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Visualizza Versione Completa : Laicità delle istituzioni politiche, radici religiose dell'identità e minoranze



Mjollnir
16-09-03, 17:57
Prendo spunto dalla notizia postata da Pensiero su un altro forum (il solito Adel Smith ne ha fatta un'altra delle sue, affiggendo il nome di Allah nella scuola del paese) per proporvi una riflessione - di carattere generale - sul delicato e complesso tema del rapporto religione-politica, sul carattere della laicità propria degli Stati moderni e sul rapporto con le minoranze religiose, sia quando esse coincidano con minoranze etniche che non.
Ritengo che l'argomento sia particolarmente ricco di sviluppi nonchè importante per noi, in quanto ci troviamo - come pagani - in una situazione a dir poco particolare... :cool:

Arjuna
27-09-03, 18:19
Io credo,seguendo il principio tradizionale di identità fra microcosmo e macrocosmo,che una comunità che non tenda organicamente verso “l’alto”,è come un uomo che non tende verso la trascendenza,sottomettendo il corpo alla sua volontà.Ne consegue per me,che una comunità,uno Stato “laico”,che ha rotto i legami con la natura spirituale,che non si fa specchio del mondo sovraterreno ma si abbandona al mondo terreno,è vittima del “male”,detto nella mitologia norrena,si trova preda di Iormungandr,il serpente di Midhgardhr,che mangia se stesso,rappresentante il mondo terreno,nel quale non ci si disseta mai,nel quale le passioni alimentano se stesse e si segue la legge del divenire.
Non entro nel discorso sullo “Stato ideale”,personalmente mi riconosco in molto di ciò che ha scritto Platone,o nell’ideale imperiale romano,o ghibellino (Federico II) i quali,lungi dall’esser “Stati laici”,subordinavano le relative forme essoteriche(culti a varie divinità a Roma,cristianesimo e islam con FedericoII) ad una unità gerarchica nella quale il rex o l’imperatore concentrano su di se il principio primo che collega i due mondi,e che organizza organicamente questo mondo in base a quello superiore.
Luca

Albino Cecina
27-09-03, 19:26
Anch'io penso che uno Stato (una comunità di cittadini) senza un'identità spirituale, sia una struttura "morta". Come "pagano" romano-italico auspico uno Stato in cui la religione romana sia quella ufficiale, con la piena libertà religiosa per le altre comunità.

Mi rendo conto però che nella società in cu viviamo è assurdo fare una proposta del genere: una religione ufficiale verrebbe avvertita come "privilegiata" di fronte alle altre, figuriamoci poi quella romana, praticata oggi solo da una piccolissima e invisibile minoranza!

Perciò, all'atto pratico, io sono per un deciso laicismo dello Stato e, scendendo nel dettaglio, la rimozione di qualsiasi simbolo religioso dalle scuole e da altri edifici pubblici, e l'abolizione dell'ora di religione, oppure la sua sostituzione con l'insegnamento di storia delle religioni (sarebbe anche meglio).

Vale,
Albino

Albino Cecina
30-09-03, 01:38
Originally posted by pherrerius
in cosa consiste questa "religione romana"?

Semplicemente, è la religione politeista dell'antica Roma.

Mjollnir
02-10-03, 21:40
In Origine Postato da Albino Cecina
Mi rendo conto però che nella società in cu viviamo è assurdo fare una proposta del genere: una religione ufficiale verrebbe avvertita come "privilegiata" di fronte alle altre

Vale,
Albino

Indubbiamente lo sarebbe; ma in una situazione normale, si tratterebbe del naturalissimo e spontaneo privilegio che ognuno riconosce alla propria cultura, per il semplice fatto di esserne membro.

Il dramma attuale e' appunto che siamo in una situazione patologica, ossia che, non esistendo piu' una visione spirituale comune e radicata, di fatto non esiste + una comunità nel senso pieno del termine. L'impossibilità di designare una religione ufficiale deriva proprio dal fatto che i valori ed i riferimenti dei membri della comunità sono ormai diventati talmente disparati e variabili da farla "esplodere".

Questo è un fatto che bisogna lucidamente riconoscere: io però non farei assolutamente il passo successivo, ossia dal riconoscimento di questa disgregazione, operare una equiparazione "laica", cioe' neutralista, di qualsiasi forma spirituale. Sia perchè sarebbe assolutamente irrealistica, sia perchè questa scelta renderebbe + difficile una futura ricostruzione.

Arjuna
29-10-03, 01:05
Riprendo questa discussione alla luce della generale levata di scudi "pro-croce" a seguito degli ultimi fatti d'attualità.
Premetto che mi sembra estremamente ridicolo che le varie laicissime forze politiche d'Italia si schierino quasi tutte contro la sentenza che obbliga la rimozione del crocifisso dall'aula abbruzzese in nome della validità "culturale" del simbolo nell'ambito italiano,ripetendo ovunque le famose parole "non possiamo non dirci cristiani".
A me sembra evidente che una comunità che ha volontariamente deciso la completa estraneità della religione dalla vita politica non ha alcun motivo per imporre un simbolo religioso ormai ridotto ad una scelta di coscienza personale slegata dal macrocosmo comunità.
La formazione dell'individuo nella scuola non può non seguire le linee di condotta che regnano la società e il suo rapporto con il sacro.Una società che ha cacciato il sacro nell'ambito personale non può che guardare alle varie scelte personali con equanimità.
Tutto cambia se si considera sacro l'ordine stesso di struttura di una comunità,come un unico corpo organico e immerso in un ordine superiore che lo forma e lo legittima.In questo caso la formazione non può prescindere da tale visione "religiosa" in cui il singolo deve esser pronto ad entrare in quest'ordine sacro,pena l'esclusione dalla comunità stessa.
Personalmente non mi resta che continuare a guardare divertito gli sviluppi della situazione con i politici in evidenti difficoltà di equilibrio fra i loro naturali ideali laici e la paura demagogica di dispiacere fette di popolazione italiana.

Senatore
29-10-03, 23:11
Originally posted by Arjuna
Riprendo questa discussione alla luce della generale levata di scudi "pro-croce" a seguito degli ultimi fatti d'attualità.
Premetto che mi sembra estremamente ridicolo che le varie laicissime forze politiche d'Italia si schierino quasi tutte contro la sentenza che obbliga la rimozione del crocifisso dall'aula abbruzzese in nome della validità "culturale" del simbolo nell'ambito italiano,ripetendo ovunque le famose parole "non possiamo non dirci cristiani".
A me sembra evidente che una comunità che ha volontariamente deciso la completa estraneità della religione dalla vita politica non ha alcun motivo per imporre un simbolo religioso ormai ridotto ad una scelta di coscienza personale slegata dal macrocosmo comunità.
La formazione dell'individuo nella scuola non può non seguire le linee di condotta che regnano la società e il suo rapporto con il sacro.Una società che ha cacciato il sacro nell'ambito personale non può che guardare alle varie scelte personali con equanimità.
Tutto cambia se si considera sacro l'ordine stesso di struttura di una comunità,come un unico corpo organico e immerso in un ordine superiore che lo forma e lo legittima.In questo caso la formazione non può prescindere da tale visione "religiosa" in cui il singolo deve esser pronto ad entrare in quest'ordine sacro,pena l'esclusione dalla comunità stessa.
Personalmente non mi resta che continuare a guardare divertito gli sviluppi della situazione con i politici in evidenti difficoltà di equilibrio fra i loro naturali ideali laici e la paura demagogica di dispiacere fette di popolazione italiana.

E' tutto molto giusto.
Simbolicamente alle nostre scuole meglio donerebbe una semplice linea orizzontale che la croce.