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Visualizza Versione Completa : 6 aprile 1941. Invasione della Jugoslavia



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07-04-03, 10:09
Il regno dei Serbi, Croati e Sloveni nato alla fine della Grande Guerra comprendeva, all'epoca: 5,4 milioni di serbi ortodossi e in maggioranza contadini, 3,7 milioni di croati, cattolici e per lo più dediti al commercio e all'industria, 1 milione di sloveni anch'essi cattolici. Ed inoltre consistenti minoranze di tedeschi, ungheresi, rumeni, cecoslovacchi , turchi e albanesi , verso le quali l'unica politica perseguita da questo Stato che voleva essere di soli slavi, o meglio, di soli Serbi, quelli che sapevano di esserlo e gli altri inconsapevoli, fu quella di cercare di espellerle.
Restavano esclusi mezzo milione di Sloveni e Croati annessi nel frattempo al Regno d'Italia e, con plebiscito nel 1920, gli Sloveni della Koroška i quali, dopo aspri scontri di confine fra graniciari (truppe confinarie serbe) ed austriaci, preferirono passare sotto l'Austria tedesca (senza riceverne alcuna gratitudine) piuttosto che sotto il nuovo fratello slavo.

La politica verso i non Serbi

... Uno dei fondatori della prima Jugoslavia, il noto scultore croato Ivan Mestrovich, racconta nelle sue Memorie, pubblicate in America dopo la seconda guerra mondiale, che durante la prima guerra, nelle trattative sulla costituzione della Jugoslavia, svoltesi tra i fuorusciti croati (uniti nel Comitato Jugoslavo di Londra), ed il Governo Serbo, il ministro serbo Protich propose-per i musulmani della Bosnia-Erzegovina:
" o tornare al cristianesimo o emigrare in Turchia e sterminio di quelli che rifiutassero di partire o di battezzarsi."
(Ivan Mestrovich: Uspomene na ljude i dogadjaje. Buenos Aires, 1961 - Knjiznica < Hrvatske Revije >, pagg. 73-74.)

La Macedonia venne per prima occupata dai Serbi. Circa 300.000 macedoni accusati di essere filobulgari vennero espulsi. La lingua macedone venne vietata. Vennero modificati i cognomi, serbizzati i toponimi. La chiesa macedone, dichiaratasi autocefala ed indipendente da quella serba nel 1908, venne duramente perseguitata. Le chiese ed i monasteri vennero saccheggiati da cima a fondo, tutti i pope e gli insegnanti delle scuole vennero espulsi, imprigionati o deportati in Kosovo... Il capo della polizia della Macedonia, Zhika Lazich, successivamente divenuto Ministro dell'Interno, ammise tranquillamente conversando al ristorante a Belgrado con un giornalista francese, Henri Pozzi, che alle donne che non volevano collaborare si ficcava un ferro rovente nella vagina. Agli uomini venivano invece schiacciati i testicoli.
Il Kosovo era stato messo a ferro e fuoco durante la ritirata del 1915 quando circa 15.000 albanesi vennero massacrati. Dal '18 la repressione riprese, seppure con maggior prudenza per evitare sanzioni, già minacciate dagli Occidentali allarmati per gli eccessi cui assistettero. Il gran dispiacere di non poter ricominciare il lavoro del '12 -'15, data la presenza di osservatori occidentali, non impedì al governo serbo di instaurarvi un regime di terrore. Il Kosovo venne ininterrottamente considerato territorio nemico durante gli anni tra le due guerre, in attesa dell'occasione propizia per la soluzione finale. Nel 1937 il progetto di espulsione degli Albanesi dal Kosovo di Vaso Ciubrilovich non venne rigettato, ma semplicemente archiviato in attesa di...tempi migliori , cioè una guerra! La costante fu la spinta all'emigrazione, soprattutto verso la Turchia. Stojadinivich applicò tutte le misure pacifiche suggeritegli da quel teorico campione di pulizia etnica.
Immediatamente dopo la dichiarazione di adesione al regno del dicembre 1918 entrarono le forze armate serbe in Croazia, Slovenia, Bosnia Erzegovina e, Vojvodina ed imposero la legge marziale, come avevano già fatto in Kosovo e Macedonia. I non Serbi vennero trattati come nemici. Le caserme divennero quotidiani luoghi di arresti di massa e di punizioni corporali con bastonature e fustigazioni. Ogni ufficiale faceva la sua legge. Ad esempio il Tenente Colonnello Petar Teslich, comandante del Reggimento di fanteria di Zagabria, prescrisse che:
"ogni offesa al re doveva essere punita con 25 frustate, e lo sputo sull'immagine del re con la fucilazione immediata, e che il soldato che frustava troppo dolcemente doveva venir fustigato lui pure con lo stesso numero di frustate."

Il 28 giugno 1921 (il giorno di S. Vito, in serbocroato Vidov-dan), Alessandro I promulgò la Costituzione, votata con maggioranza risicata, che istituiva una monarchia molto centralizzata. Delle minoranze non c'era menzione.
Praticamente il re poteva fare e disfare i governi a suo piacere: fra il 1918 e il 1929 fece e disfece ben 24 governi ! Il Parlamento ne fece cadere solo due; esso era praticamente inutile, dato che era la Corte a governare .
Nel parlamento, monocamerale, vennero eletti nel novembre 1920 :
91 deputati del Partito Radicale Nazionale (nazionalisti serbi di Pašich)
92 deputati del Partito Democratico Jugoslavo, cui si allearono i liberali sloveni
59 deputati del Partito Comunista.
Nel corso del 21, in seguito ad alcuni attentati al re ed all'uccisione del ministro dell'Interno il P.C.J. venne messo al bando.
Al IV congresso dell'Internazionale Comunista nel '24 venne adottata questa risoluzione:
Dato che in Jugoslavia esiste un movimento di massa contro l'oppressione nazionale in tutte le sue forme... II principio generale sul diritto di autodecisione dei popoli, proclamato dal P.C.J., deve concretizzarsi nella formula: separazione della Croazia, Slovenia e Macedonia dalla conformazione attuale Jugoslavia, e loro costituzione in Repubbliche Indipendenti.
La propaganda locale del partito aggiungeva che queste Repubbliche Indipendenti, volendo, si sarebbero poi riunite liberamente in una Federazione, presupposto per una futura Federazione Balcanica, prospettiva e meta del Partito, benché la Risoluzione non ne facesse cenno.
...Malgrado le promesse del re l'apparato del nuovo Stato rimase quasi interamente nelle mani dei Serbi. Dei 24 governi succedutisi tra il 1918 ed il 1929, il 97% dei Primi Ministri fu serbo, il 100% dei Ministri della Difesa, il 92% dei Ministri dell'Interno, il 98% dei Ministri delle Finanze, l'83% dei Ministri degli Esteri, l'83% dei Ministri dell'Istruzione, l'87% dei Ministri della Giustizia. Nell'Esercito 161 generali su 165 erano serbi o montenegrini.

I contrasti etnici nel Regno SHS

Ma non era la rivoluzione comunista il pericolo maggiore, almeno immediato, del regno. Esso veniva dal contrasto fra Serbi e non Serbi.
Secondo un pamphlet di un avvocato serbo dell'opposizione, Rajko Jovanovich, nei primi 10 anni di vita del nuovo regno vennero emesse 24 sentenze politiche di condanna a morte, vennero compiuti circa 600 assassinii politici e 30.000 arresti politici, ci furono 3000 esiliati politici e numerose espulsioni. La maggioranza delle vittime furono Croati, Macedoni ed Albanesi. E le tasse in Croazia ed in Slovenia furono 10 volte superiori che in Serbia.
Nel 1921 i partiti croati si coalizzarono in un Blocco Croato, guidato dal repubblicano Stepan Radich, all'epoca simpatizzante per la rivoluzione russa.
Il suo Partito Contadino Repubblicano Croato, inizialmente presente in Croazia e Slavonia, aderì per un breve periodo alla III Internazionale di Lenin.
Dal 1922 si estese anche in Bosnia - Erzegovina e nel 1923 anche in Dalmazia. Nello stesso anno ebbe il 21,76% dei voti (i croati erano il 23% della popolazione).
In dissidio colla linea moderata di Radich nel 1923 il Partito del Diritto Croato uscì dal Blocco Croato.
Nell'estate del 1924 Stepan Radich si recò a Mosca per chiedere aiuto contro la dominazione serba, ma tornò deluso e disse: laggiù vogliono servi, non amici. Finì così il feeling di Radich con Mosca.
Alle elezioni del 1925 il partito di Radich aumentò sino a raggiungere il 22,3% del totale. Questo successo persuase Radich ad uscire dall'astinenza politica accogliendo la Costituzione monarchica del 1921 e rinunciando così alla pregiudiziale repubblicana. Ciò gli permise di entrare in un governo coi Radicali Serbi, una collaborazione che fra diffidenze e tensioni durò sino al 1927.
Ma queste svolte produssero grande sbandamento nel Blocco Croato che si disgregò.
Paolo Radich in un forte discorso alla camera denunciò, già il 27 febbraio del '27 le forze oscure che tramavano per instaurare la dittatura. Uscì poi dall'alleanza con i Radicali.
Ed il 20 giugno 1928 successe l'irreparabile: mentre Stepan Radich parlava in Parlamento, un deputato montenegrino, Puniša Racich, membro del partito radicale serbo, ex capo dei cetnici, membro della Mano Bianca , estrasse la pistola e l'uccise; sparò poi contro il banco dei deputati croati uccidendo pure Paolo Radich e Giure Basarick e ferì altri tre.
Questo avveniva fra gli applausi dei radicali serbi, che inscenarono per le strade manifestazioni di giubilo.
L'assassino ebbe solo gli arresti domiciliari mentre il successore di Radich, Vlatko Macek, venne incarcerato per aver chiesto giustizia!
Scoppiarono gravi incidenti in Croazia, dove ci fu una sollevazione popolare cui parteciparono non solo i nazionalisti croati ma anche i comunisti ed il Blocco Croato riprese nuovamente vigore, radicalizzandosi.

Ante Pavelich (1889-1959), presidente dell'Associazione Avvocati Penalisti Croati, deputato al parlamento nel Partito del Diritto Croato e testimone oculare dell'assassinio, minacciato egli pure di morte, fondò in quei frangenti, assieme a Gustav Percec, l' Ustaše Hrvatska Revolucionarna Organizacija , il Partito Ustascia ( in croato ustaši = insorti), con un programma secessionista con ogni mezzo, inclusa la lotta armata .
Fuggì in Ungheria dove tentò di organizzare delle unità terroristiche. Mancava però di mezzi e prontamente Mussolini colse l'occasione, appoggiò gli ustasci offrendo loro ospitalità in Italia, e li usò come arma per destabilizzare la Jugoslavia.

La dittatura di re AlessandroKaragiorgevich

Dopo il grave episodio di Radich, al fine di preservare l'unità del paese e far fronte ai pericoli paventati dall'esterno, re Alessandro, il vero mandante di quell'omicidio, incoraggiato pure dall'Europa dell'epoca che era incline alle dittature, decise di instaurare la propria dittatura personale.
Il 6 gennaio del 1929 Alessandro sciolse il parlamento, abolì la Costituzione , sospese la libertà di riunione, soppresse i partiti. Lo Stato di polizia aveva ora le mani libere per perseguitare, incarcerare e sopprimere gli oppositori.
Forse con l'intento di blandire i Croati, cambiò il nome del Regno SHS in Regno di Jugo-slavia ( Slavia del sud), nome coniato un secolo prima dal vescovo croato di Zagabria Strossmeyer, eminente studioso e propugnatore di una federazione dei popoli slavi del sud su un piano di parità. Con quel nome, e non con quello preferito dai nazionalisti serbi di Grande Serbia, la regione è rimasta nota al mondo sino alla sua dissoluzione nel 1991.
Nel settembre del l931 re Alessandro promulgò una nuova Costituzione che pose fine al regime parlamentare: i ministri erano responsabili direttamente al re cui, in caso di confitto, spettava sempre l'ultima parola. Una monarchia assoluta!
La dittatura, sostanzialmente serbocentrica, radicalizzò ulteriormente tutte le opposizioni.
Il governo fu intollerante verso la cultura croata, soprattutto quando questa si permetteva di ficcare il naso nella storia serba, addomesticata alla ragion di stato da un'Accademia Serba delle Arti e delle Scienze (SANU) sempre prona al sovrano. Uno studioso croato, albanologo di fama internazionale, il prof. Milan Šufflay (1879-1931), per i suoi studi sull'antichità del popolo albanese, negata dall'intellighenzia serba, e per le sue prese di posizione in difesa dei diritti degli albanesi in Jugoslavia, dopo esser stato minacciato, imprigionato, costantemente sorvegliato, venne aggredito ed ucciso sulla pubblica via a Zagabria il 18 febbraio 1931. Gli erano pervenute lettere minatorie firmate Mlada Jugoslavija, associazione nazionalista strettamente controllata dal Ministero dell'Interno. Il 24 gennaio era stato minacciato persino sul giornale Naša Sloga di Sušak: " Ti spaccheremo il cranio". Seguì puntuale l'esecuzione. Il mandante fu il gen. Beli Markovich, comandante militare serbo di Zagabria.
L'assassinio provocò proteste internazionali, fra le quali quella di Albert Einstein e della Lega dei Diritti dell'Uomo di Parigi.

Gli ustasci iniziano l'insurrezione in Erzegovina

...Dopo la proclamazione della dittatura, alcuni ustasci ritornarono dall'esilio, illegali ormai al pari di tutti gli altri partiti, ed iniziarono il proselitismo nelle regioni croate, avendo scarso successo fra le classi colte. Non così invece fra i poverissimi montanari di una delle regioni più arretrate, l'Erzegovina. Gli Erzegovesi odiavano sopratutto i gendarmi, tutti serbi, che impedivano loro il tradizionale contrabbando di tabacco, unica fonte di reddito.
...Nel corso del '32 gli ustasci erzegovesi attaccarono vari posti di polizia, cui seguirono arresti di massa ed esecuzioni sommarie, che non toccarono tanto i terroristi ustasci ma colpirono soprattutto Croati innocenti.
Le carceri si riempirono di comunisti e di ustasci, che, pur avendo un nemico comune, erano tuttavia refrattari fra di loro. Il sostegno che gli ustasci ricevevano dai padrini fascisti d'Italia e dagli ultrareazionari nobili ungheresi li contrapponevano aspramente ai comunisti.

Durante la dittatura di Alessandro i circoli nazionalisti serbi furono gli unici a godere di ampia protezione.
In appoggio alla dittatura di Alessandro si schierarono :
la Associazione ex combattenti della Jugoslavia (Zdruzhenje borcev Jugoslavije), originariamente fondata in Slovenia; la Azione Jugoslava (Jugoslovenska Akcija) e il Movimento Nazionale Jugoslavo Zbor (Jugoslovenski narodni pokret Zbor) (Zbor sta per adunata).
Azione Jugoslava era stata fondata a Belgrado nel 1930, con l'obbiettivo della instaurazione della dittatura. Assunse subito simboli fascisti e nazisti.
Braccio teso e svastica blu entusiasmarono i nazisti tedeschi.
Il segretario generale, Velibor Jonich, durante l'occupazione nazista '41-'44 della Serbia divenne ministro nel governo collaborazionista Acimov-Nedich.

Nel '29 era stata fondata la Lega dei Soldati Sloveni (Zveza slovenskih vojakov) in appoggio alla dittatura di Alessandro. Nel 30 cambiò nome in Lega dei Combattenti (Zveza bojevnikov) che nel 31 venne riconosciuta dalla dittatura e divenne un'organizzazione paramilitare mista di cetnici, volontari sloveni antiaustriaci e ufficiali jugoslavi della riserva. Ma la sua attrazione verso i militanti dei partiti di destra messi al bando le procurò lo scioglimento nel '33. Poco dopo però risorse sotto la sigla di Zdruzhenje borcev Jugoslavije, unendosi a varie altre associazioni paramilitari, con l'esplicito obbiettivo di sostenere la dittatura.

A Marsiglia, il 9 ottobre 1934, il re dittatore Alessandro ed il ministro francese degli esteri, Barthou, venuto a riceverlo in occasione di una visita ufficiale, vennero assassinati in un attentato degli ustasci. Erano coinvolti i servizi segreti italiano ed ungherese.

Il 13 ottobre 1934 si incontrarono a Belgrado i rappresentanti di tutte le organizzazioni filo fasciste che decisero la loro unificazione:
la Jugoslovenska Akcija (Azione Jugoslava), la Otadjbina (La Patria) diretta dal futuro collaborazionista Ljotich, la serbo-erzegovese Zbor (L'Adunata), Budenje (Il Risveglio) della Vojvodina, il movimento sloveno Borci (Combattenti), e la Zveza Bojevnikov (Unione combattenti).
Tra i tredici firmatari si trovavano tre personaggi del futuro governo collaborazionista filotedesco del '41: Ratko Parezhanin, Velibor Jonich e Giorge Perich.
In quella riunione venne delegato Ljotich a tenere i rapporti con la Corte. Per tutto il movimento venne assunto il nome Zbor. Il programma era nè più nè meno quello di Hitler.
Nel mese successivo all'assassinio di re Alessandro , quasi come un segnale premonitorio, vennero emarginati, anche se fascisti, i movimenti croato, sloveno e bosniaco. Azione Jugoslava si dissociò, pur avendo lo stesso programma: cioè la lotta alla massoneria, agli ebrei, ai comunisti ed al capitalismo occidentale.
Ciò procurò a Zbor aiuti dalla finanza tedesca e dai servizi segreti nazisti.

L'ambiguo governo Stojadinovich

Dopo l'assassinio di re Alessandro l'erede al trono della Jugoslavia, Pietro II, nel '34 non aveva che undici anni, per cui venne affidata la reggenza al cugino del re ucciso, il principe Pavle.
Divenne primo ministro Milan Stojadinovich, ammiratore di Hitler e Mussolini ma contemporaneamente filo inglese. Venne allentata la dittatura legalizzando i partiti di centro destra, il Partito Radicale guidato da Stojadinovich stesso ed il Partito Contadino di Macek.
L'8 novembre 1935 il ministro dell'interno approvò il programma di Zbor che così divenne ufficialmente anch'esso un partito riconosciuto.
L'organizzazione clericale serbo-ortodossa Bogomoljci (pregatori di Dio) aderì a Zbor grazie all'entusiastico appoggio del vescovo di Belgrado Nikolaj Velimirovich. Aderirono in massa pope ortodossi, poliziotti, funzionari , grandi agrari e più di una dozzina di alti ufficiali dell'esercito reale, fra cui il futuro capo del Corpo Volontari Serbi (che poi affiancò i nazisti nel '41), il colonello Kosta Kolisich .
Nelle elezioni che si tennero nel '35 e nel '39, Zbor presentò 8.190 candidati approvati dal governo. Ma raccolse meno dell'1% dei voti.
Invece Stojadinovich, uscito vincitore delle elezioni col 62,6%, adottò in toto l'ideologia di Zbor. Ciononostante fra Ljotich e Stjadinovich ci furono sempre scambi di accuse ed insulti reciproci. Stojadinovich usò Zbor come serbatoio di collaboratori, che uscivano da Zbor per incarichi lautamente pagati. Questi contrasti si placarono solo durante la comune collaborazione con gli occupatori nazisti; ma prima di allora Stojadinovich usò la mano dura contro Zbor, che nel '38 venne messo al bando, proibite le sue pubblicazioni e arrestati i suoi capi, compreso Ljotich. La motivazione data da Stojadinovich era che:
" Zbor vuole ciò che già vuole il governo, perciò è inutile!"
Al che Ljotich replicava: "Stojadinovich è un volgare imitatore di Hitler e Mussolini, mentre io (Ljotich) sono un fascista serbo autentico".(sic!)
Nelle elezioni del dicembre del '38 i voti furono così ripartiti:
la lista di Stojadinovich 54%
la lista di Macek , croato, 45%
la lista di Ljotich meno dell'1%
Ciò non significa che ci fosse in parlamento una maggioranza antifascista, poiché i candidati fascisti si trovavano sopratutto nella lista di Stojadinovich.
In Croazia Macek col Partito Contadino raggiunse il 70%.
Ma Stojadinovich fallì nel tentativo di formare un nuovo governo ed il reggente Pavle lo rimosse dall'incarico.
Ciò allarmò Hitler che aveva dato ordine ai tedeschi della minoranza volkdeutsche (circa 500.000) di votare Stojadinovich. Anche Mussolini si allarmò perché aveva firmato un accordo segreto che in cambio del riconoscimento di Stojadinovich degli interessi italiani in Albania restringeva le attività degli ustasci. (i quali se ne andarono da Hitler)
Il nuovo governo venne affidato al malleabile Dragiša Cvetkovich, un clericale sloveno.
La tensione con la Germania si allentò quando l'ambasciatore dell'ex governo Stojadinovich nel III°Reich, Alessandro Cinciar Markovich, divenne ministro degli esteri del governo Cvetkovich.
Cinciar Markovich era un ammiratore di Hitler e durante l'occupazione nazista collaborò pienamente.
Nell'agosto del '39 il gen. Milan Nedich divenne ministro dell'esercito e della marina. Ljotich ebbe frequenti contatti con lui attraverso il capo di gabinetto col. Miloš Masalovich , membro di Zbor.
Anche se ufficialmente proibito, l'organo del movimento Zbor, Bilten, venne stampato nella tipografia dell'esercito e distribuito da corrieri militari serbi. Tra marzo '39 ed ottobre '40 uscirono 58 numeri, ed i due ultimi numeri ebbero la tiratura di 20.000 copie. Il direttore responsabile era sempre Ljotich.
Il governo Cvetkovich intrattenne con Macek un negoziato durato 5 mesi che si concluse con un accordo firmato il 26 agosto 1939 : esso prevedeva una semi autonomia politica per la Croazia, che restava però economicamente saldamente legata alla Jugoslavia. Il reggente Pavle incoraggiò l'ingresso di Macek nel governo.
Quell'accordo però non fu mai pienamente rispettato. La contrapposizione della destra serba, soprattutto dei radicali che reclamavano la Grande Serbia, fu rabbiosa. Emersero allora due personaggi divenuti celebri per i loro piani genocidi: Vaso Ciubrilovich e Nikola Stojanovich.
Ljotich invitò l'esercito a schiacciare i Croati ed invitò Pavle con un telegramma : "stop esperimento croato immediatamente".
Intanto la guerra divampava in Europa e Zbor promosse una manifestazione violenta in appoggio a Hitler e Mussolini all'Università di Belgrado attraverso la sua organizzazione giovanile , le Aquile Bianche (Beli Orlovi), che provocò morti e feriti fra studenti e professori. Ma il rettore era egli pure membro di Zbor e la polizia non intervenne.
Pavle, avvertendo il pericolo che veniva dall'appoggio che questo movimento riceveva dalla Germania e dall'Italia, si decise ad agire contro Ljotich e Zbor. Venne celebrato un processo nel quale Zbor venne riconosciuto colpevole di alto tradimento per aver ricevuto fondi dagli stranieri. Ciononastante Ljotich non venne mai arrestato.
Anche il gen. Nedich venne obbligato a rassegnare le dimissioni per la sua esplicita simpatia per le forze dell'Asse.

Quando nel settembre 1941 Italia, Germania e Giappone formalizzarono il Patto Tripartito,(noto in Italia come ROBERTO -Roma Berlino Tokio) Berlino iniziò forti pressioni sul governo jugoslavo perché vi si associasse. Dopo l'adesione della Bulgaria di re Boris le pressioni aumentarono. Il bollettino di Zbor continuò ad uscire attraverso i vecchi canali militari. In esso Ljotich attaccò il governo che tollerava ebrei e massoni ed attaccò pure gli elementi governativi filo inglesi contrari al Patto Tripartito
Sino allora Hitler era ancora per la conservazione dello Stato unitario jugoslavo. La maggioranza dei capi tedeschi era filoserba, anche per la simpatia dimostrata a Göring durante i funerali di re Alessandro nel 1934 a Belgrado. Il console generale di Germania a Belgrado, Hermann Neubacher, l'ambasciatore Viktor von Heeren, il capo ufficio stampa del Ministero degli esteri Paul Schmidt, erano influenzati da Danilo Gregorich, capo redattore del giornale governativo Vreme. Hitler manifestò ammirazione per l'eroico popolo serbo per le sue virtù guerriere nella secolare lotta contro i Turchi.
I Croati non avevano ancora attratto l'attenzione dei nazisti. Mussolini nel marzo 1941 li aveva abbandonati, considerandoli ormai inutili.

12- Il colpo di Stato del '41

L'Italia fascista, che aveva dichiarato guerra alla Grecia, si trovò impantanata sui monti dell'Albania contrattaccata dai Greci chiese aiuto ad Hitler.
La Germania stava preparando l'operazione Barbarossa, ossia l'invasione dell'URSS ed Hitler andò su tutte le furie ma decise di aiutare il suo alleato e maestro, posticipando la data dell'operazione a giugno. Doveva però agire velocemente, perché le operazioni militari contro l'URSS secondo i piani della blitz krieg avrebbero dovuto concludersi prima del rigido inverno russo (!)
Occorreva attraversare la Jugoslavia e il sistema più semplice era di farla entrare nel Patto Tripartito.
Il 4 marzo 1941, a Berchtesgaden in Baviera, Hitler ed il reggente Pavle s'incontrarono per trattare sul transito delle truppe tedesche. Pavle chiese in compenso il porto di Salonicco, la protezione tedesca contro un'eventuale invasione italiana, l'esenzione dall'obbligo di entrare in guerra a fianco della Germania, e che il territorio jugoslavo non fosse attraversato da convogli militari, tranne quelli di feriti.
Hitler accettò tutti i punti tranne l'ultimo. Era proprio il transito dell'esercito che gli interessava.
Il 6 marzo Pavle convocò il Consiglio della Corona per esporre le offerte di Hitler. Il Ministro dell'Esercito e della Marina gen. Petar Pesich si disse favorevole, dato che la Jugoslavia non era in grado di difendersi militarmente. Macek chiese quanto fossero credibili le promesse tedesche ed il Ministro degli esteri Cinciar - Markovich rispose che lo erano.
Il 10 marzo si riunì un secondo consiglio della Corona. In questa riunione il Ministro di Corte propose di aumentare le richieste di annessioni territoriali a spese della Grecia, ma Macek e Kulovec vi si opposero.
Il 20 marzo il Consiglio si riunì infine per decidere. Erano presenti sei alti ufficiali serbi, uno sloveno ed uno croato. Lo sloveno, Franc Kulovec, preoccupato per le frontiere della Slovenia con l'Italia e il III° Reich, suggerì di firmare. Il croato, Vladko Macek, domandò se il rifiuto di firmare avrebbe potuto comportare la guerra, e il Ministro degli Esteri Cinciar-Markovich rispose di sì. Il Consiglio della Corona votò allora all'unanimità per la firma. Lo stesso giorno il Consiglio di Governo votò 16 a favore e 3 contrari.
Tre giorni dopo rumori di colpo di Stato raggiunsero la Corte. Il gen. Simovich avvisò Pavle che non era in grado di impedire ai suoi ufficiali di bombardare la Corte, in caso di firma .
Il 25 marzo Cvetkovich e Cinciar-Markovich, in rappresentanza della Jugoslavia, firmarono ugualmente il Patto Tripartito a Vienna. Macek si rifiutò di presenziare.
Alla notizia della firma esplosero proteste in tutta la Jugoslavia.
Nella prime ore del giorno 27, un gruppo di ufficiali serbi, guidato dal gen Simovich, fece il colpo di Stato e mise al trono il diciassettenne Pietro II° Karagiorgevich.
Il gen. Simovich incaricò come Ministro degli Esteri Momcilo Nincich, presidente del Nemachko-Jugoslovensko Društvo (Ass. Jugoslavo-Germanica), uno strenuo nemico dei Croati e del Partito (serbo) dei Democratici Indipendenti che era stato favorevole alla cooperazione coi Croati.
La prima preoccupazione di Nincich , lo stesso giorno, fu di rassicurare Berlino che il Patto firmato verrebbe rispettato. Il doppio gioco voleva sia tranquillizzare i Tedeschi che entusiasmare Churchill.
Al putsch parteciparono, con motivazioni opposte, anche i filonazisti di Zbor che già nel '40 si erano mossi, frenati però da Hitler che preferiva l'acquiescenza di Pavle. Le fazioni militari, anche se avevano simpatie e partner esteri diversificati, erano invece unite nell'idea dell'instaurazione di una dittatura militare serba.
Il Colpo di Stato del 27 marzo è presentato nella storiografia serba come moto spontaneo di popolo. In realtà esso venne preparato sia dagli Inglesi che dagli ufficiali serbi contrari alla politica di Pavle riguardo i Croati. Le motivazioni erano però molto diverse. Sin dall'estate del 1940, dopo aver tentato di influenzare il gruppo dirigente jugoslavo, gli Inglesi avevano contattato alcuni circoli militari e politici attraverso relazioni d'affari. Una fornitura di aerei aveva permesso all'uomo d'affari T.G. Mapplebeck, addetto all'Ambasciata Britannica di Belgrado, di entrare in contatto con tre generali golpisti. Il SOE, Special Operating Executive, il servizio segreto inglese, riuscì a ottenere la collaborazione di alcuni membri del Partito Agrario Serbo, del Partito Democratico Indipendente serbo, e membri di movimenti nazionalisti come i Cetnici, le associazioni dei Veterani, l'Ordine delle Aquile Bianche con Swords, e la Narodna Obrana (Difesa Nazionale); in particolare con il capo dei Cetnici, Ilija Trifunovich-Bircianin (poi divenuto criminale di guerra collaborazionista). Già da mesi il SOE aveva inviato un vagone ferroviario carico di armi e apparati radio al Partito Agrario Serbo.
Tra i golpisti del 27 marzo spiccano nomi già coinvolti nel fallito putsch del '38 contro Pavle.
Esistevano due piani del colpo di Stato:
- il primo prevedeva il rovesciamento dell'attuale governo di Sloveni e Croati e la formazione di un governo serbo, sempre conservando il reggente Pavle al potere e rispettando la firma del Patto con la Germania.
- L'altro prevedeva l'espulsione di Pavle e la mobilitazione generale.
Venne addottato il secondo .
Il giorno prima il reggente Pavle si trovava a Zagabria, e Macek gli propose di marciare su Belgrado con truppe croate; ma Pavle si oppose per evitare una guerra civile che avrebbe distrutto la Jugoslavia.
Accogliendo la richiesta del generale Simovich, Pavle andò a Belgrado. Simovich annunciò la formazione del suo governo nel quale c'era lo stesso Macek in qualità di vice premier, senza averlo nemmeno interpellato.
Il 1°aprile, al convegno dei dirigenti del Partito Contadino Croato, Macek insistette sulla necessità di difendere la Serbia in caso di guerra.
L'altro vice primo ministro era Slobodan Jovanovich del Partito Agrario Serbo ( fondato dagli inglesi).
Gli avvenimenti successivi delusero però le aspettative inglesi. Il nuovo governo non solo non rigettò gli accordi con Hitler, ma iniziò a reclutare elementi filonazisti. Uno dei suoi primi atti fu la liberazione dei nazisti di Zbor che si trovavano in prigione e il blocco dei procedimenti giudiziari nei loro confronti. Il nuovo ministro dell'Esercito e della Marina, gen. Bogoljub Ilich, già in contatto cogli Inglesi, ma fermamente ostile ai Croati, invitò Ljotich a partecipare al governo golpista.
Anche il vescovo ortodosso Nikolaj Velimirovich invitò Ljotich ad entrare nel governo. Ma gli si oppose Branko Ciubrilovich, framassone amico di Simovich, offeso per la campagna antimassonica di Zbor. Però un buon numero di membri di Zbor entrarono nel governo. Ad esempio il col. Miloš Masalovich, costretto l'anno precedente alle dimissioni da Pavle per le sue simpatie naziste, membro di Zbor, che si presentò in servizio, venne reintegrato, e divenne comandante del reggimento di fanteria della Guardia Reale.
In definitiva il putsch, in barba agli Inglesi, non fu altro che diretto contro Pavle e contro i croati !

Le responsabilità italiane nella creazione del regime ustascia in Croazia nel 1941.

Dopo la firma di adesione della Jugoslavia monarchica al Patto Tripartito, Hitler garantì la Jugoslavia contro le mire annessionistiche dell'Italia.
Nel marzo 1941 Mussolini aveva licenziato Ante Pavelich ed i suoi ustasci considerati ormai inutili.
Ma il colpo di Stato a Belgrado cambiò tutto.
Il 6 aprile 1941 Hitler ed i suoi alleati Italia, Bulgaria, Ungheria e Romania , con un totale di 57 divisioni, occupò il regno di Jugoslavia praticamente senza incontrare resistenza.
La decisione di Hitler di smembrare la Jugoslavia rivalutò Pavelich che improvvisamente vide l'occasione di fondare il suo Stato croato, anche se fantoccio. Egli s'incontrò segretamente con Mussolini offrendogli la costa dalmata in cambio del sostegno italiano. I nazisti inizialmente però erano dell'idea di mettere al governo Macek , leader storico del Partito Contadino Croato, e solamente dopo il suo rifiuto Hitler accettò la proposta di Mussolini di incaricare Pavelich.
Così il 15 aprile 1941, da un campo di addestramento italiano partirono due centinaia di ustasci in uniforme nei blindati italiani che arrivarono in Zagabria col favore delle tenebre.
Il giorno dopo arrivò Pavelich che formò un governo di ministri ustasci. Il potere reale però era nel Glavni Ustaški Stan, il GUS, il comitato centrale del partito ustascia, formato già nel marzo in Italia.
Il GUS fu nei primi due mesi la guida politica e ideologica dello Stato ustascia. Per prima cosa il GUS dichiarò guerra ai comunisti ed agli indesiderabili (Ebrei, Zingari e Serbi).
Il GUS il 22 aprile emise un decreto che eliminava dal pubblico impiego, dagli affari, dai media e dalle professioni i Serbi, gli Ebrei e gli Zingari.
La Polizia passò agli ordini dei nuovi padroni e rispose compatta. Esisteva già da prima della guerra una simpatia con gli ustasci da parte dei poliziotti croati che facevano a gara nella caccia al comunista.
I primi massacri gli ustascia li commisero già il 27 e 28 aprile, con l'arresto e l'esecuzione di 176 Serbi presso Bjelovar.

Mussolini credette di poter estendere la sovranità dell'Italia sul regime fantoccio della Croazia, considerando lo Stato ustascia un protettorato italiano. Lo stesso Pavelich aveva chiesto infatti al re italiano Vittorio Emmanuele III° di regnare sulla Croazia, prima di installare il suo governo.
Re Vittorio infatti nominò un nipote, Aimone di Savoja, re Tomislav II di Croazia (Tomislav I vi regnò nel 925!), che preferì intelligentemente continuare la sua vita scapestrata a Roma e mai mise piede in Croazia.

Il 5 maggio Pavelich ordinò la conversione di tutti gli ortodossi al cattolicesimo, dando l'estro agli ustasci per iniziare le deportazioni, la confisca delle proprietà e le esecuzioni. L'Ordine dei Francescani si dedicò con zelo a ribattezzare gli ortodossi, e giunse a fornire frati carcerieri a Jasenovac, il primo e più grande campo di concentramento ustascia.

Il 18 maggio 1941, con un Accordo firmato a Roma, Pavelich cedette quasi tutta la costa dalmata all'Italia, alienandosi le simpatie dei nazionalisti croati che lo considerarono un tradimento.
Gli Italiani, dopo la firma dell'Accordo, chiusero i campi ustasci e deportarono gli Ebrei ad Arbe, assieme agli Sloveni e Croati rastrellati dall'esercito italiano nelle zone di guerriglia. Gli Ebrei di Arbe in maggioranza sopravvissero sino al crollo dell'Italia, quando si unirono ai partigiani di Tito dando vita alle "zhidovske brigade".

Ma i Tedeschi imposero la suddivisione della Croazia indipendente in due zone d'occupazione, per cui la Croazia non fu mai un vero Stato, né unitario né tantomeno indipendente, tranne nella politica di sfruttamento e repressiva.
In tutta la Jugoslavia occupata i Tedeschi controllavano banche, commercio, industria, miniere, trasporti ed ottennero diritti di sfruttamento particolari per le risorse minerarie ed agricole, anche se le zone erano occupate da Italiani, Ungheresi, o Bulgari.

Nel giugno '41 Hitler incontrò Pavelich a Berchtesgaden incoraggiandolo ad accettare il trasferimento degli Sloveni dalla Slovenia (che era stata occupata metà dai Tedeschi e metà dagli Italiani) in Croazia, per soppiantare i Serbi da deportare in Serbia. Ammonì poi il Pavelich "a condurre una politica nazionalmente intollerante per almeno 50 anni."
Nei successivi 6 mesi gli Ustasci infatti deportarono 120.000 Serbi verso la Serbia, oltre alle decine di migliaia costretti alla fuga. Circa 250.000 serbo- ortodossi vennero convertiti col terrore al cattolicesimo romano: in questo il clero croato, in particolare l'Ordine di S.Francesco, ebbe una terribile responsabilità. Innumerevoli massacri di Serbi completarono il terribile quadro di pulizia etnico-religiosa.
Il risultato di questa politica fu l'incremento considerevole dei partigiani di Tito, costringendo il governo ustascia ad accordi coi cetnici per fronteggiare il nemico comune. Ma, malgrado gli accordi, cetnici ed ustasci continuarono a massacrarsi le rispettive popolazioni.
Il governo ustascia promosse allora l'autocefalia della chiesa serbo- ortodossa di Croazia, ma essa venne scomunicata dalla chiesa di Serbia.

Nel 1941 i musulmani della Bosnia, da sempre perseguitati dai serbo ortodossi, si unirono in massa agli ustascia ed il presidente del gruppo musulmano al Parlamento di Belgrado -Dzafer Kulenovic, discendente del primo principe della Bosnia bogomila, il ban Kulen-entrò nel governo di Pavelich, a Zagabria, in qualità di Vice Presidente.
Per sigillare la definitiva riunificazione croata musulmano-cattolica, Pavelich fece costruire nel centro di Zagabria una monumentale Grande Moschea. ( Dopo il 1945 il Governo comunista di Belgrado ne ordinò la distruzione. Dato che non esisteva e non era possibile costruirne una simile a Belgrado, la moschea non doveva esistere nemmeno a Zagabria.)

Riguardo gli Ebrei, il governo ustascia addottò le leggi germaniche di Norimberga, con due eccezioni: poterono salvarsi i figli di matrimoni misti, e gli ebrei ustasci cui si riconosceva...l'arianesimo onorario!
Già il 26 giugno il governo ustascia ordinò arresti di massa degli Ebrei che vennero deportati nell' isola di Pag o nel campo di Jadovno nelle montagne del Velebit. Le sinagoghe vennero distrutte.
Nell'agosto '41 si inaugurò il campo di detenzione e sterminio di Jasenovac che continuò sino all'aprile del 1945. Vi trovarono la morte innumerevoli Ebrei, Serbi, Zingari, e oppositori croati e bosniaci al regime ustascia.
Secondo la storiografia serba a Jasenovac vi sarebbero almeno 700.000 di sole vittime serbe, mentre secondo uno studio più serio dello Zherjavich (1992) le perdite, tutte di civili, nella intera Croazia di Pavelich,
nei villaggi 93.000 Serbi,19.000 Croati,12.000 Mussulmani
nelle città 124.000 Serbi,43.000 Croati,25.000 Mussulmani
Totale 217.000 Serbi (compresi 20.000 sospetti comunisti, trasferiti ed assassinati nel lager di Sajmište in Serbia), 62.000 Croati, 37.000 Mussulmani.

La cifra di 700.000 Serbi uccisi a Jasenovac cozza contro le cifre fornite nel censimento governativo per le riparazioni di guerra, tenuto nel 1964, che sarebbero tra il '41 ed il '45 per tutta la Jugoslavia di 596.000 vittime dirette del fascismo, mentre il totale dei morti provocati dalla guerra, civili e militari di entrambi i fronti, sarebbe di 1.027.000.
Su 40.000 ebrei viventi nel '41 sul territorio dello Stato ustascia, ne furono uccisi circa 30.000, dei quali a Jasenovac circa 20.000, 7000 trovarono la morte ad Auschwitz, alcune centinaia nei campi di Slano e Metajna sull'isola di Pag.
Nella zona italiana il potere ustascia era limitato e condizionato, e ciò permise a migliaia di Ebrei di sfuggire alla morte certa rifugiandosi nella zona italiana, dove venivano internati ma non uccisi. A Pag la popolazione chiese l'intervento degli Italiani per far cessare gli orrori dei campi gestiti dagli ustasci. (da Serbia's secret war)
Ante Ciliga scriveva nel suo "Crisi di stato della Jugoslavia di Tito" a proposito di Jasenovac, in cui venne rinchiuso per alcuni mesi e del quale fu un raro testimone delle atrocità :
"Fin dal 1848-49-quando non esistevano ne Pavelich, ne Hitler, ne Mussolini- Marx ed Engels scrivevano nel loro "Neue Rheinische Zeitung": ...i fiumi Una e Sava si riempiranno di sangue , nel caso che gli jugoslavi di questa regione si liberassero del dominio tedesco-ungherese e turco, dato che presso questa gente la religione precede la nazionalità.
Profezia che ebbe la sua triste realizzazione nell'estate 1941. A simbolica coincidenza, il campo di sterminio ustascia di Jasenovac si trovava proprio nel punto ove l'Una confluisce con la Sava.
Nella complessa realtà si trattava non soltanto di reciproche intolleranze di fede, ma anche di contrasti provenienti dalla diversa origine storica dei singoli gruppi religiosi.
Mussulmani e cattolici rappresentano le popolazioni slave stabilitesi nella Bosnia dai tempi delle grandi invasioni barbariche, mentre gli ortodossi rappresentano gli slavi del centro dei Balcani, venuti o portati dai Turchi dopo la loro conquista di questa e delle confinanti regioni, dalmate e croate."

Il regime di Pavelich comprometteva lo sfruttamento delle risorse della Jugoslavia con le violenze considerate eccessive persino dai nazisti!

Nell'ottobre del '41 gli effetti devastanti della politica di genocidio del governo di Ante Pavelich furono tali che le autorità tedesche, preoccupate per il calo di consenso del movimento ustascia, inferiore persino a quello dell'anteguerra, pensarono di sbarazzarsene, ed offrirono nuovamente il potere a Macek, che già aveva manifestato riprovazione verso gli ustasci, ma egli lo rifiutò. Sei giorni dopo gli ustasci lo arrestarono e lo rinchiusero a Jasenovac, dove rimase per sei mesi. (Continuò agli arresti domiciliari sino al crollo del regime ustascia nel '45.)
""""
Tratto da Serbia's secret wars di Filip Cohen
da Le nettoyage ethnique di Djidara, Simac,Grmek
da Crisi di Stato nelle Yugoslavia di Tito di Ante Ciliga.

Felix (POL)
07-04-03, 18:17
a noi devono interessare soprattutto le migliaia di italiani uccisi per odio etnico nel '45, e i 300.000 che furono costretti ad abbandonare le loro terre sempre per l'odio etnico slavo.

La jugoslavia nasce all'insegna dell'intolleranza etnica, e si spegne nella medesima maniera. Nessuna lacrima per quel paese sciagurato.

yurj
08-04-03, 09:49
:lol :lol :lol

Ma non era un forum di storia? A me pari un pò invasato tu, o sbaglio? Curati, o vai a sparare agli iracheni in guerra, se vuoi sfogarti... (nel primo caso paghi, nel secondo ti pagano)

Legionario Orientale
08-04-03, 18:14
Originally posted by DALMATINO
BRAVO YURJ ! TUTTO ONORE A TE!

Non devi polemizzare con questi *** che non sanno niente di storia siccome i loro cervelli vengono lavati.

Yurj è riconosciuto da tutti come uno dei peggiori esperti di storia di POL.
Questa volta stai leccando il fondoschiena alla persona sbagliata,piccolo infoibatore da tastiera.

Felix (POL)
09-04-03, 00:22
*Avviso: si rammenta che non sono ammessi insulti diretti ai frequentatori del forum. Pluralismo sí, maleducazione, no!*

il moderatore

yurj
09-04-03, 09:18
Originally posted by Legionario Orientale
Yurj è riconosciuto da tutti come uno dei peggiori esperti di storia di POL.
Questa volta stai leccando il fondoschiena alla persona sbagliata,piccolo infoibatore da tastiera.

Ha parlato quello di cronologia.it :lol :lol :lol :lol

Guarda che la storia moderna è ancora tutta da scrivere, se tu credi di essere esperto, sbagli.

Legionario Orientale
09-04-03, 10:28
Originally posted by yurj
Ha parlato quello di cronologia.it :lol :lol :lol :lol

Guarda che la storia moderna è ancora tutta da scrivere, se tu credi di essere esperto, sbagli.

Sei un bimbo troppo prevedibile....era proprio la battuta che m'aspettavo.
Perchè non chiami zio Montalbano a difenderti? Eppure l'altra volta non hai contestato le cose che avevo postato da quel sito sinistroide...continuavi solo a dire cazzate sui partigiani.
Non sono il solo a contestare le tue conoscenze storiche e lo sai bene. Evidentemente non ho tutti i torti.
Smettila di blaterare "espertone di storia viziata". :lol :lol :K

Legionario Orientale
09-04-03, 17:58
Originally posted by DALMATINO
caro yurj , hai proprio ragione e conosci molto bene la storia.Non e' colpa di legionario orientale se non conosce la storia , siccome l'ha ascoltata dei suoi nonni probabilmente fascisti.Lui anzi ha denominato i nomi delle citta' croate su quella sua web pagina molto vergognosa , lui continua l'idea del criminale mussolini , allora ... :D

Non ti permettere! Non ti permettere mai di nominare i miei parenti! Capito lazzarone! Non ti permettere! I miei nonni erano tutto tranne che fascisti! Vergognoso sarai tu! Molti di quelli sono nomi storici dati a quelle città dai veneziani che in molti casi le hanno create! Smettila di mentire. Comincio a credere che lo fai apposta per provocarmi. Non ho mai sentito croati dire certe nefandezze. Non sai nemmeno chi sia yurj,solo che tu sei un leccapiedi che s'attacca a tutti quelli che possono potenzialmente stare dalla tua parte.
Tu credi in quelli che strappavano testicoli ed occhi agli italiani: barbaro! Bugiardo! Tu che hai definito fascisti tutti gli italiani di Dalmazia e Istria! Falso! La tua storia ha le gambe corte. Sei il degno erede di quel maiale assassino di Tito. Vergognati!

Legionario Orientale
09-04-03, 18:23
Originally posted by DALMATINO
Prima di tutto , mentre parli di Tito , devi parlare di lui come tutto il mondo - con grande stima!

Tu sei quello che provoca.Non me ne frega Venezia e i suoi nomi , siccome Venezia aveva occupato le citta' croate , e i croati non avevano mai ammesso Venezia.

Quelli primi che strappavano gli ochhi ai croati erano i fascisti italiani , i fascisti italiani erano i primi infoibatori , e gli slavi difendevano la loro terra occupata.Non ho mai detto che tutti gli italiani di Istra e Dalmacija erano dei fascisti , allora vergognati!

E Basta a offendere l'eroe di Tito , ai suoi funerali a Belgrado nel 1980 c'erano anzi 120 delegazioni con molti presidenti del mondo, fai attenzione di che parli.

Tutto il mondo chi? Ma stai zitto! Il mondo cosa??? Nessuno parla più di tito da una vita! Non dire cazzate per piacere! Il tuo tito non se lo ricorda + nessuno,a parte te e pochi altri nazionalisti infoibatori!
Te l'ho già dimostrato un sacco di volte che le tue idiozie su Venezia sono solo spazzatura da indottrinamento partigiano. Smettila: ti rendi ridicolo da solo!
Menti ancora infoibatore! Continua continua,tu pure hai sempre dato ragione a quel demente di Smotano. Voi e le vostre pazzesche tesi su Zara abitata da gente (fascista) portata li dai fascisti! Stai zitto ti ripeto che continui a fare una figura meschina!
Te l'ho detto e ripetuto che al funerale di quel maiale di tito c'erano molti di quelli (italiani compresi) che gli avevano leccato i piedi,prima per la lotta partigiana,poi per la presa di posizione con l'URSS. Non sai di che parli,infoibatore e assassino di italiani.
Stattene sui forum croati per gli infoibatori,almeno li trovi altri tuoi simili che ti danno ragione.

Legionario Orientale
09-04-03, 18:30
Originally posted by DALMATINO
non solo che sei ignorante e testardo , anche sei molto frustrato e ho pieta' di te... :(

Io di te,infoibatore ignorante,non avrei pietà: in manicomio!
Frustrato sarai tu,barbaro!:lol :lol :lol

yurj
10-04-03, 09:11
che bel dialogo :rolleyes:

Legionario Orientale
10-04-03, 13:46
Originally posted by yurj
che bel dialogo :rolleyes:

Già,ogni tanto ti prendo ad esempio....

Legionario Orientale
11-04-03, 18:59
Originally posted by DALMATINO
con lui non si puo' parlare normalmente.Ma caro yurj , allora il 6 aprile 1941 i fascisti di mussolini avevano anche attaccati la mia citta' di Split.

Smettila lecchino,pensa alle tue colpe lazzarone che non sei altro!


Sentenza emessa dal Tribunale di Roma sezione per il riesame dei provvedimenti restrittivi la libertà personale.

In data 8.5.96 il P.M. (Pititto) presso il Tribunale di Roma chiedeva nei confronti dei cittadini croati Motika Ivan e Piskulic Oskar, indagati per l'uccisione di migliaia di cittadini italiani in Istria e Dalmazia, tra il 1943 ed il 1947, la misura cautelare della custodia in carcere.
Evidenziava il P.M. che le risultanze acquisite , pur valutate all'ombra del lunghissimo tempo intercorso, chiaramente indicavano come migliaia di persone fossero state uccise non in nome di un ideale o per ragioni di guerra contro il nemico, ma solo perché erano cittadini italiani.
L'odio contro gli italiani aveva causato la morte di donne e bambini; le vittime predestinate, strappate ai loro affetti, erano state legate l'una all'altra con il fil di ferro, condotte sull'orlo della foiba e abbattute, non sempre tutte, perché era sufficiente colpire alcuni e il loro peso avrebbe tirato giù nel fondo, vivi, gli altri.
Era quanto scaturiva, ad esempio, dalle dichiarazioni di padre Flaminio Rocchi, che parlava di “pulizia etnica” contro gli italiani, infoibati, dopo l' 8 settembre del '43, dalle truppe jugoslave che avevano occupato l'Istria, Trieste, Gorizia e Monfalcone, in numero di circa 10000, uccisi dai partigiani di Tito; da quelle di Smaila Nives, che raccontava dell'arresto della nonna ad opera dei partigiani, pur essendo stata da pochi giorni operata di tumore, “colpevole” di aver cucito la prima bandiera italiana a Gimino; da quelle di Fiorentini Graziella, il cui padre, pur essendo un medico che curava i partigiani, chiesto a Motika Ivan del perché dovesse seguirli, si era sentito rispondere: “Ti se' italian”; da quelle di Marzini Leo, che aveva visto uccidere il padre e lo zio, i quali non avevano rapporti di alcun genere né con la milizia, né con il partito fascista, solo perché italiani. Sorte analoga era toccata al fratello e al cugino di Stefanutti Ermenegildo, uccisi, così come centinaia dio cittadini di Montona e dintorni, dai partigiani di Tito.
Queste risultanze, proseguiva il P.M, portavano alla configurazione del delitto di genocidio, per la cui repressione era stata emanata dal legislatore italiano la legge 9 ottobre 1967, n.962, che, se pur successiva ai fatti in esame, non soffriva del principio della irretroattività della sua applicazione - problema che si proponeva per Motika Ivan - in quanto l'irretroattività trova la sua ratio nell'esigenza di consentire la punibilità di comportamenti che solo da quel momento vengono avvertiti come antigiuridici, ma non allorchè si tratti di fatti che scardinano quei principi fondamentali, pregiuridici, che vengono considerati dalla coscienza umana come essenziali al vivere civile e che si risolvono nella tutela e nel rispetto della vita dell'uomo in quanto parte di un gruppo, nazionale, etnico, razziale o religioso che sia.
Quando un intero gruppo di persone viene distrutto solo per l'appartenenza ad una certa nazione, si è in presenza di un delitto contro l'umanità ed allora in questo caso la legge dell'uomo registra, non crea il delitto, ogni diversa conclusione essendo fondata solo su una concezione meramente formale del fatto-reato.
Del resto - osserva al riguardo il P.M. - l'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva in Italia con la legge del 4 agosto 1955, n.848, mitiga la portata dell'affermato principio, al comma 1, della irretroattività della norma incriminatrice, nazionale o internazionale che sia, prevedendo espressamente al comma 2 che ciò non potrà valere allorchè si sia in presenza di una persona colpevole di un'azione o di una omissione che, nel momento in cui è stata commessa, era criminale secondo i princìpi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.
Dunque, Motika Ivan è chiamato a rispondere del delitto di genocidio o, comunque, di fatti qualificabili come omicidio pluirimo pluriaggravato, avvenuti in Gimino e Pisino dopo l' 8 settembre 1943.
I gravi indizi di colpevolezza risiedono nelle numerose dichiarazioni delle persone - Ròvis Virginia, Feresini Nerina, Rocco Edda, Stefani Alice, Nessi Rosina, Marzini Leo, Cernecca Daria, Cernecca Nidia, Opatich Rosa e Papo Luigi - che hanno indicato Motika come “ il capo dei ribelli, colui che ordinava esecuzioni”; “era voce unanime che il capo ed il giudice fosse Ivan Motika: era lui che faceva il bianco ed il nero, lui che decideva chi doveva vivere o morire”; sovrintendeva alla vita e alla morte tanto in Pisino quanto in Gimino”; “ a Pisino vi era un castello, il castello di Montecuccoli, dove venivano imprigionati gli italiani e tutti dicevano che il capo era Motika”; “nel castello si svolgevano i cosiddetti processi del tribunale del popolo presieduto dallo stesso Motika, che sentenziava a decine o centinaia le condanne a morte degli italiani......”; “erano nudi, le mani legate con filo spinato ed erano stati tagliati loro i genitali e levati gli occhi....... in tutto si recuperarono 23 salme”; “dopo che mio padre (Stefani) venne infoibato, il Motika ebbe l'ardire di venire più volte a casa nostra per prendere tutto ciò che restava....”; “Motika in persona venne a casa nostra ad annunciare con fierezza la morte di mio padre......mio padre fu lapidato, decapitato...aveva due denti d'oro......gli slavi si divertirono a prendere a calci la testa di mio padre..”
A carico di Piskulic Oskar detto “Zuti”, capo dell' O.Z.N.A. (la polizia politica Jugoslava), indagato in ordine al delitto di omicidio continuato pluriaggravato, commesso in Fiume nel maggio del 1945, in concorso con la sua compagna Avianka Marghetic, ai danni di Skull Nevio, Sincich Giuseppe e Blasich Mario, il primo ucciso con un colpo alla nuca, il secondo a colpi di mitra ed il terzo mediante strangolamento, il P.M. ravvisa i gravi indizi di colpevolezza nelle dichiarazioni di Schwazemberg Claudio ( “ ... Piskulic fu il responsabile dell'insanguinamento di Fiume nell'anno 1945.... era notorio che Piskulic Oskar fosse colui che spadroneggiava in città ed era colui che disponeva di vita o di morte”); Sincich Antonia (“... il mattino del 3 maggio '45, verso le otto, vennero a casa mia Piskulic Oskar, detto Zuti, e la sua compagna Avianka Marghetich... io avevo ventidue anni ed ero presente... dopo l'interrogatorio, Zuti e la sua compagna dissero a mio padre di andare con loro e lo portarono prima fuori della nostra casa e poi lo fecero camminare verso la città.... dopo circa un quarto d'ora noi sentimmo dei colpi di mitra ..... mio padre era stato ucciso in un cantiere lì vicino a colpi di mitra, come potè constatare mio fratello Giuseppe, allora giovane medico presso l'ospedale di Fiume, allorchè due giorni dopo gli fu concesso di recuperare la salma”); Sinich Giuseppe (“ ... assieme a mio padre vennero ammazzati altri antifascisti, il Dr. Mario Blasich, che è stato strangolato, come io potei constatare nella camera mortuaria del cimitero; il dr. Nevio Skull che aveva salvato tanti partigiani nelle fonderie di cui era il proprietario”). Nelle necessità di assicurare, ai fini processuali, la disponibilità degli indagati allo stato, disponibilità che, trovandosi i due prevenuti all'estero, poteva essere assicurata solo con la misura cautelare intramuraria, attesa anche l'eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari, dovuta alla eccezionale gravità dei fatti - reato evidenziati, il P.M. riteneva applicabile la misura cautelare della custodia in carcere per Motika e Piskulic.
Con ordinanza 14.5.96 il G.I.P. respingeva la richiesta rilevando, in primis, la carenza di giurisdizione del giudice italiano, non rientrando i reati contestati nell'ambito di operatività dell'art. 6 c.p. ( n.d.r. : reati commessi su territorio nazionale ). Al riguardo, infatti, le sezioni unite della Cassazione , con sentenza 2 luglio 1949, Schwend, avevano statuito che i reati commessi su parte del territorio nazionale, successivamente ceduta al altro stato, devono considerarsi come commessi in territorio straniero, e ciò in forza del principio di di diritto internazionale secondo cui la cessione del territorio opera un immediato trasferimento di sovranità, cui accede la giurisdizione. Né poteva essere condivisa la successiva e contraria pronuncia delle stesse sezioni unite, 24 novembre 1956, Salomone, sia per la particolarità del caso trattato - ipotesi di bigamia scaturita da un matrimonio celebrato in Pinzano d'Istria il 20 giugno 1950 - e per lo sviluppo dell'iter argomentativo, da cui risultava una portata contingente della massima e tale da non consentire l'automatica trasposizione ai fatti in questione.
Nel merito - proseguiva il G.I.P. - non poteva essere oggetto di contestazione il delitto di genocidio, in quanto introdotto nell'ordinamento italiano in epoca successiva a quella in cui i fatti risultavano, per l'accusa, essere stati commessi. Né poteva il principio dell'irretroattività della legge penale, sancito dal comma 2 dell'art. 25 della Costituzione, essere derogato dall'art. 7 comma 2 della Convenzione per la salvaguardi dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in quanto tale norma mira a stabilire l'irrilevanza di ogni scriminante riconducibile alla pura “ragion di Stato” e quindi a consentire il perseguimento di crimini contro l'umanità che altrimenti resterebbero privi di sanzione anche dopo la scomparsa dei regimi che quei delitti hanno normativamente giustificato, in una prospettiva quindi del tutto diversa da quella delineata dal P.M. e consentendo detta norma agli Stati aderenti di individuare l' an e il quomodo dell'esercizio del potere punitivo anche in deroga al principio della irretroattività, l'unico precettivo.
In ogni caso - concludeva il G.I.P. - risalendo i fatti ad oltre 50 anni prima ed avendo gli indagati superato il 70° anno di età, la richiesta di applicazione della misura custodiale intramuraria andava respinta non sussistendo esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, tale non potendo considerarsi - come invece sostenuto dal P.M. - né la gravità del reato, elemento amorfo agli effetti cautelari, né la necessità di assicurare la disponibilità degli indagati allo Stato, non essendo questa esigenza di carattere processuale, ma un'impropria anticipazione della sentenza di condanna definitiva. Avverso tale ordinanza ha proposto appello il P.M. censurando in primis, il ritenuto difetto di giurisdizione. - OMISSIS ...........
Osserva il Tribunale come l'esame degli elementi addotti da P.M. a sostegno della richiesta misura cautelare non possa che condurre ad un giudizio di gravità del quadro indiziario a carico di Motika Ivan in ordine all'uccisione indiscriminata e programmatica, nel territorio istriano compreso tra Gimino e Pisino, dopo l' 8 settembre del '43 e fino al 1947, di un gran numero di cittadini italiani che altra “colpa” non sembrano aver avuto se non quella, appunto, di appartenere all'etnia italiana e di non aver inteso a rinnegare tale appartenenza. Così, come ha dichiarato padre Flaminio Rocchi al P.M. il 6.11.95, dopo l'8 settembre 1943 le truppe jugoslave che avevano occupato l'Istria - oltre alle città di Trieste, Gorizia e Monfalcone - avevano dato inizio ad una “ pulizia etnica “ degli italiani, al non celato scopo di sradicarne la presenza in una regione che sarebbe dovuta passare sotto la bandiera di Tito, ed era iniziato un esodo di centinaia di migliaia di italiani, costretti dalle armi degli occupanti a lasciare le loro terre e a cercare rifugio oltre la linea di Trieste.
Non soltanto di un doloroso esodo si era trattato, perché le truppe di Tito avevano “accompagnato” l' abbandono dell'Istria da parte degli italiani dando inizio ad una persecuzione al termine della quale migliaia di povere donne, uomini e bambini italiani sarebbero scomparsi nelle Foibe.
Ed ora, dalle nebbie della storia prendono forma quei personaggi come Motika Ivan e Piskulic Oskar, che - ciò vale soprattutto per il primo - arrogandosi potere di vita e di morte, hanno infierito sulla popolazione italiana dell'Istria uccidendo o facendo uccidere non avversari politici o persone comunque compromesse con il regime fascista, ma uomini, donne e bambini per il solo fatto di essere italiani, e come tali da eliminare per cancellarne l'identità in una terra da cui sarebbe dovuta scomparire ogni memoria di italianità.
Agghiaccianti nella loro eloquente linearità, sono a riguardo le dichiarazioni testimoniali in precedenza richiamate, tra le quali colpisce quella di Fiorentini Graziella che ricorda la risposta che fù dal Motika data al padre - che stava curando un partigiano ferito in seguito all'esplosione di una bomba a mano - alla domanda del perché dovesse andare via con lui : “ TI SE' ITALIAN” fu la risposta secca e beffarda di Motika che suonò come sentenza inappellabile di condanna a morte.
Papo Luigi, nelle sue dichiarazioni rese al P.M. il 25.1.96 , ricorda che “ gli Italiani, per il solo fatto di essere italiani venivano prelevati a centinaia e portati quasi tutti nel castello di Pisino, da dove, spesso di notte, venivano portati in prossimità delle foibe o cave di bauxite ed ivi fucilati finendo nelle foibe: in tal modo ne vennero ammazzati circa quattrocento, ed a capo dell'organizzazione cui si deve l'infoibamento di questi quattrocento italiani era Ivan Motika”.
Quello stesso Ivan Motika di cui Stefani Alice ha detto :” Motika Ivan era il capo. Non è che si dicesse da parte della gente che lo fosse. Lui era il capo super omnes in tutta la zona. Quando dico che il Motika era il capo in tutta la zona , intendo dire che era il capo in tutta l'Istria.”
Dunque, gravi sono gli indizi a carico di Motika Ivan per le uccisione indiscriminata ed ingiustificata di un gran numero di italiani d'Istria, tra il 1943 ed il 1947.
Parimenti gravi sono gli indizi in ordine alla responsabilità di Piskulic Oskar per la morte di Skull Nevio, Sincich Giuseppe e Blasich Mario avvenute in Fiume nel maggio del 1945. Sincich Antonia, all'epoca ventiduenne, ha - come già sopra esposto - dichiarato al P.M. il 5.3.96 che alle ore 8 del mattino del 3 maggio 1945 si erano presentati in casa sua Piskulic Oskar detto ”Zuti”, e la sua compagna Avianka Marghetic, accompagnati da tre militari armati di mitra i quali avevano perquisito l'abitazione mentre i due interrogavano il padre, Sincich Giuseppe, contestandogli di essere contrario all'annessione di Fiume alla Jugoslavia.
Il padre era stato poi fatto uscire di casa e condotto verso la città, finchè, dopo circa un quarto d'ora, avevano udito dei colpi di mitra ed il fratello Giuseppe, due giorni dopo, aveva recuperato il corpo del padre che giaceva, crivellato di colpi, nei pressi di un cantiere poco distante.
La stessa sorte era toccata anche, quello stesso 3 maggio, ad altri due autonomisti, Blasich Mario e Skull Nevio, come ha dichiarato ancora la Sincich, mentre il di lei fratello Giuseppe, oltre a ricordare l'omicidio del padre, sostanzialmente confessatogli dagli stessi responsabili, Piskulic e Marghevic, ha aggiunto che, quale medico presso l' Ospedale Santo Spirito di Fiume, aveva potuto constatare presso la camera mortuaria del locale cimitero, la morte per strangolamento di Blasich, nonché quella di Skull, uccisi insieme al padre Sincich Giuseppe.
Prima di passare alla qualificazione giuridica dei fatti di reato ascrivibili al Motika, occorre stabilire se per tali fatti vi sia la giurisdizione del giudice italiano, a norma dell'art. 6 c.p., considerato che essi si sono verificati in località assoggettate da lungo tempo alla sovranità di altro stato, cioè della Jugoslavia prima ed ora della Croazia.
Al riguardo, l'art. 6 del c.p. considera il reato come commesso nel territorio dello stato, da cui deriva la punibilità del reo secondo la legge italiana, allorché “ l'azione o l'omissione, che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero ivi si è verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od omissione”.
Unico requisito per la assoggettabilità alla giurisdizione italiana è pertanto quello dell'essersi realizzato in territorio italiano uno degli elementi costitutivi del fatto- reato : azione (od omissione) od evento. OMISSIS.......
Dall' applicabilità della legge penale italiana ai fatti-reato commessi da Motika e Piskulic consegue pertanto la giurisdizione del giudice italiano.
Prima di valutare la sussistenza delle esigenze cautelari leggittimanti l'applicazione della misura detentiva intramuraria per i due indagati, occorre qualificare giuridicamente i fatti ascritti a Motika Ivan.
Il P.M. ha ritenuto configurabile per essi il diritto di genocidio, pur se introdotto nel nostro ordinamento con la legge n. 962 del 9.10.1967, cioè in epoca successiva ai fatti addebitati al Motika, rilevando come non si ponga il problema della irretroattività della legge penale - principio stabilito dall'art. 25 comma 2 della Costituzione - in quanto con la legge del 1967 non è stata creata una nuova norma repressiva, bensì sono stati disciplinati quei comportamenti avvertiti da sempre come profondamente anti giuridici dalla coscienza umana.
Conferma di ciò si avrebbe, secondo il Pubblico Ministero, nel disposto di cui al comma 2 dell'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848, il quale prevede, dopo aver stabilito al comma 1 il principio della irretroattività della norma penale, che “ il presente articolo non ostacolerà il rinvio a giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o di una omissione che, al momento in cui fu commessa, era criminale secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili”. Sennonché - come ha esattamente osservato sul punto il G.I.P. - una siffatta interpretazione della norma pattizzia si porrebbe in insanabile contrasto con l'art. 25 comma 2 della Costituzione, secondo il quale “ nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”, e nel contrasto non potrebbe non prevalere la norma costituzionale su una norma contenuta in una legge ordinaria.
Tuttavia, all'art. 7 comma2 della Convenzione non è da attribuirsi il significato di consentire l'incriminazione per un fatto che, all'epoca della sua commissione, non costituiva reato, bensì di permettere che siano perseguiti comportamenti criminali “ secondo i principi generali riconosciuti dalle nazioni civili”, comportamenti che altrimenti resterebbero privi di sanzione anche dopo il venir meno di regimi che tali delitti abbiano normativamente “ giustificato”. La ratio di una tale disposizione risiede quindi proprio nell'esigenza di assicurare che delitti che offendono l'umanità non rimangano impuniti, ma non è questo il caso che ci occupa poiché i fatti oggetto di incriminazione per Motika Ivan erano all'epoca e rimangono oggi un gravissimo delitto per l'ordinamento interno italiano, ma non possono essere sussunti - perché ciò avverrebbe in violazione dell'art. 25 comma 2 della Costituzione - sotto la previsione normativa della legge n.962 del 1967, bensì figurano la fattispecie dell'omicidio plurimo pluriaggravato.
Venendo, infine, alla valutazione delle esigenze cautelari, non può non tenersi conto, anzitutto, dell'età dei due indagati e del tempo trascorso dai fatti che vengono loro addebitati. Motika Ivan è prossimo all'ottantanovesimo anno di età e Piskulic Oskar ha compiuto settantasei anni.
A norma dell'art. 275 comma 4 c.p.p. per l'imputato (o indagato) che abbia superato il settantesimo anno di età non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, se non in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
Tale disposizione fa derivare dal superamento del settantesimo anno di età una presunzione di ridotta pericolosità sociale connessa all'inevitabile scadimento delle facoltà psichiche e fisiche dell'uomo, affidando al giudice il compito di stabilire, caso per caso, se la situazione di fatto, valutata complessivamente, sia di tale gravità da giustificare, anche in tale ipotesi, l'applicazione di una misura cautelare (omissis) , in ordine alla quale, anche nel caso in cui sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, il giudice ha la possibilità, e non l'obbligo, di applicare la misura cautelare della custodia in carcere (omissis).
Per valutare poi la “ eccezionalità ” delle esigenze cautelari non può che farsi riferimento alla necessità di prevenire i pericoli di cui all'art. 274 c.p.p. ( cioè il pericolo di fuga, quello inerente all' acquisizione delle prove e quello relativo alla reiterazione della attività criminale), quando però tali pericoli si connotino di un non comune, spiccatissimo ed allarmante rilievo e siano in grado di concretare la possibilità di eludere le finalità processuali e di prevenzione specifica tutelate dalla legge (omissis).
Orbene, nel caso di specie, l'età avanzata degli indagati ed il lunghissimo tempo trascorso dai fatti sono elementi che, ai fini cautelari, assumono una valenza preminente a fronte dell'invocata necessità di assicurare la disponibilità degli indagati allo stato, trattandosi di stranieri dimoranti all'estero, quale evidenziata dal P.M. appellante.
Non possono, infatti, desumersi dalla pur assoluta gravità dei fatti ascritti a Motika e Piskulic, in assenza di pericolo di comportamenti recidivanti o volti all'inquinamento delle fonti di prova, quelle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza che, non trovando fondamento in una comprovata oggettiva necessità processuale ( non potendo ritenersi configurabili neanche l'esigenza di cui all'art. 274 lett. Punto B c.p.p. , trattandosi di indagati non presenti nel territorio italiano e per i quali non vi è incertezza sul luogo di dimora all' estero), si tradurrebbero in un impropria anticipazione degli effetti di una sentenza di condanna definitiva, in violazione quindi delle suindicate norme che presiedono all'applicazione delle misure cautelari.

P.Q.M.

l'ordinanza 14.5.1996, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma nei confronti di MOTIKA Ivan e PISKULIC Oskar;

manda

la cancelleria per gli adempimenti di competenza.

Roma 2 luglio 1996

Legionario Orientale
11-04-03, 19:05
Originally posted by DALMATINO
Tribunale di Roma ?! haha..che ironia , che ipocrisia !

Cosa preferisci,i giudici di Zagabria o Lubiana...figli di infoibatori e pulitori etnici come te?

Legionario Orientale
11-04-03, 19:11
Per fortuna che qualche tuo conterraneo non la pensa come te su Tito...

http://medialies.com/sunic01.htm

Legionario Orientale
19-04-03, 14:04
Originally posted by DALMATINO
tomislav sunic e nikola stedul sono i figli degli ustascia

Bisogna infoibarli: vai Dalmacijno ammazzali! Trova una bella foiba e divertiti a torturarli un po' con i metodi che ti piacciono tanto.....

Legionario Orientale
19-04-03, 15:16
Originally posted by DALMATINO
non infoibarli , ma anche non ascoltarli!

sempre parli delle foibe , dimenticando che i fascisti italiani erano dei primi infoibatori in istria e dalmazia...


VERGOGNATI!

Tu continui a vaneggiare ed a inventarti fesserie. Le foibe sono roba vostra e quella vergogna te la tieni tu come sostenitore di assassini ed infoibatori.
Noi abbiamo usato altri metodi,comunque criticabili,per combattere i sovversivi,ma non le foibe.
Smettila con le tue menzogne. Te l'ho già detto,qui non trovi nessuno che ti sostenga,a parte qualche decelebrato italiano che odia il proprio paese.
Resta nei tuoi forums croati pieni di esaltati infoibatori titini.