PDA

Visualizza Versione Completa : Manifesto sul futuro del cibo parte prima



Davide (POL)
20-08-03, 10:14
MANIFESTO SUL FUTURO DEL CIBO

Redatto dalla Commissione Internazionale
per il Futuro dell’Alimentazione e dell’Agricoltura
San Rossore, Italia
15 Luglio 2003

Presentazione

Questo Manifesto è il risultato di un lavoro comune dei partecipanti alle riunioni della Commissione Internazionale sul Futuro del Cibo tenutesi in Toscana (Italia) fra la fine del 2002 e la prima metà del 2003. La Giunta della Regione Toscana ha sostenuto e partecipato attivamente ai lavori della Commissione.

Il Manifesto vuol essere una sintesi del lavoro e delle idee esposte da centinaia di organizzazioni in tutto il mondo e migliaia di persone che cercano attivamente di capovolgere l’attuale tendenza all’industrializzazione e globalizzazione della produzione alimentare.

Se pure comprende una critica dei pericoli insiti negli orientamenti attuali dei governi, l’aspetto più importante del manifesto è la sua esposizione di idee, programmi e di una prospettiva concreta volte ad assicurare che l’agricoltura e l’alimentazione diventino più sostenibili socialmente ed ecologicamente, più accessibili, e che la qualità e la sicurezza degli alimenti e la salute pubblica abbiano la precedenza davanti ai profitti delle imprese multinazionali.

Ci auguriamo che questo manifesto funzioni da catalizzatore per unire e rafforzare il movimento verso l’agricoltura sostenibile, la sovranità alimentare, la biodiversità e la diversificazione agricola, e che perciò aiuti ad alleviare la fame e la miseria nel mondo intero. Sollecitiamo le persone e le comunità a tradurlo e usarlo, secondo le loro necessità, disseminando i principi e le idee che contiene in tutti i modi possibili.

Contiene

Presentazione

Parte Prima: Introduzione. Fallimento dell’agricoltura industriale

Parte Seconda: Principi per il passaggio ad un sistema agricolo e alimentare ecologicamente e socialmente sostenibile

Parte Terza: Alternative già esistenti all’agricoltura industriale

Parte quarta: Regolamenti commerciali necessari per raggiungere gli obiettivi della commissione internazionale sul futuro del cibo e dell’agricoltura

Conclusioni: Sintesi degli Emendamenti alle Regole Commerciali per un mondo sostenibile e più equo

Appendice: Partecipanti principali ai lavori della Commissione Internazionale sul Futuro dell’Alimentazione e dell’Agricoltura



Parte Prima

INTRODUZIONE:

FALLIMENTO DEL MODELLO AGRICOLO INDUSTRIALE

La spinta crescente verso l’industrializzazione e la globalizzazione del mondo agricolo e dell’approvvigionamento alimentare mette in pericolo il futuro dell’umanità e il mondo naturale.

Efficienti sistemi agricoli costruiti dalle comunità indigene locali hanno alimentato gran parte del mondo per millenni, mantenendo l’integrità ecologica e continuano a farlo in molte parti del pianeta. Ma oggi vengono rapidamente sostituiti da sistemi tecnologici e monocolture controllati dalle multinazionali e finalizzati all’esportazione. Questi sistemi di gestione manageriale a distanza incidono negativamente sulla salute pubblica, sulla qualità alimentare e nutritiva, sulle forme tradizionali di sussistenza (sia agricole che artigianali) e sulle culture indigene e locali, accellerando l’indebitamento di milioni di agricoltori e il loro allontanamento dalle terre che hanno tradizionalmente nutrito intere popolazioni, comunità e famiglie. Questa transizione aumenta la fame, i senza tetto, la disperazione ed i suicidi fra i contadini. Nel contempo degrada i processi su cui si fonda la vita sul pianeta e aumenta l’alienazione della gente dalla natura e dai legami storici, culturali e naturali degli agricoltori e di tutti gli altri cittadini con le fonti di cibo e sussistenza. Contribuisce, infine, a distruggere le basi economiche e culturali delle società, minaccia la sicurezza e la pace e crea un ambiente che produce la disintegrazione sociale e la violenza.

* * *

Gli interventi tecnologici, venduti dalle multinazionali come panacea per la soluzione di tutti i problemi di "inefficienza della produzione su piccola scala", e presumibilmente come rimedio alla fame nel mondo, hanno avuto esattamente l’effetto opposto.

Dalla Rivoluzione Verde, alla Rivoluzione Biotecnologica, all’attuale spinta all’irradiazione degli alimenti, le intrusioni della tecnologia industriale nei sistemi tradizionali e naturali di produzione locale hanno aumentato la vulnerabilità degli ecosistemi. Hanno prodotto l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo e stanno diffondendo un nuovo tipo di inquinamento da organismi geneticamente modificati. Simili tecnologie e monocolture, sostenute e volute dalle multinazionali, inaspriscono gravemente i cambiamenti climatici sul pianeta con la loro forte dipendenza dai carburanti fossili, l’emissione di gas nocivi ed altre sostanze. Quest’ultimo fenomeno da solo – il cambiamento climatico - rischia di mettere a repentaglio l’intero fondamento naturale delle produzioni agro-alimentari, ponendo le basi di conseguenze catastrofiche nel prossimo futuro. In più, se si contano i costi sociali, ecologici e le immense sovvenzioni necessarie, i sistemi di agricoltura industriale non hanno certo aumentato l’efficienza della produzione. E non hanno nemmeno ridotto la fame, al contrario. Hanno però aiutato la crescita e concentrazione di pochi colossi multinazionali agrofinanziari che controllano la produzione globale, a danno dei produttori locali di alimenti, della disponibilità di cibo e della sua qualità, oltreché della capacità di comunità e nazioni di arrivare all’autosufficienza negli alimenti strategici.

Le tendenze negative della seconda metà del secolo scorso sono state accelerate dai recenti regolamenti commerciali e finanziari redatti da burocrazie globali di istituzioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale per il Commercio, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale ed il Codex Alimentarius, tra gli altri. Tali istituzioni hanno trasformato in leggi le politiche finalizzate a servire gli interessi delle multinazionali agricole facendo prevalere questi interessi su tutti gli altri, abolendo i diritti degli agricoltori e dei consumatori e riducendo in maniera drastica i poteri degli stati di regolamentare il commercio internazionale sulle loro frontiere, per mezzo di restrizioni adeguate alle proprie comunità.

Le norme dell’Accordo sui Diritti di Proprietà Intellettuale relativi al Commercio del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), hanno consentito alle multinazionali agricole di impadronirsi di gran parte delle risorse primarie di semi, alimenti e terreni agricoli a livello mondiale. La globalizzazione dei regimi di brevetto, compiacenti con gli interessi delle multinazionali, ha anche direttamente intaccato gli specialissimi diritti, originari e tradizionali, degli agricoltori, per esempio, di conservare i propri semi e proteggere le varietà indigene che le popolazioni rurali hanno sviluppato nei millenni.

Altre norme del WTO incoraggiano, attraverso sovvenzioni statali, il dumping delle esportazioni di prodotti agricoli dai paesi industrializzati, aumentando dunque le immense difficoltà dei piccoli produttori agricoli dei paesi poveri a sopravvivere economicamente. L’esplosione del commercio a distanza di prodotti alimentari, generato dal sostegno alle produzioni per l’esportazione, ha un legame diretto con l’incremento del consumo di carburanti fossili per i trasporti, e contribuisce ulteriormente a cambiare il clima e ad espandere infrastrutture ecologicamente devastanti nelle aree indigene e naturali, con gravi conseguenze ambientali.

* * *

L’intero processo di conversione dalla produzione alimentare su piccola scala per le comunità locali, alla produzione specializzata su larga scala per l’esportazione, ha portato anche al declino di tradizioni, culture, piaceri, e moltissime forme di collaborazione e convivialità, collegate per secoli ai circuiti locali di produzione e mercati comunitari. Ciò ha ridotto molto l’esperienza della produzione alimentare diretta e le gioie, a lungo celebrate, di condividere gli alimenti prodotti a livello locale su terre locali.

Nonostante le considerazioni di cui sopra, c’è un numero crescente di motivi per essere ottimisti. Migliaia di nuove iniziative stanno fiorendo nel mondo per promuovere l’agricoltura ecologica, la difesa dei piccoli agricoltori, la produzione di alimenti sani, sicuri, culturalmente diversificati e la regionalizzazione della distribuzione, del commercio e della vendita. Una migliore agricoltura non solo è possibile ma si sta già realizzando.

Per tutti questi motivi, ed altri ancora, dichiariamo la nostra ferma opposizione alla industrializzazione e globalizzazione della produzione alimentare ed il nostro impegno a sostenere il passaggio a tutte le alternative sostenibili di produzione, appropriate alle specificità locali e su piccola scala in armonia con i principi che seguono.



Parte Seconda

PRINCIPI PER IL PASSAGGIO A UN SISTEMA AGRICOLO E ALIMENTARE ECOLOGICAMENTE E SOCIALMENTE SOSTENIBILE

1) Obbiettivo finale

La soluzione definitiva ai problemi sociali, economici ed ecologici sopra citati consiste nel passaggio ad un’agricoltura biologica ed ecologica più decentrata, democratica e cooperativa, non controllata dalle multinazionali e su piccola scala, così come praticata dalle comunità agricole tradizionali, dagli agroecologi e dalle popolazioni indigene per millenni. Queste comunità hanno esercitato un’agricoltura sostenibile basata sui principi della diversità, della sinergia e del riciclaggio. Tutte le norme e le politiche ad ogni livello di governo dovrebbero essere orientate ad incoraggiare questo tipo di soluzioni insieme ai cambiamenti in altri settori della società per accentuare la sostenibilità.

2) Il cibo è un diritto umano

Tutti gli esseri umani sul pianeta hanno il diritto fondamentale all’accesso e/o alla produzione di cibo in quantità sufficiente al sostentamento proprio e della comunità di cui fanno parte. Tutte le norme e politiche dovrebbero essere allineate nel riconoscimento di questo diritto fondamentale. Ogni governo – locale, regionale, nazionale ed internazionale - ha l’obbligo di garantire questo diritto. Esso non può essere negato in nome degli interessi del commercio internazionale o per qualsiasi altro motivo. Laddove gli enti locali non siano in grado di adempiere i propri obblighi, a causa di catastrofi naturali o altro, tutti gli altri paesi dovranno provvedere a fornire su richiesta ogni aiuto necessario.

3) L’agricoltura decentrata è efficiente e produttiva

Rifiutiamo la nozione secondo cui la globalizzazione dell’agricoltura tecnologica-industriale e l’omogeneizzazione delle aziende agricole porta a una maggiore efficienza rispetto alle forme di agricoltura locale diversificata e tradizionale profondamente radicata nelle identità locali. Né, tanto meno, l’agricoltura industriale può ridurre la fame nel mondo.

Innumerevoli esperienze e studi dimostrano il contrario, perché il sistema della monocultura industriale allontana i contadini dalla propria terra, produce spaventosi costi esterni per l’ambiente e le comunità rurali, oltretutto è altamente vulnerabile agli attacchi parassitari, e ha una miriade di altri problemi. La maggior parte degli strumenti di rilevazione hanno dimostrato che le piccole aziende ad alta biodiversità sono produttive almeno quanto quelle industriali. Tutte le politiche, ad ogni livello, dovrebbero favorire le piccole aziende agricole ed i principi dell’agroecologia, onde aumentare la sicurezza alimentare e garantire economie rurali solide e vitali.

4) Persone e non multinazionali nelle campagne

Poiché la scomparsa dei piccoli proprietari contadini e il passaggio del controllo della terra nelle mani di grandi proprietari e di società multinazionali è una delle cause principali della fame e della miseria, sosteniamo tutte le misure in grado di aiutare le persone a rimanere o tornare alla terra. Laddove persone e comunità siano state spossessate delle terre a loro appartenute per tradizione e dell’abilità di produrre i propri alimenti, o vivere in modo autosufficiente, sosteniamo con forza una riforma agraria capace di far tornare la gente alle proprie terre, e il rafforzamento della capacità delle comunità locali di controllare le condizioni della loro sussistenza.

5) Sovranità alimentare

Sosteniamo il principio fondamentale della sovranità alimentare a livello nazionale, regionale e comunitario. Gli organismi e le comunità locali, nazionali e regionali a ogni livello hanno il fondamentale diritto e dovere di proteggere, sostenere e supportare tutte le condizioni necessarie ad incoraggiare una produzione alimentare abbondante, sana, accessibile a tutti e tale da conservare la terra, l’acqua e l’integrità ecologica dei luoghi in cui viene prodotta, rispettando e sostenendo i mezzi di sussistenza dei produttori. Nessun organismo internazionale o impresa multinazionale ha il diritto di alterare questa priorità. E per nessun motivo un’organizzazione internazionale ha il diritto di pretendere che una nazione si faccia imporre delle importazioni contro il proprio volere.

6) Applicazione del Principio di precauzione

Tutti gli esseri umani hanno diritto al cibo sano e nutriente. Non si deve autorizzare nessuna nuova tecnologia nella produzione alimentare se non è provata la sua conformità con le regole locali di sicurezza, proprietà nutritive, salute e sostenibilità. Il principio di precauzione vige in ogni campo.

7) Tecnologie che riducono la sicurezza alimentare

Alcune tecnologie, come l’ingegneria genetica, i pesticidi di sintesi, i fertilizzanti di sintesi, l’irradiazione dei prodotti alimentari, non sono compatibili con la sicurezza alimentare o ambientale. Queste tecnologie costituiscono una grave minaccia per la salute pubblica, hanno un impatto ambientale irreversibile e/o costituiscono una violazione del diritto intrinseco degli agricoltori di proteggere i propri campi e località dagli agenti inquinanti. Come tali, il loro uso non è compatibile con l’agricoltura sostenibile. Nessun organismo internazionale ha il diritto di emanare regolamenti che impongano ad un paese qualsiasi di accettare alle sue frontiere un prodotto alimentare o altri prodotti agricoli d’importazione, che siano stati manipolati con queste tecnologie, o che il paese stesso considera nocivi per la salute pubblica, per l’ambiente, l’agricoltura locale, le tradizioni culturali, o per qualsiasi altro motivo.



8) Obbligo di proteggere la biodiversità e la salute dell’ecosistema

I processi alimentari ed agricoli dipendono dalla protezione del mondo naturale, con tutta la sua intatta biodiversità. Questa protezione deve essere una priorità per ogni governo e comunità. Le norme devono essere allineate a questo obiettivo, anche quando ciò comporta dei cambiamenti del diritto di proprietà e della dimensione delle aziende agricole. Nessuna ragione commerciale o di altro genere e valore può superare questo principio. I principi di riduzione delle "distanze alimentari" (dal campo al piatto), di aumento della produzione e consumo locale e regionale di alimenti, quello della riduzione di interventi industriali con alta presenza di tecnologia, derivano tutti dal più ampio obiettivo della salute ambientale e della vitalità dei processi naturali.

9) Diritto all’Identità Culturale e Indigena

L’agricoltura e i processi tradizionali di produzione alimentare sono parte integrante dell’identità culturale e indigena. In effetti, l’agrobiodiversità dipende in gran parte dalla diversità culturale. Tutte le comunità umane hanno diritto di mantenere, sviluppare ed arricchire la propria specifica identità culturale, secondo la forma e pratica tradizionale trasmessa di generazione in generazione. Nessun organismo internazionale o nazionale ha il diritto di alterare queste pratiche e valori o di cercare di modificarli.

10) Trattamento umano degli animali

Le "fabbriche agricole" industrializzate e altri sistemi simili di produzione di carne di manzo, maiale, pollo o altri animali, sono noti per le condizioni disumane e le tragiche conseguenze ecologiche e per la salute pubblica. La produzione su larga scala per l’esportazione aumenta la gravità dei problemi e comporta l’uso delle radiazioni ionizzanti e di antibiotici per tentare di bloccare gli effetti endemici di simili pratiche, cioè le malattie. Queste pratiche devono essere bandite e tutti i regolamenti mondiali e nazionali che incentivano tecniche produttive simili devono essere attivamente combattuti a qualsiasi livello della società.

11) Diritto di controllare e godere del patrimonio di conoscenze locali

Le comunità, popolazioni indigene e realtà nazionali hanno il diritto e l’obbligo effettivo di mantenere la propria diversità biologica, il proprio patrimonio ereditario di conoscenze locali relative al cibo ed alla produzione alimentare e godere dei benefici di questa diversità e conoscenza senza interventi esterni. Queste conoscenze sono la chiave per mantenere un’agricoltura sostenibile. Tutti i popoli hanno anche il diritto di definire i loro obiettivi di ricerca e sviluppo, utilizzando modelli locali.

A nessun accordo globale sul commercio o sui diritti di proprietà intellettuale può essere consentito di pretendere che le comunità locali si adeguino a un qualsiasi obbligo in queste materie, che non siano i propri. Nessun regolamento commerciale globale o nessuna multinazionale deve essere autorizzata a violare i diritti degli agricoltori e delle comunità locali ai propri semi indigeni, all’innovazione e conoscenza collettiva o a promuovere la "biopirateria", vale a dire il furto delle conoscenze locali e della diversità genetica per fini commerciali.

I diritti degli agricoltori di salvare, migliorare e scambiare i semi sono inalienabili.

12) Rapporto fondamentale tra Agricoltori e Ambiente

Riconosciamo, sosteniamo e celebriamo il ruolo dei piccoli agricoltori tradizionali e indigeni come la fonte primaria della conoscenza e saggezza relativamente al giusto rapporto tra gli esseri umani, la terra e il sostentamento a lungo termine. La loro esperienza diretta delle varie sfumature dell’interazione tra piante, suolo, clima ed altre condizioni ed il loro rapporto cruciale con le proprie comunità, devono essere salvaguardati, sostenuti e, ove necessario, ripristinati. Questo compito storico non deve più essere minacciato o interrotto dai grandi meccanismi delle imprese multinazionali gestiti da proprietà astratte e lontane dalla terra, che operano secondo modelli che ignorano le condizioni locali, sostituendole con formule dannose, a "una dimensione" e uguali per tutti.

13) Diritto di conoscere e scegliere

Tutti gli individui, le comunità e le realtà nazionali hanno il diritto fondamentale di disporre di ogni principale informazione sugli alimenti che consumano, i processi che li hanno prodotti e la loro origine. Ciò comporta il riconoscimento del diritto sovrano della gente a fare scelte informate sui rischi che intendono correre relativamente alla sicurezza e alla salute, sia in termini di benessere umano che di sanità ambientale. Questi diritti si applicano particolarmente ai prodotti alimentari sottoposti a interventi tecnici, quali i pesticidi, altre sostanze chimiche, le biotecnologie e l’irradiazione degli alimenti. Nessuna istituzione governativa o organismo internazionale può nascondere informazioni o negare l’etichettatura obbligatoria o altre notizie su tutti i rischi, compresi quelli della malnutrizione. La negazione di questi diritti deve essere perseguita penalmente come reato.

14) Commercio volontario (cioè libero), equo e sostenibile

Sosteniamo le molte nuove iniziative commerciali di vario genere, fra e nelle comunità, che non sono imposte dall’alto, ma giuste, sostenibili, reciprocamente vantaggiose per i consumatori e i produttori e con le quali le comunità volontariamente scambiano beni e servizi per liberi accordi tra le parti e sulla base dei loro modelli e criteri.

Nessun organismo internazionale ha diritto di pretendere che qualsiasi paese o comunità sia costretta a consentire investimenti o scambi commerciali attraverso le sue frontiere, o distruggere le priorità locali. Ogni occasione commerciale deve essere valutata solo dalle parti interessate unicamente sulla base dei propri specifici meriti.

15) Divieto di brevetto o monopolio sugli esseri viventi

Ci opponiamo ai brevetti commerciali e/o ai monopoli sulle forme di vita. Le leggi nazionali o internazionali che permettono queste pratiche costituiscono una violazione della dignità e "santità" di tutte le forme di vita, del principio di biodiversità, e della legittima eredità delle popolazioni indigene e degli agricoltori del mondo. Ciò vale per tutti i viventi vegetali, animali e umani.

16) Parzialità del WTO, del Codex e altri a favore delle multinazionali

Le parzialità tipiche degli organismi legislativi internazionali, come il WTO e il Codex Alimentarius, a favore delle produzioni agricole industriali, delle monocolture su larga scala per l’esportazione, e delle altre forme simili di produzione, sono la causa diretta della deportazione sociale, della devastazione ambientale e della concentrazione non democratica del potere nelle mani delle multinazionali globali a scapito delle comunità in ogni parte del mondo. Tutti questi regolamenti dovranno essere immediatamente abrogati e rovesciati a favore di sistemi sostenibili, produzioni e controlli locali sulla distribuzione. Se non consentono questi cambiamenti, gli organismi devono essere abbandonati in quanto distruttivi delle attività sostenibili.

Gli organismi internazionali (come le Nazioni Unite) devono essere incoraggiati a creare nuovi sistemi legislativi che operino come efficaci strumenti internazionali "antitrust" o anti corporazioni oligopolistiche, nel tentativo di ridurre il dominio delle multinazionali ed i suoi effetti nocivi.