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Ulan
24-03-03, 00:55
GUERRA ED AUTOBUS
Ossia come i bombardamenti su Belgrado paralizzano il traffico… a Roma.
L’altra sera il calare delle tenebre mi colse in via Cavour, cosa non consigliabile, dopo aver atteso l’autobus per 40 minuti levando lodi al nome di Rutelli e di tutti gli assessori suoi, m’accorgo d’una notula appena leggibile: “il 204 smette di circolare alle 16 e trenta”.
Incrociando le dita m’avvio alla Stazione Termini, lo scenario della più raffinata vita notturna capitolina, là dove l’elité dello spaccio, del meretricio, del lenocinio e della disperazione converge dai quattro angoli del globo per dar vita ad uno dei peggiori incubi metropolitani del continente.
M’apposto paziente sotto la palina provvisoria della linea provvisoria che sostituisce la metropolitana provvisoriamente chiusa.
Tosto s’accende un dibattito sul tema: “da che parte per Anagnina, da che parte per Ottaviano” le opinioni sono assai variegate ma generalmente si concorda sull’invocazione agli avi defunti del Rutellone.
Quand’ecco che ogni discussione pare superflua: lungo la strada che dovrebbe percorrere il nostro bus s’avanza, preceduto da un folto schieramento di polizia, un corteo.
Le avanguardie della rivoluzione nazional-popolare (non vorranno mica Baudo a Palazzo Venezia?) sono in marcia, il selciato rimbomba al ritmo cadenzato dei loro anfibii.
Ma quando ci passano davanti che tristezza, quattro gatti inalberano slogan sui bambini serbi che paion scritti da Livia Turco in persona.
150 ragazzotti che son stati giovani ai tempi di Forlani sfilano in un turbinio di torce, bandiere e lampeggianti; se li avessero verrebbe da dir loro: “Taieve i cavei e ‘ndè a lavorar”.
Ha appena piovuto ma dolce è la serata primaverile e questi son tutti imbacuccati con sciarpe e guanti, chissà se hanno anche la maglia di lana, per essere i prototipi del super uomo nibelungico son ben freddolosi (a meno di non essere così malfidenti dal pensare che vadano a manifestare per la pace mascherati per la rissa).
L’atmosfera è comunque buonista aiutano un senegalese ad attraversare il corteo come tanti bravi Boys Scout, del resto tra neri….
L’altoparlante gracchia gli slogan: ‘sti pacifisti hanno un grido di battalglia, si vogliono scagliare contro la NATO (vorrei essere il loro odontotecnico dopo l’impatto con un plotone di Marines).
Gli Anglo-Americani devono andare fuori dall’Europa (se l’Europa è questa si comprendono le perplessità dei Britanni a considerarsene parte), e via sbraitando sui bambini serbi e sui bombardamenti Anglo-Americani dimenticando che a quelle incursioni partecipano anche aerei con sulle ali le stesse coccarde cucite sui loro giubbotti (che poi sono quelli dei piloti USA).
Anche il buonismo ha un limite e si sfiora la rissa quando due magrebini vengono a discussione con uno di questi giovinotti che agita sotto il loro naso una bandiera con i colori del Reich millenario affermando trattarsi della bandiera italiana.
Valli a capire, fino ad un momento prima urlavano parole i fuoco contro gli oppressori di Curdi, Palestinesi e Iracheni (in questo caso gli oppressori sarebbero gli USA non Saddam) e quando si trovano davanti due tipi che potrebbero essere proprio Iracheni, Palestinesi o Curdi vanno ad attaccar briga (però, del resto, son quelli stessi cui il Senatur ha dato in appalto la raccolta di firme contro l’immigrazione a Sud della Linea Gotica).
Ad un tratto risuona l’unico slogan plausibile della serata: un inno alle fettuccine ed alla gazzosa contro l’invasione gastronomica americana, il mio stomaco mitteleuropeo ha un moto di sdegno contro imperialismo culinario della dieta mediterranea.
La maschia gioventù è passata ma l’autobus no, anzi con raccapriccio noto che il corteo non gira ma prosegue lungo il tragitto del mezzo.
Decido di aggirare l’ostacolo e per vie traverse corro all’Esedra per precederli, ma la via è sbarrata, senza avvedermene son finito davanti ad un obbiettivo sensibile: decine di poliziotti si stanno schierandosi per difendere McDonald fino all’ultimo Hamburger.
Finalmente raggiungo un’altra fermata ma è tutto inutile, la piazza è bloccata, un gruppo di vecchi quiriti commentano l’episodio con la sufficienza di chi in duemila anni ha visto tutto (e, aggiungo io, padanamente, non ha capito niente).
Anche qui il bel Francesco è nei pensieri di ciascuno: se non è in grado di pubblicare l’orario ed il percorso dei mezzi, dia, almeno, quello dei cortei.
Tra me e me, penso che non sarebbe male dotare gli autobus d’un paio di mitragliatrici coassiali (naturalmente 7,62 NATO) così, tanto per snellire un po’ il traffico.
Sconsolato mi avvio a piedi lungo via Nazionale quand’ecco che da una via laterale sbuca il 117 che non dovrebbe assolutamente passare di lì ma lungo la parallela via del Tritone, salgo al volo e chiedo al conducente dove vada: “Si se passa pe’ via der Corso ‘nnamo a Piazza Venezia, si no ce fermamo a San Silvestro”: relativismo auto-ferro-tranviario.
Il pomeriggio del giorno seguente “me stavo a fà na pennica” quand’ecco che il mio meritato riposo viene turbato da un fastidioso brusio, penso ad un vicino con la TV a palla.
Poco dopo esco di casa e mi ritrovo in mezzo ad una fiumana di gente, peggio della vigilia di Natale.
Con raccapriccio m’avvedo d’essere circondato da bandiere rosse e ritratti del Dottor Ernesto (Gevara), mi coglie un violento attacco d’orticaria.
Una moltitudine di giacconi di cuoio nero da cekista, di facce smunte come se ne vedevano a Bratislava negli anni d’oro, di completini come si potevano trovare solo ai magazzini “Ottobre Rosso” di Minsk (ma dove riescono a procurarseli adesso, diec’anni dopo?) , ha proprio ragione madame Kriza, l’eleganza è naturalmente di sinistra.
Anche quelli che optano per il look rasta-giamaicano paion tristi e straccioni: il comunismo riesce a rendere i Caraibi cupi come la Transilvania.
Per dirla con Lenin “Che fare?” mi richiudo in casa o risalgo la trista corrente?
Continuando a grattarmi avanzo verso la meta, ma quale meta? A pochi metri da casa, davanti al Senato, c’è la fermata del’ATAC ma la linea è, ovviamente, interrotta.
Torme di turisti stranieri vi sostano spazientiti ma inconsapevoli di cosa stia accadendo, in ogni caso il progetto di andare a vedere una mostra al quartiere Trieste salta, se il nemico avesse bombardato i ponti sul biondo Tevere l’Urbe non potrebbe essere più paralizzata di così.
Girato l’angolo entro in piazza Navona che scopro essere l’epicentro della manifestazione ormai nella fase del deflusso, gli altoparlanti irradiano la nenia del solito “Cantautur che quando l’canta si sente l’udur” (ora capisco il brusio di cui sopra).
Il popolo della sinistra si presenta in tutte le sue sfaccettature, a dir la verità manca l’alta borghesia dalemiana ed i centri sociali che stanno azzuffandosi più in là, sotto la statua di Pasquino in via del Governo Vecchio (Prodi non centra, son cose papaline), luogo mitico della contestazione negli anni ruggenti.
Pare abbiano assalito la sede del comitato elettorale di Emma Bonino, i soliti non violenti!
Intanto per la gioia dei “Beati i costruttori di pace” la bandiera rossa garrisce sulla facciata Borrominiana di Sant’Agnese in Agone mentre scritte dello stesso colore deturpano la chiesa sul lato opposto della piazza, ovunque ci sono brandelli dei manifesti per il SI al referendum che sembra non essere gradito a questi signori.
Anche in ciò questi concordano con quelli della sera prima, bisogna scomodare la comune matrice hegeliana o basta il delirio a spiegarlo; ci vuole un politologo o serve uno psichiatra?
Or che sono sotto la fontana del Bernini che faccio? Ovunque voglia andare non posso andarci che a piedi.
Il clima pacifista mi fa venire in mente che non ho ancora visitato la libreria militare situata proprio sulla rotta del corteo.
Dribblando la carcassa fumante di uno scooter c’arrivo, in vetrina fan bella mostra di se solo libri che dimostrano inconfutabilmente come la seconda guerra mondiale sia stata vinta dalla RSI.
È quindi con sorpresa che trovo al banco un cortesissimo cingalese cui chiedo una monografia in lingua ceca sulle sciabole della Cavalleria Austriaca, e con ancora maggior mio stupore egli me ne porge l’ultima copia dicendo che il volume ha avuto molto successo ed è ormai in ristampa la seconda edizione, sopra di noi, dal suo ritratto, un marò ci guarda attonito.
Esco con il mio tomo sotto il braccio sognando gli Ulani del “Franz Ferdinand” che disperdono a sciabolate la marmaglia serbofila aprendo a via agli autobus mentre folle di utenti stremati ed esultanti gettano su di loro fiori e generi di conforto.

Allanim
24-03-03, 20:29
Complimenti, il tuo è un atto di accusa davvero lucido e preciso.

In realtà il tuo post mi offre l'occasione per dire qualcosa sul tema "manifestazioni in centro".
A via Condotti, ad es., il coprifuoco non scatta una, ma mille volte, e spesso di sabato: giorno in cui i commercianti sperano di riuscire a far quadrare i loro conti, perché tradizionalmente dedicato allo shopping. Impresa però impossibile: spesso i cortei sindacali, quelli politici, i Cobas…terrorizzano gli esterrefatti turisti costringendoli a tornare nelle loro camere d’albergo. Non sto esagerando. Del resto proviamo solo ad immaginare un turista americano in vacanza a Roma. Arriva qui e il sabato pomeriggio vuole fare un giro di shopping per i negozi più belli del mondo. Bene. Esce e cosa vede? i blindati, i poliziotti con i caschi, i cani, i manganelli e tutto l’armamentario anti-sommossa. E’ normale che s’impaurisca, è normale che si senta proiettato in uno scenario di guerra tipo Bassora. Senza parlare poi degli slogan contro gli Stati Uniti che lo fanno sentire al centro della protesta, dei nemici. E siccome le strade vengono bloccate ed il traffico deviato, anche volendo, sarebbe difficile raggiungere i negozi.

Per non parlare poi della follia di autorizzare, come si è fatto anche sabato scorso, due manifestazioni nello stesso giorno, alla stessa ora e nella stessa zona della città. Risultato: si paralizzano città e mezzi pubblici per ore, con gravi danni per le aziende di trasporto e per la collettività.
Sto parlando di cose che non capitano una tantum: Roma è invasa da un corteo quasi ogni tre giorni. Se si continua così, prima o poi saremo costretti a cambiare nome alla ZTL, anziché zona a traffico limitato dovremo chiamarla ZMA, zona manifestazioni autorizzate.

In sostanza, il problema è che le autorità competenti concedono le autorizzazioni senza porsi il minimo scrupolo, dimostrando scarsa sensibilità, e mettendo a repentaglio il lavoro di centinaia di aziende e di migliaia di lavoratori. Insieme ad altri cittadini incazzati ho pure raccolto le firme per cercare di mettere un punto dfinitivo a tutto questo andazzo visto che nessuno tutela il nostro sacrosanto diritto di cittadini anche semplicemente a passeggiare, senza dover correre il rischio di finire intrappolati in cortei di manifestanti [le cui rivendicazioni, sia detto per inciso, potrebbero essere sacrosante, ma spesso sono in realtà strampalate]. In verità, dovrebbero essere gli organizzatori delle proteste, a immaginare forme di manifestazioni diverse, che non penalizzino città, abitanti e turisti. Dal momento che questa prova di responsabilità e consapevolezza non viene, è troppo chiedere che ci pensino le autorità? No, per carità, anzi, appena dici ste cose ti accusano, nell'ordine, di essere autoritario, di voler limitare i diritti inalienabili costituzionalmente garantiti, di voler sopprimere il diritto alla libertà di manifestare, e via dicendo.

Muhaddip
25-03-03, 11:34
E pensare che basterebbe UN missile. Scud o Patriot.Fa lo stesso. Neanche due...uno.Che spreco in Iraq. Oltretutto saremmo anche vicini al Vatikano e si potrebbe fare filotto. ....Peccato.

Orson
26-03-03, 14:30
Un saluto dall'oltretomba al sempre lucido Ulan.
Cari amici, qui ci torno veramente di rado, perché tutte queste idiozie cattopacicomuniste che leggo mi aumentano l'ulcera.
Torni su E-Bay a comperare orologi "vintage", ricordando che le mie armi sono sempre ben oliate ed a disposizione del Divino Senato per il Giorno della Giudizio.
Vale.

Ulan
26-03-03, 16:06
caro vecchio orsòn bruno che paicere, in poche battute hai messo a nudo il male oscuro di questi fora