Nelle settimane scorse è circolata più volte l'ipotesi di un'azione diplomatica araba per offrire un esilio sicuro al rais di Baghdad (il Cairo poteva essere in testa alla lista). Ma nessun riferimento a questa possibilità emerge dal progetto del documento finale [...] non essendosene neppure accennato nella riunione preliminare di stanotte, secondo quando ha reso noto il capo della diplomazia irachena, Naji Sabri [L'uomo della Cia, ndr]. (Ansa – Il Cairo, di Remigio Benni).




17 febbraio - Il Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne (CAGRE) straordinario di Bruxelles: «L’uso della forza dovrebbe essere solo l’ultima risorsa». Ma nessun riferimento all’esilio
«L’obiettivo dell’Unione nei confronti dell’Iraq rimane il pieno ed effettivo disarmo in applicazione delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare della risoluzione 1441. Vogliamo raggiungere questo obiettivo in maniera pacifica. È chiaro che è proprio questo che vogliono i popoli d’Europa. La guerra non è inevitabile. L’uso della forza dovrebbe essere solo l’ultima risorsa. È il regime iracheno che deve porre fine a questa crisi ottemperando alle richieste del Consiglio di Sicurezza».

18 febbraio - Un gruppo di rappresentanti delle chiese americane e della Chiesa anglicana incontrano Blair e il segretario di stato Clare Short: l'obiettivo è rimuovere Saddam
Ecco le possibili linee d'azione emerse dai colloqui: rimuovere Hussein e il partito Baath dal potere; perseguire un disarmo coercitivo e il raggiungimento della democrazia in Iraq; organizzare un massiccio sforzo a sostegno immediato della popolazione irachena (dal Washington Post).

19 febbraio - Berlusconi in aula: «Stiamo operando per convincere Saddam ad accettare l'esilio».
Presidente del Consiglio dei ministri: «Stiamo operando ed abbiamo operato per questa soluzione; non soltanto per questa soluzione, ma anche per cercare il modo di poter offrire, a chi dovesse accettare la via dell'esilio, opportune garanzie, con l'autorevolezza di enti internazionali che le possano poi mantenere. Abbiamo operato per certi sistemi di disvelamento delle armi e degli arsenali, che ancora non sono stati evidenziati; abbiamo operato, e stiamo operando, per convincere il dittatore a dare garanzie precise alla comunità internazionale: per esempio, dando spazio all'opposizione entro un periodo di tre mesi, garantendo libere elezioni entro un periodo determinato, garantendo i diritti civili ed i diritti umani. Tutto questo lo stiamo facendo in un ambito di riservatezza - che è d'obbligo - non soltanto con un paese arabo, che si è offerto per la mediazione, ma con diversi paesi, tenendo costantemente informati al riguardo l'Amministrazione americana ed il Presidente di turno del Consiglio dell'Unione europea Kostas Simitis».

19 febbraio - Franco Frattini Ministro degli Esteri contrario alla Mozione per l'esilio
«Abbiamo provato a spingere Saddam in esilio», fa mettere a verbale il ministro degli Esteri, Franco Frattini, «ma abbiamo ricevuto una risposta inequivocabilmente negativa. Chiedo che la mozione venga ritirata».

19 febbraio - La Camera dei Deputati del Parlamento italiano vota la proposta “Iraq Libero!”
Il testo della Mozione:
«La Camera, premesso che il punto di partenza per una soluzione politica della questione irachena risulterebbe essere l'esilio del dittatore Saddam Hussein;
impegna il Governo a sostenere presso tutti gli organismi internazionali e principalmente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l'ipotesi di un esilio del dittatore iracheno e sulla baso dei poteri conferitigli dalla Carta dell'ONU della costituzione di un Governo provvisorio controllato che ripristini a breve il pieno esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali di tutti gli iracheni».

santiago
19-09-09, 13:13
Dal colloquio tra Bush e Aznar in Texas
all’impegno dei paesi arabi nei vertici mediorientali
sabotato da Gheddafi

22 febbraio - Bush ad Aznar: «Gheddafi ha detto a Berlusconi che Saddam se ne vuole andare»
Quattro settimane prima dell'invasione dell'Iraq, il presidente George Bush incontra nel suo ranch di Crawford, in Texas, l'allora premier spagnolo José Maria Aznar e lo informa che è giunto il momento di attaccare l'Iraq. Il collegamento telefonico partecipano Blair e Berlusconi. Dal testo desecretato e pubblicato da El Pais nel 2007.
Bush: Gli egiziani stanno parlando con Saddam Hussein. Sembra che abbia fatto sapere che è disposto ad andare in esilio se gli permetteranno di portare con sé un miliardo di dollari e tutte le informazioni che desidera sulle armi di distruzione di massa. Gheddafi ha detto a Berlusconi che Saddam se ne vuole andare.
Aznar: «È vero che esistono possibilità che Saddam Hussein vada in esilio?».
Bush: «Sì, esiste questa possibilità. C'è anche la possibilità che venga assassinato».
Aznar: «Esilio con qualche garanzia?».
Bush: «Nessuna garanzia. È un ladro, un terrorista, un criminale di guerra. A confronto di Saddam, Miloševic sarebbe una Madre Teresa. Quando entreremo, scopriremo molti altri crimini e lo porteremo di fronte alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja. Saddam Hussein crede già di averla scampata. Crede che Francia e Germania abbiano fermato il processo alle sue responsabilità. Crede anche che le manifestazioni della settimana scorsa (sabato 15 febbraio, n. d. r) lo proteggano. E crede che io sia molto indebolito. Ma la gente che gli sta intorno sa che le cose stanno in un altro modo. Sanno che il suo futuro è in esilio o in una cassa da morto.
Aznar: «In realtà, il successo maggiore sarebbe vincere la partita senza sparare un solo colpo ed entrando a Baghdad».
Bush: «Per me sarebbe la soluzione perfetta. Io non voglio la guerra. Lo so che cosa sono le guerre. Conosco la distruzione e la morte che si portano dietro. Io sono quello che deve consolare le madri e le vedove dei morti. È naturale che per noi questa sarebbe la soluzione migliore. Inoltre, ci farebbe risparmiare 50 miliardi di dollari»

22 febbraio - Pannella: Giordania, Egitto ed Arabia Saudita lavorano per l’esilio.
Poi avverte: «Attenti a non illudersi di creare pace attraverso Gheddafi»




24 febbraio - Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne (CAGRE) di febbraio. Presenti dei leader della Lega Araba. Nessun riferimento ufficiale all’esilio.
Durante la colazione i Ministri hanno discusso la questione del Medio Oriente nonché dell'Iraq, in presenza del Presidente della Lega araba, sig. Hammoud, e del Segretario Generale della Lega araba, sig. Moussa.

24 febbraio - L'Iraq deposita una richiesta presso la Lega Araba per il rinvio del vertice oltre il 14 marzo
L'Iraq ha depositato ieri una richiesta presso la Lega araba domandando il rinvio del vertice al di là del 14 marzo, secondo la catena televisiva Al-Jazira che cita Hicham Yussef, portavoce della Lega araba. (Ap)

26 febbraio - Saddam a Cbs, nega legami con Al Qaida
In un'intervista con la Cbs il presidente iracheno Saddam Hussein ha negato di avere alcun legame con al Qiada e ha detto che non pensa affatto di andare in esilio per scongiurare un attacco degli Stati Uniti all'Iraq. In un'intervista di tre ore con il conduttore delle Evening News Dan Rather, Saddam ha detto anche che «l'Iraq non ha mai avuto alcun legame con al Qaida e penso che lo stesso bin Laden di recente abbia detto che non abbiamo relazioni con lui», ha detto Saddam. A prosposito dell'esilio, il leader iracheno ha detto: «Moriremo qui, moriremo in questo paese e manterremo il nostro onore». (Ansa- New York).



1 marzo - Intervento anche di Papandreu presidente di turno dell'Unione europea al Summit Lega Araba a Sharm El Sheik: espresso sostegno all'iniziativa del mondo arabo per una soluzione pacifica
«La guerra non è inevitabile». Papandreou ha ribadito la necessità che Saddam Hussein si attenga pienamente alla Risoluzione n.1441 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed ha espresso sostegno all'iniziativa del mondo arabo per individuare una soluzione pacifica alla crisi irachena. Facendo riferimento al clima riscontrato durante la sua recente visita negli Stati Uniti, Papandreou ha sottolineato la necessità che l'Iraq disarmi perché «altrimenti la guerra sarà certa».


1 marzo - Gheddafi manda a monte il Summit arabo. Emirati Arabi avevano pronto un documento proposto e accattato da Saddam
Il vertice della Lega araba, che nessuno voleva, si è concluso al buio, con una dichiarazione del segretario generale Amr Moussa, che ha annunciato l'accordo sul «netto rifiuto di un attacco all'Iraq» e sul no alla «partecipazione ad azione militari» contro il Paese fratello. L'imprevisto, che sicuramente molti hanno benedetto, ha evitato la discussione sulla proposta del leader degli Emirati Arabi Uniti, che ha scritto quel che molti suoi colleghi dicono soltanto nel privato: che Saddam se ne deve andare «per il bene del popolo iracheno e in nome della pace». Nel documento si legge che al raiss vengono date «due settimane per decidere», con garanzia di impunità per se, famigliari e gerarchi, e con l'impegno a un'amnistia generalizzata sotto il controllo della Lega araba e dell'Onu, che saranno i provvisori supervisori di tutto. Però mentre le agenzie di stampa cominciavano a diffondere il progetto, già fioccavano le critiche e si moltiplicavano le pressioni perché l'emiro ritirasse la proposta. A quel punto soltanto un evento straordinario avrebbe potuto evitare la discussione. E l'evento straordinario l'ha prodotto il colonnello Gheddafi, che già aveva strappato la scena in mattinata, arrivando all'albergo del summit con due auto più del consentito. (…)Però Gheddafi aveva in serbo ben altre sorprese. Ha deciso di parlare a braccio, ha detto di voler imitare «mio figlio, il presidente Bashar», provocando il risentimento del giovane leader siriano, infine ha attaccato a testa bassa la leadership saudita, accusandola di essere al servizio degli Usa. (…)era troppo anche per la distratta regia egiziana. Tutti i collegamenti con la sala sono stati sospesi. (…) Nessun documento ufficiale soltanto la dichiarazione letta da Amr Moussa. (Il Corriere della Sera, Antonio Ferrari)


Gli Emirati Arabi avevano raggiunto l’accordo con Saddam. Dopo 4 visite a Bagdad
Muhammad bin Zayed al-Nahyan, Principe di Abu Dhabi e figlio dell'ultimo Presidente Sheik Zayed al-Nahyan, ha spiegato sabato al canale d'informazione pan-arabo Al Arabiya che suo fratello aveva ricevuto il consenso di Saddam Hussein di andare in esilio prima dell'invasione del paese in cambio della concessione dell'amnistia e di garanzie di protezione. La rivelazione dello Sceicco è la prima ufficiale dichiarazione secondo cui Saddam Hussein stava considerando la possibilità di cedere il potere, come richiesto in occasione del meeting della Lega Araba convocato d'urgenza a Sharm el Skeik nel Marzo del 2003, prima dell'invasione militare dell'Iraq. La proposta avanzata durante il meeting si proponeva di evitare il conflitto. "Noi abbiamo ottenuto l'assenso definitivo delle differenti parti, dei principali protagonisti a livello mondiale e della persona interessata, Saddam Hussein". Un ufficiale degli Emirati Arabi, parlando in anonimato perché non autorizzato a discutere della vicenda, ha affermato che una delegazione del suo paese ha incontrato Saddam Hussein in quattro occasioni. Ha affermato che Saddam è apparso preoccupato per la crisi in atto e che il Leader iracheno ha chiesto alla Lega Araba di sostenere l'offerta. «Saddam ha accettato la possibilità» ha riferito l'ufficiale. «Fino all'ultimo minuto l'idea era stata accolta». Lo sceicco Abdullah bin Zayed al-Nahyan, Ministro dell'Informazione e della Cultura degli Emirati Arabi Uniti, ha anche comunicato che Saddam "avrebbe accolto positivamente la nostra proposta". (New York Time 2 novembre 2005)


2 marzo - Pannella fa nuovamente appello alla necessità di raccogliere proposta francese su osservatori per ritardare l’inizio della guerra
«La Francia aveva una posizione che poteva andare benissimo proprio nella prospettiva che noi indicavamo: quanto più ormai sono chiari i successi e gli insuccessi della decisione dell’esibizione della mobilitazione militare anglo-americana».

3 marzo - «Il Consiglio del Golfo sostiene l’esilio di Saddam ma aspetta un pronunciamento della Lega Araba»
Il Consiglio per la Cooperazione del Golfo, massimo organo dell'Alleanza degli Stati del Golfo Persico, oggi ha respinto la proposta degli Emirati Arabi Uniti di persuadere Saddam ed il suo Governo ad andare in esilio per evitare la guerra. Infatti, nonostante il parere positivo di paesi come Kuwait, Qatar, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Giordania, il Consiglio ha affermato che la proposta potrà essere accolta solo con il consenso della Lega Araba.


5 marzo - Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Bahrein portano la proposta al Vertice in Quatar
Sfocia negli insulti anche il summit dell'Organizzazione della Conferenza Islamica (Oci) che si svolge a Doha, nel Qatar, il terzo incontro ad alto livello fra i Paesi arabi e musulmani nell'arco di una settimana per tentare di evitare un conflitto in Iraq. [...] I 57 Paesi dell'Oci (non tutti con interessi diretti nella regione, ma uniti dalla comune religione, compresa la laica Turchia) sono divisi sulla possibilità di ottenere la pace mantenendo Saddam Hussein al potere. Questa è in effetti la soluzione favorita dalla maggioranza, compresi molti governi della regione che preferiscono il rais ad un vuoto di potere capace di generare gravi incognite politiche ed economiche. Tuttavia il fronte che difende la proposta dell'esilio per Saddam sembra essersi allargato: anche il Kuwait, dopo gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, si è espresso a favore dell'allontanamento del rais, con precise garanzie per quanto riguarda la sua impunità internazionale. [...]. Dal documento finale è scomparso ogni riferimento all'ipotesi dell'esilio di Saddam, secondo la proposta formulata dagli Emirati Arabi Uniti, che prevede la rinuncia volontaria di Saddam e la sua partenza in esilio entro due settimane di tempo dal momento in cui la decisione verrebbe adottata, un'idea che ha ricevuto pieno appoggio dal Kuwait e dal Bahrain. L'impossibilità di discuterne con i vertici iracheni era apparsa infatti chiara già pochi minuti dopo l'inizio dell'intervento di Izzat Ibrahim, il numero due del Consiglio di Commando Rivoluzionario iracheno. «Stai zitto, cane» hanno iniziato a gridare i rappresentanti del Kuwait, nel momento in cui l'iracheno ha iniziato a criticare il ruolo del Kuwait, dove sono dispiegati 150mila soldati americani e britannici destinati ad un possibile attacco all'Iraq. «State zitti voi, servi, agenti degli Stati Uniti, scimmie» ha replicato Ibrahim. «Bugiardo» ha detto ancora il ministro dell'Informazione kuwaitiano, Ahmed Fahd al Sabah, che si è alzato in piedi sventolando un piccolo vessillo nazionale. A questo punto è intervenuto anche il ministro degli Esteri kuwaitiano, Sabah al Ahmed che pochi minuti prima aveva invitato la leadership irachena a dimettersi ed accettare l'esilio, unica via d'uscita da un conflitto rovinoso per la regione. [...] La delegazione irachena ripartirà da Doha con la netta sensazione che la proposta degli Emirati Arabi Uniti abbia ottenuto un certo sostegno. (Adnkronos)



5 marzo - Blair: guerra evitabile con pieno disarmo o esilio Saddam
«Ancora adesso la guerra può essere evitata»: con questo incipit, che sottolinea l'avvicinarsi dell'inevitabile, Tony Blair ha esposto al parlamento la casistica dell'epilogo pacifico della crisi irachena. Le possibilità, ha spiegato il premier britannico, sono due: o Saddam si piega senza riserve alle risoluzioni Onu o abbandona il potere. (Ap)



6 marzo: Il presidente Bush corre verso la guerra
In una conferenza stampa l'annuncio che il tempo sta per esaurirsi per il processo delle ispezioni delle Nazioni Unite e per Saddam Hussein.

santiago
19-09-09, 13:13
Gli ultimi tentativi per evitare la guerra attraverso l’esilio




7 marzo – Ministri degli esteri di Egitto, Libano, Tunisia, Siria e della Lega Araba si recheranno a Baghdad per chiedere a Saddam di lasciare il paese ed evitare cosi la guerra
Fonti ufficiali arabe riferiscono che i Ministri degli Esteri di Egitto, Libano, Tunisia, Siria e della Lega Araba si recheranno a Baghdad per chiedere a Saddam di lasciare il paese ed evitare cosi la guerra. Gli Stati Uniti hanno confermato che Saddam è l'unico che può evitare il conflitto accettando le condizioni poste, disarmando oppure andando in esilio. L'Ambasciatore pakistano preso l'ONU, Munir Akram, ha affermato inoltre che l'eventuale proposta dell'esilio di Saddam deve contenere anche garanzie per la sua immunità da ogni accusa per crimini di guerra.


12 marzo - Appello sottoscritto da 37 nomi illustri, compresi cinque ex ministri, per chiedere l'esilio di Saddam e un'amministrazione Onu ad interim in Iraq
Dal Rapporto dell’Insitute for War and Peace Reporting sulle attività degli esuli dell’Iraqi Group:
Un gruppo di esiliati non schierati politicamente si oppongono ai piani americani di occupazione del loro paese e si stanno organizzando per promuovere un'amministrazione Onu ad interim in Iraq, che getti le basi per una nuova democrazia irachena, libera dal controllo americano. Gli esiliati, noti come l'“Iraqi Group”, hanno fatto la loro prima apparizione lo scorso mese, quando lanciarono un appello a Saddam Hussin affinché abbandonasse volontariamente il potere per salvare l'Iraq dalla guerra e dai “conseguenti disastrosi sviluppi”. L'appello è stato firmato da 37 nomi illustri in esilio, compresi cinque ex ministri – tra cui il più famoso è l'ex-ministro Adnan Pachachi – professori e giornalisti. In pochi giorni la loro domanda per l'allontanamento nonviolento di Saddam è stata appoggiata anche da uno dei maggiori statisti del mondo arabo, il presidente degli Emirati Arabi Uniti Zayed ibn Sultan an Nahayan.

12 marzo - Berlusconi: i tentativi vanno avanti
Secondo Berlusconi i tentativi di convincere Saddam all'esilio vanno avanti e Bush è il primo a non volere una guerra ad ogni costo (notizia di agenzia).

13 marzo - Intervista di Bruno Vespa a Franco Frattini (ministro degli esteri italiano): «Il piano non esiste».
Bruno Vespa: «E l'idea di un'autorità dell'Onu operativa in Iraq?»
Franco Frattini: «Il governo iracheno ha deciso di aprire le porte a un protettorato Onu? Qualcuno ha chiesto la firma di Saddam in calce a questa ipotesi? (...) Il problema (…) è che il piano non esiste. È sbagliato far credere all'opinione pubblica che ci siano opzioni di politica estera e militare in realtà prive di fondamento (...). La sinistra (...) ha chiesto nella settimana che sta per concludersi un dibattito parlamentare e una votazione sul piano franco-tedesco che nessuno di noi ha visto. Questo esempio basta da solo a dimostrare quali siano le conseguenze di notizie costruite a tavolino. Era possibile andare davanti alle Camere in queste condizioni?» (da Panorama).


13 marzo - Rinviata missione Diplomatica Lega Araba a Baghdad
È stata rimandata la missione a Baghdad di una delegazione dei Ministri degli Esteri della Lega Araba. I diplomatici avrebbero dovuto incontrarsi in Bahrain con il sovrano dell'emirato, lo sceicco Hamad bin Isa Al Khalifa, per poi partire alla volta della capitale irachena, ma i rappresentanti di Siria e Libano non avrebbero dato la loro disponibilità. Precedentemente il presidente siriano Bashir Assad aveva criticato l'iniziativa diplomatica, definendola «una maniera di legittimare la guerra che verrà». (Ap)


14 marzo – S'interrompe la censura contro Pannella per la prima ed ultima volta in una TV italiana in prima serata per discutere di Iraq
In studio Magdi Allam che concorda con la Campagna ma sostiene che il tempo è scaduto: «l'esilio sarebbe stata l’unica alternativa alla guerra»

14 marzo – Vaticano: nunziatura a Baghdad resta aperta
Mentre da giorni le ambasciate dei vari Paesi hanno organizzato l'esodo da Baghdad, la Santa Sede ha annunciato che la nunziatura irachena resterà aperta anche in caso di conflitto. Gli osservatori hanno colto l'annuncio con una certa preoccupazione, anche per la sua ufficialità: una dichiarazione scritta in cui il portavoce Joaquin Navarro-Valls precisa che «la nunziatura di Baghdad rimarrà aperta anche nel caso di un eventuale intervento armato nel Paese» visto che «è tradizione costante della Santa Sede che i suoi rappresentanti diplomatici rimangano vicini alle popolazioni presso cui sono inviati, anche in situazioni di estremo pericolo».


15 marzo - Giro di colloqui di re Abdallah di Giordania con leader golfo
Re Abdallah II di Giordania è partito per colloqui con il presidente degli Emirati Arabi Uniti (Eau), Sheikh Zayed bin Sultan Al Nayan, e con l'emiro del Qatar, Sheikh Hamad Bin Khalifa Al Thani, incentrati sulla crisi irachena. Lo ha reso noto il palazzo reale con un comunicato. Al vertice arabo del primo marzo, gli Eau avevano fatto circolare una proposta in cui si offrivano al presidente iracheno Saddam Hussein garanzie per la propria incolumità e impunita qualora avesse scelto di andare in esilio. La proposta, mai ufficialmente discussa al summit, ha ricevuto l'appoggio dell'Arabia Saudita e delle altre monarchie petrolifere del Golfo. Il documento degli Eau rifletteva contatti semi-segreti fra diversi leader arabi, incluso re Abdallah, che avevano pensato di chiedere formalmente a Saddam Hussein di acconsentire a lasciare il potere per evitare un attacco militare Usa contro il suo Paese. La Giordania è contraria ad una seconda Guerra del Golfo, ma ha ammesso la presenza nel Paese di migliaia di truppe e forze speciali americane. (Ansa – Amman)



16 marzo - Powell crede ancora nella possibilità d’esilio. Bush invece firma la direttiva per affidare il dopo Saddam ad autorità iracheni di tutti i gruppi religiosi
Vertice della Azzorre tra Usa, Gran Bretagna e Spagna: Bush ha firmato una direttiva secondo la quale sarà un'autorità ad interim composta da iracheni di tutti i gruppi religiosi ad assumere alcune funzioni governative dopo la caduta di Saddam. Powell ha affermato che la guerra può essere ancora evitata se Saddam Hussein e i suoi principali collaboratori lasceranno il potere ed andranno in esilio.



17-18 marzo – Clamorosa rivolta contro Blair: si dimettono 4 ministri inglesi
Clamorose dimissioni dei ministri inglesi Cook, Ministro per i rapporti con il Parlamento, Lord Hunt Ministro della Sanità, John Denham Ministro degli Affari Interni e Claire Short, Vice Ministro degli esteri.


17 marzo - Il presidente Bush esprime il suo ultimatum definitivo
«Saddam Hussein e i suoi figli devono lasciare l'Iraq entro 48 ore. Il loro rifiuto di andare si tradurrà in conflitto militare che inizierà in un momento a nostra scelta».

17 marzo – La risposta di Saddam
Saddam Hussein in giornata aveva detto di sperare ancora che il conflitto ''non ci sara' '', ma in caso di attacco ha promesso comunque la disfatta degli Stati Uniti. «Speriamo - ha detto Saddam ricevendo il ministro degli esteri tunisino Habib ben Yahia sotto le telecamere della tv di stato - che la guerra non ci sia per non dover mettere alla prova, per grazia di Dio, il coraggio e la resistenza del nostro popolo. Ma siamo pronti - ha aggiunto - a sacrificare le nostre anime, i nostri figli e le nostre famiglie per non abbandonare l'Iraq. E lo diciamo affinché nessuno pensi che l'America è in grado di spezzare la volontà degli iracheni con la forza delle armi. Se la guerra arriverà - ha detto il 'rais' - noi vinceremo». [...] (Ansa – Beirut/Baghdad)

18 marzo - Diffusi in USA i dati di un sondaggio del 23 gennaio della Gallup Pool
il 62% afferma di essere d’accordo con il consentire che Saddam vada in esilio senza persecuzioni per evitare la guerra


18 marzo - Saddam rifiuta ultimatum, Uday: niente esilio, battaglia sarà sanguinosa
La dirigenza irachena, al termine di una riunione presieduta da Saddam Hussein, ha rifiutato l'ultimatum statunitense che impone al rais e ai suoi due figli la scelta fra l'esilio volontario o la guerra. È quanto riferisce la rete televisiva irachena al-Shabab. La posizione di Saddam è stata resa nota con un comunicato diffuso dalla Tv di Stato, secondo cui nel corso di «una riunione del Comando del consiglio della rivoluzione (massimo organo decisionale del Paese, presieduto dallo stesso Saddam, ndr) è stato affermato che l'Iraq non sceglie il suo cammino in base agli ordini di stranieri e non sceglie i suoi leader in base ai decreti di Washington, Londra o Tel Aviv, ma attraverso la volontà del grande popolo iracheno». Nel comunicato si afferma inoltre che «l'Iraq e tutti i suoi figli sono assolutamente pronti a confrontarsi con gli invasori e a respingerli», ha aggiunto l'emittente, mostrando immagini di Saddam Hussein che presiedeva la riunione in abiti militari. L'emittente al Shabab, diretta da Uday Hussein, figlio maggiore del presidente, ha dal canto suo riferito che lo stesso Uday ha dato ordini affinché i Fedayin di Saddam, una milizia paramilitare da lui diretta, si riuniscano nelle caserme. In precedenza, Uday Hussein aveva già fatto sapere che Baghdad respinge ogni ipotesi di esilio del presidente. In un comunicato Uday ha inoltre affermato che la proposta di esilio «giunge da una persona che non è completamente in sé... la proposta dovrebbe essere che Bush lasci il suo ufficio in America, lui e la sua famiglia». Egli ha inoltre ammonito che «le vedove e le madri degli americani che si scaglieranno contro di noi piangeranno sangue, non lacrime». (Ap)


18 marzo - Usa, truppe americane in Iraq in ogni caso
La Casa Bianca ha dichiarato che le truppe americane e i loro alleati «entreranno in Iraq in ogni caso», con la forza o in modo pacifico. Il portavoce presidenziale Ari Fleischer ha detto oggi che anche se Saddam Hussein dovesse andare in esilio, vi sarebbe un ''ingresso pacifico'' delle truppe americane in Iraq. Fleischer ha chiarito oggi che ''l'ingresso pacifico'' delle forze della coalizione in Iraq, per distruggere le armi di sterminio, avverrebbe anche nel caso di una decisione di Saddam di andare in esilio. (Ansa)





19 marzo - Bonino e Pannella scrivono a Bush e Blair ribadendo la necessità del rinvio dell’inizio delle operazioni militari
«Il regime infame di Saddam è in disfacimento, la sua caduta e la liberazione dell’Iraq sono ormai acquisiti. Soprassedete ai termini dell’ultimatum! Senza cadaveri e senza il massacro che il solo Saddam ormai vuole, sarà il trionfo della democrazia, della vita, della pace».

19 marzo - L'Arabia Saudita ufficializza la proposta di esilio per Saddam
A meno di 20 ore dalla scadenza dell'ultimatum anglo-americano a Saddam Hussein, l'Arabia Saudita ha proposto ufficialmente che il presidente iracheno Saddam Hussein vada in esilio come estremo tentativo di evitare la guerra. Lo ha reso noto una fonte saudita parlando con l'agenzia Reuters. Secondo la fonte «il regno, e altre parti, stanno esercitando il massimo sforzo per prevenire una guerra devastante e hanno proposto l'idea dell'esilio per Saddam... e la sua famiglia».
[...] Nei giorni scorsi, del resto, il ministro degli Esteri saudita Saud al-Faisal aveva sottolineato che Riad ha già offerto rifugio a ''parecchie persone'', tra cui l'ex premier pachistano Nawaz Sharif e l'ex dittatore dell'Uganda Idi Amin. (Ansa-Reuters – Riad)

19 marzo - Bahrein offre asilo a Saddam Hussein
Il Bahrain si è offerto di ospitare il dittatore iracheno, Saddam Hussein, in caso di esilio. Si tratta della prima offerta pubblica di un Paese del Golfo, in particolare dopo l'ultimatum lanciato dal presidente degli Stati Uniti, George W. Bush. «Il re del Bahrain ha annunciato di essere disponibile ad ospitare Saddam Hussein in maniera dignitosa, che non deve essere vista come un tentativo di minare la posizione dell'Iraq», ha scritto l'agenzia di stampa ufficiale del Bahrain riferendo le parole di Re Hamad bin Isa Al Khalifa. (Ap)

19 marzo - Fuga Aziz o esilio Saddam possibili anche dopo prime bombe
«Qualcosa accadrà, magari dopo i primi bombardamenti»: è il parere di Alexandre Adler, ex direttore del Courier International, che ha spiegato oggi in un'intervista all'Ansa che «le monarchie moderate del Golfo, Arabia Saudita, Qatar e Bahrein vogliono che Saddam se ne vada e fra i loro diplomatici c'è un grande attivismo. Ciò provoca divisioni feroci nell'entourage di Saddam, addirittura fra i suoi figli: Usay vorrebbe restare a oltranza, Uday consiglia di prendere tutti gli averi e andarsene. Fra i parenti di Saddam c'è battaglia in queste ore e non dimentichiamo che il rais ha un cancro per il quale è costretto a prendere farmaci fortissimi, che lo lasciano prostrato. Tutti hanno paura di dirgli la verità, perché temono vendette. L'atmosfera, direi, è shakespeariana''. Sulle voci di una fuga di Tareq Aziz, Adler ricorda che il figlio del vicepremier iracheno «è stato arrestato un anno fa per corruzione, un modo di ricattare il padre colpevole di aver preso iniziative diplomatiche moderate con l'Arabia Saudita dopo l'11 settembre. Dato che Saddam vive nel mito di Stalin, lo imita usando collaboratori che può tenere in pugno grazie al ricatto familiare.» [...] (Ansa - di Tullio Giannotti)



19 marzo - Estremi tentativi delle diplomazie arabe
Il premier giordano Ali Abul-Ragheb si è recato in Arabia Saudita per dei colloqui con il principe ereditario Abdullah, lo ha reso noto l'agenzia di stato giordana Petra. (Ap)


20 marzo - Qualche ora prima della scadenza dell'ultimatum bombardamento mirato per uccidere Saddam. Colpita la casa della figlia
A poche ore dalla scadenza dell'ultimatum a Washington vi è un improvviso cambiamento di piani - il direttore della CIA George Tenet ha ricevuto una notizia d'intelligence su dove Saddam Hussein starebbe passando la notte. Nel corso di un incontro con il Presidente Bush e il team di sicurezza nazionale si decide di lanciare un attacco a sorpresa all'alba, anticipando la scadenza dell'ultimatum con l'obiettivo di uccidere Saddam. Il precedente progetto di attacchi aerei ai luoghi in cui sono segnalati i membri della leadership irachena viene abbandonato.
Bombe Stealth e missili Cruise raggiungono l'obiettivo, che è la fattoria di Dora, dove le figlie di Saddam vivono. Ma la notizia di intelligence si rivela inesatta - Saddam non è lì.
Dopo alcune ore scatta l'operazione "Iraqi Freedom". (Pbs)

20 marzo - Pannella al Parlamento europeo: la guerra regalo dell’Europa di Vichy contro quella di Ventotene
«La guerra è il regalo che l’Europa legalitaria, la vostra Europa, ci fa. (…) Voi siete legali come Vichy! Siamo illegali come la resistenza irachena, come la resistenza europea. Noi vi diciamo adesso che impugneremo la battaglia per subito: pace fondata su diritto e libertà! Europa vile, Europa di Vichy! Non è l’Europa degli antifascisti in galera, l’Europa di Altiero Spinelli, l’Europa di Ernesto Rossi, l’Europa di coloro che davvero ci hanno dato il diritto di guardare anche gli eredi di Lafayette, come voi non li guardate, con il vostro vecchio odio fascista, comunista, papista, contro il mondo della riforma liberale e religiosa del mondo!»

santiago
19-09-09, 13:14
I tentativi a guerra iniziata e la fine di Saddam Hussein

21 marzo – La Campagna non si ferma con l'inizio della guerra: Pannella lancia appello al Governo italiano e al Presidente del Consiglio europeo in esercizio Papandreu in intesa con il Premier egiziano Mubarak di tornare a chiedere esilio a Saddam
«(…)chiediamo formalmente al Governo italiano di immediatamente proporre al Presidente del Consiglio UE in esercizio Papandreu, in molto probabile intesa con il Presidente egiziano Mubarak e con tanta parte degli Stati medio-orientali ed islamici che già lo hanno richiesto di tornare formalmente ad offrire a Saddam Hussein ed ai suoi l’immediata possibilità di esilio, garantendo loro naturalmente incolumità (e non la teoricamente impossibile impunità)».

23 marzo, 13.59 - Notizie dal Cairo: l’ambasciatore inglese ha consegnato una lettera di Blair a Mubarak, primo attore per le trattative su esilio
Il primo ministro britannico, Tony Blair, ha inviato oggi al presidente egiziano, Hosni Mubarak, un messaggio sulla crisi irachena tramite il suo ambasciatore al Cairo, John Sawers, che lo ha consegnato al ministro degli esteri, Ahme Maher. Dopo il colloquio, Sawers ha dichiarato ai giornalisti che la Gran Bretagna «deplora che la situazione in Iraq sia arrivata a questo punto. L'obbiettivo dell'operazione e' quello di creare condizioni che permettano all'Iraq di riunirsi alla comunita' internazionale come membro a pieno titolo, che rispetta le risoluzioni dell'Onu». «I paesi della coalizione - ha aggiunto il diplomatico - vogliono realizzare questo scopo con il minimo delle perdite di vite e di distruzione dell'Iraq, in modo che le ricchezze naturali siano restituite al popolo». (Ansa)

23 marzo, 19:41 - Bush, troppo tardi perché Saddam pensi di cavarsela lasciando il potere
Il presidente George Bush ha oggi espresso gratitudine perché ''il nemico non ha usato'' armi di distruzione di massa. Rispondendo a domande di giornalisti, alla Casa Bianca, dove stava tornando da Camp David, Bush ha aggiunto che è ''troppo tardi'' perché Saddam Hussein pensi di cavarsela lasciando il potere: «Ha avuto la sua possibilità di andarsene in esilio», ha ricordato. (Ansa)

24 Marzo - L'idea di esilio non sarebbe ancora completamente abbandonata da esponenti del mondo arabo.
Lo si ricava dalla lettura di una dichiarazione del ministro degli esteri saudita, l'emiro Saud al Faysal, pubblicata il 23 marzo sul sito internet 'Daralhayat.com', intitolata ''Lasciamo lavorare la diplomazia''.
''Saddam Hussein ora sa bene a che cosa va incontro il suo paese... e se sta chiedendo al suo popolo sacrifici per la difesa del suo paese, allora forse potrebbe pensare a quale sacrificio egli stesso potrebbe fare per difendere il suo paese''. Faysal aggiunge che il presidente Usa George Bush dovrebbe avviare negoziati con la dirigenza irachena e ''dare una possibilita' alla pace''.
L'Arabia Saudita, ovviamente - dice Faysal - non offrirebbe asilo a Saddam, ma potrebbe garantirgli ''un passaggio sicuro''. ''Ci sono altri paesi arabi che sono in posizione migliore'' per ospitare Saddam. Il Bahrein ha rinnovato la proposta di ospitare Saddam Hussein se dovesse decidere per l'esilio, riprendendo quella che era stata formulata, mai ufficialmente, dal presidente degli Emirati Arabi Uniti il primo marzo al vertice arabo di Sharm El Sheikh e la cui discussione era stata esclusa ufficialmente da qualsiasi altra riunione araba. Ieri il presidente egiziano, Hosni Mubarak, in una sua dichiarazione ha ripreso l'ipotesi di ''una soluzione politica necessaria'' per la crisi irachena, affermando che la guerra dovrebbe finire subito, così come aveva già detto a Bush quando il presidente Usa gli aveva telefonato giovedi 20 marzo, subito dopo l'avvio dell'attacco contro l'Iraq.







25 marzo - Frattini: manca la firma di Saddam
Radio Radicale intervista il ministro degli Esteri, Franco Frattini, sul progetto di Marco Pannella “Iraq Libero!”: «è una proposta saggia ed intelligente a cui manca solo la firma di Saddam Hussein. A raggiungere questo scopo può essere essenziale il ruolo svolto dalla Lega araba». Massimo D'Alema, presidente del maggiore partito di opposizione i Democratici di Sinistra, concorda su quest'ultimo punto, ma sottolinea soprattutto il valore della seconda parte dell'appello, quella che prevede la gestione da parte dell'Onu della ricostruzione post-Saddam.


22 luglio - Colpiti e uccisi i figli di Saddam
I due figli di Saddam Hussein, Uday e Qusay, vengono uccisi dai soldati americani in un raid contro una villa nei pressi di Mossul, nel Nord dell'Iraq. Per eliminare Uday e Qusay si ingaggia una aspra battaglia per circa sei ore. Condotti sull'obiettivo da una soffiata (da parte del proprietario della casa, che riceve i 30 milioni di dollari messi come taglia sulla coppia, si tratta di Sheik Nawaf Mohamed Zidan Al-Nassiri Al-Tikriti, secondo cugino delle «sue» vittime. Fa parte della loro stessa tribù, quella di Saddam Hussein), duecento uomini della 101.a Divisione aero-trasportata hanno dato l'assalto alla ricca abitazione dove pensavano che i due si
nascondessero. Dopo lo scontro, in cui è rimasto ucciso un ragazzo di passaggio e quattro civili e un militare americano vengono feriti, la villa è andata a fuoco. Dentro, i soldati americani hanno trovato quattro cadaveri, che testimoni descrivono come parzialmente carbonizzati e ''in cattivo stato''. Più tardi i corpi vengono identificati. Si tratta di Uday, il fratello minore Qusay, il figlio quattordicenne di quest'ultimo, e una loro guardia del corpo.
Uno dei portavoce del governo britannico, Gerard Russell, in visita a Bassora, afferma che la coalizione anglo-americana voleva giudicare, e non uccidere, Uday e Qusay. «Avremmo voluto farli giudicare, ma è accaduto quel che è accaduto», ha detto Russell, che ha parlato in arabo, una lingua che conosce bene.
«Una buona notizia»: così, riferiscono fonti della Casa Bianca, il presidente George W. Bush ha reagito alla conferma della notizia dell'uccisione di Uday e Qusay.
Il 24 luglio 2003 vengono pubblicate dai media occidentali le foto dei cadaveri dei due fratelli. (Ansa, integrazioni successive)

14 dicembre 2003 - Saddam catturato. Non è stato necessario sparare un solo colpo
«Sono le 10 in Italia, quando un ufficiale dell'intelligence informa i comandi che è stato individuato il nascondiglio di Saddam Hussein in una zona in cui si trovano due fattorie nei pressi del villaggio di Adwar, 15 chilometri a Sud di Tikrit, nel cuore del «triangolo sunnita», zona natale del deposto Raiss e roccaforte della guerriglia dei Feddayn. A indicare per la prima volta il luogo è un membro di una famiglia vicina al dittatore [...]. Il generale John Abizaid, comandante delle truppe in Iraq noto con il soprannome di «Arabo pazzo» guadagnatosi durante l'invasione di Panama, quando a essere catturato fu Manuel Noriega detto «Faccia d'ananas», vuole essere pronto a ogni evenienza e affida «Alba Rossa» a una forza d'attacco di seicento uomini. [...] [Presso] la fattoria più piccola, di modeste dimensioni, circondata da una cadente struttura di metallo e con una capanna di fango, due uomini tentano di allontanarsi e vengono bloccati, poi i militari notano un tubo (quello dell'areazione del nascondiglio) che spunta dal terreno. Secondo la ricostruzione fatta dal generale Raymond Odierno sono le 20,26 quando uno dei militari rimuove un cumulo di foglie, mattoni e detriti a pochi metri di distanza da un recinto per pecore. Sotto c'è un uomo alto con barba lunga, abiti sporchi, capelli disordinati e profonde occhiaie che dice: «Non sparate». L'ex Raiss assomiglia a un barbone, non è immediatamente riconoscibile, anche se le fattezze del volto alle truppe speciali sembrano quelle giuste. [...] Saddam sta in piedi in un buco nel terreno che misura due metri per neppure tre, largo appena a sufficienza per entrare e con l'unico comfort di un sistema di ventilazione interna per respirare. Ha la pistola al fianco ma non la usa, dice qualche parola, non oppone resistenza, si consegna. Ai soldati appare smarrito, quasi incapace di reagire, segnato dalla fatica di una fuga durata nove mesi, iniziata quel 9 aprile quando la sua statua venne abbattuta nel centro di Baghdad. Mentre la task force lo prende in consegna, dalla seconda fattoria, di dimensioni maggiori, escono di corsa due uomini, forse le guardie del corpo, catturate senza combattere dopo aver abbandonato i loro Kalashnikov in una stanza. Non lontano dal «buco da ragno» - come lo ha definito il generale Ricardo Sanchez - vengono trovati 750 mila dollari in biglietti da cento, parte dei 132 milioni ancora mancanti del miliardo di dollari ritirato dal figlio Qusay dai forzieri della Banca nazionale di Baghdad poco prima dell'attacco americano del 20 marzo. [...] La sua parabola [si chiude] quando viene fatto salire a bordo di un elicottero americano, alle 21.15 locali». (La Stampa, Maurizio Molinari)

30 dicembre 2006 - Ucciso Saddam Hussein
È stata eseguita la condanna a morte per l'ex presidente dell'Iraq Saddam Hussein. Ne hanno dato l'annuncio agenzie di stampa arabe e americane. L'esecuzione, così come era stato stabilito dal Tribunale speciale di Baghdad il 5 novembre scorso, e poi confermata al termine del processo di appello, è avvenuta intorno alle ore 4:05 ora italiana (le 6:05 in Iraq) fuori dalla zona verde di Baghdad. L'esecuzione è avvenuta tramite impiccagione e non tramite fucilazione, come aveva chiesto l'ex raìs, che voleva «evitare di essere ucciso come un bandito, preferendo la morte come si addice ad un soldato». Gli ultimi istanti di vita di Saddam sono stati filmati.

santiago
19-09-09, 13:15
Le ricostruzioni successive alla guerra

2 aprile 2003 - La ricostruzione delle trattative di Pierre-Jean Luizard, biografo di Saddam
«So da fonte sicura che negoziati del genere sono effettivamente esistiti. Non sono andati a buon fine perché Saddam Hussein voleva salvare gran parte del suo clan. Chiedeva un lasciapassare per una cinquantina di persone, mentre gli americani gli hanno lasciata aperta la porta solo per nove tra cui lui stesso, con la garanzia che sarebbero sfuggiti alla giustizia internazionale e che avrebbero potuto godere di una parte del gruzzolo che il regime è riuscito a mettere al riparo all'estero»

11 agosto 2003 - Rivelazioni ed indiscrezioni: Saddam aveva accettato l’esilio. Le figlie sono in Giordania con consenso Usa e i quadri del Partito Baath a Sana'a
Perché all’improvviso, la scorsa settimana, le figlie di Saddam Hussein sono uscite allo scoperto e sono apparse ad Amman, in Giordania, e perché il re di Giordania Abdullah ha dato loro il benvenuto? Fonti giordane vicine alla famiglia dell’ex-dittatore affermano che Raghdad e Rana Hussein, nelle settimane precedenti all’uccisione dei fratelli Uday e Qusay a Mosul, avrebbero inviato alcune persone a sondare il terreno in numerose capitali arabe ma spiegano pure che la tragica morte dei fratelli avrebbe convinto le sorelle ad accelerare la loro ricerca per un asilo sicuro.
La Giordania, con i suoi antichi e stretti legami con il regime di Saddam, è stata una scelta logica. Ma il re Abdullah ha esitato – affermano le fonti – cercando prima di ottenere l’assenso USA per un qualsiasi accordo sull’esilio. Solo dopo aver ricevuto l’assenso da Washington il re ha offerto alle sorelle ospitalità e protezione (…). La presenza delle sorelle in Giordana vede d’accordo anche l’amministrazione Bush. Gli americani sanno di poter contare sull’agenzia di intelligence di Abdullah, la Mukhabarat, per tenere un occhio su Raghad e Rana. «Sarebbe potuta andare peggio», spiega un ufficiale del Dipartimento di Stato. «Sarebbero potute andare in Libia o in Siria, dove non avremmo avuto alcun modo di seguire il loro operato (…)» (da the Time).


26 settembre 2007 - El Pais pubblica la trascrizione del colloquio di Crawford tra Bush e Aznar
La pubblicazione degli atti della conversazione che ebbero Bush e Aznar il 22 febbraio 2003 nella Ranch in Crawford pubblicata da El País il 26 settembre 2007, ha avuto diversi echi sulla stampa dei due paesi. El Pais per diversi giorni ci è tornato sopra con articoli di Ernesto Ekaizer (editorialista argentino che ha lasciato El Pais in polemica con il direttore nel gennaio 2008 e ora scrive su Público) che trattano in parte anche la questione dell'esilo.
La polemica sulla stampa americana raggiunse anche la conferenza stampa della portavoce della Casa Bianca, Dana Perino. Numerosi giornalisti hanno chiesto a riguardo, anche sull'esilio. Vi riporto i passaggi in questione. Non dice nulla ma di fatto conferma che il testo è vero.
Gli articoli americani di quei giorni (26 settembre-15 ottobre 2007) sottolineano il collegamento tra il testo de El PAis e quello di altri 2 importanti documenti desecretati: il "Downing Street memo" pubblicato il 1° maggio 2005 dal Sunday Times (riporta gli esiti di un incontro ad altissimo livello, tenutosi il 23 luglio 2002, tra Tony Blair, funzionari di governo e membri dell'intelligence inglese) e il "January 2003 memo" pubblicato il 27 marzo 2006 dal NYTimes (memorandum confidenziale scritto da David Manning - all´epoca consigliere diplomatico di Tony Blair - che registra tutti i punti del meeting di due ore che si tenne il 31 gennaio nell´Oval Office).

27 settembre 2007- La portavoce di Bush non smentisce gli atti pubblicati dal El Pais
Domanda: Il quotidiano spagnolo EL PAIS ha pubblicato una trascrizione di ciò che si disse nella riunione tra il presidente e il primo ministro spagnolo nel febbraio 2003, durante il quale, secondo le informazioni, Saddam Hussein offrì di lasciare il potere ed esiliarsi un mese prima dell'invasione e il presidente Bush parve dargli credibilità in quel momento. Crede che queste trascrizioni sono vere?
Risposta: Non commento i dettagli di una conversazione privata tra due leader mondiali [bush e aznar] e se questo fatto(l'esilio di Saddam) ha avuto luogo o no, se pensate a quel tempo c'erano molte voci. C'era molta gente che lanciava idee riguardo cosa poteva o non poteva accadere. Purtroppo, Saddam decise di sfidare la comunità internazionale. Tutte le azioni diplomatiche sono state portate a termine. Quello che ora ci interessa è di garantire che l'Iraq possa avere un governo che si sostenga e si difenda e assicurarci che sia un alleato nella guerra contro il terrorismo in quella regione.
Domanda: Un'altra cosa: il presidente in questa trascrizione assicura che "accada ciò che accada, starò a Baghdad a fine marzo". Tre giorni dopo questa riunione, l'allora portavoce alla Casa Bianca Ari Fleischer, diceva nella stessa sala stampa che "il presidente ancora non è arrivato alla conclusione che l'ispezione è a un punto morto.
Risposta: Io non era nella riunione privata che ebbe il Presidente Bush con il Presidente Aznar. Non so quanto affermò Ari. So dove ora ci troviamo, cioè nella posizione di assicurarci che gli iracheni abbiano ciò che necessitano per essere una forza democratica in medio oriente.
(…)
Domanda: C'è resistenza a parlare di quanto è accaduto in 2003?
Risposta: La storia del Presidente è molto chiara, ma si deve tenere anche conto della storia di Saddam Hussein: Qualcuno che ha torturato il proprio popolo, ucciso bambini, separato famiglie. Anche l'organizzazione Human Rights Watch ha detto che era un brutale dittatore che ha ucciso un milione di persone dal suo popolo. E io credo che il presidente seguì tutti i mezzi diplomatici, fu all'ONU, presento argomenti forti, e ora siamo qui. E dobbiamo concentrarci per assicurarci che possiamo migliorare la situazione, cosa che stiamo facendo."

4 ottobre 2007 - “Zapatero torna nei cassonetti della storia”: anche Aznar non smentisce
ELPAIS.com - Madrid - L'ex presidente del governo Jose Maria Aznar si è riferito oggi alla pubblicazione del PAIS dell'atto dei colloqui fra lui e Bush a Crawford nel 2003. "L'attuale politica accomodante è una politica esteriore i cui esiti possono misurarsi cronometrando il tempo dei saluti protocollari". Ha detto Aznar riferendosi alle poche parole che scambiarono il capo dell'Esecutivo, Zapatero, e il presidente degli Stati Uniti durante l'ultima Assemblea Generale dell'ONU a New York. "E' quello che accade quando invece di pensare agli interessi della Spagna si impiega il tempo tornando nei "cassonetti"della storia, o meglio, nei "cassonetti" di un ufficio nell'intento di giustificare ingiurie e calunnie, ha aggiunto.

santiago
19-09-09, 13:15
Appello dei Nobel e personalità del Congresso americano

8 ago 2008

Noi proponiamo di imputare al Presidente Bush, perché possa difendersene, il fatto di avere scatenato una guerra contro l’Iraq, il 19-20 marzo 2003, al solo scopo di impedire una, ormai incombente, ineluttabile liberazione pacifica del popolo iracheno dalla criminale dittatura di Saddam Hussein e dal suo regime.

Noi abbiamo acquisito la certezza, che riteniamo di poter qui inequivocabilmente documentare, che si debba imputare al Presidente Bush di avere dapprima con ogni altro mezzo “diplomatico”, e poi con una possibile uccisione di Saddam, e infine con la guerra, impedito che la liberazione dell’Iraq dalla dittatura avvenisse con l’ormai da Bush stesso acquisita, sin da metà febbraio 2003, accettazione da parte di Saddam Hussein della proposta di dimettersi e di recarsi in esilio con i suoi sotto controllo e garanzia di immunità della comunità internazionale.

Una liberazione conquistata con la PACE era ormai probabile senza alcun spargimento di sangue, una transizione alla democrazia organizzata sotto l’egida dell’Onu con il sostegno pressoché unanime della Comunità Internazionale.

Noi riteniamo ampiamente documentata tale accusa da una pienezza univoca di prove che va perfino al di fuori dell’alea di un qualsiasi processo meramente indiziario.

Evochiamo come esempi documenti ufficiosi come uno britannico relativo a incontri tra Bush e Blair allo studio Ovale del 31 gennaio 2003, oppure ufficiali come uno spagnolo del 22 febbraio nel ranch di Crawford, Texas, tra Bush e Aznar – con in collegamento telefonico con Berlusconi e Blair. Valore di per sé conclusivo avrebbero inoltre, non solo a nostro fermo avviso, i notissimi eventi della riunione della Lega Araba del 1 marzo a Sharm-el-Sheikh quale emerge da una generale sostanzialmente univoca ricostruzione. Riuscì in quell’occasione l’opera perfetta di killeraggio contro la pace realizzata con una incursione del dittatore libico Gheddafi. Sicché possiamo giungere a ricostruire, quasi giorno per giorno, la linea del Presidente statunitense dalla seconda metà di gennaio fino a dieci giorni dopo lo scatenamento della guerra quando ancora si tentò da molte parti di interromperla, per riproporre la soluzione pacifica dell’esilio di Saddam del quale per intanto si tentava l’uccisione.

Ormai l’ammasso di menzogne e la rete di reticenze denunciate ed acclarate da una sovrabbondante letteratura americana e anglosassone in genere, viene assorbito dalla chiarezza del fine perseguito: comunque ed a ogni costo la guerra!

Certo, gli alibi delle armi di distruzione di massa, della “documentazione all’Onu” sul presunto armamento non convenzionale iracheno, o quelli dell’ alleanza di Saddam con Al-Qaeda, oppure i rapporti scandalosamente strumentalizzati dell’intelligence – per già poderoso carico di illegalità e di violenza - diventano mezzo al fine della guerra scatenata per impedire l’ormai incombente soluzione: la PACE, la RIFORMA e la TRANSIZIONE Democratica e Laica dell’Iraq mediante la non nuova soluzione dell’esilio anche di questo criminale quanto potente dittatore.

Il nostro obiettivo, attualmente, è quello, per noi doveroso, di ricercare in ogni modo quantomeno la presa d’atto ufficiale: a) da parte dell’opinione pubblica, b) da inchieste parlamentari nazionali ed internazionali, c) da inchieste giurisdizionali nazionali e internazionali. E’ con particolare fiducia che ci rivolgiamo ai parlamentari, congressisti e senatori degli Stati Uniti, federali e statuali, quelli il cui mandato scade a breve, così come i loro successori.

Ci assumiamo la responsabilità di quantomeno aiutare la nascita di un grande movimento che, attraverso la acquisizione di una gravissima verità storica - acquisizione che rientra nella nostra azione “2008: Primo Satyagraha Mondiale per la Pace”, con la Democrazia, con la Libertà, con la Legalità Internazionale - salderebbe sicuramente una grande forza alla prospettiva della pace nella libertà nella democrazia e nonviolenza. In un momento in cui la follia del potere torna a manifestarsi prefigurando la necessità storica di vecchie e nuove guerre ai danni non più solo della specie umana ma dell’interno pianeta, ci appelliamo lanciando un May-Day ed un S.O.S. a quelle forze, a quelle personalità, alle grandi associazioni di affermazione dei diritti umani, civili, politici, sociali, pena il protrarsi di uno status quo letteralmente letale per il mondo, per ogni ragionevole speranza di pace, di libertà, di democrazia, di giustizia.

La nostra ricerca di verità e di difesa della legalità, della storia degli Stati Uniti, della sua bandiera, non ha avuto, non ha, come obiettivo, la pur legittima intenzione di servire ad una procedura di impeachment prima delle elezioni, obiettivo pur legittimo. No. Ma di certo occorre, qui e subito, incardinare un immediato processo di ricerca, di conoscenza, di giustizia nei confronti di un potere che violando ogni regola, ogni giuramento, ogni prudenza e ogni lealtà, è principalmente responsabile di una esplosiva crisi anche strutturale del nostro presente.

Forse tutto ciò nelle condizioni odierne non sarebbe certo superfluo in un momento nel quale non mancano di manifestarsi segni allarmanti dei rischi di una nuova spaventosa follia di guerra “preventiva”, sostanzialmente unilaterale, contro il “male assoluto” nel mondo, contro Teheran. La scelta della guerra all’Iran domani come quella appena ieri contro l’Iraq.

Al prezzo di attentare alla storia e alla forza civile, democratica del proprio paese e del mondo che anima e al quale appartiene.

santiago
19-09-09, 13:16
A tutti i Premi Nobel
Da Marco Pannella, MEP
Caro XXX
Già oltre un quarto di secolo fa, fummo onorati e fortemente aiutati dallo straordinario sostegno di circa 130 Premi Nobel al Manifesto-Appello contro lo sterminio per fame e guerre in atto. I risultati furono straordinari e concreti impegni dell’Unione europea e del Governo italiano con in quali, a titolo d’esempio, si poté procedere ad una vaccinazione di massa in Africa, la prima di quella portata e segno. Da allora, a più riprese, per tante e tante altre iniziative ci siamo rivolti ai Nobel. Tra queste, di nuovo a titolo di esempio: la costituzione della Corte Penale Internazionale, conquistata poi con la Conferenza di Roma nel luglio del 1998; in oltre 50 Nobel nel marzo 2001 per il sostegno alla candidatura radicale al Parlamento italiano di Luca Coscioni; nel 2004 circa 80 Nobel contro la messa al bando della ricerca delle cellule staminali embrionali, con la quale si bloccò all’Onu una pericolosa iniziativa vaticana sostenuta dal Presidente statunitense; via via fino al giugno dello scorso anno con oltre 55 sottoscrizioni per la Moratoria ONU delle esecuzioni capitali, votata finalmente dopo 14 anni il 18 dicembre scorso dall’assemblea generale. Negli anni, circa 250 Premi Nobel con in totale 340 adesioni ci hanno anche in tal mondo incoraggiato e sostenuti in tante iniziative non di rado ritenute impossibili.
Oggi torno, torniamo, e come spesso purtroppo ci accade a informarvi di una non solo nuova, ma molto urgente, iniziativa di carattere crediamo davvero storico nel quadro del “2008 Primo Satyagraha Mondiale per la Pace” con la Democrazia, con la Libertà con la Legalità internazionali. Proponiamo un’opera di verità, assumendoci la responsabilità di “imputare al Presidente Bush di avere deliberatamente di scatenato una guerra contro l’Iraq, il 19-20 marzo 2003, al solo scopo di impedire una, ormai incombente, ineluttabile liberazione pacifica del popolo iracheno dalla criminale dittatura di Saddam Hussein e dal suo regime” attraverso l’esilio da lui ormai accettato.
Siamo sostenuti dall’acquisizione anche di una imponente documentazione -purtroppo per le nostre condizioni di lavoro essa stessa quasi tutta in italiano - che iniziamo a sottoporre alla vostra conoscenza Nel nostro sito è già disponibile integralmente nella nostra lingua e progressivamente lo sarà anche in inglese.
Il tutto è incardinato nella nostra iniziativa:“Iraq libero come unica alternativa alla guerra” che in polemica con le campagne pacifiste e militariste ci assumemmo la responsabilità di condurre dal gennaio 2003 con straordinari risultati ufficiali europei e italiani e con un certamente sensibile contributo alla vera e propria esplosione dovunque in Medio Oriente, e non solo, della conquista della Pace non con lamenti e proteste da un secolo spesso disastrose e controproducenti, ma con la forza e l’obiettivo di rendere, ad un popolo oppresso e martirizzato, democrazia, libertà senza alcuno spargimento di sangue e di odio. Ma, come raccontiamo e documentiamo, anni ed anni, anche a prescindere delle ormai infinite denunce di comportamenti quanto meno torbidi, ma comunque discutibile, un’iniziativa da parte dell’Amministrazione americana ai danni innanzitutto della stessa America, della Democrazia, dell’ordine della civiltà internazionale. Il Presidente Bush, dal gennaio a fine marzo 2003, ad ogni costo volle impedire l’ormai quasi certa conquista, assieme, della pace e della liberazione democratica dell’Iraq, scatenando la guerra che ancor oggi grava con le sue conseguenze immediate e mediate nel tempo sulla società nei quali siamo tutti immersi o quantomeno condizionati.
Sappiamo bene quali e quante forze cercheranno di soffocare sin dall’inizio questa nostra ennesima iniziativa. Ormai, da oltre 50 anni, si conoscono gli imprevedibili risultati che da un Partito libertario di due o tremila iscritti nel mondo, assolutamente e notoriamente povero, senza altro potere che non sia invece la forza della parola e della nonviolenza, possono partire iniziative capaci di incidere nella realtà politica e umana di questo nostro tempo.
Sappiamo bene che, ormai, a causa della limpidità e della chiarezza con le quali operiamo, digià sono pronte ad opporsi “resistenze” di apparente incommensurabile forza rispetto alla nostra.
Sarebbe quindi prezioso che ancora una volta non si sia isolati e che la fiducia, l’avallo, il vostro sostegno esplicito, anche in questa occasione, riescano a impedire che cali su questa manifestazione del “Primo Satyagraha Mondiale per la Pace” il silenzio, ma che questa si innesti quindi nel mondo di internet oltre che in quello istituzionale e (quarto potere incluso! ) dilaghi.
Per questo ti preghiamo vivamente, se concordi, se vuoi comunque sostenerci e aiutarci, di risponderci con un semplice messaggio: condivido e sostengo questa iniziativa.
ti saremmo comunque grati se poi vorrai risponderci trovando il tempo di inviarci le tue considerazioni, i tuoi consigli. Ne abbiamo… fame (anche perché siamo in molti, dopo aver condotto scioperi della sete e della fame per la Moratoria Universale e per tentare di salvare l’immondo Caino Saddam da uno stato Caino, e perseverando su questa cattiva strada, a condurne un altro a favore del suo compare Tarek Aziz!)
Grazie, e a nome non solo del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, Non c’è Pace Senza Giustizia, Nessuno Tocchi Caino, Associazione Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Esperanto Radikala Asocio, Lega Internazionale Antiproibizionista, Radicali Italiani, Anticlericale.net, a subito, spero.
Marco Pannella
marco.pannella@europarl.europa.eu

Vi invitiamo a leggere su RadicalParty.org il Manifesto Appello coi suoi firmatari
The manifesto-appeal of the Nobel prizewinners (http://servizi.radicalparty.org/documents/index.php?func=detail&par=44)

santiago
19-09-09, 13:16
To all Nobel Laureates
from Marco Pannella, MEP
Dear XXX
Over a quarter of a Century ago, we were honored, and helped, by the extraordinary support of over 130 Nobel Laureates that supported the Appeal-Manifesto-against the extermination for famine and war. The results of that initiative were extraordinary and concrete commitments of the European Union and the Italian Government with which, for example, the mass vaccination in Africa – the first of that kind and entity – was made possible. Since then, at different times, and for many other initiatives we have turned to you, as for the establishment of the International Criminal Court, obtained in July 1998; in March 2001, over 50 Nobelists supported the candidature to the Italian Parliament of Dr. Luca Coscioni affected by Amyotrophic Lateral Sclerosis; in October 2004, some 80 of Nobel Laureates signed against the ban of scientific research on embryonic stem cells at the United Nations, that was blocked at the General Assembly in February 2005; lastly, in June 2007, over 55 Nobel Prize Winners signed a letter for the UN Moratorium of the Death Penalty, which was eventually voted by 104 countries last 18 December. Over the years, a total of 250 Nobelists, with a total of some 340 endorsements, which have supported and encouraged us in enterprises not rarely considered impossible.

Today, again, and as unfortunately often happens to us with extreme urgency, we want to inform you, in the framework of the“2008 First World Satyagraha for Peace” with Democracy, Liberty and the International rule of law, of another initiative that we consider of historical character. We offer a work of truth, taking the full responsibility to “call for President George W. Bush to be held accountable, so permitting his defence, of the charges of unleashing forces of mass destruction in a war against Iraq started between the 19th and 20th of March 2003, with the sole purpose of impeding an already impending and inevitable peaceful liberation of the Iraqi people from the criminal dictator Saddam Hussein and his regime” through the exile he had in the end accepted.
We are supported in this work by the acquisition of a copious documentation (which unfortunately, given our conditions is currently mainly in Italian) that we want to bring to your attention and knowledge -progressively it will be made available in English too.
All what announced above was at the center of an initiative of ours called “Free Iraq, as the only alternative to the war” that, in polemics with the pacifist and militarist campaigns, we took the responsibility to undertake since January 2003, with extraordinary official results in Italy and Europe to give a sensible contribution to the real explosion all over the Middle East and beyond of the possible conquest of Peace not through the lamentations and protestations of a Century that proved to be disastrous and counterproductive, but through the objective of rendering an oppressed and victimized people free, without the shedding of blood. But, as we have been telling and documenting, not considering the now endless denunciations of , to say the least, turbid and disputable behaviors by the U.S. Administration against America herself, against Democracy and the order of international civilization. From January to March 2003, President Bush, at all costs, wanted to impede the almost certain conquest of the peace and democratic liberation of Iraq, launching the war that still today burdens, with its immediate and mediate consequences over time, the society in which we are all immersed or at least conditioned by.
We are fully aware of which forces, and their might, that will try to suffocate this umpteenth initiative of ours from the beginning. In fact, for 50 over years, the unpredictable results that we have been able to trigger, as a “libertarian” Party of two or three thousand members from all over the world, notoriously poor, armed with the only power of the word and nonviolence, that has been able to impact the political and human reality of our time.
We are fully aware that, thanks to the limpidity and clarity with which we operate, there are already “resistances” of apparently mightier force compared to ours. It would therefore be precious if, once again, we are not isolated, and that also on this occasion, your explicit faith, endorsement and support impede that this manifestation of the “First World Satyagraha for Peace” is not silenced but spread throughout the Internet as well as the institutional world (Fourth Power included! ).
For this reason I urge you, should you agree, to support and help us and to reply with a simple message: I share and support this initiative.
Whatever you will decide, I would be thankful if you could reply, emailing us your considerations and suggestions. We are hungry for them (also because many of us, after having been on thirst and hunger strikes for the Universal Moratorium of the death penalty or to try and save the despicable “Cain” Saddam Hussein from a “Cain” State, are, persevering on this wrong path, fasting to save Saddam’s partner in crime Tareq Aziz!)
Grazie, and on behalf of the Nonviolent Radical Party, Transnational and Transparty, No Peace Without Justice, Hands Off Cain, Luca Coscioni Association for freedom of scientific research, the Esperanto Radikala Asocio, International Antiprohibitionist , Radicali Italiani, Anticlericale.net, I hope to hear from you soon.
Marco Pannella
marco.pannella@europarl.europa.eu

santiago
19-09-09, 13:17
Documenti governativi desecretati: esisteva un'alternativa alla guerra in Iraq. Il video
Pubblicato il 4 Agosto 2008



Alla vigilia del primo anniversario degli attacchi dell’11 settembre 2001, alla possibilità di un attacco all’Iraq se ne stava affiancando un’altra di segno radicalmente alternativo: l’esilio di Saddam Hussein. Riteniamo di avere acquisito la documentata certezza che si possa imputare al Presidente Bush, con piena corresponsabilità purtroppo anche del premier Tony Blair, di avere impedito con ogni mezzo che la liberazione dell'Iraq dalla dittatura potesse avvenire con l’acquisizione, sin da metà febbraio del 2003, della piena disponibilità all'esilio del dittatore iracheno. Una liberazione che sarebbe stata conquistata con la pace, senza alcun spargimento di sangue che avrebbe consentito una conseguente transizione alla democrazia sotto l'egida delle Nazioni unite.

I documenti citati in questo video sono il "January 2003 memo" pubblicato il 27 marzo 2006 dal NYTimes (memorandum confidenziale scritto da David Manning - all´epoca consigliere diplomatico di Tony Blair - che registra tutti i punti del meeting di due ore che si tenne il 31 gennaio nell´Oval Office) e il colloquio pubblicato da El Pais il 26 settembre 2003 tra Bush ed Aznar del 22 febbraio 2007 in Texas.

santiago
19-09-09, 13:18
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santiago
19-09-09, 13:19
Marco Pannella: «Porteremo la verità sull'esilio di Saddam al Congresso USA»
Pubblicato il 23 Giugno 2008


Saddam Hussein durante un'udienzaSaddam Hussein durante un'udienza

«Bush e Blair hanno mentito, negato la verità per imporre la guerra?

Le iniziative del Partito Radicale Transnazionale per “aiutare” la democrazia, a partire dalla democrazia americana ad accettare la verità. La vera alternativa era tra “Iraq libero!” o guerra.

Bush e anche Blair vollero la guerra preparata dalla falsa alternativa del pacifismo.

Satyagraha: il Partito Radicale fu battuto con la menzogna e il tradimento del giuramento di fedeltà agli Stati Uniti da parte di Bush. Per scongiurare altre guerre in minacciato arrivo serve amore e forza della verità: Satyagraha»

http://www.radioradicale.it/marco-pannella-porteremo-la-verita-sullesilio-di-saddam-al-congresso-usa

santiago
19-09-09, 13:20
Esilio di Saddam: era possibile ma si scelse la guerra. La rivelazione di "El Pais"

George Bush: «Gli egiziani stanno parlando con Saddam Hussein. Sembra che abbia fatto sapere che è disposto ad andare in esilio se gli permetteranno di portare con se un miliardo di dollari e tutte le informazioni che desidera sulle armi di distruzione di massa. Gheddafi ha detto a Berlusconi che Saddam se ne vuole andare».

Dal testo del colloquio con Aznar del 22 Febbraio 2003 pubblicato da El País il 25 settembre 2007


Audiovideo

Iraq Libero! Messaggio autogestito di Marco Pannella: «Il governo italiano adotti il nostro progetto»

Iraq libero! Intervista del Tg1 a Emma Bonino

L’urlo di Pannella contro l’Europa immobile e sorda alla proposta «Iraq libero!»

Documenti

Lettera aperta di Marco Pannella ai direttori degli organi di stampa e radiotelevisivi britannici

Lettera di Marco Pannella ai parlamentari della Repubblica ed a quelli “italiani”del Parlamento Europeo

Link

Partito radicale nonviolento, transnazionale e transpartito



La proposta «Iraq Libero! come unica alternativa possibile alla guerra» di Marco Pannella

«Ottima l’idea dell’esilio per Saddam, bisognerebbe che fosse d’accordo anche lui…». Berlusconi e Violante, stessa battuta.

«La proposta di Pannella ha un unico difetto: manca la risposta di Saddam…» Margherita Boniver, Sottosegretaria al Ministero degli esteri, 11 marzo 2003

«Non aggiungiamo alla tragedia di una guerra possibile il grottesco di un Parlamento italiano che vota sull’esilio di un capo di governo di un paese straniero. È come se il Parlamento iracheno votasse sull’esilio di Silvio Berlusconi. Se fossi iracheno potrei anche essere d’accordo, ma non voterei una cosa del genere…». Oliviero Diliberto, 19 febbraio 2003

«È una posizione di pacifismo realista rispetto al pacifismo acritico». Francesco Cossiga, 15 febbraio 2003

«Sono sorpreso dal disinteresse mostrato dai pacifisti per l’ipotesi dell’esilio di Saddam: così ci si priva di un obiettivo concreto e possibile per cui lottare e scendere in piazza. Se davvero – il cielo volesse – Saddam se ne andasse, sarebbe dimostrato che è solo la minaccia armata americana a ottenere ciò cui gli amanti della non violenza e dell’uguaglianza rinunciano, fino a farsi espropriare di ogni obiettivo che non sia la cordiale rivendicazione della pace». Adriano Sofri, 1 febbraio 2003

Il 19 gennaio 2003, mentre la comunità internazionale e le piazze si dividevano sulla pace e sulla guerra, Marco Pannella lanciava la sua proposta: l’esilio del dittatore Saddam Hussein e un’amministrazione fiduciaria dell’Onu in Iraq per garantire libertà, democrazia e diritti agli iracheni.

Il verbale pubblicato da El Pais conferma come “Iraq libero” era una proposta alternativa all’approccio dell’amministrazione Bush, la cui «inadeguata valutazione» dell’economia di impiego delle armi di distruzione, spiegava Pannella, «non ha consentito di usare l’arma assoluta di attrazione di massa che era quella di un’edificazione chiara, di un processo chiaro di conversione del regime iracheno in una democrazia». Conversione che Pannella riteneva «almeno tecnicamente errato affidare – cedendo alla demagogia democraticista del dire “l’Iraq agli iracheni”, con logiche tra il neutraliste e il nazionalismo – alle opposizioni irachene».

Nonostante le adesioni di oltre il 50% dei parlamentari italiani di entrambe le coalizioni (per l’esattezza il 53.5% dei parlamentari, 303 di centrodestra, il 57.7%, e 193 centrosinistra, il 46.8%, 15 membri del Governo italiano, 46 parlamentari europei italiani su 87) e, via internet, di migliaia di cittadini da tutto il mondo, il Governo Berlusconi non ha voluto far proprio il progetto “Iraq libero”, non rispondendo ai numerosi appelli perché fosse preso in esame dall’Unione europea e quindi discusso alle Nazioni Unite.

L’iniziativa è stata inoltre ostracizzata, resa clandestina, dai media italiani, che hanno negato ai cittadini e agli stessi politici il loro diritto ad esserne informati e a mobilitarsi.
I segnali c’èrano già allora

Esponenti dell’amministrazione Usa e britannica hanno non di rado espresso la loro disponibilità verso tale soluzione. Donald Rumsfeld ne parlò fin dal 20 gennaio 2003, mentre nel corso di un’audizione alla Camera dei Rappresentanti, il 13 febbraio, Colin Powell confermò che gli Stati Uniti stavano valutando, insieme ad altri Paesi, l’ipotesi dell’esilio di Saddam Hussein e dei suoi uomini di fiducia ai posti di potere. Proprio le Nazioni Unite avrebbero dovuto giocare un ruolo per «convincerlo», magari con una seconda risoluzione. Il segretario di Stato rivelò che si stava studiando «dove, con quali protezioni, e come esattamente mettere in atto questa operazione». Per la prima volta la Casa Bianca chiariva che non stava solo «incoraggiando» Saddam, non ne stava «solo discutendo», ma c’era del «lavoro attivo».

Il 16 marzo la guerra poteva essere ancora evitata se Saddam e i suoi principali collaboratori avessero lasciato il potere e gli Usa erano pronti a fornire una lista, dichiarò Powell.

Sappiamo anche dei piani di esilio studiati dall’Arabia Saudita (04-01-2003) e da Egitto e Turchia (15-01-2003). Inoltre, importanti commentatori occidentali, come Thomas Friedman (New York Times, 29-01-2003), giornali come il Washington Post, che avanzò l”ipotesi di una «terza via» (14-03-2003), e la stessa stampa araba (rapporto Memri, 18-02-2003) sottolineavano spesso l’opportunità e la possibilità delle dimissioni di Saddam. L’esilio o la resa di Saddam Hussein «continuerebbero a essere molto bene accolti», dichiarò il portavoce della Casa Bianca, Ari Fleischer, il giorno dell’attacco (20-03-2003).

Ma (almeno fino alle rivelazioni de El Pais del 25 febbraio 2007) la conferma più eclatante che l’esilio di Saddam fosse un’opzione realistica giunge il 3 novembre del 2005, quando un membro del governo degli Emirati Arabi Uniti rivela che l’ex dittatore aveva accettato, in linea di principio, la proposta di esilio avanzatagli dal suo governo nel corso di contatti diretti con un emissario del raìs. Saddam, oltre a garanzie e assicurazioni internazionali, chiedeva una risoluzione della Lega araba in cui il suo esilio fosse approvato, ma la proposta non fu posta all’ordine del giorno della riunione d’emergenza della Lega che si tenne in Egitto il primo marzo 2003.
La proposta d’esilio arriva al Parlamento italiano

Anche quando “Iraq libero”, il 19 febbraio 2003, approdava nel Parlamento italiano, la mozione approvata alla Camera stravolgeva totalmente il senso della proposta.

Il testo raccoglieva solo una delle due parti del progetto, quella secondaria, relativa all’esilio di Saddam, che diveniva però priva di ogni logica se separata dalla parte centrale della proposta, di cui l’esilio doveva essere solo lo strumento: un’amministrazione fiduciaria dell’Onu per la transizione democratica in Iraq. Lo svuotamento della proposta avveniva nonostante metà dei parlamentari avesse aderito. Tale fu la disinformazione compiuta dai media da far sparire negli stessi sostenitori del progetto la consapevolezza della propria presa di posizione espressa con l’adesione.

Due settimane ancora, chiedevano i leader radicali nell’imminenza dell’attacco. Il principio di legalità, la forza di attrazione democratica e nonviolenta messi in campo dal progetto “Iraq libero” avrebbero potuto riunire l’Europa. Due settimane il tempo perché “Iraq libero” potesse essere raccolto dal premier britannico Blair, in evidente difficoltà sul fronte interno e intento fino all’ultimo in frenetiche consultazioni, ma anche dal presidente di turno dell’Unione europea Papandreu e dal presidente egiziano Hosni Mubarak, e persino dal ministro degli Esteri francese De Villepin.

Se il progetto “Iraq libero”, come chiedevano i radicali, fosse stato fatto proprio dal Governo italiano e discusso in sede europea, poi portato ufficialmente all’Onu, le divisioni potevano essere superate, la compattezza di un fronte unico di Stati e opinioni pubbliche avrebbe potuto rendere la richiesta più forte e pressante su Saddam. Per qualunque Stato, di fronte a tali dichiarati obiettivi, sarebbe stato arduo contestare la legittimità di un’ingerenza umanitaria.

Ma “Iraq libero” rimane «una forza che non va dismessa», annunciava Pannella. Un dossier da tenere aperto nel duplice aspetto sia del ruolo e dei limiti dell’Onu, sia delle inadeguatezze e della povertà della politica estera italiana ed europea.

«Occorre mutare radicalmente armi», occorre che siano quelle dell’attrazione di massa e della nonviolenza, «coerenti anche nella loro forma con il grande obiettivo politico, umano, di democrazia, di libertà, di diritto e quindi di pace del e nel mondo». La nonviolenza, spiegava Pannella nella conversazione settimanale del 14 dicembre, va scelta «non solo, o non tanto, o non necessariamente, per motivi morali, ma per motivi di efficacia. Si sono convertite le condizioni storiche delle lotte, delle guerre, dei confronti, per cui può essere molto più conveniente abbondare nella direzione del comportamento nonviolento e legalitario».

Esilio di Saddam: era possibile ma si scelse la guerra. La rivelazione di "El Pais" | RadioRadicale.it (http://www.radioradicale.it/esilio-saddam-era-pronto-ma-si-scelse-la-guerra)