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Visualizza Versione Completa : Hamas: l'identità dei terroristi palestinesi più agguerriti



Pieffebi
10-09-03, 22:11
da www.israele.net

" La guerra contro Israele secondo Hamas

10 settembre 2003

Quali sono gli obiettivi e i metodi del movimento Hamas, quello con cui Israele, secondo l'Autorita' Palestinese , dovrebbe "dialogare" e concordare una "tregua"? Lasciamo la risposta alle stesse parole di Hamas.
La Carta del Movimento di Resistenza Islamico, meglio noto come Hamas, venne varata il 18 agosto 1988. Si tratta di un prolisso documento ideologico, composto da 36 articoli e un Preambolo, che indica nella distruzione di Israele e degli ebrei attraverso la violenza l'obiettivo fondamentale dell'organizzazione.
Eccone alcuni brevi estratti:

"Hamas si batte per piantare la bandiera dell'islam su ogni centimetro della Palestina" (art. 6).

"Israele esistera' solo finche' l'islam non lo cancellera', esattamente come ha cancellato altri prima di lui" (Preambolo).

"La terra di Palestina e' waqf [possedimento religioso islamico], consacrata alle future generazioni musulmane fino al Giorno del Giudizio. Nessuno puo' cedere o abbandonare la terra di Palestina o una qualunque sua parte" (art. 11).

"La Palestina e' terra islamica […] e pertanto la liberazione della Palestina e' un sacro dovere individuale per ogni musulmano, dovunque si trovi" (art. 13).

"Nel momento in cui i nemici usurpano una parte della terra islamica, la jihad [guerra santa] diventa un sacro dovere individuale di ogni musulmano. A fronte dell'usurpazione da parte degli ebrei, e' obbligatorio levare il vessillo della jihad" (art. 15).

"In risposta alla chiamata del dovere, si serreranno i ranghi, i combattenti si uniranno ad altri combattenti e in ogni parte del mondo islamico le masse si leveranno proclamando a gran voce la jihad. Il grido raggiungera' i cieli e riecheggera' fino a quando sara' raggiunta la liberazione, gli invasori saranno annientati e giungera' la vittoria divina" (art. 33).

"Le iniziative, le cosiddette soluzioni di pace e le conferenze internazionali sono in contraddizione con i principi di Hamas. […] Queste conferenze non sono altro che un mezzo per rendere gli infedeli arbitri in terra islamica […] Non c'e' altra soluzione per la questione palestinese al di fuori della jihad. Iniziative, proposte e conferenze internazionali sono una perdita di tempo, un esercizio di futilita'." (art. 13).

"L'Egitto si e' escluso dalla lotta con il tradimento degli Accordi di Camp David [con Israele]. I sionisti cercano di trascinare altri paesi arabi in accordi simili allo scopo di allontanarli dalla lotta. […] Lasciare l'ambito della lotta contro il sionismo costituisce alto tradimento: sia maledetto chiunque lo fa" (art. 32).

"Il Giorno del Giudizio non arrivera' finche' i musulmani non avranno combattuto e ucciso gli ebrei" (art.7).

"Il nemico complotta da molto tempo […] e ha accumulato enormi ricchezze e potere materiale. Con il denaro ha preso il controllo dei mezzi di comunicaazione mondiali, come le agenzie di stampa, i grandi giornali, le case editrici e le catene radiotelevisive. […] Con il denaro ha fatto scoppiare rivoluzioni in varie parti del mondo, allo scopo di soddisfare i suoi interessi e trarre altre forme di profitto. […] Ha organizzato la rivoluzione francese, la rivoluzione comunista e la maggior parte delle altre rivoluzioni. […] Con il denaro ha creato organizzazioni segrete, come la massoneria, i Rotary Clubs, i Lions Clubs, il Bene' Berith, che si propagano in tutto il mondo allo scopo di distruggere la societa' e promuovere gli interessi sionisti. [….] Con il denaro il nemico ha preso il controllo degli stati imperialisti e li ha spinti a colonizzare molti paesi per sfruttarne le risorse e diffondervi la corruzione. E' noto che il nemico ha organizzato la prima guerra mondiale per distruggere il califfato islamico […] e ha creato la Societa' delle Nazioni come strumento per dominare il mondo. E ha organizzato la seconda guerra mondiale, con la quale ha realizzato immensi guadagni finanziari […] e si e' attrezzato per fondare il suo stato. Ha ordinato che fosse formata l'Organizzazione delle Nazioni Unite, con il Consiglio di sicurezza al suo interno, per mezzo della quale domina il mondo. Non c'e' guerra nel mondo in cui il nostro nemico non abbia messo le mani. [Come dice il Corano 5,64], ogni volta che i giudei accendono il fuoco della guerra, iddio lo spegne. Gareggiano nel seminare il disordine sulla terra, ma iddio non ama i corruttori. […] I poteri imperialisti, sia nell'ovest capitalistico che nell'est comunista, sostengono il nemico con tutta la loro forza, in termini materiali e umani, alternandosi in questo ruolo. Quando l'islam si risveglia, le forze della miscredenza si uniscono per combatterlo, perche' la nazione dei miscredenti e' una" (art. 22).

"Il complotto sionista non ha limiti: dopo la Palestina, vorranno espandersi dal Nilo all'Eufrate. Quando avranno ingoiato tutta la regione di cui si sono nutriti, cercheranno di espandersi ulteriormente. Il loro complotto e' delineato nei Protocolli dei Savi Anziani di Sion". (art.32). [ :D ]

"Hamas si considera la punta di lancia e l'avanguardia della lotta contro il sionismo mondiale. […] I gruppi islamici in tutto il mondo arabo dovrebbero fare lo stesso, giacche' sono ben attrezzati per il loro ruolo nella lotta contro gli ebrei guerrafondai" (art. 32).

(israele.net, 9.09.03) "

L'Autorità Nazionale Palestinese del terrorista mai pentito Arafat, nemico della pace numero uno, considera questa organizzazione criminale e delirante un possibile interlocutore.........


Shalom!!!

Pieffebi
10-09-03, 22:15
da www.israele.net

" Doppia strage terroristica in Israele: almeno 15 morti

10 settembre 2003

Un attentatore suicida palestinese si e' fatto esplodere martedi' pomeriggio presso una fermata di autobus di fronte alla base militare di Tzrifin, affollata di soldati in licenza e di persone dirette al vicino ospedale Assaf Harofe, lungo la strada Ramle-Jaffa (nel centro di Israele). Otto i giovani uccisi, almeno 32 i feriti o mutilati.
La polizia israeliana era in stato di massima allerta gia' da alcuni giorni, sulla base di segnalazioni che indicavano imminenti attentati soprattutto nell'area di Gerusalemme. Ma i numerosi posti di blocco istituti per l'occasione sulle strade israeliane non hanno potuto impedire la strage.
Il leader di Hamas Abdel Aziz Rantisi ha dichiarato da Gaza che l'attentato "costituisce la risposta ai crimini sionisti", un riferimento alle azioni anti-terrorismo con cui le Forze di Difesa israeliane hanno colpito nelle ultime settimane diversi esecutori, mandanti e ideologi del terrorismo.
"Tutto questo non ha nulla a che vedere con le ultime operazioni militari israeliane. Un attentato come questo necessita di molto tempo per essere pianificato, organizzato e realizzato". Lo ha dichiarato David Saranga, vice portavoce del ministero degli esteri israeliano, che ha aggiunto: "Le organizzazioni terroristiche palestinesi seguono una loro agenda, che consiste nel cercare di ammazzare quanti piu' ebrei sia loro possibile, non importa se civili o militari".
Condannando "con forza" l'attentato a Tzrifin, il neo nominato primo ministro palestinese Ahmed Qurei (Abu Ala) ha dichiarato al Jerusalem Post che, se accettera' l'incarico, intende adoperarsi per un vero cessate il fuoco e non una mera "hudna" (tregua provvisoria).
Meno di sei ore dopo l'attentato a Tzrifin, un altro attentatore suicida palestinese si faceva esplodere martedi' sera all'ingresso del ristorante Cafe Hillel, in via Emek Refaim, nell'affollato quartiere German Colony (a Gerusalemme sud), causando almeno sette morti e oltre 50 tra feriti e mutilati, di cui alcuni in gravissime condizioni. Secondo le prime notizie, una guardia ha cercato di impedire all'attentatore di entrare nel locale, evitando una strage di ancora piu' gravi proporzioni.
Entrambi gli attentatori, Ihab Abu Salim e Ramed Abu Salim, membri di Hamas, provenivano dal villaggio di Rantis (a nord-ovest di Ramallah) e avevano frequentato insieme l'universita' palestinese di Bir Zeit. Nella citta' di Gaza e nel campo palestinese di Bureijn (striscia di Gaza) si sono registrate manifestazioni di gioia per i due attentati, con spari in aria e distribuzione di dolci.
I due attentati di martedi' sono stati rivendicati con un volantino dalle Brigate Iz a Din al-Kassam, ala militare del movimento fondamentalista palestinese Hamas esplicitamente votato alla distruzione di Israele e all'eliminazione di tutti gli ebrei dalla regione.

(Jerusalem Post, Ha'aretz, 9.09.03) "


Shalom!!!

agaragar
10-09-03, 22:32
ma se lo "sceicco" yassin sta tranquillamente sulla sedia a rotelle in casa sua.....:rolleyes:

Pieffebi
10-09-03, 22:33
da www.cnn.it

" Hamas: ogni casa israeliana
sarà un nostro bersaglio
Ultimo aggiornamento 10 settembre 2003, 20:19 ora italiana (18:19 GMT)


Il funerale di una vittima degli attentati di martedì in Israele
http://www.cnn.it/2003/MONDO/09/10/2005hamas/story.israel.funeral.ap[1].jpg


GAZA (CNN) -- Hamas ha annunciato che inizierà a considerare come bersaglio ogni abitazione civile israeliana come rappresaglia all'attacco aereo dell'esercito israeliano contro la casa di Mahmoud Zahar, uno dei leader dell'organizzazione integralista islamica.

Un testimone afferma di aver visto un F-16 israeliano sganciare una bomba sulla casa di Zahar, distrutta dalla conseguente esplosione.

Il leader di Hamas è rimasto ferito insieme ad altre 20 persone, tra cui cinque in modo grave, mentre il figlio di Zahar e la sua guarda del corpo sono rimasti uccisi. Secondo fonti dell'ospedale dove sono ricoverate, la moglie e la figlia si trovano in terapia intensiva.

La stessa organizzazione aveva rivendicato la responsabilità per gli attentati di martedì a Gerusalemme e Tel Aviv, commessi come risposta ai crimini di Israele contro i plaetsinesi.

In seguito al ferimento di Zahar, un comunicato di Izedine al Qassam, il braccio armato di Hamas, annuncia che "il bombardamento di abitazioni civili è una violazione di tutti i trattati. Per questo il nemico sionista dovrà affrontare la responsabilità del nostro utilizzo come bersagli di ogni casa ed edificio sionista in tutta la Palestina occupata". "


Shalom!!!

Pieffebi
10-09-03, 22:39
www.cnn.it

" Sondaggio: israeliani favorevoli ad attacchi contro Hamas
Sono circa due terzi del totale i cittadini israeliani favorevoli all'intento del governo di Ariel Sharon di assassinare lo sceicco Ahmed Yassin, e che approvano dunque il recentemente fallito tentativo di eliminare il fondatore, guida spirituale e leader supremo di Hamas.

È quanto risulta da un sondaggio pubblicato oggi sul quotidiano indipendente ebraico 'Haaretz', ed effettuato prima dei due ennesimi attentati suicidi che ieri hanno insaguinato Tel Aviv e Gerusalemme.

Su cento interpellati, 59 su sono schierati infatti per l'eliminazione dello sceicco tetraplegico; il 18 per cento ritiene anzi che andrebbe ucciso pure Yasser Arafat, presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, mentre per il 28 egli va comunque espulso.

Quanto alla linea di condotta da tenere dopo le dimissioni da premier dell'Anp del moderato Mahmoud Abbas alias Abu Mazen, rivale di Arafat, il 31 per cento del campione invoca una "campagna militare su larga scala contro il terrorismo palestinese" in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. "

Ci mancherebbe altro........

Shalom!!!

yurj
11-09-03, 15:45
I sondaggi sull'assassinare o meno una persona... :rolleyes:

agaragar
11-09-03, 16:53
In origine postato da Pieffebi
Sono circa due terzi del totale i cittadini israeliani favorevoli all'intento del governo di Ariel Sharon di assassinare lo sceicco Ahmed Yassin,

Su cento interpellati, 59 su sono schierati infatti per l'eliminazione dello sceicco tetraplegico; il 18 per cento ritiene anzi che andrebbe ucciso pure Yasser Arafat, presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese
...l'80% ha detto "metteteci pure mia suocera"....

ma io lo so chi ha fatto il sondaggio....affuse....

Pieffebi
11-09-03, 19:38
In origine postato da yurj
I sondaggi sull'assassinare o meno una persona... :rolleyes:

No! Semmai per eliminare dei terroristi criminali, vero esercito di banditi in guerra dichiarata, (che la polizia palestinese non persegue, non arresta, di cui non chiude le sedi che sono pubbliche, che Arafat protegge) che hanno assassinato già scientemente (niente "effetti collaterali" di azioni di resistenza contro obiettivi militari) e facendosene vanto .....centinaia di civili israeliani e hanno promesso di assassinarne altrettanti nelle loro case e di distruggere un legittimo Stato sovrano, nato per decisione delle Nazioni Unite, sterminandone gli abitandi e cacciandone i superstiti. L'unico Stato democratico di tutta la regione.
Che piaccia o no agli antisemiti di destra e di sinistra, Israele ha il pieno diritto di difendersi con le armi, e si difenderà.
Chi vuole la pace sa come fare e quali sono gli ostacoli principali da rimuovere. Ma Arafat e i suoi NON vogliono la pace vera, non vogliono uno Stato Palestinese sui Territori, se non come obiettivo transitorio. Vogliono TUTTA la regione, vogliono l'annientamento dello Stato ebraico, vogliono perseguire fino in fondo i loro fini criminali, simmetrici , anche se dieci volte più violenti, a quelli dell'ultradestra israeliana dei gruppetti integralisti che sognano tutt'ora la grande Israele, magari fino a Damasco.


Shalom!!!

yurj
11-09-03, 20:45
Pfb, non ti hanno spiegato che Mussolini non ha ucciso nessuno?

La favoletta su Arafat che fa gli attentati e' cibo per quelli come te con la bava alla bocca, in un mondo che non capiscono piu'.

Vi mettete a fare i sondaggi sull'ammazzare le persone.

Facciamone uno mondiale, chi arriva primo?

Spero che l'Europa mandi presto forze armate a difendere l'Anp dai barbari dell'Idf - likudini.

Pieffebi
11-09-03, 20:50
Mussolini? Lo Stato d'Israele è nato dopo la sua morte, e anche come conseguenza del genocidio ordito dai nazisti e comunque delle plurisecolari persecuzioni religiosie, politiche e razziali a cui sono stati sottoposti milioni di ebrei. Non ultima quella del fascismo italiano.

La guerra difensiva contro i criminali assassini e vigliacchi di Hamas e compagni, per sgominare il terrorismo animalesco protetto da Arafat.....resta sacrosanto diritto dello Stato di Israele.

Shalom!!!

agaragar
11-09-03, 21:04
In origine postato da Pieffebi
No! Semmai per eliminare dei terroristi criminali, vero esercito di banditi in guerra dichiarata,
sai pf, rimpiazzare un compare come Arafat o yassin non è mica facile....

yurj
11-09-03, 21:04
No, ma spiegami se mussolini aveva mai ucciso qualcuno.

Cmq, il livello di incivilta', ignoranza a cui siete arrivati, per cui i problemi si risolvono ammazzando le persone (Allende?) vi squalificano alla guida di qualsiasi organo democraticamente eletto.

Pieffebi
11-09-03, 21:42
Qui si parla degli assassini folli dell'estremismo palestinese. Mussolini non è argomento di questo 3d. Quanto ad ignoranza............. e a libere elezioni................
Israele si difenda con la forza fino a sgominare le bande terroriste e sistemi la questione una volta per tutte. I palestinesi invece di cacciare i dirigenti capaci e sensati caccino il terrorista non pentito, bandito e bugiardo professionale, che fa il presidente della sedicente ANP, complice di Hamas nella follia suicida a danno del proprio popolo innanzi tutto.

Shalom!!!

yurj
11-09-03, 21:52
a) Pfb, chi vende le armi ai terroristi?

b) che c'entra la popolazione civile palestinese, il loro Stato, con le bombe negli autobus?

Pieffebi
11-09-03, 21:56
Hamas nei territori amministrati dall'ANP ha sedi ufficiali, i suoi dirigenti circolano liberamente, la polizia anzichè arrestarli li protegge e li aiuta. Arafat ha cacciato il premier che voleva fermarli, perchè è un terrorista. Ora ha gettato la maschera.

Shalom!!!

yurj
11-09-03, 22:10
In origine postato da Pieffebi
Hamas nei territori amministrati dall'ANP ha sedi ufficiali, i suoi dirigenti circolano liberamente, la polizia anzichè arrestarli li protegge e li aiuta. Arafat ha cacciato il premier che voleva fermarli, perchè è un terrorista. Ora ha gettato la maschera.

Shalom!!!

quei territori non sono amministrati dall'Anp, non dire il falso.

Chi vende le armi ad Hamas e cosa c'entrano gli attentati con la popolazione palestinese?

Arafat non e' colpevole di nulla, e' chiuso col chiavistello dentro un palazzo diroccato!!!

Basta sparare cazzate da sionisti di destra dell'ultima ora.

yurj
11-09-03, 22:20
http://www.disinformazione.it/hamas.htm

Devo tutte le rivelazioni che scriverò qui a Joseph Brewda, un giornalista americano ed ebreo, che mi onora della sua amicizia. Joseph è convinto che i terroristi suicidi, sia i palestinesi che si fanno saltare in Israele, sia (se ci sono mai stati) quelli sugli aerei dell' 11 settembre, possano essere “fabbricati".
Il racconto di Joseph prende le mosse dal Tavistock Institute di Londra: una strana clinica per malati mentali, un centro di ricerche psichiatriche di fama mondiale che - stranamente - è gestito da alti ufficiali delle forze armate britanniche. Fondato nel 1920 sotto la direzione del generale di brigata e psichiatra dr.John Rawlings, il Tavistock nacque per occuparsi dei soldati traumatizzati dalla "Grande Guerra". Gli psichiatri e psicanalisti del generale scoprirono presto che questi individui erano acutamente suggestionabili; e che lo stesso effetto poteva essere ottenuto attraverso interrogatori brutali e torture. Essi misero a punto tecniche del controllo comportamentale, che furono praticate durante il secondo conflitto mondiale, come parte di vasti programmi di "guerra psicologica". Nel 1945, in un suo libro (“The shaping of psichiatry by war”), il generale Rees, un altro degli scienziati del Tavistock, propose che metodi analoghi a quelli sperimentati in guerra, potevano attuare anche il controllo sociale in intere società o gruppi, in tempo di pace. "Se proponiamo di uscire all’aperto”; scriveva Rees, “e di aggredire i problemi sociali e nazionali dei nostri giorni, allora abbiamo bisogno di "truppe speciali" psichiatriche, e queste non possono essere le equipes psichiatriche Stanziali nelle istituzioni. Dobbiamo avere gruppi di psichiatri selezionati e ben addestrati che si muovano sul territorio e prendano contatto con la situazione locale nella sua area particolare".

[continua]

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http://www.centrexnews.com/columnists/svali/archive.html

Svali used to be a programmer and trainer in the cult of the Illuminati. Both she and her entire family were involved in the cult group until several years ago, when they finally broke free.

She has been a consultant to an on-line survivors group that helps people dealing with issues related to cult programming and ritual abuse.

Svali, a writer and a registered nurse, has self-published a book on breaking free of cult programming, which several experts in the field have said has "invalueable information" for the survivor of ritual abuse.

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Q: What are the plans of the Illuminati for the Middle East and how will it affect the rest of the world? Will we see WWIII?

A: The conflict in the middle east is only to the advantage of the Illuminists. They HATE Israel, and hope one day to see it destroyed, and are biding their time. One of the olive branches offered by the UN when it takes over is that they will prevent war in the middle east, and this will be greeted with joy by many.

At the same time, the Illuminati covertly supply guns and funds to BOTH sides to keep the conflict fueled. They are very duplicious people. They used to funnel guns through the USSR to Palestine, for example, in the name of promoting "friendliness" between the USSR and this state and other arab nations. Then, the US Illuminists would help funnel guns to Israel, for the same reason.

These people love the game of chess, and see warfare between nations as creating an order out of chaos. The USSR is going to get stronger again. It has too strong a military both openly, and covertly (ALL Illuminati military trainers have visited Russia to learn from them) to sit quietly and quiesciently to the side. In the NWO, they will be stronger than us.

# Want to hear the end of the world scenario the Illuminati taught me? It was cult propaganda, but this is how they believed the New Order would be ushered in: There will be continued conflict in the mideast, with a severe threat of nuclear war being the culmination of these hostilities.
# An economic collapse that will devastate the economy of the US and Europe, much like the great depression.

One reason that our economy continues limping along is the artificial supports that the Federal Reserve had given it, manipulating interest rates, etc. But one day, this won't work (or this leverage will be withdrawn on purpose) and the next great depression will hit. The government will call in its bonds and loans, and credit card debts will be called in. There will be massive bankruptcies nationwide. Europe will stabilize first,and Germany, France and England (surprise) will have the strongest economies, and will institute through the UN an international currency. Japan will also pull out, although their economy will be weakened.

Peacekeeping forces will be sent out by the UN and local bases to prevent riots. The leaders will reveal themselves, and people will be asked to make a pledge of loyalty during a time of chaos and financial devastation.

Doesn't sound pleasant, does it? I don't know the exact time frame for all of this, and wouldn't want to even guess. The good news is that if a person is debt-free, owes nothing to the government or credit debt, and can live self sufficiently, they may do better than other. I would invest in gold, not stocks, if I had the income. Gold will once again be the world standard, and dollars will be pretty useless (remember after the Civil War? Our money will be worth about what confederate money was after the collapse).

All this said, it could just be cult propaganda taught to me and others to frighten us. It may be that none of this will happen. I sincerely hope not. I also strongly believe that God is able to stay the hand of the wicked, and to take care of our nation and others, if we turn to Him.

Pieffebi
15-09-03, 20:36
da www.shalom.it


" Tra menzogne ed esagerazioni di molti media arabi
Una società immersa nella disinformazione



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Se si vuole capire il Medio Oriente, bisogna prestare attenzione ad alcuni eventi assai importanti che hanno avuto luogo negli ultimi giorni del regime di Saddam Hussein. Questi i fatti. A un certo punto le forze statunitensi prendono il controllo dell'aeroporto internazionale di Bagdad. Il ministro dell'Informazione iracheno Muhammad Sàid al-Sahhaf annuncia per quella stessa notte un grande attacco a sorpresa con l'uso di squadre suicide. Poche ore dopo, al-Sahhaf afferma che la Guardia Repubblicana ha ripreso il controllo dell'aeroporto, che le forze "mercenarie" americane sono in fuga e che l'Iraq sta vincendo la guerra. Promette persino che entro un'ora il governo porterà i giornalisti stranieri a fare un giro all'aeroporto per mostrare loro che è in mani irachene. Naturalmente non ha luogo nessun giro di giornalisti. In effetti, non solo l'aeroporto resta saldamente sotto il controllo americano, ma non si verifica nessun attacco a sorpresa nella notte. (Ha scritto Beppe Severgnini sul Corriere della Sera del 14.04.03: "La specialità di al-Sahhaf era rifiutare l'evidenza. Per lui l'avanzata angloamericana, semplicemente, non avveniva. L'uscita di scena è stata un pezzo di bravura. Nell'ultima conferenza-stampa, l'ineffabile ministro iracheno negava l'arrivo degli americani a Bagdad, sebbene i carri armati Usa fossero visibili alle sue spalle, sotto le finestre. Le redazioni televisive, dagli Usa e da Londra, gridavano in cuffia ai corrispondenti: "Ditegli di girarsi!". Ma lui non si girava, e ripeteva la sua versione dei fatti: una ventata d'avanspettacolo".)
Queste menzogne così sorprendentemente spudorate sembrarono solo l'estrema velleità disinformativa di un regime sull'orlo del collasso. Niente di più sbagliato. La grottesca vicenda del ministro al-Sahhaf non è affatto unica, anzi essa è terribilmente tipica di ciò che accade da decenni nel mondo arabo, e non solo in Iraq. Le grandi menzogne, le esagerazioni al limite del ridicolo o comunque le si voglia chiamare sono assolutamente normali. Innumerevoli volte, riguardo a Israele o altre questioni, in occidente i media, i governi, gli studiosi e ampi segmenti dell'opinione pubblica hanno preso per attendibili questo genere di "informazioni", o come minimo le hanno messe sullo stesso piano della versione degli stessi eventi data da altre fonti. Ci sono voluti gli imbrogli da burletta del ministro al-Sahhaf per mostrare nitidamente di che pasta è fatta certa "informazione". Ora sarebbe bene apprendere questa lezione una volta per tutte: perché è esattamente così che funzionano troppo spesso i meccanismi dell'informazione nel mondo arabo. Il che non significa che gli arabi siano in generale contenti di questo stato di cose. ("Ovviamente - scrive ancora Severgnini - al Sahaf non era inoffensivo. Saddam non scelse un umorista, per raccontare la sua versione dei fatti. La Cnn, espulsa da Bagdad, parla di minacce e complotti architettati dal ministero). Non v'è dubbio che la distorsione della verità è continua e generalizzata. Bastava guardare qualunque televisione araba o leggere qualunque giornale arabo per credere che l'Iraq stesse vincendo la guerra, che il popolo iracheno fosse schierato compatto con Saddam, che le forze della coalizione stessero commettendo atrocità di massa e che l'attacco al regime iracheno fosse causato dalle peggiori motivazioni possibili e immaginabili.

Come può la gente avere a che fare con il mondo reale quando è imbottita di tanta disinformazione? Come stupirsi che crescano sentimenti visceralmente anti-americani, e che moderazione e pace appaiano impossibili, sulla scorta di una tale sfilza di convinzioni tanto infondate eppure tanto radicate? È così che si gettano le basi di altri e peggiori disastri ai danni degli stessi arabi. Il 14 aprile Jihad al-Khazen, già direttore di al-Hayat, ha scritto un editoriale sul suo giornale intitolato "Imbecilli americani". Per cogliere appieno il significato di questo articolo, bisogna sapere che Khazen è considerato un moderato nel contesto del mondo dell'informazione araba: ha vissuto a lungo in occidente e potrebbe fare molto per aiutare i suoi lettori a capire meglio la realtà. Ecco come inizia il suo pezzo: "Membri della banda del Likud (il partito israeliano del Primo ministro Ariel Sharon) all'interno dell'amministrazione americana, banda la cui esistenza il segretario di Stato Colin Powell ha confermato negandola, si è infiltrata nelle università, nei centri di ricerca e nel governo". Spiega poi che questa banda è responsabile della politica americana e appoggia le pratiche "naziste" israeliane. Agenti israeliani, spiega Khazen, dettano al segretario della difesa americano Donald Rumsfeld quello che deve dire o non dire. Se questo è ciò che scrive uno dei giornalisti arabi più scaltri, più razionali, più esperti del mondo occidentale e, relativamente parlando, più moderati, come potrà il mondo arabo, dal punto di vista dei suoi stessi interessi, affrontare efficacemente gli Stati Uniti sul piano diplomatico?

A questo punto c'è un altro grande mito da sfatare: non è la politica di Washington che genera così tanto odio in Medio Oriente verso gli Stati Uniti, quanto piuttosto la rappresentazione totalmente distorta di quella politica e di ciò che fanno realmente gli Stati Uniti. Ciò che Khazen e i suoi colleghi non capiscono è che la loro incapacità di comprendere, o riconoscere, ciò che accade nella loro stessa regione e la loro completa indisponibilità a giudicare con un minimo di obiettività la politica americana procurerà loro molti più danni di tutte le immaginarie bande di sionisti infiltrate in giro per il mondo.

Barry Rubin ©

Direttore della Middle East Review of International Affairs "




Cordiali saluti

Pieffebi
21-09-03, 22:46
da www.israele.net

" Lotta al terrorismo. Le decisioni di Israele

12 settembre 2003

Questo il testo del comunicato diramato dal governo israeliano al termine della riunione d'emergenza di giovedi' 11 settembre, convocata all'indomani dell'ultima serie di stragi terroristiche palestinesi a Gerusalemme e Tel Aviv.

"Il primo ministro israeliano Ariel Sharon ha dato istruzione giovedi' alle forze di sicurezza israeliane di agire senza sosta, in modo continuativo e determinato, per eliminare le organizzazioni terroristiche, e di adottare tutte le misure appropriate contro i loro capi, comandanti ed esecutori fino a quando saranno fermati i loro atti criminali. Tale impegno proseguira' giorno e notte, senza interruzioni, fino a quando verra' il momento in cui il governo di Israele sara' convinto che l'Autorita' Palestinese ha iniziato ad agire concretamente per smantellare ed eliminare le organizzazioni terroristiche.
I fatti degli ultimi giorni hanno nuovamente dimostrato e confermato che Yasser Arafat e' un totale ostacolo per ogni processo di riconciliazione tra Israele e palestinesi. Israele agira' per rimuovere questo ostacolo nei modi e nei tempi che riterra' opportuni.
Israele non e' interessato alla questione di chi ricopra la carica di primo ministro palestinese. Tuttavia Israele sottolinea la sua posizione che e' quella di negoziare con un primo ministro palestinese che si adoperi da subito per smantellare ed eliminare le organizzazioni terroristiche, attuare e realizzare riforme complete dell'Autorita' Palestinese e onorare pienamente ogni altro impegno che l'Autorita' Palestinese si e' assunta in base alla Road Map, adottata dal governo israeliano.
Il governo d'Israele respinge l'idea di un cessate il fuoco come mezzo per affrontare il terrorismo. Il terrorismo cessera' solo quando le organizzazioni terroristiche saranno smantellate ed eliminate. Questo e' il dovere dell'Autorita' Palestinese ed essa verra' giudicata sulla base dei fatti e dei risultati, non delle dichiarazioni e dei proclami.
A tale scopo, il governo incarica il ministro della difesa Shaul Mofaz di utilizzare le forze militari necessarie per incrementare le azioni contro le organizzazioni terroristiche. Il governo inoltre da' istruzione che vengano messi a disposizione delle forze di sicurezza i mezzi necessari per questi obiettivi.
Il governo ha deciso di accelerare la costruzione della barriera difensiva".

(Jerusalem Post, 12.09.03) "


Shalom!!!

Pieffebi
22-09-03, 18:41
da www.israele.net

" ANALISI E COMMENTI

Ariel e la barriera difensiva

Da un editoriale del Jerusalem Post
22 settembre 2003

Lunedi' la Casa Bianca ascoltera' due alti rappresentanti del governo israeliano che spiegheranno perche' e' necessario che la barriera difensiva [in costruzione fra Israele e la Cisgiordania] debba includere Ariel.
La domanda e': come mai l'inclusione di Ariel suscita tante discussioni? Ariel e' una citta' di ventimila abitanti che si trova circa 25 chilometri al di la' della Linea Verde [ la linea armistiziale tra Israele e Giordania dal 1949 al 1967]. I parametri per la pace fra israeliani e palestinesi indicati nel dicembre 2000 dall'allora presidente americano Bill Clinton prevedevano che venissero incorporati all'interno di Israele alcuni blocchi di insediamenti concepiti in modo tale da massimizzare quanto piu' possibile il numero di coloni israeliani che si sarebbero ritrovati all'interno di Israele, riducendo nello stesso tempo al minimo la quantita' di territorio annessa a Israele, in modo che il futuro stato di Palestina potesse godere di continuita' territoriale e risultare geograficamente vitale.
Anche le piu' ampie concessioni territoriali avanzate da Clinton e dall'allora primo ministro israeliano Ehud Barak contemplavano il concetto dei "blocchi di insediamenti" che avrebbero incluso circa l'80% degli israeliani che vivono nei territori. Una barriera difensiva che non comprendesse Ariel, sebbene sia solo una barriera difensiva e non un confine politico, potrebbe essere interpretata come la volonta' di abbandonare Ariel. Ma senza Ariel, sarebbe semplicemente impossibile arrivare a quell'80% previsto da Clinton.
Gli Stati Uniti dovrebbero dire ai palestinesi: se non vi piace la barriera difensiva, smettete di "costruirla" con i vostri attentati all'interno di Israele. E il presidente George W. Bush dovrebbe affermare con fermezza che non permettera' al terrorismo di ottenere il successo di spingerlo ad abbandonare quei blocchi di insediamenti che secondo lo stesso Clinton devono essere annessi a Israele nel quadro di qualunque ragionevole compromesso territoriale.

(Jerusalem Post, 17.09.03) "


Shalom!!!

Pieffebi
26-09-03, 20:31
da www.israele.net

" Falsa calma

Da un articolo di Ze'ev Schiff
25 settembre 2003

La calma che regna da un paio di settimane e' fittizia. Solo due settimane fa si verificavano due gravi attentati, a Tzrifin e al Cafe Hillel di Gerusalemme, che causavano la morte di quindici persone.
Come al solito dopo ogni grave attentato terroristico, adesso Yasser Arafat offre a Israele un "tregua". Lo stesso tipo di offerta che fece dopo l'attentato al Park Hotel di Netanya durante la Pasqua ebraica del 2002, e dopo il feroce attentato alla discoteca Dolphinarium di Tel Aviv dell'1 giugno 2001. E ogni volta c'e' qualcuno in Israele che si domanda come sia possibile rifiutare una proposta di cessate il fuoco. Viste dall'esterno, Hamas e Jihad Islamica sembra che si stiano frenando, e per il momento anche Israele sta esercitando autocontrollo evitando di colpire il livello della dirigenza politica di queste due organizzazioni terroristiche. E allora - si chiedono in molti - perche' non andare avanti e cercare di prolungare questo periodo di relativa calma?
Un primo grosso problema e' dato dal fatto che per Hamas, con o senza tregua, e' ancora perfettamente possibile far esplodere autobus e passeggeri, come ha fatto per esempio il 19 agosto scorso con l'autobus della linea 2 di Gerusalemme. Quand'anche la dirigenza di Hamas a Gaza accettasse una "hudna" (tregua provvisoria) che escludesse tali attentati, i membri della stessa Hamas nella zona di Hebron si ritengono autorizzati a interpretare la "tregua" in modo assai diverso.
Un altro problema nasce dal fatto che tendiamo a dimenticare. Un paio di settimane di relativa calma sono un'enorme lasso di tempo. Le immagini delle vittime dell'ultimo attentato terroristico si mescolano con quelle delle vittime degli attentati precedenti.La nostra memoria, colma di tragedie, tende a confondersi, e diventiamo stolidi alle sofferenze palestinesi. Allo stesso modo, la calma puo' essere ingannevole se serve come copertura, come un intervallo utilizzato dagli assassini per riprendere le forze e approntare nuovi nascondigli. In realta', dietro le quinte si registrano sviluppi inquietanti. Il numero degli allarmi attentato, compresi quelli suicidi, e' cresciuto. Attualmente si aggira su una media di quasi cinquanta al giorno. Per il 40'% si tratta di allarmi relativi a Hamas, un altro 40% riguarda la milizia Tanzim (legata al Fatah di Arafat). Secondo i servizi di intelligence militare, il problema con Tanzim e' che ha ricevuto soldi da Hezbollah (fondamentalisti libanesi) e dall'Iran.
Mentre propone l'ennesima "hudna", Arafat sa benissimo tutto questo. Ma, come al solito, non fa nulla per fermare i preparativi di nuovi attentati. E' il solito gioco gia' noto: "Non da' inizio direttamente al terrorismo, ma non fa neanche nulla per impedirlo". In ogni caso, in quanto leader, ne porta la responsabilita'.
La relativa calma potrebbe essere efficace solo se venisse utilizzata per realizzare le condizioni che hanno elencato gli americani a Ahmed Qureia (Abu Ala), e al suo predecessore Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Ma quelle condizioni non vengono realizzate. La proposta di Arafat di una "hudna" bis non differisce dalle offerte precedenti. Al massimo si riduce a una generica dichiarazione d'intenti, del tipo di quelle gia' piu' volte brutalmente violate in passato. Ma questi proclami non possono piu' costituire la base per un accordo, certamente non con Arafat. […] Dopo la pessima esperienza della prima "hudna", il governo palestinese deve iniziare ad agire nel concreto. I proclami potranno venire successivamente. Quando Qureia venne chiamato a sostituire Abu Mazen, gli americani elencarono con cura (meglio di quanto abbia fatto finora Israele) cosa bisogna fare. Primo, il governo palestinese deve unificare i vari servizi di sicurezza sotto un unico comando (che non sia Arafat), e questo non e' accaduto. Secondo, deve iniziare a disarmare i gruppi terroristici e a confiscare le loro armi. E anche questo non e' accaduto. Terzo, deve fermare il contrabbando di armi, altra cosa che non e' successa. Quarto, deve avviare le riforme nell'Autorita' Palestinese. E finora ben poco e' stato fatto.
Queste sono le cose che anche Israele dovrebbe chiedere. E man mano che vengono fatte, il cessate il fuoco potrebbe protrarsi e svilupparsi fino a diventare un'intesa complessiva. Questo sviluppo permetterebbe agli Stati Uniti di esigere che Israele non si fermi alle dichiarazioni contro gli avamposti abusivi nei territori, e portare alla ripresa dei colloqui sull'applicazione della Road Map.

(Ha'aretz, 24.09.03) "


Shalom!!!

Pieffebi
27-09-03, 20:26
da www.israele.net

" Attacco terroristico la vigilia di Rosh HaShana'

27 settembre 2003

Un israeliano di 30 anni e una neonata sono stati uccisi nella loro abitazione, altri due sono stati feriti venerdi' sera da un terrorista palestinese che ha attaccato con armi da fuoco l'abitato di Negahot, a sud-ovest di Hebron (Cisgiordania). L'attentato e' stato sferrato mentre in Israele iniziavano le celebrazioni di Rosh HaShana', il capodanno ebraico. Il terrorista e' riuscito a superare la recinzione dell'abitato, piuttosto isolato, e' penetrato in un'abitazione civile a caso e ha fatto fuoco sui presenti. Successivamente e' stato ucciso dall'intervento delle guardie e dei soldati.
Nei giorni precedenti le festivita' ebraiche, le forze di sicurezza israeliane avevano sventato diversi attentati palestinesi grazie ad azioni anti-terrorismo condotte sia nella striscia di Gaza che nella zona di Hebron.
"I palestinesi hanno inaugurato il nuovo anno ebraico con l'ennesimo sanguinoso attentato - ha commentato David Baker, portavoce dell'ufficio del primo ministro israeliano - Evidentemente hanno fatto voto di continuare ad allungare la loro scia di terrore contro Israele, mentre l'Autorita' Palestinese continua a rifiutarsi di fare i minimi passi necessari per mettere sotto controllo il terrorismo e cercare di impedire che questi attentati si ripetano".
Alcune ore prima dell'attentato a Negahot, terroristi palestinesi avevano aperto il fuoco contro abitazioni israeliane a Psagot, presso Ramallah, e avevano sparato razzi anti-carro contro postazioni israeliane a Gadid, nella parte sud della striscia di Gaza.
Dopo l'attentato, venerdi' notte, colpi di mortaio palestinesi sono stati lanciati contro abitazioni israeliane a Gush Katif e colpi d'arma da fuoco sono stati sparati contro postazioni israeliane presso Rafah Yam (striscia di Gaza).

(Jerusalem Post, Ha'aretz, 26.09.03)
"

Shalom!!!

Pieffebi
05-10-03, 19:29
da www.israele.net

" Strage in un ristorante di Haifa

4 ottobre 2003

Almeno 19 morti (tra cui 5 bambini) e più di 50 tra feriti e mutilati (di cui alcuni in condizioni disperate) per un attentato suicida palestinese nel primo pomeriggio di sabato nel ristorante Maxim su Ha'Haganah Boulevard, all'entrata sud nella citta' israeliana di Haifa.
A Haifa convivono da sempre cittadini ebrei e arabi d'Israele. Il locale colpito dall'attentato e' di proprieta' di cittadini arabi-israeliani. Tra le persone assassinate nell'attentato, risultano anche quattro cittadini arabi israeliani.
La terrorista avrebbe sparato alla guardia all'ingresso del ristorante prima di entrare nell'affollato locale e farsi esplodere.
L'attentatrice (identificata come Hanadi Jaradat, 20 anni, originaria di Jenin, affiliata alla Jihad Islamica Palestinese, sorella di Salah Jaradat, un capo terrorista ucciso lo scorso giugno dalle Forze di Difesa israeliane) e' entrata in Israele passando tra la cittadina israeliana di Baka al-Garbiyeh e quella cisgiordana di Baka al-Sharkiyeh: una zona dove la barriera difensiva tra Israele e Cisgiordania non e' stata ancora costruita.
Da giorni le forze di sicurezza israeliane erano in stato di massima allerta per le minacce di attentati in occasione della celebrazione delle festivita' ebraiche di questo periodo.
L'attentato di sabato pone sanguinosamente fine a un periodo di relativa calma
(si veda anche: Falsa calma) durato circa tre settimane, durante il quale tuttavia erano stati sventati diversi tentativi di attentato grazie all'incessante azione anti-terrorismo delle Forze di Difesa israeliane. I piu' recenti attentati suicidi riusciti risalgono al 10 settembre, quando due terroristi palestinesi si fecero esplodere, a poche ore di distanza l'uno dall'altro, presso una fermata di autobus a Tzrifin e all'Hillel Café di Gerusalemme, causando la morte di 15 persone.
Il gruppo terrorismo palestinese Jihad Islamica non ha direttamente rivendicato la strage, ma un suo portavoce, Abdullah al-Shami, ha dichiarato che l'attentato costituisce la "naturale risposta palestinese ai crimini israeliani". Abdullah al-Shami ha detto ai giornalisti nella striscia di Gaza che "l'attentato dimostra il fallimento di tutte le misure di sicurezza prese dai sionisti", e ha aggiunto che la strage non ha nessuno specifico significato politico, spiegando che la mancanza di attentati anti-israeliani nelle scorse settimane non era dovuta a una decisione politica da parte dei gruppi palestinesi. "La pausa negli attentati era dovuta solo a difficolta' pratiche sul terreno", ha detto il portavoce palestinese, aggiungendo che i "militanti realizzano attentati ogni volta che trovano il modo di farlo".
David Baker, portavoce del primo ministro israeliano , ha dichiarato che Israele esige che l'Autorita' Palestinese prenda immediate misure concrete contro i gruppi terroristici. "L'attentato a Haifa - ha detto Baker - dimostra ancora una volta che l'Autorita' Palestinese continua a rifiutarsi di prendere anche solo le minime misure contro le strutture del terrorismo".
Il neo primo ministro palestinese Ahmed Qureia (Abu Ala) ha fatto appello "al popolo palestinese e a tutte le fazioni nazionaliste e islamiste affinche' esercitino autocontrollo, cessando di compiere azioni contro bersagli civili, che danneggiano la nostra legittima lotta nazionale". Si tratta dell'unica dichiarazione "contro il terrorismo" fatta da Abu Ala da quando e' stato nominato da Yasser Arafat a sostituire l'ex primo ministro palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Mustafa Nazel, un leader di Hamas, parlando da Beirut ha detto di non capire perche' l'Autorita' Palestinese prenda le distanza da "questo atto di coraggio".
Sabato sera il ministro degli esteri israeliano Silvan Shalom in una telefonata al segretario di stato americano Colin Powell ha spiegato che Israele e' a conoscenza del fatto che Arafat negli ultimi giorni ha continuato a stanziare fondi a favore dei gruppi terroristici.

(Ha'aretz, 4.10.03) "

Shalom!!!

Dario
05-10-03, 19:47
Sono bastati SOLO 6 incollaggi di PFB per farti arrendere? Lui è capace di fare molto di più, se solo volesse. Conosce tutti i siti pro Israele e anti Palestinesi di Internet, e se non la smetti di contraddirlo (puerilmente) è capace di farti 100 incollaggi in 5 minuti...

Pieffebi
05-10-03, 19:57
Ottimo commento all'ennesimo attentato palestinese con l'assassinio di tante persone, fra cui anche alcuni cittadini israeliani arabi.............

Shalom!!!

Pieffebi
06-10-03, 21:06
da www.adnkronos.com

" ''lo stato ebraico deve evitare un'escalation della tensione''
M.O., Bush: ''Israele non deve sentire vincoli nella difesa''
''Deve esistere uno Stato palestinese ma l'Anp deve agire contro il terrorismo''

Frattini: ''Raid israeliano rende piu' difficile dialogo''
Slitta il voto sulla risoluzione presentata all'Onu dalla Siria
Stato di emergenza nei Territori. Arafat nomina governo di crisi

Libano: ''Spari israeliani sul nostro territorio''


Washington, 6 ott. (Adnkronos) - Israele ''non si deve sentire vincolato nella difesa della sua patria'', ma allo stesso tempo deve evitare ''un'escalation della tensione'' . Lo ha dichiarato il presidente americano George Bush in una conferenza stampa congiunta assieme al presidente keniota Mwai Kibaki. Bush ha esortato israeliani e palestinesi ''ad assumersi le loro responsabilita' perche' vi sia uno Stato palestinese'', ma ha anche insistito piu' volte perche' l'Autorita' Palestinese agisca decisamente contro il terrorismo.
Bush ha detto di aver telefonato domenica al premier israeliano per esprimergli le condoglianze per l'attentato di Haifa. ''Ho detto chiaramente al primo ministro che... Israele ha il diritto di difendersi, Israele non deve sentirsi vincolato nei termini della difesa della patria'' - ha dichiarato Bush ai giornalisti, spiegando di aver anche aggiunto ''che e' importante che ogni azioni debba evitare un'escalation che porti ad una maggiore tensione'' .
Le dichiarazioni di Bush sono giunte dopo che Israele ha effettuato un raid in Siria contro un presunto campo di addestramento della Jihad Islamica, il movimento palestinese che ha rivendicato l'attentato di Haifa, in cui sono morti sabato 19 israeliani.
Damasco, che siede al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ha chiesto una risoluzione di condanna, ma l'esame del testo e' stato rinviato. La Siria ha esortato gli Stati Uniti a non avvalersi del diritto di veto, ma il rappresentante di Washington all'Onu ha commentato che la Siria si trova dalla parte sbagliata nella lotta al terrorismo .
Cristina Vicario "

Lo stato canaglia della Siria, vero il quale vanno le simpatie di talune nazioni dell'Unione Europea, che sta nascendo sotto i peggiori auspici, è membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Non molti mesi fa il leader siriano aveva dichiarato alla stampa araba: " nel medio-lungo periodo Israele sarà distrutto ". Particolari complimenti a Francia e .......Regno Unito.

Shalom!!!

Pieffebi
07-10-03, 19:19
da www.israele.net

" Bambini usati dai terroristi: la congiura del silenzio

1 ottobre 2003

Venerdi' scorso due adolescenti palestinesi di 15 e 16 anni sono stati catturati dalle Forze di Difesa israeliane alla barriere difensiva tra striscia di Gaza e Israele. I due erano stati pagati 100 shekel (circa 20 euro) ciascuno perche' rischiassero la vita nel tentativo di recuperare due borse piene di armi che i terroristi avevano abbandonato presso la barriera la notte precedente durante un fallito tentativo di penetrare in Israele. E non e' il primo caso del genere (Bambini mandati allo sbaraglio).
Ma dov'e' l'opinione pubblica mondiale quando ragazzini e bambini palestinesi vengono "comprati" alla causa del terrorismo? L'Unicef, l'agenzia delle Nazioni Unite preposta a difendere i diritti e la vita dei bambini, denuncia il fatto che milioni di bambini vengono sfruttati, maltrattati e sono vittima di violenze. Eppure, quando descrive la condizione dei bambini palestinesi, l'Unicef non dedica nemmeno una parola al loro sistematico abuso da parte sia di Hamas che dell'Autorita' Palestinese. Forse pensano che sia accettabile istruire i bambini a farsi esplodere, pagarli perche' a rischio della vita trasportino e usino armi o vadano a scagliare pietre contro i soldati?
Enti e organismi internazionali, sia governativi che non governativi, preposti alla protezione dell'infanzia hanno una precisa ragion d'essere e dovrebbero levare forte la loro voce per denunciare una forma cosi' spudorata di sfruttamento dei bambini, indipendentemente dalla causa in questione.
Nel mondo di oggi forse sarebbe troppo chiedere che vengano notati, analizzati e interpretati i tragici effetti delle stragi palestinesi sui bambini israeliani. Ma ignorando persino la condizione dei bambini palestinesi, questi enti e organismi si rendono di fatto complici degli abusi, e della congiura del silenzio ai loro danni. I bambini palestinesi e quelli israeliani si meritano qualcosa di meglio.

(Jersualem Post, 30.09.03) "


Shalom!!!

Pieffebi
11-10-03, 21:44
" Quelle "ferme" condanne del terrorismo

Da un editoriale del Jerusalem Post
8 ottobre 2003

Domenica scorsa, mentre gli israeliani si apprestavano a celebrare lo Yom Kippur, il giorno piu' sacro dell'anno, alla radio venivano letti i nomi dei diciannove innocenti massacrati nel ristorante Maxim di Haifa. Fra essi, due intere famiglie spazzate via, nonni, genitori e figli, nella strage perpetrata da una terrorista suicida palestinese originaria di Jenin.
Sempre domenica, il rappresentante dell'Unione Europea, Giancarlo Chevallard, deponeva una corona di fiori sul luogo dell'attentato, mentre Yasser Arafat e uno pugno di rappresentanti palestinesi condannavano l'attentato perche', per dirla con le parole di Arafat, "danneggia gli interessi dei palestinesi".
L'orrore espresso dai rappresentanti europei per l'attentato vale quel che vale. Ma, se l'ipocrisia, come recita il dizionario, e' "l'espressione di una adesione non sorretta da autentica convinzione", allora le reazioni di europei e palestinesi a questa ennesima atrocita' appartengono al regno dell'ipocrisia.
Oggi e' ormai risaputo che il presidente dell'Autorita' Palestinese Yasser Arafat, insieme ai suoi accoliti delle molteplici forze armate e di sicurezza palestinesi che soffocano efficacemente ogni voce di dissenso, in realta' non muove un dito per fermare il terrorismo. Ma non e' tutto. L'Autorita' Palestinese, nel momento stesso in cui esprime in ebraico e in inglese le sue vuote condanne degli attentati, in arabo continua a spronare il terrorismo senza remora alcuna presso il pubblico palestinese.
Il 21 settembre scorso, Al-Ayam riferiva di un torneo di calcio: un evento che in una societa' sana potrebbe costituire l'occasione per offrire una parvenza di normalita' a una popolazione che vive in condizioni molto dure. Invece non meno di tredici esponenti ufficiali dell'Autorita' Palestinese, capeggiati da Saeb Erekat, noto volto televisivo e stretto collaboratore di Arafat, hanno approfittato dell'evento per lanciare un inequivocabile messaggio politico: noi rendiamo onore ai terroristi suicidi. L'evento stesso e' stato sportivamente intitolato "Torneo 2003 dedicato agli shahid [martiri] caduti nella lotta nazionale palestinese". Ognuna delle ventiquattro squadre partecipanti era a sua volta intitolata a una delle figure del pantheon del terrorismo palestinese. Tra gli altri, Yihye Ayash detto l'Ingegnere, uno dei piu' celebri cervelli della strategia degli attentati suicidi di Hamas; Dalal Mughrabi, una terrorista che dirotto' un autobus di linea israeliano nel 1978 causando la morte di 36 passeggeri presi in ostaggio; Hassan Salame, coinvolto nella strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972; Raid Carmi, capo delle Brigate Al Aqsa, l'ala terroristica di Fatah (movimento presieduto da Arafat) dedita anche ad attentati suicidi, e cosi' via. La coppa, sempre stando a quanto riferisce il giornale palestinese, e' stata consegnata alla squadra vincitrice da Erekat, a nome di Arafat, dopo che gli organizzatori avevano chiesto ai presenti di alzarsi in piedi per "un momento di orgoglio in memoria dello spirito dei martiri".
Nel frattempo, la televisione ufficiale dell'Autorita' Palestinese continua a mandare in onda il messaggio che Israele, tutto Israele, deve essere distrutto con gli attacchi terroristici, costantemente glorificati. La settimana scorsa l'Autorita' Palestinese ha ricominciato a trasmettere un videoclip prodotto un anno fa che mostra un cuore che pulsa e che sanguina, appeso a una mappa di Israele. L'edificante sequenza e' accompagnata dal refrain: "Dio e' grande. Oh giovani, scuotete la terra, levate le pietre! Sionisti, non avrete scampo dal vulcano di pietre del mio paese! Voi siete il bersaglio ai miei occhi".
Definire ipocrita quello che sta facendo la leadership "moderata" palestinese e' davvero un eufemismo, perche' il concetto di ipocrisia implica almeno il tentativo di nascondere le proprie vere intenzioni. In questo caso le vere intenzioni vengono trasmesse e stampate alla luce del sole, malcelate soltanto dalla sottile cortina della lingua araba.
Nel caso dell'Europa, invece, siamo di fronte a un comportamento che puo' essere spiegato semplicemente con una buona dose di voluta ignoranza o ingenuita'. I governi europei sono perfettamente consapevoli di due fatti. Primo, che Arafat e il suo governo non solo si guardano bene dal contrastare il terrorismo, ma anzi gli garantiscono copertura diplomatica e incoraggiamento propagandistico. Secondo, che l'Europa e' ormai l'ultimo e solo amico importante che Arafat ha nel mondo, e che se un po' di capitali europee che contano decidessero improvvisamente di smascherare i trucchi di Arafat e di cassare tutti i contatti con lui, l'opzione del sostegno al terrorismo riceverebbe un duro colpo. Arafat garantisce copertura al terrorismo, l'Europa garantisce copertura ad Arafat. E' tempo che entrambi questi raggiri abbiano fine.

(Jerusalem Post, 7.10.03) "


Shalom!!!

Pieffebi
26-10-03, 22:06
da www.israele.net

" Sventati tre tentativi di infiltrazione palestinese

26 ottobre 2003

Tre tentativi di infiltrazione terroristica in Israele sono stati sventati tra sabato sera e domenica mattina dalle Forze di Difesa israeliane.
Un terrorista palestinese armato di mitra e granate e' stato ucciso da soldati israeliani dopo un violento scontro a fuoco domenica mattina presso una postazione militare nella striscia di Gaza. Sabato notte, sempre nella striscia di Gaza, soldati israeliani di guardia hanno individuato un gruppo di quattro palestinesi che si avvicinavano strisciando a una postazione militare. I soldati hanno aperto il fuoco colpendo due palestinesi, probabilmente ferendoli e mettendo in fuga gli altri due. Sempre domenica, soldati israeliani hanno aperto il fuoco verso un gruppo di terroristi palestinesi che si stavano avvicinando alle abitazioni del villaggio di Kfar Darom (striscia di Gaza).
Nel frattempo, le Forze di Difesa israeliane hanno dato notizia di un nuovo programma volto a rafforzare i principi etici che devono governare il comportamento dei soldati in servizio. Amos Guiora, comandante della Scuola di Diritto Militare delle forze armate israeliane, ha mostrato giovedi' un nuovo software che utilizza sia pagine di dottrina che filmati tratti da film famosi per guidare i soldati nel prendere difficili decisioni di carattere morale in situazioni di combattimento. "La pressione in termini di capacita' decisionale che esercitiamo su soldati di diciannove anni - ha spiegato Guiora - e' incredibile". Il programma si basa su un codice di comportamento che deve fare da guida ai soldati su questioni come il divieto di farsi scudo con i civili, le garanzie di sicurezza per i soccorritori, il rispetto per i valori della cultura e della tradizione palestinese.
I comportamenti proibiti sono illustrati anche ricorrendo a scene di film, come una scena di "Platoon" in cui si vedono soldati americani che distruggono un villaggio vietnamita e ne arrestano gli abitanti, e un'altra tratta dal film "Rules of Engagement" in cui si vede un comandante che ordina ai suoi uomini di sparare sulla folla durante una manifestazione nello Yemen. Gli autori del programma sperano che le scene di fiction suscitino piu' attenzione e vengano meglio ricordate che non delle semplici prescrizioni scritte.
Le Forze di Difesa israeliane hanno iniziato a distribuire il programma su CD-ROM la scorsa settimana agli ufficiali dell'esercito e agli agenti della guardia di frontiera. Il programma e' attualmente in corso di traduzione in inglese giacche' le forze armate americane si sono dimostrate molto interessate

(Jerusalem Post, 26.10.03) "


Shalom!!!!

Pieffebi
08-12-03, 15:05
da www.israele.net

" Hamas ribadisce: "Tutto Israele e' territorio occupato, gli attacchi continueranno"

8 dicembre 2003

Hamas e Fatah si accusano a vicenda per il fallimento, domenica, dei colloqui intra-palestinesi al Cairo su un'ipotesi di cessate il fuoco.
Esponenti di Fatah sostengono lunedi' che la dirigenza all'estero di Hamas e' stata il principale ostacolo che ha impedito un'intesa fra le varie fazioni palestinesi su un cessate il fuoco che comprendesse anche l'impegno a fermare le aggressioni contro soldati e civili israeliani in Cisgiordania e striscia di Gaza.
Da parte sua, Hamas sostiene che la colpa del fallimento ricade sul presidente dell'Autorita' Palestinese Yasser Arafat e sul primo ministro palestinese Ahmed Qureia (Abu Ala), per il loro rifiuto di dare ascolto a Hamas nei loro negoziati con Israele. "Non siamo disposti ad autorizzare l'Autorita' Palestinese a firmare un nuovo accordo", ha dichiarato Mohammed Nazzal, importante esponente di Hamas che ha preso parte ai colloqui. Nazzal ha anche voluto chiarire di nuovo la posizione della sua organizzazione circa l'esistenza di uno stato ebraico in Medio Oriente. "Ogni centimetro della terra di Palestina dal 1948 in poi e' terra occupata - ha dichiarato Nazzal - e noi continueremo in ogni luogo la nostra lotta contro obiettivi israeliani. La nostra posizione finale e' che Hamas non e' disposta a dichiarare un nuovo cessate il fuoco. Hamas respinge la "hudna" (tregua provvisoria) e non intende accettarla perche' la nostra valutazione dell'attuale situazione politica e' che americani e sionisti sono in crisi profonda a causa della continua resistenza in Iraq e in Palestina".
Nel frattempo il leader spirituale di Hamas, Ahmed Yassin, ha dichiarato al periodico tedesco Der Spiegel di essere contrario alla soluzione "due stati" (uno stato palestinese a fianco di Israele). "Non funzionerebbe - ha dichiarato Yassin - Sarebbe solo una soluzione provvisoria. Gli ebrei vadano a costruirsi uno stato in Europa".
Abdel Aziz Rantisi, uno dei capi di Hamas a Gaza, ha ribadito che "l'Autorita' Palestinese non puo' parlare a nome di tutti I palestinesi".
Secondo un esponente della Jihad Islamica palestinese, i colloqui del Cairo sono falliti per l'impossibilita' di raggiungere un'intesa fra le fazioni palestinesi sul "livello" di cessate il fuoco: se totale o limitato al territorio israeliano all'interno della "linea verde" (ex linea armistiziale 1949-67 fra Israele e Giordania). Le fazioni palestinesi hanno chiuso i colloqui senza un comunicato congiunto sul cessate il fuoco, e hanno annunciato che proseguiranno le trattative senza tuttavia indicare una data.
Di fronte al fallimento dei colloqui del Cairo, Israele ha reagito ribadendo la propria disponibilita' a negoziare con le legittime autorita' palestinesi. "In questo momento Hamas rappresenta un pericolo per Abu Ala tanto quanto per Israele - ha dichiarato Raanan Gissin, portavoce del primo ministro israeliano Ariel Sharon - L'unico modo per affrontare i terroristi e' metterli dietro le sbarre, smantellando e disarmando le loro organizzazioni". Israele aveva gia' messo in chiaro in precedenza che non intende accettare nulla che sia meno di un completo e definitivo cessate il fuoco, con disarmo e smantellamento delle organizzazioni terroristiche, come previsto dalla Road Map. Le azioni anti-terrorismo israeliane, aveva detto domenica pomeriggio detto Sharon, diminuiranno fino a cessare del tutto se e quando diminuiranno fino a cessare del tutto le aggressioni terroristiche. "Naturalmente - aveva aggiunto Sharon - se invece gli attentati continuano, Israele sara' responsabile della difesa dei propri cittadini e continuera' ad agire di conseguenza".

(Jerusalem Post, 8.12.03) "

Shalom!!!

benfy
11-12-03, 14:58
guarda ago che shalom e israele.net sono siti pro israeliani moderati il vero sito pro israele fazioso è informazionecorretta

Pieffebi
11-12-03, 19:52
C'è chi ritiene obiettivo solo il sito di Hamas.

Shalom!!!

benfy
11-12-03, 20:11
o iraqlibero.net(simul italiano del sito di hamas)


io prendo le fonti di amnesty international dal segretariato ma non dai siti perchè non tutto il materiale disponibile viene reso pubblico, poi dal coordinamento medio oriente della sezione italiana. altre informazioni dal sito interno della sezion americana(serve la password).

leggo anche israele. net e shalom e qualche volta il sito di al jazera.(in inglese)

talvolto guardo informazionecorretta ma lo trovo abbastanza repellente come toni troppo filo likud.

quello che mi scoraggia è che qualsiasi avvenimento si organizzi far venire delegazioni ufficiali di qualsiasi tipo israeliani e palestinesi è quasi impossibile, o vengono gli uni o gli altri.


se inviti pacifisti israeliani e palestinesi o gente delle varie organizzazioni umanitarie ebraiche o palestinesi buono ma altri insieme è molto difficile.


A venezia c'è una comunità ebraica corposa quando ho visto che anche gente vicino a Peres come idee sostiene Sharon vuol dire ormai la situazione è proprio incacrenita e che se non si fermano i kamikaze(meglio dire shaid i kamikaze giapponesi attacavano solo obbiettivi militari) non si risolve niente.

Il tentativo di ginevra è un tentativo di uomini di buona volontà ma la strada maestra deve essere la road map anche se anche lì ci sono problemi.

in fondo il problema è che lì le distanze sono poche se in israele sbagli strada per 20 km ti ritrovi in mezzo ai territori palestinesi.

la distanza tra gerusalemme e Beirut e quella tra Roma e civitavecchia.

Pieffebi
13-12-03, 14:30
da www.israele.net

" Liste studentesche palestinesi si vantano dei morti israeliani

11 dicembre 2003

La campagna per le elezioni studentesche all'universita' palestinese di Beir Zeit si e' svolta all'insegna della gara a quale gruppo puo' vantare l'assassinio di un maggior numero di cittadini israeliani.
Mercoledi' le elezioni hanno visto prevalere i fondamentalisti di Hamas con 25 seggi su 51, contro i 20 seggi del Fatah di Yasser Arafat, i 5 seggi del Fronte Popolare (fazione estremista dell'Olp) e un seggio al meno noto Partito del Popolo.
All'interno del campus palestinese, presso Ramallah, durante la campagna elettorale le liste studentesche contrapposte hanno inscenato manifestazioni e cortei durante i quali gli attivisti portavano sulle spalle riproduzioni dei missili Qassam usati dai palestinesi contro le citta' israeliane e facevano esplodere modellini di villaggi e autobus israeliani per inneggiare agli attentati terroristici.
Nelle ultime elezioni, tenute appena prima dello scoppio della cosiddetta seconda intifada, Hamas aveva ottenuto due seggi piu' di Fatah centrando la propria campagna sulla sua "lotta armata" contro Israele. Questa volta anche gli studenti di Fatah hanno centrato la campagna elettorale sulle azioni del braccio militare di Fatah, le Brigate al Aqsa, responsabili di numerosi attentati terroristici anche suicidi. "Ora anche noi abbiamo le nostre brigate di martiri" ha dichiarato il candidato di Fatah Khaled Samara. Durante un dibattito pre-elettorale un candidato di Hamas ha interpellato il suo avversario di Fatah dicendo: "Gli attivisti Hamas di questa universita' hanno ucciso 135 sionisti. Quanti possono dire di averne uccisi gli attivisti Fatah di Bir Zeit?".
Nei due giorni di campagna elettorale non sono stati praticamente mai discussi temi pertinenti all'universita' e alla condizione degli studenti. "Siamo un movimento di resistenza - ha dichiarato uno dei principali esponenti studenteschi di Hamas, Moussa Kiswani - e senza resistenza non abbiamo niente da fare".
I temi della campagna elettorale studentesca sono stati cosi' violenti da destare la preoccupazione delle stesse autorita' accademiche palestinesi. "Siamo preoccupati - ha dichiarato Ludna Abdel Hadi, portavoce dell'universita' - L'atmosfera e' molto pericolosa. Le elezioni studentesche a Bir Zeit sono tradizionalmente un barometro degli umori politici della piazza palestinese".
Questa e' stata la sesta volta negli ultimi dieci anni che i gruppi fondamentalisti vincono le elezioni per il consiglio studentesco a Bir Zeit.

(Jerusalem Post, 11.12.03) "

Cordiali saluti

Pieffebi
27-03-04, 16:05
Mentre il signor Ciampi non perde occasione per mettere in mostra la propria personale interpretazione del ruolo del Capo dello Stato, credendosi forse il Presidente della Repubblica Francese (che è, istituzionalmente, a suo modo il massimo responsabile della politica estera del suo Paese) e esprime giudizi sulle misure di uno stato sovrano estero colpito da un'offensiva terroristica permanente e senza precedenti, per difendersi dai criminali che lo vogliono annientare..... cerchiamo di capire gli eventi.....

da www.israele.net

" Vittima della dinamica da lui stesso creata

Da un articolo di Barry Rubin
direttore del Middle East Review of International Affairs Journal
23 marzo 2004

Uccidendo il leader di Hamas Ahmad Yassin Israele ha eliminato il piu' importante dirigente terrorista che gli abbia mai mosso guerra. Yassin ha sempre dichiarato apertamente che il suo obiettivo era distruggere lo Stato d'Israele e uccidere i suoi cittadini dovunque si trovassero. Ha seminato vento e ha raccolto tempesta.
Yassin fondo' Hamas a meta' degli anno '80 come un gruppo estremista islamico contrario a qualunque compromesso e a qualunque pace con Israele. La Carta di Hamas e' un documento saturo di odio contro gli ebrei, formulato nel piu' classico linguaggio antisemita. Mentre fra i palestinesi Hamas si impegnava in opere educative e sociali per guadagnare adepti alla propria causa (e per individuare e manovrare psicologicamente giovani palestinesi affinche' si trasformassero in attentatori suicidi), nello frattempo la sua tattica politica si traduceva in puro terrorismo, volto a uccidere il maggior numero possibile di israeliani.
A causa di queste sue attivita', Yassin venne incarcerato in Israele. Ma Yasser Arafat, il leader dell'Autorita' Palestinese che era contemporaneamente il piu' acceso rivale e il principale alleato di Yassin, si adopero' per il suo rilascio. "Lo conosco - diceva Arafat agli israeliani - Fara' appello per la cessazione delle violenze". Nel 1997, in pieno processo di pace di Oslo, nel quadro di un accordo tripartito con Giordania e Autorita' Palestinese Israele provo' a fidarsi di quanto diceva Arafat. Ma, mentre Arafat festeggiava la scarcerazione di Yassin, questi metteva subito in chiaro il suo totale sostegno alla guerra contro Israele e la sua totale opposizione a qualunque accordo di pace.
Quando a Yassin venne permesso di recarsi all'estero, ando' in Arabia Saudita e in altri paesi a raccogliere fondi per la lotta armata. Persino l'Unione Europea condanno' le attivita' di Hamas in quanto terroristiche.
Dopo il rifiuto di Arafat alle proposte di pace nell'anno 2000, Yassin si schiero' al suo fianco. Cio' che segui' furono quaranta mesi e piu' di guerra contro Israele, condotta facendo massicciamente ricorso allo strumento del terrorismo contro la popolazione civile.
La decisione di lanciare e di continuare questa guerra, e la strategia utilizzata, hanno procurato grandi sofferenze e migliaia di vittime a entrambe le parti. Questa decisione ha in effetti ritardato la fine dell'occupazione israeliana in Cisgiordania e striscia di Gaza, ha provocato la distruzione delle infrastrutture palestinesi e ha cancellato una delle piu' concrete opportunita' di creare uno stato palestinese.
Yassin era soltanto la "guida spirituale" di Hamas e guidava soltanto la cosiddetta "ala politica" del movimento, non la sua "ala militare"? E' vero che Hamas non e' organizzata secondo una rigida catena gerarchica. Evidentemente Yassin non progettava nei dettagli ogni singolo attentato terroristico. Ma era lui che dettava la politica, autorizzava le uccisioni, celebrava gli attentati. Yassin era capo di Hamas e responsabile del terrorismo di Hamas almeno quanto Osama bin Laden e' il capo di Al Qaeda e responsabile del terrorismo di Al Qaeda. Bisogna inoltre tenere presente che il titolo di "guida spirituale" viene normalmente attribuito anche al dittatore dell'Iran e al capo del gruppo libanese Hezbollah.
Perche' Israele ha colpito Yassin? Vi sono due ragioni principali.
Primo, nel momento in cui Israele intende ritirarsi dalla striscia di Gaza vuole mostrare che cio' non significa una rotta o una resa. Per garantirsi il consenso interno alla manovra e per dimostrare agli estremisti palestinesi che la manovra non e' un invito a incrementare il terrorismo, e' necessario che Israele colpisca e continui a colpire coloro che lo aggrediscono.
Secondo, Yassin era l'unico leader carismatico capace di garantire l'unita' di Hamas. Senza di lui l'organizzazione e' a forte rischio di spaccature, con conseguente incapacita' di un'efficace azione politica, anche se tutti sanno che puo' ancora realizzare attentati.
In gran parte a causa del fatto che Arafat non si e' curato di imporsi sui suoi, il potere di Hamas sta crescendo. Con Yassin alla guida, Hamas aveva buone possibilita' di prendere il controllo della striscia di Gaza. Ora, nonostante tutti gli slogan, le manifestazioni e le minacce che Hamas puo' sfoggiare immediatamente dopo la morte di Yassin, in realta' l'organizzazione fondamentalista ne risultera' indebolita.
Difendendosi nel corso degli ultimi tre anni, Israele ha dovuto fare i conti con il fatto di trovarsi in una situazione assai atipica e dunque per tutti gli altri difficile da capire. Il diritto internazionale si basa sull'esistenza di autorita' determinate ad esercitarlo. Ma cosa puo' fare un paese quando il suo vicino non solo si rifiuta di fermare o arrestare i terroristici che lo attaccano quotidianamente, ma in effetti li incoraggia e li sostiene? Non esistono molte alternative alla scelta di agire direttamente contro tali santuari.
Allo stesso modo, la diplomazia internazionale presume in generale che qualunque contenzioso sia in fondo risolvibile con un negoziato e un compromesso. Ma cosa puo' fare un paese quando la controparte (Hamas, anche a voler credere che Arafat possa mai fare la pace) esprime apertamente la sua intenzione di distruggerlo e persegue concretamente tale obiettivo?
Un altro assunto internazionalmente accettato e' che, prendendo di mira i capi terroristi, Israele provocherebbe i loro attacchi. In realta' essi non hanno bisogno di alcun incoraggiamento. Gli attacchi terroristici continuerebbero in ogni caso e sarebbero soltanto piu' efficaci in presenza di una dirigenza che godesse di totale impunita' per le proprie azioni.
Infine, non bisogna dimenticare che Israele ha gia' tentato la strada che gli viene raccomandata dagli altri paesi e da tanti leader politici, esperti e opinionisti. Per ben sette anni Israele ha tentato di arrivare a un accordo di compromesso, negoziato pacificamente. Il risultato e' stata la nascita di un'Autorita' Palestinese come un santuario sicuro che istiga, finanzia, organizza e permette attentati terroristici contro Israele. Nel tentativo di moderare Hamas, Israele aveva anche scarcerato lo stesso Yassin, e questi si e' subito messo alla testa di una ancora piu' intensa campagna terroristica anti-israeliana.
Che fosse o meno la cosa giusta da fare in questo momento, l'eliminazione di Yassin e' un atto legittimato dalla situazione che Yassin stesso ha contribuito a creare .

(Jerusalem Post, 22.03.04) "

Shalom!!

Pieffebi
18-04-04, 18:39
da www.shalom.it

" Yassin: un veto per la pace
Pubblicato Mercoledì, 14 aprile 2004 @ 21:18:02 CEST


di Fiamma Nirenstein
La totale eliminazione degli ebrei era il suo unico Credo

L'ultima vicenda che si riporta per descrivere lo sceicco Yassin è un colloquio fra il leader "spirituale" di Hamas e il fratello di un sospetto collaborazionista: l'uomo ha chiesto a Yassin indicazioni sul da farsi, e il capo gli ha risposto "Seppelliscilo vivo": pare che l'ordine sia stato rispettato. Ma senza avventurarsi in vicende non facilmente controllabili, sono nelle cronache centinania di suoi discorsi in cui l'incitamento a uccidere più ebrei possibile è il tema principale, il rifiuto dell'esistenza di Israele e la promessa di genocidio e la cacciata degli ebrei da tutto il sacro territorio dell'Islam la linea politica da attuare col legittimo uso del sangue.

Le operazioni terroriste suicide in cui lo sceicco ha avuto parte dirigente sono certamente una cinquantina, di più ancora gli attacchi alle persone in generale, centinaia i morti da lui fatti direttamente, con i suoi ordini; la fondazione e la conduzione di Hamas come organizzazione eminentemente terrorista è sua, suo l'allevamento di personaggi indottrinati secondo l'idea politico-religiosa di sterminare gli ebrei e riconquistare così all'Islam non uno stato palestinese, ma la terra intera d'Israele, ritenuta sacra proprietà dell'Islam.
Una scelta teologica di cui l'Islam moderato certamente è il primo a vergognarsi. Yassin non si era tuttavia limitato alla direzione ideologica, e neppure alla conduzione dei suoi propri uomini verso la strage degli innocenti: era riuscito a trascinare tutta l'Autonomia palestinese e verso una direzione estrema, aveva creato una politica di forti legami anche con Fatah di Arafat, che non aveva osato se non per un brevissimo periodo la contrapposizione, e con cui peraltro gareggiava sul terreno del potere a Gaza e anche nell'Autonomia Palestinese in genere; aveva assicurato al terrorismo un ruolo tale nella conquista e la legittimazione del consenso popolare, che i tanzim e le Brigate di Al Aqsa del Fatah di Arafat non si erano potute né volute districare da questo dictat.
Una viscida politica di "unità nella diversità" quando si trattava dell'uso del terrore ha caratterizzato la vita di Yassin nel suo rapporto con l'Autonomia in generale. Ogni giorno della vita di Yassin è stato un contributo mortale alla proibizione per tutta la popolazione palestinese di fare la pace con Israele, ogni suo gesto trascinava la guerra palestinese per la terra dentro, una dimensione di generale odio anti occidentale e religioso, in cui uccidere gli ebrei era un ordine dal cielo prima ancora che una strategia, e la "intifada delle moschee" veniva prima di quella per la patria indipendente. Yassin era un veto per la pace.

Eppure, lo sappiamo bene, quando la sua eliminazione è avvenuta nell'ambito di una tragica guerra contro il terrorismo che pretende senza remissione la difesa della popolazione civile, pena altri morti innocenti sugli autobus e nelle pizzerie, abbiamo di nuovo sentito il coro europeo di disprezzo e condanna unirsi a quello del mondo arabo: ambedue hanno giustificato il proprio disappunto sulla linea della illegitimità dell'azione "extragiudiziaria": come se la legittima difesa, la necessità e il dovere immediato di salvare vite umane non avesse alcun valore, mentre lo ha ben chiaro, in qualsiaso contesto democratico di legge; come se fosse legittimo tanto cinismo, tanto rifiuto di responsabilità, tanta menzogna ("Un povero vecchio tetraplegico, un leader spirituale"!) quando a essere destinati a morire sono gli ebrei. Nessuno ha osato portare giustificazioni morali al proprio sdegno; ma oltre all'argomento legalistico, si è fatto grande uso di un'altro tipico inganno concettuale: "così si genera altro odio, altra vendetta, ogni reazione suscita un ciclo di violenza in crescita".

Questa, purtroppo, è una pura menzogna. Purtroppo, perché altrimenti davvero sarebbe possibile interagire col terrorismo e, forse, placarlo come hanno pensato gli spagnoli quando hanno risposto all'attentato di Madrid alzando le mani; putroppo, perché è un vero peccato essere obbligati a battersi contro un nemico tanto crudele e senza norme come il terrorismo, è rischioso per la democrazia, costringe a abbandonare la logica virtuosa del mondo occidentale, che considera che ogni gesto abbia una sua causa, ogni violenza una sua possibile pacificazione.
Non è così: essendo più gentili con i terroristi non li convinceremo a essere meno aggressivi, o persino a concedere una tregua, né, tantomeno, la pace. Il terrorismo islamista ha uno scopo scritto a chiare lettere nei discorsi e negli scritti dei suoi leader militari e spirituali che siano: è una guerra totalitaria di conquista, decisa a procedere fino alla vittoria, formatasi negli anni della guerra dei talibani in Afghanistan, quando Bin Laden e gli altri immaginarono di essere stati loro e solo loro ad aver causato la sconfitta sovietica.
"Abbiamo sconfitto una delle due potenze mondiale, l'abbiamo portata al collasso completo e al crollo del regime sovietico. Adesso tocca agli USA e ai suoi alleati". Fu allora che Bin Laden dichiarò la sua guerra ai "crociati e agli ebrei", allora che senza scherzare chiese a tutti gli infedeli di farsi mussulmani, pena l'annientamento e la sconfitta totale.

Quando si preparava l'attentato dell'11 di settembre il più pacifista dei presidenti americani, Bill Clinton, porgeva al mondo intero i suoi rami d'olivo; quando si preparava l'Intifada del terrorismo, Barak siedeva con Arafat a Camp David e poi a Taba offrendogli il 97% dei territori. Non c'è interazione col terrore, non c'è pacificazione possibile se non nell'avvento della democrazia nei Paesi che lo ospitano, lo nutrono, lo allenano.

Il fatto che Abu Ala, il Presidente palestinese, avesse come interlocutore-antagonista politico Yassin, ne faceva un ostaggio del terrorismo, e quindi un uomo incapace di combatterlo e di venire a qualsiasi compromesso di pace. Chi ama la pace deve desiderare che i terroristi vengano battuti innanzitutto: il terrorismo ne distrugge ogni accordo, e anche ogni desiderio.
E la cosa più ripugnante è forse che per cercare giustificazioni alla nostra pusillanimità, si cerchi di schiacciare Israele sotto responsabilità immaginarie e propagandistiche: se prendiamo per esempio l'episodio del bambino con la cintura di tritolo, il cui viso terrorizzato è apparso su tutte le televisioni del mondo, ho visto le più importanti reti di informazione, come la CNN, pretendere di spiegare il perché della sua scelta suicida e omicida descrivendone la vita nei campi profughi come "una vita che non è tale" a causa dell'occupazione, una vita che non vale la pena di essere vissuta, e a cui quindi si desidera porre termine. La disperazione è la chiave preferita per spiegare il terrore, perché laddove c'è disperazione qualcuno deve averla pur causata, e quindi è lecito tornare al solito pattern delle responsabilità di Israele.

La realtà per chi la conosce, è completamente diversa: non che non ci sia disperazione e pena nel mondo palestinese trascinato in questa follia da capi indegni di guidarlo. C'è, e speriamo che la leadership attuale riesca ad emanciparsi dal terrorismo e torni a sedersi con Israele a parlare di due stati per due popoli.

C'è anche la difficoltà da parte di Israele a combattere una guerra che talora trascina con sé innocenti e bambini, dato che la si combatte (in tutto il mondo) non fra due eserciti convenzionali, non con le regole della convenzione di Ginevra, ma cercando di catturare o fermare civili, i terroristi, che si annidano, si nascondono fra i civili e se ne servono abbondantemente. La verità tuttavia è che spesso i terroristi, anche bambini, non vengono reclutati sulla base della disperazione: la loro appartenenza sociale lo dimostra secondo tutti gli studi statistici.

La verità è che lo shahid è una figura simbolo per la quale la tv palestinese, la radio, i giornali, i libri di testo, il discorso sociale corrente, ha creato un'aura di alta considerazione, una venerazione che si riverbera nei manifesti sui muri, nella parole di Arafat, nei nomi di terroristi che vengono dati ai campi estivi e a altre istituzioni pubbliche in cui si crescono i bambini, nell'intera piramide sociale e culturale palestinese. I bambini sono un'arma strategica di questa Intifada.

Gli esempi di indottrinamento sono infiniti, i videoclip che alla tv vengono mandati e rimandati in onda mentre affascinanti canzoni descrivono il paradiso che aspetta lo shahid bambino, o mentre un padre legge la lettera del figlio che gli chiede di non piangere sono all'ordine del giorno. Eppure la chiave che a noi occidentali è più cara, è quella della cornice concettuale colonialista, in cui la sofferenza del popolo è causata da un bieco sfruttatore: Israele. E' difficile sopportare tanta ingiustizia informativa, tanto cinismo concettuale.
"

Cordiali saluti

Pieffebi
19-04-04, 18:10
da www.israele.net

" Adoperarsi per sradicare il terrorismo

Alcuni commenti dalla stampa israeliana
19 aprile 2004

Scrive Yediot Aharonot: Dal punto di vista di Israele, tutti i capi di Hamas sono dei 'morti che camminano'. Una cosa e' chiara: non e' ammissibile che coloro che mandano altri a farsi esplodere in mezzo a persone innocenti possano poi dormire sonni tranquilli nell'impunita'. Se e' giustificato colpire un terrorista mentre sta per compiere un attentato, e' tanto piu' giustificato colpire i mandanti e gli istigatori di quel terrorista. L'esperienza insegna che i capi terroristi, anche i piu' fanatici, non desiderano affatto diventare martiri. Temono di morire e questa paura puo' servire da deterrente per loro e le loro schiere. I razzi mirati, i razzi con nome e indirizzo del destinatario, sono la risposta d'Israele alle bombe umane islamiche. Se la societa' palestinese vuole vivere come una societa' normale, deve prima di tutto adoperarsi per sradicare il terrorismo tipo Hamas dal proprio interno.

Scrive Ha'aretz: L'uccisone di Abdel Aziz Rantisi e' stata il frutto di un intenso lavoro di intelligence e di calcoli operativi. Le Forze di Difesa israeliane e i servizi di sicurezza hanno aspettato il momento in cui sapevano con esattezza che Rantisi poteva essere colpito con un attacco che provocasse il minimo numero di vittime palestinesi innocenti nei suoi pressi. Non si puo' che provare rispetto per questa dimostrazione di grande forza e capacita' operativa da parte del sistema difensivo israeliano. L'eliminazione dei capi di Hamas non va giudicata come una politica in se stessa. Se questi atti aggravano i rischi corsi dallo stato di Israele e dai suoi cittadini, allora sono sbagliati. Viceversa, se essi hanno qualche probabilita' di contenere Hamas e di condurla a un cessate il fuoco, spingendo questo movimento a trovare un'intesa pratica con l'Autorita' Palestinese in vista del ritiro di soldati e insediamenti israeliani dalla striscia di Gaza, allora le uccisioni possono essere la cosa giusta da fare.

Scrive il Jerusalem Post: Vorrebbe per cortesia il ministro degli esteri britannico Jack Straw spiegare come mai l'uccisione dei figli di Saddam Hussein, Uday e Qusay, era giustificata ed efficace, mentre non lo sarebbe l'uccisione di Abdel Aziz Rantisi? Tutti e tre erano a capo di cio' che il governo britannico definisce organizzazioni terroristiche. O il ministro Straw accetta il diritto di Israele ad adottare le misure che ritiene necessarie contro il terrorismo, oppure deve pretendere che lo faccia l'Autorita' Palestinese, e ritenerla responsabile se non lo fa. Ma il suo governo non fa nessuna delle due cose. Merita sottolineare che, dopo l'uccisione di Rantisi, Hamas ha deciso di non divulgare il nome del suo nuovo capo. E' finito il tempo delle spacconate. Adesso i capi terroristi hanno paura. Questo non impedira' in assoluto altri attentati contro Israele. Ma fa giustizia della frottola secondo cui colpire Hamas servirebbe solo a imbaldanzirla. In questo senso, il colpo sferrato sabato ha raggiunto il suo scopo.

(Yediot Aharonot, 18.04.04 - Ha'aretz, Jerusalem Post, 19.04.04) "

Shalom!!!

Pieffebi
19-04-04, 18:15
In origine postato da Pasquin0
ma se lo "sceicco" yassin sta tranquillamente sulla sedia a rotelle in casa sua.....:rolleyes:

Stava....

yurj
20-04-04, 10:10
Vergognati

Pieffebi
20-04-04, 21:21
Ti stavi guardando allo specchio quando hai scritto il post? :rolleyes: O sei sempre amico dei kamikaze?

Shalom comunistello bello

yurj
21-04-04, 09:22
In origine postato da Pieffebi
Ti stavi guardando allo specchio quando hai scritto il post? :rolleyes: O sei sempre amico dei kamikaze?

Shalom comunistello bello

sei la versione online del ridicolo di Mantovano? :D

Che buffoncelli che siete!...

Pieffebi
27-01-06, 08:27
"La Carta fondamentale di Hamas

Il 18 agosto 1988 Hamas, l'organizzazione del fondamentalismo jihadista palestinese, ha pubblicato la propria Carta fondamentale, un “manifesto” in cui viene invocata una jihad (guerra santa) senza compromessi contro l'esistenza di Israele. Nella settimana successiva alla pubblicazione, la Carta veniva affissa nelle moschee in tutti i territori di Cisgiordania e striscia di Gaza . Quelli che seguono sono alcuni dei punti principali della Carta fondamentale di Hamas.

Estremismo islamista

Hamas (acronimo di "Movimento di Resistenza Islamica") si considera parte del più generale movimento della Fratellanza Islamica. Hamas definisce se stesso anche come un "importante movimento palestinese, fedele ad Allah e il cui modo di vita è quello islamico" e "uno degli anelli della catena della lotta contro gli invasori sionisti" (art. 6, 7). Hamas si considera parte integrante di un più vasto movimento che può essere definito “estremismo islamista jihadista”, un movimento intellettuale e sociale caratterizzato da una militante ostilità verso la modernità e il laicismo in ogni aspetto della vita. Dal fanatismo islamista scaturisce la “dichiarazione” su Hamas contenuta nell'art. 9 della Carta: “Allah è il suo obiettivo, il profeta il suo modello, il Corano la sua costituzione, la jihad il suo cammino e la morte in nome di Allah il più dolce dei suoi desideri”. Hamas considera gli elementi esterni e le organizzazioni non-islamiche (quali persino Rotary, Lions ecc.) come forze sinistre che cospirano con i sionisti contro l'islam e contro l'umanità (art. 17, 22, 28). “Il giorno in cui l'islam avrà il controllo della guida delle cose della vita, queste organizzazioni, ostili all'umanità e all'islam, saranno cancellate" (art. 17).

Ebrei, ebraismo e sionismo

Hamas non limita i propri obiettivi ad uno scontro con il sionismo nel contesto soltanto del conflitto arabo-israeliano. Esso si considera la punta di lancia di un movimento di massa in lotta contro gli "ebrei guerrafondai" e il "sionismo mondiale" (art. 32). Nella visione di Hamas, "i nemici" (ebrei, ebraismo e sionismo in questo contesto sono concetti totalmente intercambiabili) complottano contro il mondo. Ricorrendo ai temi classici dell'antisemitismo usati, fra gli altri, dai nazisti e citando “I Protocolli dei Savi di Sion”, noto falso usato dagli antisemiti all'inizio del secolo, la Carta di Hamas sostiene che questi "nemici" stanno dietro ad ogni male e sono i veri nemici di tutto il genere umano (art. 17, 22, 28, 32).

Palestina e Olp

"Israele esisterà e continuerà ad esistere finché l’islam non lo cancellerà, proprio come ha cancellato altri prima di esso". Questi i termini con cui Hamas dichiara le proprie intenzioni in una delle frasi d'apertura della Carta. Hamas punta a istituire una Repubblica Islamica su tutta la Palestina, considerata parte dell'eterno patrimonio musulmano. La Carta afferma che nessuna parte della Palestina deve essere ceduta: "La Palestina è terra di proprietà islamica (waqf), consacrata alle generazioni musulmane fino al giorno del giudizio" (art. 11). Il ritorno della Palestina nelle braccia dell’islam occupa una parte centrale della Carta. Sostenendo che la Palestina è stata "nelle mire degli espansionisti" fin dagli albori della storia, Hamas afferma che la perdita della sovranità musulmana sulla Palestina è un episodio passeggero. Citando la battaglia del XII secolo in cui gli eserciti musulmani, guidati dal Saladino e sotto le bandiere della religione, sconfissero i crociati e "liberarono la Palestina" dalla dominazione cristiana (art. 34, 35), la Carta di Hamas dice: "Questo è il solo modo per liberare la Palestina" (art. 34). Hamas rifiuta tutte le "iniziative e le cosiddette soluzioni di pace e le conferenze internazionali [...]. Non c'è soluzione alla questione palestinese che non sia attraverso la jihad. Iniziative, proposte e conferenze internazionali sono tutte perdite di tempo e sforzi vani" (art. 13). L'atteggiamento di Hamas verso l'Olp è definito dal giudizio che dà della posizione di questa di fronte all’islam. La Carta non nasconde le basi della propria principale differenza rispetto all'Olp: l'impegno di quest'ultima per l'istituzione di uno stato laico sulla Palestina. L'Olp, dice Hamas, accettando la nozione di “stato laico”, si è fatta ingannare dalla "confusione ideologica prevalente nel mondo arabo, frutto dell'invasione ideologica sotto la cui influenza il mondo arabo è caduto sin dalla sconfitta dei crociati e che è stata, ed è, alimentata dagli orientalisti, dai missionari e dagli imperialisti". Uno stato laico deve essere respinto totalmente. Tuttavia la Carta aggiunge: "La nostra patria è una, la nostra situazione è una, il nostro destino è uno e il nemico è uno e comune per tutti noi [...]. Il giorno in cui l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina [Olp] adotterà l’islam come suo sistema di vita, noi saremo i suoi soldati e saremo il combustibile del fuoco che brucerà i nemici" (art. 27).

Hamas e il mondo arabo-islamico

La jihad, secondo la Carta, è un dovere per ogni musulmano. La liberazione della Palestina è un "dovere individuale per ogni musulmano, dovunque si trovi" ed è legata a tre ambiti: palestinese, arabo e musulmano (art. 14). Pertanto la visione di Hamas dei regimi e dei popoli arabi e del mondo islamico nel suo complesso è determinata dal loro grado di devozione all’islam e dalla loro dedizione alla lotta eterna contro il sionismo (art. 32, 33). In questo spirito Hamas invoca azioni che portino le masse ad accettare la propria partecipazione alla jihad contro il sionismo come un dovere e a rafforzare la loro adesione all’islam (art. 15, 29, 30). Hamas chiede agli stati arabi che circondano Israele di permettere il passaggio dei combattenti arabi e islamici attraverso i loro confini. Anche agli altri paesi arabi e islamici viene chiesto di fornire aiuto (art. 28). Hamas mette in guardia dalla tendenza propugnata dalle "forze imperialiste" le quali, viene detto, stanno di fatto collaborando con il sionismo allo scopo di far uscire uno per uno gli stati arabi dalla lotta contro il sionismo. Ritirarsi da questa lotta è alto tradimento, tradimento dell’islam "e possa essere maledetto chi lo commette" (art. 32, 33).
(Da: NES, anno 5, n. 1, gennaio 1993)"

Shalom

Pieffebi
07-02-06, 13:14
" Hamas ad Abu Mazen: “Non riconosceremo Israele”

Per la prima volta dopo le elezioni palestinesi il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha incontrato sabato a Gaza una delegazione di capi di Hamas guidata da Ismail Haniyeh. Nell’incontro è stato deciso di convocare il nuovo Consiglio Legislativo Palestinese il prossimo 16 febbraio. Entrambe le parti hanno definito l’incontro “molti positivo”.
Secondo alcune fonti, durante l’incontro Abu Mazen ha chiesto a Hamas di riconoscere gli accordi già raggiunti fra Israele e palestinesi, ma Haniyeh ha risposto che Hamas non ha alcuna intenzione di riconoscere Israele.
Esponenti di Hamas hanno inoltre ribadito che Autorità Palestinese e comunità internazionale devono smetterla di cercare di estorcere posizioni diverse da Hamas e dal popolo palestinese.
In un’intervista al Washington Post, l’alto esponente di Hamas Mahmoud al-Zahar ha dichiarato che “i paesi occidentali possono tenersi i loro aiuti e andare all’infermo”, aggiungendo che Hamas sarà capace di governare l’Autorità Palestinese anche senza l’assistenza finanziaria dell’Unione Europea e degli Stati Uniti.
Al-Zahar ha detto che una Autorità Palestinese guidata da Hamas potrebbe tutt’al più accettare di intrattenere con Israele colloqui di basso livello puramente tecnici. “Israele è un’entità illegale – ha spiegato il leader islamista palestinese – e non c’è pressione che possa obbligarci a riconoscere il suo diritto ad esistere”.
Venerdì scorso un altro esponente di primo piano di Hamas, Khaled Mashaal, capo del politburo di Hamas con base a Damasco, aveva scritto sul quotidiano palestinese al-Hayat al-Jadida “Noi non riconosceremo mai la legittimità dello stato sionista”, aggiungendo che Hamas potrebbe solo accettare di negoziare con Israele le condizioni per una “tregua prolungata”.
“Il nostro messaggio a Stati Uniti e Unione Europea – concludeva l’articolo di Mashaal – è che tutti i loro tentativi per costringerci ad abbandonare i nostri principi e la nostra lotta sono solo tempo perso e non otterrano nessun risultato”.
(Da: YnetNews, 3-5.02.06)"

Shalom

Pieffebi
11-02-06, 10:28
" 09-02-2006
Difesa israeliana: Ancora terrorismo alle porte

Benché abbia vinto le elezioni nell’Autorità Palestinese alla fine del mese scorso, dicono fonti della difesa israeliana al Jerusalem Post, anche in questi giorni Hamas è implicata in attività terroristiche anti-israeliane ed è responsabile persino di alcuni lanci di missili Qassam dell’ultima settimana contro città e villaggi israeliani attorno alla striscia di Gaza. Soltanto nell’ultima settimana i servizi di sicurezza (Shin Bet) hanno registrato un incremento del numero di allarmi attentato (da 50 a 55) dovuti soprattutto al gruppo Jihad Islamica palestinese, ma anche a Hamas.
Se per ora, come l’establishment della difesa aveva previsto, Hamas non ha abbandonato la sua strategia della lotta armata, è vero tuttavia che la Jihad Islamica ha intravisto nella vittoria elettorale di Hamas un’occasione per cercare di mettersi alla testa della lotta armata palestinese. È questa fosca previsione ciò che spiega la decisione delle Forze di Difesa israeliane di riprendere le uccisioni mirate di terroristi nella striscia di Gaza e la campagna di arresti di ricercati per terrorismo in Cisgiordania.
Le Forze di Difesa, spiegano le fonti, hanno deciso di continuare a perseguire sistematicamente i palestinesi responsabili dei lanci di missili Qassam, come si è visto con i terroristi delle Brigate al-Aqsa uccisi lunedì e martedì. “Non ci fermeremo finché loro non si fermeranno” dicono, aggiungendo che, finché la situazione non si sarà stabilizzata all’interno dell’Autorità Palestinese, Israele non potrà rinunciare a questa fermezza.
L’establishment esprime inoltre fiducia nel funzionamento degli apparati della difesa. Le fonti sottolineano che l’interazione fra le notizie di intelligence raccolte dallo Shin Bet e le operazioni altamente mirate di polizia ed esercito garantisce che nessun palestinese implicato nel terrorismo possa dirsi immune. “Possiamo colpire nel giro di pochi minuti – affermano – lo Shin Bet dice dove e quando, e l’esercito interviene”.
Per adesso, comunque, gli ufficiali della sicurezza aspettano di vedere come evolveranno le cose nell’Autorità Palestinese circa Hamas. L’ipotesi di lavoro è che Hamas non deporrà le armi spontaneamente né scioglierà la sua ala “militare”. Ma questioni come chi saranno i ministri di Hamas e chi avrà il controllo sugli apparati armati dell’Autorità Palestinese, se Hamas o il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen), devono ancora essere risolte internamente e per Israele restano questioni aperte.
“Non ci aspettiamo che improvvisamente diventino pacifici” dice un ufficiale, aggiungendo tuttavia che Hamas sembra composta da persone con cui Israele in futuro potrebbe anche parlare. “E’ gente che dice le cose come stanno – spiega – Non mentono e se ti odiano, te lo dicono in faccia, a differenza degli altri leader palestinesi che ti odiano in privato ma in pubblico fingono di volerti come amico”.

(Da: Jerusalem Post, 8.02.06) "

Shalom

Pieffebi
12-02-06, 12:31
dal quotidiano torinese La Stampa del 12 febbraio 2006 un interessante articolo firmato da Fiamma Nirenstein

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«Hamas a fine mese in Russia»


Hamas si organizza nel suo nuovo ruolo di partito di governo. Le mosse più significative sono due: la prima è la scelta di un primo ministro tra le proprie file, dopo molte tergiversazioni. Evidentemente Hamas si sente abbastanza sicuro di sé, dopo aver soppesato per parecchi giorni la eventuale necessità di un personaggio indipendente che lo coprisse di fronte all’opinione pubblica internazionale. Il prescelto è Ismail Haniyeh, riporta il giornale Asharq Al Awsat di Londra, che è stato preferito al più duro Mahmoud al-Zahar dalla leadership all’estero guidata da Khaled Mashaal. Hanyeh ha 46 anni,è laureato all’università di Gaza nel 1987, il suo credo è riassunto nella dichiarazione «la nostra vittoria ha espresso la fiducia nella strategia politica e militare di Hamas, la gente ha detto di sì alle riforme, allo slogan “l’Islam è la risposta”, alla resistenza (ovvero agli attacchi terroristi e alla lotta armata durante questa Intifada, ndr) contro l’occupazione. Vogliamo difendere Gerualemme, il diritto al ritorno e la liberazione dei prigionieri».
La seconda decisione riguarda l’invito di Putin a Mosca. Hamas ieri ha fatto sapere non solo che accetta, ma anche che la visita potrebbe compiersi nel giro di un mese. Non solo: la delegazione, come segno di supremo interesse, potrebbe essere guidata da Khaled Mashaal, che è il capo dell’organizzazione con sede a Damasco, da dove di fatto dà ordini e tiene contatti con i governi arabi e le altre organizzazioni terroriste come gli Hezbollah, o la Jihad islamica. Mashaal è il personaggio più importante dell’organizzazione, da lui discende la linea di Hamas.
In questi giorni ha partecipato a svariate consultazioni con gli stati arabi, inclusi duri e diretti colloqui con l’Egitto che chiede, ieri, al mondo di aspettare a giudicare Hamas prima di condannarla. Di fatto Mubarak seguita a gestire la patata bollente perché è anche il suo punto di crisi. Ovvero: se l’Egitto riesce e trattare con Hamas, questo può portare dei cambiamenti nel balistico rapporto coi Fratelli Mussulmani, che hanno enormemente allargato la propria forza alle ultime elezioni egiziane fino a raggiungere 80 seggi in parlamento. E può avanzare la sua posizione come mallevadore privilegiato nei movimenti del Mediorente a cui gli Usa e il Quartetto in generale tengono tanto.
I giochi sono complessi: basta pensare che Hamas, che come dicevamo andrà presto a Mosca, è profondamente ostile al regime di Putin e si è sempre identificato con i separatisti ceceni considerandoli una parte della jihad globale. Manifesti, cd, film prodotti da Hamas mostrano profonda ammirazione e affratellamento per i leader del terrorismo ceceno Shamir Besayaev e Khattab, mentre l’esercito russo viene accusato sugli stessi documenti di attività contro la popolazione islamica della Cecenia. Ma al governo, Hamas sceglie la linea pragmatica, ed è nell’ottica di una legittimazione internazionale che intende andare a Mosca. Putin vuole probabilmente utilizzare la visita per stabilire un qualche rapporto con i ceceni; e di certo, vede Hamas come testa di ponte di un largo schieramento mediorientale che ricorda quello della Guerra Fredda intorno all’Urss.
Sullo sfondo una dichiarazione di Kofi Annan che si può intendere come una risposta alla decisione russa, seguita dalle favorevoli dichiarazioni francesi e turche, di rompere il fronte delle pressioni del Quartetto su Hamas: il segretario dell’Onu da New York ha chiesto a Hamas di abbandonare la lotta armata e di riconoscere Israele. "


Shalom

Pieffebi
17-04-06, 23:06
"I trucchi di Hamas coi mass-media

Nei giorni scorsi il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh ha ammonito Israele, Stati Uniti e Unione Europea proclamando: “Siamo pronti a mangiare l’erba, ma non ci faremo piegare”. Quello che i servizi giornalistici riferivano, invece, era che il leader di Hamas avrebbe in animo di tenere tra breve un discorso dai toni moderati.
È un tipico caso di quelli studiati dall’Intelligence and Terrorism Information Center (Tel Aviv), che ha pubblicato una ricerca da cui emerge la discrepanza fra le dichiarazioni che Hamas rilascia a una radio come Voce della Palestina e quelle che rilascia a un’emittente come la CBS.
“Nel tentativo di colmare la distanza sostanziale fra la propria ideologia e carta costitutiva, che rifiuta l’esistenza di Israele e sostiene il terrorismo, e le richieste della comunità internazionale – si legge nel rapporto – il governo palestinese di Hamas ha adottato verso i mass-media una strategia fondata sull’ambiguità e la ridondanza. Nel quadro di questa strategia, la leadership diffonde messaggi diversi, talvolta nettamente contraddittori, su questioni centrali dell’agenda politica, a seconda dell’uditorio a cui si rivolge. Di fronte ai media occidentali gli esponenti di Hamas cercano di velare e occultare le posizioni estremiste diffondendo messaggi attenuati, più adatti all’uditorio occidentale. Ma di fronte ai media arabi in generale, e a quelli palestinesi in particolare, viene esibita la consueta immagine aggressiva e senza compromessi”.
Fra i leader di Hamas, lo studio indica il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh come quello che più di altri si caratterizza per il contrasto fra le dichiarazioni che gli vengono attribuite dalla stampa locale e da quella occidentale.
In un’intervista a Voce della Palestina, il portavoce di Hamas Sami Abu-Zahri non ha nemmeno cercato di nascondere questa strategia dell’organizzazione. Richiesto di spiegare le dichiarazioni contraddittorie del movimento ai media occidentali e arabi, Zahri ha detto: “E’ naturale fare affermazioni distinte a diversi uditori, ciascuno con il suo stile. Ma i principi di base di Hamas sono immutati e noi ci atteniamo ad essi”.
Il rapporto conferma che Hamas dice cose nettamente diverse su vari temi a seconda dell’uditorio.
Circa gli attentati terroristici (“lotta armata” o “resistenza”, nella terminologia di Hamas), il 28 marzo scorso il capo del Politburo di Hamas Khaled Mashaal diceva che “la resistenza è un’opzione che il popolo palestinese ha scelto per reclamare i suoi diritti nazionali, il diritto al ritorno, l’autodeterminazione e la creazione di uno stato palestinese”. Lo stesso giorno, il primo ministro Ismail Haniyeh diceva al parlamento palestinese che “il manifesto del movimento combina resistenza e azione politica… i principi del governo scaturiranno dal ventre della resistenza”. Il primo aprile, Zahri ribadiva a radio Voce della Palestina che “Hamas aderisce alla resistenza in tutti i suoi aspetti, compresi gli attacchi terroristici”.
Ma quando l’uditorio cambia, cambiano anche toni e contenuti del messaggio. “Hamas non penserà mai alla violenza – dichiarava lo stesso Haniyeh alla CBS il 17 marzo – Hamas aspira a pace e calma basate su giustizia ed eguaglianza. Qualunque cosa venga offerta all’Autorità Palestinese sulla scena politica, sarà soppesata e discussa. Hamas escogiterà un meccanismo per gestire i negoziati”.
Il 25 febbraio, Haniya dichiarava, in inglese, al Jerusalem Post: “Rispetteremo gli accordi che garantiscano la creazione di uno stato palestinese sulle linee del ’67, nonché il rilascio dei prigionieri. Se Israele si ritirerà sulle linee del ’67, noi elaboreremo una pace per fasi”.
Ma il primo marzo lo stesso Haniya dichiarava, in arabo, al quotidiano Alsharoq: “Uno dei principi base del nuovo governo è quello di non cedere alle minacce internazionali e continuare a rifiutarsi di riconoscere Israele”. Gli faceva eco il 3 marzo il ministro degli esteri Mahmoud al-Zahar: “Sogno di appendere alla parete della mia casa a Gaza una grande carta del mondo in cui Israele non appaia”. Il 26 marzo Khaled Mashaal tuonava su Al-Rai Al-Aaam: “No al negoziato con Israele, no al riconoscimento di Israele, no alla capitolazione dei diritti dei palestinesi”.
Anche per quanto riguarda il programma di islamizzazione della società palestinese, le affermazioni di Hamas si contraddicono a seconda dell’uditorio. Il 22 febbraio Ahmed Abu Halbia dice al giornale arabo al-Ayyam: “Il nuovo Consiglio legislativo si adopererà per adattare le leggi palestinesi allo spirito dell’islam. Hamas sottolinea con forza il motto ‘l’islam è la soluzione’, e ciò deve trovare riscontro nelle leggi che verranno varate”. Invece l’1 marzo Aziz Dweik, segretario del Consiglio legislativo, dice al giornale italiano Corriere della Sera: “Hamas è un partito religioso, si impegna a lavorare per migliorare gli standard morali della nostra gente. Spero che presto chiudano le rivendite di alcolici, non per decreto, ma semplicemente perché mancheranno clienti”.
“Dentro Hamas hanno luogo cambiamenti in modo graduale e misurato – dice alla stampa occidentale Aazi Hamad, consigliere del primo ministro Haniya – Hamas adatta il pragmatismo politico con riferimento allo stato e al cessate il fuoco”. Ma il 5 aprile, Ahmad al-Jaabari scrive sul sito web di Hamas: “La nostra resistenza all’occupazione in Palestina continua e non cesserà in qualunque circostanza. Le Brigate al-Qassem continueranno la marcia verso la totale liberazione del suolo della nostra beneamata madrepatria di Palestina, dal fiume fino al mare”.

(Da: YnetNews, MFA, 11-15.04.06)"

Shalom

Coriolano (POL)
21-04-06, 16:25
"La Carta fondamentale di Hamas

Il 18 agosto 1988 Hamas, l'organizzazione del fondamentalismo jihadista palestinese, ha pubblicato la propria Carta fondamentale, un “manifesto” in cui viene invocata una jihad (guerra santa) senza compromessi contro l'esistenza di Israele. Nella settimana successiva alla pubblicazione, la Carta veniva affissa nelle moschee in tutti i territori di Cisgiordania e striscia di Gaza . Quelli che seguono sono alcuni dei punti principali della Carta fondamentale di Hamas.

Estremismo islamista

Hamas (acronimo di "Movimento di Resistenza Islamica") si considera parte del più generale movimento della Fratellanza Islamica. Hamas definisce se stesso anche come un "importante movimento palestinese, fedele ad Allah e il cui modo di vita è quello islamico" e "uno degli anelli della catena della lotta contro gli invasori sionisti" (art. 6, 7). Hamas si considera parte integrante di un più vasto movimento che può essere definito “estremismo islamista jihadista”, un movimento intellettuale e sociale caratterizzato da una militante ostilità verso la modernità e il laicismo in ogni aspetto della vita. Dal fanatismo islamista scaturisce la “dichiarazione” su Hamas contenuta nell'art. 9 della Carta: “Allah è il suo obiettivo, il profeta il suo modello, il Corano la sua costituzione, la jihad il suo cammino e la morte in nome di Allah il più dolce dei suoi desideri”. Hamas considera gli elementi esterni e le organizzazioni non-islamiche (quali persino Rotary, Lions ecc.) come forze sinistre che cospirano con i sionisti contro l'islam e contro l'umanità (art. 17, 22, 28). “Il giorno in cui l'islam avrà il controllo della guida delle cose della vita, queste organizzazioni, ostili all'umanità e all'islam, saranno cancellate" (art. 17).

Ebrei, ebraismo e sionismo

Hamas non limita i propri obiettivi ad uno scontro con il sionismo nel contesto soltanto del conflitto arabo-israeliano. Esso si considera la punta di lancia di un movimento di massa in lotta contro gli "ebrei guerrafondai" e il "sionismo mondiale" (art. 32). Nella visione di Hamas, "i nemici" (ebrei, ebraismo e sionismo in questo contesto sono concetti totalmente intercambiabili) complottano contro il mondo. Ricorrendo ai temi classici dell'antisemitismo usati, fra gli altri, dai nazisti e citando “I Protocolli dei Savi di Sion”, noto falso usato dagli antisemiti all'inizio del secolo, la Carta di Hamas sostiene che questi "nemici" stanno dietro ad ogni male e sono i veri nemici di tutto il genere umano (art. 17, 22, 28, 32).

Palestina e Olp

"Israele esisterà e continuerà ad esistere finché l’islam non lo cancellerà, proprio come ha cancellato altri prima di esso". Questi i termini con cui Hamas dichiara le proprie intenzioni in una delle frasi d'apertura della Carta. Hamas punta a istituire una Repubblica Islamica su tutta la Palestina, considerata parte dell'eterno patrimonio musulmano. La Carta afferma che nessuna parte della Palestina deve essere ceduta: "La Palestina è terra di proprietà islamica (waqf), consacrata alle generazioni musulmane fino al giorno del giudizio" (art. 11). Il ritorno della Palestina nelle braccia dell’islam occupa una parte centrale della Carta. Sostenendo che la Palestina è stata "nelle mire degli espansionisti" fin dagli albori della storia, Hamas afferma che la perdita della sovranità musulmana sulla Palestina è un episodio passeggero. Citando la battaglia del XII secolo in cui gli eserciti musulmani, guidati dal Saladino e sotto le bandiere della religione, sconfissero i crociati e "liberarono la Palestina" dalla dominazione cristiana (art. 34, 35), la Carta di Hamas dice: "Questo è il solo modo per liberare la Palestina" (art. 34). Hamas rifiuta tutte le "iniziative e le cosiddette soluzioni di pace e le conferenze internazionali [...]. Non c'è soluzione alla questione palestinese che non sia attraverso la jihad. Iniziative, proposte e conferenze internazionali sono tutte perdite di tempo e sforzi vani" (art. 13). L'atteggiamento di Hamas verso l'Olp è definito dal giudizio che dà della posizione di questa di fronte all’islam. La Carta non nasconde le basi della propria principale differenza rispetto all'Olp: l'impegno di quest'ultima per l'istituzione di uno stato laico sulla Palestina. L'Olp, dice Hamas, accettando la nozione di “stato laico”, si è fatta ingannare dalla "confusione ideologica prevalente nel mondo arabo, frutto dell'invasione ideologica sotto la cui influenza il mondo arabo è caduto sin dalla sconfitta dei crociati e che è stata, ed è, alimentata dagli orientalisti, dai missionari e dagli imperialisti". Uno stato laico deve essere respinto totalmente. Tuttavia la Carta aggiunge: "La nostra patria è una, la nostra situazione è una, il nostro destino è uno e il nemico è uno e comune per tutti noi [...]. Il giorno in cui l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina [Olp] adotterà l’islam come suo sistema di vita, noi saremo i suoi soldati e saremo il combustibile del fuoco che brucerà i nemici" (art. 27).

Hamas e il mondo arabo-islamico

La jihad, secondo la Carta, è un dovere per ogni musulmano. La liberazione della Palestina è un "dovere individuale per ogni musulmano, dovunque si trovi" ed è legata a tre ambiti: palestinese, arabo e musulmano (art. 14). Pertanto la visione di Hamas dei regimi e dei popoli arabi e del mondo islamico nel suo complesso è determinata dal loro grado di devozione all’islam e dalla loro dedizione alla lotta eterna contro il sionismo (art. 32, 33). In questo spirito Hamas invoca azioni che portino le masse ad accettare la propria partecipazione alla jihad contro il sionismo come un dovere e a rafforzare la loro adesione all’islam (art. 15, 29, 30). Hamas chiede agli stati arabi che circondano Israele di permettere il passaggio dei combattenti arabi e islamici attraverso i loro confini. Anche agli altri paesi arabi e islamici viene chiesto di fornire aiuto (art. 28). Hamas mette in guardia dalla tendenza propugnata dalle "forze imperialiste" le quali, viene detto, stanno di fatto collaborando con il sionismo allo scopo di far uscire uno per uno gli stati arabi dalla lotta contro il sionismo. Ritirarsi da questa lotta è alto tradimento, tradimento dell’islam "e possa essere maledetto chi lo commette" (art. 32, 33).
(Da: NES, anno 5, n. 1, gennaio 1993)"

Shalom

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Quelli che vogliono liquidare lo stato di Israele, sono gli stessi che predicano la riconquista Islamica della Sicilia, della Grecia, della Spagna ecc... Abbiamo problemi in comune sia in Sicilia che in Israele. Ciao.

Pieffebi
06-06-06, 19:48
dal quotidiano IL GIORNALE del 6 giugno

" Una giornata di guerra civile in Palestina

L'ultima soglia è già stata superata, la guerra civile è ben oltre le porte, ma - da ieri notte - anche l'estremo limite per una riconciliazione sembra calpestato. Sepolte le sei vittime cadute in due successivi agguati ai militanti di Hamas, concluso l'assalto fondamentalista alla radio dell'Autorità Palestinese di Khan Younis, terminati gli assedi alle banche per incassare gli stipendi, a mezzanotte si è consumata l'estrema rottura tra il presidente Abu Mazen e il governo di Hamas. Lui Abu Mazen, il re tentenna improvvisamente irremovibile, rifiuta qualsiasi modifica al cosiddetto “piano delle carceri” e conferma la volontà di mandare avanti il referendum che rischia di mettere fuori gioco l'esecutivo integralista. Ma il rischio più grande è quello di un deflagrare delle polveri, di un'inarrestabile esplosione di violenza capace di trascinar via assieme al governo di Hamas anche la presidenza e l'ultima parvenza d'Autorità Palestinese. Di certo la guerra civile, parola inesistente secondo il premier Ismail Haniyeh nel vocabolario palestinese, sembra, oggi, un monolite di granito sospeso sulle sabbie di Gaza. Ieri centinaia di dipendenti pubblici hanno dato l'assalto alle banche per incassare la prima fetta di pagamenti promessa da Haniyeh. Solo pochi sportelli, nonostante le promesse dell'esecutivo, avevano ricevuto, però, i fondi governativi. I regolamenti di conti intanto si susseguono notte e giorno. Il più plateale è l'assalto alla sede della radio dell'Autorità Palestinese(vicina ad al Fatah) di Khan Younis. L'edificio circondato dai militanti integralisti viene preso d'assalto da uomini armati che sfondano porte e cancelli e minacciano i dipendenti dell'emittente. «Siete tutti collaboratori», urlano gli assalitori mentre costringono tecnici e giornalisti a sloggiare. Poi i kalashnikov aprono il fuoco sui trasmettitori mettendo a tacere una delle ultime voci favorevoli a Mazen. L'assalto è una rappresaglia per gli agguati della notte e l'attentato della mattina costati la vita ad almeno sei persone, fra cui due militanti fondamentalisti, due dei loro familiari e almeno due civili innocenti. L'attentato della mattina colpisce una casa del campo di Jabalya fatta esplodere con un ordigno posizionato all'ingresso. La deflagrazione uccide sul colpo uno dei militanti fondamentalisti del campo, ferisce la figlioletta di otto anni e un altro familiare della vittima. A questo concentrato di violenza casalinga s'aggiunge, in serata, un'incursione degli elicotteri israeliani alla caccia delle cellule responsabili dei lanci di missili Qassam dal nord della Striscia di Gaza. La vittima designata è Imad Asaliyah, un veterano dei Comitati di Resistenza Popolare. Accanto al suo cadavere e alla sua macchina disintegrata, i barellieri raccolgono un altro cadavere e tre feriti in gravissime condizioni, probabilmente componenti del commando. Ma il pericolo maggiore in queste ore è lo scontro intestino. Il vero punto di non ritorno, la dichiarazione di guerra aperta è quel referendum sul cosiddetto “piano dei detenuti” che accettando il progetto di “due stati” riconosce implicitamente la legittimità d'Israele. Quel piano in 18 punti, preparato nella prigione israeliana di Hadarim, comprende tra le cinque firme dei suoi promotori quella del segretario generale di Fatah, Marwan Barghouti, e quella del leader di Hamas Abdel Halek Natshe. Sfruttando la firma di un rappresentante dei detenuti che Hamas non può delegittimare, Abu Mazen ha dato dieci giorni di tempo all'esecutivo fondamentalista per accettare il piano. Scaduto alla mezzanotte di ieri il termine ultimo, il presidente sembra pronto a convocare un referendum dalle potenzialità devastanti. Secondo gli istituti di sondaggio palestinesi, il piano ha l'appoggio della maggioranza degli abitanti di Gaza e Cisgiordania e rischia di delegittimare il governo costringendolo alle dimissioni. Ma prima di arrivare al voto Mazen deve riuscire a farne passare la convocazione. La costituzione palestinese non consente, secondo alcuni, la convocazione di un referendum per decreto presidenziale, ma richiede l'approvazione del Parlamento. Mazen sostiene di essere perfettamente legittimato ad agire dalla situazione d'emergenza causata dal rifiuto di Hamas di riconoscere Israele e i trattati approvati in passato dall'Anp. «Vuole soltanto imporci quel documento, farlo passare sopra le nostre teste come se si trattasse di un testo sacro e noi non possiamo accettarlo», replicava, invece, il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri annunciando l'estremo «no» all'ultimatum presidenziale
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Shalom

Pieffebi
02-07-06, 12:29
"La resa dei conti con Hamas

Da un editoriale del Jerusalem Post

Mentre gli israeliani si angosciano ogni volta che, prendendo di mira i terroristi, mettono in pericolo la vita di palestinesi innocenti, l’assassinio a sangue freddo di Eliahu Asheri ci ricorda che, al contrario, per i terroristi palestinesi non esiste nessun israeliano innocente. Un ragazzo di 18 anni che fa l’autostop sul bordo di una strada può essere arbitrariamente sequestrato e ucciso, e di questo gesto ci si può vantare come di un eroico atto di “resistenza”.
È in questo contesto che deve essere considerata la decisione israeliana, a lungo rinviata, di intervenire a Gaza e di arrestare decine di esponenti di Hamas. Anche se, anzi, proprio perché ricoprono cariche come quelle di ministro o parlamentare, i capi di Hamas non sono affatto innocenti. Essi sono parte in causa, direttamente o con le loro responsabilità nell’organizzazione, nell’uccisione dei soldati israeliani Hanan Barak e Pavel Slutzker, nella presa in ostaggio di Gilad Shalit e nell’assassinio di Eliahu Asheri.
Naturalmente Israele non può tollerare una continua campagna terroristica contro i suoi cittadini. Con l’attuale operazione delle Forze di Difesa israeliane a Gaza, compresi gli attacchi su infrastrutture come ponti e generatori d’elettricità, Israele cerca di esercitare la massima pressione possibile sul regime palestinese con il minimo possibile di vittime fra i propri soldati e i civili palestinesi.
L’offensiva di Hamas contro Israele e il suo rifiuto di aderire ad alcuna delle condizioni poste dal Quartetto Usa-Ue-Russia-Onu per la ripresa degli aiuti all’Autorità Palestinese sembra essersi basata sul presupposto che la comunità internazionale avrebbe ceduto, e Israele avrebbe fallito nel tentativo di chiamare l’Autorità Palestinese a rispondere della sua aggressione.
Prima dell’attacco e del sequestro compiuti domenica scorsa da Hamas a Kerem Shalom, questo presupposto non si era ancora dimostrato né falso né vero. È vero che i finanziamenti diretti all’Autorità Palestinese sono congelati, ma Hamas poteva benissimo pensare di poter superare l’isolamento e che anzi una escalation potesse giocare a suo favore.
“Bombardando” il palazzo del presidente siriano Bashar Assad con il rombo dei jet e arrestando esponenti di Hamas, Israele sta dimostrando che riterrà responsabili non solo i terroristi esecutori, ma anche i loro mandanti. Si tratta di un messaggio cruciale, che Israele invia e che la comunità internazionale dovrebbe sostenere.
In effetti qualcuno sostiene che Israele sta cercando di far cadere il regime di Hamas una volta per tutte. Se è così, si tratterebbe dell’inevitabile risultato – come ha detto persino un alto funzionario di Fatah intervistato sull’operazione militare israeliana – delle scelte che la stessa Hamas ha fatto e che è ancora in tempo a cambiare.
Hamas deve essere costretta a scegliere: o il potere o il terrore. Quando Hamas vinse le elezioni, molti osservatori spiegarono che il sostegno ottenuto dal gruppo jihadista non doveva essere interpretato come un sostegno popolare per la continuazione della guerra terroristica contro Israele, quanto piuttosto come il desiderio di sbarazzarsi della corruzione di Fatah. Se le cose stanno così, allora Hamas sta propriamente tradendo il mandato ricevuto dall’elettorato palestinese. In questo caso la caduta di Hamas non sarebbe in contraddizione con la democrazia palestinese, a meno che i palestinesi preferiscano la continuazione del terrorismo contro Israele rispetto alla costruzione del loro stato. E se la maggioranza dei palestinesi è a favore del terrorismo, allora Israele ha il pieno diritto di chiarire loro le conseguenze di tale scelta.Il fiasco di Hamas dimostra che la democrazia è qualcosa di più di semplici elezioni, e che le elezioni possono produrre un regime criminale. Natan Sharansky ha sempre continuato a mettere in guardia contro il pericolo di promuovere ciecamente processi elettorali in società che non superano il test della “piazza della città”: quello per cui uno può liberamente dire ciò che vuole nella piazza della città senza temere per la propria vita o per la propria libertà. Un palestinese è libero oggi di denunciare pubblicamente le politiche di Hamas e invocare la pace con Israele? La risposta è chiaramente no.
Dunque l’azione israeliana si è concentrata dove doveva concentrarsi: sul regime di Hamas. I prossimi giorni e settimane diranno se ciò forzerà Hamas a liberare Gilad Shalit e a cambiare drasticamente, o essere cacciata dal potere, in un modo o nell’altro.
Dall’esito della vicenda sia israeliani che palestinesi si giocano molto, e l’esito sarà determinato dalla volontà di Israele e della comunità internazionale di sostenere con coerenza i propri principi.

(Da: Jerusalem Post, 29.06.06)
"

Shalom

Pieffebi
29-12-08, 17:36
Fiamma Nierenstein su IL GIORNALE


I fratelli arabi piantano in asso Hamas
di Fiamma Nirenstein


numero del 29 dicembre 2008

pagg. 1 e 3


Le immagini più significative della guerra in corso ieri si sono viste sul confine fra Gaza e l’Egitto, con tutta la tessitura degli arabeschi che il Medio Oriente è in grado di comporre. I soldati egiziani sorvegliano la frontiera col fucile impugnato da Rafiah lungo lo Tzir Philadelphi; dalle ore della tarda mattinata si svolge l’assedio dei palestinesi che vogliono passare di là dal confine mentre i soldati dall’altra parte hanno l’ordine di impedire comunque alla marea integralista di penetrare nel Paese di Mubarak, il moderato; poco più in là, la paradossale scena dei camion pieni di aiuti umanitari e le ambulanze, che sono i palestinesi a non lasciar passare mentre gridano agli egiziani: «Lasciate entrare i vivi invece di occuparvi dei morti».
Verso le cinque del pomeriggio, mentre il sole tramonta sul mare Mediterraneo, entrano in scena gli F16 che sfrecciano veloci e in quattro minuti distruggono 40 tunnel sotto il confine. Pare che fossero i più importanti tra i 600 scavati per trasportare dentro Gaza merci di qualsiasi genere dall’Egitto, quelli che hanno rimpinzato Gaza di missili. Ma ieri di missili, contro ogni previsione, non ne sono piovuti molti, e la popolazione del sud di Israele ha passato una giornata relativamente tranquilla: segno che gli obiettivi colpiti dall’aviazione sono stati scelti con una operazione di intelligence precisa, e che le strutture di Hamas stentano a riaversi da un’operazione paragonata qui in Israele a quella che nel 1967 colpì a terra i Mig egiziani.
L’esercito israeliano sostiene di aver colpito il 50% delle risorse belliche di Hamas, missili, depositi di dinamite e simili. E Hamas preferisce per ora giocare il ruolo della vittima, seguitare a segnalare, almeno per un po’, che Israele seguita ad agire in modo «sproporzionato». Ma è il mondo arabo per primo a essere contraddittorio di fronte alla vittimizzazione di Hamas, e in primis l’Egitto e gli stessi fratelli palestinesi guidati da Abu Mazen: quest’ultimo ha detto dal Cairo di aver avvertito Hamas che le sue azioni avrebbero portato all’attacco di Israele. Insomma, gliene ha attribuito la responsabilità. Aggiungendo le accuse per le decine di miliziani di Fatah prigionieri di Hamas e morti nelle carceri bombardate dagli israeliani: la strage avrebbe potuto essere evitata se fossero stati liberati per tempo. Anche gli egiziani si sono mossi con ambiguità tra la dimostrazione di solidarietà con i palestinesi e la disapprovazione nei confronti della incomprensibile politica di Hamas, che ha portato la sua popolazione alla situazione attuale. Da Sana in Yemen, a molte città e villaggi mediorientali inclusi quelli della West bank e nella stessa Gerusalemme est, fino a Teheran, dove Khamenei ha chiesto a tutti i musulmani di combattere per Gaza «in tutti i modi possibili», fino a Amman dove i Fratelli Mussulmani hanno sfilato con slogan furiosi, fino a Damasco dove Masha’al chiede un’Intifada militare di tutto il mondo arabo, si è manifestata la solita furia antisraeliana ma stavolta anche antiegiziana e anti Fatah. A Beirut i manifestanti convocati dagli Hezbollah gridavano slogan in cui il nome di Mubarak faceva rima con Ehud Barak. Qui Nasrallah, il capo di Hezbollah, ha parlato con i soliti toni di odio, esortando i suoi uomini ad essere pronti a difendersi. Ma, furbescamente, senza invitarli ad attaccare il mostro sionista.

Quanto ai moderati, è la prima volta che non possono sventolare la solita bandiera di odio contro Israele. Hamas li ha inchiodati. Ed è logico vista la crescita verticale dell’estremismo islamico in Medio Oriente. Avevamo già scritto di una segreta richiesta araba «moderata» a Israele di farla finita con Hamas visto come un emissario incendiario dell’Iran, deciso a distruggere ogni equilibrio mediorientale. L’Egitto, che ha a lungo tentato la tregua fra Fatah e Hamas, si è adontato oltre misura che Hamas abbia disertato la riunione di novembre al Cairo, sicuramente su richiesta iraniana. Nel frattempo Hamas cerca nuove sponde: da Gaza City, scavalcando la leadership di Damasco, sono partite molte telefonate da parte di Ismail Haniyeh al re del Bahrein e ai governanti del Qatar. Ma Hamas può restare molto danneggiato dalla rottura con l’Egitto: sono in programma importanti accordi economici che sembrano molto lontani dalla ringhiosa realtà attuale. Di sicuro ora, dopo i fatti di Gaza, tutto il mondo arabo dovrà fare i conti con la nuova dimostrazione di deterrenza militare israeliana, che dopo la guerra con gli Hezbollah del 2006 e per via dell’atteggiamento di attesa scelto dai vertici israeliani sembrava assai diminuita. Adesso tutti i vicini, compreso l’Iran, sanno che l’esercito israeliano è quello di un tempo quando decide, come dice Tzipi Livni che «quel che è troppo è troppo».


Shalom

Pieffebi
02-01-09, 14:01
Israele mostra su YouTube la controffensiva anti-Hamas
Le Forze di Difesa israeliane hanno aperto un canale YouTube dedicato a videoclip ripresi nei giorni scorsi durante le operazioni della controffensiva contro le strutture dei terroristi Hamas al potere nella striscia di Gaza. I filmati mostrano in particolare il grado di accuratezza e precisione con cui vengono sezionanti e presi di mira gli obiettivi di valore militare.
Martedì YouTube (di proprietà della Google Inc.) aveva brevemente bloccato i videoclip definendoli inappropriati, per poi ripristinarli dopo poche ore, soprattutto grazie alla reazione di blogger e visitatori, limitandosi a segnalarli come inadatti ai minorenni.
Uno dei video aerei visibili sul canale (Israeli Air Force Strikes Rockets in Transit 28 Dec. 2008) mostra, ad esempio, un gruppo di terroristi Hamas che caricano missili Grad su un veicolo un attimo prima d’essere colpiti da un razzo israeliano. Un altro mostra l’attacco israeliano a rampe di lancio di missili palestinesi (Israel Air Force Pinpoint Strike on Grad Missile Launchers 30 Dec. 2008).
“È importante informare l’opinione pubblica e mostrare, anche all’estero, ciò che fanno esattamente le Forze di Difesa israeliane”, ha spiegato Avital Leibovich, portavoce militare israeliana.

Per vedere i videoclip delle Forze di Difesa israeliane su YouTube:

http://it.youtube.com/idfnadesk


www.israele.net


Cerea

Pieffebi
04-01-09, 22:50
02-01-2009

Vittime civili e diritto internazionale

Israele è coinvolto in un conflitto che non ha provocato. Anzi, un conflitto che ha cercato di prevenire ritirando tutti i suoi soldati e tutti i suoi ottomila civili dalla striscia di Gaza sin dall’estate del 2005. Ma è costretto a combattere per un’elementare forma di autodifesa, per proteggere i propri cittadini che sono stati e continuano ad essere deliberatamente attaccati dall’organizzazione terroristica Hamas.
Lo ricorda un comunicato del ministero degli esteri israeliano che aggiunge: “Hamas non fa il minimo sforzo di rispettare il diritto internazionale. Israele, al contrario, fa di tutto per mantenere la propria risposta entro i limiti della legalità. Ciò significa che, mentre Hamas non si fa scrupolo di usare i civili sia come bersagli che come ‘scudi umani’, viceversa Israele cerca di limitare il più possibile i danni patiti dai civili sia al proprio interno che fra i palestinesi”.
Il diritto internazionale ammette che possa verificarsi la morte o il ferimento di civili durante legittime operazioni militari. Per essere legale, un’operazione militare deve essere diretta contro un “legittimo obiettivo militare” ed essere “proporzionata”.
In base alle Convenzioni di Ginevra e al diritto internazionale consuetudinario, un legittimo obiettivo militare – come ad esempio una base di lancio di missili o un deposito di armi ed esplosivi – non cessa di essere un legittimo obiettivo militare anche se viene collocato nel cuore di un’area abitata da civili. La responsabilità delle vittime civili usate come “scudi umani” ricade interamente sulla parte che ha deciso di mettere deliberatamente a repentaglio la loro vita.
Il diritto internazionale richiede inoltre che un’operazione militare sia “proporzionata” al vantaggio militare stimato. Nel fare questa valutazione, la proporzionalità deve essere misurata non rispetto ad ogni singola azione, bensì alla luce della minaccia complessiva che l’operazione militare è chiamata a fronteggiare. Si tratta ovviamente di una stima complicata e difficile, che il diritto internazionale affida al discernimento del comandante sul campo nel pieno dei combattimenti chiamato a valutare tutti gli elementi, compresa la sicurezza delle sue forze militari.
“Israele – conclude il comunicato – ha adottato questi principi di fondo del diritto internazionale sui conflitti armati sia nell’addestramento che nella pratica militare. Accade spesso che le operazioni prospettate vengano cancellate proprio a causa di un rischio di colpire civili non proporzionato agli obiettivi militari. Da un esame della pratica internazionale in questo campo emerge chiaramente che le misure adottate da Israele, e il suo approccio alla proporzionalità, corrispondono o sono persino più rigorose di quelle adottate dalla maggior parte dei paesi occidentali tutte le volte che si trovano ad affrontare minacce analoghe”.

(Da: MFA, gennaio 2009)



www.israele.net


Cerea

Pieffebi
06-01-09, 20:38
Dal quotidiano IL GIORNALE di oggi, martedì 6 gennaio 2009, Epifania di Nostro Signore:


Silvia Kramar - " Io, musulmano convertito dico: Hamas è soltanto una banda di torturatori "

New York - «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici». Fu ascoltando la lettura di questo passaggio del Vangelo secondo Matteo che Mosab Hassan, nel cuore di Gerusalemme, capì di voler abbandonare Hamas.

Hassan era nato nelle strade di Ramallah e Hamas aveva sempre rappresentato i suoi sogni storici, l'immaginario religioso e le sue ambizioni represse di un ragazzino cresciuto nelle moschee dove si inneggiava l'odio dell'estremismo musulmano. Aveva giocato a pallone nel cimitero di Ramallah prima che fosse calpestato dai funerali dell'intifada. Hassan aveva sposato l'estremismo e la violenza spinti ai massimi livelli. Dopotutto lui era un «eletto», un ragazzino privilegiato poiché suo padre era lo sceicco Hassan Yousef, uno dei fondatori, nel 1987, di Hamas. Ma poi, dopo essere stato arrestato e dopo aver visto che l'odio di Hamas portava i sui leader a torturare anche i suoi confratelli, Hassan aveva rifiutato l'ideologia che ne aveva fatto un ragazzino che lanciava sassi contro i soldati israeliani e credeva negli attentati suicidi.

«Quando fui imprigionato nel carcere israeliano di Megida - ha raccontato Hassan al giornalista della rete televisiva Fox, Jonathan Hunt, che nei giorni scorsi ha bucato gli indici d'ascolto trasmettendo l'intervista - cominciai a riflettere. Mio zio Ibrahim Abu Salem, era un capo delle brigate di Hassam ed era imprigionato con me. I suoi uomini erano ossessionati dal dubbio che tra di noi ci fossero delle spie. Avevano istaurato un punteggio chiamato «punti rossi». Se uno si soffermava troppo a lungo nella doccia calcolavano che probabilmente era un collaborazionista dei servizi segreti israeliani. Poi, quando il punteggio raggiungeva una certa quota, partivano le torture. Sentivo le urla, di notte. Torturavano ragazzini e vecchi infilando chiodi sotto le unghie, bruciando loro la pelle con brandelli di plastica scottante. Quando vidi che mio zio, che per me era stato un eroe come mio padre, era quello che dava ordine di torturare, provai orrore».

In quei tre mesi di carcere si rese conto che Hamas non avrebbe mai risolto i veri problemi della sua gente. Aveva poco più di 27 anni quando, camminando davanti al Muro del pianto, aveva incontrato un missionario cristiano. «Vieni e ti insegnerò il Vangelo», gli aveva detto. Aveva seguito questa sua ricerca spirituale, sapendo di rischiare la morte perché Maometto aveva detto che «bisogna uccidere chiunque si converta a un'altra religione».

Adesso Hassan vive in California, si è convertito al cristianesimo, aiuta l'Fbi a svolgere la complessa matassa dei segreti di Hamas e promette di dedicare la sua vita a combattere l'estremismo islamico. Al Qaida l'ha messo sulla sua lista dei most wanted, con una taglia sulla sua vita. Non molti sanno che nei giorni di Natale i legislatori di Hamas hanno approvato a pieni voti un codice della Sharia che ha legalizzato l'uso della crocefissione per i nemici dell'Islam. Anche per questo Hassan sta chiedendo asilo politico negli Usa.
«La forza di Hamas sta non solo nelle loro armi ma nelle basi religiose su cui si regge - ha detto alla Fox -. Ma sono convinto che tutte le pareti che l'Islam ha eretto negli ultimi 1400 anni non esistono più. La gente non è più ignorante. Se un padre impedisce a sua figlia di uscire di casa, dal suo computer lei già viaggia attraverso il mondo». Hassan frequenta la chiesa protestante della Barabbas Road, a San Diego. «Non avevo mai sentito parlare del perdono»,ha ammesso questo giovane convinto che il 95 per cento dei musulmani non capisca la propria religione: «L'islam non è la parola di Dio». Sono discorsi che ha voluto fare anche a suo padre, prima di dargli l'addio. «Gli ho detto che sapevo che in fondo al cuore era molto lontano dall'odio di Hamas, che si era lasciato trascinare nel terrorismo. Gli ho detto anche che è molto più vicino al cristianesimo di quanto non sappia».

Cerea

Pieffebi
08-01-09, 11:58
Hamas spara dalle scuole

Hamas ha finora cercato di evitare il più possibile scontri diretti con i soldati israeliani entrati nella striscia di Gaza preferendo piuttosto nascondersi nei quartieri densamente abitati dalla popolazione civile palestinese. È quanto avevano affermato delle fonti palestinesi ad Haaretz lunedì, cioè prima della tragedia della scuola di Jebaliya.
Hamas, dicevano le fonti palestinesi citate, preferisce sparare dalle case, lasciando che sia la popolazione locale a subire i colpi della controffensiva israeliana. Nel riferirlo, le fonti palestinesi esprimevano una forte condanna di Hamas, sottolineando come la sua decantata “fiera resistenza” contro qualunque incursione di terra israeliana si fosse rivelata una promessa senza fondamento.
Sempre le stesse fonti sostenevano che l’alto tasso di perdite civili rispetto a quelle dei miliziani è dovuto appunto alla scelta di Hamas di nascondere i propri combattenti nei quartieri civili anziché affrontare le truppe israeliane al di fuori di essi.
Contro le truppe israeliane Hamas ha fatto finora ricorso soprattutto a cecchini e imboscate, senza mai mandare in avanscoperta contingenti importanti dei suoi 15-20.000 uomini armati, per timore – spiegavano lunedì le fonti palestinesi – della superiorità tecnica delle Forze di Difesa israeliane le quali, dal canto loro, hanno finora cercato di evitare di penetrare nelle zone più densamente abitate, benché siano appunto quelle dove si nasconde il grosso delle forze di Hamas.
Nondimeno il portavoce di Hamas Abu Obeida lunedì continuava a insistere che “la sconfitta dell’esercito sionista è più vicina che mai”.
Le fonti palestinesi avevano anche riferito che alti comandanti di Hamas sono stati visti più volte aggirarsi nei pressi del reparto di maternità dell’ospedale Shifa della città di Gaza, e addirittura usare l’edificio dell’ospedale per tenere conferenze stampa, evidentemente nella convinzione che esso offra un rifugio sicuro dal fuoco israeliano. Per lo stesso motivo, forze di Hamas si nascondono nei pressi di edifici che fungono da sedi di varie organizzazioni internazionali, come la Croce Rossa e le Nazioni Unite.
Una tragica conferma di questo stato di cose sembra essere arrivata con la sciagura occorsa martedì quando circa 30 palestinesi, per lo più civili, sono morti in un edificio scolastico dell’UNRWA a Jebaliya colpito da alcune granate di carro armato israeliano.
Secondo i primi accertamenti, risulta che terroristi di Hamas avevano sparato granate di mortaio dalla scuola verso le truppe israeliane, le quali hanno risposto mirando alla fonte del fuoco nemico. I colpi israeliani sono caduti all’esterno dell’edificio, ma ne è seguita una serie di esplosioni “secondarie”, molto probabilmente dovute alla presenza di munizioni o esplosivi immagazzinati all’interno della scuola.Secondo fonti dell’intelligence israeliana, tra i morti figurerebbero Immad Abu Iskar e Hassan Abu Iskar, due noti lanciatori di granate di mortaio di Hamas, il che confermerebbe l’uso che i terroristi facevano della scuola come “scudo umano”.
“Dei civili non avrebbero mai dovuto morire – si legge in un comunicato del governo israeliano diffuso martedì sera – ma è imperativo capire come si è prodotto questo orrore, e chi ne porta la vera responsabilità”. Dopo aver ricordato che il conflitto in corso è stato voluto da Hamas, che tre settimane fa ha unilateralmente infranto la tregua e intensificato i lanci di razzi sulle città israeliane, il comunicato afferma: “Non un solo israeliano né un solo palestinese sarebbero stati colpiti o uccisi in questi gironi se Hamas non avesse ripreso i suoi brutali attacchi”.Non è certo la prima volta che Hamas spara granate e razzi da edifici scolastici, usando deliberatamente i civili come “scudi umani”: una pratica di cui alcuni esponenti di Hamas non hanno esitato a vantarsi esplicitamente in pubblico (si vedano i link qui di seguito).

(Da: Haaretz, MFA, 6.01.09)



Incontrovertibile.


Cerea