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Visualizza Versione Completa : manifesto sul futuro del cibo parte seconda



Davide (POL)
20-08-03, 10:18
17) Promozione del principio di sussidiarietà: parzialità a favore delle realtà locali

Le tariffe doganali, le quote di importazione e gli altri strumenti con i quali i paesi cercano di aumentare la propria autosufficienza - molti dei quali sono stati resi illegali o annullati dalle burocrazie della globalizzazione - devono essere ripristinati per aiutare a ristabilire produzioni locali, un’autosufficienza locale e una sicurezza alimentare strategica.

Si deve applicare il principio di sussidiarietà. Ogni volta che si possono ottenere produzioni locali da agricoltori locali, utilizzando risorse locali per un consumo locale, tutte le norme e gli aiuti devono favorire questa scelta. Il commercio internazionale continuerà ma dovrà essere costituito soprattutto da generi di prima necessità che non possono essere prodotti localmente, o che hanno caratteristiche speciali non disponibili a livello locale. Il commercio a distanza deve sempre essere una scelta possibile, ma non la ragion d’essere del sistema. Una importante riduzione del commercio a distanza, soprattutto della distanza tra produttore di alimenti e consumatore (distanza alimentare), con la corrispondente riduzione dei danni sociali ed ecologici, è un obiettivo inderogabile.

18. Condizioni minime e non tetto massimo per gli standard di sicurezza

Tutte le leggi e normative in materia alimentare, stabilite dagli accordi bilaterali/multilaterali tra le nazioni, devono capovolgere le priorità del WTO definendo una base minima, piuttosto che un tetto massimo, per gli standard di sicurezza. Nessun organismo internazionale deve redigere regolamenti che impongano a qualsiasi nazione o comunità di abbassare i propri standard per motivi commerciali, o per qualsiasi altra ragione. Simili standards devono poter comprendere controlli sulle importazioni ed esportazioni, etichettature, certificazioni e altre materie.

Qualsiasi paese o comunità che abbia standard più alti di quelli concordati dagli organismi internazionali dovrà essere oggetto di discriminazione positiva in termini commerciali.

I paesi più poveri, per i quali questi standard sono attualmente troppo costosi, dovranno ricevere gli aiuti finanziari necessari al miglioramento dei propri standard.

19) Protezione dal Dumping commerciale

Il diritto di regolamentare le importazioni per impedire il dumping, proteggere gli agricoltori locali, garantire un equo profitto al lavoro dei campi e contribuire alla sicurezza alimentare, fa parte delle regole fondamentali per un commercio giusto ed equo. Ciò capovolge le precedenti regole del WTO che consentono ed incoraggiano il dumping da parte delle grandi nazioni.

20) Cambiamenti compatibili

Riconosciamo che i tipi di riforma suggeriti sopra possono essere raggiunti più velocemente come parte di un ventaglio più ampio di cambiamenti nelle concezioni prevalenti nel mondo e nei processi pratici, in modo che i sistemi ecologicamente e socialmente sostenibili possano avere la priorità sugli interessi delle multinazionali. Può essere necessario apportare cambiamenti compatibili anche con altri sistemi operativi della società, dal globale al regionale, dal multinazionale al comunitario. I sistemi energetici di trasporto e produzione, per esempio, devono essere analizzati e riformati contemporaneamente al recupero in agricoltura della scala ridotta, localmente realizzabile. E tutto ciò deve avvenire nel contesto dei principi di sussidiarietà che riportano il potere politico dal globale al governo locale e regionale appropriato.

21) Adozione di questi principi

Invitiamo con urgenza tutte le comunità, i comuni, le contee, le province, gli stati, le nazioni e le organizzazioni internazionali ad adottare i principi sopra elencati e a collaborare per una loro attuazione.

Le parti che seguono illustrano: esempi di attività pratiche in corso, che applicano già alcuni di questi principi e proposte specifiche di nuove regole di governo commerciale in armonia con gli obiettivi che ne derivano.



Parte Terza

ALTERNATIVE GIÀ OPERATIVE ALL’AGRICOLTURA INDUSTRIALE

In ogni continente, le comunità rurali stanno richiamando l’attenzione dell’opinione pubblica sugli effetti devastanti dei sistemi alimentari ed agricoli controllati dalle grandi imprese multinazionali, che hanno trasformato l’agricoltura in industria di estrazione ed il cibo in un grande rischio per la salute.

Stanno emergendo movimenti – molti dei quali in più paesi e tra loro collegati – che ristabiliscono i legami storici tra cibo, agricoltura e valori collettivi. Questi movimenti riportano il cibo e la sua produzione a riprendere il giusto posto nella cultura e nella natura – dopo una devastante estraniazione che emerge come aberrazione dell’esperienza umana.

Qui per ragioni di spazio possiamo solo accennare alla svolta che questi movimenti hanno realizzato negli ultimi decenni. Il fatto che ben poche di queste novità sarebbe stato possibile prevederle dovrebbe far esitare chiunque sostenga che l’agricoltura industriale costituisce il solo inevitabile futuro. Il cambiamento – un cambiamento molto rapido – è possibile. Per essere precisi è già in atto. Quelli che seguono sono alcuni esempi dei settori in cui le cose stanno rapidamente cambiando:

Democratizzazione dell’accesso alla terra.

Da tanto tempo si è riconosciuto che l’accesso alla terra della popolazione rurale povera del mondo è la chiave per porre fine alla fame e alla povertà, ma molti credevano che la riforma fosse politicamente impossibile. Questo accadeva in Brasile, dove meno del due percento dei proprietari terrieri possedeva metà del terreno coltivabile (la maggior parte del quale lasciato inutilizzato), dove anche piccole assemblee venivano proibite e i tentativi di cambiamento puniti con la violenza. Oggi, tuttavia, questo Paese è alla guida del processo di democratizzazione dell’accesso alla terra. Negli ultimi 20 anni, il Movimento dei Lavoratori senza Terra, definito con la sigla portoghese MST, ha contribuito all’insediamento di un quarto di milione di famiglie, già senza terra, su 8 milioni di ettari in quasi tutti gli stati del Brasile. Sfruttando una clausola della nuova costituzione che dà mandato al governo di ridistribuire le terre inutilizzate, l’MST si è servito della disobbedienza civile per far rispettare questo mandato.

Le quasi 3000 nuove comunità che aderiscono al MST stanno creando migliaia di nuove attività economiche e scuole. I benefici della riforma agraria possono essere misurati in termini di reddito annuale dei nuovi coloni, che è pari a quasi quattro volte lo stipendio minimo, mentre i braccianti senza terra percepiscono attualmente soltanto il 70% dello stipendio minimo. La mortalità infantile tra le famiglie destinatarie della riforma agraria è diminuita ad appena la metà della media nazionale. Le stime di costo per la creazione di un posto di lavoro nel settore commerciale in Brasile superano da due a venti volte il costo che si dovrebbe sostenere per insediare una famiglia disoccupata sulla terra con la riforma agraria. Il processo di democratizzazione per garantire l’accesso alla terra funziona.

Per assicurare la vitalità a lungo termine delle riforme agrarie in contesti sia del Nord che del Sud, la riforma agraria può essere utilmente accompagnata da programmi di educazione alle pratiche agricole sostenibili.

Democratizzare l’accesso al credito.

Per molto tempo i banchieri hanno sostenuto che i poveri rappresentano un rischio inaccettabile di insolvenza. Ma questa barriera sta per crollare. Vent’anni fa, in Bangladesh, la Grameen Bank ha messo a punto un sistema di credito rurale non basato sulla garanzia patrimoniale, ma sulla responsabilità congiunta di piccoli gruppi. Il programma di microcredito della Grameen Bank, destinato a 2,5 milioni di persone in villaggi rurali, per lo più donne, è stato adottato in 58 paesi. Con un tasso di restituzione del prestito di gran lunga superiore alle banche tradizionali, il processo di democratizzazione per garantire l’accesso alle risorse d’investimento si sta dimostrando possibile.

Il ripristino del legame tra città e campagna, consumatore e produttore.

In ogni continente sono in corso misure pratiche per rendere possibile la produzione locale per uso locale. Le campagne di "acquisto dei prodotti locali" affascinano i consumatori in Europa, negli Stati Uniti e altrove. Un’importante innovazione è rappresentata dal movimento per un’agricoltura sostenuta dalla comunità (CSA), nel quale agricoltori e consumatori si collegano e condividono i rischi. I consumatori acquistano una "quota" all’inizio della stagione, che dà loro diritto di usufruire dei frutti del lavoro degli agricoltori. I movimenti CSA sono nati a metà degli anni ’60 in Germania, Svizzera e Giappone. Diciassette anni fa, non vi era alcun CSA negli Stati Uniti; attualmente ce ne sono oltre 3000 che servono decine di migliaia di famiglie. L’esempio degli Stati Uniti ha contribuito a ispirare un movimento CSA nel Regno Unito, che ha ottenuto il sostegno del governo locale. Movimenti simili si sono sviluppati anche in Giappone e altrove.

Altre iniziative di crescente rilevanza sono i mercati dei produttori agricoli in città, aumentati del 79% nel corso degli ultimi otto anni soltanto negli Stati Uniti. Questi hanno permesso agli agricoltori locali di vendere i propri prodotti direttamente al pubblico senza ricorrere a costosi intermediari. Si stanno diffondendo anche orti familiari e scolastici – dagli orti "domestici" in Kenya ai bambini che a scuola coltivano il proprio cibo.

Il diritto ad un cibo di qualità diviene un diritto del cittadino

Anche se 22 paesi hanno incastonato il diritto al cibo nella propria costituzione: Belo Horizonte, la quarta città del Brasile, fa di più. Nel 1993, il suo governo ha dichiarato che il cibo non è più soltanto un bene di consumo, ma un diritto del cittadino. Questo cambiamento non ha prodotto l’avvio di massicce distribuzioni di cibo, ma incentivato dozzine di iniziative innovative che hanno iniziato a porre fine alla fame. Appezzamenti di terreno coltivabile, di proprietà della città, sono ora disponibili a bassi costi di affitto agli agricoltori locali, purché questi a loro volta mantengano dei prezzi alla portata dei poveri; la città storna i 13 centesimi, forniti dal governo federale per il pasto di ogni bambino in età scolare, dai prodotti dell’agricoltura industriale per destinarli all’acquisto dei prodotti biologici locali. Ciò si traduce in una migliore alimentazione. Per far sì che il mercato funzioni meglio, la città collabora con i ricercatori universitari che affiggono settimanalmente i prezzi più bassi di 45 prodotti alimentari base alle fermate degli autobus e li trasmettono via radio. Queste sono soltanto alcune delle iniziative, che utilizzano appena l’uno percento del bilancio comunale. Altri funzionari di città brasiliane si sono recati a Belo per studiare i provvedimenti adottati.

L’agricoltura ecologica e biologica si sta diffondendo.

L’agricoltura biologica ed i terreni da pascolo sono in rapido aumento e attualmente occupano 23 milioni di ettari certificati come biologici a livello mondiale, con in testa Australia, Argentina e Italia.

I sostenitori dell’approccio industriale e chimico all’agricoltura affermano che l’agricoltura biologica non può funzionare, ma milioni di persone che praticano l’agricoltura sostenibile dimostrano che hanno torto. Una recente ricerca ha preso in esame oltre 200 progetti di agricoltura sostenibile in 52 paesi, comprendendo circa 30 milioni di ettari di terreno coltivabile e 9 milioni di famiglie rurali. Da quest’indagine, sponsorizzata da istituti universitari, è emerso che le pratiche sostenibili "possono condurre a sostanziali aumenti" della produzione. Alcuni produttori di base hanno realizzato guadagni per una percentuale pari al 150% tramite metodi di agricoltura sostenibile. Con costi che ovviamente sono di gran lunga inferiori a quelli della produzione convenzionale, gli agricoltori biologici ottengono spesso maggiori profitti, anche nei rari casi in cui la "resa" è leggermente inferiore.

(In generale, i rendimenti dell’agricoltura biologica si sono dimostrati maggiori se misurati "per unità di superficie". I tecnici industriali prendono erroneamente come parametro di efficienza la resa per unità di lavoro, ma nei processi industriali la maggior parte del lavoro umano è sostituita da macchinari e sostanze chimiche, che fanno apparire efficiente un sistema che in realtà non lo è. La distorsione dei risultati della produzione industriale è ancora più accresciuta dall’incapacità di definire i costi [sovvenzionati] derivanti dal danno ambientale alla terra, al suolo ed alla salute dei cittadini).

I governi forniscono sempre più sostegno diretto agli agricoltori biologici e a quelli che si stanno convertendo all’agricoltura biologica, per far fronte alla domanda crescente dei consumatori a vantaggio dell’ambiente o per altri motivi.

Nel 1987, la Danimarca è stato il primo paese ad introdurre questa forma di sostegno; subito dopo la Germania ha iniziato a finanziare la conversione all’agricoltura biologica. Nel 1996 tutti gli stati membri dell’UE (Unione Europea), tranne il Lussemburgo, avevano introdotto politiche di sostegno all’agricoltura biologica. La Regione Toscana, in Italia, ha preso una posizione netta nei confronti dell’introduzione delle sementi transgeniche, e sta assumendo un ruolo guida nelle politiche che promuovono le piccole aziende agricole, l’agricoltura ecologica ed il consumo locale. Austria e Svizzera hanno entrambe un 10% di produzione agricola biologica, mentre la Svezia ha una percentuale del 15%. Un Cantone Svizzero ha una quota del 50% di produzione biologica, ed il Ministro tedesco dell’Agricoltura ha scelto l’obiettivo del 20% entro il 2010.

Protezione della biodiversità.

A livello internazionale, la Convenzione per la Diversità Biologica conta ora 187 contraenti e 168 firmatari. Il Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza conta 48 contraenti ed è stato firmato da 103 stati. Mentre le multinazionali hanno promosso le monoculture di pochi semi commerciali, ora transgenici, un movimento di cittadini diffuso in tutto il mondo, che collabora con i governi sensibili, mostra come proteggere la diversità dei semi. Campagne di educazione del cittadino, per esempio, condotte da Greenpeace ed altri movimenti, hanno fondamentalmente limitato gli OGM a quattro paesi, soprattutto del Nord America. Il Movimento Internazionale Slow Food, al quale aderiscono ora 80.000 membri di 45 paesi, sta recuperando con successo culture agroalimentari locali attraverso meccanismi di collaborazione, educazione e assistenza tecnica a comunità rurali con l’obbiettivo di valorizzare i prodotti alimentari che rappresentano la loro identità (Progetto Praesidia e Fondazione Slow Food per la Biodiversità). Il farro, tanto per fare un esempio, il cereale più antico coltivato in Italia fin dall’età del bronzo, già soppiantato da cereali più adatti all’attività commerciale su larga scala, sta riguadagnando il favore dei consumatori. Allo stesso tempo, nel Sud del mondo, crescono i movimenti delle popolazioni indigene a protezione della biodiversità, in opposizione all’uso di semi transgenici ed al rilascio di brevetti sugli esseri viventi. A Nayakrishi, in Bangladesh un movimento, al quale aderiscono 50.000 agricoltori, sta rivitalizzando i raccolti tradizionali mettendo da parte, conservando e distribuendo i semi che gli agricoltori riproducono diligentemente come base della sicurezza alimentare della famiglia. In India, a Navdanya, un progetto della Fondazione per la Ricerca scientifica, tecnologica ed ecologica, ha aiutato 100.000 agricoltori a tornare ai metodi tradizionali di agricoltura biologica nei villaggi ora denominati "zone della libertà". La Fondazione e la sua rete hanno combattuto con successo i semi transgenici ed il rilascio di brevetti su specie e varietà che incorporano il sapere indigeno. In gran parte per gli sforzi compiuti dalla Fondazione, i funzionari di Governo indiani hanno recentemente rifiutato di accettare che il cotone Bt (biotecnologico) fosse venduto nel Punjab ed in altri stati del Nord dopo che agricoltori dell’India del Sud erano stati danneggiati dalla sua adozione.

Garantire prezzi equi per i produttori.

Un movimento per il commercio equo, che si sta sviluppando su scala mondiale, dimostra che il sistema dominante non è quello del "libero commercio" e che un commercio equo è possibile.

Il movimento per il commercio equo è nato in Europa negli anni ’80 ed ha preso piede in 47 paesi. Il sistema opera con particolare riferimento a 12 prodotti – in misura maggiore il caffè, dal quale dipendono 20 milioni di famiglie. Il commercio equo stabilisce una soglia minima (attualmente $1,26) per il prezzo che i coltivatori di caffè percepiscono indipendentemente dalle fluttuazioni del mercato mondiale. Il marchio di "certificazione di commercio equo" attesta che il caffè soddisfa determinati requisiti, quale quello, per esempio, che è prodotto da piccoli coltivatori organizzati secondo un criterio democratico e perfettamente a conoscenza dei prezzi di mercato. Nel giro di quattro anni, negli Stati Uniti la domanda di caffè del commercio equo si è quadruplicata raggiungendo 10 milioni di sterline. Il commercio equo a livello internazionale, seppur nel suo breve corso, è riuscito a ridistribuire 18 milioni di dollari a favore delle famiglie dei produttori. L’importanza del commercio equo non può essere sottovalutata in un’economia mondiale nella quale, in soli dieci anni, la quota del valore complessivo di caffè rimanente nei paesi produttori è diminuita, passando da un terzo ad un tredicesimo.

Gli agricoltori fanno inoltre ricorso alle cooperative per ottenere redditi più equi. Le cooperative casearie in Italia offrono una vasta gamma di prodotti. Attualmente, in India, 75.000 cooperative di prodotti caseari costellano il paese, con 10 milioni di iscritti. Tra le principali imprese lattiero-casearie, le prime tre sono cooperative. Tra queste troviamo la Cooperativa dei Produttori di Latte del Kaira District, nata nel 1946 in risposta al monopolio della distribuzione e ad una distribuzione del valore prodotto svantaggiosa per i produttori. Analogamente, negli Stati Uniti, Organic Valley, lanciata soltanto 15 anni fa’ da un piccolo numero di agricoltori, conta attualmente 519 membri ed un fatturato di oltre 125 milioni di dollari. Nell’Autunno scorso, ai membri di Organic Valley in Wisconsin è stato corrisposto quasi il doppio del prezzo medio per il proprio latte.

Responsabilizzare le società nei confronti della democrazia.

Attualmente, i cittadini di tutto il mondo riconoscono che le grandi multinazionali, che dispongono di risorse superiori alla maggior parte dei governi, funzionano essenzialmente come istituzioni pubbliche non elette. E’ necessario che esse siano poste sotto il controllo di un governo democratico, ed esistono importanti tendenze in questa direzione.

Per fare un esempio, la maggior parte dei governi del mondo si è opposta alla commercializzazione dei semi geneticamente modificati. Perfino negli Stati Uniti, in cui il peso delle grandi imprese è molto forte, nove stati, e due distretti della Pennsylvania, vietano alle aziende non familiari di possedere aziende agricole o occuparsi di agricoltura. Inoltre, sempre negli Stati Uniti, sta nascendo un movimento che si oppone al concetto di "corporate personhood" (personalità d’impresa), che ha permesso di conferire alle multinazionali diritti costituzionali prevalenti su quelli individuali e collettivi. Sensibilizzati dagli spaventosi effetti dell’attività di produzione di suini su larga scala, due municipalità della Pennsylvania, USA, hanno emanato ordinanze che negano alle imprese una simile tutela costituzionale.

Alcuni distretti scolastici degli Stati Uniti rifiutano l’invasione dei cibi prodotti industrialmente o dei fast food commerciali, causa di obesità infantile e di diabete in quel paese. In modo simile, varie località del mondo si oppongono alla mercificazione dell’acqua.

La nuova agricoltura emergente - oltre il fondamentalismo del mercato.

Questi numerosi cambiamenti, tra loro collegati, puntano oltre il "fondamentalismo del mercato", a sviluppare il concetto secondo cui tutti gli aspetti della vita non devono essere subordinati alle decisioni del mercato globale e agli interessi delle multinazionali. Al loro posto propongono un più aperto percorso democratico: non fanno riferimento ad un nuovo dogma, bensì a quello che molti definiscono "democrazia viva", a significare che si deve tener conto del benessere di tutti gli esseri viventi. La democrazia attiva, rispettosa delle peculiarità di luogo e cultura, presuppone l’impegno dei cittadini nella ricerca di soluzioni comuni e nella disponibilità a cambiare sulla base delle lezioni apprese.