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Visualizza Versione Completa : Daniel Quinn: ISHMAEL



Orazio Coclite
06-03-03, 00:54
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Daniel Quinn, ISHAMEL
240 pagine, L. 28.000 (1999, Il Saggiatore)




Ishmael



Parte settima
Atto primo

- Ti propongo un enigma - disse Ishmael. - Sei arrivato in una terra lontana e ti trovi in una strana città, isolata dalle altre. La gente che incontri ti stupisce: sono tutti amichevoli, sorridenti, sani, prosperi, vigorosi, pacifici e istruiti, e ti viene detto che le cose stanno così da tempo immemorabile. Bè, sei ben felice di interrompere il viaggio per fermarti lì, e una famiglia ti invita a casa sua.
Quella sera assaggi il cibo che ti viene servito per cena e, trovandolo delizioso anche se inconsueto, chiedi che cosa sia. "E’ il cibo B, naturalmente" rispondono loro. "Noi non mangiamo altro". Sorpreso, chiedi precisazioni. Loro sorridono e, indicando i loro vicini nella casa accanto, spiegano: "Quelli sono dei B, per esempio".
"Buon Dio!" esclami inorridito. "Non vorrete dire che mangiate le persone?"
"Loro ti guardano perplessi e rispondono: "Mangiamo i B". "Che atrocità!" esclami. "Dunque loro sono i vostri schiavi? Li tenete rinchiusi in recinti?"
"Perché mai dovremmo tenerli rinchiusi in recinti?" domandano i tuoi ospiti.
"Ma perché non scappino, è ovvio!"
A quel punto i tuoi ospiti cominciano a sospettare che tu sia un po’ scarso di comprendonio, e ti spiegano che ai B non verrebbe mai in mente di scappare dato che il loro cibo, gli A, vive sull’altro lato della strada.
"Bè, non ti annoierò con tutte le tue esclamazioni di orrore e le loro spiegazioni elusive. Alla fine riesci a mettere insieme l’orribile quadro: gli A vengono mangiati dai B, i B vengono mangiati dai C e i C, a loro volta, vengono mangiati dagli A. Non esiste nessun ordine gerarchico in questa catena alimentare. I C non spadroneggiano sui B, basandosi sul fatto che li mangiano...dopo tutto, loro stessi sono il cibo degli A. Tutto è perfettamente democratico e amichevole, mentre per te, ovviamente, tutto è perfettamente orribile. Allora provi a chiedere come fanno a vivere in quel modo sregolato, e per l’ennesima volta loro ti guardano sconcertati. "In che senso, ‘sregolato’?" chiedono. "Noi abbiamo una legge e la seguiamo immancabilmente. E’ per questo che siamo così amichevoli, sorridenti, pacifici e tutte le altre cose che hai trovato così attraenti in noi. Questa legge sta alla base del nostro successo come comunità, e così è stato fin dal principio".
"Infine, ecco l’enigma. Senza chiederlo direttamente, come faresti a scoprire qual è la loro legge?"
Battei le palpebre per un paio di secondi. - Non ne ho idea.
- Pensaci.
- Bè...c’è una risposta ovvia: la loro legge dice che gli A mangiano i C, i B mangiano gli A e i C mangiano i B.
Ishmael scosse la testa. - Queste sono preferenze alimentari. Non hanno certo bisogno di una legge.
- Allora mi serve qualche altra informazione. Tutto quello che conosco sono le loro preferenze alimentari.
Hai altri tre elementi su cui basarti: loro hanno una legge, la seguono invariabilmente, hanno una società che funziona alla perfezione.
- E’ comunque molto poco. A meno che non si tratti di qualcosa del tipo: "Siate sereni".
- Non ti ho chiesto di indovinare quale sia la legge. Ti ho chiesto di escogitare un metodo per scoprirlo.
Io sprofondai nella sedia, incrociai le braccia sull’addome e fissai il soffitto. Dopo qualche minuto mi venne un’idea.
- Esiste una punizione per chi infrange la legge?
- La morte.
- Allora aspetterei che ci fosse un’esecuzione.
Ishmael sorrise. - ingegnoso, ma non è un metodo. E poi trascuri il fatto che tutti osservano la legge invariabilmente: non c’è mai stata nessuna esecuzione.
Sospirai e chiusi gli occhi. Pochi minuti dopo riprovai.
- Osservazione. Un’attenta osservazione per un lungo periodo.
- Non basta. Che cosa cercheresti?
- Quello che loro non fanno. Quello che non fanno mai.
- Bene. Ma come faresti a eliminare ciò che non è rilevante? Per esempio, potresti scoprire che non dormono mai a testa in giù o che non tirano sassi alla Luna. Ci sarebbero un milione di cose che non fanno mai ma che non sarebbero necessariamente proibite dalla legge.
- Giusto. Dunque, vediamo. Hanno una legge, la seguono invariabilmente e secondo loro... mmm. Secondo loro, l’obbedienza a questa legge ha creato una società che funziona alla perfezione. Devo accettare anche questo punto?
- Certo. Fa parte dell’ipotesi.
- Allora questo eliminerebbe la maggior parte degli aspetti irrilevanti. Il fatto che non dormano mai a testa in giù non avrebbe niente a che vedere con una società che funziona bene. Vediamo. In effetti...quello che cercherei sarebbe...bè, mi avvicinerei al problema da due lati. Da una parte mi chiederei: "Che cos’è che fa funzionare la società?" e dall’altra: "Che cosa non fanno per far funzionare la società?"
- Bravo. E adesso, dato che sei arrivato a questa brillante conclusione, ti darò un’occasione: alla fin fine, ci sarà un’esecuzione. Per la prima volta nella storia, qualcuno ha infranto la legge che sta alla base della società. Tutti sono indignati, inorriditi, esterrefatti. Prendono il trasgressore, lo tagliano a pezzetti e buttano i pezzi in pasto ai cani. Questo dovrebbe essere un grosso aiuto per individuare la legge.
- Già.
- Io farò finta di essere il tuo ospite. Abbiamo appena assistito all’esecuzione, e tu puoi chiedermi ciò che vuoi
- D’accordo. Che cosa aveva fatto quell’uomo?
- Aveva infranto la legge.
- Si, ma in particolare, che cos’aveva fatto?
Ishmael si strinse nelle spalle. - Viveva in modo contrario alla legge. Ha fatto ciò che nessuno fa mai.
Lo fissai. - Non è onesto. Non rispondi a nessuna domanda.
- Ti dico che l’intera triste storia è di pubblico dominio, ragazzo. La sua biografia, dettagliatissima, è disponibile alla biblioteca.
Sbuffai.
- Allora, come intendi usare questa biografia? Non dice certo come quell’uomo ha infranto la legge, ma è un resoconto completo di come viveva, e naturalmente la maggior parte delle notizie che contiene sono irrilevanti.
- Okay, ma mi fornisce un’altra linea di ricerca. Adesso ne ho tre: che cosa fa funzionare la società, che cosa loro non fanno mai, e che cos’ha fatto quell’uomo che loro non fanno mai.



Atto secondo

- Molto bene. Queste tre sono precisamente le guide a tua disposizione per trovare la legge che governa la vita anche qui.
Sul nostro pianeta la comunità della vita funziona bene da tre miliardi di anni... anzi, funziona egregiamente. I Prendi si tirano indietro inorriditi di fronte a questa comunità, giudicandola una società caotica, feroce e sregolata, competitiva e implacabile, nella quale ogni creatura vive nel terrore di morire. Ma quelli della tua specie che vi appartengono non la pensano così, e sarebbero disposti a sacrificare la vita pur di non esserne separati.
"In realtà si tratta di una comunità ordinata. Le piante verdi sono il cibo dei mangiatori di piante, i quali sono il cibo dei predatori, e alcuni predatori sono il cibo di altri predatori. Ciò che rimane è il cibo degli animali che si nutrono di carcasse, che restituiscono alla terra il nutrimento necessario alle piante verdi. E’ un sistema che ha funzionato alla perfezione per miliardi di anni. La gente del cinema ama le scene di sangue e battaglia, ed è logico, ma qualunque naturalista potrebbe dirti che le varie specie non sono affatto in guerra tra loro. La gazzella e il leone sono nemici soltanto nella mente dei Prendi. Il Leone che incrocia un branco di gazzelle non scatena un massacro, come farebbe un nemico. Ne uccide solo una, e non per un odio atavico ma per soddisfare la sua fame; dopo che ha ucciso, le gazzelle possono continuare a pascolare tranquillamente con il leone in mezzo a loro.
"Questo accade perché esiste una legge che nella comunità viene seguita invariabilmente: se non ci fosse, allora si la comunità cadrebbe nel caos e in breve tempo si disgregherebbe e scomparirebbe. Perfino gli uomini devono la propria esistenza a questa legge. Se le altre specie non la osservassero, non avrebbero potuto né nascere né sopravvivere. La legge non protegge soltanto la comunità nel suo complesso ma anche le singole specie e perfino gli individui. Capisci?"
- Capisco quello che dici, ma non ho idea di quale legge si tratti.
- Ti sto mettendo in evidenza i suoi effetti.
- Ah. D’accordo.
- E’ la legge della pace, la legge che impedisce alla comunità di trasformarsi in un caos ruggente, come la considerano i Prendi. E’ la legge che favorisce la vita in ogni aspetto... vita per l’erba, per le cavallette che mangiano l’erba, per le quaglie che mangiano le cavallette, per le volpi che mangiano le quaglie, per i corvi che mangiano le volpi morte.
"Il pesce con le pinne a spatola che per primo si spinse sulle spiagge continentali poté nascere perché, prima di lui, centinaia di milioni di generazioni avevano seguito quella legge. E alcuni di questi pesci divennero anfibi seguendo questa legge. E alcuni anfibi divennero rettili. E alcuni rettili divennero uccelli e mammiferi. E alcuni mammiferi divennero primati. E un ramo dei primati divenne l’australopiteco. E l’australopiteco divenne homo abilis. E l’homo abilis divenne homo erectus. E l’homo erectus divenne homo sapiens. E l’homo sapiens divenne homo sapiens sapiens sempre seguendo questa legge.
"Poi, circa diecimila anni fa, un ramo della famiglia homo sapiens sapiens disse: "L’uomo è esente dalla legge. Gli dei non volevano che vi fosse soggetto". E subito dopo costruì una civiltà che si burlava della legge in ogni suo aspetto: entro cinquecento generazioni, un batter d’occhio nella scala dei tempi biologica, quel ramo della famiglia homo sapiens sapiens vide che aveva condotto il mondo sulla soglia della catastrofe. E la spiegazione che diede per quella calamità fu... quale?
- Eh?
- L’uomo è vissuto su questo pianeta senza provocare danni per tre milioni di anni, mentre i Prendi sono riusciti a portare tutto al collasso in sole cinquecento generazioni. Come lo spiegano, loro?
- Ho capito. Lo spiegano con il fatto che c’è nell’uomo qualcosa di fondamentalmente sbagliato.
- Non è tanto il comportamento dei Prendi a essere sbagliato, quanto qualcosa di insito nella natura umana.
- Appunto.
- Come ti sembra questa spiegazione, adesso?
- Comincia a suscitarmi qualche dubbio.
- Bene.



Atto terzo

- Al tempo in cui i Prendi fecero il loro goffo ingresso nel Nuovo Mondo e cominciarono a distruggere tutto, i Lascia di qui stavano cercando una risposta a questa domanda: "E’ possibile avere insediamenti stabili rispettando la legge che seguiamo fin dall’inizio dei tempi?" Certo non voglio dire che la domanda fosse posta in modo consapevole. I Lascia non erano consapevoli di questa legge più di quanto i primi aeronauti fossero consapevoli delle leggi dell’aerodinamica. Ma ugualmente erano alle prese con questo problema, e abbandonavano un apparecchio-civiltà dopo l’altro cercandone uno che fosse in grado di volare. Tuttavia, procedendo così, l’impresa era lenta. Operando solo per tentativi ci
avrebbero messo altri diecimila anni... o forse cinquantamila. Evidentemente erano abbastanza saggi da capire che non c’era fretta. Nessuno li obbligava a spiccare il volo. Per loro non aveva senso affidarsi a un apparecchio-civiltà che fosse destinato al disastro, come avevano fatto i Prendi.
Ishmael si interruppe, e quando vidi che non continuava chiesi: - E poi?
Lui raggrinzì le guance in un sorriso. - Poi te ne vai e torni quando sei pronto a dirmi quale legge, o gruppo di leggi, è stato presente nella comunità della vita fin dall’inizio dei tempi.
- Non sono sicuro di essere pronto.
- E’ stato il nostro obiettivo negli ultimi tre o quattro giorni, se non fin dall’inizio: fare in modo che tu fossi pronto.
- Ma non saprei da che parte cominciare.
- Certo che lo sai. Hai le stesse tre guide che avevi nel caso degli A, dei B e dei C: la legge che stai cercando viene osservata invariabilmente dalla comunità della vita da tre miliardi di anni. - Annuì, rivolto all’esterno. - Ed è per questo che le cose sono andate così. Se questa legge non fosse stata osservata fin dall’inizio dei tempi, da tutte le generazioni che si sono susseguite, i mari sarebbero deserti senza vita e la terraferma sarebbe ancora polvere che soffia nel vento. Tutte le innumerevoli forme di vita che conosci sono arrivate all’esistenza seguendo questa legge, e seguendo questa legge è nato l’uomo. E soltanto una volta nella storia del pianeta una specie ha cercato di vivere sfidando questa legge... anzi, non un’intera specie ma un popolo: quello che ho chiamato i Prendi. Diecimila anni fa quest’unico popolo ha detto: "Basta. L’uomo non è nato per essere soggetto a questa legge" e ha cominciato a vivere in un modo che si beffa della legge in ogni suo aspetto. Nella civiltà dei Prendi ogni proibizione della legge è diventata una linea di condotta fondamentale. E adesso, dopo cinquecento generazioni, quella civiltà sta per scontare la punizione che ogni altra specie avrebbe scontato per aver vissuto contro la legge.
Ishmael voltò le mani a palme in alto. - Dovrebbe essere un indizio sufficiente.



Atto quarto

La porta si chiuse dietro di me e io restai lì fermo. Non potevo tornare dentro e non volevo tornare a casa, quindi restai dove mi trovavo. Avevo la mente vuota e mi sentivo depresso. Senza una ragione al mondo, mi sembrava di essere stato rifiutato.
Le faccende di casa erano indietro sotto ogni punti di vista. Inoltre ero in ritardo sul lavoro: non avevo rispettato nessuna scadenza. In più, adesso Ishmael mi aveva dato un compito che non mi entusiasmava per niente. Era tempo di darsi da fare e mettere la testa a posto, quindi feci una cosa che non mi capita spesso: uscii e mi ubriacai. Avevo bisogno di parlare con qualcuno, e chi beve da solo è fortunato in questo senso: ha sempre qualcuno con cui parlare.
Dunque, qual era la fonte di quel misterioso senso di depressione e di rifiuto? E perché era spuntato proprio quel giorno? Risposta: proprio quel giorno Ishmael mi aveva mandato via perché lavorassi da solo. Avrebbe potuto risparmiarmi l’indagine che stavo per intraprendere, e invece aveva deciso diversamente. Quindi era un rifiuto, più o meno. Era infantile prenderla a quel modo, lo ammetto, ma non ho mai preteso di essere perfetto.
C’era anche qualcos’altro, però, perché mi sentivo ancora depresso. Il secondo bourbon mi aiutò a venirne a capo: stavo facendo progressi. Proprio così. Ecco qual era l’origine della mia depressione.
Ishmael aveva un programma. Bè, certo, perché no? Lo aveva sviluppato con un lavoro di anni, un allievo dopo l’altro. Era più che giusto. Avere un progetto è necessario: parti da qui, poi arrivi là, poi un po’ più in là e ancora più in là, e alla fine, voilà! Un bel giorno hai finito. Grazie per la partecipazione, auguri per il resto della tua vita e ricordati di chiudere la porta quando esci.
Quanto lontano ero arrivato? Ero a metà strada? A un terzo? Un quarto? Dovunque fossi, ogni progresso mi avrebbe portato un po’ più vicino a uscire dalla vita di Ishmael.
Qual è la definizione più impietosa per descrivere questo mio modo di affrontare la situazione? Egoismo? Possessività? Meschinità? Me le merito tutte, e non cerco scuse.
Dovevo accettare la conclusione: non volevo soltanto un maestro, io volevo un maestro... per tutta la vita.



Parte Ottava
Atto primo

Mi ci vollero quattro giorni per trovare la legge.
Passai il primo a ripetermi che non ce l’avrei mai fatta, altri due a lavorarci, e l’ultimo ad assicurarmi di esserci riuscito. Il quinto tornai da Ishmael. Nel dirigermi verso l’appartamento mi ripetevo mentalmente quello che avrei detto, e ciò "Credo di avere capito perché hai insistito che facessi da solo".
Mi riscossi dai miei pensieri e per un istante rimasi disorientato. Avevo dimenticato che cosa mi aspettava in quel posto: la stanza vuota, la sedia solitaria, la lastra di vetro dietro la quale brillavano i due occhi.
Stupidamente, balbettai un saluto al nulla.
Poi Ishmael fece una cosa che non aveva mai fatto prima. Mentre mi salutava sollevò il labbro superiore mettendo in mostra una fila di denti ambrati, grossi come gomiti.
Mi affrettai a sedermi e attesi il suo cenno come uno scolaro.
- Credo di avere capito perché hai insistito che facessi da solo - dissi. - Se il lavoro l’avessi fatto tu al posto mio, mettendo in evidenza ciò che fanno i prendi e nessun altro nella comunità naturale, avrei detto: "Bé, certo. E allora?".
Ishmael grugnì. - Talvolta le cose ovvie possono essere illuminanti, se vengono apprese in modo inconsueto.
- E’ questa la tua forza.
- Basta con le chiacchiere. Procedi.
- Va bene. Da quello che ho capito, ci sono quattro cose che i Prendi fanno e il resto della comunità no, e sono tutte fondamentali nella loro civiltà. Primo: sterminano i loro avversari, il che non succede mai in natura. In natura, gli animali difendono il proprio territorio e le proprie prede e invadono il territorio degli avversari per appropriarsi delle loro prede. Alcune specie hanno come avversari addirittura le proprie prede, ma in nessun caso danno loro la caccia soltanto per ucciderli, come fanno i contadini e gli allevatori con i coyote, le volpi e i corvi. La preda che uccidono, la mangiano.
Ishmael annuì. - E’ tutto vero, ma bisogna aggiungere che gli animali uccidono anche per autodifesa, o addirittura quando si sentono sfidati. I babbuini, per esempio, a volte attaccano un leopardo che non li ha attaccati. Ciò che conta, però, è che per quanto i babbuini possano cercare il cibo, non cercheranno mai i leopardi.
- Temo di non avere capito.
- Voglio dire che, in mancanza di cibo, i babbuini si organizzeranno per cercarne; e invece, in mancanza di leopardi, non si organizzeranno mai per cercarne uno. In altre parole, è come dici tu: quando gli animali vanno a caccia, anche animali particolarmente aggressivi come i babbuini, è per cercare nutrimento, non per sterminare gli avversari o comunque gli animali che si nutrono di loro.
- Si adesso è chiaro.
- Ma come fai a essere sicuro che questa legge viene seguita invariabilmente, pur ammettendo che in "natura", come la chiami tu, non si sono mai viste specie concorrenti sterminarsi l’un l’altra?
- Se non fosse seguita invariabilmente, allora le cose, come dici tu, non sarebbero andate così. Se le specie avversarie si dessero la caccia solo per eliminarsi a vicenda, allora non ci sarebbero più avversari. A ogni livello resterebbe soltanto una specie: la più forte.
- Continua.
- Secondo: i Prendi distruggono sistematicamente il cibo dei loro avversari per dare spazio al proprio. Niente del genere accade nella comunità naturale. Lì la regola è: prendi ciò che ti serve e lascia stare il resto.
Ishmael annuì.
- Terzo: i Prendi impediscono ai loro avversari l’accesso al cibo. In natura la regola è: puoi impedire ai tuoi avversari l’accesso a quello che stai mangiando, ma non al cibo in generale. In altre parole si può dire: "Questa gazzella è mia" ma non: "Tutte le gazzelle sono mie". Il leone difende la propria preda, ma non considera il branco di sua proprietà.
- Giusto. Ma immagina di allevare un branco di gazzelle per conto tuo, dal niente. In questo caso potresti difenderlo?
- Non saprei. Credo di si, purché io non pretenda che tutti i branchi di gazzelle del mondo sono miei.
- E potresti impedire ai tuoi avversari l’accesso al cibo che coltivi?
- Ripeto... la nostra politica è: ogni centimetro quadrato di questo pianeta ci appartiene quindi, se decidiamo di sfruttarlo completamente, allora sarà bene che i nostri avversari si estinguano, e tanto peggio per loro. La nostra politica è impedire ai nostri avversari l’accesso a tutto il cibo del mondo, e di sicuro non c’è nessun’altra specie che lo faccia...
- Le api impediscono a chiunque di accedere al contenuto del loro alveare sul melo, ma non impediscono di cogliere le mele.
- Appunto.
- Bene. Ma tu dici che c’è una quarta cosa che fanno i Prendi e nessuno fa in "natura", come la chiami tu.
- Si. In natura il leone uccide una gazzella e la mangia. Non ne uccide un’altra per il giorno dopo. Il cervo mangia l’erba che trova. Non ne taglia dell’altra per l’inverno. Invece i Prendi si comportano così.
- Sembri meno convinto di questo punto.
- E’ vero, sono meno convinto. Ci sono alcune specie che mettono da parte il cibo, come le api, anche se la maggior parte non lo fa.
- In questo caso non hai notato un fatto ovvio: ogni creatura vivente mette da parte il cibo. Alcune lo accumulano nei loro corpi, come i leoni, i cervi e gli uomini. Altre non possono farlo per costituzione, quindi lo accumulano all’esterno.
- Già.
- Non esiste alcuna proibizione contro le riserve di cibo. Non può esistere, perché è un elemento essenziale del sistema: l’erba accumula cibo per gli erbivori, gli erbivori accumulano cibo per i carnivori, e così via.
- E’ vero, non ci avevo pensato.
- C’è nient’altro che facciano soltanto i Prendi, nella comunità della vita?
- Niente che io abbia osservato. O, almeno, niente di rilevante per il funzionamento della comunità.



Atto secondo

- Questa legge che hai così mirabilmente illustrato definisce i limiti della competizione nella comunità della vita. Si può competere fino ai limiti delle proprie capacità, ma non si possono eliminare i propri avversari né distruggere il loro cibo né impedire loro l’accesso al cibo. In altre parole, si può competere ma non scatenare una guerra.
- Già. Come hai detto, è una legge che mantiene la pace.
- E qual è il suo effetto? Che cosa favorisce?
- Bè... favorisce l’ordine.
- Certo, ma adesso c’è qualcos’altro che vorrei mettere in luce. Che cosa sarebbe successo se la legge fosse stata abrogata dieci milioni di anni fa? Che cosa sarebbe adesso, la comunità della vita?
- Mi costringi a ripetermi: ci sarebbe una sola forma di vita ad ogni livello di competizione. Se tutte le razze che si contendono l’erba si fossero combattute per dieci milioni di anni, devo concludere che a questo punto sarebbe rimasto un unico vincitore. E probabilmente ci sarebbe un unico vincitore tra tutti gli insetti, tra gli uccelli, tra i rettili, e così via. La stessa cosa varrebbe a ogni livello.
- E dunque la legge che cosa favorisce?
- Bè... la pace.
- Rifletti. Qual è la differenza tra la comunità che hai appena descritto e quella che esiste in realtà?
- Direi che la comunità che ho descritto sarebbe composta da poche decine o poche centinaia di specie. Quella che esiste in realtà ne conta milioni.
- E dunque la legge che cosa favorisce?
- La differenziazione.
- Esatto. E che cosa c’è di positivo nella differenziazione?
- Non saprei. Di sicuro è più... interessante.
- Cosa ci sarebbe di male in una comunità globale che comprendesse soltanto erba, leoni e gazzelle? Oppure in una comunità globale che comprendesse soltanto riso ed esseri umani?
Guardai nel vuoto per qualche secondo. - Credo che una comunità simile sarebbe ecologicamente fragile. Sarebbe molto vulnerabile: ogni minimo cambiamento nella situazione generale farebbe crollare tutto.
Ishmael annuì. - La differenziazione è un fattore di sopravvivenza per la comunità. Una comunità che comprende cento milioni di specie può sopravvivere quasi a ogni tipo di catastrofe planetaria. Tra quei cento milioni ce ne sono centomila che sopravviverebbero a una diminuzione di venti gradi della temperatura media... il che sarebbe enormemente più catastrofico di quel che sembra. E tra quei cento milioni ce ne sono centomila che sopravviverebbero a un aumento di venti gradi. Invece una comunità di cento o di mille specie ha un valore di sopravvivenza praticamente nullo.
- Giusto. E attualmente c’è un’offensiva in atto contro la differenziazione. Ogni giorno scompaiono decine di specie proprio a causa del comportamento competitivo, estraneo alla legge, tipico dei Prendi.
- Adesso che sai dell’esistenza di una legge, ti sei fatto un’opinione diversa di ciò che sta accadendo?
- Si. Quello che facciamo non mi sembra più un errore: non stiamo distruggendo il mondo per la nostra goffaggine, ma perché gli abbiamo deliberatamente dichiarato guerra.



Atto terzo

- Come hai detto, la comunità della vita sarebbe distrutta se ogni specie si escludesse dalle regole di competizione stabilite dalla legge. Ma cosa succederebbe se a farlo fosse soltanto una specie?
- A parte l’uomo?
- Si. Ma ovviamente avrebbe un’astuzia ed una determinazione pari a quelle dell’uomo. Immagina di essere una iena: perché mai dovresti dividere la selvaggina con quei pigri e dispotici leoni? Ogni volta la stessa storia: tu uccidi una zebra e subito arriva un leone che ti caccia via e si serve per primo, mentre tu resti in disparte in attesa dei suoi avanzi. Ti sembra giusto?
- Pensavo che andasse al contrario... i leoni uccidono la preda e le iene li infastidiscono con le loro incursioni.
- Anche i leoni uccidono alcune prede, non c’è dubbio, ma non si tirano certo indietro quando possono appropriarsi di quelle altrui.
- Okay.
- Dunque non ne puoi più dei leoni. Che faresti?
- Li sterminerei.
- E quali sarebbero le conseguenze?
- Bè... fine delle ruberie.
- Di che cosa vivono i leoni?
- Zebre, gazzelle... selvaggina in genere.
- Ma adesso i leoni non ci sono più. Come cambierebbero le cose, per voi?
- Ho capito dove vuoi arrivare. Per noi ci sarebbe più selvaggina.
- Fino a quando?
Lo guardai con espressione vacua.
- Va bene. Davo per scontato che conoscessi l’ABC dell’ecologia. Nella comunità naturale, quando aumenta la disponibilità di cibo aumenta la popolazione. Quando la popolazione aumenta, la disponibilità di cibo diminuisce; e quando la disponibilità di cibo diminuisce, diminuisce la popolazione. Ciò che mantiene l’equilibrio è proprio l’interazione tra numero di prede e numero di cacciatori.
- Lo sapevo benissimo... solo che non ci avevo pensato.
- D’accordo - ribatté Ishmael seccato, aggrottando la fronte. - Allora pensaci.
Scoppiai a ridere. - Okay. Dunque, eliminati i leoni c’è più cibo per noi iene e la nostra popolazione cresce. Continua a crescere finché la selvaggina non comincia a diminuire, poi si riduce.
- In circostanze normali andrebbe così, ma voi le avete cambiate, le circostanze. Avete deciso che la legge della competizione limitata non si applica alle iene.
- Giusto. Quindi elimineremmo gli altri concorrenti.
- Non farti tirare fuori le parole una alla volta. Vai fino in fondo.
- Okay. Vediamo... dopo che avremo ucciso gli altri concorrenti, la nostra popolazione crescerà finché la selvaggina non comincerà a ridursi. Non essendoci altri concorrenti da uccidere, dovremo aumentare la quantità di selvaggina... non riesco a vederle, le iene, nel ruolo di allevatori.
- Avete ucciso tutti i vostri concorrenti, ma anche la selvaggina ha i suoi avversari: quelli che le contendono l’erba, i quali diventano dunque vostri avversari di secondo grado. Uccideteli e ci sarà più erba da mangiare per la selvaggina.
- Giusto. Più erba per la selvaggina significa più selvaggina, il che significa più iene, il che significa... che cosa ci è rimasto da uccidere?
Ishmael si limitò a inarcare un sopracciglio.
- Non è rimasto più niente.
- Pensaci.
Pensai. - D’accordo abbiamo eliminato i nostri avversari diretti e quelli di secondo grado. Adesso potremmo eliminare quelli di terzo grado: le piante che contendono all’erba lo spazio alla luce.
- Esatto. Di conseguenza ci sarà più erba per la vostra selvaggina e più selvaggina per voi.
- E’ buffo... i contadini e i mandriani lo considerano quasi un dovere sacrosanto eliminare tutto ciò che non possono mangiare. Eliminare tutto ciò che mangia ciò che loro mangiano. Eliminare tutto ciò che non sia commestibile per ciò che loro mangiano.
- E’ senz’altro un dovere sacrosanto, nella cultura dei Prendi. Più avversari vengono eliminati, più esseri umani possono venire al mondo, e questo lo rende il più sacro dei compiti. Nel momento in cui ci si dichiara esentati dalla legge della competizione limitata, ogni cosa al mondo diventa un nemico da sterminare... eccetto il proprio cibo e il cibo del proprio cibo.



Atto quarto

- Come vedi, il fatto che una sola specie si dichiari estranea a questa legge ha lo stesso effetto che se lo facessero tutte. Alla fine, il risultato è una comunità nella quale la differenziazione viene progressivamente eliminata per permettere l’espansione di una singola specie.
- Già. Si arriva per forza al punto a cui sono arrivati i Prendi...a insistere nell’eliminare i propri avversari, a insistere nell’aumentare le proprie riserve di cibo, a insistere nel chiedersi come risolvere l’esplosivo aumento demografico. Come ce la siamo cavata fino a ieri? Producendo maggiori quantità di cibo per nutrire la popolazione in più.
- "Intensificare la produzione per nutrire una popolazione più vasta conduce a un’ulteriore crescita della popolazione".
Lo ha detto Peter Farb nel libro Umanità.
- Secondo te è un paradosso?
- No, secondo lui è un paradosso.
- Perché?
Ishmael si strinse nelle spalle. - Si rendeva conto che in natura ogni specie, senza eccezioni, non smette di moltiplicarsi finché non glielo impedisce la mancanza di cibo. Ma, come ben sai, Madre Cultura insegna che una simile legge non si applica all’uomo.
- Già.



Atto quinto

- Avrei una domanda - dissi. - Nel corso dell’ultima discussione continuavo a chiedermi se anche l’agricoltura non fosse contraria alla legge. Cioè, sembrerebbe contraria per definizione.
- Lo è... se l’unica definizione a tua disposizione è quella dei Prendi. Ma ce ne sono anche altre. L’agricoltura non deve essere per forza una guerra contro tutte le forme di vita che non sono coltivate e controllate.
- Credo che il mio problema sia un altro: la comunità della vita è come l’economia di mercato, giusto? Cioè, se prendi di più per te, allora ce ne sarà meno per qualcun altro... o per qualcos’altro. Non è così?
- Certo. Ma qual è il tuo scopo, nel prendere di più per te? Perché lo fai?
- Bè, perché è la base per avere un insediamento stabile: senza l’agricoltura non sarebbe possibile.
- Sei sicuro che sia proprio questo, lo scopo?
- Quale potrebbe essere, altrimenti?
- Non potrebbe essere il desiderio di crescere fino a possedere il mondo, di coltivare ogni centimetro quadrato di terra e costringere tutti a diventare agricoltori?
- No, certo.
- E non ti rendi conto che i Prendi si sono comportati proprio così... e continuano a farlo? E’ lo scopo per cui è nato il vostro sistema agricolo: non per avere insediamenti stabili, ma per crescere. Per crescere senza limiti.
- D’accordo, ma io voglio soltanto stabilirmi in un posto e restarci.
- Allora non è necessario scatenare una guerra.
- Però il problema rimane. Se riesco a stabilirmi in un posto, ottengo di più di quello che avevo prima. E questo di più da qualche parte deve pur venire.
- Sì, è vero; capisco la tua difficoltà. In primo luogo, gli insediamenti stabili non sono affatto una prerogativa solamente umana. D’altra parte, su due piedi non riesco a pensare a una sola specie che sia totalmente nomade. Esiste sempre un territorio, una zona di caccia, un luogo per gli accoppiamenti, un alveare, un nido, una greppia, un riparo, una stia, un buco, una tana. Tra gli animali esistono vari gradi di “insediamento”, così come tra gli esseri umani. Perfino i cacciatori-raccoglitori non sono del tutto nomadi, e ci sono vari stadi intermedi tra loro e gli agricoltori veri e propri. Alcuni cacciatori-raccoglitori praticano una forma di raccolta intensiva per accumulare provviste ed essere maggiormente stanziali. Poi ci sono i semi-agricoltori che un po’ coltivano e molto raccolgono. E infine ci sono i quasi-agricoltori che molto coltivano e un po’ raccolgono. E così via.
- Ma questo non riguarda il problema principale.
- Lo riguarda sì, ma tu sei costretto a osservarlo in un modo e uno soltanto. Il tuo limite è questo: quando apparve l’homo abilis o, meglio, quando apparve quel particolare adattamento che viene chiamato homo abilis, doveva esserci qualcosa che gli lasciasse il posto. Non voglio dire che qualche altra specie abbia dovuto estinguersi ma che, fin dal primo istante, l’homo abilis si è trovato in competizione con qualcos’altro. Non con una, ma con mille cose... che dovevano tutte diminuire sotto qualche aspetto per lasciargli spazio. Lo stesso vale per ogni specie comparsa su questo pianeta.
- D’accordo. Ma ancora non capisco che cosa c’entra con gli insediamenti stabili.
- Allora non mi ascolti. Gli insediamenti stabili sono un adattamento biologico praticato in misura diversa da tutte le specie, compresa quella umana. E tutte cercano di difendere il proprio adattamento contro gli altri. In altre parole, gli insediamenti stabili dell’umanità non sono contrari alla legge sulla competizione, ma ne sono soggetti.
- Ah, ecco. Sì, adesso ho capito.



Atto sesto

- Allora, che cos’abbiamo scoperto?
- Che se una qualunque specie si ritiene esentata dalle regole della competizione, finisce per distruggere la comunità per fare posto a se stessa.
- Qualunque specie? Uomo compreso?
- Certo, naturalmente. E infatti è andata proprio così.
- Dunque riconosci che questo risultato... almeno questo... non è dovuto a una misteriosa perversione della razza umana. A trasformare i popoli della tua cultura nei distruttori del mondo non è stato un imponderabile difetto intrinseco.
- No. Sarebbe stato lo stesso per ogni specie... o, almeno, per ogni specie abbastanza decisa da andare fino in fondo. Purchè sia vero che un aumento del cibo disponibile è sempre seguito da un aumento della popolazione.
- Data una crescente disponibilità di cibo, qualunque popolazione si espande. Vale per ogni specie, compresa quella umana. I Prendi lo dimostrano da diecimila anni: per tutto questo tempo hanno continuato ad aumentare la produzione di cibo per nutrire una popolazione più numerosa, e ogni volta la popolazione è aumentata ulteriormente.
Rimasi a riflettere per un minuto, e alla fine dichiarai:
- Madre Cultura non è d’accordo.
- Certo che no. Sono sicuro che dissente con la massima decisione. Che cosa dice, invece?
- Che riusciremo a produrre più cibo senza aumentare la popolazione.
- A quale scopo? Perché produrre più cibo?
- Per dare da mangiare a milioni di persone che muoiono di fame.
- E quando darete loro da mangiare vi farete promettere che non si riprodurranno più?
- Bè... no, questo non è previsto.
- E allora che cosa succederà quando darete da mangiare a tutti questi milioni di persone che muoiono di fame?
- Si riprodurranno, e la popolazione aumenterà.
- Senza dubbio. Nella vostra cultura questo esperimento è stato provato e riprovato per diecimila anni, un anno dopo l’altro, con un risultato assolutamente prevedibile: produrre più cibo per nutrire più persone ha come conseguenza un ulteriore aumento della popolazione. E’ talmente ovvio e inevitabile che aspettarsi qualcosa di diverso significa abbandonarsi ai sogni, sia da un punto di vista biologico sia da un punto di vista matematico.
- Però... - Mi interruppi e riflettei ancora un po’. - Madre Cultura dice che, al momento giusto, il problema sarà risolto dal controllo delle nascite.
- Esatto. Se mai farai la stupidaggine di affrontare una simile discussione con qualche amico, scoprirai che tutti tirano un sospiro di sollievo quando si ricordano che esiste questa soluzione. «Uuuf! Argomento chiuso!» E’ come l’alcolizzato che giura che smetterà di bere prima di rovinarsi la vita. Il controllo mondiale della popolazione è sempre qualcosa che si avrà in futuro: doveva verificarsi in futuro quando eravate tre miliardi, nel 1960, e adesso che siete cinque miliardi è ancora qualcosa che si avrà in futuro.
- Te lo concedo. Però potremmo arrivarci davvero.
- Certo che potreste... ma non recitando questa particolare storia. Finchè continuerete a recitarla, la risposta alla fame nel mondo sarà una maggiore produzione di cibo. Hai mai visto pubblicità di gruppi che mandano aiuti alimentari a chi muore di fame?
- Sì.
- E hai mai visto pubblicità di gruppi che mandino anti-concezionali?
- No.
- Giammai. Madre Cultura parla con lingua biforcuta, su questo argomento: quando le dite esplosione demografica risponde controllo mondiale delle nascite; ma quando dite fame risponde aumento della produzione. Ma purtroppo l’aumento della produzione si verifica ogni anno, mentre il controllo mondiale delle nascite non si verifica mai.
- E’ vero.
- Complessivamente, nella vostra cultura non esiste alcuna fiducia nel controllo mondiale delle nascite. E il punto più significativo è che questa fiducia non ci sarà mai finchè reciterete una storia secondo la quale gli dèi hanno creato il mondo a uso e consumo dell’uomo: Madre Cultura continuerà a chiedervi di aumentare la produzione per oggi, e a promettere il controllo delle nascite per domani.
- Sì, questo l’ho capito. Ma vorrei chiederti una cosa.
- Dì pure.
- Quello che dice Madre Cultura sulla fame del mondo lo so già. Ma tu che cosa ne dici?
- Io? Niente, a parte che la tua specie non è esente dalle realtà biologiche che regolano le altre.
- Ma come si applica questo alla fame?
- La fame non è un’esclusiva degli uomini. La patiscono tutte le specie, in tutto il mondo. Quando una specie si moltiplica al di là delle sue risorse alimentari, la popolazione diminuisce finchè non si ristabilisce un equilibrio. Madre Cultura afferma che l’umanità è esente da questo processo, e dunque quando un popolo si moltiplica al di là delle sue risorse alimentari fa affluire cibo dall’esterno, garantendo così che nella generazione successiva ci saranno più persone a patire la fame. Dal momento che a quel popolo non viene permesso di diminuire al punto di mantenersi con le proprie risorse, per lui la fame diventerà una condizione cronica.
- Già. Qualche anno fa ho letto sul giornale che in un convegno un ecologo ha sostenuto lo stesso punto di vista. Non l’avesse mai fatto! In pratica l’hanno accusato di essere un assassino.
- Sì, lo immagino. I suoi colleghi in tutto il mondo avranno capito alla perfezione quel che intendeva dire, ma hanno avuto il buon senso di non sfidare Madre Cultura nel pieno della sua generosità. Se quarantamila persone abitano in una zona che può sostentarne solo trentamila, non è certo un atto di generosità inviare cibo dall’esterno per mantenerle tutte e quarantamila: serve solo a garantire che la fame continuerà.
- E’ vero, ma anche così non è facile restare a guardare mentre muoiono.
Ishmael emise un rombo che ricordava un vulcano. - Chi ha parlato di restare a guardarli mentre muoiono? Se non potete portare dentro il cibo, potete sempre portare fuori loro, no?
- Sì, credo di sì.
- Allora spostate i diecimila di troppo in qualche zona del mondo dove ci sia abbondanza di cibo... l’Italia, le Hawaii, la Svizzera, il Nebraska, l’Oregon, il Galles.
- Non credo che un’idea simile sarebbe molto popolare.
- Dunque preferite esercitare la vostra filantropia mantenendo quarantamila persone in uno stato di inedia cronica.
- Temo che sia così.
- Bella generosità.



Atto settimo

- Come vedi - disse Ishmael - ho lasciato un libro vicino alla sedia.
Era Il retaggio americano: il libro degli indiani.
- Dato che siamo più o meno sull’argomento del controllo delle nascite, eccoti una mappa che forse troverai illuminante: quella degli insediamenti tribali. - Dopo che l’ebbi studiata per qualche secondo, mi domandò che cosa ne pensavo.
- Non credevo che ce ne fossero così tanti. Tanti popoli diversi.
- Non sono vissuti tutti nello stesso periodo, ma la maggior parte sì. Mi piacerebbe che tu riflettessi su come hanno fatto a limitare la loro crescita.
- E la mappa dovrebbe aiutarmi?
- Ho voluto dimostrarti che questo continente era ben lontano dall’essere spopolato. Il controllo delle nascite non era un lusso: era una necessità.
- D’accordo.
- Qualche idea?
- Guardando la mappa, vuoi dire? No, temo di no.
- Rispondi a questa domanda: che cosa fa la gente della vostra cultura quando non ne può più di vivere nelle affollate regioni nordorientali?
- Semplice. Va in Arizona, nel New Mexico, in Colorado... i vasti spazi liberi.
- E cosa fanno i Prendi che vivono nei vasti spazi liberi?
- Niente. Mettono sulle macchine adesivi che dicono SE AMI IL NEW MEXICO TORNA DA DOVE SEI VENUTO.
- Ma nessuno torna da dov’è venuto.
- Già. Anzi, continuano ad arrivarne.
- E perché i Prendi del luogo non mettono un argine alla piena? Perché non riducono la popolazione del Nordest?
- Non vedo come potrebbero farlo.
- Riassumendo, abbiamo un’esuberante e perenne sorgente di nuovi nati in una parte del paese, senza che nessuno faccia niente per interromperla perché l’eccesso di popolazione può sempre riversarsi nei vasti spazi liberi dell’Ovest.
- Esatto.
- Però quegli stati hanno dei confini. Perché non tengono fuori gli intrusi?
- Perché i confini sono solo linee immaginarie.
- Appunto. Per trasformarti in un abitante dell’Arizona devi solo attraversare una linea immaginaria e stabilirti lì. Attorno a ogni popolo dei Lascia, invece, i confini segnati su quella mappa non erano affatto immaginari: erano confini culturali. E’ questo il punto da notare. Se i Navajo cominciavano a sentirsi stretti, non potevano dire: «Che importa? Gli Hopi hanno un sacco di vasti spazi liberi. Andiamo là e diventiamo Hopi.» un simile ragionamento sarebbe stato inconcepibile. Riassumendo: gli abitanti di New York possono risolvere i loro problemi di sovrappopolazione diventando abitanti dell’Arizona, mentre i Navajo non potevano in nessun caso diventare Hopi. I loro confini culturali erano tali che nessuno poteva attraversali a suo piacimento.
- E’ vero. Però i Navajo potevano attraversare i confini territoriali degli Hopi anche senza attraversare i loro confini culturali.
- Vuoi dire che potevano invadere il territorio Hopi. Certo, senza dubbio. Ma ciò non modifica la mia tesi. Se un Navajo si spingeva in territorio Hopi non gli davano un modulo da riempire... lo uccidevano. Era un sistema che funzionava. Costituiva un notevole incentivo alla limitazione delle nascite.
- Ci credo.
- Quei popoli non limitavano le nascite per il bene dell’umanità o per il bene dell’ambiente. Lo facevano solo perché, in genere, era più semplice che entrare in guerra con i loro vicini. Ovviamente, alcuni popoli non tentavano affatto di limitare le nascite perché non avevano remore a entrare in guerra con i loro vicini. Non vorrei darti l’impressione che quello fosse un regno pacifico, un’utopia. In un mondo dove nessun Grande Fratello sorveglia il comportamento di tutti e garantisce a tutti il diritto di proprietà, è vantaggioso avere una reputazione di temerarietà e di ferocia... e non ci si conquista una reputazione simile inviando ai propri confinanti messaggi indignati. Si deve far sapere con precisione che cosa succederà se non limitano le nascite e non rimangono all’interno del proprio territorio.
- Capisco. Quindi si limitavano l’un l’altro.
- Sì, ma non soltanto erigendo invalicabili confini territoriali: anche i loro confini culturali dovevano essere invalicabili. In nessun caso l’eccedenza di popolazione dei Narraganset avrebbe potuto radunarsi e spostarsi a ovest verso i Cheyenne: i Narraganset dovevano restare dov’erano e limitare le nascite.
- Già. Ecco un altro caso in cui la differenziazione sembra funzionare meglio dell’omogeneità.



Traduzione di Mauro Gaffo. © 1992 Interno Giallo Editore s.r.l., Milano. Titolo originale dell’opera Ishmael, © 1991 Daniel Quinn.