PDA

Visualizza Versione Completa : "Imperialismo pagano"



runen
11-02-03, 18:45
Penso che molti di voi conoscano il famoso libro di J. Evola Imperialismo pagano, edito nel 1928 da Atanor.
Pur se con limiti significativi, rappresentò un evento "epocale" - ostracizzato, condannato apertamente persino da un futuro Pontefice.
Se a qualcuno interessa, su internet circola la traduzione in inglese di ampli stralci del libro, che si trovano ora anche sul sito del Centro Studi La Runa: ve ne posto di seguito un estratto, sul tema ancora tanto odierno della "decadenza europea". il resto è sullo "Speciale Evola" all'indirizzo http://www.centrostudilaruna.it/evola.html

Saluti

* * * * *

European decadence


Present Western "civilization" awaits a substantial upheaval (rivolgimento), without which it is destined, sooner or later, to smash its own head. It has carried out the most complete perversion of the rational order of things. Reign of matter, gold, machines, numbers; in this civilization there is no longer breath or liberty or light. The West has lost its ability to command and to obey. It has lost its feeling for contemplation and action. It has lost its feeling for values, spiritual power, godlike men (uomini-idii). It no longer knows nature. No longer a living body made of symbols, gods, and ritual act, no longer a harmony, a cosmos in which man moves freely like "a kingdom within a kingdom", nature has assumed for the Westerner a dull and fatal exteriority whose mystery the secular sciences seek to bury in trifling laws and hypotheses. It no longer knows Wisdom. It ignores the majestic silence of those who have mastered themselves: the enlightened calm of seers, the exalted reality of those in whom the idea becomes blood, life, and power. Instead it is drowning in the rhetoric of "philosophy" and "culture", the speciality of professors, journalists, and sportsmen who issue plans, programs, and proclamations. Its wisdom has been polluted by a sentimental, religious, humanitarian contagion and by a race of frenzied men who run around noisily celebrating becoming (divenire) and "practice", because silence and contemplation alarm them.

It no longer knows the state, the state as value (stato-valore) crystallized in the Empire. Synthesis of the sort of spirituality and majesty that shone brightly in Chinaa, Egypt, Persia, and Rome, the imperial ideal has been overwhelmed by the bourgeois misery of a monopoly of slaves and traders.

Europe's formidable "activists" no longer know what war is, war desired in and of itself as a virtue higher than winning or losing, as that heroic and sacred path to spiritual fulfilment exalted by the god Krishna in the Baghavad Gita. They know not warriors, only soldiers. And a crummy little war (guerricciola) was enough to terrorize them and drive them to rehashing the rhetoric of humanitarianism, and pathos or, worse still, of windbag nationalism and Dannunzianism.

Europe has lost its simplicity, its central position, its life. A democratic plague is eating away at its roots, whether in law, science, or speculation. Gone are the leaders, beings who stand out not for their violence, their gold, or for their skills as slave traders but rather for their irreducible qualities of life. Europe is a great irrelevant body, sweating and restless because of an anxiety that no one dares to express. Gold flows in its veins; its flesh is made up of machines, factories, and laborers; its brains are of newsprint. A great irrelevant body tossing and turning, driven by dark and unpredictable forces that mercilessly crush whoever wants to oppose or merely escape the cogwheels.

Such are the achievements of Western "civilization". This is the much ballyhooed result of the superstitious faith in "progress", progress beyond Roman imperiousness, beyond radiant Hellas, beyond the ancient Orient - the great ocean.

And the few who are still capable of great loathing and great rebellion find themselves ever more tightly encircled.



Julius Evola

Translation from Imperialismo pagano, Atanor, Todi-Roma 1928.

Scettico
12-02-03, 02:08
Non conosco evola(ho letto qualcosa..) ma di una cosa sono sicuro: parlare di imperialismo pagano sarebbe come parlare di identitarismo cattolico...assurdo.

Mjollnir
12-02-03, 03:21
In che senso, aran ? Potresti esplicitare il pensiero, grazie :confused:

P.S. dovresti intendere il termine "imperialismo" come ghibellinismo o tradizione ghibellina, ed inserirlo nei costanti tentativi di Evola di "correggere" alcuni aspetti del fascismo

ciao

runen
12-02-03, 10:17
Originally posted by aran banjo
Non conosco evola(ho letto qualcosa..) ma di una cosa sono sicuro: parlare di imperialismo pagano sarebbe come parlare di identitarismo cattolico...assurdo.

E' un po' frettoloso giudicare il libro solo dal titolo...

La parola "imperialismo" aveva in questo libello polemico giovanile un significato ben diverso rispetto a quello che, per lo stesso autore, avrebbe alcuni anni dopo assunto nella contrapposizione con "impero".

Scettico
13-02-03, 01:06
Originally posted by Mjollnir
In che senso, aran ? Potresti esplicitare il pensiero, grazie :confused:

ciao

Credo semplicemente che qualsiasi imperiliasmo(militare o "spirituale") sia incompatibile con una visione pagana della vita, individuale e collettiva.A mio parere esiste una profonda connessione fra imperialismo e universalismo tale da inficiare qualsiasi tentativo di coniugare il paganesimo con l'imperalismo.Nominalismo e imperiliamso mi paiono elidersi a vicenda, non credi?

Senatore
13-02-03, 04:44
Originally posted by aran banjo


Credo semplicemente che qualsiasi imperiliasmo(militare o "spirituale") sia incompatibile con una visione pagana della vita, individuale e collettiva.A mio parere esiste una profonda connessione fra imperialismo e universalismo tale da inficiare qualsiasi tentativo di coniugare il paganesimo con l'imperalismo.Nominalismo e imperiliamso mi paiono elidersi a vicenda, non credi?

Devi tenere conto che in Evola i termini Impero e paganesimo sono concetti dipendenti dal valore più originario della Tradizione. Questa ha carattere universale, in quanto è puramente trascendente. Infatti l'Impero è la realizzazione politica più conforme alla Tradizione, poichè, in termini semplificati, si presenta come il governo di un' Idea, scevro in sè da particolarismi nazionali, etnici, o culturali. Il collegamento a qualche forma storico-geografica ha solo un valore strumentale: alla fine degli anni Venti sembrò a Evola che, per le condizioni venute a crearsi, fosse possibile una ripresa dei temi della tradizione romana.
D'altronde l'idea di collegare l'Impero con il paganesimo era gia venuta a qualcuno un paio di millenni prima.;)

Scettico
13-02-03, 13:18
Originally posted by Senatore


Devi tenere conto che in Evola i termini Impero e paganesimo sono concetti dipendenti dal valore più originario della Tradizione. Questa ha carattere universale, in quanto è puramente trascendente. Infatti l'Impero è la realizzazione politica più conforme alla Tradizione, poichè, in termini semplificati, si presenta come il governo di un' Idea, scevro in sè da particolarismi nazionali, etnici, o culturali. Il collegamento a qualche forma storico-geografica ha solo un valore strumentale: alla fine degli anni Venti sembrò a Evola che, per le condizioni venute a crearsi, fosse possibile una ripresa dei temi della tradizione romana.
D'altronde l'idea di collegare l'Impero con il paganesimo era gia venuta a qualcuno un paio di millenni prima.;)

La tua riposta è molto chiara e univoca..mi ero immaginato una cosa del genere.Se questa è la "tradizione" pagana, si salvi chi può, mi sembra un monoteismo riveduto e corretto.La penso in maniera diametralmente opposta.Io sono per i particolarismi, per il nominalismo e contro tutto ciò che è monismo-sia nella sua variante razionalista che in quella tradizionalista.

Mjollnir
13-02-03, 16:28
Attenzione, la questione è piuttosto delicata e cmq non così semplice; fra l'altro non è neanche corretto prendere Evola come esempio del paganesimo, poichè, pur con le sue innegabili simpatie verso di esso, il tradizionalismo in sè e per sè è un'altra cosa rispetto al paganesimo.
In effetti anche a me, differenzialista, pone parecchi problemi teorici il concetto di universale e l'idea di Impero, che evidentemente sul primo si fonda. Se non si può negare che l'idea di universale sia presente nel pensiero pagano, d'altro canto quello che ha sempre caratterizzato in modo + efficace il paganesimo è stato il pluralismo dei valori e delle prospettive, e quindi anche la molteplicità del reale rispetto all'uniformità.

E' vero che politeismo e monoteismo (a parte quello abramitico) possono essere in fondo falsi opposti, in quanto si possono intepretare i vari Dèi come manifestazioni di aspetti della somma Divinità; tuttavia è chiaro che la specificità del paganesimo rispetto ad altre vie è proprio il rapporto che esso pone tra pluralità ed unità, ovvero una unità che si esprime soprattutto attraverso la molteplicità e - cosa fondamentale - che non la sopprime.

Sul piano etnico storico, la difficoltà è proprio evitare che l'idea di Impero finisca per essere una eteronomia sovrapposta ai vari soggetti culturali, i quali, sporgendo a sufficienza dall'indistinto dell'informità, hanno evidentemente una loro ragion d'essere, e quindi una loro "norma" ed un loro senso autonomo.

Senatore
13-02-03, 18:34
Sono d'accordo che è scorretto considerare Evola un esponente del paganesimo tout court.
Infatti se prendiamo la sua opera nel complesso il tema dell'Impero persiste in modo indipendente dal paganesimo.
Però ripeto che le difficoltà sorgono solo quando si cerchi di mediare le posizioni del barone con quelle di un paganesimo differenzialista; viceversa il tradizionalismo fornisce una risposta univoca che non può essere fraintesa (ammenochè mi inganni io su qualche punto).
Nel momento in cui Evola parla di ceppi e razze superiori lo fa con riguardo al radicamento che in essi ha avuto la Tradizione, che però in quanto tale resta non immischiata nelle differenze etniche e culturali. Si tratta di un deposito di principi che in epoche diverse ha riguardato bensì gli Iperborei e gli Indoeuropei, ma anche l'Islam, il Taoismo, il Buddhismo, l'antico Impero Maya, ecc.
Un saluto

runen
13-02-03, 18:44
Originally posted by Senatore
Nel momento in cui Evola parla di ceppi e razze superiori lo fa con riguardo al radicamento che in essi ha avuto la Tradizione, che però in quanto tale resta non immischiata nelle differenze etniche e culturali. Si tratta di un deposito di principi che in epoche diverse ha riguardato bensì gli Iperborei e gli Indoeuropei, ma anche l'Islam, il Taoismo, il Buddhismo, l'antico Impero Maya, ecc.
Un saluto

Quest'interpretazione non va, però, assolutizzata: Evola era tutt'altro che indifferente al problema razziale, che integrava, però, nella più ampia "visione del mondo" tradizionale.

Non era un tradizionalista radicale al punto da cadere nel differenzialismo più assoluto (viceversa parrebbe nel caso di Guénon - ma anch'egli cum grano salis): il dato razziale ha comunque un'importanza non indifferente.

In altre parole, il bianco, pur moderno e dissociato, non era comunque paragonabile nel pensiero evoliano al boscimane o al centrafricano.

Mjollnir
14-02-03, 00:35
In Origine Postato da Senatore
Sono d'accordo che è scorretto considerare Evola un esponente del paganesimo tout court.
Infatti se prendiamo la sua opera nel complesso il tema dell'Impero persiste in modo indipendente dal paganesimo.
Però ripeto che le difficoltà sorgono solo quando si cerchi di mediare le posizioni del barone con quelle di un paganesimo differenzialista; viceversa il tradizionalismo fornisce una risposta univoca che non può essere fraintesa (ammenochè mi inganni io su qualche punto).
Nel momento in cui Evola parla di ceppi e razze superiori lo fa con riguardo al radicamento che in essi ha avuto la Tradizione, che però in quanto tale resta non immischiata nelle differenze etniche e culturali. Si tratta di un deposito di principi che in epoche diverse ha riguardato bensì gli Iperborei e gli Indoeuropei, ma anche l'Islam, il Taoismo, il Buddhismo, l'antico Impero Maya, ecc.
Un saluto

Approfitto di questi concetti per evidenziare che il vero punto di snodo e' proprio il rapporto tra civilta' e visione del mondo. Dumezil, e poi Haudry, non ha mai cercato di attribuire la struttura del pensiero indoeuropeo ad altre civilta', ne' ha mai affermato la sua universalita' fondata magari su qualche carattere trascendente. Su questo punto e' stato relativista: anzi ha mostrato come nessun altro popolo ha mai codificato le funzioni (che prese singolarmente si ritrovano presso tutti) con lo stesso significato consapevole attribuitovi dagli Indoeuropei. Se poi si trovano riflessi di tale concezione od elementi mitologici presso altre civilta', il fatto e' da attribuire alla diffusione geografica del popolo che ne e' portatore ed al rapporto politico di dominanza su altre civilta'. Come si vede, l'approcio quindi e' molto differente nei 2 casi.

Lupo Mannaro
14-02-03, 09:17
Originally posted by Mjollnir


Approfitto di questi concetti per evidenziare che il vero punto di snodo e' proprio il rapporto tra civilta' e visione del mondo. Dumezil, e poi Haudry, non ha mai cercato di attribuire la struttura del pensiero indoeuropeo ad altre civilta', ne' ha mai affermato la sua universalita' fondata magari su qualche carattere trascendente. Su questo punto e' stato relativista: anzi ha mostrato come nessun altro popolo ha mai codificato le funzioni (che prese singolarmente si ritrovano presso tutti) con lo stesso significato consapevole attribuitovi dagli Indoeuropei. Se poi si trovano riflessi di tale concezione od elementi mitologici presso altre civilta', il fatto e' da attribuire alla diffusione geografica del popolo che ne e' portatore ed al rapporto politico di dominanza su altre civilta'. Come si vede, l'approcio quindi e' molto differente nei 2 casi.

Per carità... ma non dimenticare che Dumezil è uno storico (e che storico!), mentre Evola ha certo molti riferimenti storici nelle sue opere (Tra l'altro molti dei quali sballati) ma che utilizza in una ricerca metafisica, non scientifica (Nel senso ampio di questa parola, ovviamente).

E' ovvio che i due piani siano completamente diversi, e in buona parte compatibili, a mio parere.

Chiaramente, quando si vuole formulare un pensiero che abbia la pretesa di essere tradizionale partendo da basi storiche deboluccie, vengono fuori dei limiti, come ad esempio quando Guenon, e dietro di lui Evola e De Giorgio, descrivono Giano non a partire dall'iconografia classica ma da una rielabolazione simbolico/iconografica rinascimentale che era stata fatta di questo dio in ambienti esoterici. O come, nel caso più specifico, parlano di divinità inerente all'imperatore, cosa che storicamente fu riscontrata solo nel caso degli imperatori più "sballati" (Come Caligola, che usava rinchiudersi nel tempio capitolino per sgridare Giove Ottimo Massimo se qualcosa gli andava storto!!). In realtà alcuni imperatori furono considerati Dei viventi solo nelle provincie, mentre a Roma restavano solamente primi inter pares. Ricordo che Tiberio scrisse una lettera ad una città di provincia dicendo che l'imperatore non si doveva adorare quando era in vita, ma soltanto dopo la morte. Anche presso gli ittiti si ritrova la medesima concezione (Quando un sovrano muore, nelle iscrizioni ittite si trova scritto "Quando egli divenne dio" - Interessante anche che quello che noi chiameremmo "la mia maestà" veniva detto "il mio sole", dUTUSHI)

La ragione per cui alcuni imperatori, specie nelle provincie orientali, venivano considerati divinità viventi, è che questa concezione di regalità si ritrovava nei paesi, per lo più anari, che entrarono a far parte del mondo ellenistico con la conquista di Alessandro, e che conservarono la suddetta concezione a proposito dei monarchi ellenistici.

Mjollnir
04-03-03, 16:36
In Origine Postato da Lupo Mannaro
Per carità... ma non dimenticare che Dumezil è uno storico (e che storico!), mentre Evola ha certo molti riferimenti storici nelle sue opere (Tra l'altro molti dei quali sballati) ma che utilizza in una ricerca metafisica, non scientifica (Nel senso ampio di questa parola, ovviamente).

E' ovvio che i due piani siano completamente diversi, e in buona parte compatibili, a mio parere.



Caro Lupo
certo i 2 piani possono essere complementari, ma nel momento in cui si arriva ad una flagrante contraddizione forse bisogna ammettere che qualcosa non va.
Quello che intendevo sottolineare è proprio che se la Weltanschauung indoeuropea si ritrova solo entro un determinato ambito etnico e linguistico, è chiaro che non si tratta di una "struttura mentale" propria dell'essere umano, e quindi universale. Nè di un complesso di sapere originario ed indifferenziato, come appunto sarebbe la "Tradizione Primordiale". E' questo che Dumezil mette in evidenza. Che poi essa sia presente presso cinesi buddisti, taoisti, presso arabi islamici ecc... può essere un'ipotesi interessante a livello conoscitivo, ma che non ci riguarda direttamente.

Purtroppo una delle ambiguità del tradizionalismo (e di Evola) sta proprio in questo, che da un lato fa apparire gli Arii "+ tradizionali" di altri, almeno in una fase storica, contribuendo così ad alimentarne una specie di provvidenzialismo etnico (una sorta di "Dio è con noi" aconfessionale), dall'altro, però, dal suo punto di vista + profondo, in realtà riduce gli Arii a mera "cavalcatura della Tradizione Primordiale" in un periodo, ma poi non ha difficoltà a passare il testimone della "tradizionalità" ad altri.

Paul Atreides
05-03-03, 19:35
Personalmente considero la triade Dumezil-Benveniste-Haudry assolutamente centrale nella ricostruzione della specificità indoeuropea. Ben più di una ''Tradizione primordiale'' che mi pare si presti ad equivoci di non poco conto

runen
05-03-03, 19:40
Originally posted by Paul Atreides
Personalmente considero la triade Dumezil-Benveniste-Haudry assolutamente centrale nella ricostruzione della specificità indoeuropea.

Rappresentano la prima, la terza e la seconda funzione rispettivamente. E' uno scherzo... ovviamente

Senatore
13-04-04, 18:03
http://www.ediz-mediterranee.com/media/Evola-Imperialismo_pagano_cop.jpg

Con una certa sorpresa ho trovato oggi nello scaffale di una libreria la nuova edizione di Imperialismo Pagano, pubblicata dalle Mediterranee. Avevo sentito che doveva uscire, ma non credevo così presto.
Comunque sia il volume , come sempre, è ricco di materiale di contorno;ecco l'indice:

-Evola e l'Impero interiore: una fine e un inizio. Di Claudio Bonvecchio pag 17;
-Imperialismo pagano, pag 57;
-Heidnischer Imperialismus (traduzione dell'edizione tedesca), pag 183;
-Appendice I: la polemica su "Imperialismo pagano" (REghini-Evola), pag 297;
-Appendice II: la polemica sul rapporto fascismo-cristianesimo, pag 333.

Satyricon
13-04-04, 18:37
Originally posted by Senatore
Con una certa sorpresa ho trovato oggi nello scaffale di una libreria la nuova edizione di Imperialismo Pagano, pubblicata dalle Mediterranee. Avevo sentito che doveva uscire, ma non credevo così presto.
Comunque sia il volume , come sempre, è ricco di materiale di contorno;ecco l'indice:

-Evola e l'Impero interiore: una fine e un inizio. Di Claudio Bonvecchio pag 17;
-Imperialismo pagano, pag 57;
-Heidnischer Imperialismus (traduzione dell'edizione tedesca), pag 183;
-Appendice I: la polemica su "Imperialismo pagano" (REghini-Evola), pag 297;
-Appendice II: la polemica sul rapporto fascismo-cristianesimo, pag 333.

Sarebbe anche interessante sapere perchè Evola si oppose alla ristampa negli anni '70 :rolleyes:

Senatore
13-04-04, 20:57
Originally posted by Satyricon
Sarebbe anche interessante sapere perchè Evola si oppose alla ristampa negli anni '70 :rolleyes:
L'immancabile de Turris affronta la questione nell'introduzione citando, con la ben nota acribia filologica che lo contraddistingue tra gli studiosi di Evola, un articolo e un'intervista.
L'articolo apparve nel 59 sul mensile l'italiano: "nel 1927 ['28 in realtà] uscì un mio libro, imperialismo pagano, che oggi in nessun modo permetterei che si ristampasse"
L'intervista invece è del '64, e fu pubblicata su Ordine Nuovo: "Io ben mi guarderei dal rimandare, oggi, a quanto scrissi nel libro giovanile imperialismo pagano, in una congiuntura tutta particolare. Non incoraggerei nessun volgare anticattolicesimo o paganesimo dilettantesco".
Così commenta il curatore: "Il filosofo, dunque, non ripudiava il libro, non ne prendeva nemmeno le distanze, come si suol dire, soltanto lo contestualizzava <in una congiuntura tutta particolare>: quella del fascismo degli anni venti quando era teoricamente possibile l'operazione avviata da lui (ma anche da altri) senza alcun successo.Negli anni Sessanta e negli anni Settanta era superato e ad altre sue opere occorreva fare riferimento. Ovviamente ciò resta valido anche nel Duemila". Dopodichè giustifica ugualmente l'opportunità di questa nuova edizione, in quanto storicizzata e critica.

Queste dunque le risposte di de Turris. Se hai altre spiegazioni plausibili, caro Satyricon, sarei ben lieto di sentirle. Magari, che so, il barone sapeva di aver davvero plagiato Reghini, ciò che quest'ultimo aveva in illo tempore denunciato, e provava imbrazzo all'idea che si rispolverasse quello scheletrino dal suo armadio;)

nhmem
13-04-04, 22:05
Originally posted by Senatore
Con una certa sorpresa ho trovato oggi nello scaffale di una libreria la nuova edizione di Imperialismo Pagano, pubblicata dalle Mediterranee. Avevo sentito che doveva uscire, ma non credevo così presto.
Comunque sia il volume , come sempre, è ricco di materiale di contorno;ecco l'indice:

-Evola e l'Impero interiore: una fine e un inizio. Di Claudio Bonvecchio pag 17;
-Imperialismo pagano, pag 57;
-Heidnischer Imperialismus (traduzione dell'edizione tedesca), pag 183;
-Appendice I: la polemica su "Imperialismo pagano" (REghini-Evola), pag 297;
-Appendice II: la polemica sul rapporto fascismo-cristianesimo, pag 333.

Questa è veramente una buona notizia.:D

nhmem
13-04-04, 22:43
Originally posted by nhmem
Questa è veramente una buona notizia.:D

J. Evola - IMPERIALISMO PAGANO

dahttp://www.ediz-mediterranee.com/:

Imperialismo pagano venne pubblicato verso la metà del 1928 a ridosso, dunque, dei Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929 fra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano. Il pamplhet di Julius Evola, che riprendeva, fondendoli, alcuni articoli apparsi nel 1926-27, voleva essere proprio una messa in guardia per il fascismo contro questo avvenimento che, a giudizio dell’autore, avrebbe tarpato le ali alle potenzialità imperiali del Regime mussoliniano. Non era una personalissima alzata di scudi, ma la conclusione di un cammino che riassumeva le posizioni di un mondo esoterico e/o pagano quanto mai composito che si riuniva anche sotto le iniziative del Gruppo di Ur e che, con la Conciliazione, vedeva spegnersi ogni aspettativa della possibile affermazione nell’Italia fascista di spiritualità diverse dall’egemonia cristiano-cattolica.
È in questo modo che l’opera deve intendersi, ma anche come un esplicito «appello» al Duce e a tutti «i fascisti degni di questo nome», pur se, scrive esplicitamente Evola, «in forma di campagna militare». Un saggio, dunque, polemicissimo, che prende di petto le questioni, drastico, intransigente, comepuò esserlo un trentenne per cui «il fascismo era troppo poco», come scriverà due anni dopo. Un’opera in cui si effettua una critica serrata sul piano logico, politico, filosofico e religioso di tutti quei valori, di tutte quelle condizioni, di tutti quei miti che, secondo Evola, stavano ostacolando il fascismo e la sua volontà di rinnovare la nazione e lo Stato, il suo voler essere «imperiale»: da un lato la democrazia, il liberalismo, il comunismo, un mal inteso europeismo e occidentalismo; dall’altro il cristianesimo più che il cattolicesimo come «religione ufficiale». Tutte tesi poi meglio organizzate, sistematizzate e sviluppate dal filosofo in opere successive come Rivolta contro il mondo moderno, Gli uomini e le rovine, Cavalcare la tigre.
Le polemiche che Julius Evola suscitò, considerando anche che i suoi saggi erano apparsi in riviste ufficiose come Vita Nova e Critica fascista, furono diffuse, furibonde e si trascinarono a lungo costringendo l’autore ad un quasi silenzio sino al 1932-3. Anno in cui apparve in Germania una traduzione riveduta e adattata ad un pubblico tedesco del libro, e che qui si presenta insieme all’originale per un opportuno confronto e approfondimento di temi.
Il filosofo, negli anni Cinquanta e successivamente, si oppose sempre alla ristampa di Imperialismo pagano, in quanto la considerava un’opera giovanile, fissata ad un preciso momento politico e superata da altre sue opere nel dopoguerra, ma anche perché sapeva che se ne sarebbe fatto un uso strumentale e «militante», come infatti avvenne. Il ripresentarla con ampio apparato critico e comparativo, con appendici e documenti, significa inquadrarla nel suo tempo ed in una complessa e articolata «visione del mondo», non condannarla ad una incongrua damnatio memoriae, ma riscoprirla e capirla per quel che voleva effettivamente essere e per i germi che contiene delle idee e posizioni successive, senza né incongrui anatemi né incongrue apologie.

Mjollnir
15-04-04, 00:19
Di recente, comunque, è stato ristampato anche dalle Ar. Io ho la loro edizione, ma mi pare che non ci siano tutte quelle aggiunte.

Paul Atreides
15-04-04, 01:06
Originally posted by Mjollnir
Di recente, comunque, è stato ristampato anche dalle Ar. Io ho la loro edizione, ma mi pare che non ci siano tutte quelle aggiunte.

Il testo delle Mediterranee contiene, oltre al testo originario del '28, la versione in tedesco del '33 [''Heidnischer imperialismus''] e due appendici non di Evola ma editoriali. Il testo delle Ar, invece, contiene la versione, ovviamente integrale, dell'edizione del '28.

Ciao

Satyricon
18-04-04, 15:02
Originally posted by Senatore

Queste dunque le risposte di de Turris. Se hai altre spiegazioni plausibili, caro Satyricon, sarei ben lieto di sentirle. Magari, che so, il barone sapeva di aver davvero plagiato Reghini, ciò che quest'ultimo aveva in illo tempore denunciato, e provava imbrazzo all'idea che si rispolverasse quello scheletrino dal suo armadio;)

Per prima cosa un saluto a Vaghan anche da parte mia!

Premesso che non ho letto il libro di Evola, ma solo alcuni stralci, mi sembra di ricordare (mi appello alla tua clemenza se così non fosse) che nell'edizione italiana il barone parli di "Tradizione mediterranea", mentre nell'edizione tedesca di "Tradizione nordica primordiale", una sostituzione gravida di equivoci con pesanti ripercussioni su quella parte della cultura di destra disposta ad accogliere il mito nordico e le suggestioni neopagane che ne discendono.

Per Paul
Caro Paul una curiosità: ti risulta vero che Evola in vita cazziò Freda perchè questi aveva riproposto un suo scritto (credo "americanismo e bolscevismo") senza apparato critico e senza il suo permesso?

Saluti

Gianmario
11-06-05, 01:18
Tradizione Mediterranea contro tradizione cristiana
del Barone Von Julius Evola

Il cristianesimo è alla radice istessa del male che ha corrotto l'Occidente. Questa è la verità, ed essa non ammette dubbio.
L'onda oscura è barbara, nemica di sé e del mondo, che nel sovvertimento frenetico di ogni gerarchia, nell’esaltazione dei deboli, dei diseredati, dei senza nascita e senza tradizioni agitati dal bisogno di «amare», di «credere», di abbandonarsi, nel rancore verso tutto ciò che è forza, sufficienza, sapienza, aristocrazia, nel fanatismo intransigente e proselitario fu veleno per la grandezza dell’Impero Romano, è la causa massima del tramonto dell'Occidente.
Il cristianesimo - si badi - non è ciò che oggi sussiste quale religione cristiana - troncone morto tagliato fuori dallo slancio più profondo. Dopo aver disgregato la compagine di Roma, esso fu ciò che, con la Riforma, passò ad infettare la razza dei biondi barbari germanici per poi penetrare ancor più giù, tenace ed invisibile: il cristianesimo oggi è in atto nel liberalismo e nel democratismo europeo e in tutti gli altri bei frutti della rivoluzione francese - fino all’anarchismo e al bolscevismo; il cristianesimo oggi è in atto nella struttura stessa della società moderna tipo – l’anglosassone - e altresì nella scienza, nel diritto, nell’illusione di potenza della tecnica. In tutto ciò si conserva egualmente la volontà livellatrice, la volontà del numero, l’odio verso la gerarchia, la qualità e la differenza - e il vincolo collettivo, impersonale, fatto di mutua insufficienza, proprio alla organizzazione di una razza di schiavi in rivolta.
Ed ancora: preso nella sua radice di «passione» e di orgasmo quale si determinò - col messianismo e il millenaresimo - nella promiscuità delle plebi imperiali di contro alla superiorità calma dei dominatori romani, alla bellezza dorica dell'eroe pindarico, all'armoniosa detersa intellettualità dei filosofi e degli iniziati pagani, il cristianesimo si ritrova oggi nell'irrazionale dell'élan vital nell'èmpito caotico dell'attivismo e del faustismo contemporaneo - entità bruta che travolge l'individuo e che lo spinge verso ciò che egli meno vuole, già teologizzata da Calvino come volontà di Dio in atto nella creazione quale predestinazione assoluta degli esseri, oggi essa è divenuta religione: «religione della Vita», religione del «divenire», religione dell'«atto puro».
Abbiamo accennato ad una Tradizione Mediterranea. Non è mito. È una realtà arcaica che le stesse scienze storiche profane oggi cominciano a sospettare. Tradizione epica e magica di una civiltà affermativa, attiva, forte di sapienza e forte di scienza, essa improntò a sé le élites della civilizzazione egizio-caldaica, della civilizzazione paleogreca, della civilizzazione etrusca e di altre più misteriose la cui eco risuona in Siria, a Micene, nelle Baleari. Spirito della paganità, essa fu portata poi dai Misteri del bacino mediterraneo finché, di contro alla marea giudaico cristiana, fu Mithra: Mithra, il «Dominatore del Sole», l'«Uccisore del Toro», simbolo di coloro che, rigenerati nella «Forza forte delle forze», sono di là dal bene e dal male, di là dal «bisogno», di là dalla brama, di là dalla «passione».
Due destini, due forze cosmiche irreduttibili allora si palesarono cozzando, per il retaggio dello splendore romano.
La tradizione dei Misteri, travolta sul piano più esteriore, si ritrasse in una sfera più sottile trasmettendosi di fiamma in fiamma, di iniziato in iniziato in una catena ininterrotta se pur segreta. Ed oggi torna a nudo qua e là, in conati ancor confusi, in esseri - quali Nietzsche, Weininger, Michelstaedter - infrantisi sotto il peso di una verità che, troppo forte per loro, attende altri che sappia riprenderla ed imperla sì che di nuovo, dura, fredda, si erga dinnanzi al suo avversario, nella grande rivolta - e nella grande lotta: quella da cui, di nuovo, dipenderà se l'Occidente si confermi in un tramonto o risorga in una aurora.
L 'antieuropa è l'anticristianesimo. E l'anticristianesimo è la tradizione mediterranea, classica, pagana - la nostra tradizione. Questo bisogna assolutamente capire.
Senza il ritorno ad una tale tradizione, non vi è liberazione, non vi è restaurazione vera, non è possibile la conversione dei valori dello spirito, della potenza e dell'Impero. Ma che i nostri «anti» non creino equivoci! Loro, non noi, sono la negazione. Sono loro che hanno minato Roma; che hanno contaminata la Sapienza; che hanno travolta l’aristocrazia – per instaurare il regno del sentimentalismo, dell’umanitarismo, dei «nemici del mondo»; per esaltare la superstizione che riconosce il Dio in un giustiziato e fa dell’uomo un servo e un dannato che solo l’arbitrio della «grazia» può salvare. La fola più sciocca e assurda è quella che da la paganità per un sinonimo di materialità e di corruzione, e la cristianità, invece, per la sintesi più pura ed esclusiva di tutto ciò che è spirituale. E quanto questa superstizione giace ancora in fondo alla mentalità contemporanea!
No. Lo spirito vivente e immanente, lo spirito in atto come sapienza iniziatica e potenza, gloria di Re e di Vincitori, non lo conobbe la contaminazione semitica - lo conobbe la razza di Roma, la stirpe ellenica, l'Oriente antico. E chi oggi insorge contro la corruzione cristiana, contro il male europeo - quegli non è un negatore, ma un affermatore - il solo che sappia che cosa sia affermazione.
Noi dunque oggi, a Roma, testimoniamo della tradizione pagana ed invochiamo la restaurazione dei valori mediterranei in un Imperialismo pagano. La persona di chi parla e di chi altro sia congiunto a lui nell’istessa realtà spirituale - isolati, impassibili e intransigentemente aristocratici in questo mondo di mercanti, di ingabbiati e di deviati - scompare dinnanzi a questa realtà stessa, che per mezzo di loro si rivolge a Colui in cui oggi si riassume il movimento fascista.
Si riuscirà a sentire che non si tratta di parole, non di utopie, non di astrazioni romantiche, ma che è la più positiva e la più possente delle realtà che attende di essere dissotterrata per mezzo di esseri capaci di tutto, per mezzo di un'opera rispetto a cui tutto ciò che il fascismo ha fatto finora diviene nulla? Che tuttavia, tutto ciò è possibile? Che mille forze urgono nell'oscurità in attesa di un punto di sbocco?
L'identificazione della nostra tradizione con la tradizione cristiana o cattolica che sia, è il più assurdo degli errori. Romanità è paganità; e la restaurazione imperiale è un vuoto nome se non è, prima di tutto, restaurazione pagana. È una contraddizione che si tocca con mano proclamare il ritorno di Roma e non ricordare che il cristianesimo è stato uno dei principali fattori della rovina di Roma; parlare d'Impero, e non accorgersi che tutta la visione cristiana della vita è la negazione dei presupposti dell'Impero.
Oserà dunque il fascismo assumere qui, qui d'onde già le aquile imperiali partirono per il dominio del mondo sotto la potenza augustea, solare e regale - oserà il fascismo assumere qui, a Roma, qui dove ancora sussiste l'ironico residuo dell'unica gerarchia di cui, traendo se stesso, il cristianesimo fu capace - oserà quindi riprendere la fiaccola della tradizione mediterranea?
Noi non vogliamo ne sperare ne disperare. Possiamo attendere. «L'idea non ha fretta» fu detto da Hegel, ne ciò che è saprebbe subire alterazione da parte di ciò che non è.
I valori, che noi portiamo, sono: che circostanze e uomini si presentino, per cui essi possano, o meno, passare anche ad informare un dato periodo nella contingenza delle cose storiche e temporali - è cosa che, invero, non deve interessare tanto noi, quanto coloro la cui verità si arresta a cotesta contingenza.

Mjollnir
11-06-05, 13:03
Grazie per il contributo, Gianmario.
Direi che sta bene qui ;)