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Pieffebi
20-10-03, 20:38
da www.israele.net

" Il messaggio che viene dalla conferenza islamica

Da un editoriale del Jerusalem Post
20 ottobre 2003

" Che l'antisemitismo sia vivo e vegeto - scrive il Jerusalem Post a proposito delle dichiarazioni del primo ministro malese Mahathir Mohamad (vedi: La Conferenza Mondiale Islamica attacca il "potere degli ebrei sul mondo") - non e' piu' una novita'. Ed e' ormai risaputo che questa piaga, forgiata nella cristianita' medioevale e perfezionata nell'Europa laica, domina oggi il pensiero non solo nel mondo arabo, ma anche nel mondo islamico . Dichiarazioni assurde come quelle di Mahathir sono oggi cosi' diffuse che viene la tentazione di lasciar perdere. Ma non bisogna affatto lasciar perdere . Il fatto e' che una parte dell'umanita' gravemente frustrata impiega una quantita' crescente di tempo ed energie a fare degli ebrei il comodo capro espiatorio di tutti i suoi problemi, anziche' cercare di migliorare la propria situazione . Nessuno puo' permettersi di ignorare la retorica di Mahathir, specialmente in Europa. Se c'e' una cosa che i paesi avanzanti hanno imparato dal collasso morale che precedette l'ascesa del fascismo, e' che l'antisemitismo non deve essere tollerato ovunque si affacci . Il minimo che l'Europa puo' fare e' reagire e, se necessario, penalizzare una conferenza mondiale islamica che si esprime in modo cosi' esplicito sull'argomento ebrei . Se un miliardo e trecento milioni di musulmani vivono in condizioni di relativa poverta', certo non e' perche' sono schiacciati da pochi milioni di ebrei, ma semmai perche' si sono convinti di essere schiacciati. Quanto prima sapranno liberarsi la mente da queste fantasie, tanto prima potranno avviarsi su una strada di reale progresso .

(Jerusalem Post, 19.10.03) "


Shalom!!!

Pieffebi
21-10-03, 20:39
da www.lastampa.it

" VITTIME


Ebrei e arabi, a ciascuno il suo terrorista

21 ottobre 2003

di Fiamma Nirenstein

Mi è capitato di compiere, lavorando per La Stampa, un test inconsueto sulla differenza fra società palestinese e società israeliana, un test che dovrebbe far nascere molte domande in quelli che seguitano a parlare di odio mortale fra due società, di spirale della violenza, di simmetria del conflitto.

Per caso, ho intervistato due presunti terroristi, uno di una parte e uno dell'altra. L'ebreo, di nome Sela Tor, l'ho incontrato dopo che lo Shabbach lo aveva trattenuto in detenzione preventiva per 27 giorni sospettato di sette omicidi, di possesso e uso d'armi, di associazione a delinquere. Sela, rilasciato da pochi giorni perché le accuse non sono state provate, pensa esattamente quello che pensa un terrorista palestinese rispetto agli ebrei: «Niente di personale, solo che i testi sacri dicono che gli arabi non devono esistere sulla mia terra. Uomini, donne e bambini, in fase di conquista della terra, sono soltanto ostacoli all'adempimento della volontà di Dio». Quindi, dice Sela, io non li ammazzo, ma se qualcuno lo fa, tanto meglio.

Subito dopo, ecco tutte le differenze col terrorismo arabo: lo Shabbach (il servizio segreto dell'interno) ha catturato e torchiato Sela Tor, l'ha tenuto in isolamento, lo ha interrogato senza tregua al limite della tortura psicologica: sempre la luce accesa in una cella nera, minuscola, senza finestre, le mani legate durante l'interrogatorio, il bugliolo vicino al materasso per terra. Per i terroristi lo Shabbach non ha nessuna simpatia, anche se sono ebrei. Anche la società israeliana in genere non ha simpatia per Sela: persino i suoi compagni di Hebron e in genere della Yesha, l'organizzazione dei settler della Giudea e della Samaria, ha fatto un appello perché chi sa qualcosa delle organizzazioni eversive (che in un anno hanno ucciso nove arabi con agguati notturni e ne hanno ferito dozzine) vada diritto alla polizia a denunciarle; i rabbini, anche quelli ufficiali degli insediamenti, hanno fatto decine di statement contro il terrorismo, e Sela Tor li considera (mi ha detto) dei traditori, neppure dei rabbini veri.

Quanto all'esercito, in base alle informazioni collezionate e a un colloquio degli psicologi con la recluta, ha deciso che Tor doveva restarsene a casa. Non ha mai servito Tzahal. Infine tutta la vita di Sela, che ha 22 anni, è totalmente avulsa dal contesto sociale. Sembra, con la kippà e il tallit a colori, un figlio dei fiori e di fatto ama la natura sopra ogni cosa, fa il falegname, è un no global della Torah. Ha già tre bambine, è figlio di una famiglia in cui il padre e uno dei suoi otto fratelli hanno avuto a che fare con la polizia per episodi di estremismo antiarabo, dichiara di non sentire la radio, di non leggere i giornali, di parlare solamente con «Lui». Nell'esercito il colpo definitivo per cui è stato riformato venne dato dal fatto che quando gli chiesero se sentiva le voci, rispose «ancora no, ma spero di sentirle presto, con l'aiuto di Dio».

Adesso, veniamo a Abu Amad, come mi disse di chiamarsi un uomo di trentacinque anni che ho incontrato sul cancello della polizia preventiva di Betlemme, lo scorso 2 luglio, nel giorno dello sgombero israeliano della città e quindi della sua presa di possesso da parte della polizia comandata da un capo molto rispettato, Abu Jihad.
Abu Amad ci è apparso pallido, vestito di nero, con gli occhialini, come un vecchio studente della Sorbona, una breve barba nera, i denti radi, la parlantina bassa e roca, da fumatore. Era venuto fuori proprio in quei momenti dal nascondiglio dove era stato rintanato per quasi due anni: membro molto conosciuto delle Brigate di Al Aqsa, protagonista di azioni terroristiche contro ebrei, che si è rifiutato di specificare, era ricercato da Israele attivamente. Si era nascosto in campagna in uno spazio ristretto e scuro, vedendo solo la persona che gli portava da mangiare, senza contatti con sua moglie e i quattro figli. Per compagnia aveva una radiolina che però non poteva sentire quasi mai per paura di essere intercettato. Insomma, un pezzo grosso, con molti conti aperti: uno che per scampare la morte o l'arresto si era dovuto nascondere sul serio.

Anche lui pensa che gli ebrei devono semplicemente andarsene dalla sua terra, e che se muoiono - donne, bambini, tutti quanti - non c'è proprio niente di male, è la giusta lotta del popolo palestinese per la sua terra. Ma l'accoglienza sociale di questo suo modo di vedere, è tutta un'altra cosa rispetto a quella di Sela. Abu Amad è corso davanti alla polizia nel primo momento della sua libertà (dovuta all'uscita delle truppe israeliane) senza temerne per un attimo le conseguenze, anche se allora la road map ancora prometteva l'arresto dei terroristi, perché quella è casa sua: «Ero un ufficiale della polizia preventiva». E anche un membro delle Brigate di Al Aqsa? Sì, tutte e due le cose, e anche adesso non esclude di potere continuare sulla stessa strada. Ma più delle parole, possono i fatti: i poliziotti in divisa, un minuto dopo che il capo della polizia stessa ha dichiarato che adesso saranno i suoi uomini a occuparsi dei terroristi, fanno a gara nell'abbracciare il redivivo, è uno di loro che torna fra loro, il consenso è totale, l'affettuosità senza ombre. Sono baci, sorrisi, pacche sulle spalle, strette di mano.

Uno studio recente spiega che nella società palestinese i terroristi non hanno nessuna caratteristica particolare né di emarginazione, né di ignoranza, né di fanatismo... È un atteggiamento semplicemente di main stream, un comportamento qualificato socialmente, con una quantità di ricompense nell'opinione pubblica, e talora anche nella pratica.
Ho visto Abu Amad circondato dal consenso; Sela Tor, circondato dal dissenso. Abu Amar, pronto a rientrare nella polizia. Sela Tor, pronto a essere di nuovo beccato dalla polizia. Abu Amad fedele alle sue istituzioni, ad Arafat, cui mi ha dichiarato di essere fedele in primo luogo, alla polizia, in cambio di una totale legittimazione. Sela Tor, un misfit che nemmeno i suoi vicini di Hebron vogliono vicino, anche se non è mai stato condannato per terrorismo, arrabbiato col suo primo ministro, il suo esercito, la sua polizia, i suoi rabbini che lo delegittimano. Israele odia il terrorismo, e invece un grande mondo di estremismo islamico-nazionalista lo ama, quasi senza accorgersene, come fosse un fatto naturale. Questa è una differenza colossale, la differenza che è frapposta, come un mare, fra due mondi. """


Shalom!!!

Dario
21-10-03, 21:55
Anche negli ultimi 10 giorni, i palestinesi con le loro azioni terroristiche hanno ucciso degli israeliani. Sicuramente 3 soldati e forse anche dei civili.

Anche negli ultimi 10 giorni, gli israeliani con le loro azioni militari hanno ucciso dei palestinesi. Solo ieri 14 morti, tutti civili e una ottantina di feriti. Stasera a Ramallah stanno abbattendo case di civile abitazione.

Inutile continuare ad accusare il mondo di sionismo, o peggio ancora di antisemitismo.

Prima si capirà che tanta gente è contro la violenza e il terrorismo, da qualsiasi parte provenga, e meglio sarà per israeliani, palestinesi, iracheni (che continuano a morire), americani (che continuano a morire), e tutto il mondo.

Finchè saranno solo gli altri ad essere brutti e cattivi, non faremo mai un passo avanti....

Io non so cosa intenda la buona Fiamma dicendo "Israele odia il terrorismo...." Forse il terrorismo degli altri contro di loro?

Pieffebi
23-10-03, 14:40
Bravo! vedo che hai capito tutto.....e non ti smentisci mai.....

dal CorSera

" La seconda edizione del Salone del libro storico si è aperta ieri con una discussione sulle tesi dello studioso americano


Olocausto, perché la memoria divide

L’ACCUSA


Il secondo Salone del libro storico è stato inaugurato ieri a Roma negli eleganti ma rumorosi spazi della Cappa Mazzoniana alla stazione Termini tra un fischio di treno e un avviso di partenze (per sottolineare che leggere un libro è un viaggio? chissà, fatto sta che seguire un dibattito è un’avventura sonora). Ed è stata davvero una partenza ad alta velocità, visto che gli organizzatori (dall’Associazione dei librai italiani al Comune di Roma) hanno giocato la spettacolare carta suggerita dalla coordinatrice Mirella Serri: invitare Norman Finkelstein autore del saggio L’industria dell’Olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei (uscito in Italia da Rizzoli nel 2002) che ha suscitato un feroce dibattito negli Stati Uniti e in Europa per la sua proposta storico-politica. Ovvero che la Shoah sarebbe stata, dal 1967 in poi (cioè dalla Guerra dei sei giorni) uno strumento nelle mani delle grandi organizzazioni ebraiche americane che l’avrebbero sfruttata come arma psicologica filo-israeliana e anti-araba ma anche come strumento economico. Le stesse tardive restituzioni dei conti bancari lasciati nelle banche svizzere dagli ebrei finiti nei campi di concentramento nazisti, per esempio, sarebbero state «un racket di estorsioni» voluto da ben precisi gruppi ebraici americani. E il nuovo antisemitismo, assicura Finkelstein, sarebbe l’ennesimo artificio creato in funzione filo-israeliana e anti-palestinese: cioè «per confondere i ruoli tra carnefici e vittime». Che per lui sono rispettivamente gli israeliani e i palestinesi.
L’autore, docente universitario radical-progressista, ebreo figlio di due scampati ai lager, ieri ha confrontato le sue tesi con quelle di Anna Foa, storica dell’ebraismo, e di Pierluigi Battista, editorialista de La Stampa . Finkelstein ha riproposto la sua analisi: «Fino alla guerra del 1967 apparvero in lingua inglese due soli saggi accademici sull’Olocausto, quelli di Raul Hilberg e l’altro di Gerald Reitlinger. Fino a quel momento Israele era solo un piccolo villaggio ininfluente per gli Usa. Nel frattempo gli ebrei americani erano desiderosi di assimilarsi nella società americana: e gli Usa non parlavano di Shoah perché il loro principale alleato contro l’Unione Sovietica era una Germania appena de-nazificata. Il 1967 fece scoprire Israele come potenza militare capace di contrapporsi agli arabi. Infatti solo alla fine degli anni Sessanta negli Usa la parola Olocausto cominciò ad apparire con la lettera iniziale maiuscola e preceduta dall’articolo, per sottolinearne l’unicità. In quel momento anche gli ebrei a loro volta «scoprirono» Israele e l’Olocausto». In quanto ai nostri giorni, la «ossessiva campagna» sull’Olocausto avrebbe provocato una reazione anti-ebraica e anti-israeliana in molte opinioni pubbliche del mondo.
Battista ha contestato metodo e fonti. Il metodo: «Qui non si fa storia ma militanza politica, siamo di fronte a un personaggio che detesta chiaramente Israele, quasi una divinità laica che distribuisce i ruoli di vittime e carnefici». I riferimenti storici: «Finkelstein ha ragione quando sostiene che l’Olocausto non ha avuto nel primo dopoguerra un riconoscimento adeguato. Ma è falso che si sia arrivati fino al 1967 prima di poter leggere un libro sul quale discutere. Il Diario di Anna Frank uscì molto presto. E fu proprio la mitologia nata intorno a quella figura ad essere presa di mira dai primi negazionisti dell’Olocausto per ottenere, sostenendo l’ipotesi del falso, un risultato storicamente ben più vasto». Poi una risposta sulla vicenda mediorientale: «Finkelstein dovrebbe sapere che c’è un’asimmetria di fondo. Nessun esponente israeliano, per quanto nefanda possa essere la politica di quel Paese, progetta la distruzione dello Stato palestinese. Invece sono numerosi i gruppi palestinesi che teorizzano la distruzione dello Stato di Israele e la cacciata degli ebrei nel mare, come sostenevano gli egiziani prima della guerra del 1967».
Rincara la dose Anna Foa: «Ha ragione Battista su Anna Frank, su di lei ci sono anche i saggi di Bettelheim. Come storico mi preoccupa molto la visione complottistica di Finkelstein di un ebraismo americano così compatto. La letteratura e la pubblicistica ebraica negli Usa sono invece molto ricche, attraversate da correnti critiche e molto diverse tra loro».
Nel dibattito è comparso anche il nome di Silvio Berlusconi. Ha chiesto provocatoriamente alla platea Finkelstein: «Vi dice niente il fatto che il capo dell’Anti-Defamation League, potente gruppo ebraico americano, abbia premiato il vostro Berlusconi a New York solo perché è il principale alleato di Israele in Europa nonostante le sue recenti riabilitazioni di un antisemita come Mussolini?». E Anna Foa: «Io stessa non condivido quel gesto, avrei firmato l’appello contro quel premio sottoscritto dai Nobel Modigliani, Samuelson e Solow se fosse stato reso pubblico. C’è semplicemente un signore filo-Bush che segue una sua politica... Tutto qui». Ovvero: ma quale complotto.

Paolo Conti "


Shalom!!!!

Pieffebi
23-10-03, 14:47
per chi vuol sapere che cosa vogliono i capi Palestinesi (NON la pace e non l'indipendenza dei terroritori) .... http://www.israele.net/mappepal/pagina01.html



da www.israele.net

" Un filmato mostra che non c'erano civili attorno all'auto di Hamas colpita a Gaza

22 ottobre 2003

Ventiquattro ore dopo l'attacco di lunedi' sera da parte di elicotteri israeliani contro un veicolo con a bordo armi e terroristi Hamas nel campo palestinese di Nuseirat (striscia di Gaza), descritto da fonti palestinesi e dai media di tutto il mondo come una strage di civili innocenti, le forze aeree israeliane hanno diffuso il filmato dell'operazione nel quale si vede chiaramente che non c'era nessun civile nella strada quando i due razzi colpirono l'auto dei terroristi in fuga.
Il filmato agli infrarossi, ripreso da un "drone" (piccolo velivolo da ricognizione senza pilota) che ha seguito tutta l'operazione, mostra la sequenza dei fatti iniziando poco prima che il primo razzo israeliano colpisca il mezzo dei terroristi Hamas. Le immagini mostrano chiaramente la strada principale del campo di Nuseirat con due veicoli che la percorrono, parecchio distanti l'uno dall'altro. L'elicottero segue il tragitto dell'auto dei terroristi, che e' il secondo dei due veicoli, e si vede il primo razzo tipo Hellfire che la colpisce in pieno. A questo punto il guidatore perde il controllo dell'auto, che va a urtare contro un albero e scompare alla vista, coperta da un edificio. Pochi secondi dopo si vede di nuovo l'auto che si muove a marcia indietro. Per tutto il tempo non si vede nessuna persona nella strada, ne' altri veicoli, fino a quando l'auto si ferma. Si vede un'ambulanza superare il veicolo danneggiato, e proseguire lungo la strada. Soltanto dopo che l'ambulanza si e' allontanata, il pilota dell'elicottero israeliano lancia il secondo razzo che colpisce nuovamente il bersaglio. A questo punto nel filmato si vedono chiaramente tre corpi che giacciono sulla strada. Per almeno due minuti e mezzo dopo la fine dell'attacco il filmato mostra l'immagine di una o due altre persone nella zona, ma nessuna nelle vicinanze del veicolo colpito.
Lunedi' sera, dopo l'attacco, fonti palestinesi hanno diffuso in tutto il mondo la notizia che nell'azione erano state uccise otto persone e ferite altre otto a causa del secondo razzo israeliano che aveva, dicevano le fonti palestinesi, centrato in pieno una folla di civili radunatasi attorno al veicolo in fiamme.
Fonti militari israeliane specificano che i razzi usati nell'operazione non erano abbastanza potenti da far penetrare le loro schegge attraverso il cemento, per cui e' impossibile che civili siano rimasti colpiti all'interno delle case circostanti.
Il portavoce delle Forze di Difesa israeliane ha sottolineato che tutta la vicenda era iniziata al confine fra Israele e striscia di Gaza, nei pressi del kibbutz Nahal Oz, quando i soldati di pattuglia avevano individuato un commando di palestinesi che tentava di penetrare in Israele e avevano aperto il fuoco contro di loro, uccidendone due. A quel punto alcuni membri del commando palestinese avevano cercato di fuggire in auto verso Gaza, inseguiti dall'elicottero che infine aveva colpito il veicolo, uccidendo i terroristi Hamas che erano a bordo
Fonti della sicurezza israeliana hanno confermato martedi' che degli undici palestinesi morti nei cinque attacchi aerei israeliani di lunedi' su obiettivi di Hamas nella striscia di Gaza, almeno sette sono stati sicuramente identificati come terroristi di Hamas. Altre vittime possono essere state provocate dall'esplosione del deposito palestinese di armi ed esplosivi colpito in un'altra operazione, sempre lunedi' a Gaza.

(Jerusalem Post, Ha'aretz, 22.10.03) "


Shalom!!!!

Pieffebi
23-10-03, 19:42
dalla rete

" Dibattito a New York tra filosofi e scrittori sul ritorno dell'antisemitismo.
Quel demone mai sconfitto.

Di vecchio e nuovo antisemitismo, delle nuove forme moderne e subdole manon per questo meno pericolose di odio contro gli ebrei, si è discusso perquattro giorni a New York in un dibattito cui hanno partecipato scrittori,intellettuali, giornalisti, filosofi e politici.

Al centro del convegno, promosso dal prestigioso Yivo Institute for Jewish Research, la preoccupazione per il ritorno dell'antisemitismo in Occidente e soprattutto in Europa dove al posto dei vecchi e ridicoli stereotipi ripetuti per secoli (quali: il naso adunco, il deicidio, il complotto per la conquista del mondo, il sangue per fare il pane azzimo, ecc.) si sono sostituito teorie ideologiche basate su supposte ragioni politiche ed economiche.
Il dibattito è partito da una constatazione: il terrorismo islamico e in particolare quello di Al Qaeda, il ritorno dell'Intifada palestinese, le polemiche legate alla guerra in Iraq, hanno scatenato negli ultimi mesi unarecrudescenza di atteggiamenti e gesti anti-ebraici negli Stati Uniti e in Europa.

I tormenti di Israele – è scritto nella presentazione dell'incontro al Yivo Institute - hanno incontrato una impressionante assenza di simpatia in molti ambienti e il diritto dello Stato ebraico alla esistenza è tornato di nuovo ad essere un argomento accettabile di discussione'.
Soprattutto in Europa, dove la memoria collettiva dell'Olocausto avrebbe dovuto rendere impossibile il ritorno dell'antisemitismo, si assiste al risorgere "del più antico e più ignobile pregiudizio".

Il convegno - cui hanno partecipato 35 intellettuali tra cui il filosofo francese Alain Finkielkraut, la scrittrice iraniana Azar Nafisi, la giornalista Fiamma Nirenstein, lo storico dell'Olocausto Daniel Goldhagen, il professore di studi afro-americani di Havard Henry Louis Gates Jr. e lo storico britannico Simon Shama - ha affrontato diversi temi: la recrudescenza di atti antisemiti nei campus universitari come Berkeley e Harvard; il collegamento tra il risorgere di sentimenti antisemiti e il ritorno in vaste aree del mondo di atteggiamenti anti-americani.

Anche l'atteggiamento degli italiani di fronte ai problemi medio orientali e alla questione ebraica è stato oggetto di una relazione conclusiva affidata a Fiamma Nirenstein. Davanti ad una platea attenta e stupefatta Nirenstein ha portato due esempi: le scritte antisemite che accompagnarono la nomina di Paolo Mieli alla presidenza della Rai e l'iniziativa di un gruppo di docenti dell'università Ca' Foscari di Venezia di proclamare un boicottaggio internazionale contro i professori israeliani.

Davanti al caso Mieli, alla provocazione di quelle scritte, si sono avute solo 'reazioni minori' ed anche la comunità ebraica italiana ha reagito tiepidamente dimostrando, ha spiegato la giornalista, come anche all'interno del mondo ebraico europeo via sia una scarsa percezione che siamo di fronte ''non ad una nuova ondata di antisemitismo, ma ad un nuovo antisemitismo''.

"Dobbiamo passare - ha detto Nirenstein all'affollata platea newyorchese- dall'idea della possibile eliminazione fisica degli ebrei, a quella della loro possibile eliminazione morale" e dobbiamo contrastare questo atteggiamento "usando tutte le armi storiche ed etiche, senza sensi di colpa, vergogne, paure o imbarazzi".

Una lotta contro il pregiudizio e l'ignoranza da combattere soprattutto sul piano della discussione politica, contrastando ed opponendosi – ha ricordato Nirenstein – ad una diffusa idea in Europa che descrive Israele come una società dalle caratteristiche neonaziste. " Israele è visto come una parte di un asse del male insieme agli Usa" e non invece "per quello che è, cioè l'avamposto della difesa contro il terrorismo ".

A distanza di pochi giorni un analogo dibattito è stato affrontato a
Washington, dove si è tenuta l'annuale sessione plenaria della 'Task force per la cooperazione internazionale sull'istruzione, il ricordo e le ricerche sull'Olocausto', un organismo soprannazionale (costituito da 14 paesi: Italia,Argentina, Austria, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Ungheria, Israele, Lithuania, Olanda, Polonia, Svezia, Gran Bretagna e Usa), fondata nel 1998 dal Primo ministro svedese Goran Persson.

Ai lavori della seduta plenaria hanno partecipato anche osservatori di Croazia, Estonia, Lettonia, Lussemburgo e Slovacchia, tutti Paesi che stanno sviluppando programmi d'istruzione sull'Olocausto con l'aiuto della task force.

Il discorso d'apertura dei lavori è stato pronunciato dal sottosegretario di stato americano Richard Armitage, che ha parlato della necessità di insegnare ''senza tregua'' la storia dell'Olocausto, anche come messaggio di tolleranza.

Al centro dell'attenzione dei delegati il discorso tenuto da Simone Vail, ex ministro francese ed ex internata prima a Auschwitz e poi a Bergen Belsen, che ha denunciato il risorgere soprattutto in Francia di un antisemitismo dal nuovo volto che si nasconde nell'antisionismo . "


Shalom!!!!

Pieffebi
24-10-03, 16:39
da www.israele.net

" Diritto internazionale e terrorismo

Da un editoriale del Jerusalem Post
13 ottobre 2003

Il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder si e' affrettato, una settimana fa, a condannare l'operazione aerea israeliana contro una base d'addestramento usata da terroristi della Jihad Islamica in Siria. "La violazione della sovranita' di un paese terzo - ha dichiarato durante una visita di stato in Egitto - non e' accettabile". La Francia si a' aggiunta al coro: "Inaccettabile"; la Gran Bretagna pure; il Canada ha stigmatizzato la "escalation" e cosi' via.
Non e' che la comunita' internazionale (mettendo da parte gli Usa) vieti ad Israele di esercitare il suo diritto alla legittima autodifesa. Semplicemente la comunita' internazionale e' convinta che "la lotta contro il terrorismo deve svolgersi nell'ambito delle regole del diritto internazionale", per dirla con le parole del rappresentante dell'Unione Europea Javier Solana.
Secondo tali regole, Israele non puo' imporre la chiusura alle citta' palestinesi perche' facendolo danneggia anche la popolazione innocente. Per lo stesso motivo, Israele non puo' demolire le abitazioni usate dai terroristi suicidi ne' mandare al confino i famigliari che hanno aiutato o coperto i terroristi suicidi. Non puo' incarcerare persone accusate di attivita' terroristiche senza riconoscere loro tutte le prerogative di cui godono i cittadini di una normale societa' in pace e senza terrorismo. Israele non puo' adottare la strategia di fermare e, se necessario, uccidere i terroristi e i loro mandanti perche' si tratta di esecuzioni "extra-giudiziali". Non puo' schierare i suoi soldati nelle citta' palestinesi, ne' arrestare le persone accusate di attivita' terroristiche, ne' chiudere le officine dove si fabbricano bombe e cinture esplosive, o i tunnel usati per introdurre illegalmente armi da guerra, perche' si tratta di azioni da occupazione militare. Non puo' erigere una barriera difensiva perche' e' un atto razzista e perche' farlo comporta l'esproprio di terre palestinesi. Non puo' costruire strade alternative per garantire spostamenti meno rischiosi agli israeliani che vivono nei territori perche' quegli israeliani non dovrebbero nemmeno essere dove sono e dunque sono un bersaglio "legittimo" dei terroristi. Israele non puo' attaccare le basi dove i terroristi si addestrano a massacrare civili innocenti perche' quelle basi si trovano in paesi terzi, come la Siria, e dunque colpirle significa violare la loro sovranita'. Per lo stesso motivo non puo' nemmeno sorvolare senza permesso paesi terzi, come il Libano, per monitorare le attivita' potenzialmente devastanti di gruppi terroristici ostili. Naturalmente Israele non puo' possedere armi nucleari e non puo' attaccare paesi apertamente ostili che cercano di dotarsi di armi nucleari.
Israele non puo' fare nulla di tutto questo.
Sarebbe utile che i nostri amici europei e canadesi si degnassero di indicarci piu' esattamente che cosa Israele potrebbe fare per combattere il terrorismo "nell'ambito delle regole del diritto internazionale". […] Non siamo pregiudizialmente scettici verso il diritto internazionale. Ma siamo risolutamente contrari a un'interpretazione del diritto internazionale che non lascia a Israele nessuna concreta possibilita' di difendersi dall'aggressione terroristica. Siamo contrari all'invocare il diritto internazionale sempre e solo contro la parte che sta cercando di esercitare il proprio diritto di legittima autodifesa. Siamo contrari a leggi internazionali che le nazioni occidentali non applicherebbero mai a se stesse se si trovassero a subire un attacco terroristico come quello che subisce Israele .

(Jerusalem Post, 9.10.03) "


Shalom!!!

Pieffebi
26-10-03, 21:58
up!

Aeroplanino (POL)
27-10-03, 10:35
Ma tu credi davvero che gli israeliani (ed il loro governo) siano tutti buoni ed onesti ed i palestinesi tutti stronzi?

O reciti per intrattenere più persone nel forum che moderi?

Pieffebi
27-10-03, 21:15
Non ho mai detto una simile idiozia. Tu invece sei riuscito persino a pensarla anche se per attribuirla ad altri.
Shalom belloccio.

Pieffebi
27-10-03, 21:46
a proposito delle ipocrisie degli strabici "filo-palestinesi" (ossia che incoraggiano oggettivamente la leadership palestinese a continuare la politica suicida.....di cui i terroristi suicidi sono la logica conseguenza)......vediamo un po' come razzolano i predicatori delle "istituzioni internazionali"....

da www.shalom.it

" Il doppio modo di giudicare i crimini di guerra

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Più per caso che per dolo, il 19 agosto verrà ricordato dalle Nazioni Unite un po' come lo ricorderanno gli israeliani: un giorno tragico dove la violenza assassina del terrorismo ha colpito ancora, massacrando a poche ore di distanza decine di vittime innocenti.
Le Nazioni Unite seppelliranno i loro morti e chiederanno giustizia. Chissà, forse qualcosa cambierà nel loro atteggiamento nei confronti del terrorismo e di come lo si combatte. Ma più probabilmente la reazione internazionale sarà di dissociare i due eventi ed evitare di applicare gli stessi criteri a simili oltraggi alla decenza. Così, mentre si condanna e si continuerà a condannare universalmente e senza mezzi termini il barbaro attentato a Baghdad, si sentiranno infiniti se e ma in merito all'ennesima strage degli innocenti a Gerusalemme.

Questa dualità di approccio riflette un problema più profondo dell'atteggiamento internazionale verso Israele e i palestinesi: l'esistenza di un doppio standard che favorisce i palestinesi e penalizza Israele.

La questione attentati ne è la dimostrazione più ovvia. Human Rights Watch e Amnesty International -- due tra le associazioni per la difesa dei diritti umani più autorevoli -- hanno già definito il terrorismo suicida 'un crimine contro l'umanità'. Ciononostante -- e persino dopo l'attentato alla sede dell'ONU di Baghdad -- la comunità internazionale continua a ignorare le violazioni palestinesi del diritto internazionale che invece conta con talvolta eccessivo zelo per Israele.

Si considerino le tattiche utilizzate nel conflitto e la scelta di obiettivi. Secondo le Convezioni di Ginevra, il preordinato attacco a obiettivi civili è un crimine di guerra. Portavoci palestinesi hanno ripetutamente giustificato il terrorismo suicida palestinese -- il voler sparare nel mucchio, la determinazione a colpire alla cieca civili indifesi -- descrivendolo come 'l'arma dei deboli'. Per loro stessa ammissione dunque gli attentati non sono disperati atti solitari. Sono l'arma prescelta e preferita nella strategia del conflitto adottata dai palestinesi, usata al posto di tattiche di combattimento convenzionali ammesse dal diritto internazionale, perché, sempre per ammissione stessa dei palestinesi, uccidere civili funziona. Serve a loro dire a conseguire i loro obiettivi politici. Questa è una confessione di crimini di guerra, né più né meno. Non sarebbe il caso allora di ordinare un'inchiesta ONU, così premurosa a farlo quando simili accuse vengon rivolte a Israele?

L'accusa di sangue sollevata l'anno scorso contro Israele per i fatti di Jenin è un classico esempio di come la comunità internazionale non si faccia scrupoli a ignorare le violazioni del diritto e i crimini di guerra perpetrati dai palestinesi. Le immagini di Jenin diedero senza dubbio l'impressione a prima vista che le accuse palestinesi contro Israele avessero almeno un fondo di verità. Ma se nessuno negò allora o nega oggi che Israele fosse responsabile per parte della distruzione degli edifici in un ristretto perimetro del campo profughi di Jenin, divenne presto chiaro che si trattava di danno collaterale prodotto dal feroce corpo a corpo che aveva avuto luogo nei vicoli del campo profughi, col conseguente deplorevole ma largamente inevitabile danno a persone e cose.

Né il danno collaterale dovrebbe essere trattato come un impacciato eufemismo atto a mascherare la brutalità militare: si tratta invece di un concetto legale che denota una distinzione tra eccessi di guerra contro civili indifesi -- cioè crimini di guerra -- e gli effetti collaterali di azioni militari legittime che coinvolgono senza volerlo anche obiettivi civili. Nel dibattito che seguì l'operazione israeliana a Jenin, Israele si trovò costretta a difendersi dalle accuse di crimini di guerra, cosa che dirottò l'attenzione del pubblico dalla vera questione: il terrorismo palestinese e i crimini di guerra commessi dai palestinesi dall'inizio dell'Intifadah.

Nessuno infatti si è mai sognato seriamente di far notare ai legulei dell'ONU che nei campi profughi esistevano, contrariamente al diritto internazionale e a numerose risoluzioni ONU, fabbriche di esplosivi e depositi di munizioni. Né ci si è scandalizzati per la presenza armata di centinaia di combattenti palestinesi nei campi che dovrebbero in teoria essere demilitarizzati. Che questi fatti abbiano rilievo nel discutere crimini di guerra dovrebbe essere ovvio. Il segretario generale dell'ONU Kofi Annan disse con riferimento all'Africa nel 1998 che 'I campi profughi e gli insediamenti [di profughi] devono essere mantenuti liberi da qualsiasi presenza militare e di equipaggiamento militare incluse armi e munizioni. La neutralità e il carattere umanitario dei campi e degli insediamenti devono essere scrupolosamente mantenuti'.

Di che si preoccupava Annan? 'L'impossibilità di separare elementi armati dalla popolazione ha provocato situazioni devastanti dentro e attorno ai campi e agli insediamenti... l'impatto sul benessere e la sicurezza sia dei rifugiati che delle popolazioni circostanti diviene ostaggio delle milizie che operano liberamente nei campi, spargono terrore, e costringono i civili, bambini inclusi, a combattere per loro'.

E inevitabile che tale situazione attiri il conflitto armato entro i campi profughi, e secondo il diritto internazionale la presenza militare e il loro uso come basi di partenza per operazioni ostili li trasforma in obiettivi legittimi di ritorsione da parte del nemico. Quindi, come sottolineano le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU 1208 e 1296, il diritto internazionale proibisce la militarizzazione dei campi profughi. Le autorità sotto la cui giurisdizione i campi ricadono (nel caso di Jenin, l'Autorità Palestinese) devono impedire l'infiltrazione dei campi da parte di organizzazioni militari o paramilitari. Il che significa che l'Autorità Palestinese, nel caso di Jenin, era responsabile della sua trasformazione del campo in una base militare e in un nascondiglio per elementi armati palestinesi in contravvenzione del diritto internazionale. In quanto alla distruzione avvenuta, la responsabilità doveva ricadere su quegli stessi elementi armati che, trasformando il campo profughi nella loro base e nascondiglio, hanno attirato la 'legittima ritorsione militare' del nemico.

Lo scandalo di Jenin è ancor più grave perché non si trattava solo di militarizzazione di un campo profughi. L'installazione di cariche esplosive su cadaveri, edifici e oggetti a uso civile legittimano azioni preventive da parte di un esercito contro cose che ordinariamente non dovrebbero essere prese di mira nel corso di un conflitto anche di natura urbana. L'uso di residenze civili, moschee e ospedali come nascondigli per cecchini è contrario al diritto internazionale proprio perché espone tali edifici alla legittima ritorsione del nemico, mettendo in pericolo i civili, i sacerdoti e il personale medico che vi risiedono e che sono invece protetti dal diritto di guerra. La responsabilità dell'eventuale distruzione e morte che ne segue non può essere imputata a chi attacca, ma a chi ne fa uso cinico per difendersi.

Le convenzioni di Ginevra estendono la loro protezione ai movimenti di liberazione nazionale che sono parte di un conflitto, anche quando questo avvenga su territori occupati da una forza nemica. Ma la protezione estesa ai combattenti è condizionale all'adempimento di alcune regole: le milizie devono indossare un'uniforme e/o un simbolo riconoscibile che permetta al nemico di distinguere tra combattenti nemici e civili innocenti; le armi devono essere visibili similmente per garantire tale distinzione. I combattenti palestinesi hanno invece deliberatamente scelto di mimetizzarsi con la popolazione civile circostante. La violazione delle regole sancite dal diritto internazionale li priva della sua protezione. Non si può invocare una norma se poi si procede a ignorarla. Da tre anni i palestinesi usano queste tattiche in flagrante violazione di un diritto che regolarmente invocano per difendersi da qualsiasi ritorsione israeliana. Da tre anni la comunità internazionale, così puntigliosa nell'applicazione del diritto quando si tratta di Israele, tace se sono i palestinesi a commettere crimini di guerra.

Nonostante l'applicazione delle regole enfaticamente annunciate da Kofi Annan per l'Africa nel 1998 dovrebbe avvenire ovunque in maniera uniforme e imparziale, nessuno si è premurato di richiedere un'inchiesta su crimini di guerra compiuti dai palestinesi, né tantomeno di sollevare la questione in sedi istituzionali o nei media. Eppure il diritto internazionale non dovrebbe fare eccezioni: ciò che vale per l'Africa dovrebbe valere ovunque. Quel che varrà per Baghdad dovrebbe valere anche per Gerusalemme. Invece, ancora una volta ci si può tranquillamente aspettare che le Nazioni Unite, anche quando direttamente colpite dal crimine del terrorismo, useranno un doppio standard , lasciando impuniti i crimini commessi contro Israele che intendono invece punire se commessi contro chiunque altro. "

Due Popoli, Due Stati.

Shalom!!!

Aeroplanino (POL)
28-10-03, 10:35
Io non sono belloccio... sennò farei l'attore di teleromanzi... :p

Interessanti articoli postati qua, ma visto che ti piace così tanto la ricerca storica ti offro io un interessante punto di discussione: hai mai sentito parlare dei "vendicatori"?

Secondo lo Spiegel uccisero, nel primo dopoguerra, circa 15000 tedeschi. Alcuni capi nazisti, altri che lavoravano nei lager e anche tante persone comuni.
Erano ex detenuti in campi di sterminio o loro parenti e godevano della protezione politica e dell'appoggio economico del nascente stato di Israele.
Il loro progetto principale, sfumato inspiegabilmente a poche ore dalla messa in atto, era quello di avvelenare le condotte idriche della cittá di Norimberga.

Io non credo fossero criminali, credo che agissero spinti dall'odio verso i loro decennali persecutori... Proprio come alcuni partigiani italiani che si fecero giustizia sommaria in quel periodo...

Ah: molti di loro una volta tornati in Israele ebbero onori ed appoggio economico, il loro capo divenne capo di stato maggiore dell'esercito e anche se oggi sono stati volentieri dimenticati, per decenni andarono a predicare nelle scuole e nel parlamento. Proprio come certi partigiani...

Ma tu ne saprai di sicuro più di me che ho letto un articolo di 5 paginette...

Pieffebi
18-11-03, 22:51
Anche il rapimento di Eichmann in argentina.....ha costituito una "violazione" del diritto. E gli stessi processi di Norimberga sono stati contestati, non del tutto ingiustamente, dal punto di vista.....giuridico....... eccetera.
Inserito il tutto nel contesto politico e storico certe cose trovano la loro spiegazione, e qualche volta la loro giustificazione. Altre volte solo la loro spiegazione.

Pieffebi
18-11-03, 22:52
dalla rete

" BERLINO, 14 NOV - Il deputato Martin Hohmann e' stato espulso dal gruppo Cdu al Bundestag a causa delle sue controverse dichiarazioni sugli ebrei. E' la prima volta che un deputato Cdu viene espulso dal gruppo, ma Hohmann sara' radiato con tutta probabilita' anche dal partito. A favore della sua cacciata hanno votato 195 deputati, 28 contro e 16 si sono astenuti. Hohmann aveva parlato degli ebrei come di un popolo anch'esso colpevole di crimini,in relazione alla Rivoluzione del 1917 in Russia. (Ansa) "

Shalom!!!

MrBojangles
18-11-03, 23:58
In origine postato da Pieffebi
up!

UP?

E' illegale!!!!

19-11-03, 00:46
http://www.forza-italia.it/images/cover/bandieracaduti.jpg

MrBojangles
19-11-03, 00:50
Malik
19-11-2003 00:46 This person is on your Ignore List. To view this post click [here]

Ahmbè; scusa....

Dimenticavo le leggi ad personam.

Pieffebi
19-11-03, 14:28
Forse ti devi rivedere un attimo la differenza fra illegale, illecito, illegittimo, invalido, irregolare, arbitrario, iniquo, inopportuno......
E dimentichi anche qualche cosa d'altro....

Shalom!!!!

19-11-03, 14:35
"l'antisemitismo non deve essere tollerato ovunque si affacci"


Concordo ma dalle parole bisogna passare ai fatti concreti.

Pieffebi
19-11-03, 14:40
La CDU ci è passata....ci passerà anche Aenne con qualche scoria.....e via discorrendo.

Shalom!!!

Pieffebi
19-11-03, 21:10
Le pulizie sono iniziate:

mercoledì 19 novembre 2003......

Deputato An distribuisce video Priebke. Fini lo espelle

Milano [Reuters] - Il deputato di Alleanza Nazionale Antonio Serena è stato espulso con provvedimento immediato dal gruppo del partito alla Camera dopo aver distribuito a tutti i colleghi di Montecitorio un video dell'ufficiale nazista Erich Priebke. Lo rende noto l'ufficio stampa del gruppo alla Camera, spiegando che il presidente del gruppo Gian Franco Anedda ha accolto la richiesta del vicepremier e presidente di An Gianfranco Fini. 'La lettera di espulsione è stata firmata e ha effetto immediato', ha detto un portavoce di An a Montecitorio . A pochi giorni dalla storica visita di Fini in Israele che si terrà la prossima settimana dopo anni di intensi rapporti diplomatici tra il leader della destra italiana e la comunità ebraica, oggi Serena ha creato imbarazzo nel partito distribuendo a tutti i deputati una videocassetta con l'autobiografia del capitano nazista condannato per l'eccidio delle fosse Ardeatine di Roma durante la seconda guerra mondiale, in cui furono uccise 335 persone. 'E' stata una iniziativa individuale di Serena, della quale non aveva informato nessuno', ha aggiunto il portavoce spiegando che vi saranno ulteriori accertamenti dopo i quali saranno valutate eventuali nuovi provvedimenti. "

Shalom!!!

Pieffebi
19-11-03, 21:34
da www.ansa.it

" ROMA - Antonio Serena http://www.ansa.it/fdgimages03/1069260153_v_in_FINI_20031119.jpg
e' stato espulso da Alleanza Nazionale. Lo ha riferito il responsabile organizzativo del partito, Donato Lamorte, il quale ha detto che la misura e' stata adottata su proposta del presidente Gianfranco Fini.
http://www.ansa.it/fdgimages03/1041695539_h_ho_BELG_20030104.jpg

In base allo statuto di An, il segretario provinciale o il presidente puo' deferire un iscritto al partito alla Commmissione nazionale di Garanzia, i cosiddetti Probiviri. A prendere l'iniziativa nei riguardi di Antonio Serena, ha spiegato Lamorte, e' stato in questo caso lo stesso Fini.

Il presidente della commissione di Garanzia a sua volta, in caso di urgenza, puo' assumere un provvedimento disciplinare temporaneo (censura, sospensione, espulsione) che deve poi essere ratificata dalla Commissione riunita in plenaria; procedura prevista dall'articolo 59 dello statuto.

Ebbene il presidente dei Probiviri, ha spiegato Lamorte che ha anche fatto vedere il provvedimento, ha deciso l'espulsione di Serena.

''Serena e' diventato strumento di qualcuno - ha commentato Alessandra Mussolini , anche lei in Transatlantico - pero' per fortuna e' arrivata questa mossa di Fini molto importante e molto netta, che e' anche un avvertimento a nuove ipotesi di questo tipo che possono sempre accadere''.
19/11/2003 17:41 " http://www.ansa.it/fdg01/200311191741127852/200311191741127852.html

Shalom!!!

19-11-03, 21:43
Grandissimo Fini , finalmente in AN si è giunti al chiarimento finale, su certi temi non ci può più essere discussione, o si è da una parte o si è fuori.

Pieffebi
19-11-03, 21:44
Questo è il punto. Ormai inderogabile.

Shalom!!!

MrBojangles
20-11-03, 19:33
In origine postato da Pieffebi
Questo è il punto. Ormai inderogabile.

Shalom!!!

Certo!
Basta che ad essere sbattuto fuori non sarà Fini...

Pieffebi
20-11-03, 19:43
Piacerebbe a te e ai tuoi amici (Tranne che al kompagno Ovadia, che non sa con chi te la fai).

Shalom!!!

Pieffebi
20-11-03, 21:01
da www.israele.net

" ANALISI E COMMENTI

L'antisemitismo oggi di moda

Da un articolo di Amnon Rubinstein
19 novembre 2003

La mappa della nuova ondata di antisemitismo non segue i contorni della memoria collettiva ebraica. Essa rispecchia piuttosto le linee della diffusione delle comunita' arabe ed islamiche nel mondo.
In Svezia, ad esempio, vive una minuscola comunita' ebraica,e nel 2000 il primo ministro svedese si e' fatto promotore di una task force internazionale per gli studi sull'Olocausto. Si tratta di un paese che fino a poco tempo fa non aveva praticamente conosciuto nessuna esplosione di antisemitismo. Oggi, invece, i giornali svedesi riportano ripetuti attacchi contro gli ebrei ad opera di gruppi arabi e musulmani. Il 20 ottobre scorso il quotidiano di Stoccolma Dagens Nyheter riferiva che in Svezia, solo l'anno scorso, si sono contate 131 aggressioni contro ebrei . Il giornale riferiva anche di allievi arabi e musulmani che rifiutano gli studi sull'Olocausto sostenendo che si tratta di "propaganda sionista ". Viceversa, paesi come la Slovacchia e la Romania, storicamente non proprio famosi per "filo-semitismo", non hanno conosciuto praticamente nessuna manifestazione di ostilita' anti-ebraica negli ultimi due anni. Cosa che sembra correlata con le piccole dimensioni delle comunita' musulmane in questi due paesi.
C'e' qualcosa di particolarmente preoccupante nella nuova ondata di antisemitismo. Fedeli di una religione che e' spiritualmente imparentata con l'ebraismo stanno divulgando una vera campagna di odio contro gli ebrei, e nessun leader arabo o musulmano dice una parola per opporsi a questa tendenza. Come ha puntualizzato Le Monde (19.10.03), l'aspetto veramente problematico delle dichiarazioni antisemite dell'allora primo ministro malese Mahathir bin Mohamad consiste nel fatto che quelle parole risultano perfettamente accettabili in tutto il mondo islamico.
Messi insieme, si puo' pensare che tutti questi fatti scaturiscano da dissidi legati al contenzioso israelo-palestinese anziche' da sentimenti antisemiti?
Si ripete continuamente che "non tutte le critiche a Israele sono antisemitismo". Vero. E' senz'altro possibile, e talvolta doveroso, criticare la politica israeliana. Il problema e' che la critica alle politiche dello stato di Israele non dovrebbe mai trasformarsi in aggressioni contro un'intera comunita' umana. Non risulta che tutti i russi, in ogni parte del mondo, siano stati aggrediti a causa delle distruzioni fatte a Grozny.
Invece, il celebre scrittore portoghese e premio Nobel Jose Saramago parla degli ebrei come di coloro che sarebbero "spiritualmente accecati dalla visione di una Grande Israele", coloro che avrebbero "una fiducia mostruosa nel fatto di essere un popolo eletto, i cui atti razzisti e psicopatologici sono sempre giustificati".
L'odio verso Israele (e verso gli ebrei) acceca anche persone che sono per ogni altro verso modelli di umanita' e tolleranza. L'ex ambasciatore italiano alle Nazioni Unite, oggi ambasciatore negli Stati Uniti, Sergio Vento accuso' Israele di aver fatto andare di proposito due suoi riservisti a farsi linciare dai palestinesi a Ramallah nell'ottobre 2000 per rimediare al danno d'immagine subito con la morte del piccolo Mohammed al-Dura.
Le critiche a Israele diventano sempre piu' paranoiche. Non c'e' molta differenza fra la "calunnia del sangue" (che accusa gli ebrei di impastare le azzime di pasqua col sangue di bambini non ebrei) e un'accusa come quella pubblicata il 18.11.2001 da Le Nouvelle Observateur, secondo cui i soldati israeliani stuprerebbero le donne arabe ai posti di blocco per far si' che cadano vittime di "omicidi d'onore" per mano dei loro stessi famigliari. Il giornale ritratto' la calunnia un mese piu' tardi (lo fecero altre testate?), ma il fatto stesso che una cosa del genere sia stata pubblicata senza alcun controllo testimonia della volonterosa disponibilita' a credere che gli israeliani siano capaci di qualunque abominio.
L'ossessione paranoica per i "crimini" di Israele (con o senza virgolette) e' tale da far perdere qualunque senso delle proporzioni, come se la Convenzione di Ginevra non fosse stata violata, e molto piu' grossolanamente, da innumerevoli stati nel mondo.
Si dice che da Israele ci si aspetta di piu'. Giusta aspettativa. Ma anche gli israeliani si aspettano che l'antisemitismo oggi di moda venga denunciato e contrastato con determinazione da governi e opinione pubblica .

(Ha'aretz, 19.11.03) "

Ha'aretz è il quotidiano israeliano vicino all'Opposizione di Sinistra Laburista di Perez e compagni. Le sue considerazioni sono quasi ineccepebili.

Shalom!!!

Pieffebi
21-11-03, 20:49
da www.israele.net

" Ebrei e musulmani moderati nel mirino dei terroristi

21 novembre 2003

Il gruppo terroristico Fronte Islamico dei Cavalieri del Grande Oriente (conosciuto anche con l'acronimo turco IBDA-C), che ha rivendicato il doppio attentato a Istanbul di giovedi' e gli attentati di sabato scorso contro le sinagoghe della stessa citta', ha diffuso un comunicato nel quale augura "un sabato di pace agli sporchi ebrei".
Il comunicato, reso noto giovedi' sera da Channel 2 News, attribuisce agli ebrei la colpa d'aver distrutto la societa' islamica e sostiene che gli ebrei hanno avvelenato la cultura musulmana con la corruzione e la prostituzione. Il gruppo terroristico minaccia anche di uccidere il rabbino capo di Turchia Ishak Haleva e di brindare alla sua morte
Sono almeno 27 le persone assassinate e 450 quelle ferite o mutilate giovedi' sera dai due camion bomba fatti esplodere dai terroristi presso la sede ad Istanbul della banca londinese HSBC e il Consolato britannico.
"Al Qaeda si sta concentrando sempre piu' contro i paesi islamici piu' moderati e piu' vicini all'Occidente, che essa considera eretici - dice un alto funzionario della sicurezza turca - come ad esempio Giordania, Egitto, Marocco e soprattutto Turchia. In un suo recente discorso registrato, Osama bin Laden elencava gli attacchi contro i paesi arabi e islamici moderati subito dopo quelli da fare in Afghanistan e Iraq". Al Qaeda si concentra sempre piu' contro la Turchia perche' i fondamentalisti islamici si sentono minacciati dai regimi islamici moderati e filo-occiddentali molto piu' che da Israele (o, per dirla con le parole di bin Laden, dall'imperialismo americano-sionista).
"Il primo ministro turco RecepTayyip Erdogan - spiega Alon Liel, ex ambasciatore d'Israele in Turchia - rappresenta una grave sfida per i fondamentalisti nel mondo islamico. Egli e' un devoto musulmano che ha posto la democrazia al di sopra della religione e che ha fatto piu' di ogni altro leader turco per portare la Turchia verso una sistema pienamente democratico. Leader come Erdogan tolgono legittimita' all'essenza stessa dell'ideologia dei fondamentalisti, che sostengono la totale incompatibilita' fra democrazia e islam".
"La Turchia - aggiunge Shmuel Bar, ricercatore dell'Institute of Policy and Strategy presso l'Interdisciplinary Center di Herzliya - e' l'unico paese del mondo islamico che non dichiara di voler applicare la Shaaria: anche solo questo ne fa un bersaglio ideologico per i terroristi".
Secondo Liel e Bar, la recente ondata di attentati non puo' che aumentare il divario fra paesi musulmani pro-occidentali e paesi estremisti. Finora la Turchia si era tenuta praticamente fuori dalla guerra in Iraq. "Ora pero' - dice Liel - qualunque paese si scoprisse aver aiutato i terroristi, verrebbe considerato nemico dalla Turchia". Se dovessero emergere prove di un coinvolgimento della Siria o dell'Iran, la situazione fra questi paesi e la Turchia potrebbe seriamente degenerare. In questo senso, la reazione della Turchia di fronte all'attacco terrorista potrebbe essere molto diversa da quella di un paese come l'Arabia Saudita.

(Jerusalem Post, 20.11.03) "


Shalom!!!

Pieffebi
24-11-03, 21:18
da www.ilnuovo.it

http://www.ilnuovo.it/nuovo/images/445/fini_israele_45x55.jpg


" ROMA - Sul capo la kippà, sulla bocca parole di riconciliazione. Gianfranco Fini è arrivato in Terra Santa. Scortato dal presidente delle comunità ebraiche italiane Amos Luzzatto, il leader del partito che nacque dalle ceneri del Msi ha visitato il museo dell’Olocalusto, condannato le "infami" leggi razziali "tollerate" dagli italiani. E poi ha citato Perlasca come esempio di cittadino giusto e sottolineato il dovere della memoria, pescando una frase simbolo buona per gli annali: “Ricordare non per il passato ma per preparare il futuro”. E il tutto in appena poche ore, buone però per uscire dal recinto fascista. E a quanto pare per sempre. Visto che, nel pomeriggio, Fini ha fatto molto di più bollando il Ventennio "come il male assoluto" e la Repubblica di Salò come "una delle pagine vergognose" vissute dal nostro Paese.

Nel suo primo giorno a Gerusalemme quella che Fini ha voluto regalare al codazzo di giornalisti che l'hanno pedinato fin qui è la definitiva riconciliazione con gli ebrei e il pieno riconoscimento della sua crescita democratica. Da qui il riferimento alle leggi fasciste del'38. Forte condanna ma nessuna ammenda, nessun perdono.

"Si deve capire la ragione per la quale l'ignavia, l'indifferenza, la complicità fecero sì - ha detto anzi Fini lasciando lo YadVashem, il sacrario dedicato alle vittime della Shoah - che tantissimi italiani nel 1938 nulla facessero per reagire alle infami leggi razziali volute dal fascismo". Parole che Luzzatto, sempre al suo fianco, ha dimostrato di gradire: "E' una grossa novità che Gianfranco Fini abbia menzionato il termine fascismo, che abbia detto che le leggi razziali le ha volute il fascismo. E' la prima volta che glielo sento dire".

D’altronde che Fini si fosse preparato con tutti i crismi all’appuntamento si è visto fin da subito. Visibilmente contrito in volto, le mani giunte, quando è stato il momento di entrare nella Hall of remembrance, il grande spazio buio dove arde la fiamma perenne in memoria dei sei milioni di ebrei vittime della Shoah, il leader di An ha sistemato con cura una corona di fiori bianchi e rossi e di foglie verdi vicine al fuoco. Chi gli stava accanto l'ha sentito più volte sospirare, commuoversi, sussurrare che "angoscia", "che impressione".

"Dobbiamo ricordare", ha insistito poi davanti ai taccuini dei cronisti il delfino di Almirante, "perché sia chiaro a tutti nel 2003, nel presente, che di fronte al razzismo e all'antisemitismo nessuno può più dire io non c'entro, non dipende da me, tocca ad altri fare qualche cosa". Un concetto racchiuso anche nella frase scritta a penna sul registro dei visitatori: "Di fronte all'orrore della Shoah simbolo perenne dell'abisso di ferocia in cui può cadere l'uomo quando disprezza Dio, si avverte fortissimo il dovere di tramandare la memoria e fare tutto ciò che è possibile per evitare che in futuro sia riservato anche a un solo essere umano ciò che il nazismo riservò all'intero popolo ebraico".

La visita ufficiale del vicepremier è poi proseguita con l’incontro con il premier Ariel Sharon. Un’ora di faccia a faccia discutendo di pace, road map e Medio oriente. Fonti diplomatiche israeliane riferiscono che Sharon, durante il colloquio, "ha particolarmente lodato la posizione di estremo equilibrio dell'Italia, l'atteggiamento bilanciato che può contribuire all'avanzamento del processo di pace". Fini si è detto parte sua "onorato della visita e ha portato il fraterno abbraccio di Silvio Berlusconi, definendo l'amicizia dell'Italia verso Israele disinteressata e sincera". E ha confermato che il premier palestinese Abu Ala sarà presto in Italia. Condendo il tutto con altre dichiarazioni di amicizia verso Israele, "che va ricordato è l'unica democrazia in Medio Oriente", e spedendo un messaggio "a sradicare la malapianta dell'antisemitismo".

Subito dopo c'è stato l’incontro con i rappresentanti della Comunità ebraica d’Europa e il colloquio alla Knesset, il parlamento israeliano, con il leader dell’opposizione Shimon Peres e con il presidente della Repubblica, Moshe Katsav. Insomma, altre strette di mano, altri colloqui per completare lo sdoganamento. Anche se Luzzatto ha avvertito:"Gli esami non finiscono mai per nessun personaggio pubblico, chi ha responsabilità deve guadagnarsi giorno per giorno fiducia".

(24 NOVEMBRE 2003; ORE 8:38, aggiornato alle 19:00) "

Shalom!!!

Pieffebi
25-11-03, 20:40
da www.avvenire.it

" VIAGGIO IN ISRAELE


«Leggi razziali e Salò
pagine vergognose»

Fini in visita al museo della Shoah. Occasione di omaggio e condanna per quella che «fu l'epoca del Male Assoluto». E un impegno: ricordare

Dal Nostro Inviato A Gerusalemme Arturo Celletti

Jean Claude quattro anni, Sebastian sette anni, Marie tre anni...
Nomi e anni, anni e nomi. Una voce registrata, metallica li ripete all'infinito; una voce vera spiega il perché: «Essere dimenticati significa morire una seconda volta». La luce delle stelle e la luce delle lampade accese sono le uniche luci nella tenda dei bambini.
Gianfranco Fini si muove adagio nella penombra del dolore e una musica triste accompagna l'ultima tappa del cammino allo Yad Vashem, il museo dell'Olocausto. Sono secondi lunghi; è la fine di un viaggio tra gli orrori della Shoah: i fili spinati, i pigiami a righe, le svastiche, i saluti romani, le fosse comuni, i campi di sterminio. La mano di Amos Luzzatto, il capo degli ebrei italiani, si poggia sulla spalla del vicepremier, le sue labbra si muovono: «Sai, il ricordo è il segreto della libertà». Fini sembra capire. Sembra annuire. Si avvicina al libro della memoria e fa scorrere la penna nera su una pagina bianca. Per gridare il suo «mai più». Per ribellarsi «a quell'abisso di infamia in cui può precipitare l'uomo che disprezza Dio». Per ribadire il bisogno di «tramandare la memoria e fare sì che in futuro non sia riservato, anche a un solo essere umano, ciò che il nazismo riservò all'intero popolo ebreo».
Sono le dieci ora di Gerusalemme. Fini, dritto in piedi sotto la pioggia, continua a scandire i suoi no. Contro i carnefici di ieri» e contro chi uccise, ma anche «contro chi poteva salvare un innocente e non lo fece». Ora non scrive, parla. Il tono è secco, duro, deciso; il suo atto d'accusa si allarga: colpisce i crimini del nazismo, si abbatte contro le responsabilità del fascismo per le leggi razziali. È una denuncia nuova, sono parole finora mai pronunciate. «Nella storia del nostro passato ci sono pagine vergognose», ripete allo Yad Vashem. Quel grido di rabbia e di dolore non è figlio dell'emozione, ma di un cammino. E quel no a «pagine buie» della nostra storia italiana rimbalza quattro ore più tardi in un'ovattata saletta del lussoso King David. Fu una pagina vergognosa anche la Repubblica di Salò? Fini esita prima di annuire: «Sì, sì, fu una pagina vergognosa». Va dritto. Contro il fascismo. Contro la stagione delle discriminazioni razziali. E lo fa con due parole che restano impresse su tutti i taccuini dei cronisti: «Quella fu l'epoca del Male Assoluto», C'è il momento dello sdegno e della condanna. E c'è anche il momento dell'Esempio. Siamo di nuovo alla mattina e di nuovo allo Yad Vashem. Fini percorre a passi lenti il vialetto ai cui lati sono piantati gli alberi dei giusti. Alberi uguali, sotto ognuno dei quali c'è una targa con un nome e una storia. Fini ne indica una. Legge il nome, si interroga: «Chi è don Arrigo Beccari?». Chi l'accompagna racconta una pagina di coraggio e di fede. «Salvò 76 giovani quel prete italiano. Sì, portò in Svizzera 76 ragazzi ebrei». È il momento più duro. Quello in cui l'uomo della destra fa i conti con la storia. Per settanta minuti il capo di An si ferma davanti alle foto in bianco e nero del museo dell'Olocausto. Per settanta minuti guarda. Pensa. Riflette.
E ripete una parola, una sola parola: «Angoscia». Angoscia per i 5550 morti nell'agosto del '41 nel ghetto di Varsavia. Angoscia per la storia degli ebrei di Kielce: erano 25mila prima della guerra, rimasero in 200 dopo. È silenzioso Fini. Le braccia incrociate, lo sguardo di chi non riesce a darsi una risposta e continua a interrogarsi sottovoce: «Perché? Perché?». Oggi non basta la condanna. E forse non basterebbe nemmeno una richiesta di perdono che qualcuno pensava di ascoltare. Fini vuole andare oltre consapevole che - spiega citando Luzzatto - «il ricordo dello sterminio non è rivolto al passato, ma guarda al futuro in un tempo che è per tutti quello della responsabilità». Responsabilità vuole dire attualizzare un messaggio. Ricordarsi dei nostri uomini giusti. Ma vuol dire anche «capire le ragioni per le quali ignavia, indifferenza, complicità fecero sì che tantissimi italiani nel 1938 non facessero nulla per reagire alle infami leggi razziali volute dal fascismo». « Tramandare la memoria è un dovere, ma oggi servono atti concreti. Il razzismo non appartiene a un'epoca chiusa. Esiste ancora ». La camminata nel dolore è finita e Uziel sembra quasi sorridere. Fini si avvicina a quella faccia di bimbo scolpita nel marmo. «Aveva quattro anni quando è morto ad Auschwitz», dice una voce. Piove e la una musica triste accompagna ancora i passi dell'uomo della destra. "

Shalom!!!

Pieffebi
26-11-03, 21:24
da www.ilnuovo.it

" Scritta antisemita contro Mimun


E' apparsa sulla palazzina del Tg1 a Saxa Rubra. Duro comunicato del Cdr: "Un episodio inqualificabile". Molte le testimonianze di solidarietà, da Fassino a Gasparri, all'Usigrai.


ROMA - "Mimun ebreo di merda". Una scritta ripugnante, orribile. E' comparsa sulla palazzina del Tg1, a Saxa Rubra. "Non più grande di 20 centimetri in totale", si spiega. Fatta con un pennarello di colore nero. Il cdr della testata giornalistica è chiaro: "Quella cosa appartiene, come chi l'ha scritta, alle fogne della vita. Come ogni forma di antisemitismo e di revisionismo storico". I rappresentanti Elisa Anzaldo, Paolo Giuntella e Rossella Alimenti, aggiungono poi: "Per noi si tratta di un fatto gravissimo ed inquietante che deve allarmare tutti coloro che lavorano a diverso titolo professionale per il tg1 e tutta la Rai. Alla nostra durissima condanna corrisponde l'altrettanto forte solidarietà al direttore su questo ributtante episodio". La polizia che indaga sull'episodio rivolge gli accertamenti a largo raggio. "Sia all'interno dell'azienda che tra i frequentatori occasionali". Da Fassino a Gasparri non hanno fatto mancare, manifestazioni solidarietà nei confronti del direttore del Tg1.

L'Usigrai commenta duro: "E' un atto indegno che suscita l'esecrazione di tutti i dipendenti. Ci auguriamo che il responsabile di questo gesto vergognoso venga individuato e denunciato al più presto, per stroncare nel modo più netto queste manifestazioni di razzismo". Anche il sindaco di Roma, Walter Veltroni, è intervenuto con un messaggio diretto a Mimun: "Il gravissimo e inqualificabile episodio questa mattina, ha offeso, con te, i valori della civile convivenza e della democrazia". Il direttore generale della Rai, Flavio Cattaneo, attacca: "E' un episodio inqualificabile che dimostra lo squallore di chi lo ha compiuto. Il rispetto e la tolleranza per le idee degli altri, soprattutto in materia religiosa, sono i fondamenti della società civile. E' un atto di violenza - sottolinea ancora Cattaneo in una nota - che assume una particolare gravità perché si è svolto all'interno di un insediamento del Servizio Pubblico che ha proprio il dovere di esaltare i valori della nostra società".

(26 NOVEMBRE 2003; ORE 14:30) "

Saluti liberali

MrBojangles
26-11-03, 21:27
L'han fatto anche contro Mieli...

Pieffebi
08-01-04, 16:18
Ripetere [a volte] ...giova

" Corriere della Sera del 07/01/2004


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La polemica sull'antisemitismo

«L'Europa è stata debole contro l'antisemitismo»
Frattini: «Prodi ha reagito male alle critiche del Congresso ebraico». «Roma pronta a correggere l'errore ospitando il seminario annullato»
Roberto Zuccolini
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ROMA - «Prodi ha fatto malissimo a sospendere il seminario sull'antisemitismo. Spero che ci ripensi. Ma se ciò non dovesse accadere sarà il governo italiano a prendere l'iniziativa: proporremo di organizzarlo noi». Franco Frattini è particolarmente severo con il presidente della Commissione europea. Tanto che dà addirittura del «bambino offeso» al futuro avversario di Berlusconi sul fronte italiano. In altre parole, per il responsabile della Farnesina, Prodi non avrebbe dovuto reagire in quel modo alla durissima lettera firmata sul Financial Times dai presidenti di due congressi ebraici, quello mondiale e quello europeo. Una lettera in cui si accusa la Commissione europea di antisemitismo «sia con atti che con omissioni». Reazione di Prodi: sospensione del seminario sull'antisemitismo in Europa in programma a febbraio. Una mossa «decisamente sbagliata» secondo Frattini.
- I vertici dei massimi congressi ebraici lanciano accuse molto gravi alla Commissione europea. Sono giustificate?
«Quella lettera mi ha molto colpito perché riguarda un aspetto sul quale si è soffermata la presidenza italiana del semestre europeo e cioè il permanere dell'antisemitismo nelle nostre società. Si tratta in effetti di un tema che ha visto in passato una certa assenza della Commissione. Perché i due rapporti venuti alla luce, il primo contro Israele che è stato pubblicato, il secondo sulla xenofobia che è stato insabbiato, hanno confermato la percezione che esista ancora un problema di antisemitismo in Europa».
- Una «malattia» che attraversa nuovamente il vecchio continente?
«Si è assistito nei nostri Paesi ad atti gravi contro gli ebrei che dovevano suscitare un allarme. Invece, fino alla metà del 2003, c'è stata da parte dei governi europei troppa distrazione. Anche per questo la presidenza italiana ha insistito perché si concludesse il semestre con una solenne dichiarazione contro l'antisemitismo».
- E la Commissione?
«Ha agito in modo debole. La denuncia apparsa sul Financial Times contiene toni forse troppo rigidi e severi, ma nella sostanza fa emergere l'esistenza di un rapporto difficile. In altre parole il popolo ebraico presente in Europa vede la Commissione come una grande istituzione che sull'antisemitismo ha fatto meno di quanto avrebbe dovuto».
- Condivide quindi le accuse mosse contro Romano Prodi?
«Ripeto: i toni usati sono stati forti, ma la sostanza delle accuse è fondata. Occorre ricordare che quella lettera è stata scritta dopo che un sondaggio ha individuato Israele come la maggiore minaccia contro la pace mondiale e un rapporto dell'Osservatorio sul razzismo e la xenofobia è rimasto in un cassetto. Del resto è evidente che quando la Commissione stessa sceglie di organizzare un seminario sull'antisemitismo in Europa riconosce implicitamente che il problema esiste. E Prodi ha fatto malissimo a sospendere quella conferenza».
- Il presidente della Commissione si è difeso spiegando che negli ultimi mesi ha incontrato più volte autorevoli esponenti delle comunità ebraiche proprio per dare una risposta adeguata all'antisemitismo. E ha precisato che l'Osservatorio sulla xenofobia è una struttura indipendente dalla Commissione .
«È tutto vero, ma a maggior ragione è assolutamente sbagliato annullare il seminario sull'antisemitismo. Se i vertici delle comunità ebraiche sono ancora risentite per quei due episodi vuol dire che il problema esiste e bisogna affrontarlo. Prodi avrebbe dovuto dire che hanno fatto male ad usare quelle parole e rinviare tutto ad un incontro chiarificatore. Magari dopo due settimane. Così fanno gli uomini di governo. Invece si è comportato come un bambino facendo l'offeso. Con l'effetto che gli ebrei interpreteranno questo suo atteggiamento come un'ulteriore chiusura nei loro confronti».
- Auspica quindi che Bruxelles riprenda i contatti per organizzare il seminario?
«Sarebbe la cosa giusta da fare. Ma se non dovesse tornare sui suoi passi ci penseremo noi: a fine gennaio, nel primo consiglio dei ministri degli Esteri, proporrò che il seminario si faccia ugualmente su iniziativa del governo italiano. Saremo noi ad organizzarlo. Sottrarre agli ebrei un terreno di confronto proprio nel momento in cui Sharon annuncia di voler smantellare gli insediamenti illegali sarebbe la cosa peggiore da fare. Bisogna poi riflettere su come l'Europa ha curato in passato i rapporti con gli israeliani e i palestinesi».
- Qual è il suo giudizio?
«In passato l'Europa ha peccato sotto due aspetti. Il primo riguarda il finanziamento agli organismi palestinesi. Solo ora abbiamo ottenuto maggiore trasparenza. Cioè che quegli aiuti vadano a finire direttamente al governo palestinese di Abu Ala e non ad associazioni legate ad Hamas che, proprio sotto il semestre italiano, è passato nella "lista nera". Il secondo aspetto riguarda una certa diffidenza dei confronti degli israeliani che, sempre sotto la nostra presidenza, abbiamo cercato di correggere».
- Molti in Europa attribuiscono queste scelte alla maggiore vicinanza agli Stati Uniti assunta dal governo Berlusconi.
«Il discorso è un altro. La cosa più importante da fare è combattere l'antisemitismo. Ma è anche necessario realizzare un equilibrio tra israeliani e palestinesi».
- Perché, finora l'Europa è stata partigiana?
«Finora l'Europa ha tenuto un atteggiamento non molto chiaro: non so se si è trattato di uno squilibro, ma così è apparso più volte».
- Si può però combattere l'antisemitismo pur portando avanti critiche al governo israeliano.
«Non c'è dubbio che bisogna distinguere tra i due piani. Faccio un esempio preciso. Durante il semestre italiano ho criticato chiaramente Ariel Sharon per la costruzione del muro di separazione con i palestinesi nei punti in cui passa fuori del territorio israeliano. Alzare un muro è sempre un segno di chiusura. Farlo poi in casa altrui, come ha detto il segretario di Stato americano Powell, non è ammissibile. E anche sugli insediamenti illegali dei coloni nella zona palestinese ho espresso il mio disaccordo. Ma ora che lo stesso Sharon chiede lo smantellamento di quelle colonie credo che gli si debba dare credito».
- Finora però le due parti non sembrano disposte a riprendere il dialogo.
«Mi rendo conto che la finestra per le opportunità di pace non resterà aperta per molto tempo. Sia l'Europa che la Russia, per non parlare degli Stati Uniti, stanno per avviare le loro campagne elettorali: occorre fare in fretta. E l'Italia offrirà, come sempre, il suo lavoro di mediazione tra le due parti». "

Shalom!!!