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Visualizza Versione Completa : Qual è la verità su Portella della Ginestra?



Tomás de Torquemada
31-01-03, 00:30
Ricevo e trasmetto.

Caso Casarrubea
Processo alla storia

La vicenda giudiziaria che vede coinvolto lo storico Giuseppe Casarrubea rimanda a due ordini di problemi e a due livelli di riflessione: uno è quello che riguarda il concetto stesso di giustizia: mentre ancora non si conoscono i mandanti della strage di Portella della Ginestra, si sta mettendo alla sbarra una persona, segnata drammaticamente da quegli eventi, che ha cercato durante il corso della sua vita la verità su di essi, che è ancora avvolta nel mistero delle versioni ufficiali: quella di Portella è la prima di una lunga serie di stragi che costellano la nostra storia recente.L'altro livello è quello che attiene alla ricerca storica: di questo passo, se non viene garantita la libertà di ricerca che anzi viene processata, d'ora in avanti si potrà fare storia solo su avvenimenti molto lontani nel tempo, senza toccare e urtare la sensibilità di nessuno. E' lecito poi porsi un interrogativo: è possibile processare la scienza, trascinare la conoscenza storica nelle aule dei tribunali? Ma questo, in un momento in cui si mettono in discussione i testi di storia e si rimuove dall'incarico una persona che ha accumulato memoria,conoscenze e competenze preziose per i ricercatori, come la professoressa Paola Carucci, ex sovrintendente all'Archivio centrale dello stato, rischia di essere un interrogativo retorico.

Giuseppe Casarrubea, storico, ricercatore, dirigente scolastico della Scuola Media G.B. Grassi Privitera di Partinico e presidente dell'Associazione "Non solo Portella", che ha messo insieme i familiari delle vittime di Portella e degli altri (sindacalisti e cittadini) assassinati dalla mafia di quel periodo, da anni si è battuto per squarciare quei veli che nascondono la verità sulla strage di Portella della Ginestra del I Maggio 1947, in cui 11 contadini che partecipavano alla manifestazione , morirono colpiti dal fuoco dei mitra dei banditi della banda Giuliano, secondo la ricostruzione molto approssimativa dell'autorità giudiziaria dell'epoca; successivamente, il 22 giugno di quell'anno, nell'ambito di una serie di attacchi da parte della banda Giuliano contro le sedi sindacali, a Partinico moriva davanti alla Camera del Lavoro anche suo padre, dirigente sindacale.Era quello di allora un periodo assai convulso, con intrecci torbidi tra mafia banditismo, politica, americani, movimento separatista e forze dell'ordine. Si celebrò poi un processo a Viterbo e in appello a Roma: vennero indicati come colpevoli solo i banditi,non si individuarono i mandanti, mentre venivano taciute le connivenze tra banditi, mafia, forze dell'ordine e mondo politico; nel frattempo tutti quelli che sapevano qualcosa, venivano fatti scomparire in circostanze poco chiare: prima Salvatore Giuliano, poi, misteriosamente, Gaspare Pisciotta, avvelenato e fatto morire in carcere nel posto, in teoria, più custodito e controllato, poi, ancora, Salvatore Ferreri, inteso "Fra Diavolo", dentro la caserma dei carabinieri di Alcamo, in provincia di Trapani, secondo la ricostruzione ufficiale, molto contraddittoria, ucciso dall'allora capitano dei carabinieri Roberto Giallombardo, nel corso di una colluttazione.

Sono passati da allora 55 lunghi anni; quei fatti sono passati nel dimenticatoio e ricordati in qualche rara occasione, in qualche anniversario. Ormai si vive nell'hic et nunc della realtà virtuale, si é persa la dimensione diacronica della storia, si vive solo nel presente, il passato e la memoria di esso vengono rimossi. E al contempo si sta procedendo ad un processo di revisionismo storico che coinvolge il periodo della lotta di liberazione dal fascismo, ma anche altri periodi; si mettono in discussione i libri di testo, gli autori, gli storici, gli insegnanti, gli editori e la stessa libertà ed autonomia di insegnamento e di ricerca storica, mentre un recente documento, approvato a maggioranza dalla commissione cultura della Camera, dà mandato al Ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, di controllare i contenuti dei libri di testo della storia, nonché lo stesso insegnamento della disciplina.

Ma non è stata fatta giustizia su quella strage, né sulle decine e decine di sindacalisti uccisi in quegli anni, da Accursio Miraglia, a Sciacca a Salvatore Carnevale, a Sciara, a Placido Rizzotto, a Corleone, i cui familiari non possono piangerlo al cimitero, perché non esiste una tomba con i suoi resti mortali, riconosciuti allora dai genitori, ma non dalla magistratura, al padre di Giuseppe Casarrubea a Partinico, né è stata resa giustizia ai loro parenti.Il paradosso è ora,che si vuole processare lo storico Giuseppe Casarrubea, figlio di una delle tante vittime, reo di avere, dopo la consultazione dei tanti faldoni dei verbali del processo di Viterbo e delle varie pubblicazioni sull'argomento, affermato nel libro "Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato", Franco Angeli editore, che un personaggio chiave come il bandito Ferreri "fra Diavolo", che era sulle montagne sovrastanti Portella della Ginestra con la banda Giuliano ed aveva sparato sui contadini, ma che era allo stesso tempo confidente dell'Ispettore Messana e girava liberamente con una carta di identità di un carabiniere, era stato ucciso con i suoi parenti, quella notte del lontano 1947, non in un conflitto a fuoco, ma con un'esecuzione a freddo, per eliminare una persona che prima era servita e poi era diventata scomoda perché sapeva troppo, in questo supportato da diversi documenti e testimonianze di giornalisti e di storici che avevano commentato e interpretato quei fatti, da cinquant'anni di bibliografia sul tema e dagli atti desecretati della Commissione antimafia e del Ministero degli interni.

Il 4 ottobre scorso, all'apertura del processo a Casarrubea, c'erano tutti i familiari delle vittime della strage e dei tanti sindacalisti uccisi in quegli anni, almeno quelli ancora vivi, dai parenti di Salvatore Carnevale, a Nico, figlio di Accursio Miraglia, ad Antonella figlia di Nicolò Azoti, ucciso a Baucina (Pa), a quelli di Vincenzo Lo Iacono, ucciso nel 1947 a Partinico, a quelli di Calogero Cangelosi di Camporeale, di Placido Rizzotto, di Epifanio Li Puma, di Michelangelo Salvia e di tanti altri ancora, tutti con le fotografie dei loro cari ad esigere, muti, ma tanto eloquenti, per l'ennesima volta, che lo stato rendesse verità e giustizia, invece di processare uno di loro.

Conosco Casarrubea da sempre. Ha speso la sua vita sui libri e negli archivi. Non lasciamolo solo. Se potete, partecipate all'incontro indetto dall'Associazione 'Non solo Portella' per giorno 30 gennaio alle ore 17 al palazzo dei Carmelitani a Partinico (Corso dei Mille, 254). Pensiamo a un momento di protesta del mondo degli intellettuali, delle organizzazioni sindacali, dei partiti democratici, del movimento della società civile. Se non potrete essere presenti, fate sentire la vostra voce, scrivendo a un amico, a un giornale, a un sito web, allo stesso Casarrubea.

Il suo indirizzo di posta elettronica è il seguente: icasar@tin.it

Gino Scasso

(l'articolo è stato pubblicato da "Scuola e Cultura Antimafia")