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Visualizza Versione Completa : Fedeli D'Amore e Catarismo



sacher.tonino
01-09-03, 07:56
XXX- ballata media- Era in penser d'amor quand'i trovai di Guido Cavalcanti


...- E mi ricorda che n'Tolosa, Donna m'apparve, accordellata istretta, Amor la qual chiamava la Mandetta, giunse si presta e forte, che fin dentro la morte, mi colpir gli occhi suoi.-

Ecco la mia spiegazione personale:

Cavalcanti, Leader dei Fedeli D'Amore, è stanco delle tiepide posizioni del gruppo.Precisamente pensa che sia il caso di risolvere un latente spirito guelfista che serpeggia tra alcuni Fedeli D'Amore, compreso Dante.
Così Cavalcanti si reca a Tolosa e vi trova una Donna (una setta Catara) "accordellata e istretta" (tale Setta è ben discreta e nascosta) giunse si presta e forte, che fin dentro la morte, mi colpir gliocchi suoi.(Cavalcanti si affilia alla Setta che lo inizia).

A parte questa curiosa Rima di Cavalcanti, sono molti gli elementi che mi fanno pensare ad una "simpatica vicinanza" tra Catarismo e Fedeli D'Amore:
1-Il Trattato d'Amore di Francesco De Barberino.Io ho avuto la fortuna di leggerlo in una biblioteca; molto interessanti sono i disegni dei gradi di iniziazione.
2-A Firenze era molto forte la presenza di Catari e i Fedeli D'Amore sicuramente avevano un centro fisico e spirituale a Firenze.
3-Dante viene visto con sospetto dalla Chiesa e le sue ossa saranno ricercate dalla Chiesa per essere disperse.

Queste sono tutte mie personali supposizioni e quindi passibili di opinabilità e discussioni, in quanto supposizioni non hanno nessun riscontro storico oggettivo.
Mi piacerebbe ascoltare la Vostra opinione.
Con rispetto
Antonio

Otto Rahn
01-09-03, 21:50
Caro Sacher è interessante questa tua interpretazione della rima di Cavalcanti e non possiamo certo negare a priori che le cose in effetti non stessero proprio in quel modo.

Devi sapere che la vicinanza tra Catari e Fedeli d' Amore non è certo una tesi peregrina. Già Evola dice cose interessanti in merito ne "Il Mistero del Graal".

L' omaggio degli stilnovisti alla "Donna", a questa presenza femminile così carica di significati e valenze spirituali corrisponde a quello dei famosi trovatori che erano spessissimo "Perfetti" catari.
L' intera civiltà occitana fu informata di valori quali la cavalleria e la poesia. Sono le famose Leys d' amour.

Possiamo supporre con cognizione di causa che tutta una corte segreta di devoti adepti conoscesse dei "misteri" e celebrasse nelle sue raffinate produzioni artistiche queste verità.

Purtroppo come ben sai, tutto questo venne alla fine spazzato via
e si diede un colpo mortale a quanto di più bello fiorì nel Sud della Francia durante il medioevo.

Ma...come disse un anonimo trovatore:
Al cap de sept cents ans, le laurel verdégéo

"Entro settecento anni il laurel fiorirà nuovamente".



http://www.enya.org/images/stories/grial.jpg

Il Sangreal è stato custodito dalle donne angelicate, le Donzelle del Graal. Nell'immagine la colomba celeste trasporta un incensiere d' oro che rilascia un aroma che sembra contenere tutte le spezie del mondo", che ricorda "il grial" aromatico della mitolgia celtica.

sacher.tonino
02-09-03, 07:39
Molto bello ed interessante quello che scrivi.
Ti ringrazio di avermi risposto.
Antonio

Silvia
02-09-03, 18:31
Davvero molto suggestivo… :)

Sono del tutto incompetente in materia (e mi scuso per l'intrusione), ma nell'ambito di una ricerca sull'esoterismo dantesco ho trovato spesso accenni ad un legame tra Catari e Fedeli d'amore: sia gli uni che gli altri, per esempio, si proponevano il ritorno alla purezza della dottrina cristiana. Inoltre gli stilnovisti, molti dei quali erano Fedeli d'amore, si ispiravano alla poesia mistica orientale, in particolare ai Sufi persiani, e proprio dalla Persia nacque il movimento manicheo da cui ebbe origine l’eresia catara. O almeno così ho letto.


Scrive Luigi Valli ne Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d’amore (1988): “… Quando la crociata degli albigesi desolò con le sue ripetute stragi la Provenza, essa disperse per il mondo insieme la poesia d'Amore e l'Eresia...".

:)

sacher.tonino
02-09-03, 18:53
Grazie Silvia del Tuo contributo.
Sicuramente, il pensiero Dantesco influenzò Dante Gabriel Rossetti di cui sotto riporto un suo dipinto di cui, purtroppo, non ricordo il titolo, ma mi sembra fosse dedicato alla Beatrice Dantesca.

http://www.martiansands.net/preraphaelites/images/rossetti_beatrix1.jpg

Otto Rahn
03-09-03, 00:29
In Originale postato da Silvia


Sono del tutto incompetente in materia (e mi scuso per l'intrusione)


Quale intrusione cara Silvia? :)
Questo forum è aperto a tutti. Non è una bacheca di tavole della legge. Dev' essere un luogo per confrontarsi, discutere, intessere uno scambio tra chi vuole approfondire il pensiero gnostico e il cristianesimo delle origini nella sua autenticità.
Non è mica un luogo autoreferenziale in cui io e Ichthys ci sbrodoliamo addosso le reciproche conoscenze, giusto? ;)

Venite quando volete e lasciate un segno del vostro passaggio.

Saluti!

Otto Rahn
03-09-03, 17:45
I concetti della dottrina dantesca

Beatrice fa parte di quella schiera di donne allegoriche care ai poeti del dolce stil nuovo e come tali continuazione della tradizionale raffigurazione della sapienza come femminile (sophia, shekinah). Il culto della donna allegorica proveniva dalla Persia. Lì nacquero tutti i grandi luminari dell’Islam, e lì si formò la scuola mistica dei sufi. Molte poesie sufiche esprimono un netto indifferentismo religioso, attaccato di panteismo da fonte cristiana, ma mai apertamente sconfessato dalla gerarchia ortodossa islamica, come lo furono invece analoghi movimenti gnostici cristiani influenzati da tale pensiero. I manichei per esempio professavano uno gnosticismo dualista secondo influenze dello zoroastrismo persiano. Nel loro linguaggio segreto usavano chiamarsi i "Figli della Vedova", forse per influenza egiziana del culto di Iside. I trovatori del sud della Francia, spesso opposti a Roma, furono fonte di trasmissione del sapere della cultura araba consolidatasi in Spagna.
Gli albigesi ripresero alcune teorie, singolare è l’importanza data al vangelo di Giovanni, letto come "Consolamentum" all’imminenza della morte naturale. Affiora in essi la dottrina della purificazione delle anime tramite la trasmigrazione, concetto di origine indoeuropea, giunto in provenza attraverso la Persia ed i mistici arabi della Spagna. È singolare comunque che la lotta dei poeti amorosi provenzali, così vicini alla eresia albigese, contro la curia romana conosce una eccezione - i Templari. Mai un trovatore ha cantato una satira contro questo Ordine.
Una comune origine gnostica accomuna albigesi, Templari e sufi, in contatto tra loro ed espressione della gnosi nelle loro rispettive religioni. La mistica in Persia diventa la maschera del libero pensiero ed in modo similare lo intendono i Templari. La setta degli ismailiti, che conosceva sette gradi di perfezione, era l’espressione estrema con la sua autonomia ed opposizione all’autorità dogmatica, di tale pensiero. I sodalizi Templari, impegnati dalla gnosi della Gaia Scienza d’Amore, adottarono in tutto il suo rigore la segretezza dei misteri antichi e svilupparono tecniche iniziatiche. Le prime donne allegoriche cristiane erano nate a Palermo, alla corte di Federico II, ed il loro nome era sempre Rosa.
L’amore cantato alla corte di Palermo, si applica chiaramente alla spiritualità templare, che del resto era in sintonia con la corte ghibellina. Nata a Palermo, la poesia d’amore come forma di gnosi si estese in toscana e al resto d’Italia, qui le donne allegoriche iniziarono a fregiarsi di nomi sempre diversi, realistici e di migliore copertura pubblica. Del resto questi poeti non operavano più con il consenso e sotto la protezione dell’illuminato imperatore Federico II alla corte di Palermo, ma in condizioni varie, spesso in ambienti guelfi legati al papato, ed una maggiore segretezza era d’obbligo. Dino Compagni chiama "Donna Intelligenza" la sua donna, vestendola dei colori verde rosso e bianco visti anche in Beatrice. Come in Guido Cavalcanti troviamo analogie di pensiero con il sufismo di Ibn Bagga, in Dante riecheggia lo spagnolo Abu Arabi. Vediamo intensamente influenzate dalla poesia e dal pensiero islamico la poesia provenzale, e forse ancor più quella siciliana e la toscana. In questo si vede una fusione di neoplatonismo ed aristotelismo.
Plotino vide l’anima come un pezzo d’oro insudiciato ed infangato, al quale si ponevano due alternative - quello dell’ascesa e della liberazione, e quella dell’affondare nella semplice materialità del corpo. La via verso l’alto, verso gli dei, verso l’intima natura dell’Io, era anche quella che tentavano di dischiudere gli antichi misteri. Plotino chiamò il principio dell’armonia naturale "Intelligenza", (il nous), mettendo sopra di esso l’Uno Assoluto, sotto di esso la psiche. Al culmine della vita spirituale Plotino vede l’estasi. Nel grande vuoto dell’anima che si priva di ogni pensare, desiderare, aspirare, si compie l’ingresso della grande quiete, della pienezza della felicità. Non possiamo approfondire ulteriormente le similitudini, ma vale la pena sottolineare quanto questo pensiero si avvicina alla concezione del Satori nel buddhismo Zen, anche se in quest’ultimo è l’uomo a creare il Satori, l’illuminazione con le proprie forze, quando per Plotino rimane neccessario un intervento esterno, simile alla grazia cristiana, che lui chiama Eros.
L’eros è l’aspirazione al mondo superiore, al superamento del condizionamento materiale, Dante dice "Al cor gentile ripara sempre Amore". Il neoplatonismo agisce nel pensiero cristiano attraverso Riccardo di San Vittore, Agostino, Boezio e Scoto Eriugena. Rientra poi in Occidente attraverso i contatti con l’Islam. Gli ultimi filosofi della scuola neoplatonica di Atene, chiusa da Giustiniano, emigrarono in Persia e lì i loro successori vennero in contatto con l’Islam, dando origine alla sua corrente mistica, il sufismo. La venerazione araba per l’Intellectus Activus plotiniano trovò poi la via per l’Europa attraverso la corte imperiale di Federico II a Palermo, la Spagna ed i Cavalieri Templari. Qui converge l’esaltazione dell’Eros plotiniano, della venerazione dell’Amore. Amore che non nasce dalla sola vista, ma dal vedere e ripensare costante. Questo travaglio intellettuale del ripensare costante è sottolineato in modo continuativo dai Fedeli d’Amore.
Nel Templarismo spirituale questa abitudine alla riflessione profonda diventa caratteristica essenziale, soltanto nel suo ambito può formarsi quella elite spirituale a cui si aspirava come germe del rinnovamento di chiesa ed impero. I Templari, acerrimi nemici della Ecclesia Carnalis scaturita dalla donazione costantiniana, si consideravano come silenziosi portatori di questo germe della nuova chiesa, in piena concordia con le tesi di Dante. Una catena iniziatica ininterrotta passa da Ermete Trismegisto per Pitagora, Platone, Seneca, Plotino e Giamblico fino ai Fedeli d’Amore ed ai poeti ghibellini siciliani, ed attraverso i Templari fino alla accademia platonica di Firenze.
Anche se Plotino ricusava la gnosi, i fondamenti del loro pensiero e delle loro aspirazioni filosofiche ultime erano simili e si fusero, irradiandosi nella morente religione greco-romana come nei tre monoteismi di origine medio-orientale. I Templari, come i poeti d’amore dell’alto medioevo si inseriscono a pieno titolo nella tradizione ermetico-gnostica-neoplatonica. Dante nella sua lenta e faticosa ascesa dal buio delle umane nefandezze verso la luce di Dio, si rivela gnostico, esprimendo le grandi verità in modo appena velato per tenerle a disposizione di chi ha orecchie per sentire. L’accenno di Beatrice (Purg. XXXI, 51) alle sue "membra in terra sparse" suona simile ad un passo nel Vangelo di Eva, gnostico: "Io sono tu e tu sei io, e dove tu sei là sono io, e in tutti io sono sparsa", analoghi passi possono essere trovati nel vangelo di Filippo. Del resto come la gnosi templare recepì il sufismo islamico, così nello stesso periodo fu scritto nella Spagna musulmana lo Zohar, massimo libro della gnosi ebraica. La raffigurazione di Dio come punto Luminoso (Par. XXVIII,16) è una immagine tipica della Cabala.
La gnosi templare accoglie la ricerca della progressiva smaterializzazione dell’uomo interiore, fino alla spiritualizzazione suprema. L’amore descritto è l’eros neoplatonico, la causa della mors philosophorum, della distillazione ultima della componente divina dell’uomo. Nel Convivio Dante dice: "Quella fine e preziosissima parte dell’anima che è la deitade" (Convivio III,2). In questo contesto la conquista della visione di Beatrice, che poi si fa tramite della visione di Dio, è una elegante esposizione della dottrina gnostica templare della beatitudine.


[passaggio tratto dal saggio
"Dante e i Templari
Una comune ricerca del Divino]

Dal sito http://www.zen-it.com/