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Visualizza Versione Completa : Il Drago dalle Sette Teste-Induismo e Occultismo alla luce del Cristianesimo



rasnal
29-01-03, 13:45
Su segnalazione di Luca, sto traducendo un interessante saggio del Vescovo russo A. Mileant sui rapporti tra fede Ortodossa e religioni orientali.
Riproduco qui la prima metà del testo.
Conto di terminare quanto prima il lavoro, cui vorrei, nel tempo, far seguire altre traduzioni di testi utili a chi vuole accostarsi al pensiero dell'Ortodossia tradizionale.

Gian Piero


P.S.: Chiedo scusa per il "formato" del testo: in certi punti dovrebbe essere diviso in tabelle, che però non riesco a far apparire sulle pagine del forum! :(


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Il Drago dalle Sette Teste
Induismo e Occultismo alla luce del Cristianesimo

Vescovo Alessandro (Mileant)
Tradotto (in inglese) da S. Larin
Edito da Dr. Steven Bushnell & Fr. Herman (Ciuba)





Introduzione

“Lo Spirito però dice espressamente che negli ultimi tempi certuni apostateranno dalla fede, dando credito a spiriti fraudolenti e ad insegnamenti di demòni…” (1 Tim. 4:1)


A differenza degli animali, gli esseri umani non possono accontentarsi delle buone cose di questo mondo. Presto o tardi avvertono la necessità di un elemento spirituale nella loro vita; e a quel punto si scontrano con una serie di domande fondamentali: Perché si vive? Qual è lo scopo della vita? C’è qualcosa al di là del mondo fisico?, etc. Il Cristianesimo aiuta l’uomo a spezzare la morsa dell’esistenza quotidiana, a trovare significato nella vita ed a sviluppare le più nobili qualità dell’anima. Tuttavia, dalla fine del XIX secolo, l’Occidente è stato sempre più invaso da insegnamenti Indù, occulti, o genericamente “orientali”, che promuovono il loro peculiare approccio alla vita spirituale. Adattandosi alla mentalità ed alla cultura occidentale, questi insegnamenti fanno libero uso di svariati concetti e termini propri del Cristianesimo, creando così l’impressione di non essere in contraddizione con quest’ultimo, bensì di sopperire alle sue manchevolezze. In realtà, tali dottrine sono in diretto conflitto con il Cristianesimo, e conducono i loro seguaci lungo un sentiero spirituale errato. Sfortunatamente non tutti sono capaci di discernere dove si trovi l’errore, soprattutto quando esso si trova confuso con le dottrine cristiane.
In questo articolo prenderemo in esame le idee portanti di questi insegnamenti Indù, occulti o “orientali”, alla luce del Cristianesimo; e spiegheremo perché essi sono falsi, e quali sono i loro errori. Mostreremo altresì perché le loro tecniche psichiche, intese ad “espandere la coscienza” e ad “aprire dimensioni interiori”, sono pericolose per la psiche e dannose all’anima. Nella seconda parte esamineremo alcuni fatti storici, e le caratteristiche distintive di alcuni fra i più popolari culti “orientali”.


Le tre correnti

Gli insegnamenti Indù ed “occulti” possono essere divisi in tre correnti principali:

1. Sistemi occulti “scientifici” e filosofici;
2. Sistemi che pongono enfasi su pratiche psicofisiologiche;
3. Sistemi orientati allo sviluppo dell’intuizione e della spontaneità.

(1) Lo Gnosticismo, la Teosofia della Blavatsky, l’Antroposofia di Rudolf Steiner, le idee di Andrei Bely, l’Agni Yoga di Roerich, la Kabbala, la scuola di Vivekananda, la “Rosa del Mondo” di D. Andreev, e simili sistemi, sono rappresentativi di una corrente (apparentemente) scientifica ed intellettuale di pensiero occulto.
La caratteristica principale di questi insegnamenti è l’elaborazione di teorie pseudo-scientifiche sulla struttura del mondo invisibile; la gerarchia degli esseri invisibili; l’influenza del cosmo sul destino di popoli, nazioni e continenti; l’evoluzione del mondo; gli elementi costituenti dell’uomo; la vita dopo la morte. Tutte queste teorie - estremamente confuse ed arbitrarie – sono esposte nelle pagine di voluminosi trattati in più volumi, il cui studio richiederebbe una vita intera. Questi trattati sono destinati a persone dalle inclinazioni “contemplative”. Benché essi possano contenere anche consigli di carattere pratico, il ragionamento speculativo vi occupa il primo posto. Viene posta l’enfasi sullo studio della letteratura occulta, allo scopo di sviluppare in se stessi un’ “intuizione” in sintonia col mondo invisibile. L’individuo diviene così capace di “vedere” nella dimensione mistica della vita, e di comprendere in modo occulto gli eventi. L’apprendimento delle scienze occulte produce solitamente conseguenze psicologiche quali una crescente freddezza emotiva, cinismo, disprezzo per la gente, vuotezza spirituale, nonché debolezza e confusione interne, che conducono ad un senso di sconforto.

(2) Nel secondo tipo di insegnamento occulto, quello “psico-fisiologico”, l’enfasi è posta sul concetto di rimodellare il proprio intero organismo; perciò queste dottrine possono comportare il rischio di danneggiare irreversibilmente la salute. Il praticante si apre altresì all’influenza di spiriti maligni; e può arrecare tali danni alle sue funzioni biologiche, che nessun medico sarà capace di diagnosticare la causa dei disturbi che lo affliggono.Questa categoria include vari tipi di yoga (hatha yoga, raja yoga, mantra yoga), il Krishnaismo, la "meditazione trascendentale", lo yoga Taoista, o il Taoismo mistico, i metodi del Buddhismo Tibetano, quelli della “Fratellanza Bianca “ di O. Aivanhov, Perepelitsyn, Porfiri Ivanov, la terapia di S. Grof che fa uso di narcotici, i bagni di D.K.Lillie, e le tecniche respiratorie di S.Grof. [n.dT.: Alcune di queste correnti sono poco note in Italia; e la lista non è molto aggiornata. Aggiungeremo perciò: i “movimenti” di Gurdjeff, il Kundalini Yoga dei vari movimenti di origine Sikh, le pratiche pseudo-sciamaniche ampiamente diffuse negli ambienti New Age e in quelli della “neo-stregoneria” Wicca, il Reiki, etc.; per non parlare della “magia cerimoniale” e di tecniche simili usate nell’occultismo. La gravità dei danni arrecati alla salute fisica varia a seconda delle tecniche usate; restano comunque i danni alla salute psichica e spirituale, non sempre avvertibili nell’immediato, derivanti dal commercio con dimensioni e forze oscure] .
Questa lista include sia i sistemi tradizionali dell’Oriente, sia le loro varianti “basate scientificamente” in uso nella psicoterapia, nonché alcuni metodi nati in Russia, come quello di P. Ivanov. Mentre le scuole tradizionali sostengono teorie semplici, addirittura primitive, i metodi modernizzati cercano il supporto di solidi studi “scientifici”. Questi studi si riferiscono all’ambito dei fenomeni psichici e delle illusioni, cui si accede facendo uso di narcotici o di esercizi respiratori (come nei metodi di S. Grof).
L’argomento principale di questo tipo di misticismo psico-fisiologico è la sua asserzione che la pratica “funziona”: cioè fornisce risultati facilmente verificabili. Ciò attrae quegli individui che sono più inclini all’azione che alla riflessione. I metodi più usati per ottenere una “apertura” nel mondo invisibile sono: movimenti del corpo, posizioni statiche, regolazione del respiro, tecniche per controllare il flusso del sangue e per localizzare i processi energetici nel corpo, la ripetizione di un mantra, la visualizzazione (questo è un metodo che fa uso dell’immaginazione: si chiudono gli occhi e si tenta di rappresentare un’immagine nell’oscurità, finché, col tempo, si impara a vedere l’oggetto dell’immaginazione in modo chiaro e distinto), deprivazione sensoriale (si crea una situazione in cui viene eliminato ogni stimolo esterno, così da facilitare una “apertura dei sensi” nel mondo invisibile), l’uso di narcotici.

(3) Il terzo tipo è un “misticismo intuitivo”. In questa categoria possiamo includere il Buddhismo Zen, il Taoismo filosofico, gli insegnamenti di Krishnamurti, Osho Rajneesh, Carlos Castaneda ed altri.
Questi insegnamenti, di solito, rifiutano un approccio logico o razionale. Essi affermano che i fenomeni che ci circondano sono paradossali e contraddittori; e che l’uomo deve dunque scoprire una capacità interiore di reagire senza fare uso dell’intelletto, in modo spontaneo ed intuitivo, senza reprimere i suoi desideri e le sue reazioni inconsce. Il motto di questi movimenti è: “Completa libertà interiore”. Di conseguenza, il Taoismo religioso può dar luogo ad orge sfrenate, mentre gli adepti del Buddhismo Zen si ritengono liberi di comportarsi come meglio credono.
Questa divisione degli insegnamenti Indù ed occulti in tre correnti non è così rigida. Sarebbe più opportuno dire che esse differiscono nella misura in cui pongono l’accento sull’aspetto intellettuale, pratico o intuitivo. Le diverse correnti in realtà hanno molto in comune; e le loro vie, in certi punti, si incrociano. Ciò che le accomuna, a conti fatti, è la loro peculiare concezione di Dio come principio impersonale del cosmo, e il diffuso utilizzo dei metodi di yoga e di meditazione.


Le dottrine orientali alla luce del Cristianesimo

In principio, tutte le religioni ed i sistemi filosofico-religiosi possono essere divisi in due gruppi. Il primo include quegli insegnamenti che riconoscono Dio come un essere personale, perfetto e trascendente, creatore di tutte le cose visibili ed invisibili. Il secondo gruppo, invece, riunisce tutte quelle dottrine che vedono Dio come un Principio impersonale, che alcuni chiamano “Assoluto”, altri l’ “eterno Principio” del mondo, altri ancora la “Forza cosmica”, etc. Il Cristianesimo, il Giudaismo e l’Islam appartengono al primo gruppo, che può essere definito “Teo-centrico”, poiché la fede in un Dio personale sta alla base di tutte le altre verità religiose. Le religioni orientali, come quella Indù, o le dottrine “occulte” appartengono al secondo gruppo: in contrasto con quelli appartenenti al primo gruppo, questi sistemi possono essere definiti “antropo-centrici”, in quanto si basano – appunto – sull’uomo.
Il lettore non esperto di problemi teologici potrebbe pensare che la questione di un Dio personale o impersonale sia una speculazione puramente filosofica, poiché la Sua essenza è inconoscibile. La cosa più importante è essere una persona buona ed onesta: questo viene insegnato da tutte le religioni, indipendentemente dalla loro ideologia. Come vedremo, tuttavia, quello della natura personale e auto-cosciente di Dio non è per nulla un problema astratto, bensì viene a definire l’intero contenuto teoretico e pratico di una particolare religione o sistema.
Tutte le religioni ed i sistemi filosofici tentano di rispondere alle domande principali dell’esistenza. Le differenze nelle loro risposte a queste domande dipende in larga misura dai loro presupposti, dai loro punti di partenza. La prima domanda è: Dio è personale o impersonale? In altri termini: è dotato di ragione, auto-consapevolezza e volontà, o è solo una specie di “potere” o di “energia”? Questa distinzione fondamentale, come vedremo, scava un abisso ideologico fra i sistemi “Teo-centrici” e quelli “antropo-centrici”, e conduce a conclusioni diametralmente opposte riguardo alla morale.
La religione Indù, così come le dottrine “occulte”, non possono essere riconciliate col Cristianesimo, per quanto si possa tentare di correggerle, perché si basano su principi completamente diversi. Sostituendo un Dio personale con un concetto amorfo di energia onnipervadente, essi pongono l’uomo al centro della loro attenzione; e il loro scopo è quello di insegnargli come usare questa energia per il proprio auto-sviluppo e per la propria felicità.
La religione Indù e le dottrine occulte criticano il Cristianesimo per la sua dogmaticità. Esse si considerano superiori, in quanto non prescrivono un sistema definito di dogmi; non negano la libertà di pensiero, bensì offrono all’uomo la libertà di trovare con le proprie forze la soluzione ai misteri dell’esistenza. "La verità è una, ma gli uomini la comprendono in modi diversi”, dice un noto adagio Indù. Ma, come vedremo, tutte le religioni orientali si basano su un dogma cardinale : la fede nell’esistenza di un principio impersonale, che soggiace a tutte le cose. Tutte le idee filosofiche e religiose di queste religioni derivano logicamente da questo presupposto fondamentale. Se non c’è un Dio personale, non c’è neppure una Ragione superiore, né una Volontà che tutto dirige, né un’Autorità incontrovertibile, né un Giudice giusto. Ogni cosa accade “da sé”, per l’azione di cieche forze cosmiche. Le verità religiose ed i principi morali cui l’uomo è giunto sono condizionati dalla sua capacità di conoscere e dalla profondità del suo intelletto: essi sono dunque relativi, e suscettibili di revisione. Questa idea è all’origine di tutta la varietà, le contraddizioni e il disordine degli insegnamenti Indù ed occulti.
Detto ciò, procediamo ad analizzare i più importanti spetti dei sistemi Indù ed occulti, iniziando dalla questione fondamentale.

Dio e il mondo

Ogni scienza, comprese quelle più strettamente logiche e conseguenti - ad es. la matematica - , deve basarsi su una serie di “verità auto-evidenti” (assiomi) che in principio non possono essere provate, e che devono essere accettate per fede. Se tali assiomi fossero soggetti a prova, dovrebbero essere rinominati “teoremi”; ma, in realtà, è impossibile provarli. Non è dunque sorprendente che branche del sapere, le cui verità sono meno ovvie, come la religione e la filosofia, si basino anch’esse sui loro assiomi, i loro dogmi, che non sono soggetti a prova, e che costituiscono oggetto di fede. L’assioma fondamentale di tutti gli insegnamenti filosofico-religiosi è l’idea di Dio. Mentre le religioni centrate su una figura divina si basano sulla fede in un Dio personale, le religioni orientali come l’Induismo, e le dottrine “occulte”, fondano tutte le loro conclusioni sul presupposto dell’esistenza di un principio cosmico impersonale.
Il Cristianesimo ci insegna a credere in un solo Dio personale, l’Onnipotente, il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. Nell’accezione cristiana, Dio è un essere sopramondano e totalmente perfetto, infinitamente saggio ed onnipotente. Egli vive al di là dei limiti del tempo e dello spazio. Tutto ciò che esiste viene in essere grazie alla Sua volontà: non come una sorta di “emanazione” della Sua essenza, bensì come una creazione dal nulla.
In principio non vi era nulla: né angeli, né spiriti, né cosmo, neppure le particelle elementari di cui il mondo è composto; non c’era energia, né forza, né tempo, né spazio. Solo Dio esisteva: Luce eterna, datrice di vita, inaccessibile. Creando il mondo, Dio stabilì certe leggi che governano il suo sviluppo nella direzione da Lui stabilita. La natura del mondo è totalmente diversa da quella del suo Creatore, che è puro onnipresente Spirito. Dio penetra tutte le cose, ma senza toccarle e senza mescolarsi con esse. Il mondo, creato dal nulla, può tornare al nulla per volontà di Dio. Il suo destino dipende completamente dalla volontà del Creatore, che dimora nella luce inaccessibile, al di là del tempo e dello spazio: eppure si trova in ogni luogo, e tutto governa.
Poiché Dio creò il mondo e gli uomini con uno scopo ben preciso, Egli si prende cura di noi, come un padre coi suoi figli.
Tutti gli insegnamenti Indù ed occulti prendono l’avvio dall’idea di un Dio impersonale. Mentre il Cristiano parla di Dio come di un “Chi”, gli altri lo considerano un “Cosa”. Essi confondono Dio e il mondo in un solo concetto: “Dio è tutto, tutto è Dio”. Questa visione del mondo si chiama panteismo, dai termini greci pan, "tutto," e theos, "dio." Una scuola di pensiero parla di Brahman, l’Assoluto; un’altra si riferisce ad un principio universale, o ad un ordine naturale che è la radice dell’esistenza; un altro ancora postula un’energia onnipervadente, una forza mistica, o un’anima del mondo; una quarta scuola parla invece di una Realtà Primaria – e così via. Dietro questa varietà di nomi di nasconde sempre qualcosa di impersonale, qualcosa di inseparabile dal mondo stesso; una specie di aspetto sconosciuto dell’universo, che si evolve, in accordo con le leggi dell’esistenza, insieme al resto del mondo. E’ interessante notare che tutti questi insegnamenti, mentre negano un Dio personale, sono costretti a conferire alla materia stessa certe caratteristiche divine, come l’eternità, l’infinità, un certo grado di razionalità (in conformità con le leggi di natura) e di giustizia (la legge del karma).
Un’altra caratteristica di questi insegnamenti è il concetto di un cosmo ciclico, in cui il mondo attraversa periodicamente varie fasi di nascita, crescita, decadimento e distruzione. Poiché l’universo è una forma temporale o una modalità dell’Assoluto, esso attraversa cicli di essere e non-essere, nel corso dei quali mondi diversi sorgono dall’abisso dell’Assoluto e scompaiono nello stesso abisso. Così l’inizio è uguale alla fine, e il tempo ritorna su se stesso. In questa prospettiva l’ “Assoluto” dell’Induismo e dell’occultismo non è il soprannaturale Architetto e Legislatore del Cristianesimo, ma un oggetto, dipendente e soggetto alle leggi dell’evoluzione.
Un’altra caratteristica di questi insegnamenti è la loro enfasi sulla natura illusoria del mondo (maya). Poiché, in essenza, tutto fluisce dall’energia primeva, ogni cosa è solo un’apparenza priva di realtà. Tutto ciò che vediamo intorno a noi è un’illusione; dunque tutte le nostre idee sono mere congetture, e non possono essere vere.
Questa presupposizione di un Dio impersonale è alla base di tutte le altre idee filosofiche e religiose che caratterizzano i culti orientali: come, ad es., la negazione della sopravvivenza della coscienza umana dopo la morte e della rivelazione divina; il rifiuto di Cristo come Salvatore dell’umanità; la negazione del giudizio di Dio e della vita eterna; l’accettazione del fato come elemento determinante del destino umano; la dottrina del karma e della trasmigrazione delle anime; la natura relativa della verità e dell’errore, del bene e del male, della virtù e del vizio, etc.
Nonostante l’apparente spiritualità degli insegnamenti Indù ed occulti, ed una certa somiglianza col Cristianesimo, essi devono essere logicamente classificati come atei, o almeno come una sorta di materialismo spiritualizzato, non triviale o militante come il materialismo comunista.

La verità: un concetto relativo o assoluto?

Nel loro concetto di “verità”, gli insegnamenti orientali o panteistici sono alquanto logici. Se non vi è alcun Dio personale che si prende cura del Suo popolo, non può esservi neppure una sola fonte di rivelazione. Coloro che tentano di comprendere i misteri della vita sono limitati, sia nel loro intelletto che nella natura della loro comprensione dei misteri. Ne deriva, naturalmente, che le loro conclusioni debbano essere per forza imperfette, necessariamente diverse e soggette a riesame. Prendiamo, ad esempio, la storia dei quattro ciechi cui venne presentato un elefante, che esaminarono toccandolo con le mani. Uno di essi toccò una zampa, e dichiarò che l’elefante somigliava ad una colonna. Il secondo afferrò la coda, e disse che l’elefante era come un serpente. Il terzo toccò la pancia, e disse che sembrava una botte; mentre il quarto toccò gli orecchi, e disse che sembrava una cesta. Chi aveva ragione? Tutti, e nessuno!
Nello stesso modo - affermano le religioni orientali – ogni religione è, a suo modo, corretta. Le religioni dell’umanità sono soltanto vari livelli di comprensione di un’unica e sola verità. In questa prospettiva, Cristo, Buddha, Confucio, Zoroastro, Maometto, Krishna ed altri “avatar” sono considerati maestri che predicarono gli stessi principi, ma con diverse formulazioni verbali. La maggior parte delle religioni Indiane ed “occulte” ritengono che non vi sia alcuna “eresia” od “errore”: solo differenti livelli di comprensione di una stessa Realtà.
A causa di questa credenza nella natura relativa di tutte le dottrine religiose, questi culti incoraggiano lo studio delle religioni comparate per ampliare il proprio orizzonte mentale. Nello stesso tempo, considerano fanatici tutti coloro che - come i Cristiani - si dichiarano in esclusivo possesso della verità.
L’idea che la verità sia per sua stessa natura inattingibile è il punto di partenza del Buddhismo Zen. Se il mondo non è che un’illusione, un miraggio, la verità non può essere colta. E’ impossibile, per gli uomini, insegnare o imparare l’uno dall’altro. Per acquisire conoscenza, è anzitutto necessario liberarsi da idee ed opinioni preconcette, così come sono predicate dalle varie religioni. La Realtà non ha un contenuto oggettivo; solo la percezione soggettiva esiste. La “verità” deve essere realizzata direttamente ed intuitivamente, allorché colui che cerca e ciò che è cercato diventano uno.
I libri possono essere utili al principiante, poiché incoraggiano la meditazione. Rifiutando la ragione e la logica, il Buddhismo Zen crede nell’infallibilità dell’intuizione umana e aspira al suo sviluppo tramite la pratica rigorosa della meditazione, nel senso “yogico” del termine. Meditando, il praticante dovrebbe liberare la sua mente da qualsiasi impressione esterna e diventare completamente passivo. Tutto ciò che può essere conosciuto giungerà allora dall’interno, in un lampo. L’importante è sentire che si è una parte organica del Tutto. Quando si raggiunge questa realizzazione, ci si immerge in uno stato di completa beatitudine e si comprende che si è “dio”. Questa spontanea “illuminazione” è ciò che il Buddhismo Zen chiama ottenimento della verità.
La comprensione cristiana dell’assolutezza ed immutabilità della verità è basata sull’idea di un Dio personale. Creando l’uomo, Dio lo ha dotato di un intelletto divino, capace di comunicare con Lui e di discernere la verità. Se paragoniamo Dio al sole, la mente umana è come l’occhio, capace di ricevere la luce, benché non in tutto il suo fulgore; in questa luce l’occhio è anche capace di cogliere la natura degli oggetti fisici e spirituali.
Il primo uomo creato, nella sua purezza morale, era capace di avere un contatto diretto con Dio, ed anche di parlarGli (Genesi, cap. 1-2). Col peccato, l’uomo si allontanò da Dio. La sua mente fu oscurata, e - come conseguenza - iniziò ad apparire ogni sorta di falsa religione. Ma Dio non ha abbandonato l’uomo. Come un Padre amoroso, non ha mai cessato di preoccuparsi della salvezza dell’umanità; ed ha inviato i Suoi profeti per ammaestrarla.
La pienezza della verità fu portata al mondo da nostro Signore Gesù Cristo, il Figlio Unigenito di Dio. Egli colmò le lacune del Vecchio Testamento, e ci offrì una più perfetta comprensione di Dio e delle cose spirituali. Ci insegnò chiaramente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, come si deve vivere e cose si deve cercare, al fine di ottenere la vita eterna. Non era nelle Sue intenzioni soddisfare la curiosità umana, esponendo misteri dell’esistenza che sono al di là della nostra comprensione. Il suo insegnamento si concentra su ciò che è più importante per noi: come entrare nel Regno dei Cieli. L’insegnamento di Cristo, in tutta la sua originaria purezza e integrità, è conservato nei Vangeli, scritti dai quattro Evangelisti; ed è ulteriormente spiegato negli scritti dei santi Apostoli. E’ la Bibbia, dunque, che contiene la rivelazione divina in tutta la pienezza della verità.
Il nostro compito più importante, in questa vita terrena, è imparare le verità divinamente rivelate, contenute nelle Sacre Scritture, sotto la guida della Chiesa, e basare la nostra visione del mondo e la nostra vita su queste verità. Benché l’uomo non sia sempre capace di comprendere tutta la pienezza della verità divinamente rivelata, è pur sempre capace di credere in ciò che essa insegna.

Poiché la religione Indù e le dottrine occulte non posseggono una sola fonte di rivelazione, esse si basano spesso sulle rivelazioni di spiriti occulti e di “fratelli bianchi”, o sull’autorità di un guru. Ad esempio, Helena Blavatsky, la fondatrice della Teosofia, asseriva di essere in costante contatto telepatico con i mahatma tibetani, e di poter ricevere ordini da loro, porre domande e riceverne risposta. La Blavatsky considerava la sua vita e gli insegnamenti della Teosofia come un adempimento della volontà di misteriosi “maestri”, che vivrebbero sui picchi ammantati di nubi del Tibet.
Il Cristianesimo separa chiaramente la verità divinamente rivelata dalle opinioni degli uomini; e crede che vi sia una sola verità, benché possa esservi una moltitudine di falsi insegnamenti. Tutto ciò che contraddice la verità rivelata da Dio è semplicemente il prodotto dell’immaginazione umana.


L’uomo: la sua natura ed il suo scopo.

Nell’accezione cristiana, l’uomo è creatura di Dio e porta in sé il segno della Sua immagine. Mentre gli angeli hanno una natura puramente spirituale, e gli animali sono puramente fisici, ciò che distingue l’uomo è la sua dualità. Egli è composto di un’anima razionale e di un corpo corruttibile.
Benché la natura dell’anima e la sua apparizione nel mondo rimane uno dei misteri di Dio, il Cristianesimo insegna chiaramente che l’anima di un neonato non è uno spirito che viene da altrove, ma una nuova creazione che ha cominciato ad esistere nel grembo materno ad un certo momento dopo la formazione del feto. * Come un bambino erediterà molti tratti fisici dei genitori, così egli riceverà alcune delle loro qualità spirituali, sia negative che positive. Per quanto possa somigliare ai suoi genitori, tuttavia, egli è un “Io” completamente nuovo, distinto dalle persone dei genitori. E’ una persona unica e insostituibile, che possiede una coscienza, una ragione ed un libero arbitrio del tutto indipendenti.
L’anima di un bambino non entra nel corpo come si entra in un appartamento. L’anima è unita al corpo da un legame misterioso ed estremamente intimo, che nel piano del Creatore avrebbe dovuto essere eterno. La morte, conseguenza del peccato, è un fenomeno anormale e innaturale. Mentre il corpo dopo la morte viene privato del principio vitale e si disfa negli elementi di cui è composto, resta pur sempre un certo misterioso legame fra il corpo e l’anima. Quando l’anima lascia il corpo, essa conserva la personalità, l’esperienza spirituale, la conoscenza e il livello morale raggiunti durante la vita terrena. La personalità, l’ ”Io” unico, continua ad essere cosciente, a pensare, a ricordare, a percepire e a desiderare, anche dopo la morte fisica. Anzi: l’anima avverte che la sua separazione del corpo è qualcosa di contrario alla natura, un fenomeno solo temporaneo. L’anima non è stata creata per essere un angelo o un fantasma, bensì una parte della natura di un essere umano: la parte spirituale della sua persona. Perciò gli esseri umani non riusciranno mai ad accettare la tragedia della morte: la morte è un evento innaturale.
Nostro Signore Gesù Cristo è venuto in questo mondo per correggere l’anomalia della morte e per restaurare la duplice natura dell’uomo. Questa restaurazione avrà luogo il giorno della resurrezione dei morti, allorché l’anima di ogni uomo si ricongiungerà al suo corpo divinamente rinnovato e spiritualizzato, dopo di che l’uomo vivrà senza più conoscere la morte. E’ importante comprendere che, alla resurrezione, l’anima di ogni uomo sarà riunita col suo corpo, non con qualche altro “nuovo” corpo. Ciò compirà la restaurazione dell’uomo nella duplice forma originaria in cui Dio lo ha creato.
L’Induismo, e le dottrine occulte, hanno un concetto completamente diverso della natura umana. Per loro, l’anima è una condensazione o materializzazione di quella stessa energia impersonale che riempie il cosmo. L’anima è come una goccia di vapore condensato, o un’onda sonora stabilizzata su una certa frequenza. Il corpo umano è una membrana priva di sostanza che avvolge questa energia condensata, come una veste. La morte è dunque considerata come un processo naturale, in cui l’anima - energia temporaneamente condensata - si dissolve ancora una volta nel mare di energia che riempie il cosmo. Come le molecole di vapore possono condensarsi ancora in una goccia di pioggia, o un’onda sonora può ancora sincronizzarsi su una certa frequenza, così anche queste “particelle” di energia universale possono ancora una volta riunirsi e formare un’anima umana, per abitare un nuovo corpo. Questo processo è chiamato “rinascita”, “reincarnazione” o “metempsicosi”. Mentre i dettagli di questo processo e la terminologia usata possono differire da una religione orientale all’altra, l’idea soggiacente resta la medesima: dopo la morte, la personalità e l’auto-consapevolezza della persona vanno perdute.


Il problema della personalità.

Il termine “personalità”, o “io”, si riferisce al centro immateriale della coscienza, e a tutti i processi psichici degli esseri intelligenti. Benché un incessante flusso di ogni tipo di sensazioni, pensieri, sentimenti, emozioni e desideri scorra attraverso la coscienza dell’uomo, il suo “io” non è un canale passivo per questa corrente, bensì un attivo “centro direzionale” che liberamente controlla e dirige le sue proprie attività mentali. Nonostante attraversi una vasta gamma di attività e di condizioni, lungo l’intero corso della sua vita ogni uomo è consapevole di se stesso come una sola personalità. Egli è il padrone delle sue decisioni e dei suoi atti. La personalità umana concentra in sé tutte le sue qualità ereditarie ed acquisite, compresi i ricordi, la conoscenza, le capacità, i talenti creativi, l’intuizione, la sensibilità, l’esperienza, i sentimenti religiosi, la moralità, la forza di volontà, il carattere, il temperamento, gli interessi, le ambizioni, etc. Tutto ciò forma l’intero ed unico “io”, distinto dal mondo esterno e dagli “io” degli altri esseri umani.
Tutte le religioni che riconoscono un Dio personale accettano anche l’immortalità della personalità umana, mentre gli insegnamenti che non credono in un io personale rifiutano anche l’immortalità della persona umana.
Il Cristianesimo insegna che la cosa più preziosa e duratura nell’uomo non è l’insieme di elementi fisici di cui è composto, ma piuttosto la sua personalità, il suo “io”. Le cellule di un organismo invecchiano, muoiono e vengono sostituite da nuove cellule; ma la personalità umana conserva tutta la conoscenza e l’esperienza di vita che ha accumulato. Un bambino viene al mondo come un foglio bianco. Nel corso degli anni tutte le impressioni, tutto ciò che egli pensa, sente e fa, lascia un’impronta nella sua mente conscia ed inconscia. L’esperienza accumulata in una vita forma la sua personalità e modella il suo carattere. A seconda delle sue inclinazioni, un uomo può diventare uno studioso o rimanere un illetterato; può svilupparsi spiritualmente o rimanere moralmente sterile.
Poiché l’ “io” reca in sé il sigillo del suo Creatore, che è eterno, la personalità è la “sostanza” più stabile che esista in natura: più stabile di qualsiasi molecola o atomo. Con l’attrezzatura adeguata qualsiasi elemento può essere trasformato in un altro, “riorganizzando” le particelle sub-atomiche (quark ed elettroni) di cui è composto. Teoricamente, potrebbe essere addirittura possibile trasmutare il piombo in oro, benché sia arduo realizzare questa operazione in condizioni di laboratorio. La personalità umana, tuttavia, non può essere cambiata. E’ possibile uccidere fisicamente un uomo, ma non è possibile distruggere la conoscenza o l’esperienza di vita della sua anima immortale.
Ogni individuo ha la possibilità di sviluppare il suo “io” in ogni modo possibile; ma nessuno può annullare ciò che è acquisito interiormente. Tutti i fanciulli, nella loro infanzia, si somigliano. E’ possibile che al momento della nascita vi fosse una piccola differenza fra Mosè e Jack lo Squartatore; ma nel corso degli anni il primo è diventato un profeta che ha lasciato la sua impronta nella storia del mondo, e che tutti ricordano con gratitudine, mentre l’altro è diventato un feroce criminale. Ciascuno di essi era libero di scegliere la sua strada. Tutto ciò che ognuno di loro acquisì dentro di sé rimarrà parte di lui per sempre, sia esso una inestimabile ricchezza spirituale o un orribile fardello di immoralità. Dopo la morte, ognuno vedrà chiaramente ciò che è e cosa si merita. La persistenza della coscienza personale sarebbe una terribile tragedia se non fosse per la grazia di Dio, che rinnova l’uomo “curando coloro che sono infermi e sostenendo coloro che sono manchevoli”. Ne parleremo più diffusamente in seguito.
Poiché tutte le scuole di pensiero Indù ed “occulte” negano che vi sia una auto-consapevolezza nell’Assoluto, esse considerano l’auto-consapevolezza umana come qualcosa di insostanziale e transitorio. La personalità è solo un fenomeno, come la schiuma che si forma sulle onde dell’oceano, e che torna a dissolversi in esso senza lasciar traccia. Sì, è vero che alcune formulazioni contemporanee di queste dottrine attribuiscono all’Assoluto una certa “super-coscienza”; ma non è affatto chiaro cosa si intende con questo termine. Probabilmente si tratta solo di un gioco di parole; ed a questa “super-coscienza” dell’Assoluto manca in realtà qualsiasi consapevolezza, così come nella meditazione trascendentale i processi di pensiero vengono sospesi (ne parleremo meglio in seguito).


Peccato e Karma

Il Cristianesimo concepisce il peccato come una violazione della nostra più intima natura stabilita da Dio. Pensieri, sentimenti, parole ed intenzioni, così come le azioni, possono essere peccaminosi, poiché indirizzano l’uomo su un sentiero che lo allontana da Dio. E’ un peccato anche il rifiuto cosciente di Gesù Cristo, il rifiuto di credere in Lui come il Salvatore del mondo, inviato da Dio (Giov. 16:9). Secondo S.Giacomo Apostolo, pecca anche chi ha la capacità di fare il bene e non lo fa (Giac 4:17). Un’azione peccaminosa, o un’inclinazione peccaminosa della volontà, lascia un’impronta “nera” sulla coscienza. Peccati ripetuti, accompagnati da una continua inclinazione della volontà verso il peccato, rendono l’uomo moralmente malato e lo attirano verso gli abissi dell’inferno. L’uomo è chiamato a combattere contro le sue tendenze malvagie; ma il peccato spesso supera le sue forze spirituali, ed è necessario un aiuto dall’alto. In realtà, l’infezione del peccato originale è così forte che tutti hanno bisogno del potere vivificante della grazia di Dio.
Nonostante tutto ciò, Dio ha posto semi di bontà nella nostra natura: perciò ogni uomo è istintivamente attirato dal bene. Allorché l’uomo compie il male, si sente a disagio e comincia ad essere tormentato da un sentimento spiacevole. Ciò avviene perché Dio ha dotato la nostra natura spirituale di uno strumento morale molto sensibile e sicuro: la coscienza. Non sorprende, dunque, che i pagani, Mosè e i seguaci di diverse religioni concordino sovente nel definire ciò che è bene o male, vizio o virtù. Coloro che seguono gli insegnamenti dell’Induismo e dell’occultismo non sono esclusi da questa specie di “consenso morale”. Così, benché in teoria l’Induismo non distingua fra bene e male, considerando entrambi come le due facce di una stessa moneta, in pratica esso ha una dottrina che si avvicina al concetto di peccato: il karma.
Karma (che significa “azione”) è qualcosa di negativo e di indesiderabile, come una macchia che si attacca all’uomo e rimane in lui nel processo delle sue reincarnazioni. Poiché la dottrina Indù non ha un Dio che perdona e purifica l’uomo, il karma assume un carattere puramente formale e meccanico. Le religioni orientali concepiscono il karma come una legge immutabile di giustizia retributiva, una legge che non dipende da alcuna consapevole Volontà superiore. Le sue conseguenze si avvertono attraverso tutte le successive reincarnazioni, così che ogni atto incide sul futuro dell’anima con accuratezza matematica. Persone che in questa vita sono piene di salute, felici o ricche sono quelle che hanno creato “buon karma” nelle loro vite precedenti; di contro, individui che soffrono, o sono meno fortunati, ricevono la retribuzione di antichi peccati e colpe. In termini più semplici: secondo la dottrina del karma, peccato e punizione hanno una correlazione matematicamente esatta. In questo sistema non c’è alcun Dio o Salvatore pietoso, che concede il suo perdono e redime i peccati degli uomini. La legge del karma è un calcolo implacabile e impietoso di tutto ciò che l’uomo compie; e nelle successive reincarnazioni - che possono ripetersi migliaia o milioni di volte - egli dovrà pagare per quello che ha fatto.
La dottrina del karma è, apparentemente, un tentativo di spiegare la causa della sofferenza. Ad es., se un bimbo innocente soffre, è a causa dei peccati commessi in vite precedenti. Tuttavia, se si considera il problema più in profondità, si giunge alla conclusione che la legge del karma in realtà legalizza l’ingiustizia. Se è vero che la personalità si dissolve al momento della morte, la nuova persona che viene a formarsi nella successiva reincarnazione non può in alcun modo comprendere quali colpe deve scontare; e, di conseguenza, non può trarre alcuna lezione morale dalle sue sofferenze: non può fare altro che subire la cupa sensazione della durezza dell’esistenza.


La vita dopo la morte, o la trasmigrazione delle anime

La fede cristiana insegna che la sofferenza e la morte sono strettamente connesse con la tragedia del peccato originale. Se non fosse per il peccato originale, l’uomo vivrebbe per sempre; ma ora, poiché la sua natura è stata guastata dal peccato, egli deve affrontare la morte. La sua corruzione morale non può essere cancellata solo dalle sue sofferenze, o dalle sue buone opere e dai suoi sforzi: queste cose non possono restaurarlo nello stato di immortalità in cui fu originariamente creato. Il tragico errore del peccato è stato corretto da nostro Signore Gesù Cristo, che poté redimere i peccati dell’uomo grazie alle Sue sofferenze sulla Croce, privando così la morte del suo potere e restituendo all’uomo l’immortalità. Benché questo mistero di redenzione sia al di là della comprensione della nostra mente, il potere rigenerante del Cristo risorto è all’opera in coloro che credono: esso dà loro la certezza che un giorno risorgeranno dai morti, per il potere di Colui che vinse la morte.
Dio ci ama: Egli ha pietà di noi, suoi figli. Quando sperimentiamo una debolezza morale, o addirittura cadiamo nel peccato, Egli non cerca vendetta e punizione, bensì aspetta pazientemente il nostro pentimento, e ci aiuta a tornare sulla retta via. Anche quando permette alle afflizioni di colpirci, esse non sono mezzi usati per espiare i nostri peccati, ma per curarci. Quando non rifiutiamo Dio, Egli dirige tutti gli elementi della nostra vita verso il nostro benessere spirituale e la nostra salvezza. La nostra meta è la vita eterna nel Regno dei Cieli.
Paragonati alla grande speranza cristiana del rinnovamento e della restaurazione dell’uomo, gli insegnamenti Indù e quelli dell’occultismo sembrano cupi e fatalistici: tutto ciò che accade in questo mondo è soggetto al fato ed alla spietata legge del karma. La “salvezza” non si trova nella fede e nello sforzo di agire bene, ma in una progressione meccanica attraverso cicli di reincarnazione. Un uomo può compiere il bene o il male; ma il suo destino è già stabilito, come il movimento degli ingranaggi di un orologio. Al termine di tutto l’inutile errare dell’anima da un corpo all’altro, non vi è neppure la speranza di un’immortalità personale: resta solo la prospettiva di scomparire in un Assoluto cosmico, in cui l’auto-consapevolezza e l’esperienza accumulata vanno perduti.
Mentre un Cristiano attende la resurrezione del suo corpo - l’unico e solo corpo che ha avuto durante questa vita terrena -, il seguace delle religioni orientali considera il suo corpo come un guscio temporaneo, una specie di prigione, da cui un giorno potrà essere liberato. Secondo la dottrina Indù, la propria essenza spirituale impersonale dopo la morte è costretta a reincarnarsi per soddisfare la legge del karma, e può rinascere come un altro essere umano, o una scimmia, una capra, o addirittura una pianta.
Benché le dottrine del karma e della reincarnazione costituiscano un tentativo di spiegare l’esistenza del male nel mondo, esse in realtà introducono nel mondo la più grande ingiustizia: alla fine, a tutti è garantito il medesimo destino. Nonostante tutto il bene che un uomo possa compiere, egli non riceverà alcun premio per le sue fatiche; nonostante i suoi delitti, il peggior delinquente non riceverà alcuna punizione per i suoi crimini. Un sant’uomo come S.Nicola, e l’assassino di milioni di innocenti, come Stalin, avranno alla fine lo stesso destino: si dissolveranno entrambi nell’Assoluto senza volto. Quale dottrina più mostruosa di questa?
Paradossalmente, questo sistema non è affatto comprovato dall’esperienza. Se ogni essere umano, dopo aver vissuto molte vite ed aver esaurito il suo karma, deve infine ottenere la perfezione spirituale, ci aspetteremmo logicamente che tutta l’umanità raggiungesse questa perfezione. Sfortunatamente, ciò che vediamo è alquanto diverso: assistiamo invece al declino spirituale della società, all’aumento dei crimini e della depravazione, alla crescita dell’odio e della crudeltà gratuita, perfino tra i fanciulli. E’, piuttosto, un quadro in accordo con le profezie bibliche circa la degenerazione morale dell’umanità prima del Secondo Avvento del Cristo.
La dottrina della reincarnazione non ha alcuna prova oggettiva da offrire in suo sostegno. Alcuni individui pretendono di ricordare, in modo frammentario, luoghi familiari, che avrebbero conosciuto in vite precedenti; ma simili asserzioni sono facilmente spiegabili come semplici scherzi dell’immaginazione. Il nostro cervello immagazzina incessantemente frammenti di ogni sorta di impressioni visive ed auditive, che si dispongono da qualche parte nel subconscio. In certi particolari momenti, queste impressioni frammentarie possono riunirsi per formare un’immagine mentale, così che sembra di riconoscere un certo luogo, anche se lo si vede per la prima volta. L’Induismo e l’occultismo considerano questi “ricordi” come una conferma dell’idea della trasmigrazione delle anime; al che potremmo obiettare che nessun particolare di questi “ricordi” contiene alcuna informazione probante. Nessuno è capace di ricordare la lingua da lui parlata in vite precedenti, o i dettagli di eventi accaduti in altre esistenze; e neppure la conoscenza letteraria, o scientifica, acquisita, né i nomi delle persone da lui conosciute. In altri termini, il preteso “reincarnato” non ricorda nulla di ciò che la nostra coscienza assorbe nel corso dell’esistenza, e che viene a costituire il nostro apparato intellettuale e la nostra esperienza di vita. Tutte queste cose sembrano scomparire senza lasciar traccia, e senza alcuna ragione. E’ evidente, dunque, che le asserzioni riguardanti la trasmigrazione delle anime non hanno alcuna prova a loro favore.
Nello stesso tempo, le vite dei santi, molte opere di argomento religioso e molti resoconti contemporanei di esperienze di vita dopo la morte rifiutano fondamentalmente l’idea occultista della reincarnazione. Le anime dei morti sono talvolta apparse ai vivi, esprimendosi secondo la conoscenza e l’esperienza acquisita durante una singola esistenza terrena; e dimostrando così che la loro coscienza non era stata annientata dalla morte. Quando i profeti Mosè ed Elia apparvero in compagnia del Cristo sul monte Tabor, molti secoli dopo la loro dipartita da questo mondo, essi conservavano una chiara consapevolezza di ciò che erano stati nel passato. Del pari, in tutti i resoconti [N.d.T.: Qui l’Autore allude ai resoconti delle “esperienze fuori del corpo”, o delle “esperienze di premorte”, che recentemente sono divenute oggetto di una vasta letteratura] redatti da medici che lavorano in reparti di terapia d’urgenza, leggiamo che l’anima, dopo aver lasciato il corpo, continua ad essere consapevole di sé, come la medesima persona che viveva nel corpo fino al momento della morte. In alcuni casi l’anima desidera tornare in questo mondo, ma solo per portare a termine una missione lasciata incompiuta, non per iniziare una nuova esistenza. Inoltre, quando le anime dei morti recenti incontrano nell’aldilà le anime dei parenti precedentemente defunti, si riconoscono a vicenda come le particolari persone che erano. In tutti i casi noti alla religione ed alla scienza, le anime dei morti conservano il loro “io” e l’esperienza acquisita durante l’esistenza. La loro auto-consapevolezza non può estinguersi; e ciò refuta la dottrina della trasmigrazione delle anime, così come la loro dissoluzione finale nel nirvana.
E’ chiaro, dunque, che la dottrina indù della reincarnazione è in conflitto con la dottrina cristiana della redenzione. Ciò è quanto mai evidente nella figura evangelica del buon ladrone: in un attimo egli confidò in Cristo ed ebbe in eredità il Regno dei Cieli, superando il karma e i cicli cosmici delle rinascite. La redenzione compiuta dal Cristo ci libera dal dominio dei processi cosmici e dal cieco fato.


Idee di salvezza; il bene e il male.

Strettamente parlando, quello di “salvezza” è un concetto puramente cristiano. E’ del tutto sconosciuto ai sistemi di pensiero indù ed occulti, ma occupa un posto centrale nel Cristianesimo. Quest’ultimo, infatti, insegna che Dio ha creato l’uomo per una vita immortale. Se non vi fosse stato un peccato originale, non sarebbe stato necessario salvare l’uomo. Il peccato originale ha “macchiato” la natura umana, in senso morale; ha recato disarmonia nel mondo interiore dell’uomo, e ,o ha privato della comunione vivente con Dio. Gli effetti del peccato sono stati così distruttivi che il Figlio di Dio stesso è dovuto venire nel mondo e diventare uomo per cancellare i peccati dell’umanità.
Tutti noi abbiamo ereditato il contagio del peccato, con tutti i suoi effetti letali. Non possiamo liberarci da soli dal peccato, né riconquistare la vita eterna con i nostri soli sforzi. Abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio; abbiamo bisogno di un Salvatore! Se nostro Signore Gesù Cristo non avesse redento i nostri peccati sulla Croce, saremmo tutti condannati alla morte eterna: che significa non l’annichilamento dell’anima, bensì il suo confinamento nella tenebra e nell’eterno tormento. Ora, grazie a nostro Signore Gesù Cristo, la via della salvezza è aperta per tutti. Il Sangue che Egli ha sparso sulla Croce ci monda dal peccato e rinnova le nostre anime. Questo processo, comunque, non è affatto automatico: è richiesto uno sforzo personale della volontà per credere in Cristo, accettare i Suoi insegnamenti e vivere da Cristiano.
Il concetto di “salvezza” è un argomento troppo ampio per poter essere trattato dettagliatamente in questa sede. Il digiuno, la preghiera, lo studio della parola di Dio, la meditazione sulle cose divine, le buone opere, i sacramenti della Chiesa: tutte queste cose sono mezzi importanti per la rigenerazione spirituale dell’uomo. La salvezza ci viene concessa a due condizioni: lo sforzo personale per avvicinarci a Dio e l’aiuto di Dio stesso, concessoci in modo invisibile dalla Sua grazia.
La salvezza deve essere intesa come la piena restaurazione dell’uomo, in corpo ed in spirito; la sua completa liberazione dal peccato e da tutte le sue conseguenze. E’ qualcosa di molto più grande di un ritorno alla beatitudine primordiale dell’Eden, poiché è accompagnata dalla spiritualizzazione e dalla trasfigurazione dell’uomo e dell’intero mondo fisico. La corruzione verrà sostituita da ciò che è incorruttibile; e i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre. La beatitudine e la felicità corrisponderanno al livello morale raggiunto durante la vita terrena. Per questo il Cristianesimo ci chiede di moltiplicare i talenti che ci sono stati dati, e di accrescere il nostro tesoro spirituale. Chi semina generosamente avrà un abbondante raccolto; mentre chi semina con parsimonia avrà un raccolto più modesto.
L’Induismo e l’occultismo hanno una prospettiva del tutto diversa circa lo scopo della vita umana. Poiché essi negano il peccato originale e l’immortalità personale, così pure negano la necessità della salvezza. Preferiscono invece dedicare tutta la loro attenzione all’auto-sviluppo, usando vari metodi di yoga e di meditazione. Il risultato più alto di questi esercizi è, per loro, la realizzazione della propria “divinità”. Ma, prima si raggiunge la perfezione, prima si raggiunge anche il fine che tutti prima o poi raggiungeranno: il dissolvimento nel nirvana. Le religioni orientali considerano questo ottenimento come la beatitudine somma. Ma – potremmo chiederci – quale beatitudine può esservi quando non c’è più nessuno che ne è consapevole? Che differenza c’è fra questa “beatitudine” e la morte? Da un punto di vista cristiano, questi sono solo giochi di parole.
Nell’ambito della morale, mentre il Cristianesimo distingue chiaramente fra bene e male, nell’Induismo e nell’occultismo queste sono solo nozioni relative. Il loro relativismo morale è una logica conseguenza della concezione monistica su cui si basano: tutto è uno. naturalmente, nella letteratura dell’Induismo e della Teosofia, così come in quella di qualsiasi altra religione, si leggono molti bei pensieri intorno alla virtù: si possono trovare molti buoni consigli ed esortazioni ricche di ispirazione. Ma ciò non deriva affatto dal loro sistema dottrinale: è piuttosto il risultato di quel senso comune, e di quell’inclinazione al bene che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo. Ognuno, anche se non sa nulla di Dio e della Bibbia, sente una naturale avversione per il vizio ed un’attrazione per la virtù.
Più ci si familiarizza con la filosofia dell’Induismo, più appare chiaro che il bene e il male sono concetti relativi e soggettivi. Ciò che viene considerato ”male” da alcuni può condurre al bene su un altro livello. il “bene” e il “male”, essi dicono, sono necessari, come la luce e l’ombra in un dipinto, o le cariche positive e negative in un atomo, o il nord e il sud in un campo magnetico. Sono aspetti diversi, ma uguali, della Realtà Originaria; sono essenziali per l’equilibrio della vita e l’armonia dell’universo. Strettamente parlando, non vi è alcunché che possa essere chiamato “peccato” o “vizio”. Non vi è neppure alcuna differenza fondamentale fra le persone virtuose ed i malvagi, fra i santi e i criminali. E’ tutta questione di karma temporaneo, che verrà macinato nel mulino delle reincarnazioni e infine dissolto nell’oceano senza limiti della Realtà Originaria. Di conseguenza, l’uomo non è responsabile delle sue azioni: egli è solo un piccolo ingranaggio nel meccanismo dell’universo. Può considerare le sue azioni “buone” o “cattive”; ma è solo un’illusione. Il Buddhismo elaborò una serie di metodi per liberarsi da questa illusione.
Poiché la “salvezza” è interpretata in questo modo, tutte le pratiche delle religioni orientali hanno ovviamente un contenuto ed uno scopo completamente diverso rispetto a quelle proprie del Cristianesimo. Invece della preghiera come comunione vivente con un Dio personale, esse incoraggiano lo sviluppo di contatti telepatici con mahatma (anime) e guru, viaggi nel “piano astrale”, la ripetizione di mantra, l’evocazione di spiriti, etc. Invece del pentimento dinanzi al Creatore, e della riforma della propria vita, queste religioni spingono i loro seguaci a contare sulle proprie forze ed a sviluppare in se stessi un senso di “divinità”, ovvero di superiorità rispetto a coloro che non sono “illuminati”.


Cristo e gli Avatar indù.

Così come l’idea di “salvezza” occupa un posto centrale nel Cristianesimo, così anche l’avvento del Salvatore in questo mondo è considerato un evento unico e irripetibile. Il Figlio Unigenito di Dio si rivestì della nostra natura umana per rinnovarla, e - ciò che più conta - per rendere l’uomo partecipe della Sua natura divina. Per questa ragione Egli ascese nei cieli con la Sua carne trasfigurata, in modo da rimanere eternamente il Dio-Uomo. La Sua comunanza con la razza umana, il Suo insegnamento ed il Suo esempio personale, e infine la Sua sofferenza redentrice sulla Croce e la Sua gloriosa Resurrezione dai morti, sono tutti aspetti inseparabili di una stessa grande opera: la salvezza del genere umano. Tutte queste cose furono compiute una volta per tutte; esse contengono in sé un inesauribile potere spirituale, che salverà i credenti fino all’ultimo giorno del mondo. Quando il Signore Gesù Cristo verrà sulla terra una seconda volta, non sarà per insegnare o per salvare, ma piuttosto per giudicare il mondo, e per dare a ciascun uomo la retribuzione delle sue azioni.
Gli insegnamenti dell’Induismo e dell’occultismo, al massimo, accettano Cristo come uno degli avatar, ovvero le materializzazioni di Vishnu – cioè la Realtà Originaria. Benché il dio indù sia impersonale, egli talvolta “si incarna” e assume l’aspetto di un uomo. Un simile essere divino-umano è chiamato un avatar. I seguaci di Krishna citano la Bhagavad Gita, che descrive una successione di incarnazioni di divinità (circa ventuno); mentre il Signore Gesù Cristo, con la Sua unica incarnazione, è venuto in questo mondo ed ha compiuto la redenzione dell’umanità. Ad es., il dio Vishnu, responsabile della preservazione dell’universo, si incarna nella forma di Narayana, prototipo di tutti gli avatar. Altri avatar sono stati Buddha, Rama, Krishna, Confucio, Zoroastro, Maometto, Re Giorgio V, il Mahatma Gandhi, etc. L’Induismo afferma: "Come un infinito numero di fiumi nasce (grazie all’evaporazione ed alla pioggia) dall’oceano, che non si prosciuga mai, così sono infinite le incarnazioni del Signore." Ognuno di questi avatar è apparso ad un momento critico della storia per insegnare certe verità.
Ognuno dei successivi avatar viene largamente venerato dagli Indù. Poiché è uno con la divinità, egli possiede un potere soprannaturale (siddhi) che lo pone al di sopra della legge del karma. Il suo avvento in questo mondo è considerato un atto d’amore. Mentre abita un corpo, l’avatar può far mostra di emozioni umane; ma il suo stato spirituale supera i confini del tempo e dello spazio (maya). Nel decimo capitolo della Bhagavad Gita, Krishna dichiara: "Io sono il principe dei demoni." Questa ammissione getta qualche luce sulla natura sinistra degli avatar dell’Induismo...
San Paolo, nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi, dice dell’ultimo avatar (l’Anticristo): "la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri," (2 Tess 2:9; cf. Apoc. 13:2).



Il fato e la Divina Provvidenza.

Il Cristianesimo insegna che, per quanto noi possiamo essere peccatori e duri di cervice, Dio non cessa mai di prendersi cura di noi, come un buon padre si prende cura dei figli. Non soltanto la nostra intera vita è sotto il Suo controllo; egli dispone anche ogni particolare della nostra esistenza in vista del nostro bene. Se soltanto non Gli resistessimo, se soltanto ci comportassimo come Suoi figli ubbidienti, non ci sarebbe più il male sulla terra: la vita terrena di ciascuno di noi finirebbe nella felicità eterna del Suo Regno celeste. Gli uomini periscono solo perché Dio non forza il loro libero arbitrio: Egli non li costringe a credere in Lui, o a vivere rettamente. Quando chiediamo a Dio guida e soccorso, Egli ha il potere di alterare il corso naturale degli eventi, ed anche di compiere ciò che appare “impossibile” all’umano intendimento. In altri termini, la nostra vita non è determinata tanto da fattori esterni, quanto piuttosto dal nostro libero arbitrio e dalla Divina Provvidenza.
Gli insegnamenti dell’Induismo e dell’occultismo, che non credono in un Dio personale, ritengono che tutte le cose siano soggette a ciechi meccanismi cosmici. Poiché non vi è alcuna Ragione o Volontà superiore, e la nostra libertà è un’illusione, tutto è controllato dal fato; perciò, coloro che accettano le idee dell’Induismo e dell’occultismo credono naturalmente nel fato e nell’astrologia. Per decifrare il loro futuro essi si rivolgono ad oroscopi, metodi di divinazione, letture delle carte, e ad ogni specie di “segni premonitori”. Per giustificare la loro fede nello zodiaco essi citano l’influenza della luna sull’alternarsi delle maree, sulla semina e sull’umore della gente.
Non neghiamo che le stelle e la luna possono - fino ad un certo punto - influenzarci, così come le stagioni dell’anno, la temperatura, l’umidità ed una miriade di altri fattori interni ed esterni; tuttavia, queste cose possono solo influenzarci, mentre è solo Dio che governa ogni cosa. La fede cristiana, quindi, ci insegna a rivolgerci sempre a Dio, nostro Salvatore, per cercare guida ed aiuto. La preghiera può realizzare anche l’impossibile, come sappiamo da una moltitudine di esempi.


Escatologia

Il Cristianesimo prepara i fedeli al Secondo Avvento di Cristo, che avverrà alla fine dell’esistenza del mondo fisico. Quando Egli verrà sulla terra, il Signore farà risorgere i morti, e giudicherà tutti gli uomini e i demoni: ad ognuno sarà dato secondo le sue azioni. La terra, con tutto ciò che contiene, sarà consumata dal fuoco; ma Dio farà " nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia." (2 Pt 3:13). A quel tempo alcuni entreranno nella vita eterna, mentre altri erediteranno la dannazione eterna insieme al diavolo ed ai suoi angeli.

Le Sacre Scritture predicono che il tempo precedente alla fine del mondo sarà un’epoca di apostasia dalla fede cristiana, in cui il male diverrà più forte. Appariranno moltitudini di falsi profeti, che attireranno gli uomini coi loro perniciosi insegnamenti. La fede si indebolirà fra gli uomini, che si daranno ad ogni sorta di vizi, seguiranno ogni tipo di pratica occulta e adoreranno i demoni. Questa generale apostasia sarà guidata da un “grande” condottiero, che la Bibbia chiama “la Bestia” e “l’Anticristo”. Apparentemente, egli sarà il capo di un governo mondiale. Non solo sarà un capo politico, ma anche il fondatore di nuove idee religiose. Il suo governo avrà successo, perché eserciterà il più stretto controllo sulla gente. I Cristiani saranno perseguitati come seguaci di una religione assurda, antiquata e fanatica: i credenti diverranno allora confessori della fede e martiri.
La degradazione morale dell’umanità sarà accompagnata da un declino generale in campo sociale e individuale. Vi saranno guerre devastanti ed epidemie letali, carestie, terremoti, "il fragore del mare e dei flutti" e "Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte" (Lc 21:25, 26). Fortunatamente, il dominio dell’Anticristo non durerà a lungo. Il Signore Gesù Cristo lo sconfiggerà, e "lo distruggerà con il soffio della sua bocca" (2 Tess 2:8).
Gli insegnamenti dell’Induismo e dell’occultismo considerano gli ultimi tempi in un modo assai diverso. Essi dipingono l’avvento dell’ultimo avatar coi colori più fulgidi. Sembra che questo grande messia debba portare al mondo tolleranza, prosperità, pace e ordine. Col suo avvento inizierà una nuova età felice, il paradiso in terra.
Per ogni aspetto della fede Cristiana gli insegnamenti Indù ed occulti ne hanno uno proprio, apparentemente simile ma in realtà assai diverso. Una persona priva di preparazione teologica può avere difficoltà nel distinguere la verità dalla finzione. E’ impossibile “provare” una particolare verità religiosa, perché simili cose appartengono al reame dello spirito, inaccessibile alla “prova sperimentale”. Tuttavia, se ci si rivolge al Padre celeste con tutto il proprio essere, si sperimenterà un vivo sentimento della Sua presenza e del calore del Suo amore nella preghiera del cuore. Questa esperienza interiore ci convincerà che Dio è una Persona vivente, Qualcuno con Cui possiamo parlare, che accoglie le nostre preghiere, illumina il nostro intendimento e ci aiuta nelle difficoltà. In una tale esperienza, esperienza viva di Dio, tutti i sofisticati concetti dell’Induismo e dell’occultismo cadranno come un castello di carte.



Preghiera e illuminazione mistica


“Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!" (Matt 6:23).

Non è importante la definizione di questo stato: ottenimento soprannaturale, espansione della coscienza, consapevolezza cosmica, illuminazione mistica, senso della propria divinità, o qualsiasi altro nome; la sua essenza è la stessa. La scuola che offre questo stato può essere Yoga, Zen, Meditazione Trascendentale, Scientology, "New Age", o altri gruppi occulti. Se mettiamo da parte la terminologia esteriore - e priva di rilevanza -, lo stato di cui si parla può essere definito come un tipo di trance. Ripetendolo, e continuando la pratica, esso diviene una condizione di illusione o inganno spirituale, soggetto all’attività degli spiriti impuri.
Tutti i sistemi indù ed occulti invitano l’uomo ad una illuminazione spirituale; ma, per ottenerla, essi richiedono anzitutto il rifiuto della ragione umana come criterio di giudizio. E’ paradossale che questi sistemi, i quali pretendono sopra ogni altra cosa di rivelare gli eterni misteri della nostra esistenza, dichiarino la ragione e la logica nemici dell’esperienza interiore, e ostacoli all’illuminazione spirituale. Insieme alla ragione essi ricusano anche ogni autorità, compresa quella dell’oggettiva rivelazione divina e l’esperienza dei santi cristiani.
I seguaci degli insegnamenti Indù ed occulti mettono da parte ogni criterio oggettivo per distinguere fra la vera illuminazione e l’illusione, ma si avvalgono di un principio soggettivo: “Se funziona, va bene!”. Allorché si chiede a coloro che asseriscono di aver raggiunto un’illuminazione mistica come hanno fatto ad ottenerla, invece di fornire una spiegazione razionale essi volgono gli occhi al cielo e sembrano entrare in trance...Poi, quando tornano sulla terra, sorridono soavemente e suggeriscono: “Prova, e ti convincerai!...”. Quando l’emotività prende il posto della ragione, ed ogni criterio obiettivo è rifiutato a priori, ogni tentativo di discriminare la realtà dall’illusione è destinato a naufragare in un mare di soggettività.
Nel Cristianesimo, qualsiasi percezione soggettiva deve essere giudicata secondo il criterio autoritativo delle Scritture e dell’esperienza spirituale della Chiesa. La ragione umana deve guardarsi dalle emozioni, e non permettere loro di accendere l’immaginazione: altrimenti ci si incammina su un sentiero pericoloso, e ci si rende soggetti alle illusioni demoniache.
L’illuminazione spirituale è uno stato familiare a molte persone rette. Esso fu sperimentato dei profeti dell’Antico Testamento, dagli Apostoli e da molti Padri del Deserto. Tutti loro sono unanimi nel mettere in guardia contro qualsiasi tentativo di ottenere attivamente l’illuminazione mistica, o di evocarla con vari metodi. All’uomo è anzitutto necessario mondarsi dal peccato tramite il pentimento, purificare il cuore macchiato dalle passioni, e rivolgersi umilmente a Dio: questo è il primo e più importante compito della vita cristiana. La vera illuminazione spirituale viene da Dio, quando a Lui piace concederla. E’ il dono dell’amore divino, non il frutto dello sforzo personale o il salario per un lavoro.
L’uomo che possiede la vera illuminazione spirituale ha una viva consapevolezza della grandezza di Dio e della propria povertà. E’ come se il mondo e tutte le cose intorno a lui non esistessero più, e il tempo si fosse fermato. In questo stato, l’uomo sente un’ineffabile pace interiore e compunzione. Tutte le facoltà della sua anima - ragione, percezione e volontà - vengono composte in una meravigliosa armonia, e il cuore è infiammato di amore filiale per Dio. Non vi è alcuna traccia di quella stucchevole auto-esaltazione, di quel senso di superiorità o di “divinità” avvertito da coloro che sperimentano l’ “illuminazione” mistica delle dottrine occulte. Nello stato di illuminazione concesso da Dio, tutte le verità rivelate nelle Sacre Scritture diventano chiare e persuasive. La ragione non viene affatto ricusata, ma, al contrario, è arricchita di una più profonda comprensione di queste verità.
Per impedirci di riporre fiducia in noi stessi e di diventare orgogliosi, Dio solitamente sembra celare al nostro sguardo la consapevolezza della presenza della Sua luce. Tuttavia, una lieve e appena percettibile luce spirituale penetra infallibilmente l’anima nei momenti di sincera preghiera, di vero pentimento, di attenta lettura della Bibbia, di meditazione su cose spirituali; così come nel ricevere la Santa Eucaristia, e nell’attendere ai servizi divini. Ma sarà solo nella vita futura che dimoreremo pienamente nella luce vivificante di Dio.
Le dottrine indù e occulte, invece, non mettono in guardia l’uomo contro gli inganni dei demoni: esse addirittura prescrivono metodi per provocarli. I vari esercizi di Yoga e di meditazione propongono all’uomo di liberarsi dai limiti della carne e di unirsi alla Realtà Primordiale. Poiché il corpo ottunde la ricettività spirituale con un flusso di sensazioni fisiche, queste dottrine invitano i praticanti a “liberare” lo spirito con la “proiezione astrale”. In uno stato di trance si perde coscienza del tempo e dello spazio; viene soppressa la comprensione razionale e discriminante dell’esperienza in atto; l’uomo non ha più difese. Sfortunatamente, questi “mistici” non si accorgono di aver spalancato la porta che permette agli spiriti di un altro mondo di penetrare nella mente subconscia. Questi, avendo aperto brecce nei più intimi recessi dell’anima umana, possono continuare ad influenzare i loro adepti anche dopo l’uscita dallo stato di trance.
Coloro che hanno raggiunto l’ ”illuminazione” mistica grazie a metodi occulti sperimentano straordinarie estasi, e percepiscono la propria “divinità”; ma questo è in realtà uno stato malsano, e pericolosissimo, che ricorda l’effetto narcotico delle droghe. In questo stato di auto-illusione, privo di pensiero, la reverenza per l’Altissimo viene sostituita da un senso di orgoglio: “Io sono dio!”. Ogni idea di responsabilità morale e di giudizio divino scompare, e il sentimento soggettivo di “illuminazione” diviene il criterio unico di verità, l’arbitro delle proprie azioni.
Nella tabella che segue, elencheremo sinteticamente le differenze fra il concetto cristiano di spiritualità e quello proprio delle dottrine “occulte”.


Cristianesimo

L’uomo è stato creato per la beatitudine; ma nella sua attuale condizione, sotto gli effetti perniciosi del peccato, ha bisogno di essere curato. Ciò che importa è credere in Dio, volgerci a Lui in pentimento e vivere una vita retta. La pienezza della beatitudine e della comunione con Dio è riservata alla vita futura. I sacramenti del Battesimo, della Confessione e della Santa Comunione mondano l’uomo dai suoi peccati e rinnovano la sua natura spirituale, facendo gradualmente di lui un tempio del Santo Spirito. La preghiera è una conversazione con Dio. I suoi principali elementi sono la sincerità e l’attenzione, in cui sia la mente che il cuore sono rivolti a Dio. Nella preghiera non si dovrebbe cercare uno stato di esaltazione, bensì una medicina spirituale e forza per una vita virtuosa. Nella preghiera si dovrebbero evitare fantasie, o la creazione di qualsiasi tipo di immagini. La preghiera e la meditazione sulle cose divine fanno sì che la luce divina splenda sull’anima, anche se Dio solitamente non ci consente di avvertire pienamente la gioia di questa luce spirituale, per proteggerci dall’orgoglio.
L’illuminazione spirituale diviene percettibile solo in circostanze eccezionali, come un dono di Dio. La mente deve sempre custodire il cuore, proteggendolo dall’illusione demoniaca. Nella vera illuminazione spirituale l’uomo ha una viva consapevolezza della maestà di Dio, e della propria miseria. Il suo cuore è colmo di indicibile pace ed amore per Dio; e il mondo visibile sembra cessare di esistere. Nella vera illuminazione spirituale, le verità della fede cristiana diventano chiare ed importanti. La preghiera richiede sempre sforzo interiore e concentrazione; non è dunque priva di fatica, anche per coloro che si sono dedicati interamente ad una vita spirituale. Perciò la preghiera, come tutto ciò che fa parte della vita cristiana, è la “via stretta che conduce alla vita”.


Occultismo
L’imperfezione morale dell’uomo viene negata, e il peccato è considerato un errore della mente. Fede e pentimento non sono necessari. Chiunque può sperimentare beatitudine quando lo desidera. Nessuna di queste cose è considerata necessaria. La meditazione consiste nella ripetizione di una frase occulta (mantra), senza far sorgere pensieri. Lo scopo della meditazione e dello yoga è raggiungere la consapevolezza della propria divinità. Ci si deve concentrare su un oggetto immaginato, in modo da diventare una sola cosa con esso. L’illuminazione mistica, risultato di una trance e di un’illusione demoniaca, crea un senso di superiorità e di potere interiore.
E’ sempre possibile raggiungere l’illuminazione spirituale, seguendo tecniche psichiche. La mente razionale è considerata nemica dell’illuminazione mistica. L’uomo realizza la “coscienza cosmica” ed un senso di unione con la natura. L’uomo si convince di non aver bisogno né di Dio né della rivelazione divina. E’ felice, perché è lui stesso un dio. La meditazione yoga insegna lo svuotamento, l’assenza di pensiero. Paragonata alla vera preghiera, può essere definita la “via larga” contro la quale il Salvatore ci mise in guardia.




E’ dunque chiaro che la meditazione e la preghiera cristiana, da un lato, e, dall’altro, i metodi orientali di yoga e di meditazione costituiscono due sentieri completamente differenti fra loro. Essi vanno in direzioni opposte, e portano a risultati del tutto diversi.




Condizionamento psichico e "guarigioni"



“Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.” (Matt7:22-23).

Cristo è venuto per salvarci dal potere del diavolo e dalla schiavitù del peccato. "Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre" (Giov 8:34-35). Nel sacramento del Battesimo l’uomo si libera dalle catene del vizio, e riceve dal Cristo il potere di muovere guerra contro le inclinazioni malvagie. Non vi è passione o vizio che l’uomo non possa sottomettere, con l’aiuto di Dio. E’ necessario soltanto entrare decisamente in lotta col peccato, e iniziare una vita spirituale di preghiera, pentimento e partecipazione alla Santa Comunione, chiedendo l’aiuto di Dio. Lottando per superare le proprie mancanze l’uomo cresce e si rafforza. Questo processo di crescita interiore è, precisamente, lo scopo della nostra vita terrena.
Invece della cura cristiana dell’anima tramite la grazia, vari culti orientali contemporanei (come i Krishnaiti, etc.), insieme a molti indipendenti “guaritori occulti” e “operatori psichici”, offrono i loro servigi per la guarigione. Essi promettono una cura completa per infermità come l’alcolismo, il vizio del fumo, la tossicodipendenza, l’obesità, l’eccessivo desiderio sessuale, etc. Benché i loro metodi differiscano, questi guaritori usano un condizionamento psichico, in cui l’energia concentrata del guaritore provoca un effetto occulto sulla mente del paziente. Questo condizionamento, come altre esperienze occulte, richiede una completa apertura, un’attenzione passiva ed una fiducia incondizionate nel “guaritore”. Vi sono casi in cui coloro che praticano qualche culto orientale, o si rivolgono ad un guaritore psichico, vengono completamente guariti dai loro malanni.
Bisogna comprendere che queste “guarigioni” possono essere, in realtà, molto peggiori della malattia. Coi loro metodi occulti, i guaritori psichici e gli ipnotizzatori aprono una breccia nelle difese dell’anima umana, che proteggono quest’ultima dal mondo oscuro dei demoni. Ciò avviene spingendo il paziente a concentrare la sua attenzione sulla persona del “guaritore”, che, come un medium, diventa una canale per l’attività dei demoni. Questa operazione è simile ad una lobotomia, in cui viene rimosso il lobo prefrontale della corteccia cerebrale. Mentre questa procedura chirurgica rimuove la parte del cervello che controlla i comportamenti violenti, essa produce anche danni irreparabili ad altre facoltà, come l’acutezza dell’intelletto, le emozioni, la creatività, e, in particolare, la capacità di credere in Dio, di pregare e di condurre una vita cristiana (benché, se il paziente non conduceva una vita spirituale prima dell’operazione, probabilmente non si accorgerà neppure della perdita di alcune delle sue capacità spirituali).
In un modo o nell’altro, chi beneficia di una guarigione “occulta” paga con la sua salute spirituale, poiché alcuni aspetti della sua natura spirituale si atrofizzano in modo permanente (vedi la ricerca nel campo della patologia occulta compiuta da Dion Fortune: Psychic Self-Defense, York Beach, Maine: Samuel Weiser, Inc., 1930; tr. Kiev: Sophia 1993.).
Particolarmente sinistre erano le sedute di “guarigione” di Yuri Krivonogov, inventore di un metodo di ipnosi “psicotropica”, grazie al quale riuscì a trasformare in zombi centinaia di membri della “Fratellanza Bianca”. Il danno psicologico causato dai suoi metodi fu così devastante che una folla di medici, guaritori psichici e ipnotizzatori convocati da ogni angolo della Russia non riuscì in alcun modo a sciogliere il ”condizionamento” delle sfortunate vittime di Krivonogov. Questo tragico episodio venne ampiamente riportato dalla stampa russa ed ucraina negli anni fra il 1993 e il 1995.


Nota: Molti dei nostri contemporanei si preoccupano degli “incantesimi” o del “malocchio”. Questa preoccupazione riempie le tasche di maghi e guaritori psichici, poiché uno toglie la malìa che l’altro ha fatto, aiutandosi così a vicenda nel loro giro di affari. Benché in questo campo abbondino le frodi, vi è sempre il pericolo di un’interferenza da parte di spiriti invisibili. L’unica protezione contro spiriti, incantesimi e malìe è la grazia dello Spirito Santo, che il fedele cristiano riceve nella Chiesa. Chi si dichiara Cristiano dovrebbe smettere di temere magie e malocchi, e rivolgersi con tutto il cuore a Dio, per avere da Lui protezione e aiuto, con la preghiera, l’attenta lettura della parola di Dio, il pentimento, la regolare Eucarestia e le buone opere nei confronti degli altri. Se agisce così, gli spiriti maligni non avranno alcuna possibilità di nuocergli.