Ulan
25-10-03, 17:45
Non appena s'è cominciato a parlare d'un condono edilizio le vergini violate della sinistra (e non solo) hanno cominciato a guaire ed ululare il loro disappunto.
Certo si potrebbe obbiettare a tanti virtuosi e rumorosi amministratori rossi che due delle capitali immorali dell'abusivismo (e non solo di quello), Torre del Greco e Crotone, hanno conosciuto il dominio incontrastato dei comunisti dalle elezioni dal 1946 fino ad ieri.
Non è questo il punto né interessano storie strappalacrime d'abusi di necessità: una legnaia che diventa la garçonniere del figlio disoccupato, una soffitta trasformata in mansarda per la badante della nonna paralitica e via snocciolando casi umani da talk show pomeridiano.
Le questioni son altre: in questo paese esiste la proprietà privata? è un diritto riconosciuto o un vizio a mala pena tollerato?
Il regime dei piani regolatori, introdotto dal fascismo, è servito a rendere più belle e vivibili le nostre città?
L'obbrobrio edilizio è tutto abusivo o non è stato debitamente autorizzato se non addirittura voluto e pagato dalla mano pubblica?
È chiaro ed evidente come la costitucjia del 1948 non riconosca la proprietà quale diritto fondamentale ed inalienabile dell'individuo ma si limiti – all’articolo 42- a prender atto di tale disdicevole, retrograda usanza sol per limitarne l'esercizio vincolandola non meglio specificati scopi sociali: i patti agrarî avrebbero dovuto espropriare i possidenti ed i consigli comunali pianificare un'equa gestione dei suoli edificabili.
Il diavolo socialista però fa le pentole e non i coperchi: i mezzadri sono pian piano sparititi sostituiti dai contoterzisti che probabilmente se la passano peggio dei fittavoli; mentre quella cosa pomposamente definita pianificazione urbanistica s'è risolta nel rendere edificabile il terreno gorenale dei sodali dell'assessore (in)competente.
Così, tanto per fare un semepio, il Municipio può vincolare di 5 anni in 5 anni un’area alla realizzazione d'opere pubbliche ma contestualmente non è obbligato a costruire, men che meno espropriare (leggasi pagare) il terreno.
S’iscrive un centro sportivo in quel libro dei sogni noto come "Bilancio di previsione pluriennale degli investimenti", si strombazza il progetto ai 4 venti e lo si chiude in un cassetto.
Il disgraziato sulla cui terra ricadrebbe il chimerico manufatto si vede, come per magia, il fondo invendibile, inutilizzabile ed improduttivo ma continua per lustri a pagarci le tasse senza poterne disporre, finché o l'Amministrazione rinuncia al rinnovo del vincolo o finalmente espropria, costruisce e paga (alle calende greche).
Altro giro altra corsa, un Comune vuole cementificare un area per favorire amici, parenti o compari di partito ma la legge impone inderogabili parametri ambientali.
"Che fare?" risuona in giunta l'interrogativo marxiano, "non c'è problema" risponde il kompagno assessore.
Ecco vincolati i giardini privati ad aree verdi, i parametri sono soddisfatti, il Comune non paga nemmeno lo sfalcio, gli amici altrove lottizzano felici mentre il Sindaco millanta l'incremento dei metri quadri di verzura procapite ma, se un ingenuo elettore volesse far jogging là dove il piano regolatore ostenta zone verdi, i proprietari gli mollerebbero dietro i cani.
D'altra parte questi ultimi (i proprietari, non i cani) che hanno comprato un grosso lotto (pagato per edificabile) con la prospettiva di costruirvi un ulteriore villino per le generazioni successive, si trovano l'orto vincolato come fosse il parco di Versailles, un bene inutile e invendibile su cui gravano le tasse più furiose mentre i pargoli si debbono accontentare d'un mini negli alveari edificati dagli allegri cementificatori di cui sopra.
E piú o meno questa è la realtà del fantomatico parco archeologico dell'ineffabile p.i. Veltroni, quello che si vantava d'aver spianato un prefabbricato sito su d’un fondo privato sovieticamente ribattezzato Parco dell'Appia Antica.
Così il sindaco di Torpignattara avrebbe salvato le radici della Civiltà Occidentale e donato all’Urbe un nuovo polmone, tutto con un sol tratto di penna, tutto a spese dei proprietari, tutto senza assumersi una lira d'oneri per la cura di cotanta tenuta.
A questo dunque conduce il disprezzo per la proprietà privata che oggettivamente accomuna troppe forze politiche tanto a sinistra quanto a destra come al centro, tutte accomunate matrici illiberali e perduranti pregiudizi antiborghesi.
All'obbiezione corale quanto banale che già s’ode sollevarsi:" ma dovremmo permettere a ciascuno di costruire come e dove vuole senza limiti né vincoli?"
Facile è il ribattere: Mestre fu costruita seguendo un piano regolatore, Venezia no.
V'è un edificio di molti piani eretto sull'arenile, di più, parte delle fondamenta sono state gettate sul fondale di una delle più belle riserve marine d'Europa per tacer delle tonnellate di terriccio di riporto che hanno cancellato per sempre ettari di preziosa macchia mediterranea, cos'è un ecomostro buono solo per il vindice piccone di Ermete Realacci?
No, è il Castello di Miramare che, come le ville a picco sul lago di Como, quelle che si specchiano nel Brenta o le torri ed i bovindi delle dimore liberty di Treviso, non ottempererebbe ad alcuna delle normative urbanistiche che invece risultano pienamente appagate dalla C.I.T.A di Marghera, dal Corviale di Roma, dalle Vele di Secondigliano e dallo Z.E.N. di Palermo (tutti interventi d'edilizia pubblica).
Parafrasando il Principe di Galles, i piani regolatori hanno fatto più danni dei bombardamenti, hanno consentito di distruggere il bello e pianificato la costruzione dell’orrido.
Il famigerato sacco di Palermo non fu opera di palazzinari abusivi ma conseguenza delle variazioni al PRG regolarmente votate in Consiglio Comunale da Don Vito Ciancimino e soci.
Il Governo nazionale può fare la fortuna di qualcuno ma è difficile, bisogna s'abbia l'erre moscia e si costruiscano auto scadenti, biplani antidiluviani e carrarmati di latta; viceversa l'amico giusto nell'assessorato giusto ha cambiato la vita a tanti, dal giorno alla notte, da agricolo ad edificabile.
Un potere enorme che un federalismo di comodo vorrebbe, sempre più assoluto ed incontrollabile, degenerare in puro arbitrio contro cui non resta che confidare nel condono; altro che premio pei disonesti, semmai prassi bizantina per godere in pace del proprio.
Ai politici che si riempiono la bocca con la tutela del territorio va ricordato che il territorio non esiste ma esistono i terreni ed i loro legittimi proprietarî i cui diritti e doveri verso i confinanti e l’universo mondo sono sufficientemente ed opportunamente regolati dal Codice Civile del Regno d’Italia fortunatamente ancora in vigore.
Non sia dunque il condono a dar scandalo ma la vergognosa ridda di norme inutili, dannose e criminogene che non hanno mai impedito di costruire edifici (anche pubblici) di nessun pregio sugli alvei dei fiumi o in mezzo ai centri storici ed alle aree archeologiche.
Da questo Governo delle Libertà ci si poteva spettare di meglio e di più: il riconoscimento delle Proprietà Privata come Valore, l'abolizione di leggi e eleggine fallimentari che espongono i nostri beni all'arbitrio di sindaci e consiglieri comunali e la loro sostituzione con pochi vincoli idrogeologici ed archeologici chiaramente definiti ed inderogabili.
Invece vien fuori pure un buontempone che vorrebbe mettere la destinazione d'uso del nostro campo, del nostro giardino, del nostro garage in balia degli extracomunitari.
Certo si potrebbe obbiettare a tanti virtuosi e rumorosi amministratori rossi che due delle capitali immorali dell'abusivismo (e non solo di quello), Torre del Greco e Crotone, hanno conosciuto il dominio incontrastato dei comunisti dalle elezioni dal 1946 fino ad ieri.
Non è questo il punto né interessano storie strappalacrime d'abusi di necessità: una legnaia che diventa la garçonniere del figlio disoccupato, una soffitta trasformata in mansarda per la badante della nonna paralitica e via snocciolando casi umani da talk show pomeridiano.
Le questioni son altre: in questo paese esiste la proprietà privata? è un diritto riconosciuto o un vizio a mala pena tollerato?
Il regime dei piani regolatori, introdotto dal fascismo, è servito a rendere più belle e vivibili le nostre città?
L'obbrobrio edilizio è tutto abusivo o non è stato debitamente autorizzato se non addirittura voluto e pagato dalla mano pubblica?
È chiaro ed evidente come la costitucjia del 1948 non riconosca la proprietà quale diritto fondamentale ed inalienabile dell'individuo ma si limiti – all’articolo 42- a prender atto di tale disdicevole, retrograda usanza sol per limitarne l'esercizio vincolandola non meglio specificati scopi sociali: i patti agrarî avrebbero dovuto espropriare i possidenti ed i consigli comunali pianificare un'equa gestione dei suoli edificabili.
Il diavolo socialista però fa le pentole e non i coperchi: i mezzadri sono pian piano sparititi sostituiti dai contoterzisti che probabilmente se la passano peggio dei fittavoli; mentre quella cosa pomposamente definita pianificazione urbanistica s'è risolta nel rendere edificabile il terreno gorenale dei sodali dell'assessore (in)competente.
Così, tanto per fare un semepio, il Municipio può vincolare di 5 anni in 5 anni un’area alla realizzazione d'opere pubbliche ma contestualmente non è obbligato a costruire, men che meno espropriare (leggasi pagare) il terreno.
S’iscrive un centro sportivo in quel libro dei sogni noto come "Bilancio di previsione pluriennale degli investimenti", si strombazza il progetto ai 4 venti e lo si chiude in un cassetto.
Il disgraziato sulla cui terra ricadrebbe il chimerico manufatto si vede, come per magia, il fondo invendibile, inutilizzabile ed improduttivo ma continua per lustri a pagarci le tasse senza poterne disporre, finché o l'Amministrazione rinuncia al rinnovo del vincolo o finalmente espropria, costruisce e paga (alle calende greche).
Altro giro altra corsa, un Comune vuole cementificare un area per favorire amici, parenti o compari di partito ma la legge impone inderogabili parametri ambientali.
"Che fare?" risuona in giunta l'interrogativo marxiano, "non c'è problema" risponde il kompagno assessore.
Ecco vincolati i giardini privati ad aree verdi, i parametri sono soddisfatti, il Comune non paga nemmeno lo sfalcio, gli amici altrove lottizzano felici mentre il Sindaco millanta l'incremento dei metri quadri di verzura procapite ma, se un ingenuo elettore volesse far jogging là dove il piano regolatore ostenta zone verdi, i proprietari gli mollerebbero dietro i cani.
D'altra parte questi ultimi (i proprietari, non i cani) che hanno comprato un grosso lotto (pagato per edificabile) con la prospettiva di costruirvi un ulteriore villino per le generazioni successive, si trovano l'orto vincolato come fosse il parco di Versailles, un bene inutile e invendibile su cui gravano le tasse più furiose mentre i pargoli si debbono accontentare d'un mini negli alveari edificati dagli allegri cementificatori di cui sopra.
E piú o meno questa è la realtà del fantomatico parco archeologico dell'ineffabile p.i. Veltroni, quello che si vantava d'aver spianato un prefabbricato sito su d’un fondo privato sovieticamente ribattezzato Parco dell'Appia Antica.
Così il sindaco di Torpignattara avrebbe salvato le radici della Civiltà Occidentale e donato all’Urbe un nuovo polmone, tutto con un sol tratto di penna, tutto a spese dei proprietari, tutto senza assumersi una lira d'oneri per la cura di cotanta tenuta.
A questo dunque conduce il disprezzo per la proprietà privata che oggettivamente accomuna troppe forze politiche tanto a sinistra quanto a destra come al centro, tutte accomunate matrici illiberali e perduranti pregiudizi antiborghesi.
All'obbiezione corale quanto banale che già s’ode sollevarsi:" ma dovremmo permettere a ciascuno di costruire come e dove vuole senza limiti né vincoli?"
Facile è il ribattere: Mestre fu costruita seguendo un piano regolatore, Venezia no.
V'è un edificio di molti piani eretto sull'arenile, di più, parte delle fondamenta sono state gettate sul fondale di una delle più belle riserve marine d'Europa per tacer delle tonnellate di terriccio di riporto che hanno cancellato per sempre ettari di preziosa macchia mediterranea, cos'è un ecomostro buono solo per il vindice piccone di Ermete Realacci?
No, è il Castello di Miramare che, come le ville a picco sul lago di Como, quelle che si specchiano nel Brenta o le torri ed i bovindi delle dimore liberty di Treviso, non ottempererebbe ad alcuna delle normative urbanistiche che invece risultano pienamente appagate dalla C.I.T.A di Marghera, dal Corviale di Roma, dalle Vele di Secondigliano e dallo Z.E.N. di Palermo (tutti interventi d'edilizia pubblica).
Parafrasando il Principe di Galles, i piani regolatori hanno fatto più danni dei bombardamenti, hanno consentito di distruggere il bello e pianificato la costruzione dell’orrido.
Il famigerato sacco di Palermo non fu opera di palazzinari abusivi ma conseguenza delle variazioni al PRG regolarmente votate in Consiglio Comunale da Don Vito Ciancimino e soci.
Il Governo nazionale può fare la fortuna di qualcuno ma è difficile, bisogna s'abbia l'erre moscia e si costruiscano auto scadenti, biplani antidiluviani e carrarmati di latta; viceversa l'amico giusto nell'assessorato giusto ha cambiato la vita a tanti, dal giorno alla notte, da agricolo ad edificabile.
Un potere enorme che un federalismo di comodo vorrebbe, sempre più assoluto ed incontrollabile, degenerare in puro arbitrio contro cui non resta che confidare nel condono; altro che premio pei disonesti, semmai prassi bizantina per godere in pace del proprio.
Ai politici che si riempiono la bocca con la tutela del territorio va ricordato che il territorio non esiste ma esistono i terreni ed i loro legittimi proprietarî i cui diritti e doveri verso i confinanti e l’universo mondo sono sufficientemente ed opportunamente regolati dal Codice Civile del Regno d’Italia fortunatamente ancora in vigore.
Non sia dunque il condono a dar scandalo ma la vergognosa ridda di norme inutili, dannose e criminogene che non hanno mai impedito di costruire edifici (anche pubblici) di nessun pregio sugli alvei dei fiumi o in mezzo ai centri storici ed alle aree archeologiche.
Da questo Governo delle Libertà ci si poteva spettare di meglio e di più: il riconoscimento delle Proprietà Privata come Valore, l'abolizione di leggi e eleggine fallimentari che espongono i nostri beni all'arbitrio di sindaci e consiglieri comunali e la loro sostituzione con pochi vincoli idrogeologici ed archeologici chiaramente definiti ed inderogabili.
Invece vien fuori pure un buontempone che vorrebbe mettere la destinazione d'uso del nostro campo, del nostro giardino, del nostro garage in balia degli extracomunitari.