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Visualizza Versione Completa : 5 settembre - Beata Teresa di Calcutta



Augustinus
04-09-04, 17:34
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/dettaglio/90013):

Beata Teresa di Calcutta (Agnes Gonxha Bojaxiu)

5 settembre

Skopje, Macedonia, 26 agosto 1910 - Calcutta, 5 settembre 1997

A 18 anni decise di entrare nella Congregazione delle Suore Missionarie di Nostra Signora di Loreto. Partita nel 1928 per l’Irlanda, un anno dopo è in India. Nel 1931 la giovane Agnes emette i primi voti prendendo il nuovo nome di suor Mary Teresa del Bambin Gesù (scelto per la sua devozione alla santa di Lisieux), e per circa vent’anni insegna storia e geografia alle ragazze di buona famiglia nel collegio delle suore di Loreto a Entally, zona orientale di Calcutta. Il 10 settembre 1946, mentre era in treno diretta a Darjeeling per gli esercizi spirituali, avvertì la “seconda chiamata”: lei doveva lasciare il convento per i più poveri dei poveri. Lasciò le suore di Loreto il 16 agosto 1948. Nel 1950 la sua nuova congregazione delle Missionarie della Carità ottenne il riconoscimento dalla Chiesa.

Martirologio Romano: A Calcutta in India, beata Teresa (Agnese) Gonhxa Bojaxhiu, vergine, che, nata in Albania, estinse la sete di Cristo abbandonato sulla croce con la sua immensa carità verso i fratelli più poveri e istituì le Congregazioni delle Missionarie e dei Missionari della Carità al pieno servizio dei malati e dei diseredati.

Al piano terra della Mother House, la casa-madre nella Lower Circular Road di Calcutta, c’è la cappella semplice e disadorna dove dal 13 settembre 1997, dopo i solenni funerali di Stato, riposano le spoglie mortali di Madre Teresa. Fuori, nel fitto dedalo di viuzze, i rumori assordanti della metropoli indiana: campanelli di risciò, vociare di bimbi, lo sferragliare di tram scalcinati attraverso i gironi infernali della miseria. Dentro, invece, il tempo sembra fermarsi ogni volta, cristallizzato in una specie di bolla rarefatta: la cappella accoglie una tomba povera e spoglia, un blocco di cemento bianco su cui è stata deposta la Bibbia personale di Madre Teresa e una statua della Madonna con una corona di fiori al collo, accanto a una lapide di marmo con sopra inciso, in inglese, un versetto tratto dal Vangelo di Giovanni: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”(15,12).
(…)Madre Teresa di Calcutta, al secolo Agnes Gonxha Bojaxhiu, era nata il 26 agosto 1910 a Skopje (ex-Jugoslavia, oggi Macedonia), da una famiglia cattolica albanese. A 18 anni decise di entrare nella Congregazione delle Suore Missionarie di Nostra Signora di Loreto. Partita nel 1928 per l’Irlanda, un anno dopo è già in India.
Nel 1931 la giovane Agnes emette i primi voti prendendo il nuovo nome di suor Mary Teresa del Bambin Gesù(scelto per la sua devozione alla santa di Lisieux), e per circa vent’anni insegnerà storia e geografia alle ragazze di buona famiglia nel collegio delle suore di Loreto a Entally, zona orientale di Calcutta. Oltre il muro di cinta del convento c’era Motijhil con i suoi odori acri e soffocanti, uno degli slum più miserabili della megalopoli indiana, la discarica del mondo. Da lontano suor Teresa poteva sentirne i miasmi che arrivavano fino al suo collegio di lusso, ma non lo conosceva. Era l’altra faccia dell’India, un mondo a parte per lei, almeno fino a quella fatidica sera del 10 settembre 1946, quando avvertì la “seconda chiamata” mentre era in treno diretta a Darjeeling, per gli esercizi spirituali.
Durante quella notte una frase continuò a martellarle nella testa per tutto il viaggio, il grido dolente di Gesù in croce: “Ho sete!”. Un misterioso richiamo che col passare delle ore si fece sempre più chiaro e pressante: lei doveva lasciare il convento per i più poveri dei poveri. Quel genere di persone che non sono niente, che vivono ai margini di tutto, il mondo dei derelitti che ogni giorno agonizzavano sui marciapiedi di Calcutta, senza neppure la dignità di poter morire in pace.
Suor Teresa lasciò il convento di Entally con cinque rupie in tasca e il sari orlato di azzurro delle indiane più povere, dopo quasi 20 anni trascorsi nella congregazione delle Suore di Loreto. Era il 16 agosto 1948. La piccola Gonxha di Skopje diventava Madre Teresa e iniziava da questo momento la sua corsa da gigante.
Il 7 ottobre 1950 la nuova Congregazione ottiene il suo primo riconoscimento, l’approvazione diocesana. È una ricorrenza mariana, la festa del Rosario, e di certo non è casuale, dal momento che a Maria è dedicata la nuova famiglia religiosa.
L’amore profondo di Madre Teresa per la Madonna aveva salde radici nella sua infanzia, a Skopje, quando mamma Drone, che era molto religiosa, portava sempre i suoi figli (oltre a Gonxha c’erano Lazar e Age) in chiesa e a visitare i poveri, ed ogni sera recitavano insieme il rosario.
“La nostra Società – si legge nel primo capitolo delle Costituzioni – è dedicata al Cuore Immacolato di Maria, Causa della nostra Gioia e Regina del Mondo, perché è nata su sua richiesta e grazie alla sua continua intercessione si è sviluppata e continua a crescere”.
La figura della Vergine ha ispirato lo Statuto delle Missionarie della Carità, al punto che ognuno dei 10 capitoli delle Costituzioni è introdotto da una citazione tratta dai passi mariani dei Vangeli. La Madonna è detta la prima Missionaria della Carità in ragione della sua visita a Elisabetta, in cui dette prova di ardente carità nel servizio gratuito all’anziana cugina bisognosa di aiuto. In aggiunta ai tre usuali voti di povertà, castità e obbedienza, ogni Missionaria della Carità ne fa un quarto di "dedito e gratuito servizio ai più poveri tra i poveri", riconoscendo in Maria l’icona del servizio reso di tutto cuore, della più autentica carità.
(…)La devozione al Cuore Immacolato di Maria è l’altro aspetto del carisma mariano e missionario dell’opera di Madre Teresa, praticato con i mezzi più tradizionali e più semplici: il S. Rosario, pregato ogni giorno e in ogni luogo, persino per la strada; il culto delle feste mariane (la professione religiosa delle sue suore cade sempre in festività della Madonna); la preghiera fiduciosa a Maria affidata anche alle “medagliette miracolose”( Madre Teresa ne regalava in gran quantità alle persone che incontrava); l’imitazione delle virtù della Madre di Dio, in special modo l’umiltà, il silenzio, la profonda carità.
"I thirst" (ho sete), c’è scritto sul crocifisso della Casa Madre e in ogni cappella – in ogni parte del mondo – di ogni casa della famiglia religiosa di Madre Teresa. Questa frase, il grido dolente di Gesù sulla croce che le era rimbombato nel cuore la fatidica sera della "seconda chiamata", costituisce la chiave della sua spiritualità.
La figura minuta di Madre Teresa, il suo fragile fisico piegato dalla fatica, il suo volto solcato da innumerevoli rughe sono ormai conosciuti in tutto il mondo. Chi l’ha incontrata anche solo una volta, non ha più potuto dimenticarla: la luce del suo sorriso rifletteva la sua immensa carità. Essere guardati da lei, dai suoi occhi profondi, amorevoli, limpidi, dava la curiosa sensazione di essere guardati dagli occhi stessi di Dio.
Attiva e contemplativa al tempo stesso, nella Madre c’erano idealismo e concretezza, pragmatismo e utopia. Lei amava definirsi "la piccola matita di Dio", un piccolo semplice strumento fra le Sue mani. Riconosceva con umiltà che quando la matita sarebbe diventata un mozzicone inutile, il Signore l’avrebbe buttata via, affidando ad altri la sua missione apostolica: "Anche chi crede in me compirà le opere che io compio, e ne farà di più grandi" (cfr. Gv 14, 12).
Madre Teresa è scomparsa a Calcutta la sera del venerdì 5 settembre 1997, alle 21.30. Aveva 87 anni. Il 26 luglio 1999 è stato aperto, con ben tre anni di anticipo sui cinque previsti dalla Chiesa, il suo processo di beatificazione; e ciò per volontà del S. Padre che, in via del tutto eccezionale, ne ha voluto accelerare la procedura: per la gente Madre Teresa è già santa.
Il suo messaggio è sempre attuale: che ognuno cerchi la sua Calcutta, presente pure sulle strade del ricco Occidente, nel ritmo frenetico delle nostre città. “Puoi trovare Calcutta in tutto il mondo – lei diceva – , se hai occhi per vedere. Dovunque ci sono i non amati, i non voluti, i non curati, i respinti, i dimenticati”.
I suoi figli spirituali continuano in tutto il mondo a servire “i più poveri tra i poveri” in orfanotrofi, lebbrosari, case di accoglienza per anziani, ragazze madri, moribondi. In tutto sono 5000, compresi i due rami maschili, meno noti, distribuiti in circa 600 case sparse per il mondo; senza contare le molte migliaia di volontari e laici consacrati che portano avanti le sue opere. “Quando sarò morta – diceva lei –, potrò aiutarvi di più…”.

Autore: Maria Di Lorenzo

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Augustinus
04-09-04, 23:26
La notte oscura di Madre Teresa

di Saverio Gaeta

Due grandi segreti hanno caratterizzato la vita di Madre Teresa di Calcutta. Il primo riguarda la sua avventura, che non scaturì da un’intuizione personale, ma fu ispirata da Gesù Cristo stesso, con il quale dialogò a lungo nel silenzio del cuore. Il secondo fu che, dopo quelle locuzioni, Madre Teresa sperimentò per il resto della sua vita la "notte oscura", che ha connotato l’esperienza spirituale di molti mistici. Il racconto di questa lunga e dolorosa lotta interiore per conservare la fede è proposto nel libro Il segreto di Madre Teresa, del quale pubblichiamo in queste pagine un’anticipazione.

«Il mio sorriso è un grande mantello che copre una moltitudine di dolori», scrisse Madre Teresa in una lettera del luglio 1958. Che cosa intendesse dire con queste drammatiche parole appare chiaro unicamente oggi, dopo che le sue lettere inedite ai direttori spirituali sono state recuperate agli atti del processo di canonizzazione, svoltosi a Calcutta fra il luglio 1999 e l’agosto 2001.

Potremmo dire in sintesi che, se l’inizio della sua nuova vocazione fu «al buio», mediante le locuzioni interiori che ebbe sul treno notturno che la conduceva a Darjeeling, tutto il resto della sua esistenza – dopo quei mesi straordinari di confronto serrato con Gesù – è stato trascorso dalla religiosa nella completa oscurità spirituale, senza più conforti interiori, ma anzi con la costante sensazione di vivere nella lontananza e nell’assenza di Dio.

«Si tratta di un’esperienza che l’accomuna a tanti grandi mistici della storia cristiana, da san Giovanni della Croce a santa Teresa di Lisieux, dal riformatore protestante Martin Lutero al pastore tedesco Dietrich Bonhoeffer», spiega padre Neuner, che ha particolarmente approfondito questo aspetto della spiritualità di Madre Teresa. «È come se fin dagli inizi», prosegue il gesuita, «ella dovesse sperimentare non soltanto la povertà materiale e l’impotenza degli emarginati, ma anche la loro tetra desolazione».

L’accidentato percorso cominciò immediatamente, provocando in lei confusione e sconcerto. Per esempio, nel marzo 1953 scriveva a monsignor Périer, proprio nel tempo in cui stava per subentrargli come superiora della Congregazione: «Per favore, preghi specialmente per me, affinché io non rovini il lavoro di Gesù e Nostro Signore si riveli, perché c’è una così terribile oscurità dentro di me, come se tutto fosse morto. Mi sono sentita così più o meno da quando ho dato inizio all’opera. Chieda a Nostro Signore di darmi coraggio». A sorreggerla, una ineluttabile certezza: il lavoro per la Congregazione delle Missionarie della Carità «non lo faccio io, ma Gesù: sono più certa di questo che della mia reale esistenza».

Le confidenze all’arcivescovo sembrano quasi una dolente litania: «C’è una solitudine così profonda nel mio cuore che non riesco a esprimerla» (gennaio 1955); «Dentro di me è tutto gelido. È soltanto la fede cieca che mi trasporta, perché in verità tutto è oscurità per me. Finché al Signore piacerà, io realmente non conto» (dicembre 1955); «A volte l’agonia della desolazione è così grande e nel contempo il vivo desiderio dell’Assente è così profondo, che l’unica preghiera che riesco ancora a recitare è "Sacro Cuore di Gesù, confido in te. Sazierò la tua sete di anime"» (marzo 1956); «Voglio sorridere perfino a Gesù, così da nascondere se possibile il dolore e l’oscurità della mia anima anche a lui» (aprile 1957); «Il desiderio vivo di Dio è terribilmente doloroso e tuttavia l’oscurità sta diventando sempre più grande. Quale contraddizione vi è nella mia anima! Il dolore interiore che sento è talmente grande che non provo nulla per tutta la pubblicità e il parlare della gente» (gennaio 1958).

Per un solo mese la sua pena venne sospesa. Fu quando, nell’ottobre del 1958, si celebrava nella cattedrale di Calcutta la Messa di suffragio per papa Pio XII: in quella circostanza Madre Teresa, oppressa dalla sofferenza spirituale, chiese a Gesù un segno della sua vicinanza. Nella lettera del 17 ottobre raccontò a monsignor Périer che «allora scomparve quella lunga oscurità, quella pena della perdita, della solitudine, di quello strano dolore decennale. Oggi la mia anima è piena d’amore, di gioia indicibile, di una ininterrotta unione d’amore».

Ma già il successivo 16 novembre comunicava che «Nostro Signore ha pensato che sia meglio per me restare nel tunnel, così egli se ne è andato nuovamente, lasciandomi sola. Gli sono grata per il mese di amore che mi ha donato». E il tormento continuò, in base a quello che si percepisce dagli scritti successivi, fino alla morte, in modo da raffinarla sempre di più nel suo amore per Dio e per i fratelli.

Gradualmente ella cominciò a comprendere meglio il significato di tale dolorosa esperienza e a metterla in relazione con la propria vocazione. Nel novembre 1958 disse a monsignor Picachy di non aver mai saputo «che l’amore può far soffrire così tanto, sia per l’assenza, sia per il desiderio». All’inizio del 1960 poté confidare a padre Neuner: «Per la prima volta in questi undici anni, ho cominciato ad amare l’oscurità. Perché ora credo che essa sia una parte, una piccolissima parte, del buio e del dolore vissuto da Gesù sulla terra».

Il pressante interrogativo era sempre lo stesso: «Che cosa Dio ricava davvero da me, mentre sono in questo stato, senza fede, senza amore, senza neanche un sentimento? L’altro giorno c’è stato un momento nel quale quasi rifiutavo di accettare la situazione, e allora ho preso il Rosario e ho iniziato a recitarlo lentamente e con calma, senza meditare o pensare nulla. Così il brutto momento è passato, ma l’oscurità è veramente densa e il dolore molto tormentoso. In ogni caso, accetto qualunque cosa egli mi dà e gli dono qualunque cosa egli mi prende». Grande era perciò il suo turbamento nel rendersi conto dei sentimenti che manifestavano quanti le stavano accanto. Nel settembre 1962 rivelò a monsignor Picachy: «Le persone dicono di sentirsi attirate verso Dio, vedendo la mia solida fede. Questo non significa ingannare la gente? Ma ogni volta in cui volevo dire la verità – e cioè che io non ho fede – le parole proprio non uscivano, la mia bocca restava serrata e continuavo a sorridere a Dio e a tutti». Il vero timore che l’attanagliava era quello di poter arrivare a tradire Gesù: «Preghi per me affinché io non divenga mai come Giuda», lo implorò nel gennaio 1964.

Nonostante le sofferenze che l’oscurità spirituale le arrecava, Madre Teresa ebbe infatti sempre la chiara consapevolezza che la fede era il vero faro della propria vita, tanto da riuscire a guardare alle cose del mondo secondo la prospettiva di Dio e a intravedere anche negli eventi più insignificanti la sua mano. Sono innumerevoli le testimonianze che ricordano come ella, durante qualsiasi discorso, intercalasse frasi quali: «Guarda Dio che cosa sta compiendo» e «Ammira la grandezza di Dio».

Una lettera alle Missionarie datata 31 luglio 1962, in uno dei periodi più faticosi della sua esperienza spirituale, manifesta la convinzione che ella per prima mise in pratica durante tutta la vita: «Cristo ti utilizzerà per compiere grandi cose a condizione che tu creda più nel suo amore che nella tua debolezza. Credi in lui, abbi fede in lui con cieca e assoluta fiducia perché lui è Gesù. Credi che Gesù, e soltanto lui, è la vita; e che la santità non è altro se non lo stesso Gesù che vive intimamente in te».

Fonte: Jesus, 2002, fasc. n. 12 (http://www.stpauls.it/jesus03/0212je/0212je56.htm)

Augustinus
04-09-04, 23:51
Un rapporto speciale

La vita religiosa e l’attività caritativa di Madre Teresa si intrecciano a filo doppio con la Compagnia di Gesù. Gesuitici sono stati esempi e riferimenti, in buona parte gesuiti sono stati i compagni di strada di un’esistenza dedicata al prossimo. In questo Dossier cerchiamo di mettere a fuoco il loro rapporto, senza dimenticare di fornire le «coordinate» di una vita straordinaria.

Il rapporto di Madre Teresa con i gesuiti risale a prima che essa entrasse nella vita religiosa. A Skopje, in Albania, dove nacque il 26 agosto 1910, il parroco era un gesuita, padre Stefan Jambrekovic (1883-1965), grazie al quale ebbe i primi contatti con la spiritualità ignaziana. Egli ebbe una profonda influenza su di lei in gioventù e, come padre spirituale, ne incoraggiò la vocazione.
Da bambina Agnes Gonxha Bojaxhiu (questo il suo nome) era molto attiva in parrocchia, e partecipava ai raduni del Sodalizio di Nostra Signora, un’organizzazione laica fondata dai gesuiti e basata sugli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio. Durante gli incontri si leggevano le lettere inviate dai gesuiti jugoslavi in missione nel Bengala, in India. Queste lettere devono aver infiammato il cuore della giovane Agnes, che decise di entrare in una congregazione di suore impegnate a Calcutta.

Dall’Irlanda all’India

Nel settembre 1928 lasciò la sua casa e partì per l’Irlanda, dove entrò nella Istituzione della Beata Vergine Maria (Ibvm), nota anche come «Sorelle di Loreto» (ramo irlandese). La congregazione era stata fondata nel 1609 da Mary Ward (1565-1645). Il carisma di Mary Ward si era formato attraverso l’esperienza degli Esercizi Spirituali di s. Ignazio.
Agnes arrivò in India come giovane postulante il 6 gennaio 1929 e iniziò il suo noviziato a Darjeeling (nell’India settentrionale) il 23 maggio dello stesso anno. Fece la sua professione il 25 maggio 1931, e da allora in poi il suo nome fu Sorella Teresa, mutuato dalla sua patrona Santa Teresa di Lisieux. Quando fece la professione definitiva il 24 maggio 1937, divenne nota come Madre Teresa, secondo il costume delle Sorelle di Loreto. Sei mesi dopo la sua professione perpetua, Teresa era ancora in uno stato di meraviglia per l’intensa gioia che aveva caratterizzato l’evento. «Se solo lei sapesse com’ero felice… Voglio essere tutta solo per Gesù… darei tutto per Lui, anche la vita stessa», scrisse a padre Jambrekovic, suo padre spirituale a Skopje.
Come espressione di questo suo ardente desiderio, nel 1942, all’età di 32 anni, con il permesso del suo direttore spirituale, fece un voto personale di «dare a Dio qualsiasi cosa Egli chieda, e di non rifiutarGli nulla». Per 17 anni il voto rimase un poderoso segreto personale che Madre Teresa condivise solo con il suo direttore spirituale. Fu solamente nell’aprile del 1959, nell’ottavo giorno di un ritiro con il gesuita padre Lawrence Trevor Picachy, che scrisse del suo voto e degli effetti che aveva avuto su di lei. Nella primavera del 1960 scrisse al suo direttore spirituale, il gesuita padre Joseph Neuner (1908-vivente): «Fin d’allora (1942) ho mantenuto questa promessa, e talvolta, quando il buio è molto fitto e sono sul punto di dire “no” a Dio, il pensiero di quella promessa mi risolleva». In seguito, padre Neuner aiutò Madre Teresa a integrare la sua esperienza interiore di buio spirituale e a vederne il valore come il lato spirituale del suo lavoro in favore dei più poveri dei poveri. Egli scrisse anche il primo articolo su Madre Teresa, che fu pubblicato in Germania. A quel tempo, Teresa era ancora nel convento delle Sorelle di Loreto a Calcutta, dove il gesuita padre John Moyersoen (1900-1969) confessava regolarmente. In seguito la incoraggiò nell’apostolato per i poveri.
Per 17 anni Madre Teresa insegnò nella Scuola media St. Mary Bengali per ragazze, gestita dalle Sorelle di Loreto e situata in una zona di Calcutta chiamata Entally. La scuola era annessa al convento e accoglieva orfani e bambini poveri. Nel 1944 essa divenne direttrice della scuola. In quel periodo ebbe anche l’occasione di assistere i poveri nelle cliniche gestite dalla sua congregazione. Questi incontri ebbero un profondo influsso su di lei.

Un treno, la svolta

La sera di lunedì 9 settembre 1946, Madre Teresa lasciò il convento delle Sorelle di Loreto a Calcutta per trascorrere un periodo di vacanza e per partecipare a un ritiro spirituale di otto giorni a Darjeeling. Il giorno seguente, mentre era in treno, Madre Teresa sentì per la prima volta la voce di Gesù che le parlava interiormente. Nel corso dei mesi seguenti, Gesù le parlò di nuovo, inviandole visioni interiori e chiedendole di fondare una comunità religiosa dedicata ai più poveri tra i poveri. L’esperienza del treno fu un punto di svolta nella vita di Madre Teresa, ed essa in seguito vi fece sempre riferimento come a una «chiamata dentro la chiamata».
Dopo il ritiro, Madre Teresa riprese i suoi incarichi a Calcutta. Il gesuita padre Celest Van Exem (1908-1993) era il suo direttore spirituale, e fu il suo primo e principale consigliere nella futura costituzione delle Missionarie della Carità, poiché essa gli aveva confidato la sua ispirazione. Padre Van Exem appoggiò la richiesta di Teresa all’arcivescovo Ferdinand Périer, anch’egli gesuita (1875-1968), di poter lasciare la congregazione di Loreto. Nel gennaio 1947, padre Van Exem, pienamente convinto della genuinità dell’ispirazione di Madre Teresa, le consentì di informare l’arcivescovo, cosa che essa fece il 13 gennaio con una lettera a lui indirizzata, in cui esponeva la sua «chiamata dentro la chiamata» a favore dei più poveri. Dalle parole di Madre Teresa appare chiaro che già a quell’epoca essa aveva dedicato molto tempo e molta riflessione alla congregazione che sperava di fondare. Dalle sue parole, ciò che risalta particolarmente è l’enfasi da lei posta su una profonda vita spirituale delle appartenenti alla congregazione come fondamento del servizio ai poveri e il suo marcato spirito innovatore.
È evidente che il suo desiderio di impegnarsi a fondo a favore dei più poveri precede il 10 settembre 1946 (il giorno del viaggio in treno), e che questo desiderio è venuto allo scoperto quando Gesù le chiese di fare qualcosa in merito. Ma, come abbiamo detto, Madre Teresa non era tipo da limitarsi ad aspettare le decisioni della Chiesa.
L’arcivescovo Périer si dimostrò un pastore prudente e saggio, e non si affrettò ad accettare o a rifiutare la proposta di Madre Teresa, anche perché si rendeva conto che la sua uscita dalla congregazione di Loreto coinvolgeva la vita e il futuro di molte persone. Dedicò l’intero 1947 alla riflessione e alla preghiera, alla consultazione di esperti, cercando di farsi un’idea propria su come esaudire le aspirazioni di Madre Teresa, e di rispettare la volontà di Dio. Intanto, il desiderio di rispondere alla chiamata di Gesù cresceva in Madre Teresa, che per tutto l’anno 1947 si tenne in contatto con l’arcivescovo Périer, sia scrivendogli lettere, sia attraverso padre Van Exem, che continuava a svolgere il suo ruolo di consigliere.
La convinzione di Madre Teresa che la sua ispirazione venisse da Dio si fece sempre più salda in lei nel corso dello stesso anno, così il 3 dicembre scrisse una lettera all’arcivescovo Périer e a padre Van Exem. L’arcivescovo non aveva ancora preso una decisione, ma sentiva di non potere negare il suo consenso, perché ciò avrebbe costituito un ostacolo sulla via della volontà di Dio. Così, il mattino del 6 gennaio 1948, dopo aver celebrato la Messa nella cappella del convento di Loreto, l’arcivescovo chiamò Madre Teresa e le disse: «Può andare avanti». Quattro giorni dopo Madre Teresa scrisse una lettera alla sua superiora generale, spiegando i suoi desideri e chiedendo il permesso di lasciare il convento. Era il primo passo che l’avrebbe portata nelle strade e nei tuguri di Calcutta.
Dopo aver ricevuto il permesso dalla superiora generale, Madre Teresa si rivolse alla Sacra Congregazione per i religiosi in Vaticano. Nell’agosto 1948 ricevette l’approvazione formale che le consentiva di vivere fuori dal convento, pur rimanendo una Sorella di Loreto vincolata dai voti.
L’arcivescovo Périer, che aveva cautamente approvato la fondazione delle Missionarie della Carità, fu il suo confidente e la sua guida spirituale, e anche il suo superiore, finché non diventò essa stessa superiora generale della nuova congregazione. Egli era l’unico vescovo che la conosceva dal momento del suo arrivo in India nel 1929. Madre Teresa aveva una fiducia straordinaria e quasi infantile in lui, che considerava il portavoce della volontà di Dio. A sua volta, egli la guidava con prudenza.
Ricevuti i necessari permessi, vestita in un sari tradizionale, Madre Teresa partì per Patna il 17 agosto 1948 per iniziare la sua istruzione medica, che durò fino a dicembre. Tornata a Calcutta, trovò temporaneo alloggio presso le Piccole Sorelle dei Poveri. Da lì, il 21 dicembre 1948, uscì per la prima volta verso i bassifondi per iniziare il «lavoro», l’impegno che caratterizzerà la sua vita e la grande missione di carità verso i più poveri tra i poveri.

Le strade di Calcutta

Fu il gesuita padre Julian Henry (1901-1979), uno dei primi collaboratori e sostenitori di Madre Teresa, a offrirle un posto per pregare, per riposarsi e per gestire un dispensario. Le sorelle del primo gruppo che si unirono a Madre Teresa furono sempre grate a padre Henry per il suo aiuto nei primi tempi del loro apostolato.
L’approvazione da parte del Santo Padre della nuova congregazione arrivò nell’autunno del 1950. Il 7 ottobre, festa del Santo Rosario, l’arcivescovo Périer celebrò per la prima volta la Messa nella minuscola cappella situata all’ultimo piano di una casa affittata dal signor Gomes, un cattolico bengalese. Padre Van Exem lesse il documento che dava vita alle Missionarie della Carità. Lo stesso giorno le undici sorelle che avevano seguito Madre Teresa iniziavano il postulantato come Missionarie della Carità.
Per la stesura delle costituzioni della nuova congregazione, Madre Teresa chiese consiglio a due dei suoi primi sostenitori, i padri Henry e Van Exem; in particolare il contributo di quest’ultimo fu notevole. La stesura finale delle costituzioni fu opera del gesuita padre Joseph de Geldere, poi furono inviate a Roma per l’approvazione. A questo riguardo va ricordato padre Jerome Sanders (1901-1971), canonista e professore al teologato gesuita di Kurseong nonché consigliere dell’arcivescovo Périer, che ebbe un ruolo importante nella fondazione e nelle costituzioni delle Missionarie della Carità.
Dal tempo della fondazione della congregazione fino alla sua malattia negli anni ’80, padre Van Exem fu il confessore e l’insegnante delle novizie delle Missionarie della Carità. Alcuni giorni prima della sua morte, egli scrisse a Madre Teresa, anch’essa gravemente malata, affermando di aver offerto la sua vita a Dio in cambio di quella di Madre Teresa e della missione di quest’ultima in Cina (che non si realizzò).
Un altro gesuita che fin dall’inizio e per molti anni diede il suo contributo a Madre Teresa, fu padre Eduard Le Joly (1909-2002), istruttore delle novizie. Scrisse molti libri notevoli su Madre Teresa e sulla nuova congregazione, alcuni dei quali sono stati tradotti in 25 lingue. Nel 1979, con la crescita delle Missionarie della Carità, divenne il loro confessore. Fu anche assistente spirituale delle novizie nella casa madre e delle sorelle che si preparano ai voti definitivi. Su richiesta di Madre Teresa scrisse un libro di meditazioni, Remain in my love («Rimanete nel mio amore») a uso delle sorelle. A Madre Teresa il libro piaceva molto e lo usava per le sue preghiere quotidiane. In seguito padre Le Joly scrisse due altri libri di meditazioni per le suore. Il gesuita padre Camille Bouche (1922-2002) successe a Le Joly. Madre Teresa confidava in lui completamente. Oltre a celebrare la Messa quotidiana per le sorelle, teneva regolari lezioni alle giovani. È stato uno dei confessori delle novizie, predicatore e guida spirituale.

Compagni di viaggio

È già stato ricordato il gesuita padre Lawrence Trevor Picachy (1914-1992): fu durante gli esercizi spirituali da lui diretti nell’aprile del 1959 che Madre Teresa scrisse del suo voto del 1942 e degli effetti che aveva avuto su di lei. Nel 1962 padre Picachy diventò il primo vescovo di Jamshedpur. Fu anche guida spirituale di Madre Teresa, confidente, confessore e direttore di esercizi delle Missionarie della Carità. Fu uno dei direttori spirituali che ebbe la maggiore influenza su Madre Teresa, ed essa aveva assoluta fiducia in lui. Diede il suo massimo appoggio e la sua massima cooperazione quando fu arcivescovo di Calcutta, dal 1969 al 1986. L’aiutò nei momenti difficili. Fu fatto cardinale nel 1976.
Le lettere inviate sulle missioni a Calcutta da un gesuita missionario jugoslavo, padre Anton Gabric (1915-1988) furono d’ispirazione per la giovane Agnes quando essa era ancora in Albania. Per molti anni fu parroco di Basanti, a sud di Calcutta. Era amico di Madre Teresa come suo connazionale, e fu lui a convincerla ad aprire centri di assistenza nelle zone rurali. Teresa lo ammirava e ne condivideva gli ideali, compresi il suo zelo nella cura delle anime, l’amore per i poveri e la volontà di «amare fino a che fa male». Come lei, padre Gabric vedeva le immediate esigenze dei poveri e cercava di portare loro Cristo, grazie al servizio materiale e spirituale. La personale povertà in cui viveva il missionario probabilmente piaceva molto a Madre Teresa.
Un altro gesuita jugoslavo impegnato a Calcutta era padre Joseph Kukale (1915-1999). Era originario della Croazia ed era giunto in India nel 1950, l’anno in cui le Missionarie della Carità avevano ricevuto l’approvazione del Papa. Lavorò a stretto contatto con Madre Teresa e, quando essa glielo chiese, andò per un anno in Armenia come cappellano delle Sorelle impegnate in quel Paese. Quando il processo di beatificazione di Madre Teresa si aprì a Calcutta il 26 luglio 1999, l’ottantenne padre Kukale, morente di cancro, fu il primo a essere chiamato a testimoniare su di lei.
Un gesuita australiano, padre Travers-Ball, fu il cofondatore e il primo Servitore Generale dei Missionari della Carità (Fratelli), fondati il 25 marzo 1963. Dopo aver lasciato la Compagnia di Gesù, prese il nome di Fratello Andrea e si dedicò alla costituzione dei Fratelli come congregazione, aiutandoli a vivere il carisma di Madre Teresa con una loro distinta identità. Padre Lawrence Abello (1931-vivente) è un gesuita canadese che ora lavora a Calcutta. È una delle guide spirituali e un confessore, un predicatore e un consulente. Durante gli ultimi undici anni di vita di Madre Teresa, aiutò a rispondere a parte delle lettere che Madre Teresa riceveva, e che richiedevano spiegazioni filosofiche o teologiche. L’aiutò inoltre a scrivere alcuni dei suoi discorsi, specialmente quello da lei pronunciato il 3 febbraio 1994 a Washington in occasione del National Prayer Breakfast («Prima colazione nazionale di preghiera»). Le sue acute parole contro l’aborto furono indirizzate a un uditorio che vedeva presenti molti personaggi favorevoli all’aborto stesso, compresi il presidente Clinton e la moglie Hillary. Il discorso fu tradotto in molte lingue, e, per la prima volta, esprimeva nello stile semplice ma trasparente di Madre Teresa, il motivo per cui l’aborto è un male.
Tra gli altri gesuiti presenti in India che hanno aiutato Madre Teresa e le consorelle, c’è un altro canadese, padre Edward McGuire (1927-vivente), che tiene conferenze per loro ed è un regolare confessore. Il gesuita americano padre Carl Dincher (1927-vivente) predica gli esercizi spirituali per le sorelle, mentre un altro gesuita americano, padre John A. Hardon (1914-2000) ha predisposto, su richiesta di Madre Teresa, un manuale di studio interno per le Missionarie della Carità. Il gesuita belga padre Albert Huart (1925-vivente) rende anch’egli preziosi servizi come direttore di esercizi spirituali, come confessore e come guida spirituale. Due altri gesuiti belgi, padre Robert Antoine (1914-1981) e padre Pierre Fallon (1912-1985), entrambi indologi di fama, hanno anch’essi aiutato la giovane congregazione nei suoi primi anni.
Certo vi sono molti altri gesuiti nel mondo che hanno direttamente o indirettamente aiutato Madre Teresa o i vari rami della sua congregazione. Uno di questi, ad esempio, è il maltese padre Paul Chetcuti (1946-vivente) che non solo ha incontrato Madre Teresa molte volte, ma che ha regolarmente predicato gli esercizi spirituali alle Sorelle e alle collaboratrici di Madre Teresa in diverse parti del mondo. Il suo ruolo è stato essenziale nell’apertura del primo convento della congregazione a Malta nel 1989.
La migliore conclusione di questo articolo su Madre Teresa e i gesuiti è citare le sue parole. In una lettera inviata a un gesuita in India nell’agosto 1990 (foto a p.7) scrisse: «Quasi ogni missionaria [della Carità] deve profonda gratitudine alla Compagnia di Gesù per aver consentito che i suoi sacerdoti si prendessero cura della nostra formazione spirituale. La nostra profonda gratitudine per ciascuno di loro in tutto il mondo, e specialmente a Calcutta, si esprime nella nostra preghiera che la Compagnia di Gesù possa dare alla Chiesa molti santi». Una volta, uno scolastico gesuita, mentre scriveva sul rapporto tra Madre Teresa e la Compagnia, andò a trovarla, sapendo che era in un ritiro spirituale. Ella lo vide. Quando egli si scusò per averla disturbata, gli sorrise e disse: «Avrò sempre tempo per i gesuiti».

John Scicluna S.I.

Fonte: Popoli, 2003, fasc. n. 10 (http://www.gesuiti.it/popoli/anno2003/10/ar031001.htm)

Augustinus
05-09-04, 00:00
Piccola mia, vieni, vieni, portami nei tuguri dei poveri.

Vieni e sii la Mia luce.

Da solo non posso andarci. Essi non mi conoscono, e perciò non mi vogliono. Vieni tu. Va’ in mezzo a loro.

Portami con te dentro la loro vita.

Quanto desidero entrare nei loro tuguri, nel loro buie case tristi. Vieni e sii vittima per loro. Nella tua immolazione, nel tuo amore per me, Mi vedranno, Mi conosceranno, Mi vorranno”.

“Tu hai paura, e quanto la tua paura mi ferisce! Non temere.

Sono io che ti chiedo di fare questo per me. Non temere”.

“Soffrirai. Soffrirai molto, ma ricorda che sono con te.

Anche se il mondo intero ti rifiuta, ricorda che mi appartieni e che io appartengo a te. Non temere. Sono io. Obbedisci soltanto.”…

“Voglio Suore Missionarie della Carità indiane, che siano il Mio fuoco d’amore fra i più poveri, gli ammalati, i moribondi, i bambini di strada.

Sono i poveri che devi condurre a me; e le suore che offrissero la loro vita come vittime del mio amore porterebbero a Me queste anime.

So che tu sei la persona più incapace, debole e peccatrice, ma proprio perché sei così desidero usarti per la mia Gloria! Rifiuterai?!”

(Parole di Gesù a Madre Teresa, da una lettera della Madre a P. Van Exem e a S. Ecc.za Ferdinand Périer, Arcivescovo di Calcutta, 3 dicembre 1947)

“Per nascita sono albanese; indiana di cittadinanza. Per fede, sono una suora cattolica. Per chiamata, appartengo al mondo. Ma il mio cuore, appartiene totalmente al Cuore di Gesù” : questo è il modo in cui Madre Teresa descriveva se stessa. Piccola di statura, una fede solida come la roccia, gioiosa nella sofferenza, instancabile nella scoperta dei più bisognosi, perseverante nel parlare e vivere le verità dell’amore, splendente e luminosa in un mondo oscurato dalla miscredenza e dall’incapacità di amare, Madre Teresa è stata un’anima piena dell’amore di Cristo, infuocata d’amore per Lui e con un unico, ardente desiderio: placare la Sua sete d’amore e di anime.

“Ho sete”, Gesù ha gridato dalla Croce poco prima di morire, “trovandosi abbandonato, disprezzato e distrutto nell’anima e nel corpo. Parlava della Sua sete - non di acqua ma di amore”. Madre Teresa ha vissuto in spirito con Maria ai piedi della croce di Gesù, dando ascolto al suo grido nel profondo della sua anima. La sua vita ha avuto un solo scopo: è vissuta per saziare la Sua sete. Ha lavorato per la salvezza e la santificazione dei più poveri tra i poveri con un unico fine: portare ogni anima a conoscere e ad amare il Dio che l’ha creata, salvata e amata.

Questa luminosa messaggera dell’amore di Dio è nata il 26 agosto 1910 a Skopje, una cittadina situata all’incrocio della storia (o: a una frontiera storica) dei Balcani. La più piccola dei figli nati a Nikola e Drane Bojaxhiu, fu battezzata col nome di Gonxha Agnes, ricevette la Prima Comunione all’età di cinque anni e mezzo e fu cresimata nel Novembre del 1916. Il giorno della sua Prima Comunione nel cuore della bambina nasce un profondo desiderio: più tardi lesi stessa scriverà che da quel momento ebbe in sè l’amore per le anime. I genitori di Gonxha erano profondamente religiosi e fornirono ai figli una casa piena d’amore e una solida educazione cattolica. La morte improvvisa di Nikola, quando Gonxha aveva circa 8 anni, porta gravi difficoltà alla famiglia, con la madre Drane sola a doversi prendere cura dei tre bambini. Il carattere affettuoso ma deciso di Drane influenza profondamente la personalità della figlia e il suo orientamento futuro. La famiglia trova appoggio nella parrocchia del Sacro Cuore. Gonxha è impegnata nella Sodalità, canta nel coro, prende parte alle recite e si unisce agli altri giovani nei pellegrinaggi alla Madonna di Letnica. Fu proprio in quel santuario che sentì i primi segni della vocazione.

Nel Settembre del 1928, a diciotto anni d’età, spinta dal desiderio di diventare missionaria, Gonxha lascia la casa paterna per entrare nell’Istituto della Beata Vergine Maria, conosciuto come le Suore di Loreto, in Irlanda.

Lì accolta, le danno il nome di Suor Mary Teresa, in onore di S. Teresa di Lisieux. In dicembre, parte per l’India insieme ad altre tre compagne e arriva a Calcutta il 6 gennaio 1929.

Dopo due anni di noviziato a Darjeeling, Suor Teresa fa (emette) la prima professione dei voti nel maggio del 1931. Assegnata alla comunità di Loreto Entally a Calcutta, insegna alla scuola femminile di St. Mary. Come insegnante, si prende grande cura delle studentesse, impara a parlare correntemente in bengalese ed è in grado di assistere le giovani e le loro famiglie.

La chiamata sul treno per Darjeeling

Alla giovane religiosa piena di zelo viene affidata anche una scuola parrocchiale, la Scuola Elementare di S. Teresa situata poco lontano da St. Mary. Il suo viaggio quotidiano per la città ed il lavoro medico nella clinica mobile di Loreto durante le vacanze estive, le permettono di osservare le sofferenze dei poveri. Il 24 maggio 1937, Sr. Teresa fa la Professione finale dei voti, divenendo la “sposa di Gesù” per “tutta l’eternità”. Da quel momento sarà chiamata Madre Teresa. Continua ad insegnare a St. Mary e nel 1944 diviene la direttrice della scuola. I vent’anni trascorsi da Madre Teresa nella Congregazione di Loreto furono pieni di profonda felicità, caratterizzati da una profonda vita di preghiera ed un intenso amore per le sue consorelle e per le sue allieve.

Rinomata per la sua carità,il suo altruismo e il suo coraggio, la sua capacità di fare del lavoro pesante, insieme alle sue doti naturali di organizzatrice, Madre Teresa ha vissuto la sua consacrazione a Gesù con fedeltà e gioia nel mezzo delle sue compagne.

Il 10 settembre 1946, durante un viaggio in treno da Calcutta a Darjeeling per il suo ritiro annuale, Madre Teresa riceve l’“ispirazione”, “la chiamata dentro la chiamata” come l’ha sempre definita. Quel giorno, in un modo che non spiegherà mai, la sete di Gesù d’amore e di anime prende possesso del suo cuore e il desiderio di saziare la Sua sete diverrà la forza pressante della sua vita. Nel corso delle settimane e dei mesi che seguirono, Gesù, attraverso locuzioni e visioni interiori, le rivela il desiderio del Suo Cuore di “vittime d’amore” che avessere “irradiato il Suo amore sulle anime” e che fossero state la sua luce per coloro che non lo conoscevano: “Vieni sii la Mia luce. Non posso andare da solo”. Gesù le rivela il Suo dolore per il fatto che i poveri sono dimenticati, la Sua sofferenza perché essi non lo conoscono e il Suo profondo desiderio di ricevere il loro amore. E chiede a Madre Teresa di stabilire una comunità religiosa, le Missionarie della Carità, dedicata al servizio dei più poveri fra i poveri. In commoventi visioni, Madre Teresa vede i poveri, coperti dall’oscurità, e la Madonna, che al suo fianco, la supplica: “Prenditi cura di loro. ...Portali da Gesù. ...Insegna loro a pregare il rosario, il rosario in famiglia”. Dalla croce, Gesù stesso la implora: “Ti rifiuterai di farlo per Me? Di prenderti cura di loro, di portarli da Me?”.

Madre Teresa, pur avendo un desiderio ardente di dire “sì” a Dio, ha lottato con la paura e il senso di esserne indegna. Sottomette la sua ispirazione al suo direttore spirituale, il Padre Gesuita Celeste Van Exem, e poi all’Arcivescovo di Calcutta, il Reverendo Ferdinand Périer, S. J. Nel gennaio del 1948, dopo un anno di discernimento, l’Arcivescovo le dà il permesso di procedere. Madre Teresa ottiene anche il necessario permesso dalla sua Superiora Generale di Loreto e ’Indulto di Esclaustrazione dalla Sacra Congregazione per i Religiosi di Roma. Finalmente il 17 agosto 1948, vestita per la prima volta con un sari bianco bordato di blu, attraversa i cancelli dell’amato convento di Loreto ed entra nel mondo dei poveri.

Dopo un breve corso a Patna con le suore della Missione Medica, Madre Teresa torna a Calcutta. Ivi, le Piccole Sorelle dei Poveri, le offrono ospitalità. Il 21 dicembre 1948, si reca per la prima volta nei bassifondi della città. Visita alcune famiglie, pulisce le piaghe di alcuni bambini, si prende cura di un vecchietto malato che giaceva sulla strada ed offre aiuto ad una donna che stava morendo di fame e di T.B.C.

Il Signore ha mantenuto la sua parola: Lasciami fare. ... Voglio usarti per la mia gloria”. L’apostolato fiorisce, benefattori cominciano ad aiutarla nel lavoro e arrivano vocazioni: una alla volta, le sue ex studentesse di St. Mary cominciarono ad unirsi a lei. In poco tempo, Madre Teresa apre la prima scuola dei bassifondi e alcuni dispensari medici in varie parti della città. Ovunque si reca, si dà da fare per trovare “i rifiutati, coloro che nessuno amava, coloro di cui nessuno si curava” e li serve come se servisse Gesù.

Il 7 ottobre 1950 la nuova Congregazione delle Missionarie della Carità viene ufficialmente riconosciuta come un istituto religioso nella Diocesi di Calcutta. Il 22 agosto 1952, festa del Cuore Immacolato di Maria, Madre Teresa apre la prima casa per i moribondi, Nirmal Hriday, (“Cuore Immacolato”), a Kalighat, Calcutta. Tre anni più tardi viene inaugurato il primo Shishu Bhavan, la casa per bambini abbandonati e denutriti.

Durante gli anni ’50 Madre Teresa divide il suo tempo fra il lavoro diretto con i poveri, cercando di raggiungere sempre più poveri sia a Calcutta che nei sobborghi, e l’insegnamento basilare della vita religiosa alle giovani suore. Agli inizi degli anni ’60, comincia a inviare le suore in altre parti dell’India. Il Decreto di Lode concesso alla Congregazione da Papa Paolo VI nel Febbraio del 1965, incoraggia Madre Teresa ad aprire una casa in Venezuela, la prima fuori dall’India. Seguono a breve termine fondazioni a Roma ed in Tanzania. Dato che il numero dell vocazioni continua a crescere, Madre Teresa ha potuto estendere la sua missione ai poveri in ogni continente, aprendo in ogni luogo “nuovi tabernacoli in cui Gesù fosse amato ed adorato”.

Frutti incalcolabili dalla sofferenza per amore

Per poter far fronte in maniera più adeguata ai bisogni sia fisici che spirituali dei poveri, Madre Teresa fonda nel 1963 i Fratelli Missionari della Carità; nel 1976 il ramo contemplativo delle Suore; nel 1979 i Fratelli Contemplativi; nel 1984 i Padri Missionari della Carità. La sua ispirazione non si limita solo a coloro che hanno una vocazione religiosa. Fin dall’inizio una parte potente, sebben nascosta, della missione di Madre Teresa è stato il suo legame con gli ammalati. Molti sono divenuti Collaboratori malati e sofferenti in quanto assistono il lavoro offrendo le loro preghiere e le loro sofferenze per una particolare Missionaria della Carità e per i poveri. Nello stesso modo, fin dall’inizio un numero incalcolabile di persone ha ricevuto l’ispirazione di aiutare come volontari o di contribuire assistendo materialmente. Per Madre Teresa queste persone erano le mani della provvidenza divina. In questo grande numero ce ne sono migliaia che avevano in sè il desiderio di servire Dio nei poveri attraverso un vita di preghiera, semplicità e umili opere d’amore. Tutti questi vennero uniti da lei nella vasta associazione internazionale ed interreligiosa conosciuta come i Collaboratori di Madre Teresa. Un ulteriore desiderio di vivere secondo la sua spiritualità, ispira, nel 1984, la formazione dei Laici Missionari della Carità. Madre Teresa era profondamente conscia del bisogno dei poveri e della Chiesa intera di santi sacerdoti. Come risposta alle richieste di molti sacerdoti, nel 1981 dà inizio al Movimento Sacerdotale del Corpus Christi come una piccola via di santità per coloro che desiderano condividere il suo carisma ed il suo spirito.

Cominciando nel 1980 e per tutti gli anni ’90, Madre Teresa ha aperto nuove case in quasi tutti i paesi comunisti. Nella ex Unione Sovietica, apre quindici fondazioni, avendo promesso alla Madonna una casa per ogni mistero del Rosario. Nel 1980 stabilisce una comunità di suore nella sua città natale di Skopje e nel 1997 la prima delle sette case in Albania. Nell’aprire nuove case, spesso osservava che c’era stato bisogno di offrire un dono di sofferenza, che spesso aveva a che fare con la sua stessa salute. Questo era particolarmente vero quando si recava in luoghi in cui Gesù non era conosciuto o era stato a lungo lasciato da parte. Nonostante ciò, nel suo desiderio di “portare il tenero amore di Gesù ai più poveri tra i poveri”, era decisa a non rifiutargli niente. Considerandosi una “piccola matita nelle mani di Dio”, si sorprendeva di come Dio usasse la sua “nullità per mostrare la Sua grandezza”.

Durante tutti questi anni di rapida crescita, il mondo comincia a volgere gli occhi verso Madre Teresa e verso il lavoro che ha iniziato. Nel tentativo di far distogliere l’attenzione da sé, non si stanca mai di ripetere che quella è “l’opera di Dio”. Ma a cominciare dal 1962, dopo solo dodici anni dall’inizio, si comincia a rendere onore a tale opera: prima il premio Indian Padmashri , poi molti altri tra cui in particolare il Premio Nobel per la Pace nel 1979. Intanto i media cominciano a seguire le sue attività con sempre maggiore interesse. Ricevendo i premi e la valanga di attenzione da parte dei media, la Madre commentava che essi erano “per la gloria di Dio e in nome dei poveri”.

Sperimentare la desolazione di Cristo e dei poveri

L’intera vita di Madre Teresa ed il suo operato sono testimonianza della gioia di amare, della grandezza e della dignità di ogni persona umana, del grande valore del lavoro e delle piccole cose fatte con fedeltà e con amore; del valore insuperabile dell’amicizia con Dio. Ma c’era un altro lato eroico di questa grande donna che è stato rivelato soltanto dopo la sua morte. Nascosta agli occhi di tutti, nascosta perfino a coloro che le erano più vicini, erano la sua vita interiore segnata da un’esperienza di un profondo, doloroso e costante senso di separazione da Dio, perfino di rifiuto da parte Sua, insieme ad un crescente desiderio del Suo amore. Madre Teresa ha chiamato questa sua esperienza interiore “l’oscurità”. Ha mantenuto un tale riserbo riguardo tale esperienza che, se non si fosse preservata parte della sua corrispondenza, scoperta durante il Processo di Beatificazione e Canonizzazione, questo aspetto vitale della sua vocazione sarebbe rimasto totalmente sconosciuto. La “dolorosa notte” dell’anima, che ebbe inizio all’incirca all’epoca in cui aveva cominciato il lavoro per i poveri e continuò fino alla fine della sua vita, condusse Madre Teresa ad un’ancor più profonda unione con Dio. Attraverso l’oscurità ella ha condiviso misticamente la sete di Gesù nel suo doloroso e ardente desiderio d’amore. Paradossalmente, proprio l’oscurità era correlata con la sua missione di irradiare la Sua luce sulle anime.

Fin dall’inizio ella aveva offerto il senso di separazione che sentiva, come un mezzo per saziare la sete di Gesù d’amore e per le anime. Ma dovettero passare alcuni anni prima di giungere alla comprensione che la sua oscurità interiore era “il lato spirituale” del suo lavoro per i poveri. Scrisse alle sue suore: “Gesù è voluto venire in nostro aiuto condividendo la nostra vita, la solitudine, l’agonia e la morte. Si è preso tutto questo su di sè e lo ha caricato nella notte più buia. Per essersi fatto tutt’uno con noi, ci ha redento. Ci è data la possibilità di fare lo stesso. Tutta la desolazione dei poveri, non solo la loro povertà materiale, ma anche la loro miseria spirituale, deve essere redenta e non dobbiamo avere una parte in essa.”

La chiamata di Gesù ricevuta da Madre Teresa non consisteva nel servirlo umilmente nei più poveri tra i poveri, ma anche nello sperimentare nella sua stessa anima il Suo doloroso abbandono sulla croce, il Suo desiderio infinito per il Padre, il suo desiderio inestinguibile dell’amore di ogni uomo e di ogni donna. Giunse ad identificare la sua desolazione con le sofferenze interiori dei poveri e, con loro, a desiderare ardentemente l’amore di Dio. Per cinquant’anni la sua risposta è stata caratterizzata dall’amorevole fiducia e l’abbandono totale a Colui che lei amava. Per amor Suo, ha deciso di essere gioiosa; irradiando gioia attorno a sè. Al tempo stesso sembra aver intuito la grazia ricevuta: “Se mai diventerò una santa,” scrisse ad un sacerdote, “sarò continuamente assente dal Paradiso per accendere la luce di coloro che sono nell’oscurità sulla terra”:

Durante gli ultimi anni della sua vita, nonostante l’aumentare di gravi problemi di salute, Madre Teresa continua a governare la Congregazione e a far fronte a tutte le necessità dei poveri e della Chiesa. Viaggia per il mondo andando a ricevere i Voti delle professe, a presenziare alle ordinazione della sua famiglia religiosa, a aprire nuove case per il servizio ai poveri e a coloro colpiti da disastri, e anche per parlare in innumerevoli incontri pubblici. “’Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito’”, continua a ripetere. “Dio continua ad amare il modo e manda voi e me così che siamo il Suo amore e la Sua compassione per i poveri”. Ovunque va, ispira nella gente il desiderio di darsi a Dio, di scoprirlo e servirlo nel vicino sofferente, così da fare della loro vita “qualcosa di bello per Dio”.

Nel 1997 le suore di Madre Teresa contavano circa 4.000 membri ed avevano aperto 610 fondazioni in 123 paesi del mondo, compresi il Sud Africa, Cuba e l’Iraq. Nel marzo del 1997 la Madre dona la sua benedizione alla neo eletta Sr Nirmala, che le succede come Superiora Generale. In Maggio parte per il suo ultimo viaggio.

Dopo una visita a Roma, dove incontra Papa Giovanni Paolo II per l’ultima volta, Madre Teresa ritorna a Calcutta nel luglio 1997. Lì trascorre le sue ultime settimane ricevendo visite e istruendo le sue suore. Nel suo modo tipico, apriva le mani – “Il Vangelo sulle cinque dita”, lo chiamava – e contava le parole una ad una: “Lo / avete / fatto / a / Me” su una mano e “Desidero /, voglio, / con la benedizione di Dio / diventare / santa”, sull’altra. La mattina del giorno della sua morte scrive ai suoi figli, ai membri della sua congregazione: ... “Siate solo di Gesù per mezzo di Maria. ... E’ solo con la Madonna che siamo in grado di sentire Gesù che grida: ‘Ho sete’”.

Il 5 settembre Madre Teresa giunge alla fine e, come lei aveva spesso descritto la morte, “torna a casa da Dio”. Il suo corpo viene esposto nella Chiesa di S. Tommaso, di fianco alla Casa di Loreto dove si era compiuto il suo primo arrivo a Calcutta. Per sette giorni, migliaia e migliaia di persone sfilano davanti al suo corpo per darle un ultimo sguardo, fare l’ultima preghiera, chiederle l’ultima benedizione. Il Governo Indiano le dà il grande onore dei funerali di Stato e il suo corpo viene sepolto nella Casa Madre delle Missionarie della Carità. In breve tempo la sua tomba è divenuta luogo di pellegrinaggio per gente di ogni fede, per ricchi e poveri.

La tomba e il miracolo

A circa due anni dalla sua morte, in risposta alle numerose richieste da parte della gerarchia e dei fedeli, la Congregazione per le Cause dei Santi dà il permesso di cominciare la Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Madre Teresa nell’Arcidiocesi di Calcutta. L’inchiesta diocesana dura dal 26 luglio 1999 al 15 agosto 2001. Il 20 dicembre 2002 il Papa Giovanni Paolo II approva il decreto relativo all’esercizio delle virtù eroiche di Madre Teresa .

Centinaia di persone da tutto il mondo hanno riferito miracoli e grazie ottenute per l’intercessione di Madre Teresa. Il 5 settembre 1998, nel primo anniversario della morte, Madre Teresa viene invocata per la guarigione di Monika Besra, una malata in fin di vita, del West Bengal in India. La donna si trova istantaneamente e completamente guarita da una grossa cisti tumefatta nell’addome, in un modo inspiegabile per i medici. Dopo un attento studio, il Papa approva il miracolo.

Madre Teresa lascia una testimonianza di fede incrollabile, una speranza invincibile e una straordinaria carità. La sua risposta alla supplica di Gesù: “Vieni sii la mia luce”, l’ha resa una Missionaria della Carità, una “madre dei poveri”, simbolo di amore e di compassione per il mondo, testimone viva dell’amore assetato di Dio.

Fonte: Asia News (http://www.asianews.it/view_p.php?l=it&art=206)

Augustinus
05-09-04, 00:02
Beata Teresa di Calcutta,

nel tuo desiderio struggente di amare Gesù come non è stato mai amato prima, ti sei donata totalmente a Lui, senza mai rifiutargli nulla.

In unione al Cuore Immacolato di Maria, hai accettato la chiamata a saziare la Sua sete infinita di amore e di anime e a divenire portatrice del Suo amore ai più poveri tra i poveri.

Con amorevole fiducia e totale abbandono tu hai compiuto la Sua volontà, testimoniando la gioia di appartenere totalmente a Lui.

Sei diventata così intimamente unita a Gesù, il tuo Sposo crocifisso, che Egli, sospeso sulla croce, si è degnato di condividere con te l’agonia del Suo Cuore.

Beata Teresa, tu che hai promesso di continuamente portare la luce dell’amore a coloro che sono sulla terra, prega affinché anche noi desideriamo saziare la sete ardente di Gesù con un amore appassionato, condividendo con gioia le Sue sofferenze, e servendoLo con tutto il cuore nei nostri fratelli e sorelle, specialmente in coloro che, più di tutti, sono «non amati» e «non voluti».

Amen

Fonte: Asia News (http://www.asianews.it/view_p.php?l=it&art=209)

Augustinus
05-09-04, 00:08
Riportiamo il testointegrale della relazione che Mons. Angelo Comastri, Vescovo di Loreto, ha tenuto durante il suo intervento al Centro Internazionale Giovanile San Lorenzo il 24 settembre 2003, dal titolo: "Madre Teresa e il segreto della gioia".

"Madre Teresa e il segreto della gioia" - Mons. Angelo Comastri

Andai a salutarla sulla via Casilina 222 dove ancora c'è una casa delle suore. Era morta da pochi giorni la mia mamma e Madre Teresa ricordo che mi disse:"La tua mamma è in cielo e ora ti è più vicina di quando era viva qui sulla terra perché quando era viva ti era vicina quando stavate accanto, ora ti è sempre vicina perché il paradiso è sempre vicino".
E poi ricordo uscì con questa esclamazione che mi colpì: "Forse un giorno o l'altro sentirai dire che madre Teresa è morta per schianto del cuore" e io ricordo che la guardai. La madre era molto affaticata... ricordo fra l'altro che quando stringeva la mano non aveva più forza e lei aveva sempre una grande forza nelle mani quando stringeva. Talvolta faceva proprio male, perché era una donna abituata al lavoro; e invece quella volta avvertii tanta debolezza nella mano della madre e quindi quando mi disse: "Forse un giorno sentirai dire che madre Teresa è morta per schianto del cuore" mi venne spontaneo dirle: "Ma madre, è peggiorata, sta molto male?" e lei mi disse: "No, non mi hai capito, potrei morire per schianto del cuore per troppa contentezza". Ricordo che la guardai. Aveva un golfetto, tutto rammendato come sempre, il shaari che lei portava fin quando era quasi impossibile portarlo, i sandali che non li avremmo dati neanche a un poveretto e quelle parole chiaramente mi colpirono tanto... "Potrei morire di troppa contentezza".

Chi è allora madre Teresa? Ecco io vi racconto come l'ho conosciuta, come l'ho sentita e come la ricordo.

Sono convinto che attraverso questa donna, questa cristiana, il signore Gesù ci ha ricordato che il Vangelo è vivibile anche oggi. E il vangelo è vivibile in tutta la sua interezza... Noi siamo portati tutti a prendere qualche distanza dal vangelo: "Si, ma..." , "Va bene, però..."; non ci buttiamo mai totalmente della parola del Signore perché dentro di noi abbiamo sempre qualche paura, qualche diffidenza nei confronti del Signore.
Madre Teresa l'ha vissuto integralmente e ha sentito la sua vita riempirsi di gioia. Ma, ciò che più impressiona, vivendo il Vangelo integralmente, Madre Teresa è stata ammirata e capita anche dai lontani dal vangelo.

Io vi dico tre veloci testimonianze. Pensate: nel 1970/71, Augusto Guerriero, un giornalista italiano che scriveva con lo pseudonimo di Ricciardetto (per quelli della mia generazione è uno scrittore abbastanza noto ed e uno scrittore che dimostrava una certa acredine nei confronti della fede, quindi nei confronti dei credenti, a modo tale che una volta scrisse in un suo articolo su "Epoca": "Ma voi che avete la fede, la sentite come io sento la mancanza della fede? Voi che avete la fede, cioè, ne sentite tutta la bellezza, tutta la preziosità, come io sento, come io avverto la mancanza della fede?". Ebbene, Ricciardetto una volta incontrò madre Teresa di Calcutta e poi scrisse, proprio su "Epoca", una sua testimonianza che diceva così: "Ho incontrato madre Teresa di Calcutta: io non avevo mai visto un santo e mi chiedevo cosa avrei provato se avessi per caso incontrato un santo. Ebbene io ebbi la percezione di trovarmi davanti a una santa; volevo farle tante domande e poi alla fine non riuscii a dire niente. Presi la mano, la baciai e dissi: "Madre, la ringrazio per tutto il bene che fa". E madre Teresa rispose: "Cerchiamo di portare Gesù ai fratelli". E commenta Ricciardetto: "In quel momento io ebbi netta la percezione di essere vissuto invano. Io capii in quel momento che la vita
vale la pena di essere vissuta soltanto per amare, per darla agli altri, e mi sentii improvvisamente un fallito". E madre Teresa aveva detto pochissime parole... ma la sua vita parlava!

Nell'estate del 1975 incontrò madre Teresa di Calcutta qui a Roma Pierpaolo Pasolini, che poi sarebbe morto tragicamente il primo novembre di quello stesso anno. Pierpaolo Pasolini dichiarò in una intervista di quell'estate: "Ho incontrato madre Teresa di Calcutta: quella donna quando guarda vede" e annotò: "Forse vede qualcosa che io non riesco a vedere". E' impressionante che un uomo come Pasolini abbia fatto questa dichiarazione. Davanti a questa donna semplicissima lui si è sentito quasi mettere in crisi...

E quando lei è morta Roberto Gervaso, uno scrittore piuttosto lontano dall'orizzonte credente, ha dichiarato: "Davanti a madre Teresa molti vogliono dare giudizi" (e, non so se ricordate, proprio nel momento della morte di madre Teresa ci fu anche una certa stampa che cercò di minimizzare la sua opera e se fosse stato possibile anche di buttare un po' di fango sull'opera di madre Teresa.), Roberto Gervaso, un non credente, così si è sempre detto, dice: "Davanti a madre Teresa bisognerebbe non giudicare ma lasciarsi giudicare. E' lei che mette in crisi il nostro egoismo..." Un non credente!

Chi era allora madre Teresa? Per capirla bisogna andare un po' alla sua famiglia. Io ho avuto la gioia di conoscere l'unica nipote vivente di madre Teresa. Loro erano cinque figli: due sorelline sono morte in giovane età addirittura per una diligenza che cadde in un burrone mentre andavano a scuola (sono morte quindi tragicamente, le due sorelline). E rimasero tre figli: Madre Teresa, che si chiamava Agnese, l'altra sorella che si chiamava Aghi e il fratello che si chiamava Lazzaro... e Lazzaro poi scappò dall'Albania e venne in Italia, ha preso la cittadinanza italiana, si è sposato Palermo e ha avuto l'unica figlia, Aghi, alla quale ha messo il nome dell'altra sorella. Aghi è vivente e mi ha raccontato tanti particolari della famiglia. Li ho saputi da lei direttamente perché è l'unica fonte che possa raccontare certi particolari intimi della vita della famiglia di madre Teresa della quale lei parlava pochissimo, perché non voleva che attorno a lei si creasse il mito, e diceva sempre: "La mia famiglia è semplicissima".
Dicevo, comunque, la famiglia di madre Teresa era composta di cinque figli con babbo e mamma; rimasero poi tre figli, e Madre Teresa era la più giovane, era nata nel 1910 (gli altri nel 1908 e 1906). Quando madre Teresa aveva otto, otto anni e mezzo, il papà morì. E lei ricordava sempre suo padre - il padre si chiamava Nicola (Cole) .
La famiglia di madre Teresa era benestante (non è nata quindi in una famiglia povera): il papà era di Pristina e la mamma di Jacova nel Kossovo (loro erano kossovari) e il papà era un ricco possidente e anche un abile commerciante; si trasferirono a Skopjie ed erano lì una delle famiglie più in vista. Il papà, raccontava il fratello di Madre Teresa, aveva fatto costruire il teatro di Skopjie (che poi è stato distrutto dal terremoto del '63 e ora non è rimasto più niente)... ebbene lei ricordava il papà così: "Mio papà quando tornava da lunghi viaggi di commercio ci portava sempre un meraviglioso regalo: ogni volta che tornava portava quattro o cinque mendicanti presi dalla strada e li portava a pranzo con noi e noi sapevamo che quando arrivava papà questo era il regalo". Quindi era un uomo benestante ma di carità straordinaria: lo conoscevano tutti i poveri di Skopjie.

Il papà è morto all'inizio del 1919, quando Madre Teresa non aveva ancora nove anni. Il papà (questa è una notizia che ormai viene fuori ma prima veniva tenuta un po' riservata), il papà è stato ucciso, è stato avvelenato in un incontro che doveva essere di riconciliazione fra albanesi e serbi... ed evidentemente fu una cena di tradimento. Lui era il capo del gruppo e quindi, chiaramente, lo raggiunse la dose più forte di veleno: arrivato a casa con dolori acutissimi, tentarono un intervento, ma il giorno dopo è morto.
Una grande tragedia per la famiglia perché con la morte del papà non solo entrò il dolore, ma entrò anche la miseria, perché chiaramente crollò il commercio del padre e la mamma per poter mantenere la famiglia fu costretta a fare la ricamatrice... e fino alla fine ha fatto così.
E la mamma raccolse i tre figli e disse loro: "Papà è morto, è in cielo, e sicuramente prega per noi. Ora le cose quaggiù sono un pochino più difficili per noi, dobbiamo raddoppiare la preghiera e la carità".

Questi erano i genitori di Madre Teresa e questo spiega come è nato in madre Teresa il carisma della carità e l'amore verso i poveri.
La mamma poi da Skopjie passò a Tirana (la capitale della Albania: loro erano albanesi in macedonia), tornarono quindi nella capitale e quando poi arrivò il regime... voi sapete che a loro venne sequestrata la casa e li costrinsero a vivere in una sola stanza con bagno in comune e cucina in comune... e la mamma e la sorella sono vissute lì fino alla fine... la mamma è morta nel 1972 e la sorella Aghi nel 1974... e il fratello Lazzaro mandava sempre pacchi qui dall'Italia per la mamma e per la sorella ma arrivavano sempre aperti e quasi completamente svuotati... e la mamma, che era una donna religiosissima, negli ultimi vent'anni della sua vita non ha potuto mai più partecipare ad una Eucaristia perché in Albania era proibito.
Celebrare una messa era un reato, battezzare un bambino era un reato passibile di morte... e la mamma e la sorella sono vissute "nutrendosi di Rosari" diceva madre Teresa. Fu la loro preghiera fino alla fine.

Madre Teresa ha lasciato la famiglia nel 1928 quando aveva 18 anni e la mamma la accompagnò alla stazione di Zagabria... a Zagabria la salutò e disse: "Se il Signore ti chiama non voltarti più indietro, dai la mano a Gesù, lasciati guidare, non pensare più a me, non preoccuparti di me". E la mamma quando madre Teresa disse che voleva partire per l'India inizialmente non voleva, ma poi quando capì che era veramente una chiamata del Signore fu lei stessa a dirle: "Dai la mano a Gesù, non voltarti più indietro, non pensare più a me"...
E quando nel 1937 (ormai madre Teresa era in India, ancora apparteneva alla congregazione delle Loreto Sisters, le suore di Loreto) madre Teresa scrisse alla mamma dicendo: "Mamma, sono molto giovane ma mi hanno fatto superiora e direttrice didattica; insegno in una High School, sono molto felice, mi amano tutte le ragazze, e mi trovo molto bene", la risposta della mamma fu: "Cara Agnese, sei andata in India per servire i poveri e hai finito per servire i ricchi. Ricordati perché sei partita!, ti ricordi quando andavamo a lavare File?"...

... e nessuno sapeva chi era questa File e madre Teresa non lo voleva dire... e alla fine raccontò che questa File era una donna alcolizzata di Skopjie che tutti evitavano e che anche i parenti avevano abbandonato, perché usciva di casa con il vestito pieno di vomito... e la mamma portava madre Teresa tutte le settimane a trovarla, a lavarla, a ripulire la casa e a lasciare qualcosa da mangiare per i giorni successivi. "Ti ricordi quando andavamo a lavare File?".
Pensate che madre!

Ecco madre Teresa è nata, vissuta in questa famiglia, ha respirato in casa il clima della preghiera e la carità come frutto della preghiera. E la preghiera (non racconto adesso le tappe della sua vita) la preghiera è stato il centro della sua esistenza e potremmo dire il centro della sua vocazione. La sua vocazione.

La prima volta che io l'ho incontrata già da giovane sacerdote (ci siamo conosciuti prima ma da giovane sacerdote la rividi dopo il '68, quando in Europa accaddero fatti terribili... voi non ricorderete sicuramente ma furono dei momenti veramente drammatici...) io ricordo che nell'incontro che ebbi con lei manifestai anche un po' di paura (in quegli anni '68, '69, '70 tantissimi sacerdoti abbandonavano il sacerdozio... ci fu un periodo veramente terribile da questo punto di vista) e ricordo che io ero un giovanissimo sacerdote e avevo anche un po' di timore e mi domandò: "Ma dimmi un poco: quante ore preghi?" e io ricordo che dissi: "Madre, dico la messa tutti i giorni, dico il breviario, che è quasi eroico di questi tempi, dico tutti i giorni il rosario", e lei: "Non basta figlio mio, oltre questo, quante ore preghi?". E chiaramente mi mise in crisi e dovetti rivedere tutta l'impostazione della mia giornata... "Quante ore preghi?".

Io per difendermi dissi a madre Teresa: "Ma madre, io da lei mi aspettavo "quanta carità fai?", che mi facesse questa domanda e la sua risposta (mi commuove anche soltanto ripeterla): "E tu credi che io potrei fare la carità se non mi mettessi in ginocchio ogni giorno per ricevere da Gesù l'amore che io dono ai poveri? Ricordati che Gesù per la preghiera sacrificava anche la carità!" (è paradossale sentirlo dire da madre Teresa...); "Gesù per la preghiera sacrificava anche la carità per ricordarci che senza Dio siano troppo poveri per poter aiutare i poveri". Per ricordarci che senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri...

E quando venne invitata all'ONU da Perez de Cuellar madre Teresa accettò con riluttanza quell'invito... perché è stata una donna si può dire di notorietà mondiale ma più volte diceva: "Io il purgatorio non lo faccio perché me lo fanno fare i giornalisti"... quindi lei non è che andava a cercare... anzi lei ci soffriva di tutta questa notorietà ma poi alla fine diceva: "Se serve per Gesù vado".
E alla fine andò all'ONU, e Perez de Cuellar la presentò in una maniera... per madre Teresa sicuramente non gradita... la presentò dicendo: "Vi presento la donna più potente della terra" (immaginate questa poverina...) "lei è veramente le Nazioni Unite perché il suo cuore è aperto ai popoli di tutta la terra...". Madre Teresa ascoltò, evidentemente in silenzio, rispettosissima com'era... poi quando fu il suo turno si accostò alla tribuna dove parlano i grandi personaggi della terra. Aveva in mano la corona, alzò in alto la corona e disse: "Io sono soltanto una povera donna che prega, e pregando Gesù mi mette nel cuore il suo amore e io vado a darlo ai poveri di tutta la terra"... e con un coraggio veramente inaudito "Pregato anche voi!" , disse, " e Gesù vi metterà nel cuore l'amore e vi accorgerete dei poveri che abitano accanto a voi". Fu questa la sintesi dei discorso di madre Teresa all'ONU.

E quando ricevette il premio Nobel nel 1979 (poi lei andò nel gennaio dell'80 ad Oslo per ritirarlo) venne avvisata che, essendo una nazione luterana ed essendo anche il premio Nobel un premio luterano, tutto sommato viene dato del parlamento luterano) le dissero: "Possibilmente non si presenti con il Rosario in mano... potrebbe essere un po' offensivo", madre Teresa ascoltò, come sempre, ma il giorno dopo andò al parlamento con un rosario, un grosso rosario in mano, e con la sua semplicità (una semplicità che sicuramente le permetteva tutto) disse: "Il premio non è per me ma è per i poveri nei quali io servo Gesù. Io sono una bambina, e quando ho una gioia io la racconto a mia madre... permettetemi... Ave Maria piena di grazia..." e disse una Ave Maria. Una donna che fondava tutta la sua vita nella preghiera.

Quando lavoravo per la pastorale vocazionale, essendo tante le suore di madre Teresa, io ebbi questa intuizione: volevo fare un'intervista a madre Teresa sulla pastorale vocazionale. Lei aveva, quando è morta, più di 1000 novizie... è un fatto veramente unico... non so quante congregazioni ci vorrebbero assieme per avere mille novizie... allora diventò spontaneo porre alcune domande a madre Teresa sulla pastorale vocazionale che loro portano avanti.
Allora era a San Gregorio al Celio e le dissi: "Madre, abbia la bontà, mi risponda a cinque domande!". "Va bene, quando?". "Quando vuole!". "Dopo mangiato.". "Bene, dopo mangiato.". Appena mangiato lei andava sempre in cappella; eravamo due sacerdoti e ricordo che ci portò nella cappellina che loro hanno ancora lì, a San Gregorio al Celio, e sapete che le sue suore non hanno le panche, hanno delle stuoie e tutti ci si inginocchia per terra...
La Madre con molta semplicità si inginocchiò per terra, e anche noi ci inginocchiammo per terra... ma non abituati. Passò un quarto d'ora e chiaramente noi ... le ginocchia non si sentivano più... cercavamo di muoverci... Poi passò mezz'ora, poi tre quarti d'ora e dissi: "Madre, io devo andar via. Se lei l'intervista non la può fare, pazienza..." e lei: "Ma perché, non hai capito ancora?". E questa fu l'intervista: ci fece stare tre quarti d'ora in ginocchio. Tre quarti d'ora in ginocchio.

Una donna che fondava tutta la sua vita sulla preghiera. E nella preghiera Madre Teresa ha capito Gesù come mistero d'amore. Quando nel 1946 lei ebbe questa celebre ispirazione (che fra l'altro lei ha raccontato dopo tanti anni...) quella celebre ispirazione che a me sembra molto simile a quello che provò San Francesco nel novembre del 1205... quando pregando davanti al crocifisso di San Damiano, che voi avete qui nella vostra chiesa, si sentì dire: "Francesco, Francesco, và e ripara la mia chiesa che come vedi va tutta in rovina" e Tommaso da Celano annota: "Francesco pensò di dover riparare le chiese", tanto è vero che iniziò poi a riparare la chiesetta della Porziuncola. però subito annota Tommaso da Celano: "Francesco da quel momento cominciò a sentire compassione del signore". Io la prima volta che lessi credevo ci fosse un errore: ma come? Francesco comincia a sentire compassione del Signore e, continua Tommaso da Celano, "le stimmate sicuramente entrarono nella sua anima in quel momento". Cosa voleva dire? Il vero miracolo di San Damiano non è tanto l'invito di Gesù che dice: "Francesco, và e ripara la mia chiesa". Certamente è un fatto straordinario, ma il vero prodigio è che Francesco capisce la croce come un grido di amore e capisce che quell'amore non è corrisposto, e comincia a sentire compassione del Signore, cioè il bisogno di rispondere all'amore con l'amore. E' questo che mette in crisi la sua vita!

Madre Teresa ha fatto la stessa esperienza. Lei ha raccontato che andava ad Harceling, lungo le pendici dell'Himalaya, per un corso di esercizi... e pensate che fatto straordinario, mentre andava in treno forse stava pregando (lei non ha detto cosa stesse facendo ma penso stesse pregando),lei sente le parole di Gesù: "Ho sete, ho sete di amore, ho sete del tuo amore ". E lei si difende da queste parole (l'ha raccontato lei stessa): "Cosa posso fare?". E le sembra di vedere tante, tante mani che si alzano verso quel treno che viaggiava e che chiedevano: "Madre Teresa, madre Teresa, dacci l'amore!" e lei che resiste per parecchio tempo. Scrive poi all'arcivescovo di Calcutta (queste lettere sono venute fuori recentemente, per grazia di Dio si sono conservate) lei scrive all'arcivescovo: "Io sento questa voce che dice: "Tu devi fondare una comunità di povere, di suore povere, per portare l'amore ai poveri" ; "Ma io non sono capace, rideranno quando sentiranno questa cosa, mi prenderanno in giro". "Ma tu non ti fidi di me, rifiuterai?"... e lei ha trascritto questo dialogo, lo ha trascritto in una lettera a monsignor Ferdinand Perier, l'allora arcivescovo di Calcutta e al suo padre spirituale Padre Van Exem, tutti e due gesuiti visto che la sua prima formazione è stata tutta fatta dai gesuiti... e alla fine madre Teresa esce. E' del 1946 questo dialogo con Gesù e, sapete, lei si sottopone a tutta la trafila dell'obbedienza: parla al padre spirituale e il padre spirituale la fa aspettare; quando le dice "Si, puoi andare dall'arcivescovo", l'arcivescovo la prende per matta, per un'esaltata... e aveva tutte le ragioni...
Anche a me se si presentasse una suora, in un momento come quello, drammatico per l'India, era l'inizio del '48 e il 31 gennaio era stato ucciso Gandhi... Viene una suora, mi dice una cosa di questo genere: "Io esco dal convento, la strada sarà il mio convento", mah io le dico "Figlia mia, vai a fare un corso di esercizi spirituali..." e verrebbe spontaneo dire così... Quindi anche l'arcivescovo disse "Parlane con la tua superiora, parlane con la superiora generale", e alla fine la superiore
generale, insieme all'arcivescovo, le dicono: "Senti, scrivi a Roma al Papa" e lei scrisse al Papa, e la sua lettera è ancora conservata alla congregazione per le religiose perché era consacrata... c'è ancora la cartellina del febbraio 1948. La risposta arrivò nell'agosto: madre Teresa esce dal convento il 16 agosto 1948. Esce sola.

E' incredibile il coraggio di questa donna: chiamata da una voce, sottoposta al vaglio dell'obbedienza, quindi purificata dall'obbedienza. Io quante volte ho cercato di immaginare quel passo: madre Teresa che saluta, lascia questo convento dove lei viveva e va a cercare i poveri. Per portare che? Non aveva niente! E' qualcosa veramente di paradossale! Quando lei diceva con estrema chiarezza: "Io non ho fatto niente, ha fatto tutto Gesù, io ho soltanto obbedito, ho soltanto obbedito". E comincia la sua missione fra i poveri, ma tutta radicata sulla preghiera... è dalla preghiera che lei trovava la forza per andare a servire i poveri. E passarono i primi mesi... ed era sola! E' andata presso una chiesa, poi presso una famiglia, e piano piano, piano piano il Signore le ha aperto tutte le strade e la prima ragazza, una delle sue ragazze presso le suore di Loreto, chiese: "Io vengo a vivere con te, voglio condividere la tua vita". Madre Teresa disse: "Eh ma io non ho niente! Tu sei di famiglia benestante, stai attenta, stai attenta"... ma cominciò così l'avventura della carità.

Dopo un po' di tempo Madre Teresa cominciò a raccogliere le persone dalla strada e una delle prime persone che lei raccolse era in condizioni pietosissime. Lei la portò al primo ospedale che trovò: gliela rifiutarono. Morì nell'accettazione. C'era da scoraggiarsi. Cominciò a raccogliere ancora i moribondi, fino a quando ottenne di poterli portare in due enormi stanzoni accanto al tempio della dea Kalì. Anche lì fra mille difficoltà... Quelle stanze erano riservate ai pellegrini ma erano poco usate, per cui l'amministrazione comunale di Calcutta li mise a disposizione pensando che almeno avrebbero tolto un po' di poveretti dalla strada...

Questa è la fede dei santi! E' andata avanti, e sapete che sono accaduti fatti straordinari proprio in queste due stanze che lei chiamò "La casa del cuore immacolato". Ebbene una sera portarono lì in questa casa una lebbrosa con un piede rosicchiato dai topi di fogna, raccolta dalla strada. E nel dialogo fra madre Teresa e quella donna c'è un po' tutto il segreto della sua missione: la donna imprecava e madre Teresa la puliva, la lavava, la imboccava (e lei non voleva), finché alla fine questa donna che era inferocita perché nessuno mai le aveva dato una briciola d'amore (l'avevano buttata i suoi figli!), alla fine la donna chiese. "Sister, ma tu sei diversa dalle altre, perché fai così?". "Per amore, per amore". "E chi te l'ha insegnato?". "Il mio Dio". "Fammi conoscere il tuo Dio". E madre Teresa commentava: "Ormai lo conosceva. Sapeva che Dio è amore e non fu una sorpresa per lei vedere il volto di Dio in paradiso dopo pochi minuti". E lei diceva: "Anche solo soltanto dire ad una persona la bella notizia negli ultimi momenti della vita è già una grande grazia, è già un grande dono. Annunciare che Dio è amore".

Sapete una delle prime opere, delle prime vite di madre Teresa la scrisse Malcom Muggeridge, un giornalista inglese della BBC che scrisse un libro che ancora oggi si legge con frutto spirituale, "Qualcosa di bello per Dio" in cui lui racconta che venne inviato dalla BBC a fare un servizio su queste suore che apparivano un po' strane e originali. E quando andò a Calcutta lui cominciò a girare qualche ripresa in queste grandi stanze piene di moribondi e fu colpito dal vedere la delicatezza delle suore, la bontà, la tenerezza con cui si chinavano su questi ammalati tutti stesi per terra sulle stuoie, per cui bisogna sempre chinarsi, piegarsi (Madre Teresa era curva anche per questo, perché era sempre curvata sugli altri)... ebbene, lui disse a madre Teresa: "Ma come fate a fare questa pazzia, ma chi vi dà la forza?". La risposta di madre Teresa fu: "Venga domattina alle cinque".
E alle cinque dell'indomani mattina il cronista era lì davanti alla porta del convento. Madre Teresa lo accolse, lo fece entrare nella cappella dove le suore già pregavano. Alle sei ci fu la messa, lui assistette semplicemente, dal fondo (non era cattolico) e terminato tutto madre Teresa con un grande sorriso disse: "E' qui che troviamo la forza: senza Eucaristia noi non potremo dare l'amore a nessuno". E il giornalista conclude quel libro dicendo: "Dopo un lungo cammino sono diventato cattolico". Aveva quasi 80 anni. Sapete perché? Questo è veramente impressionante: "Io sono diventato cattolico per ricevere quella Eucaristia che in quelle suore produceva quella carità". E' impressionante questo ragionamento! "Io sono diventato cattolico per ricevere quella Eucaristia che in quelle suore produceva quella carità".
Pensate quante comunioni facciamo noi... che responsabilità che abbiamo!

Ecco madre Teresa era così e chiaramente nel mondo la sua testimonianza ha fatto lungamente parlare, ha fatto lungamente parlare. Eppure madre Teresa non ha mai cercato la notorietà e diceva: "Quando morirò, immagino la scena che vedrò. Io sono piccola, sono una matita spuntata, penso che il Signore mi manderà incontro migliaia e migliaia di poveri e mi prenderanno per mano e mi porteranno da Gesù".
Migliaia e migliaia di poveri. Perché, e badate questo è importantissimo capirlo, non è la povertà in sè che rende felici, non è la povertà in sé che ci fa beati. Ciò che ci fa beati è il dono di se stessi, è il donarsi, è il non possedersi, che ci mette in comunione con Dio perchè Dio è dono infinito di sè.

E concludo con un ragionamento che io ho raccolto dalla sua bocca e che poi ho cercato di sviluppare e negli ultimi esercizi l'ho raccontato anche al Santo Padre in una meditazione sul significato del Natale.
Madre Teresa diceva: "Ma perché Gesù è nato povero? Non è un incidente. Come è nato a Betlemme poteva nascere anche a Roma se avesse voluto. Perché è nato nella povertà di Betlemme?". Ed ecco il suo ragionamento, che è bellissimo: il punto di lettura, la chiave di lettura del mistero di Dio noi sappiamo quale è: Dio è amore. Ma se Dio è amore, Dio è dono, perchè l'amore è dono. Dire "Dio è amore" è come dire "Dio è dono infinito di sé". Dio è il donarsi, Dio ha una sola azione: il donare. Il Padre si dona al Figlio, il Figlio si dona al Padre nell'abbraccio dello Spirito Santo. La Trinità: un mistero di continuo dono di sè.
Dio è amore, Dio è dono. E lei notava: "Tanto è vero che nella scrittura, in modo particolare nei Vangeli, ogni volta che si parla di amore si parla sempre di dono": "Dio ha tanto amato il mondo da dare", (Galati 2,20) "Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me". Dio è amore, Dio è dono, ma chi dona se stesso non possiede, perché chi dona non ha, dona, e chi non possiede è povero. Dio è l'infinito povero perché è l'infinito dono ed è l'infinito dono perché è l'infinito amore. Se vogliamo incontrare Dio non c'era altra strada al di fuori del dono. E' nel donarsi che si fa l'esperienza di Dio, ma questo è scritto tranquillamente nel Nuovo Testamento: se noi prendiamo la prima lettera di San Giovanni, un testo molto amato da madre Teresa, dice "Carissimi", (che in greco è agape toi, carissimi è una traduzione sbagliata perchè agape toi vuol dire amati) "O amati", e da chi?ma ovviamente da Dio, "o amati amiamoci gli uni gli altri perché l'amore è da Dio. Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio, chi non ama non ha conosciuto Dio". "Oti oteos agapestin, perchè Dio è amore". E in questo si è manifestato l'amore di Dio per noi, Dio ha mandato il suo Figlio unigenito, cioè ha donato il suo figlio, perché noi avessimo la vita per lui, e in questo sta l'amore. Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Cioè l'amore è donato per primo. Quando io amo Dio, io rispondo. Perché l'amore viene prima: "O amati, amiamoci gli uni gli altri".

La prima grazia che dobbiamo chiedere è quella di aprire gli occhi davanti al mistero dell'amore di Dio. Diceva Tommaso da Celano di San Francesco: "Non riusciva a guardare il crocifisso senza mettersi a piangere", e io ho visto anche in madre Teresa tanta emozione quando lei guardava il crocifisso. Lo portava qui, sulla spalla sinistra, lei diceva "sopra il cuore" e lei diceva sempre "We did it for him" "Noi lo facciamo per Lui, soltanto per Lui". Erano le cinque parole che lei prendeva dal vangelo (cinque nel testo inglese: Lo avete fatto a me"). Una risposta di amore all'amore.

E concludo. Nel 2001, appena concluso il Giubileo, io ricordo a Loreto ebbi un dono, una grande grazia che è in linea con l'esperienza e la conoscenza che ho avuto con madre Teresa di Calcutta. Al termine di una processione in piazza io scesi dalla gradinata, dal sagrato, per andare a salutare gli ammalati che stavano davanti. E rimasi un po' colpito perchè al centro degli ammalati vidi una culla: a Loreto ci sono pellegrinaggi proprio per i bambini ammalati e quindi mi sembrò molto strano che avessero portato un bambino ad un pellegrinaggio di adulti. Dentro di me pensai: "E' un fatto non bello, questo bambino si trova sicuramente a disagio in un treno di adulti ammalati!". Quando fui davanti a questa culla rimasi sorpreso perché aveva un volto adulto. e guardai. e lei, era una ragazza, mi vide un po' imbarazzato e mi disse: "Padre mi chiamo Maria". "Ah piacere!". Tesi la mano e lei ritirò la mano: "Non gliela posso dare, padre. Se lei mi stringe la mano mi rompe tutte le dita". "Eh, è impossibile!". Guardai le mani e vidi tutte le dita rotte: erano fratturate e ricomposte in maniera sicuramente non perfetta. "Come mai?". "Soffro di osteogenesi imperfetta, le mie ossa si rompono con tanta facilità. Però Padre", mi disse, "io sono felice di vivere". Chiaramente provai una grande curiosità; volevo sapere la storia di questa ragazza e dissi: "Maria, mi può raccontare qualcosa". "Metta la mano sotto al cuscino, ci sono le pagine del mio diario, l'ho appena finito". Io misi la mano sotto ed estrassi trentatre fogli spillati. e sopra c'era scritto: "Maria Respigo, felice di vivere". La sera, potete immaginare, non spensi la luce finchè non lessi il trentatreesimo foglio. Ebbene in quei fogli c'era scritto: "La mia storia si può riassumere in una parola sola: abbandono. Sono stata abbandonata da tutti, anche da mio padre, perché appena nata ha visto come ero ed è scappato di casa, e non l'abbiamo più rivisto. La mia mamma è morta quando io avevo tre anni; mi ha portato all'Istituto di don Guanella a Pavia, dove attualmente vivo. Per tanti anni io ho imprecato, ma a un certo punto ho capito che anche io potevo amare, anch'io potevo fare del bene". Sentite il capovolgimento: "Ho capito che anch'io ho una vocazione. Io esisto per gridare a tutti coloro che hanno la salute che non hanno diritto di tenerla per sè, se la tengono per sè la salute marcirà e non li renderà felici perchè siamo fatti per donare, per formare un intarsio di amore nel quale si vede il volto di Dio. Io esisto per gridare a tutti quelli che si annoiano -e sono tanti - che le ore in cui vi annoiate mancano a qualcuno. Se non le donate quelle ore marciranno e non vi renderanno felici. Io esisto per gridare a tutti quelli che vivono di notte, che quelle notti mancano a qualcuno che è solo" (sapete che alla fine dell'estate a Parigi hanno fatto il funerale a 66 persone che nessuno veniva più a ritirare. Neanche il cadavere. Il cardinale Lustiger ha scritto: "Morti per caldo o per solitudine?"). "Quelle notti mancano a qualcuno e se non le doneranno non saranno mai felici perchè ci sono tante lacrime non asciugate e quelle lacrime mancano a coloro che le possono asciugare e se non le asciugano non saranno felici perchè lo scopo della vita sta nel donarla, perchè Dio è amore".

Le stesse cose di Madre Teresa. E' morta dopo pochi mesi. L'hanno messa in una culletta del presepio, 58 cm alta, vissuta raggomitolata, e dietro la scritta: "Durante la vita si è offerta serenamente al Signore pur in grandi sofferenze, felice di vivere. Maria Respigo".

Come è vero allora il Vangelo! E come madre Teresa ce lo ha testimoniato che è vero... con la sua vita. Chi non ama non conosce Dio, perchè Dio è amore. E se non conosci Dio non conosci la gioia.

Non voglio andare oltre; si potrebbe parlare tantissimo ma l'essenziale è questo e io mi auguro che entri nel vostro cuore questa certezza: che soltanto amando si conosce Dio e soltanto conoscendo Dio si è felici. Il segreto della gioia sta nel dare la vita per essere in comunione con Dio.

Fonte: Korazym (http://www.korazym.org/news1.asp?Id=3468)

Augustinus
25-08-07, 11:11
Le lettere segrete di Madre
Teresa: "Non sento più Dio"

«Il silenzio e il vuoto sono così grandi che guardo e non vedo, ascolto e non sento»

NEW YORK

Madre Teresa di Calcutta passò i suoi ultimi cinquant’anni di vita tormentata da una profonda crisi spirituale che la portò a dubitare perfino dell’esistenza di Dio.
La rivelazione arriva dalla corrispondenza che la monaca di origini albanesi tenne per 66 anni con alcuni suoi confessori e superiori. «Gesù ha un amore molto speciale per te», scrive Teresa al reverendo Michael van der Peet nel settembre del 1979, tre mesi prima di essere insignita del Premio Nobel per la Pace, «quanto a me, il silenzio e il vuoto sono così grandi che guardo e non vedo, ascolto e non sento». «Ho parlato come se il mio stesso fosse innamorato di Dio, di un amore tenero e intimo, se mi avessi sentito avresti detto ’Che ipocrita!’», si legge in una lettera indirizzata a un consigliere.

Dopo la morte il 5 settembre del 1997, Teresa è stata beatificata ma non si è ancora concluso il processo di canonizzazione. Le lettere, che saranno pubblicate il 4 settembre negli Stati Uniti con il titolo «Mother Teresa: come be my light» («Madre Teresa: vieni a farmi luce»), contengono diversi passaggi che documentano dubbi e incertezze sulla fede, anche se difficilmente nuoceranno alla causa per la canonizzazione, dal momento che la storia della Chiesa è piena di santi dalla spiritualità tormentata. Stando a un portavoce della casa editrice, la religiosa non voleva che fossero pubblicate, ma il Vaticano ha disposto che fossero conservate in caso di canonizzazione.

Fonte: La Stampa, 25.8.2007 (http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200708articoli/25088girata.asp)

Augustinus
25-08-07, 11:13
Padre Brian: "Lei voleva distruggere le lettere, non ho potuto obbedire"

Il sacerdote ha pubblicato le sue carte

PABLO TRINCIA

NEW DELHI

Si è ritrovato tra le mani le lettere private che svelano l’animo tormentato di una donna diventata icona di santità e di altruismo nel mondo. Si è chiesto cosa farne. E, alla fine, ha deciso di pubblicarle. Padre Brian Kolodiejchuk, portavoce delle Missionarie della Carità, l’ordine fondato da Madre Teresa di Calcutta, è l’autore del libro «Come be my light», che uscirà il 4 settembre, un giorno prima del decimo anniversario della morte della piccola suora albanese. Il missionario, che oggi vive a Tijuana, in Messico è anche postulatore della causa di canonizzazione di Madre Teresa. Il suo libro è destinato a far discutere a lungo.

Padre Brian, nel suo libro compaiono alcune lettere inedite che svelano uno dei lati più intimi e umani della fede di Madre Teresa.
«È vero. Pochi anni dopo quello che lei stessa ha definito il suo periodo di ispirazione, Madre Teresa ha vissuto un lungo periodo di oscurità interiore che si è protratto fino alla fine dei suoi giorni. Tutto è cominciato tra il 1949 e 1950. In quel periodo la fondatrice dell’ordine dei Missionari della Carità confida di non avvertire la presenza di dio. Ovvero, di sentirsi unita ad esso, ma di non riuscire a percepire nulla. Questo inizialmente l’ha turbata profondamente».

Come ha affrontato questa crisi?
«Ha semplicemente imparato a conviverci e ad accettarla come una sfida posta dalla fede. Nel 1958 Madre Teresa racconta di aver superato questo momento di crisi per circa un mese, salvo ricadere di nuovo nell’oscurità. Poi ad aiutarla c’è stato Padre Neuner, con il quale si confidava. Nel 1961, Neuner le ha fatto capire una cosa fondamentale: quell’oscurità e quell’incertezza che la spaventavano in realtà rappresentavano la vera parte spirituale del suo lavoro e della sua opera».

Madre Teresa tuttavia aveva chiesto che le lettere fossero distrutte. Perché le ha volute pubblicare?
«Perché sono un documento unico e importante. Ci siamo consultati a lungo, all’interno dell’ordine, prima di decidere cosa farne. Poi abbiamo deciso di renderle pubbliche. Il mondo è abituato a conoscere Madre Teresa attraverso la sua santità. Queste lettere raccontano la sua profondità, il suo aspetto umano, la sua capacità di affrontare le situazioni più difficili. Quanti, dopo aver vissuto un’esperienza simile, avrebbero avuto la forza di andare avanti lo stesso a fare quello che ha fatto?».

Pensa dunque che questa sua esperienza possa insegnare qualcosa anche agli altri membri dell’ordine che hanno seguito la sua strada?
«Assolutamente. Pubblicare queste lettere private serve anche a indicare agli altri membri dell’ordine come gestire i momenti di buio o di crisi spirituale, nel corso di una vita non facile al servizio dei più poveri. In una di queste lettere Madre Teresa lo spiega, rivolgendosi alle sue consorelle. La sfida più difficile non va combattuta là fuori, ma dentro ognuno di noi».

Però lei le ha pubblicate in un libro che esce proprio il giorno del decennale della morte. Una coincidenza o un’astuta operazione commerciale?
«Mi creda, non si tratta di un’operazione commerciale, ma di una serie di coincidenze. Quelle lettere sono venute fuori solo di recente. È stato l’arcivescovo di Kolkata (Calcutta) a farmele avere. Ci è voluto molto tempo per trovarle».

Dieci anni dopo la morte di Madre Teresa, cosa è cambiato per il vostro ordine? Gli aiuti sono diminuiti o ricevete lo stesso supporto di quando lei era ancora viva?
«Le bastino alcuni dati. Nel 1997, quando è morta Madre Teresa, l’ordine contava 3800 suore della carità. Ora sono quasi cinquemila. I centri aperti nel mondo erano 554. Oggi ce ne sono duecento in più. Non siamo mai stati abbandonati».

Fonte: La Stampa, 25.8.2007 (http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200708articoli/25092girata.asp)

Augustinus
25-08-07, 13:36
L’EPISTOLARIO

L’ultimo appello al suo confessore «Per favore, distruggi tutti quei testi»

«La salvezza delle anime non mi attrae, il Paradiso non significa nulla...»
Di seguito pubblichiamo alcuni stralci delle lettere di Madre Teresa di Calcutta ora raccolte in un libro che verrà pubblicato a settembre con il titolo «Come be my light»

IL TORMENTO
«Io non ho niente»

Per che cosa mi tormento? Se non c’è alcun Dio non c’è neppure l’anima, e allora anche tu, Gesù, non sei vero... Io non ho alcuna Fede. Nessuna Fede, nessun amore, nessuno zelo. La salvezza delle anime non mi attrae, il Paradiso non significa nulla... Io non ho niente, neppure la realtà della presenza di Dio
(all’arcivescovo di Calcutta Ferdinand Périer, 1956)

L’AGONIA
«Una pena sconosciuta»

Signore, mio Dio, perché mi hai abbandonato? Io ero la figlia del Tuo amore, divenuta ora la più odiata, quella che Tu hai respinto, che hai gettato via come non voluta e non amata. Io chiamo, io mi aggrappo, io voglio, ma non c’è Alcuno che risponda. Nessuno, nessuno. Sola... Dov’è la mia Fede? Perfino quaggiù nel profondo, null’altro che vuoto e oscurità. Mio Dio, come fa male questa pena sconosciuta... Io non ho Fede. Non oso esprimere le parole e i pensieri che si affollano nel mio cuore e mi fanno soffrire un’agonia indicibile. Ho dentro di me così tante domande senza risposta che temo di rivelarle per paura di dire una bestemmia: se ciò accadrà, mio Dio, Ti prego perdonami, quando cerco di elevare il mio pensiero al cielo, è così schiacciante il vuoto, che quegli stessi pensieri ritornano come pugnali acuminati e feriscono la mia anima. Mi vien detto che Dio mi ama. E tuttavia la realtà dell’oscurità, e del freddo e del vuoto, è così grande, che nulla tocca la mia anima. Che abbia fatto un errore, nell’arrendermi così ciecamente alla Chiamata del Sacro Cuore?
(rivolta a Gesù su consiglio di un confessore, senza data)

LA DOMANDA
«Non farai questo per Me?»

Gesù: Rifiuterai di fare questo per Me? Sei diventata la Mia sposa per amor Mio, sei andata in India per Me. la tua sete di anime ti ha portato così lontano. Adesso hai paura di fare ancora un altro passo per Me — per il tuo sposo, per le tue anime? La tua generosità si è così raffreddata? Non sono più il Primo per te? Teresa: Gesù mio, io sono solo Tua. Non so cosa dire ma Tu fai di me ciò che vorrai, se e per quanto lo vorrai. Maperché non posso essere una perfetta suora qui, perché non posso essere come tutti gli altri? Gesù: Io voglio suore indiane, Missionarie della carità, che siano il fuoco del mio amore tra i poveri, i malati, e i bambini. Tu, lo so, sei la persona più incapace, debole e peccatrice ma proprio per questo voglio usare te per la Mia gloria. Potrai rifiutarti?
(da un dialogo-preghiera raccontato all’arcivescovo di Calcutta Ferdinand Périer, gennaio 1947)

LA RESA
«Accetto tutto fino alla fine»

Se questo Ti dà gloria, se porta a Te le anime, io accetto tutto con gioia fino alla fine della mia vita
(a Gesù, senza data)

IL SILENZIO
«Ascolto, ma non sento»

Il silenzio e il vuoto sono così grandi che guardo ma non vedo, ascolto ma non sento
(al reverendo Michael Van der Peet, suo padre spirituale, settembre 1979)

LA RICHIESTA
«Distruggi ogni cosa»

Per favore distruggi tutte le lettere e ogni cosa che ho scritto
(al cardinale Lawrence T. Picachy, suo confessore, aprile 1959)

Fonte: Corriere della sera, 25.8.2007 (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/08_Agosto/25/epistolario.html)

Augustinus
25-08-07, 13:41
Un libro, rivisto dal postulatore della causa di canonizzazione, racconta il lato meno conosciuto della missionaria di Calcutta

«Non trovo Cristo» Mezzo secolo di dubbi sulla fede

Nelle lettere di Madre Teresa i tormenti più intimi «C’è un buio terribile in me, ed è così da sempre»

LONDRA — Cristo, ripeteva, è ovunque: «Nei nostri cuori, nei poveri che incontriamo, nel sorriso che offriamo e in quello che riceviamo». Colui che non abbandona, che riempie ogni vuoto. Diceva sempre così, agli altri, rassicurando chi più dubitava. Ma per lei, Madre Teresa di Calcutta, Cristo era egli stesso il vuoto, «Gesù, l’Assente», colui che sempre tace. Per oltre metà della sua vita, un solo grido: «Mi hai respinto, mi hai gettato via, non voluta e non amata. Io chiamo, io mi aggrappo, io voglio, ma non c’è Alcuno che risponda. Nessuno, nessuno. Sola... Dov’è la mia Fede... Perfino quaggiù nel profondo, null’altro che vuoto e oscurità —Mio Dio—come fa male questa pena sconosciuta... Per che cosa mi tormento? Se non c’è alcun Dio non c’è neppure l’anima, e allora anche tu, Gesù, non sei vero... Io non ho alcuna Fede. Nessuna Fede, nessun amore, nessuno zelo. La salvezza delle anime non mi attrae, il Paradiso non significa nulla... Io non ho niente, neppure la realtà della presenza di Dio». E si riferiva alla presenza divina più misteriosa, quella nell’ostia consacrata dell’Eucaristia, il perno della fede cattolica: ne parlava così, lei che era conosciuta come la piccola donna con la fede più grande del mondo. Spiegava agli altri, Madre Teresa: «La mia anima è in uno stato di perfetta gioia e di pace». Ma quella stessa anima, nei suoi pensieri più intimi, e anche nei giorni in cui meritava con la sua fede il premio Nobel per la Pace, la descriveva poi come «un blocco di ghiaccio», abbandonata in una «terribile oscurità», «nell’aridità spirituale», fra «le torture della solitudine»: che però mai la piegarono fino a farle abbandonare la sua missione. Per oltre 50 anni, è stato così: non la fugace crisi spirituale, durata pochimesi, di cui già avevano parlato i biografi, rievocando anche l’esorcismo cui Madre Teresa era stata sottoposta da un sacerdote.Mamolto di più e di più profondo, un cammino di decenni sull’orlo del precipizio, simile alla «Notte oscura» di San Giovanni della Croce, o alla ricerca indomabile del «Deus absconditus», il Dio nascosto di Blaise Pascal. Tutto questo rivelano 60 lettere a vari confessori di Madre Teresa, come Michael van Peet o Joseph Neuner, ora raccolte in un libro che verrà pubblicato a settembre, con il titolo «Come be my light». Testi che qualcuno già paragona alle Confessioni di Sant’Agostino o ai tormenti di santa Teresa di Lisieux, che sul letto di morte mormorava: «Non credo alla vita eterna...».
«Per favore, distruggete quelle lettere», aveva chiesto un giorno la missionaria di Calcutta, che oggi è beata e presto sarà santa. Ma lo stesso «giudice» nominato dal Vaticano, cioè il reverendo Brian Kolodiejchuk postulatore della causa di canonizzazione, ha rivisto quei testi; e ha deciso che valesse la pena di correre il rischio dello «scandalo». Primo, perché si è ritenuto che ai lettori credenti, o anche no, sarà comunicato—più che la tentazione scorante del dubbio — il conforto di un esempio condiviso: del sapere cioè che anche una santa ha dovuto lottare tanto, e non si è arresa. Secondo, perché la stessa Madre Teresa, nelle sue lettere, indica la luce nel buio: se il Cristo senza peccato, sulla Croce, grida «Dio mio, perché mi hai abbandonato? », anche lei può e deve condividere la stessa pena, lei che scrive «Voglio amare Gesù come non è mai stato amato da nessuno finora», o «Se mai diventerò una santa, sarò di sicuro una santa dell’oscurità. Continuerò ad essere assente dal Paradiso, per dar luce a coloro che sono nell’oscurità sulla terra. Voglio soffrire per tutta l’eternità, se è possibile».
Tuttavia, la prova si dimostra durissima: «Il sorriso è una maschera, un mantello che copre il resto. Ho parlato come se il mio cuore fosse stato innamorato di Gesù, un amore tenero, personale; ma se lei (padre, ndr) fosse stato qui, avrebbe detto: che ipocrisia! ». «C’è un’oscurità terribile in me, come se ogni cosa fosse morta. Ed è stato più o meno così da quando ho cominciato il mio lavoro»; «sono nel tunnel... »; «mormoro le preghiere della Comunità emi sforzo per trarre da ogni parola la dolcezza che essa deve regalare, ma la mia preghiera di unione non esiste più, io non prego più». «Mi dica, padre, perché c’è tanta pena e tanto buio nel mio cuore?»; «quando cerco di elevare il mio pensiero al cielo, è così schiacciante il vuoto, che quegli stessi pensieri ritornano come pugnali acuminati e feriscono la mia anima. Mi vien detto che Dio mi ama. E tuttavia la realtà dell’oscurità, e del freddo e del vuoto, è così grande, che nulla tocca la mia anima. Che abbia fatto un errore, nell’arrendermi così ciecamente alla Chiamata del Sacro Cuore?». Troverà da sola la risposta, o una delle possibili risposte: «Sono giunta ad amare il buio—poiché credo adesso che sia parte, una piccolissimaparte, del buio e della sofferenza di Gesù sulla terra... Oggi sento davvero una gioia profonda — che Gesù non possa soffrire più oltre la sua agonia —ma che voglia soffrirla attraverso di me».

Luigi Offeddu

Fonte: Corriere della sera, 25.8.2007 (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/08_Agosto/25/calcutta.html)

Augustinus
25-08-07, 13:43
Esce il 4 settembre negli Stati Uniti un volume che raccoglie 40 lettere inedite della religiosa
Un ritratto sorprendente della beata: per 50 anni ha vissuto una profonda crisi spirituale

Le crisi di fede di Madre Teresa raccontate in un libro negli Usa

La suora: "Cerco Gesù e non lo trovo. Provo ad ascoltarlo e non lo sento"

http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/persone/madre-teresa-crisi/madre-teresa-crisi/este_24193946_53130.jpg

NEW YORK - Anche la fede più salda può conoscere il tormento e la sofferenza del dubbio. L'11 dicembre del 1979 Madre Teresa di Calcutta riceveva il Premio Nobel per la Pace. Vestita con il suo saio bianco bordato di azzurro e con ai piedi gli umili sandali sfidava il freddo di Oslo. Sfidava, soprattutto, il freddo "spirituale" di quanti la ascoltavano, pronunciando parole sferzanti per denunciare la crisi morale dell'Occidente:"Non è abbastanza per noi dire che amiamo Dio, se poi non amiamo il nostro prossimo".

Meno di tre mesi prima, in una lettera a un confessore spirituale, il reverendo Michael van der Peet, sempre la religiosa scriveva:"Gesù ha un amore molto speciale per te. Ma per me, il silenzio e il vuoto è così grande che io lo cerco e non lo trovo, provo ad ascoltarlo e non lo sento".

Due discorsi così vicini nel tempo (appena 11 settimane) eppure così dissonanti. Il primo, consono alla donna che il mondo ha conosciuto. Il secondo, testimonianza innegabile di un dramma esistenziale. Insieme resituiscono un ritratto sorprendente di una delle grandi icone del secolo scorso. La santa, le cui opere sembravano indissolubilmente legate alla vicinanza a Dio, non riusciva più ad incontrarlo nel suo vissuto privato.

Il libro "Mother Teresa: Come Be My Light", in uscita il 4 settembre prossimo negli Stati Uniti, di cui il settimanale "Time" anticipa alcuni estratti, per la prima volta pubblica la corrispondenza tra la missionaria e i suoi confessori e superiori, in un arco temporale di 66 anni. Le lettere, molte delle quali pubblicate contro la sua volontà (aveva richiesto che fossero distrutte), rivelano la crisi spirituale della religiosa nell'ultimo cinquantennio della sua vita, durante il quale non avvertiva la presenza di Dio. Padre Brian Kolodiejchuk, editore e curatore del libro, scrive che "non sentiva la presenza di Dio né nel suo cuore né nell'eucaristia".

Una crisi cominciata proprio nel tempo in cui Madre Teresa si trasferì a Calcutta per occuparsi dei poveri e dei moribondi e che non l'abbandonò mai fino alla morte. In molte delle 40 lettere, la missionaria lamenta "l'aridità", "l'oscurità", e "la solitudine" che attraversava. "Il sorriso - scriveva - è una maschera o un mantello che copre ogni cosa". E non le sfuggiva la discordanza del suo vissuto privato con la sua figura pubblica: "Parlo come se il mio cuore fosse innamorato di Dio, un amore delicato, personale".

Il libro non è certo un lavoro di qualche giornalista antireligioso: Kolodiejchuk è da molti anni membro delle Missionarie della Carità, nonchè postulatore della causa di canonizzazione di Madre Teresa. Le lettere raccolte faranno parte del materiale che servirà alla causa.

Quel che è certo è che l'imminente pubblicazione del volume (nel decimo anniversario della morte della religiosa) ha già acceso un animato dibattito. Critiche sono piovute dagli ambienti atei statunitensi. "È la riprova che la religione è una invenzione umana" ha commentato Christopher Hitchens, autore di "The Missionary Position" e di "God is not Great" , libri sarcastici in difesa dell'ateismo. Ma come sottolinea Kolodiejchuk "l'incapacità di percepire Cristo nella sua vita non significava certo che Lui non ci fosse. È proprio quest'assenza una parte del dono divino che le ha consentito di portare avanti il suo grande lavoro".

Fonte: Repubblica, 24.8.2007 (http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/persone/madre-teresa-crisi/madre-teresa-crisi/madre-teresa-crisi.html)

Augustinus
26-08-07, 12:42
Madre Teresa, uno scoop lungo 5 anni

di Andrea Tornielli

Le notizie provenienti d’Oltreoceano, si sa, hanno sempre un tocco di autorevolezza in più. Se poi c’è di mezzo addirittura «un’anticipazione» del Time, la questione si fa davvero seria. Ed ecco che lo scoop sulle «lettere inedite» che rivelano la «notte oscura» di Madre Teresa di Calcutta, il «vuoto spirituale» che per decenni ha attanagliato la religiosa vicina ai più poveri tra i poveri, rilanciata dalle agenzie internazionali, ottiene l’onore di molte prime pagine anche in Europa e in Italia, con immancabili ricadute nei Tg di casa nostra. In sintesi: un nuovo libro avrebbe «gettato ombre» sulla figura della suorina di origine albanese, nata Agnese Gonxha Bojaxhiu, morta nel settembre di dieci anni fa e beatificata a tempo record da Papa Wojtyla nel 2003. Un «libro-choc» curato nientemeno che dal postulatore del processo canonico, nel quale sarebbero state finalmente «rivelate» missive spedite da Madre Teresa al direttore spirituale in un arco di oltre cinquant’anni e dalle quali emerge «l’assenza di Dio» di cui fu vittima la futura beata. Attenzione: è tutto vero. Quelle lettere esistono e raccontano proprio questa prolungata aridità spirituale, un’esperienza peraltro vissuta da molti altri santi, in particolare mistici, come Teresa d’Avila e Giovanni della Croce. Le presunte «ombre», che hanno fatto ripetere in queste ore a qualche ateo che «la religione è un’invenzione umana» provocando qualche insinuazione su una presunta doppiezza di Madre Teresa, non sono affatto «ombre» ma sono invece prove ben conosciute, che i teologi ritengono consentite da Dio per purificare certe anime. Appartengono infatti alla biografia di uomini e donne elevati all’onore degli altari dalla Chiesa cattolica nel corso della sua storia.

Dove sta, allora, il problema? Sta nel fatto che la presunta «rivelazione» era già nota da ben cinque anni. Quelle lettere, agli atti della causa di beatificazione di Madre Teresa (lei avrebbe desiderato venissero bruciate), erano state visionate e rese pubbliche da un giornalista italiano, Saverio Gaeta, nel libro «Il segreto di Madre Teresa» (Edizioni Piemme, 2002), dal significativo sottotitolo: «Il diario e le lettere inedite dei colloqui con Gesù riportati alla luce dal processo di beatificazione». Già allora si parlò ampiamente della «notte oscura». Già cinque anni fa, dunque, si discusse largamente dei dubbi che accompagnarono l’intera l’esistenza della piccola grande religiosa e non soltanto qualche raro o passeggero momento di buio. Già allora vi furono titoli sui quotidiani, ampi servizi sui rotocalchi nostrani e persino, nel dicembre di quell’anno, un’intera serata televisiva di approfondimento dedicata proprio su questo argomento nella trasmissione «Excalibur» condotta da Antonio Socci su Raidue. Dubbi e tormenti, aridità spirituale furono esperienze così costanti nella vita della beata Madre Teresa che la religiosa, già in età avanzata, venne persino sottoposta a dei riti di benedizione molto vicini all’esorcismo, come si leggeva fin da allora negli articoli pubblicati dai quotidiani italiani.

Il «lancio» in grande stile del nuovo volume, curato da padre Brian Kolodiejchuk e intitolato «Mother Teresa: Come Be My Light», in uscita il 4 settembre negli Stati Uniti, ha dunque fatto fare il giro del mondo a una notizia vecchia di cinque anni, peraltro rintracciabile sul Web in un saggio messo online dallo stesso padre Brian un anno dopo l’uscita del libro di Gaeta, in occasione della beatificazione del 2003, dov’era nuovamente e puntualmente descritta con dovizia di citazioni proprio la lunghissima crisi spirituale di Madre Teresa. Queste righe possono rappresentare un utile promemoria per i nostri lettori, quando, fra due o tre anni, forse in occasione della canonizzazione della beata, risentiranno parlare di lettere «inedite» sulla «santa che dubitava di Dio», magari questa volta «rivelate» da un’anticipazione di Newsweek.

Andrea Tornielli

Fonte: Il Giornale, 26.8.2007 (http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=201546)

Augustinus
27-08-07, 18:14
Madre Teresa

La notte oscura della beata

Càpita, quando si tratta di persone e di eventi religiosi: un certo sistema mediatico sembra cadere in trappole fatte di equivoci, di insufficiente informazione, di titoli forzati. Succede, in questi giorni, per Agnese Gonxha di Bojaxhiu, in religione Teresa di Calcutta, beata, fondatrice delle Missionarie della Carità, Nobel 1979 per la pace. Saltando, su Internet, da un quotidiano a un altro, si constatava ieri che molte home pages sembravano adeguarsi a quella di un autorevole quotidiano spagnolo che titolava, vistosamente: «Madre Teresa perdiò le fé». Il flash di una delle maggiori agenzie internazionali iniziava con un apodittico: «Un libro-rivelazione getta ombre sulla fede di una delle icone del mondo cattolico». Fuorvianti anche molti servizi televisivi. Va detto - per oggettività e non per patriottismo di testata - che i lettori del Corriere sono stati i meglio informati, grazie al pezzo equilibrato e preciso di Luigi Offeddu. Ma poiché la beata Teresa è tra le figure più venerate, a livello popolare mondiale (una sorta di Padre Pio al femminile, ha detto qualcuno) varrà forse la pena di fare alcune osservazioni, a beneficio della verità e ad aiuto dello sconcerto di molti. Innanzitutto: già cinque anni fa, nel 2002, Saverio Gaeta, caporedattore di Famiglia cristiana, pubblicava presso Piemme un bel libro - Il segreto di Madre Teresa - dove un capitolo ha per titolo «La fede si scontra con la "notte oscura"». Pagine informatissime, dove è narrato ed esaminato per filo e per segno quel «silenzio di Dio» che a lungo tormentò Madre Teresa e che espresse più volte in lettere ai suoi consiglieri spirituali. Anche quanto viene ora pubblicato in America, ed è presentato dai press-agents dell' editore come «sensazionale rivelazione», era ben noto, innanzitutto alle équipe che hanno lavorato per anni, con impegno quasi maniacale (come avviene per ogni causa di beatificazione e di canonizzazione) al processo che ha condotto sugli altari la suora albanese. Non c' è dunque alcuna «ombra» che soltanto ora viene scoperta con imbarazzo, tutto era stato valutato e soppesato in varie istanze processuali e sta negli Atti di migliaia di pagine che ciascuno può consultare all' archivio della Congregazione per i Santi. Del resto, tra i curatori del Come, be my light, il libro in uscita in America, c' è innanzitutto lo stesso Postulatore della causa, che ben precisa che non si tratta di trouvailles impreviste e magari imbarazzanti, bensì di documenti conosciuti, anche se pubblicati per la prima volta nella loro integrità non per una Positio canonica ma per un vasto pubblico. Ma poi: da molto di ciò che si dice e si legge nel media system traspare una non conoscenza della dinamica della vita cristiana. Tra i «luoghi comuni» della mistica sta quello che san Giovanni della Croce e Teresa d' Avila hanno chiamato «la notte dello spirito». Offeddu citava ieri, a ragione, anche il «Dio che si cela» di Pascal. Sono le tenebre dei periodi di aridità spirituale, di desolazione, di mancanza di gusto per la preghiera, di impressione di lontananza o addirittura di assenza di Dio. Un' esperienza che ogni credente conosce, un «quadro clinico» che appare nella vita di molti santi, anche veneratissimi come Teresina di Lisieux. In Novo millennio ineunte, il documento di Giovanni Paolo II per il Giubileo del Duemila, si parla di «quegli stati terribili di prova che la tradizione mistica chiama "notte oscura"». Aggiunge il Papa: «Non rare volte i santi hanno vissuto qualcosa di simile all' esperienza di Gesù sulla croce». Precisa allusione al grido che sembra disperato (mentre è l' inizio del salmo 22 , che finisce in una gioiosa riaffermazione di fede): «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Ciò di cui patì la beata Teresa è ciò che la lega alla ininterrotta catena della santità. Anzi, poiché i processi di canonizzazione sono tesi ad accertare che le virtù cristiane siano state vissute «in modo eroico», la conferma dell' «eroismo» di quella piccola-grande donna viene proprio dall' avere vissuto sino in fondo l' amore evangelico senza, spesso, essere sorretta dal conforto di una fede sensibile. Così hanno giudicato coloro che l' hanno proclamata beata, osservando anzi - ammirati - che Madre Teresa condivise, con gli ultimi tra gli ultimi, non solo la povertà materiale ma anche, in certo modo, quella spirituale. Proprio per questo sembra più che mai ingiustificata una certa faziosità che appare in alcuni commenti. Le agenzie parlavano, ieri, delle grida di esultanza dei leader delle potenti associazioni americane di atei, agnostici, razionalisti: «Che la fede sia una illusione, un mito impresentabile, è confermato anche da questa presunta "santa" così cara a papa Wojtyla. Non ci credeva neppure lei. Pretendono che ci crediamo noi?». Una sciocchezza, per chi sappia che cosa sia l' atto di fede, dove le «consolazioni interiori», il «gusto spirituale» sono doni che Dio può concedere o meno. Ma, se mancano, non per questo viene meno la fede: anzi, essa è ancor più meritoria e, al termine della purificazione, di solito riesplode rinsaldata. Come mostrò, nei fatti, la suora di Calcutta nel suo povero sari in bianco ed azzurro: i colori della madre di quel Gesù che, se le negò talvolta il «gusto» del Vangelo, le concesse in modo sovrabbondante la sostanza.

Messori Vittorio

Fonte: Corriere della sera, 26.8.2007 (http://www.et-et.it/articoli2007/a07h26.htm)

Augustinus
27-08-07, 19:20
Padre Cantalamessa: la “notte oscura” di Madre Teresa, una specie di “martirio”

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 27 agosto 2007 (ZENIT.org).- La “notte oscura” che ha vissuto Madre Teresa di Calcutta, documentata da un libro appena pubblicato, è stata per lei una specie di “martirio” dovuto alla “presenza-assenza” di Dio, spiega padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap..

Il predicatore della Casa Pontificia ha commentato la pubblicazione di lettere inedite della beata, raccolte nel volume “Mother Teresa: come be my light”, curato da padre Brian Kolodiejchuk, postulatore della causa di canonizzazione della religiosa, a dieci anni dalla sua morte.

In una sua lettera, Madre Teresa dice: “C’è tanta contraddizione nella mia anima, un profondo anelito a Dio, così profondo da far male; una sofferenza continua, e con ciò il sentimento di non essere voluta da Dio, respinta, vuota, senza fede, senza amore, senza zelo ... Il cielo non significa niente per me: mi appare un luogo vuoto!”.

“Questa sofferenza lancinante, che dava il vuoto di Dio, è il segno che si tratta di un fenomeno positivo”, spiega padre Cantalamessa in un’intervista concessa alla “Radio Vaticana”.

“Si tratta di una presenza-assenza – aggiunge il sacerdote cappuccino –: Dio è presente ma non lo si sperimenta”.

“Il fatto che Madre Teresa potesse stare ore davanti al Santissimo, come dicono i testimoni che l’hanno vista, quasi rapita... se uno pensa in che condizioni lei stava lì, quello è un martirio!”, sottolinea.

“Quello è un vero martirio, perché per chi non sente Dio e sente quel vuoto, stare ore ferma davanti al Santissimo è veramente stare in mezzo alle fiamme”, aggiunge.

“Ed è strano che qualcuno si meravigli di questi scritti di Madre Teresa o addirittura pensi che chi li sta pubblicando, che debba superare delle perplessità, che la gente si scandalizzi”, confessa.

“Perché questo, per me, ingigantisce la figura di Madre Teresa; non la diminuisce”.

“Gli atei ‘normali’, comuni, non si affliggono per l’assenza di Dio; per Madre Teresa, questa era la prova più terribile che potesse vivere”.

“Io credo che Madre Teresa abbia veramente la statura dei ‘grandissimi’ nella santità cristiana, proprio anche per questa capacità di nascondere questi fenomeni, di viverli personalmente nel più intimo del cuore!”.

“Forse, proprio in espiazione di questo ateismo dilagante che c’è nel mondo di oggi, perché in fondo Madre Teresa ha vissuto in positivo, con fede, da parte di Dio, questo vivere come se Dio non esistesse”, afferma.

La “notte oscura”, spiega padre Cantalamessa, “è qualcosa che è molto noto nella tradizione cristiana; forse nuovo, inedito nella forma che ha avuto in Madre Teresa”.

“Perché mentre ‘la notte oscura dello spirito’ di San Giovanni della Croce è un periodo generalmente preparatorio a quello definitivo che si chiama ‘unitivo’, per Madre Teresa sembra che sia stato uno stato stabile, da un certo momento della sua vita, quando ha incominciato questa grande opera di carità, fino alla fine”.

“A mio parere, anche questo fatto di questo prolungamento della ‘notte’ ha un significato per noi, oggi. Io credo che Madre Teresa sia la santa dell’era mediatica, perché questa ‘notte dello spirito’ l’ha protetta dal diventare vittima dei media, cioè dall’esaltarsi”, constata.

“Infatti, lei stessa diceva che di fronte ai più grandi onori e al clamore della stampa, lei non sentiva proprio nulla perché viveva questo vuoto interiore. Quindi, era una specie di... ‘tuta di amianto’, per attraversare l’era dei media”.

Fonte: Zenit, 27.8.2007 (http://www.zenit.org/article-11676?l=italian)

Augustinus
31-08-07, 19:34
Il segreto di Madre Teresa

Secondo il postulatore della sua causa di beatificazione

ROMA, venerdì, 31 agosto 2007 (ZENIT.org).- Quale era il segreto di Madre Teresa di Calcutta? Padre Brian Kolodiejchuk, postulatore della causa di beatificazione, risponde semplicemente: “Era una donna totalmente innamorata di Gesù”.

Padre Kolodiejchuk, uno dei tre fondatori del ramo sacerdotale dei Missionari della Carità, aveva rivelato a ZENIT, in una intervista pubblicata dalla sezione inglese della nostra agenzia il 20 dicembre del 2002, alcuni aspetti della spiritualità della religiosa, che sono emersi in seguito alle approfondite ricerche, raccolte in 80 volumi.

In vista del decimo anniversario della morte di Madre Teresa, che cade il 5 settembre prossimo, abbiamo deciso di proporla per la prima volta ai lettori di lingua italiana.

Madre Teresa ha destato grande ammirazione nel mondo, per la sua dedizione ai più poveri dei poveri. Com'è stato possibile, per una donna fragile come lei, andare per le strade di Calcutta e del mondo per curare le piaghe dei lebbrosi e confortare i “pariah” delle nostre società moderne?

Padre Kolodiejchuk: Credo che l’elemento chiave della sua vita sia dato proprio dal fatto di essere una donna totalmente innamorata di Gesù. Abbiamo trovato scritti che risalgono alla sua giovinezza, in cui afferma che Gesù era il suo primo amore. Sono scritti in cui Teresa parla come una ragazza innamorata.

Per lei, dedicarsi ai più bisognosi, ai più poveri dei poveri, costituiva una risposta ad una chiamata. Persino nei momenti di maggiore buio, restava certa dell’autenticità della chiamata di Gesù. Era fermamente convinta di quella frase che spesso ripeteva: “opera di Dio”. Si sentiva come una penna nelle mani di Dio; come un suo strumento.

Ogni beatificazione è un messaggio rivolto al mondo. Qual è il messaggio che la Chiesa ha dato con la beatificazione di Madre Teresa?

Padre Kolodiejchuk: Il messaggio centrale è quello dell’amore. Amore verso Dio e non solo verso il prossimo.

Nel periodo in cui sentiva la chiamata a fondare la congregazione delle Missionarie della Carità, attraversava una forte prova interiore; un momento spirituale in cui non sentiva alcuna consolazione. Tuttavia, anche in questi momenti di prova, era l’amore a spingerla a rispondere alla sua missione.

In un’occasione in cui le è stato dato un riconoscimento pubblico, il Primo ministro Indiano Indira Gandhi ha pronunciato parole di questo tenore: “In questo mondo così frenetico è facile dimenticare le cose più essenziali. Madre Teresa ci insegna che l’amore è la cosa più essenziale”.

Allo stesso tempo, la sua vita è piena di esempi di amore per gli altri. Non solo per i poveri, ma per ogni persona che incontrava: le sorelle Missionarie della Carità, le persone che le facevano visita, ecc. In definitiva Madre Teresa ci lascia questo messaggio: fare le cose ordinarie con un amore straordinario.

Quando parlava alla gente che incontrava, diceva che questo atteggiamento non andrebbe riservato solo ai poveri. Diceva che era necessario iniziare amando i propri familiari, che sono in attesa di un incoraggiamento; amando chi ha bisogno di una parola di sostegno; regalando un sorriso ai bisognosi.

Abbiamo inoltre potuto constatare come anche la fede abbia rappresentato una delle virtù caratteristiche della sua persona, perché senza tale fede non sarebbe stato possibile amare in quel modo, dalla mattina alla sera, dormendo tre o quattro ore a notte, spendendo ogni giorno della propria vita in favore dei bisognosi.

Qual è stata la sfida più grande nel suo processo di beatificazione?

Padre Kolodiejchuk: Vi sono state due difficoltà particolari.

La prima è stata quella di trovare e raccogliere i materiali, le testimonianze, i fatti, provenienti da persone sparse in tutto il mondo. Nel processo abbiamo compilato più di 8.000 documenti, contenuti in 80 volumi di documentazione, con testimonianze e memorie scritte.

Nel processo sono intervenute 113 persone che hanno dato testimonianza della sua vita, delle sue virtù e della sua fama di santità. Tuttavia, centinaia di altre persone, impossibilitate a muoversi, hanno mandato la propria testimonianza. Non ci siamo voluti limitare a fare solo il lavoro essenziale. Abbiamo fatto molto di più del necessario, consapevoli del fatto che questo lavoro è utile a comprendere meglio la sua persona.

La seconda sfida è stata quella di stilare la “positio”, il documento che raccoglie tutte le testimonianze, le opere, i documenti, sui quali si basa la sua causa di beatificazione. Non è stato facile per via della grande quantità di materiale. Abbiamo potuto contare su una squadra eccezionale, composta da sacerdoti, religiose e laici, tutti volontari, che hanno reso possibile questo lavoro.

Avete scoperto aspetti inediti di Madre Teresa nello svolgimento di questa immensa ricerca?

Padre Kolodiejchuk: Abbiamo toccato con mano il fatto che la sua semplicità celava in realtà una profondità che pochi avevano compreso o persino immaginato.

Quando ha fondato le Missionarie della Carità, a 36 anni, dai suoi scritti emerge una maturità spirituale impressionante. Sapevamo che una persona con la sua fama mondiale di santità e con il suo straordinario carisma che esercitava, doveva avere qualcosa di speciale. Ma non sapevamo cosa. Il suo segreto era questo: la sua profondità, la sua vita spirituale, il suo amore anche nelle prove. Tutto questo è ora reso pubblico.

Si è parlato molto della “notte oscura” che Madre Teresa, come i mistici, ha attraversato in periodi importanti della sua vita. Di che cosa si tratta?

Padre Kolodiejchuk: I frutti spirituali vengono dal sacrificio, dalla croce. Prima di aver ricevuto l’ispirazione del suo lavoro, aveva già fatto esperienza di quel buio. Ma è importante tenere a mente che questa “notte”, questa sofferenza interiore, è il frutto della sua unione con Cristo, come è avvenuto con Santa Teresa di Gesù o con San Paolo della Croce.

Da un lato vi è l’unione con Gesù, alimentato dall’amore. E in questa unione, ella ha condiviso la sofferenza di Cristo che grida dalla croce: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”.

Per altro verso, questa “notte”, questa sofferenza, è anche derivante dall’apostolato, dall’amore per gli altri. Amando Cristo, Teresa ha fatto propria anche la sofferenza degli altri, la loro solitudine e anche la loro lontananza da Dio.

La “notte oscura” di Madre Teresa è dovuta quindi alla doppia dimensione dell’amore che le persone di fede vivono: in primo luogo l’amore “sponsale”, quello per Cristo, che li porta ad unirsi alle sue sofferenze; e in secondo luogo l’amore “redentore”, che porta alla condivisione nella redenzione, alla proclamazione agli altri dell’amore di Dio, così che anche essi possano scoprire la salvezza attraverso la preghiera e il sacrificio.

Pertanto, più che una prova di fede, era una prova d’amore. Più che soffrire della lontananza dell’amore di Gesù, ella soffriva per il suo desiderio di Gesù, la sua sete di Gesù, la sua sete di amore. E lo scopo della Congregazione è proprio quello di placare la sete di Gesù sulla croce attraverso il nostro amore per lui e la nostra dedizione alle anime.

Madre Teresa non solo ha condiviso la povertà fisica e materiale dei poveri. Ella ha anche provato la sete e il senso di abbandono della povera gente. Infatti, la povertà più grande è quella di non essere amati, di essere rigettati.

Alcuni giornali o agenzie stampa hanno tentato di negare il carattere miracoloso della guarigione che ha aperto le porte al processo di beatificazione di Madre Teresa di Calcutta. Qual è la storia vera?

Padre Kolodiejchuk: Il caso è quello di Monika Besra, una donna indiana che è stata guarita il 5 settembre 1998, giorno del primo anniversario della morte di Madre Teresa.

La donna soffriva di meningite tubercolare e aveva grandi cisti addominali originate dal suo ovaio destro. Questa grande massa cistica è scomparsa senza alcuna spiegazione medica, come è stato accertato dalla commissione scientifica che ha analizzato il caso.

È vero che la meningite tubercolare poteva essere guarita, come alcuni giornali hanno ricordato, con le medicine. Ma non è questo il miracolo. Il miracolo è che d’improvviso, dalla sera alla mattina, la donna è guarita inspiegabilmente dalla tumefazione.

Fonte: Zenit, 31.8.2007 (http://www.zenit.org/article-11713?l=italian)

Augustinus
02-09-07, 12:11
PERCHE’ SI CERCA DI ATTACCARE MADRE TERESA?

di Antonio Socci

Uno scoop che fa sorridere. Il settimanale “Time” lo anticipa e subito i giornali italiani gli vanno dietro. Prima pagina del Corriere della sera di ieri: “I tormenti di Madre Teresa: non trovo Cristo. Mezzo secolo di dubbi sulla fede”. Prima pagina della Stampa: “Teresa, la santa che dubitava di Dio”. Parrebbe clamoroso. In realtà la notizia è stravecchia e così è pure presentata a rovescio. Personalmente dedicai a questa straordinaria vicenda una puntata di “Excalibur” nel dicembre 2002 e non su una tv locale, ma su Rai 2, in prima serata, davanti a circa 3 milioni di telespettatori. Si parla di 5 anni fa. Dunque la notizia di ieri non è proprio freschissima…

Erano ospiti in studio un giovane indiano che, da bimbo abbandonato, era stato raccolto su una strada di Calcutta da Madre Teresa e da lei “adottato” e cresciuto come un vero figlio naturale. C’era poi Elisabetta Gardini, un missionario, padre Piero Gheddo, che era stato amico della suora. E c’era infine Saverio Gaeta, il giornalista che aveva appena pubblicato “Il segreto di Madre Teresa” (Piemme) il cui sottotitolo recitava: “Il diario e le lettere inedite dei colloqui con Gesù riportati alla luce dal processo di beatificazione”.

Adesso il libro che sta uscendo, “Come be my light”, torna sulla vicenda, ma non alza i veli su un “lato sconosciuto” della suora, come annuncia il Corriere, perché la cosa era nota. “La Stampa” titolando sulle “lettere segrete” mette in evidenza un brano (“il sorriso è una maschera o un mantello che copre ogni cosa”) che si trova già, ed espresso meglio, a pagina 95 del libro di Gaeta: “Il mio sorriso è un grande mantello che copre una moltitudine di dolori”.

Perché dei giornali importanti lanciano come scoop, come “lato sconosciuto della missionaria di Calcutta”, qualcosa su cui si discute da anni? Escludo che sia un caso di provincialismo. Escludo pure che non conoscano le buone regole del giornalismo che impongono di fare verifiche e di presentare un fatto con cognizione di causa. Ha prevalso forse un certo scandalismo estivo a buon mercato: la più celebre santa dei nostri tempi che sembra dire di non credere in Dio è ritenuta cosa divertente dal circo mediatico che ha ridotto il mondo a pettegolezzo. E questo spiega qualche superficiale tendenziosità dei giornali (si presenta Madre Teresa come una che diceva una cosa e ne sentiva un’altra). Taluno, in casa cattolica, denuncerà l’emergere qui della nota ostilità ideologica contro la Chiesa. Dirà che si è voluto dare un colpo pesante a una santa che è un simbolo del cattolicesimo per milioni e milioni di persone. Può darsi. Ma francamente dovrebbero dare qualche spiegazione anche gli ecclesiastici che hanno pubblicato un simile libro con questo lancio mediatico che non rende giustizia a Madre Teresa. Sarà stata ingenuità, ma la suora così è finita nel tritacarne scandalistico.

Al contrario il libro di Saverio Gaeta, che pure rese noti per primo i brani delle lettere sulla “notte oscura”, partiva anzitutto dalla rivelazione degli eventi soprannaturali che hanno dato inizio alla missione di Madre Teresa che, altrimenti, sarebbe del tutto inspiegabile (lei infatti era già una suora missionaria in India: insegnava in istituti per figlie delle famiglie facoltose). Le accadde dicevamo l’irruzione di Cristo nella sua vita. Si trattò di locuzioni interiori, cioè delle voci percepite di Gesù e di Maria e di almeno due visioni. Senza questo sensazionale antefatto non si comprende la “notte oscura”.

Dunque è il 1946 quando la giovane suora missionaria percepisce chiaramente questa voce dolce, appartenente a Gesù, che le dice: “Desidero suore indiane, vittime del mio amore, che siano Maria e Marta, che siano talmente unite a me da irradiare il mio amore sulle anime. Desidero suore libere, rivestite della mia povertà della Croce; desidero suore obbedienti, rivestite della mia obbedienza della Croce; desidero suore piene di amore, rivestite della carità della Croce. Rifiuterai di fare questo per me?”.

La Voce comincia a farsi sentire dal 10 dicembre 1946, “innanzitutto nei dieci giorni di ritiro spirituale che la religiosa trascorre nel convento di Darjeeling” scrive Gaeta “e poi per buona parte del 1947, la Voce si manifesta con sempre maggiore chiarezza. Gesù Cristo in persona le chiede la disponibilità ‘a lasciare tutto e a raccogliere intorno a sé alcune compagne per vivere la Sua vita, per svolgere il Suo lavoro in India’. E’ l’inizio di un serrato dialogo”.

Suor Teresa è chiamata da Gesù a lasciare il suo ordine e ad andare a vivere come i più poveri fra i poveri. Gesù le indica perfino il nome dell’opera che deve costruire: “Desidero suore indiane, Missionarie della Carità, che siano il mio fuoco d’amore tra i più poveri, gli ammalati, i moribondi, i bambini di strada. Voglio che tu conduca a me i poveri, e le suore che offriranno le loro vite come vittime del mio amore condurranno a me queste anime”. Ed ancora Gesù le dice: “Hai sempre affermato: ‘Fai di me ciò che vuoi’. Ora voglio agire. Lasciami fare, mia piccola sposa, mia piccola cara. Non temere, io sarò sempre con te. Tu soffrirai e stai soffrendo anche ora, ma se sei la mia piccola sposa – la sposa di Gesù Crocifisso - dovrai sopportare questi tormenti nel tuo cuore. Lasciami agire, non respingermi. Confida in me con amore, confida in me ciecamente”.

E infatti – dopo queste straordinarie grazie mistiche - Madre Teresa sarà attesa da 50 anni di aridità spirituale, di notte oscura (quella di cui dicevamo all’inizio), salvo brevi parentesi di sollievo. Chi può dire quale senso di abbandono e di buio sperimenti un’anima quando deve tornare nel mondo dopo essere stata abbracciata dalla bellezza di Dio stesso? E’ il sentirsi respinti e abbandonati da Dio, una sensazione drammatica che anche padre Pio descrive in tante sue lettere giovanili. E’ la “notte oscura” che hanno sperimentato anche gli altri mistici. Perché quando l’immedesimazione con Gesù Cristo raggiunge quelle vette, insieme ai doni soprannaturali della sua presenza e della sua bellezza, percepite in modo tangibile, Dio fa sperimentare anche il buio e la croce che visse Gesù.

Vuole infatti che le anime da lui privilegiate somiglino in tutto al Figlio. Se ne rende conto la stessa Madre Teresa quando scrive: “Per la prima volta in questi undici anni ho cominciato ad amare l’oscurità. Perché ora credo che essa sia una parte, una piccolissima parte, del buio e del dolore vissuto da Gesù sulla terra. Oggi ho davvero sentito una profonda gioia, perché Gesù non può più vivere direttamente l’agonia, ma desidera viverla attraverso di me. Mi abbandono a lui più che mai. Sì, più che mai sarò a sua disposizione”.

Questa è la fede eroica per cui Madre Teresa è stata elevata agli onori degli altare. Paradossalemnente la vicenda è un’occasione preziosa per riflettere sul cristianesimo. Che non è affatto un’attività sociale o umanitaria, né un sistema astratto di dottrine e di morale, né un ragionamento umano o una civiltà, né un insieme di riti o sentimenti. Ma è l’incontro con una persona, Gesù Cristo, che sceglie e chiama, senza alcun nostro merito. E’ l’appassionata e drammatica storia d’amore con lui, che si manifesta in modalità speciali nella vita dei mistici. Per tutti però il cristianesimo è l’avventura più straordinaria, perché attraverso questo cammino Dio divinizza le creature umane che gli dicono liberamente “sì”. Questo infatti è lo scopo della creazione (anche il nostro corpo sarà divinizzato). S. Agostino ha scritto: “Colui che era Dio si è fatto uomo, facendo dèi coloro che erano uomini”. E questa trasformazione, che s’intravede già nei santi, regala una felicità senza fine già sulla terra, ma passa sempre attraverso il Getsemani e la Croce. Anche per Madre Teresa.

Fonte: Libero, 26.8.2007

Augustinus
02-09-07, 13:29
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Augustinus
02-09-07, 13:43
Dio è ovunque e in ogni cosa e senza di Lui non possiamo esistere. Io non ho mai dubitato dell'esistenza di Dio, nemmeno per un momento, ma so che talune persone sono dubbiose. Se non credi in Dio, puoi aiutare gli altri facendo opere d'amore, e i frutti di queste opere saranno le grazie che entrano nella tua anima. Comincerai allora, lentamente, ad aprirti e a desiderare la gioia di amare Dio. (Madre Teresa)

Augustinus
02-09-07, 13:44
Poesia di MADRE TERESA

Non importa

L'uomo è irragionevole, illogico, egocentrico,
Non importa, amalo.
Se fai il bene, ti attribuiranno secondi fini egoistici,
Non importa, fa il bene.
Se realizzi i tuoi obiettivi, troverai falsi amici e veri nemici,
Non importa, realizzali.
Il bene che fai, verrà domani dimenticato,
Non importa, fa il bene.
L'onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile,
Non importa, sii franco e onesto.
Quello che per anni hai costruito può essere distrutto in un attimo,
Non importa, costruisci.
Se aiuti la gente, se ne risentirà,
Non importa, aiutala.
Dà al mondo il meglio di te, e forse ti prenderanno a calci,
Non importa, dà il meglio di te.

Do It Anyway

People are often unreasonable, irrational, and self-centered. Forgive them anyway.

If you are kind, people may accuse you of selfish, ulterior motives. Be kind anyway.

If you are successful, you will win some unfaithful friends and some genuine enemies. Succeed anyway.

If you are honest and sincere people may deceive you. Be honest and sincere anyway.

What you spend years creating, others could destroy overnight. Create anyway.

If you find serenity and happiness, some may be jealous. Be happy anyway.

The good you do today, will often be forgotten. Do good anyway.

Give the best you have, and it will never be enough. Give your best anyway.

In the final analysis, it is between you and God. It was never between you and them anyway.

Per la storia di questa poesia, v. Paradoxical People (http://www.paradoxicalpeople.com/paradoxicalpeople/the_mother_teresa_connection/index.html)

Augustinus
04-09-07, 20:46
Nel decennale del beato transito di Madre Teresa, riporto in rilievo il thread.

Aug. :) :) :)

Diaconus
04-09-07, 21:01
Resumen de algunas enseñanzas
de la Madre Teresa[1] (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=69011#_ftn1)

El aborto mata la paz del mundo...Es el peor enemigo de la paz, porque si una madre es capaz de destruir a su propio hijo, ¿qué me impide matarte? ¿Qué te impide matarme? Ya no queda ningún impedimento.

A todos los jóvenes les digo: Ustedes son el futuro de la vida familiar; son el futuro de la alegría de amar. Mantengan la pureza, mantengan ese corazón, ese amor, virgen y puro, para que el día en que se casen puedan entregarse el uno al otro, algo realmente bello: la alegría de un amor puro.

Pero, si llegaran a cometer un error, les pido que no destruyan al niño, ayúdense mutuamente a querer y a aceptar a ese niño que aún no ha nacido. No lo maten, porque un error no se borra con un crimen. La vida del fruto de ese amor pertenece a Dios, y ustedes tienen que protegerla, amarla y cuidarla. Porque ese niño ha sido creado a imagen y semejanza de Dios y es un regalo de Dios.

La vida de cada ser humano, como que ha sido creación de Dios, es sagrada y de infinito valor, porque El nos ha creado a todos nosotros, incluso al niño recién concebido. La imagen de Dios está en ese niño que aún no ha nacido.

Por eso, pienso que aquellas naciones que destruyen la vida legalizando el aborto son las más pobres, porque temen alimentar a un niño más y, por eso, agregan un cruel asesinato más a este mundo.

En Calcuta tratamos de combatir el aborto mediante la adopción. Me gustaría abrir muchos de estos centros para niños en los países que han aceptado el aborto. En los que tenemos por toda la India nunca tuvimos que rechazar a ningún niño, y todos están felices en sus nuevos hogares.

Es maravilloso pensar que Dios ha creado a cada niño. Leemos en las Escrituras que Dios nos dice: "Aún si una madre llegara a olvidar a su hijo, yo no te olvidaré. Te llevo grabado en la palma de mi mano. Eres valioso para mí. Y te he llamado por tu nombre."

Estoy convencida de que los gritos de los niños cuyas vidas han sido truncadas antes de su nacimiento, hieren los oídos de Dios.

Muchos se manifestan preocupadísimos por los niños de la India o por los de Africa, donde tantos mueren, sea por desnutrición, hambre o lo que fuera. Pero hay millones deliberadamente eliminados por el aborto.

Por eso elevo mi voz en la India y en todas partes; hagamos que todo niño, nacido o no, sea un niño deseado. El aborto va en contra del mandamiento del amor.

[1] (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=69011#_ftnref1) Estas enseñanzas de la Madre Teresa fueron recopiladas por Julia Elena G.C. de Mouriño (octubre l3,l997). La Sra.de Mouriño es la directora de la filial de Human Life International- Vida Humana Internacional- en Buenos Aires, Argentina.

Diaconus
04-09-07, 21:04
¿Cuál es?


¿El día más bello? Hoy.

¿La cosa más fácil? Equivocarse.

¿El obstáculo más grande? El miedo.

¿El mayor error? Abandonarse.

¿La raíz de todos los males? El egoísmo.

¿La distracción más bella? El trabajo.

¿La peor derota? El desaliento.

¿La primera necesidad? Comunicarse.

¿Lo que hace más feliz? Ser útil a los demás.

¿El misterio más grande? La muerte.

¿El peor defecto? El mal humor.

¿La persona más peligrosa? La envidiosa.

¿El sentimiento más ruin? El rencor.

¿El regalo más bello? El perdón.

¿Lo más imprescindible? El hogar.

¿La ruta más rápida? El camino correcto.

¿La sensación más grata? La paz interior.

¿El resguardo más eficaz? La sonrisa.

¿El mejor remedio? El optimismo.

¿La mayor satisfacción? El deber cumplido.

¿La fuerza más potente del mundo? La fé.

¿La cosa más bella de todas? El amor.

Augustinus
04-09-07, 21:33
http://www.tbn.org/watch/images/programs/MotherTeresa6.jpg

Augustinus
04-09-07, 21:34
http://www.usccb.org/pope/gallery/pope16.jpg

Augustinus
04-09-07, 21:35
http://www.usccb.org/pope/gallery/pope17.jpg

Augustinus
04-09-07, 21:45
Il Papa spiega ai giovani il silenzio di Dio sofferto da Madre Teresa di Calcutta

Nell’incontro di sabato sera con mezzo milione di ragazzi

CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 4 settembre 2007 (ZENIT.org).- Dio parla anche quando tace, ha detto Benedetto XVI a mezzo milione di giovani spiegando la “notte oscura” sofferta dalla beata Teresa di Calcutta.

Nella risposta a braccio alla domanda di una giovane italiana, Sara Simonetta, il Pontefice ha voluto commentare nell’Agorà dei giovani italiani, il 1° settembre, il senso di questa prova vissuta dalla religiosa albanese documentata dai suoi scritti appena pubblicati.

I testi sono stati raccolti da padre Brian Kolodiejchuk, postulatore della causa di canonizzazione, nel volume “Mother Teresa: Come Be My Light”, a dieci anni dalla sua morte.

Nella spianata di Montorso, nei pressi di Loreto, la giovane Sara aveva spiegato al Papa di credere “nel Dio che ha toccato il mio cuore, ma sono tante le insicurezze, le domande, le paure che porto dentro”.

“Avverto tutta la mia solitudine di uomo e vorrei sentire la vicinanza di Dio. Santità, in questo silenzio, dov’è Dio?”, ha chiesto.

Il Vescovo di Roma ha risposto chiarendo che “tutti noi, anche se credenti, conosciamo il silenzio di Dio”.

“Poco fa è stato pubblicato un libro con le esperienze spirituali di Madre Teresa e quanto sapevamo già si mostra ancora più apertamente: con tutta la sua carità, la sua forza di fede, Madre Teresa soffriva del silenzio di Dio”, ha ricordato.

“Da una parte, dobbiamo sopportare questo silenzio di Dio anche per potere capire i nostri fratelli che non conoscono Dio”.

Dall’altra, “possiamo sempre di nuovo gridare a Dio: ‘Parla, mostrati!’. E senza dubbio nella nostra vita, se il cuore è aperto, possiamo trovare i grandi momenti nei quali realmente la presenza di Dio diventa sensibile anche per noi”.

Il Papa ha quindi spiegato come sia possibile vedere Dio.

Prima di tutto, ha chiarito, “la bellezza della Creazione è una delle fonti dove realmente possiamo toccare la bellezza di Dio, possiamo vedere che il Creatore esiste ed è buono, che è vero quanto la Sacra Scrittura dice nel racconto della Creazione”.

La presenza divina, ha spiegato in secondo luogo, si può percepire anche “sentendo la Parola di Dio nelle grandi celebrazioni liturgiche, nelle feste della fede, nella grande musica della fede”.

A questo proposito, il Papa ha citato il caso di una donna convertitasi al Cristianesimo dopo aver ascoltato la grande musica di Bach, Haendel, Mozart.

In terzo luogo, ha detto, si può scoprire Dio con “il dialogo personale con Cristo”.

“Lui non sempre risponde, ma ci sono momenti in cui realmente risponde”.

Un ultimo modo di scoprire Dio proposto dal Papa è “l’amicizia, la compagnia della fede”.

“Adesso, qui riuniti a Loreto, vediamo come la fede unisce, l’amicizia crea una compagnia di persone in cammino”.

“E sentiamo che tutto questo non viene dal nulla, ma realmente ha una fonte, che il Dio silenzioso è anche un Dio che parla, che si rivela e soprattutto che noi stessi possiamo essere testimoni della sua presenza, che dalla nostra fede risulta realmente una luce anche per gli altri”.

Il Papa è giunto a questa conclusione: “dobbiamo accettare che in questo mondo Dio è silenzioso, ma non essere sordi al suo parlare, al suo apparire in tante occasioni”; “vediamo soprattutto nella Creazione, nella bella liturgia, nell’amicizia all’interno della Chiesa, la presenza del Signore e, pieni della sua presenza, possiamo anche noi dare luce agli altri”.

Fonte: Zenit, 4.9.2007 (http://www.zenit.org/article-11758?l=italian)

Augustinus
10-09-07, 22:58
La luce dell’oscurità di Madre Teresa (Parte I)

Padre Kolodiejchuk parla della sua unione con Gesù

ROMA, lunedì, 10 settembre 2007 (ZENIT.org).- Madre Teresa di Calcutta sapeva di essere unita a Gesù sia nei momenti in cui provava amore, sia nei momenti di aridità, perché la sua mente era fissa solo ed esclusivamente su di Lui.

La fondatrice delle Missionarie della Carità aveva espresso questa realtà in una lettera indirizzata al suo direttore spirituale, ora resa pubblica - insieme a molte altre lettere - in un volume intitolato “Come Be My Light”, edito e presentato da padre Brian Kolodiejchuk.

In questa intervista rilasciata a ZENIT, padre Kolodiejchuk, sacerdote Missionario della Carità e postulatore della causa di canonizzazione della beata Madre Teresa di Calcutta, parla del suo nuovo libro e della vita interiore di Madre Teresa, tenuta finora nascosta al mondo.

La straordinaria vita interiore di Madre Teresa è stata rivelata per lo più dopo la sua morte. A parte i colloqui con i suoi direttori spirituali, come era la sua vita, soprattutto la sofferenza del suo buio spirituale, celato a tutti coloro che la conoscevano?

Padre Kolodiejchuk: Nessuno aveva idea della sua vita interiore perché i suoi direttori spirituali non rendevano note queste lettere. I gesuiti ne possedevano alcune, altre erano custodite presso la residenza arcivescovile e padre Joseph Neuner, un altro direttore spirituale, ne aveva altre.

Queste lettere sono state scoperte quando siamo andati alla ricerca di documenti utili alla causa.

Quando era in vita, Madre Teresa aveva chiesto che il suo materiale biografico non venisse reso pubblico.

Aveva chiesto all’Arcivescovo Ferdinand Perier di Calcutta di non rivelare a un altro Vescovo di come le cose fossero iniziate. Aveva detto: “Per favore non dargli nulla dell’inizio, perché se le persone conoscessero l’inizio, come per le locuzioni, allora l’attenzione si sposterebbe su di me e non su Gesù”.

Continuava a ripetere: “Opera di Dio. Questa è opera di Dio”.

Persino le sorelle più vicine a lei non avevano idea della sua vita interiore. Molte pensavano che doveva avere una grande intimità con Dio per poter andare avanti nonostante le difficoltà relative all’Ordine e alla povertà materiale in cui viveva.

Il libro parla del voto segreto che Madre Teresa fece nei primi momenti della sua vocazione, quando promise di non negare a Dio nulla, pena il peccato mortale. Che ruolo ha avuto questo nella sua vita?

Padre Kolodiejchuk: Madre Teresa ha formulato questo voto, di non rifiutare mai nulla a Dio, nel 1942.

Subito sono seguite le sue lettere ispirate da Gesù. In una di queste, se non in entrambe, Gesù - mettendo alla prova il suo voto - dice: “Ti rifiuterai di fare questo per me?”.

Il voto quindi fa da sfondo alla sua vocazione. Poi si vede nelle lettere ispirate che Gesù chiarisce la sua chiamata.

Ella quindi va avanti perché sa cosa Gesù vuole da lei. È motivata dal pensiero di questo desiderio e di questo dolore relativi al fatto che i poveri non conoscono Gesù e quindi non lo cercano.

Questo è uno dei pilastri che l’ha sostenuta nei momenti di prova del buio. Sulla base della sua certezza nella chiamata e di questo suo voto, può affermare in una delle lettere: “Ero al punto di crollare, allora mi sono ricordata del voto e questo mi ha fatto andare avanti”.

Vi è stata molta polemica sulle “notti oscure” di Madre Teresa. Nel suo libro lei le descrive come il “martirio del desiderio”. Questo elemento della sete di Dio, in generale, non è stato colto. Ce lo può descrivere?

Padre Kolodiejchuk: Un buon libro che conviene leggere per comprendere alcune di queste cose è quello di padre Thomas Dubay: “Fire Within”.

Nel suo libro, padre Dubay parla del dolore della perdita e del dolore del desiderio, e afferma che il dolore del desiderio è maggiore.

Come spiega padre Dubay, il dolore derivante dal desiderio di una vera unione con Dio, costituisce lo stato di purgatorio chiamato la notte oscura. Dopo questa fase, l’anima passa ad uno stadio di estasi e di vera unione con Dio.

Il periodo purgativo di Madre Teresa sembra esserci stato durante il suo periodo di formazione a Loreto.

Ai tempi della sua professione, affermava di essere spesso accompagnata dal buio. Le sue lettere di quel periodo, sono tipiche di chi si trova nella notte oscura.

Padre Celeste Van Exem, suo direttore spirituale, ha detto che forse nel 1946 o 1945 lei era già vicina all’estasi.

Dopo quel periodo, quando le difficoltà di fede sono terminate, sono arrivate le ispirazioni e le locuzioni.

Più tardi, ha scritto a padre Neuner spiegando: “E poi lei sa come è andata a finire. Come se Nostro Signore si fosse dato a me in pienezza. La dolcezza, la consolazione e l’unione di quei 6 mesi sono passate fin troppo in fretta”.

Quindi Madre Teresa ha avuto sei mesi di unione intensa, dopo le locuzioni e l’estasi. Ella si trovava già nella autentica unione trasformante. A quel punto l’oscurità è tornata.

Ma adesso il buio che viveva, si collocava nell’ambito di quell’unione con Dio. Pertanto non è che quell’unione che aveva sperimentato fosse svanita. Aveva invece perso la consolazione dell’unione, alternando tra il dolore di quella perdita e il desiderio profondo; un’autentica sete.

Come ha detto padre Dubay: “Talvolta la contemplazione è deliziosa; altre volte assume la forma di una forte sede di lui”. Ma in Madre Teresa, a parte un mese del 1958, la consolazione dell’unione non è riapparsa.

C’è una lettera in cui dice: “No, Padre, non sono sola, ho il Suo buio, ho il Suo dolore, ho un terribile anelito per Dio. Amare e non essere amata; io so di essere unita a Gesù, perché la mia mente è fissa solo ed esclusivamente su di lui”.

La sua esperienza di oscurità nell’unione è molto rara persino tra i santi, perché per la maggior parte di essi, il periodo finale è caratterizzato da una unione priva di oscurità.

La sua sofferenza, quindi, per usare un termine del teologo domenicano padre Reginald Garrigou-Lagrange, è riparatrice dei peccati altrui, più che purificatrice dei propri. Ella è unita a Gesù attraverso una fede e un amore tali da farle condividere la Sua esperienza nell’Orto del Getsemani e sulla croce.

Madre Teresa disse che la sofferenza nell’Orto degli ulivi era peggiore della sofferenza sulla croce. E adesso sappiamo quale era il fondamento di tale affermazione: aveva compreso l’amore di Gesù per le anime.

L’importante è che si tratti di unione e, come ha evidenziato Carlo Zaleski nel suo articolo pubblicato su First Things, questo tipo di prova è piuttosto nuovo. È un’esperienza inedita per i santi degli ultimi 100 anni: la sofferenza derivante dalla sensazione di non avere fede e di non credere nella religione.

Fonte: Zenit, 10.9.2007 (http://www.zenit.org/article-11836?l=italian)

Augustinus
11-09-07, 16:56
La luce dell’oscurità di Madre Teresa (Parte II)

Padre Kolodiejchuk parla della sua gioia nella sofferenza

ROMA, martedì, 11 settembre 2007 (ZENIT.org).- Senza la sofferenza il nostro lavoro sarebbe solo un’opera sociale e non l’opera di Gesù Cristo, aveva detto Madre Teresa di Calcutta.

La fondatrice delle Missionarie della Carità aveva espresso queste parole in una lettera indirizzata ad un suo direttore spirituale e ora pubblicata - insieme ad altre lettere - in un volume intitolato “Come Be My Light” (“Vieni, sii la mia luce”), edito e presentato da padre Brian Kolodiejchuk.

In questa intervista rilasciata a ZENIT, padre Kolodiejchuk, sacerdote Missionario della Carità e postulatore della causa di canonizzazione della beata Madre Teresa di Calcutta, parla del suo nuovo libro e della vita interiore di Madre Teresa, tenuta finora nascosta al mondo.

La prima parte di questa intervista è stata pubblicata il 10 settembre.

Il libro “Come Be My Light” riporta nel titolo la richiesta che Gesù fece a Madre Teresa. In che modo la sua sofferenza redentrice in favore degli altri, vissuta in un’oscurità estrema, si collega a questa sua particolare vocazione?

Padre Kolodiejchuk: Durante gli anni ’50 Madre Teresa si era abbandonata a Dio, accettando la sua oscurità. Padre Neuner - uno dei suoi direttori spirituali - l’aveva aiutata a comprendere questo, collegando la sua oscurità con la sua chiamata a saziare la sete di Gesù.

Lei era solita dire che la più grande povertà è quella di sentirsi indesiderati, non amati, non curati. E questo è esattamente ciò che lei sperimentava in relazione a Gesù.

La sua sofferenza di riparazione - la sua sofferenza per gli altri - era parte integrante del modo in cui viveva la sua vocazione per i più poveri dei poveri.

Quindi per lei la sofferenza non era solo la povertà fisica e materiale, ma anche quella interiore, propria delle persone che si sentono sole, non amate, rifiutate.

Aveva rinunciato alla sua luce interiore, in favore di coloro che vivono nell’oscurità, e diceva: “Io so che sono solo sentimenti”.

In una lettera a Gesù aveva scritto: “Gesù ascolta la mia preghiera. Se è a Te gradito, se il mio dolore e la mia sofferenza, la mia oscurità e separazione dà a Te una goccia di Consolazione, mio caro Gesù, fa di me ciò che Tu vuoi e per tutto il tempo che vuoi, senza guardare ai miei sentimenti e al mio dolore”.

“Io sono tua. Incidi sulla mia anima e sulla mia vita le sofferenze del Tuo cuore. Non badare ai miei sentimenti; non tenere conto del mio dolore”.

“Se la mia separazione da Te porta altri verso di Te e se nel loro amore e nella loro vicinanza Tu trai gioia e piacere, allora Gesù io sono disponibile, con tutto il mio cuore, a soffrire tutto ciò che soffro, non solo ora, ma per tutta l’eternità, se possibile”.

In una lettera alle sue consorelle, rende il carisma dell’Ordine più esplicito: “Mie care figlie, senza la sofferenza il nostro lavoro sarebbe solo un’opera sociale, molto buona e utile, ma non sarebbe l’opera di Gesù Cristo, non sarebbe parte della redenzione. Gesù ci ha voluto aiutare, condividendo la vita, la solitudine, l’agonia e la morte”.

“Di tutto ciò Egli si è fatto carico, sopportandolo anche nella notte più oscura. Solo facendosi uno con noi Egli compie la sua redenzione”.

“Noi possiamo fare lo stesso: ogni desolazione vissuta dalla gente povera - non solo la loro povertà materiale, ma loro sofferenza spirituale - deve essere redenta e noi dobbiamo fare la nostra parte. Pregate, quindi, quando vi sembra di non farcela: ‘Io voglio vivere in questo mondo che è lontano da Dio, che si è allontanato così tanto dalla luce di Gesù, per aiutarli, per prendere su di me una parte della loro sofferenza’”.

E questa è ciò che considero la sua dichiarazione di missione: “Se mai dovessi diventare una santa, sarò sicuramente una santa ‘dell’oscurità’. Sarei continuamente assente dal Paradiso, per accendere la luce di coloro che si trovano nell’oscurità sulla terra...”.

Questo era il suo modo di intendere la sua oscurità. Molte delle cose che diceva hanno più senso e acquistano un significato molto più profondo ora che siamo a conoscenza di queste cose.

Cosa risponde quindi a coloro che parlano della sua esperienza come di una crisi di fede, come se in realtà non credesse in Dio, o che in qualche modo intendono la sua oscurità come un segno di instabilità psicologica?

Padre Kolodiejchuk: Non è stata una crisi di fede, né un’assenza di fede. È stata una prova di fede nella quale ella sperimentava la sensazione di non credere in Dio.

Questa prova ha richiesto una buona dose di maturità umana, senza la quale non sarebbe riuscita a superarla e sarebbe diventata squilibrata.

Come ha affermato padre Garrigou-Lagrange, è possibile avere allo stesso momento sentimenti apparentemente contraddittori.

È possibile avere una “gioia cristiana oggettiva”, come l’ha definita Carol Zaleski, e allo stesso tempo attraversare la prova o avere la sensazione di non credere.

Non si tratta di due persone diverse, ma di un’unica persona con sentimenti a livelli diversi.

Noi possiamo realmente vivere in qualche modo la croce - con il dolore che ciò comporta, che pur essendo spirituale rimane dolore autentico - e al contempo essere pieni di gioia perché sappiamo di essere uniti a Gesù. E questo non è falso.

È così che Madre Teresa ha vissuto una vita così piena di gioia.

Come postulatore della sua causa di canonizzazione, quando pensa che potremmo rivolgerci a Madre Teresa chiamandola Santa Teresa di Calcutta?

Padre Kolodiejchuk: Abbiamo bisogno di un altro miracolo. Ne abbiamo individuati alcuni, ma nessuno ci è sembrato sufficientemente chiaro. Uno è stato richiamato nella causa di beatificazione, ma ora siamo in attesa del secondo.

Forse Dio ha voluto aspettare la pubblicazione di questo libro: si sa che Madre Teresa era santa, ma per via della sua modestia e semplicità di vita, la gente non aveva potuto vedere quanto e come era santa.

L'altro giorno ascoltavo due preti che parlavano. Uno diceva di non essere mai stato un grande fan di Madre Teresa, ritenendola solo una donna molto pia, devota e dedita ad opere ammirevoli, ma che dopo aver conosciuto la sua vita interiore per lui era cambiato tutto.

Oggi abbiamo ben più di un’idea di quanto elevata fosse spiritualmente e sappiamo qualcosa di più sulle sue caratteristiche più profonde.

Una volta che verrà accertato il miracolo, sarà questione di qualche anno, sempre che il Papa non decida di abbreviare i tempi.

Cosa è avvenuto all’Ordine dopo la morte di Madre Teresa?

Padre Kolodiejchuk: L’Ordine è cresciuto di quasi 1.000 unità, passando da 3.850 al momento della sua morte, alle 4.800 di oggi, e sono state istituite più di 150 nuove case in più di 14 Paesi.

Fonte: Zenit, 11.9.2007 (http://www.zenit.org/article-11840?l=italian)

Augustinus
03-10-07, 23:48
India: una guarigione miracolosa potrebbe condurre Madre Teresa alla santità

KOHIMA, mercoledì, 3 ottobre 2007 (ZENIT.org).- La Beata Teresa di Calcutta potrebbe aver superato l’ultimo ostacolo verso la santità, se il Vaticano approverà una guarigione miracolosa che un sacerdote salesiano afferma di aver sperimentato nel 10° anniversario della sua morte.

Padre V.M. Thomas sostiene che l’intercessione di Madre Teresa l’ha guarito da un calcolo all’uretra. I medici del sacerdote certificano che aveva un calcolo di 13 millimetri di diametro e che avrebbe dovuto sottoporsi a un intervento chirurgico, ma il calcolo è scomparso in modo “inspiegabile” dopo aver celebrato la Messa e pregato Madre Teresa il 5 settembre, anniversario della sua morte.

Il salesiano, 56 anni, vive a Guwahati, centro principale dell’India nord-orientale, a 1.960 chilometri da Nuova Delhi. Ha frequentato Madre Teresa fino alla sua morte nel 1997.

In un dossier che circola tra i suoi amici, p. Thomas afferma di aver sofferto di dolori addominali dal 13 febbraio. L’Arcivescovo Thomas Menamparampil di Guwahati ha reso disponibile il dossier - che include una lettera di p. Thomas con copie dei suoi certificati medici - all’agenzia “UCA News”.

Gli esami in un ospedale di Guwahati hanno rivelato che aveva una colica e dei calcoli renali. Pur seguendo il consiglio dei medici nell'assumere medicinali, i dolori ricorrenti lo hanno costretto a ricorrere ad almeno altri quattro ospedali.

Il 26 luglio, i chirurghi di Guwahati hanno consigliato l’intervento, ma p. Thomas voleva aspettare. Il 27 agosto ha incontrato di nuovo i medici dopo essere stato colto da dolori “atroci”.

E’ entrato in ospedale a Guwahati il 4 settembre. Gli esami hanno confermato la presenza di un calcolo nell’uretra e i dottori hanno fissato l’intervento per il 6 settembre. La preparazione è iniziata la sera del 5, ma il pomeriggio del 6, quando gli è stata fatta l’ultima radiografia prima dell’intervento, i medici non sono riusciti a individuare il calcolo. Anche un’altra radiografia ha dato esito negativo.

I medici hanno quindi ordinato che gli venissero fatti gli ultrasuoni dallo stesso radiologo che li aveva eseguiti il 4 settembre, ma anche questa volta il risultato è stato negativo. Il chirurgo, in base alle note del sacerdote, ha affermato che “la scomparsa del calcolo non aveva spiegazioni mediche”.

P. Thomas dice di credere che il calcolo sia stato miracolosamente rimosso dal suo corpo quando ha offerto una Messa a Shishu Bhavan, una casa per bambini abbandonati che Madre Teresa aveva avviato a Guwahati.

Il sacerdote si era recato lì dall’ospedale per celebrare la Messa il 5 settembre e chiedere l’intercessione della Beata perché l’operazione andasse a buon fine e la convalescenza fosse rapida, ha scritto.

Ha rivelato, inioltre, che un’infermiera che si occupava di lui gli aveva rifiutato il permesso di lasciare il letto, ma la mattina del 5 settembre, prima della preparazione per l’intervento, il suo medico gli ha concesso di uscire dall’ospedale per mezz’ora.

Ha raggiunto Shishu Bhavan, ha celebrato la Messa e ha chiesto alle suore e agli altri presenti di pregare per lui, soprattutto attraverso l’intercessione della Beata Teresa.

Nel suo rapporto, Subhash Khanna, il chirurgo, ha affermato che p. Thomas è stato sotto le sue cure per tre mesi. Nella sua diagnosi aveva osservato la presenza di un calcolo all’uretra, diabete e ipertensione.

Il dottor Khanna ha annotato che il 5 settembre p. Thomas era andato a Shishu Bhavan a celebrare la festa di Madre Teresa. Al suo ritorno, si sentiva bene e ha dormito tranquillamente.

Vari esami prima dell’intervento previsto per il pomeriggio hanno lasciato i medici sorpresi, perché “il calcolo non era più nell’uretra, e inoltre non era stato espulso urinando”. “L’operazione è stata quindi cancellata”, ha aggiunto.

Nel rapporto, firmato l’11 settembre, il chirurgo afferma: “Sembrava davvero un miracolo che il calcolo, che non era stato eliminato con la medicina, fosse scomparso proprio quel giorno”.

In base alla procedura vaticana, perché la Beata Teresa sia proclamata santa è necessario un miracolo avvenuto dopo la sua beatificazione (19 ottobre 2003).

Fonte: Zenit, 3.10.2007 (http://www.zenit.org/article-12080?l=italian)

Augustinus
05-09-08, 07:16
Beatificazione di Madre Teresa di Calcutta (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=458584)

Immacolata Concezione di Maria (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=149653)

S. Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo (di Lisieux) (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=289509)

S. Bernardo di Chiaravalle (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144759)