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Visualizza Versione Completa : La strada in salita della Riforma della Giustizia



Pieffebi
19-01-03, 13:15
da www.iltempo.it

" È IN SALITA LA STRADA DELLA RIFORMA


di SERGIO LUCIANO

LA GIUSTIZIA italiana è davvero un «malato terminale», come lo ha definito l'Avvocato Generale dello Stato presso la Corte d'Appello di Roma Carmelo Renato Calderone? E, se lo è, per colpa di chi si è ridotta in questo stato? E cosa si può fare per salvarla dalla morte?
La sinistra non ha dubbi: è tutta colpa di Berlusconi. Il centrodestra non ha dubbi: la colpa è dei magistrati politicizzati dalla sinistra. E il Paese si spacca. Tra tante certezze, difficile orientarsi. Uno studio inedito, e recentissimo, della società di ricerche Datamedia, dà al riguardo alcuni elementi preziosi. L'82 per cento degli italiani non è soddisfatto di come viene amministrata la giustizia. Solo il 15,5 pensa che vada bene così. Inoltre, il 72,5 per cento degli italiani ritiene che la giustizia vada o «radicalmente riformata» o addirittura «totalmente rivoluzionata». Opinioni del genere potrebbero rappresentare per il governo in carica uno straordinario serbatoio di consenso. E invece la polemica divampa e il governo non sembra affatto avere dalla sua un supporto di opinione pubblica proporzionato a quelle cifre.
La morale di queste diffuse opinioni è chiara: la giustizia non funziona e andrebbe cambiata; ma la giustizia è anche il terreno dove - più che altrove - la gente pensa che Berlusconi agisca anche o soprattutto in base a interessi innanzitutto personali, e solo secondariamente generali. È un tipico paradosso italiano, il paradosso di un Paese dove effettivamente la vita quotidiana dei cittadini prescinde dal funzionamento della giustizia, che non è considerata né giusta nè efficiente.
Quella civile è come se non ci fosse : i suoi tempi e i suoi costi d'azione sono tali da rendere superflue le cause, che infatti vengono avviate soltanto per dar tempo ai contendenti, quando ci riescono, di mettersi d'accordo. La giustizia penale ha praticamente riunciato a perseguire i piccoli reati, quelli più frequenti e comuni, che in tanti casi neanche vengono più denunciati. E sui grandi reati non approda quasi mai a nulla (Cogne docet) .
Un'analisi onesta delle cause di questa situazione non può colpevolizzare Berlusconi, che governa da un anno e mezzo: i mali della giustizia italiana sono ben più antichi. Con pieno diritto la sinistra ritiene però che le riforme fatte e proposte dal governo di centrodestra rappresenterebbero per la giustizia italiana un colpo di grazia e non una medicina. Il governo, naturalmente, sostiene la tesi opposta.
Ma quel che è mancato finora all'iniziativa della maggioranza è stata la capacità di convincere gli italiani di un fatto: che cioè quel Berlusconi che hanno mandato al governo, dimostrando così di non considerarlo colpevole della valanga di misfatti di cui varie corti lo hanno accusato dal '94 in poi, è uno di loro, uno - cioè - al quale è capitata una persecuzione giudiziaria, non un potente che ha rasentato l'illecito e che solo grazie alla sua forza l'ha finora scampata. E che probabilmente Berlusconi, per risolvere i propri problemi personali con la giustizia, avrebbe dovuto rinunciare a candidarsi alla politica, ottenendo anch'egli, come tutti gli altri imprenditori indagati, l'impunità senza alcun «sospetto». Se la maggioranza fosse capace di fare propria la linea di una grande e vera riforma, dovrebbe insomma riuscire a rappresentare Berlusconi più vicino alla figura di un Enzo Tortora, che non a quella di un Giulio Andreotti, che gli italiani, in prevalenza, considerano «innocente ma...».
Invece questa complessa opera di chiarificazione finora non è riuscita. E sul progetto di una grande riforma della giustizia, profonda e condivisa, il governo è praticamente a zero .
Sergio Luciano

domenica 19 gennaio 2003 "


Saluti liberali

Pieffebi
19-01-03, 15:04
Scommetto che i "carnefici" di Tortora, tutti ascesi nelle loro carriere ad alti livelli, secondo i principi di impunità delle toghe politicizzate e giustizialiste difesi dal peggio della Corporazione, ieri hanno agitato anche loro la Costituzione della Repubblica....in buona compagnia con altri "onesti" militanti togati, che quel documento calpestano quotidianamente resistendo, resistendo, resistendo alle Libere Istituzioni Rappresentative espressione del popolo sovrano.

Saluti liberali

Pieffebi
19-01-03, 15:33
Il tema della separazione delle carriere fra pubblici accusatori e giudici, è strettamente collegato al meccanismo del processo penale con rito accusatorio (non del tutto impropriamente detto volgarmente "all'americana"), che dovrebbe ormai essere scelto definitivamente come modello, stante l'attuale persistenza di un sistema che a detta di molti operatori, resta ibrido e quindi contraddittorio.
Come dicono gli amici radicali nel loro sito : " Nell'attuale sistema disegnato dalle norme dell'ordinamento giudiziario, i magistrati, a semplice domanda e previo parere favorevole del Consiglio Superiore della Magistratura, possono indistintamente passare nel corso della loro carriera dall'esercizio di funzioni giudicanti (giudici) all'esercizio di funzioni requirenti (magistrati -che giudici non sono- che svolgono le funzioni di pubblico ministero) e viceversa.

Questo stato di cose ha portato e porta quotidianamente a gravissime "storture" nel funzionamento generale dell'amministrazione della giustizia.

Innanzitutto, il passaggio di funzioni si è dimostrato deleterio poiché tra giudicanti e requirenti vi dovrebbe essere una "forma mentis" assolutamente differente: garante, imparziale, terzo tra le parti il giudice; parte stessa del processo penale il pubblico ministero, che rappresenta l'accusa contro la difesa. Da questo punto di vista, è assolutamente impensabile che, da un giorno all'altro, chi ha combattuto il crimine da una parte della barricata si trasformi improvvisamente nel garante imparziale di chi criminale potrebbe non essere, pur essendo indagato o imputato da un ex collega di funzioni.

In secondo luogo, è proprio lo spirito di appartenenza e di colleganza tra soggetti che vivono, comunque, la stessa vicenda professionale (e da cui possono dipendere incarichi e trasferimenti in uffici più o meno prestigiosi) che ha portato e porta quotidianamente, tra le altre cose, la difesa, l'indagato, l'imputato ad essere sempre meno in posizione di parità rispetto ad un'accusa a cui il giudice da del "tu". ".

Il tema della separazione delle carriere non è pertanto di per sè lesivo di alcuna autonomia della magistratura, ne' di quella inquirente, ne' tanto meno di quella giudicante. Inoltre non cesserebbe necessariamente l'appartenenza della pubblica accusa all'ordine giudiziario, che è stabilita dalla vigente Legge Fondamentale della Repubblica.
Quanto all'imparzialità si ricorda che la stessa è richiesta a qualsiasi pubblico funzionario, insieme alla trasparenza. E' del tutto evidente che se essa riguarda senz'altro l'azione amministrativa non può non essere che fondamentale per l'azione giurisdizionale....

Saluti liberali

Pieffebi
19-01-03, 15:47
un documento sulla separazione delle carriere dell'OUA (Organismo Unitario Avvocatura):

" 17 Aprile 2002
Documento sulla separazione delle carriere

LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE
UNA SCELTA RAZIONALE E GIUSTA

L'accesa e la conflittualità apertasi tra il mondo politico e la magistratura, le esasperazioni polemiche provenienti da entrambe le parti, l'introduzione di riforme normative che quali che siano le intenzioni, appaiono più dettate dalla logica dell'emergenza o dalla soluzione del problema di un caso concreto, che non da intenti di razionalizzazione e ammodernamento della legislazione, rendono difficile un dibattito sereno ed equilibrato in materia di ordinamento giudiziario.
Meno che mai appare sereno tale dibattito allorquando si parli di separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante.
Pure è necessario affrontare il tema in termini di razionalità che valgano a togliere forza argomentativa a prese di posizione del tutto emotive.
Dal 1989 è entrato in vigore il sistema penalprocessuale accusatorio, cioè il processo di parti che concorrono dialetticamente alla decisione giurisdizionale.
Di fronte alle resistenze allo stesso nell'anno 2000 tale sistema è stato costituzionalizzato con la riforma dell'art. 111 della carta fondamentale.
Il giusto processo è per la Costituzione un processo di parti innanzi ad un giudice terzo ed imparziale .


Lungi dall'essere un'endiadi l'espressione sta ad indicare la esigenza di non prevenzione del giudice (imparzialità) ed il distacco del giudice dalle parti, l'autonomia dello stesso dalle seconde.
La terzietà appartiene al momento ordinamentale del giudice, ed è propria questa sua autonomia dalle parti che la norma costituzionale intende garantire.
Appare sin troppo evidente, allora, che l'appartenenza alla stessa carriera di una parte, il pubblico ministero, e del giudice sia in contrasto con l'esigenza di terzietà del secondo.
Non vale obbiettare sul punto che nei fatti il giudice si dimostra non pregiudicato del pubblico ministero nell'assumere le proprie decisioni.
Anche un processo paternalistico senza regole potrebbe nei fatti essere equo da un punto di vista sostanziale nel caso concreto.
Innegabile, peraltro, è che anche con i migliori giudici occorrono norme positive che diano garanzie.
La terzietà costituisce proprio una garanzia, assicurando nell'ambito di un processo governato dalla iniziativa delle parti con uguali diritti, al giudice, un ruolo direttivo del processo di arbitro imparziale assicurando altresì di conseguenza con forza normativa l'imparzialità della decisione.
Ma vi è di più!
Il distacco tra giudice e pubblico ministero nella carriera garantisce un altro aspetto fondamentale e cioè la professionalità del secondo.


Quando si invoca a sproposito la cultura della giurisdizione per opporsi alla separazione delle carriere, si dimentica che fondamentale per il pubblico ministero è, in realtà, la cultura della investigazione .
Il pubblico ministero non è un magistrato mero garante dell'attività della polizia giudiziaria, come sembra intendere chi invoca la cultura della giurisdizione.
Si dimentica, invero, che il pubblico ministero ha il potere di ricercare di propria iniziativa le notizie di reato, nonché ha la direzione delle indagini.
Nell'attuale codice di rito il pubblico ministero è sostanzialmente l'organo dell'accusa e dell'investigazione, attività quest'ultima di ricerca della prova e di costruzione dell'ipotesi accusatoria ben diversa da quella del giudice che è chiamato a valutare la prova e la fondatezza dell'ipotesi accusatoria.
Riesce difficile comprendere, in effetti, la razionalità di un ordinamento che consente ad un magistrato il quale abbia sempre esercitato la propria attività in campo civile, magari quasi in prossimità del pensionamento, di assumere la veste di Procuratore Capo della Repubblica .
Quale è la capacità investigativa di quest'ultimo, la capacità di rapportarsi dialetticamente ad una controparte?
Egli avrà bisogno del giudice come ausiliario, ovvero soccomberà quando non avrebbe dovuto soccombere, con sacrificio della terzietà ed imparzialità del giudice, ovvero della repressione dei reati.


La separazione delle carriere non è un attentato all'indipendenza del pubblico ministero.
Nulla impedisce, ed è auspicabile, di riconoscere allo stesso lo stato di magistrato garantendone l'autonomia.
Ciò che va perseguito è un autonomo collocamento del Pubblico Ministero nell'ordinamento giudiziario, una carriera autonoma distinta da quella della magistratura giudicante che valga a garantire la sua professionalità e la terzietà del giudice .
Per queste ragioni da sempre l'Organismo Unitario dell'Avvocatura ha richiesto la separazione delle carriere per un processo giusto ed efficiente, in sintonia con quanto richiesto dall'Unione delle Camere Penali.

Avv. Rodolfo Bettiol
Vice Presidente dell'OUA "


Parole Sante alle quali le toghe politicanti contrappongono solo meschini interessi corporativi, sui quali trascinano gran parte della categoria....altro che Costituzione!

Saluti liberali

Pieffebi
19-01-03, 17:21
Che un "giudice" venga processato.....non dimostra nulla. C'è anche chi è stato accusato e si è suicidato, e non è affatto detto che fosse colpevole. I giudici che hanno condannato Tortora per una serie di errori madornali ed un uso....dei pentiti e di testimoni squallidamente pittoreschi, non hanno subito neppure un richiamo. Il comportamento corporativo di lorsignori è poi lampante proprio innanzi alle motivazioni pretestuose che contrappongono alla separazione delle carriere. Lor Signori si sottomettano finalmente alla Legge , come vuole la Costituzione! Quello della sottomissione all'Esecutivo è uno spauracchio agitato in palese malafede da taluni noti politicanti (ufficialmente schierati in partitini di magiustrati paralleli a quelli della sinistretta massimalista) togati, che trovano il consenso di tanti magistrati preoccupati delle loro possibilità di carriera molto più che dello stato degradato in cui hanno contribuito in molti a ridurre la giustizia in Italia.

Saluti liberali

P.S = la sottomissione allla Legge non all'Esecutivo. E la legge si applica e non si discute. Se ha dei vizi si ricorre ai metodi che l'ordinamento garantisce per rimediarvi. Altrimenti si tradisce la propria funzione e si compiono atti di eversione istituzionale, come ricordava il compianto giudice Caianello, presidente emerito della Consulta.

Pieffebi
19-01-03, 20:39
Spiacente ma la legge non è Berlusconi (è solo il Presidente del Consiglio dei Ministri), è quella promulgata dal Capo dello Stato e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, dopo esser stata approvata secondo le regole dalle Camere, e via discorrendo (è soprattutto in questo mod che si esercita, ai sensi della Costituzione, la Sovranità Popolare) . A questa legge la Magistratura è senz'altro soggetta per dettato Costituzionale. La resistenza alla Legge è un atto eversivo ingiustificato. Riguardo ai vizi costituzionali di una norma, l'ordinamento prevede ciò che può o deve essere fatto dai giudici, quando si imbattono in un simile dubbio nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali. Da nessuna parte si conferisce ai magistrati il potere di disobbedire o di invitare i colleghi a dare interpretazioni della legge che ne sviliscano il contenuto, perchè non gradito. Le interpretazioni della legge sono a propria volta codificate. Si pensi alle "pre-leggi" del Codice Civile. Non possono essere inventate in modo eversivo (Caianiello docet). Disobbedendo in questo o altro modo alle leggi i magistrati che resistono, resistono, resistono alla Sovranità Popolare....calpestano appunto la Costituzione Repubblicana.

La legge è uguale per tutti, soprattutto per i magistrati che vi sono SOGGETTI più e prima di ogni altro, visto il ruolo loro assegnato dalla stessa Costituzione (altrimenti l'espressione che la Giustizia è amministrata in nome del popolo diventa una presa in giro).

Saluti liberali

Pieffebi
20-01-03, 13:49
La Sovranità del Popolo si esprime nelle forme e modi e con i limiti sanciti dalla Costituzione. Pertanto le leggi approvate dalla maggioranza parlamentare e gli atti emenati dal Governo che ha la fiducia delle Camere sono espressione della Sovranità Popolare. La nostra è una democrazia rappresentativa di tipo liberale, nulla a che vedere con la dittatura giacobina dei Comitati di Salute Pubblica, dei Tribunali Rivoluzionari, appoggiati dalle piazze di Sanculotti (fenomeni tristi che hanno i loro attuali epigoni). Lo dice, in buona sostanza, la Costituzione.

I rimedi ai vizi delle leggi sono regolati dalla stessa Costituzione, che non contempla atti eversivi di resistenza, resistenza, resistenza alle leggi stesse.

Saluti liberali

Pieffebi
20-01-03, 14:09
Originally posted by Pieffebi
La Sovranità del Popolo si esprime nelle forme e modi e con i limiti sanciti dalla Costituzione. Pertanto le leggi approvate dalla maggioranza parlamentare e gli atti emenati dal Governo che ha la fiducia delle Camere sono espressione della Sovranità Popolare. La nostra è una democrazia rappresentativa di tipo liberale, nulla a che vedere con la dittatura giacobina dei Comitati di Salute Pubblica, dei Tribunali Rivoluzionari, appoggiati dalle piazze di Sanculotti (fenomeni tristi che hanno i loro attuali epigoni). Lo dice, in buona sostanza, la Costituzione.

I rimedi ai vizi delle leggi sono regolati dalla stessa Costituzione, che non contempla atti eversivi di resistenza, resistenza, resistenza alle leggi stesse.

Saluti liberali

dal quotidiano LA STAMAPA

" La Stampa del 20/01/2003


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Anno giudiziario, il governo va al contrattacco
Gargani ai pg: «Non si può dire che tutto non funziona e non fare nulla»
Mara Montanari
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ROMA «Sto leggendo le relazioni dei procuratori generali. Sfascio, rovina, giustizia come malato terminale: questo dicono i magistrati. E cosa propongono? Niente, protestano e basta. Questa è la verità ». Ha passato il pomeriggio a leggersi i discorsi d'inaugurazione dell'anno giudiziario, il responsabile giustizia di Forza Italia, Giuseppe Gargani. Studia le carte del «nemico»? «No, ho solo avuto conferma di quanto pensavo e di quanto la maggioranza va ripetendo da mesi: bisogna fare le riforme. E siamo al paradosso che proprio chi va dicendo che la giustizia è allo sfascio, le riforme non le vuole e qualsiasi legge fa o ha intenzione di fare il governo, è fatta male. Non si può dire che tutto non funziona e non fare nulla ». Non sono servite a far vacillare le intenzioni del centrodestra le proteste di sabato nelle 26 procure italiane con la sfilate delle toghe con la Costituzione in mano e i magistrati che abbandonano le aule in silenzio quando arriva il turno di parlare dei rappresentanti del governo. Anzi, le relazioni dei Pg sullo stato - critico - dell'amministrazione della giustizia in Italia, sono per la Casa delle Libertà lo stimolo a battere la strada delle riforme. «Sabato mattina ho parlato alla corte d'Appello di Roma - dice il sottosegretario alla Giustizia, Jole Santelli - ho visto che alcuni, pochi, lasciavano l'aula quando ho iniziato a parlare. Comunque un peccato, perchè il senso della partecipazione del governo alle cerimonie d'inaugurazione dell'anno giudiziario - alle quale partecipiamo come ospiti perchè invitati - è proprio quello di chiarire e spiegare le intenzioni dell'esecutivo in materia di riforme. Ma dobbiamo scontrarci con la resistenza al cambiamento di una corporazione». Riforme subito, questa la parola d'ordine . Anche l'Associazione nazionale magistrati le reclama, purchè vadano nella direzione di un «più efficace servizio giustizia reso ai cittadini», si legge in un documento del sindacato dei giudici. Ma, per le toghe, la separazione delle carriere o la riforma Vaccarella sul processo civile, non vanno nella direzione indicata. «La verità è che la preoccupazione della magistratura associata è quella di difendere l'occupazione di un'area di potere politico che si è ritagliata negli ultimi anni», dice Luigi Bobbio, senatore di Alleanza nazionale, in commissione Giustizia. E' fortemente critico sulla protesta di sabato: «Il mio giudizio - incalza - è nettamente negativo. Poteva essere un'occasione per abbassare i toni di uno scontro che, dobbiamo dirlo, hanno creato i magistrati. Mai come in questo caso si capisce chi ha torto e chi sconfina dal proprio ruolo: non c'è legge o disegno di legge su cui i giudici non dicano la loro. Ma è proprio la Costituzione, di cui vogliono farsi unici paladini, a dire che non spetta ai magistrati giudicare le leggi, ma farle applicare. Spero che i giudici cambino atteggiamento e si mettano al nostro fianco nel lavorare per le riforme. Noi non vogliamo sopraffare nessuno, ma l'intenzione di riorganizzare la giustizia e renderla più efficiente, è ferma». E ai nodi polemici di sempre, ora si aggiunge anche un nuovo fronte di scontro tra magistrati e centrodestra. L'Anm esprime «la più viva preoccupazione» di fronte alla proposta di istituire la commissione d'inchiesta su Tangentopoli che «rischierebbe di mettere in crisi il principio della separazione dei poteri » [le prerogative del Parlamento mettono in crisi la separazione dei poteri: ce faccia tosta!!!! - nota di pfb]. «Non è un atto persecutorio - replica Bobbio - e non c'è nessuna intenzione di sciogliere nodi legati a singoli processi, ma la commissione se verrà istituita avrà lo scopo di verificare aspetti di un fenomeno che ha avuto molte pagine non del tutto chiare». "

Saluti liberali

Lupo Solitario (POL)
20-01-03, 19:29
Ritornano gli arbitrati d’oro per i giudici «double face» di GIAN ANTONIO STELLA

Dovendo smaltire la miseria di 932.897 cause arretrate (2.454 a testa: auguri) molti magistrati dei Tar e del Consiglio di Stato non stanno nella pelle: vogliono tornare a farsi carico pure degli arbitrati. Quei processi «privati» profumatamente pagati a parte che sollevarono tanti scandali da venir soppressi da una legge. E tale è la loro smania di accumulare incarichi extra che hanno preso a bombardare il «loro» Tar del Lazio di ricorsi contro il «loro» Consiglio di Presidenza (il Csm delle toghe amministrative) colpevole di arginare le autorizzazioni. E chi presiede quel Tar? Un giudice per decenni premiato da una miriade di arbitrati e incarichi extra. Chiamato a decidere sulle scelte del proprio organo di autogoverno. Un cortocircuito micidiale.


Per leggere tutto Clicca qui (http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=PRIMA_PAGINA&doc=STELLA)

Pieffebi
24-01-03, 22:22
up! per atterraggio morbido

Allanim
25-01-03, 16:40
Negli USA contano i Giudici non i "magistrati". I procuratori dipendono dal Ministero, dagli Stati e dalle comunità locali.
Il Giudice ordina, o meno, l'arresto, e non si sogna di prendere ordini da un Procuratore. In Gran Bretagna i Procuratori dipendono dalla Polizia. I GIP ad personam come furono segnalati a Milano ed a Palermo, negli USA ed in Gran Bretagna non poterebbero esserci. Negli USA persino il Procuratore Speciale che inquisì Clinton per le note questioni orali, non si sarebbe mai sognato di rilasciare dichiarazioni su scelte del Parlamento e del Governo. E non si permise di fare commenti, quando il Congresso salvò il Presidente. Non era sua competenza e nessuno gli avrebbe permesso commenti.
Qui in Italia purtroppo è difficile sperare in un dominio dei Giudici come negli USA: i Procuratori lo impediscono. Lo hanno impedito anche quando qualche timido passo in quella direzione fu tentato. Non ci ricordiamo più chi affondò la Bicamerale, a cominciare dal giorno stesso della creazione (vedi l'incontro "segreto" di Borrelli, un semplice Procuratore, con D'Alema in presenza di Violante), con l'assistenza di Scalfaro, sulle riforma della giustizia?
Risultato: se mai una Procura domani ci mettesse nel mirino, non ci sarebbe un Giudice, anzi un "magistrato terzo" (anzi "primo"), a tutelarci.

Pieffebi
27-01-03, 22:28
Infatti....

Pieffebi
01-02-03, 20:53
da www.iltempo.it

" «Necessario riformare la giustizia»


« Le ultime vicende hanno dimostrato che è necessaria innanzitutto una profonda riforma della giustizia e che non è più possibile tergiversare sul punto essenziale: impedire l'uso illegittimo della giustizia da parte di chi non sa più distinguere il suo ruolo giurisdizionale dalla propria appartenenza politica ». E' quanto scrive Silvio Berlusconi in un messaggio inviato al convegno di Liberal sulle radici culturali della Casa delle Libertà e letto in sala da Ferdinando Adornato. « Il congresso di Magistratura democratica - aggiunge il prsidente del Consiglio - è stato purtroppo in questo senso emblematico, facendo venire definitivamente allo scoperto la saldatura tra una parte dei magistrati, che si autodefinisce senza alcun imbarazzo di sinistra, e i settori più radicali e oltranzisti della sinistra stessa ».

«COMPLETEREMO IL NOSTRO PROGRAMMA DI GOVERNO». «Abbiamo di fronte - continua Berlusconi nel messaggio - un altro ampio arco di legislatura per completare il nostro programma di governo e dobbiamo a questo fine rinsaldare lo spirito di coalizione, rifuggendo dalla tentazione di marcare eccessivamente i pur legittimi interessi di partito». Secondo il presidente del Consiglio infatti, «sarebbe un passo indietro rispetto al modo nuovo di concepire la politica che la Casa delle libertà ha portato nel Paese. L'unità è il valore dei valori. Lo dobbiamo ai milioni di cittadini che hanno votato per noi e al Paese che ha bisogno di una guida dinamica e stabile. Ciascuna componente della coalizione ha le sue legittime aspirazioni e priorità, ma non dobbiamo dimenticare mai che, al fondo, tutti ci riconosciamo in una comune visione del mondo e dell'Italia. Ed è più importante quest'ultima delle singole differenze».

«SE SCOPPIA LA GUERRA E' PER COLPA DI SADDAM». «Un'eventuale decisione a favore della guerra non sarebbe in nessun modo imputabile ai governi e agli Stati che si riconoscono nella superiore legittimità dell'Onu, bensì ad un regime che, come nel passato, non ha esitato a mettere in discussione la sicurezza e l'ordine politico internazionale». «Nel momento in cui la comunità internazionale è in attesa di sapere se il regime iracheno sarà disposto a collaborare con l'Onu per fornire tutte le prove richieste sui suoi arsenali militari - continua il premier - ribadisco che il desiderio della pace non è esclusiva della sinistra e delle anime belle dei pacifisti, ma è anche un obiettivo del nostro impegno, politico e di governo, altresì alla luce della nostra coscenza cristiana».

Ultimo aggiornamento sabato 1 febbraio 2003 ore 12.00 "


Saluti liberali

Pieffebi
12-12-03, 23:24
dal sito di IDEAZIONE

" Riformare la giustizia per riformare la società
di Patrizio Li Donni

Il primo ad immaginarla con una bilancia in mano su cui valutare torti e ragioni fu Esiodo. La chiamò Dike, la dea che sancisce il giusto. Una immagine da allora consacrata nel tempo con pitture e statue, un concetto di equità e saggezza, di nobile mezzo per dirimere e amministrare le controversie delle imperfette comunità umane. La nostra, cioè quella italiana, è una bilancia sgangherata che non soppesa più per motivi assai diversi tra loro, le giuste esigenze di equità e giustizia del popolo italiano. Invece di girotondare sullo stato dell’informazione gridando al regime, rifacendosi a non ben meglio identificate classifiche sul grado di libertà di informazione, che collocherebbero l’Italia dopo il Madagascar, meglio sarebbe per tutti se questa sinistra si volgesse a dati reali e concreti come quelli delle condanne inflitte all’Italia dalla corte europea di Strasburgo, classifica in cui è, questa volta, tristemente prima. Articolo 6 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, quello dello durata dei processi, sia civili che penali: basterebbe questo dato per scandalizzarsi. Cosa c’è infatti di più ingiusto che vivere con la spada di Damocle di una pronuncia, civile o penale che sia, sulla testa? Una vera giustizia essa deve essere pronta, altrimenti è inefficace e controproducente. Non entriamo nella scandalo della Legge Pinto (ultimi giorni del governo Ulivo), che iniquamente limita di molto l’accesso diretto alla Corte europea, assegnando la valutazione della responsabilità della lunghezza del procedimento alle Corti di Appello italiane competenti per territorio, un’altra vergogna, con in più la beffa di una condanna alle spese per il ricorrente ( una dissuasione?) in caso di mancato riconoscimento di violazione dell’articolo 6. Un caso clamoroso di conflitto di interessi e di sperequazione con gli altri paesi europei, di cui in misura doppia ne fa le spese il cittadino. Ma è solo un piccolo esempio fra mille.

Giulio Andreotti è l’esempio vivente di questa stagione: doveva essere l’esempio, la condanna politica per via giudiziaria delle maggioranze che hanno governato l’Italia nel dopoguerra. Questo sì, qualcosa più di un teorema, ormai con tutta evidenza un progetto, crollato miseramente, così come miseramente e misteriosamente erano sorti i processi a carico dell’ex “dominus” della vita politica italiana. Un’altra anomalia italiana: La lotta negli anni trascorsi tra politica e potere giudiziari. Si è detto supplenza, è un termine improprio, più giusto definirla invasione di campo.La politica, umiliata nel suo complesso dal potere giudiziario, (ma non va dimenticata anche la corruzione c’era, e coivolse molti uomini di spicco della Prima Repubblica, vorrebbe la sua rivincita sulla magistratura, ma occorre attenzione il decennio trascorso non può non aver lasciato nei cittadini anche la voglia di una giustizia più equa. Questo governo vuole finalmente mettere mano, riordinandolo, all’ordinamento giudiziario, in un clima diverso da quello che ha attraversato l’Italia in questi dieci anni. La riforma in parlamento prevede in particolare la distinzione delle funzioni, l’aggiornamento professionale con degli esami e delle valutazioni intermedie in modo da non rendere la carriera automatica e la preparazione dei magistrati obsoleta dopo pochi anni, ma anche l’inserimento di un principio regionalistico nei consigli giudiziari, immettendo in questi consiglieri non togati designati anche dai consigli regionali.

Il decreto legislativo prevede inoltre norme che impediscano il radicamento dei magistrati e dei giudici nei distretti di competenza, come quelle che vietano il cambiamento delle funzioni nello stesso distretto. Ma il decreto delegato al vaglio del Parlamento non è che un prima passo, perché se è vero che in esso vedono la luce misure importanti che iniziano a scalfire l’automatismo di carriera per anzianità e la qualificazione professionale dei magistrati e vi si abbozza una definizione delle competenze dei vertici delle procure tanto ancora per completare la riforma dovrà esser fatto. Della tanto paventata subordinazione delle procure all’esecutivo ( ma in Francia non c’è nessuno scandalo per questo), non c’è traccia, e nemmeno nella riforma trova cittadinanza la revisione della obbligatorietà della azione penale, principio ormai che i magistrati non sono in grado di far rispettare, e che offre il destro alla pratica della scelta dei reati d perseguire da parte dei procuratori e dei loro sostituti.Con tutto quel che ne consegue per le motivazioni e le origini delle scelte. (Arrivismo, sensazionalismo e notorietà, quanto mai estranei ad una corretta gestione della giustizia in questo contesto).

La Associazione Nazionale Magistrati si lamenta per un eccessiva e ricorrente verifica del magistrato durante la sua carriera che lo renderebbero fragile e precario nella sua funzione. non si comprende perché non dovrebbe essere verificabile la sua preparazione nel tempo, e con una frequenza mediamente elevata. In realtà il viaggio nella riforma è appena all’inizio, ma il primo passo è fondamentale apre la via verso la meta di un paese normale quello senza correnti in magistratura, vera anomalia, in quanto il diritto e le leggi non possono avere letture ideologiche nella sua fase di applicazione. Il potere di fare il legislatore o l’applicazione politica della legislazione non appartiene ai magistrati che autonomia e autogoverno ipocritamente coprono. Sembrerà a molti strano ma c’è nel nostro sistema giudiziario un deficit di democrazia, un governo, anzi un autogoverno degli addetti ai lavori, senza che il popolo possa intervenire ed esercitare il suo controllo democratico sulla organizzazione e sulla applicazione della giustizia. Ci piacerebbe poter scegliere il procuratore del nostro distretto tramite elezioni, per il lavoro e la politica giudiziaria svolta, questo sarebbe un grande avanzamento culturale e di democrazia del nostro paese e nel contempo un sistema per garantire l’indipendenza da quell’esecutivo che magistrati e sinistra vedono pur non essendolo, come il male assoluto.

5 dicembre 2003

patlidonni@yahoo.it "


Saluti liberali

Pieffebi
12-10-04, 12:29
up!