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Davide (POL)
06-08-03, 11:58
Intervista con Paul Kingsnorth, il primo degli yes-global

Il tuo viaggio nel movimento è partito dal Chiapas. Ora il movimento torna in Messico per contestare il Wto, in quella che potrebbe essere un tappa decisiva per la sopravvivenza dell'organizzazione più contestata daL movimento?

Il liberismo è in difficoltà, almeno per tre ragioni. Per il movimento antiliberista che ha aperto la mente delle persone su cosa sono e cosa fanno le organizzazioni internazionali come il Wto, il Fmi e la Banca Mondiale. Perché un numero crescente di paesi poveri stanno comprendendo molto bene cosa comporta l'adesione al modello liberista. E infine per l'atteggiamento unilaterale degli Usa. Se non esiste più la possibilità di accordi multilaterali, il Wto potrebbe crollare del tutto. Per alcuni è una fortuna, per altri un problema perché avere regole sbagliate è molto meglio che non aver nessuna regola. La mia posizione è che il Wto è la domanda sbagliata. Noi dobbiamo pensare a un altro sistema e il Wto comunque non sopravviverà a questa realtà. Abbiamo bisogno di accordi internazionali in un sistema multilaterale, con altre regole, fatte da altre persone.


Il tuo libro si concentra molto sui territori, sul livello locale delle mobilitazioni, soprattutto nel Sud del mondo. Una scelta o una fotografia reale del movimento internazionale?

Spesso le persone coinvolte nel movimento negli Usa come in Italia sono attivisti professionisti, militanti radicali. In Sudafrica, Messico, Bolivia, Papua Nuova Guinea, India ho incontrato contadini, abitanti di baraccopoli, cittadini che arrivavano a mettersi in movimento perché dovevano reagire a quello che succedeva alle loro comunità e a loro stessi, a causa dei modelli economici imposti. La loro resistenza locale si scontra con il sistema economico internazionale e da questo nasce la coscienza di un movimento globale. Nella loro testa il principale livello è comunque quello della comunità locale, il primo a dovere essere cambiato. Il movimento internazionale non ha un'ideologia e neanche il migliore manifesto anticapitalista può rappresentarlo, perché non riuscirebbe a contenere quello di cui le persone hanno bisogno sul terreno e soprattutto le loro differenze. Allo stesso tempo, il sistema impone ricette e soluzioni identiche a tutti quanti, non sono permessi sistemi locali differenti. Dobbiamo scontrarci con questa difficoltà, produrre cambiamenti democratici locali e la trasformazione di un sistema globale che uniforma la vita delle persone.


Alla fine del tuo viaggio scrivi che questo è un movimento "progettato e costruito per contestare il potere e per chiedere e pretendere legittimità". Cio ha a che fare con la democrazia?

Il movimento a mio parere cerca di prendere il potere, ma in maniera diversa e con definizioni del potere molto diverse. Elezioni e rivoluzioni non sono i soli esempi del potere. Il potere è qualcosa che deve essere distrutto in pezzetti e distribuito. Il punto contraddittorio è che comunque il potere deve essere definito ad ogni livello. È evidente che abbiamo bisogno di regole internazionali sull'economia e di qualcuno che le faccia rispettare. Il movimento deve contestare il potere, delegittimarlo e lo fa molto bene con Fmi, Banca Mondiale, Wto. Lavorano contro l'interesse pubblico e questa convinzione nel mondo è il movimento ad averla imposta. Ma il potere è relazione tra istituzioni, gruppi di persone, individui e interessi. Come cambiarlo è la domanda che bisogna porre ai territori e nelle comunità. Sono loro a dovere sperimentare quel livello di pratica.


Molti «Sì e un solo "ya basta"». Ma se tu dovessi indicare i principali nodi irrisolti per il movimento?

La prima cosa importante da focalizzare sono i "valori comuni", non saremo mai d'accordo su una sola organizzazione o un solo manifesto a meno che sia appunto esclusivamente sui valori. Il primo valore è la democrazia, da un lato condizionata dalla deregolamentazione della finanza e dei commerci, dall'altro limitata alla forma rappresentativa del voto ogni cinque anni. La democrazia non sono un gruppo di persone che scelgono un mondo di regole e monete identico per tutti. Su questo punto dobbiamo ancora interrogarci. Un altro valore è la diversità, un punto radicale e fondamentale, che spesso si dichiara senza definire. Un "mondo con molti colori" può esistere probabilmente per la prima volta nella storia, se raccoglie le differenze culturali e contiene quelle economiche. Benché le citiamo spesso, in occidente non abbiamo ancora compreso termini e valore delle differenze. Questa è la potenzialità da esprimere.


La "camicia di forza dorata" della finanziarizzazione e delle ricette liberiste è stata aggravata dalla guerra e dal terrorismo. E' la vittoria dal dominio della violenza rispetto alla crisi del liberismo?

E' lo scontro tra due fondamentalismi senza precedenti, quello religioso e quello dei mercati. Dopo l'11 settembre gli Usa hanno accelerato quello che avrebbero comunque fatto. Nulla toglie che il terrorismo sia una minaccia. Non avevamo alcuna possibilità di fermare la guerra all'Iraq, ma più di 30 milioni di persone nelle piazze sono un fatto davvero importante. A Londra tra i 2 milioni, c'era la classe media che di solito non va alle manifestazioni. Sono quelli che hanno scelto una reazione cosciente all'inutilità della guerra. E abbiamo bisogno di loro per diventare più grandi. Il punto è che non sappiamo prevedere dove andrà a finire questo scontro di disperazione e quindi dove indirizzare la nostra reazione. Un movimento politico diventa pericoloso quando crede di avere tutte le risposte e non più domande. Il confronto e la capacità di ascolto sono un contropotere e rischiamo di dimenticarcelo quando ci guardiamo solo tra noi.

Claudio Jampaglia_____