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Colombo da Priverno
31-10-03, 17:23
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=20500):

Tutti i Santi

1 novembre

La Chiesa è indefettibilmente santa: Cristo l’amata come sua sposa e ha dato se stessa per lei, al fine di santificarla; perciò tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità. La Chiesa predica il mistero pasquale nei santi che hanno sofferto con Cristo e con lui sono glorificati, propone ai fedeli i loro esempi che attraggono tutti al Padre per mezzo Cristo e implora per i loro meriti i benefici di Dio. Oggi in un’unica festa si celebrano, insieme ai santi canonizzati, tutti i giusti di ogni lingua, di ogni razza e di ogni nazione, i cui nomi sono scritti nel libro della vita. Si iniziò a celebrare la festa di tutti i santi anche a Roma, fin dal sec. IX. (Mess. Rom.)

Martirologio Romano: Solennità di tutti i Santi uniti con Cristo nella gloria: oggi, in un’unico giubilo di festa la Chiesa ancora pellegrina sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il cielo, per essere incitata dal loro esempio, allietata dalla loro protezione e coronata dalla loro vittoria davanti alla maestà divina nei secoli eterni.

Martirologio tradizionale (1° novembre): Festa di tutti i Santi, la quale in onore della beata Vergine Madre di Dio Maria e dei santi Martiri il Papa Bonifacio quarto, dopo aver consacrato il tredici Maggio il tempio del Pantheon, ordinò che ogni anno solennemente ed universalmente si celebrasse nella città di Roma. Ma poi Gregorio quarto decretò, che la medesima festa, la quale in vari modi già si celebrava in diverse Chiese, fosse in perpetuo solennemente celebrata in questo giorno dalla Chiesa universale in onore di tutti i Santi.

La prima lettura della Messa di oggi, ripete un brano dell'Apocalisse di San Giovanni, con la visione di tutti i " servi di Dio ".
"E vidi una gran folla, che nessuno poteva contare, di tutte le genti e tribù e popoli e lingue, che stavano di faccia al trono e di faccia all'Agnello, rivestiti di bianche vesti e con palme nelle mani. E gridavano a gran voce: "La salvezza è dovuta al nostro Dio, che è seduto sul trono, e all'Agnello"".
L'Agnello, come si sa, è la figura del Cristo il quale, nel suo discorso sul monte, aveva rivolto a tutti le promesse dette "le beatitudini" che, sempre nella Messa di oggi, si leggono al Vangelo:
"Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli. Beati i mansueti, perché essi possederanno la terra. Beati coloro che piangono, perché saranno consolati. Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati quelli che soffrono persecuzioni a causa della giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.
Beati voi, quando vi oltraggeranno e, mentendo, diranno ogni male di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli".
I Santi sono coloro che si sono meritati la ricompensa del cielo: poveri in spirito, mansueti, tribolati, giusti, misericordiosi, puri, pacifici e perseguitati a causa di Gesù. Tutti Santi. Innumerevoli Santi, come dice chiaramente la Apocalisse.
La santità non è dunque rara, se di Santi è gremito il cielo. I Santi non sono soltanto quelli venerati nel Calendario, che pure sono già molti, ma rappresentano una piccolissima quota dei Santi che, come dice San Giovanni, "nessuno potrebbe contare" tranne Dio.
Nel Calendario, la Chiesa ha segnato soltanto i nomi di coloro la cui vita è stata riconosciuta esemplare. Ma sono santi tutti coloro che si salvano, e sperano di salvarsi per i meriti di Gesù.
Oggi è dunque la grande festa della Chiesa trionfante, che attorno al trono di Dio esulta nella sterminata assemblea dei salvati, mentre, come dice San Giovanni, "tutti gli angeli gridano: "La benedizione e la gloria e la sapienza e il ringraziamento e l'onore e la potenza e la forza del nostro Dio, per i secoli dei secoli"".
Resta da dire brevemente come e quando venne istituita la festa di Tutti i Santi o, come si dice più latinamente, di Ognissanti.
Anche questa festa venne dalla Chiesa Orientale, e fu accolta a Roma quando il Papa Bonifacio IV tra-sformò il Pantheon, dedicato a tutti gli dei dell'antico Olimpo, in una Chiesa in onore della Vergine e di tutti i Santi.
Ciò avveniva il 13 maggio del 609. Alcuino, il maestro di Carlomagno, fu uno dei propagatori della festa. Egli era un inglese di York, e i Celti consideravano il 1* novembre giorno di solennità, perché segnava l'inizio della stagione invernale.
Si pensa perciò che lo spostamento della festa, dal 13 maggio al 1* novembre, sia stato determinato da influenze anglosassoni e francesi. Ciò avvenne nel 1475, sotto il pontificato di Sisto IV.

Fonte: Archivio Parrocchia

Colombo da Priverno
31-10-03, 23:08
Timothy Radcliffe O.P.

già Maestro dell’Ordine

OMELIA

Friburgo, 1° Novembre 1992

Normalmente quando pensiamo ai santi noi immaginiamo che sono persone eccezionali, lontani da tutti, fuori dalla nostra esistenza quotidiana. La santità è una cosa normale. E’ il destino di ogni essere umano, di gente ordinaria come noi. La folla dei santi, di cui ci parla l’Apocalisse, siamo noi. La santità è il fine della nostra esistenza.

Ma la santità è un’ambizione? La santità è qualcosa che dobbiamo ricercare? In che senso noi possiamo dire che dobbiamo aspirare alla santità?

In primo luogo bisogna che noi dobbiamo diventare persone mosse dal desiderio profondo e appassionato da qualcosa.

La nostra società consumistica celebra quotidianamente piccoli desideri. Tenta di farci credere che noi possiamo essere felici solamente realizzando i nostri piccoli desideri: avere una macchina, passare delle belle vacanze... La ricerca di Dio, il cammino verso la santità comincia nel momento in cui noi non ci accontentiamo del benessere naturale, ma quando noi diciamo: “No, io voglio di più, e altro , che queste cose”.

Sovente noi pensiamo che i santi siano delle persone che sono riusciti a controllare e a regolare i loro desideri. Tutto è controllato in loro. Ma può essere che essi siano piuttosto delle persone che hanno saputo svegliare in loro i desideri e le passioni radicate profondamente nel loro essere?

Ho letto un testo sui santi domenicani e sono stato colpito dal fatto che essi erano persone appassionate.

Pensate a San Tommaso d’Aquino, per esempio. Il suo biografo Tocco, lo ha chiamato “l’uomo del desiderio”. Una leggenda narra che Gesù, un giorno, domandò a Tommaso cosa desiderasse, Tommaso rispose: Domine, non nisi te. Signore nient’altro che te! Avendo il desiderio profondo di capire, Tommaso rifiuta le soluzioni facili. Egli voleva comprendere meglio il suo Dio, ma era tanto onesto che percepiva che era impossibile. Un uomo di desiderio. E noi altri, come studenti, siamo veramente affascinati dal desiderio di comprendere, o siamo soddisfatti ci promuovono con summa cum laude?

Pensiamo a Bartolomeo de Las Casas che aveva questa passione inesauribile per la giustizia e il desiderio instancabile per un mondo nel quale gli Indiani potessero vivere con dignità. Egli scriveva al re: Io penso che Dio voglia che io riempia il cielo e la terra, e il mare ancora, di grida, di lacrime e di gemiti per la giustizia. Noi tutti parliamo della giustizia. Noi sappiamo che dobbiamo cercarla. Ma la giustizia è veramente una passione che tocca profondamente il nostro essere? O i nostri propositi sono delle vane parole?

Pensiamo a Caterina da Siena. Appassionata per la riforma della Chiesa, parlava del Cristo come del desiderio e dell’amore in lei. Tutti, noi vorremmo trasformare la Chiesa; una Chiesa più giusta e più onesta. Ma abbiamo noi una vera passione, come Caterina?

Siamo invitati a raggiungere la folla immensa dei santi, di ogni lingua e nazione. Ma la prima cosa che ci è chiesta è che noi siamo delle persone appassionate.

Discutendo con alcuni giovani che volevano diventare domenicani la mia prima domanda fu: “siete appassionati per qualcosa?” Perché questo è molto più importante del desiderio di entrare nell’Ordine. Se c’è passione in noi, Dio può cominciare a lavorare!

Beati i poveri, i miti, beati gli afflitti. Noi siamo invitati a essere felici. E’ difficile trovare dei santi tristi. I santi sono i beati perché la loro vita è conforme al loro desiderio più profondo; essi sono scappati dalla prigione delle loro piccole ambizioni, delle piccole passioni. Essi sono leggeri nel loro cuore. Essendo stati percepiti nel loro profondo desiderio, non possono prendersi troppo sul serio. Il nostro problema è che ci prendiamo troppo sul serio. Siamo invitati a lasciare dietro di noi non solo le nostre piccole ambizioni m anche le piccole identità.

A partire dal XVII sec. noi Europei siamo stati assillati dalla questione sull’identità. Chi sono? Qual è la mia identità come essere umano, come cristiano, come domenicano? E ci richiudiamo nelle nostre piccole identità che ci danno poco sicurezza.

La S. Scrittura ci offre liberazione. Essa ci spalanca le porte, perché noi possiamo immaginare chi siamo. San Giovanni ci dice Il mondo non ci conosce - noi siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è ancora stato rivelato”.

Noi siamo stati liberati dall’ossessione dell’identità, perché ciò che noi siamo è inimmaginabile.

Dal XVII sec. le nostre società hanno sviluppato l’orrore nei riguardi della folla. Nella folla, l'individuo perde la sua identità. Nella folla noi non sappiamo chi siamo. La folla è pericolosa, come la folla della Rivoluzione Francese.

Ma per noi, c’è una folla immensa, che nessuno può contare, la folla dei santi. Il nostro destino è appartenere a questa folla; è qui che noi saremo liberati da tutte le nostre piccole questioni d'identità, perché chi siamo è al di la di ciò che noi possiamo immaginare. E noi saremo liberi.

Augustinus
30-10-04, 20:14
Disc. 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968], 364-368

A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. E' chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro.
Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri.
Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, è quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme all'assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi.
Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di averci con loro e noi e ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipano con i voti dell'anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l'aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa bramosia non è certo disdicevole, perché una tale fame di gloria è tutt'altro che pericolosa.
Vi è un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed è quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come è ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati.
Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo.
Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si annunzierà più la sua morte. Allora sapremo che anche noi siamo morti e che la nostra vita è nascosta con lui in Dio.
Allora Cristo apparirà come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora trasformerà il nostri corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che è lui stesso.
Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità così incomparabile abbia a diventare realtà, ci è necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere.

Augustinus
30-10-04, 20:23
Proslogion, 22‑26, in PL 158, 238‑242.

Tu solo, Signore, sei ciò che sei; e tu sei colui che è. Le cose, che obbediscono alla legge del mutamento, differiscono nel tutto e nelle parti, per cui non possono essere veramente ciò che è.
L'essere di cui possiamo supporre la non esistenza, l'essere che è uscito dal nulla e vi ricadrebbe se una forza estranea non lo sostenesse, l'essere che non esiste più nel passato e non esiste ancora nel futuro, un tale essere non ha certo un'esistenza completa e assoluta. Tu invece, Signore, sei ciò che sei, perché quello che sei in un certo tempo o in un certo modo, lo sei tutt'intero e sempre. Anzi, tu sei colui che propriamente e semplicemente è; tu non sei stato ne devi essere, sei soltanto presente e non possiamo pensare che talvolta tu non sia. Ma tu, Signore, sei anche la vita, la luce, la sapienza, la beatitudine, l'eternità. Sei tutto ciò che è bene, e tuttavia non sei che un unico bene, il sommo bene, che esiste da se e non ha bisogno di nulla. Invece tutto ha bisogno di te per esistere, e per esistere bene. Questo bene sei tu, Dio Padre; lo è il Verbo, il Figlio tuo. Nel Verbo, infatti, col quale tu esprimi te stesso, non vi può essere null'altro di ciò che tu sei, nulla di maggiore o di minore di te. Il tuo Verbo è vero, cosi come tu sei verace, e perciò egli è la verità stessa come te, non un'altra da te. E tu sei cosi semplice che da te non può nascere altro se non ciò che sei tu.

Il sommo bene che sei tu, lo è pure l'amore unico e comune a te e al Figlio tuo, cioè lo Spirito Santo che da entrambi procede. L'amore stesso, infatti, non è inferiore ne a te ne al tuo Figlio, perché tu ti ami e lo ami ed egli ti ama e si ama, in proporzione della grandezza del vostro essere. Lo Spirito Santo non può differire ne da te, o Padre, ne dal tuo Figlio, poiché egli è l'eguale dell'uno e dell'altro. Essendo di natura essenzialmente semplice, non può procedere da altro che dal Padre e dal Figlio. Ciò che è ciascuna delle tre persone divine, lo è anche la Trinità intera, Padre, Figlio e Spirito Santo, perché ogni persona non è altro che l'unità sommamente semplice e la semplicità sommamente una, la quale non può essere moltiplicata ne scomposta. Non vi è che un solo bene necessario e in cui risiede ogni bene: anzi, esso è il bene universa le, completo e unico. Destati ora, anima mia, affina il tuo intelletto e cerca di comprendere, per quanto ti è possibile, la natura e la grandezza di questo bene.

Se questo o quel bene ci allieta, pensa che felicità dovrà arrecare quel bene che include la giocondità di tutti gli altri. Si tratta, però, di un gaudio ben diverso da quelli gustati in terra, tanto diverso quanto la creatura dísta dal Creatore. Se è un bene la vita creata, quale bene sarà la vita creatrice! Se è gradevole la salute creata, quanto sarà deliziosa la fonte di ogni salute. La sapienza umana è desiderabile per conoscere le cose create, ma quanto è amabile la somma sapienza che ha creato tutto dal nulla! Il possesso di un oggetto ci causa un vivo sentimento di gioia, e quanto più esaltante sarà godere il bene che ha creato tutto quello che è desiderabile. Chi potrà godere di questo bene supremo? E che cosa godrà, avendolo? O di che cosa sarà privato? Costui godrà di tutto quello che è desiderabile e sarà privo di quanto merita solo avversione. Egli attingerà alla fonte che racchiude tutti i beni dell'anima e del corpo, beni misteriosi, inauditi, incomprensibili. Perché, omiciattolo, vai vagando alla ricerca dei beni della tua anima e del tuo corpo? Ti basta amare l'unico bene nel quale sono presenti tutti gli altri, e desiderare semplicemente il bene in cui è ogni bene.

Che brami, o corpo, a cosa aneli, anima mia? Ciò che colma i vostri desideri, sta in cielo. Ti piace la bellezza? Lassù i giusti risplenderanno come il sole. Vuoi nelle tue membra una forza invincibile e nei tuoi movimenti un'agilità libera da ogni intralcio? Alla risurrezione i morti saranno simili agli angeli, perché si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale (1 Cor 15, 44). Se chiedi una vita lunga e sana, in Dio troverai un'eternità di salute, perché i giusti vivono per sempre (Sap 5, 15) e la salvezza dei giusti viene dal Signore (Sal 36, 39). Sei affamato? Lassù potrai saziarti, perché vedrai la gloria del Signore (Es 16, 7). Vuoi assaporare una gioia ineffabile? Lassù attingerai acqua con gioia alle sorgenti della salvezza (Is 12, 3). Ami la melodia? Lassù i cori angelici cantano senza fine le lodi di Dio. Cerchi le delizie più caste? In cielo sarai dissetato al torrente delle delizie divine (Sal 35, 9). Se poi desideri la sapienza, la sapienza stessa di Dio si rivelerà a te. Vuoi le delizie dell'amicizia? Lassù amerai Dio più di te stesso e un amore vicendevole ti legherà agli altri. Dio ti amerà infinitamente più di quanto tu potrai amarlo, perché l'amore che avrai per lui, per gli altri beati e per te stesso sarà limitato per natura. Ma l'amore che Dio ha per se stesso, per te e per gli altri, sarà infinito come la sua essenza.

Cerchi la concòrdia? La troverai in cielo, perché gli eletti avranno un'unica volontà, che sarà quella di Dio. Brami il potere? Lassù tutti saranno onnipotenti nell'attuare la propria volontà, come lo è Dio nel compiere la sua. Come Dio può da se ciò che vuole, cosi i beati, grazie a lui, potranno tutto ciò che vorranno, e la volontà di Dio sarà necessariamente compiuta. Se brami la gloria e l'opulenza, sappi che Dio colmerà di beni e di onori i suoi servi buoni e fedeli. Anzi, sarai figlio di Dio e parteciperai alla sua divinità, perché dove sarà il Figlio saremo anche noi, eredi Dio, coeredi di Cristo (Rm 8, 17). Se ti affascina godere una vera sicurezza, il bene unico di cui godrai lassù non potrà mai venirti meno e neppure potrai perderlo, se non per una tua scelta di quaggiù. Dio non porterà via agli eletti quel bene unico, perché li ama ed è amato da essi. Nessuna altra potenza potrà separare Dio dai suoi beati né vincere le loro volontà.

Il possesso del sommo bene è accompagnato da una felicità indicibile. Se tu potessi immergerti in quell'oceano di gaudio, il tuo cuore umano, cosi povero, cosi esperto del dolore, anzi sommerso in esso, sarebbe colmato di delizia. Scandaglia il tuo intimo ed esamina se il tuo cuore può contenere la gioia di tanta beatitudine. Allorché uno dei tuoi fratelli che amerai come te stesso possederà quella beatitudine, il tuo gaudio sarà raddoppiato, perché tu godrai, oltre che della tua, della sua felicità. E se due, tre o tanti possederanno tale felicità, tu ne godrai come se fosse la tua, giacché amerai ognuno e tutti come te stesso. Cosi nella pienezza d'amore che unirà gli innumerevoli cori degli angeli e dei beati, dove ognuno ama l'altro non meno di se, tutti godranno della propria felicità e di quella degli altri. La beatitudine di ognuno sara cosi moltiplicata senza fine e senza misura.

In che modo il cuore dell'uomo potrà condividere la beatitu dine di tutti i suoi fratelli, se appena è capace di contenere le gioie immense della propria beatitudine? Quanto più uno ama l'altro, tanto più gode della sua felicità. Nel gaudio perfetto del cielo ognuno amerà Dio e il fratello più di se stesso; perciò ognuno godrà incomparabilmente più della felicità di Dio che della propria e di quella di tutti i beati insieme. Gli eletti ameranno Dio con tutto il cuore, la mente e l'anima. Ma se il loro cuore, la loro anima e la loro mente non saranno pari alla grandezza di quell'amore, come potranno essere capaci di sostenere la pienezza della loro beatitudine? Mio Signore e mio Dio, tu sei la speranza e la gioia del mio cuore. Tu hai promesso questa felicità alla mia anima, dicendo per bocca del tuo divin Figlio: Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena (Gv 16, 24).

La meditazione mi ha svelato l'esistenza di una sovrabbondanza di gioia che inonda cuore, anima e mente. Essa penetra l'uomo intero e non verrà mai meno. Non sarà quell'oceano di felicità a effondersi in noi, ma saremo noi a naufragare in esso. Parla, Signore, al tuo servo; di all'intimo del suo cuore che quella felicità è preparata per coloro che entreranno nel tuo regno celeste; i tuoi eletti godranno quelle cose che occhio non vide., ne orecchio udì, ne mai entrarono in cuore di uomo (1 Cor 2, 9). Le mie parole e i miei pensieri non potranno mai concepire la felicità dei tuoi beati. Essa avrà l'estensione del loro amore e il loro amore avrà l'ampiezza della loro intelligenza. Ma chi può dire fino a quel punto i giusti ti conosceranno e ti ameranno nell'altra vita? Ascolta, o Signore, la mia voce: fa' che un giorno io possa ricevere ciò che prometti per la tua verità, perché la mia gioia sia piena. Nel frattempo mediti la mia mente, ne parli la mia lingua. Ne abbia fame l'anima mia e sete la mia carne, lo desideri tutto il mio essere fino a quando non entri nella gioia del mio Signore che è Dio uno e trino, benedetto nei secoli. Amen.

Augustinus
30-10-04, 20:28
Commentariorum in Evangelium Matthaei, lib. I, cap. 5, in PL 26, 33‑35.

Il Signore sale sul monte per attirare con se le folle sulle vette. Ma la gente non è in grado di seguirlo. Lo seguono, invece, i discepoli con i quali il Maestro parla seduto con loro. Se fosse stato in piedi, lo splendore della sua maestà divina li avrebbe folgorati. Alcuni pensano, secondo un'intepretazione troppo semplicista, che Gesù abbia pronunziato le beatitudini e il resto del discorso sul monte degli Ulivi. Non è cosi, giacché siamo in Galilea prima e dopo questo passo. Piuttosto credo che il Signore abbia insegnato le beatitudini sul monte Tabor o su qualche altra cima di quella regione, poiché al termine di tutto il suo discorso entra a Cafarnao. Beati i poveri in spirito, perché di essi e il regno dei cieli. Gesù specifica che beati sono i poveri in spirito, perché nessuno creda che si tratti della miseria imposta talvolta dalle circostanze; qui egli intende l'umiltà, non la povertà materiale. Il Signore proclama beati quelli che hanno un cuore povero, cioè coloro che sono poveri volontariamente a causa dello Spirito Santo. Il Salvatore parla di questi poveri nel libro d'Isaia, quando dice: Il Signore mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ci poveri un lieto messaggio (Lc 4, 18).

Beati i miti, perché erediteranno la terra. Non si tratta ne della terra di Giudea ne della terra di questo mondo.Il Signore infatti non allude alla terra maledetta, che produce spini e rovi e di cui diventa padrone l'uomo crudele e bellicoso. Qui si tratta della terra a cui anela il salmista,quando dice: Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi (Sal 26, 13). Il vincitore, che regna su questa terra, è descritto nel salmo quarantaquattro: Nello splendore della tua maestà., avanza e regna per la causa della verità, della mitezza e della giustizia (Sal 44, 4‑5). Quaggiù nessuno possiede la terra in virtù della mitezza, ma soltanto in forza della superbia. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Non si tratta delle lacrime versate su quelli che muoiono secondo le leggi di natura, ma del pianto su chi è preda dei peccati e dei vizi. Cosi pianse Samuele per Saul , poiché Dio si era pentito di averlo consacrato re di Israele (1 Sam 15, 35). Nello stesso senso, l'apostolo Paolo piange su coloro che non hanno fatto penitenza dopo aver commesso fornicazione e impurità (2 Cor 12, 21).

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia., perché saranno saziati. Non ci basta volere la giustizia: dobbiamo patirne la fame. Questa beatitudine ci fa capire come non saremo mai abbastanza giusti, ma quanto occorra avere sempre fame delle opere di giustizia. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Non si è misericordiosi solo con delle elemosine, ma allorché, di fronte al peccato del fratello, siamo disposti a portarne il peso con lui. Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. I cuori puri sono quelli la cui coscienza non rimprovera di nessuna colpa. Solo un cuore purificato può vedere colui che è la stessa purezza, poiché il tempio di Dio non può essere contaminato. Beati gli operatori di pace. perché saranno chiamati figli di Dio. Questi artefici di pace la mettono innanzitutto nel proprio cuore e poi tra i fratelli in discordia. Che ti gioverebbe mettere pace fra gli altri, se nel tuo animo i vizi si fanno guerra tra di loro?

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Molta gente ingiusta subisce persecuzioni a causa dei propri peccati. Il Signore perciò specifica che beati sono i perseguitati a causa della giustizia. Osserva che l'ottava beatitudine, quella della vera circoncisione, termina con il martirio. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Questo genere di maledizioni disprezzabili ci rende beati, perché la bocca che le proferisce dice il falso. Il Signore infatti sottolinea quale sia la particolare maledizione, che ci rende beati: Quando diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. La maledizione da desiderare è appunto quella che subiamo a causa di Cristo. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricom pensa nei cieli. Non so proprio chi di noi sappia esultare nel Signore quando vede la propria reputazione straziata dai calunniatori. A questo non giunge chi insegue la vanagloria. Rallegriamoci dunque ed esultiamo, perché ci sia preparata in cielo la ricompensa, secondo il proverbio che dice: Non invidiare la gloria e non sarai amareggiato quando essa ti mancherà".

Augustinus
02-11-04, 17:57
Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1222-1234

FESTA DI TUTTI I SANTI

La festa della Chiesa trionfante.

Vidi una grande moltitudine, che nessuno poteva contare, d'ogni nazione, d'ogni tribù, d'ogni lingua e stavano davanti al trono vestiti di bianco, con la palma in mano e cantavano con voce potente: Gloria al nostro Dio (Ap 7,9-10). Il tempo è cessato e l'umanità si rivela agli occhi del profeta di Pathmos. La vita di battaglia e di sofferenza della terra (Gb 7,1) un giorno terminerà e l'umanità, per molto tempo smarrita, andrà ad accrescere i cori degli spiriti celesti, indeboliti già dalla rivolta di Satana, e si unirà nella riconoscenza ai redenti dell'Agnello e gli Angeli grideranno con noi: Ringraziamento, onore, potenza, per sempre al nostro Dio! (Ap 7,11-14).

E sarà la fine, come dice l'Apostolo (1Cor 15,24), la fine della morte e della sofferenza, la fine della storia e delle sue rivoluzioni, ormai esaurite. Soltanto l'eterno nemico, respinto nell'abisso con tutti i suoi partigiani, esisterà per confessare la sua eterna sconfitta. Il Figlio dell'uomo, liberatore del mondo, avrà riconsegnato l'impero a Dio, suo Padre e, termine supremo di tutta la creazione e di tutta la redenzione, Dio sarà tutto in tutti (ivi 24-28).

Molto prima di san Giovanni, Isaia aveva cantato: Ho veduto il Signore seduto sopra un trono alto e sublime, le frange del suo vestito scendevano sotto di lui a riempire il tempio e i Serafini gridavano l'uno all'altro: Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti: tutta la terra è piena della tua gloria (Is 6,1-3).

Le frange del vestimento divino sono quaggiù gli eletti divenuti ornamento del Verbo, splendore del Padre (Ebr 1,3), perché, capo della nostra umanità, il Verbo l'ha sposata e la sposa è la sua gloria, come egli è la gloria di Dio (1Cor 11,7). Ma la sposa non ha altro ornamento che le virtù dei Santi (Ap 19,8): fulgido ornamento, che con il suo completarsi segnerà la fine dei secoli. La festa di oggi è annunzio sempre più insistente delle nozze dell'eternità e ci fa di anno in anno celebrare il continuo progresso della preparazione della Sposa (Ap 19,7).

Confidenza.

Beati gli invitati alle nozze dell'Agnello! (ivi, 9). Beati noi tutti che, come titolo al banchetto dei cieli, ricevemmo nel battesimo la veste nuziale della santa carità! Prepariamoci all'ineffabile destino che ci riserba l'amore, come si prepara la nostra Madre, la Chiesa. Le fatiche di quaggiù tendono a questo e lavoro, lotte, sofferenze per Dio adornano di splendenti gioielli la veste della grazia che fa gli eletti. Beati quelli che piangono! (Mt 5,5).

Piangevano quelli che il Salmista ci presentava intenti a scavare, prima di noi, il solco della loro carriera mortale (Sal 125) e ora versano su di noi la loro gioia trionfante, proiettando un raggio di gloria sulla valle del pianto. La solennità, ormai incominciata, ci fa entrare, senza attendere che finisca la vita, nel luogo della luce ove i nostri padri hanno seguito Gesù, per mezzo della beata speranza. Davanti allo spettacolo della felicità eterna nella quale fioriscono le spine di un giorno, tutte le prove appariranno leggere. O lacrime versate sulle tombe che si aprono, la felicità dei cari scomparsi non mescolerà forse al vostro rammarico la dolcezza del cielo? Tendiamo l'orecchio ai canti di libertà che intonano coloro che, momentaneamente da noi separati, sono causa del nostro pianto. Piccoli o grandi (Ap 19,5), questa è la loro festa e presto sarà pure la nostra. In questa stagione, in cui prevalgono brine e tenebre, la natura, lasciando cadere i suoi ultimi gioielli, pare voler preparare il mondo all'esodo verso la patria che non avrà fine.

Cantiamo anche noi con il salmista: "Mi sono rallegrato per quello che mi è stato detto: Noi andremo nella casa del Signore. O Gerusalemme, città della pace, che ti edifichi nella concordia e nell'amore, noi siamo ancora nei vestiboli, ma già vediamo i tuoi perenni sviluppi. L'ascesa delle tribù sante verso di te prosegue nella lode e i tuoi troni ancora liberi si riempiono. Tutti i tuoi beni siano per quelli che ti amano, o Gerusalemme, e nelle tue mura regnino la potenza e l'abbondanza. Io ho messo ormai in te le mie compiacenze, per gli amici e per i fratelli, che sono già tuoi abitanti e, per il Signore nostro Dio, che in te abita, in te ho posto il mio desiderio" (Sal 121).

Storia della festa.

Troviamo prima in Oriente tracce di una festa in onore dei Martiri e san Giovanni Crisostomo pronunciò una omelia in loro onore nel IV secolo, mentre nel secolo precedente san Gregorio Nisseno aveva celebrato delle solennità presso le loro tombe. Nel 411 il Calendario siriaco ci parla di una Commemorazione dei Confessori nel sesto giorno della settimana pasquale e nel 539 a Odessa, il 13 maggio, si fa la "memoria dei martiri di tutta la terra".

In Occidente i Sacramentari del V e del VI secolo contengono varie messe in onore dei santi Martiri da celebrarsi senza giorno fisso. Il 13 maggio del 610, Papa Bonifacio IV dedicò il tempio pagano del Pantheon, vi fece trasportare delle reliquie e lo chiamò S. Maria ad Martyres. L'anniversario di tale dedicazione continuò ad essere festa con lo scopo di onorare in genere tutti i martiri, Gregorio III, a sua volta, nel secolo seguente, consacrò un oratorio "al Salvatore, alla sua Santa Madre, a tutti gli Apostoli, martiri, confessori e a tutti i giusti dormienti del mondo intero".

Nell'anno 835, Gregorio IV, desiderando che la festa romana del 13 maggio fosse estesa a tutta la Chiesa, provocò un editto dell'imperatore Luigi il Buono, col quale essa veniva fissata il 1° novembre. La festa ebbe presto la sua vigilia e nel secolo XV Sisto IV la decorò di Ottava obbligatoria per tutta la Chiesa. Ora, sia la vigilia sia l'Ottava sono soppresse.

MESSA

"Alle calende di novembre vi è la stessa premura che vi è a Natale, per assistere al Sacrificio in onore dei Santi", dicono vecchi documenti in relazione a questo giorno" (Lectiones ant. Brev. Rom. ad hanc diem. Hittorp. Ordo Romanus). Per quanto generale fosse la festa, anzi in ragione della sua stessa universalità, non era forse la gioia speciale per tutti e l'onore delle famiglie cristiane? Le quali santamente fiere di coloro dei quali si trasmettevano le virtù di generazione in generazione e la gloria del cielo, si vedevano così nobilitate ai loro occhi, più che da tutti gli onori terreni.

Ma la fede viva di quei tempi vedeva anche nella festa l'occasione di riparare le negligenze volontarie o forzate commesse nel corso dell'anno riguardo al culto dei beati inscritti nel calendario pubblico.

EPISTOLA (Ap 7,2-12). - In quei giorni: Io Giovanni vidi un altro Angelo che saliva da oriente ed aveva il sigillo di Dio vivo, e gridò con gran voce ai quattro Angeli, a cui era ordinato di danneggiare la terra e il mare e disse: Non danneggiate la terra, il mare e le piante, finché non abbiamo segnato nella loro fronte i servi del nostro Dio. E sentii il numero dei segnati, centoquarantaquattromila di tutte le tribù d'Israele: della tribù di Giuda dodici mila segnati; della tribù di Ruben dodici mila segnati; della tribù di Gad dodici mila segnati; della tribù di Aser dodici mila segnati; della tribù di Neftali dodici mila segnati; della tribù di Manasse dodici mila segnati; della tribù di Simeone dodici mila segnati; della tribù di Levi dodici mila segnati; della tribù di Issacar dodici mila segnati; della tribù di Zabulon dodici mila segnati; della tribù di Giuseppe dodici mila segnati; della tribù di Beniamino dodici mila segnati. Dopo queste cose vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, d'ogni tribù, d'ogni popolo e linguaggio. Essi stavano davanti al trono e dinanzi all'Agnello, in bianche vesti e con rami di palme nelle loro mani, e gridavano a gran voce e dicevano: La salute al nostro Dio che siede sul trono e all'Agnello! E tutti gli Angeli che stavano intorno al trono, ai vegliardi e ai quattro animali, si prostrarono bocconi dinanzi al trono, e adorarono Dio, dicendo: Amen! Benedizione e gloria e sapienza e ringraziamenti e onore e potenza e forza al nostro Dio, nei secoli dei secoli. Così sia.

I due censimenti.

L'Uomo-Dio alla sua venuta sulla terra fece, per mezzo di Cesare Augusto, una prima volta il censimento della terra (Lc 2,1). Era opportuno che all'inizio della redenzione fosse rilevato ufficialmente lo stato del mondo. Ora è il momento di farne un secondo, che affiderà al libro della vita i risultati delle operazioni di salvezza.

"Perché questo censimento del mondo al momento della nascita del Signore, dice san Gregorio in una delle omelie di Natale, se non per farci comprendere che nella carne appariva Colui che doveva poi registrare gli eletti nella eternità?" (Lezione vii dell'Ufficio di Natale). Molti però, a causa dei peccati, si erano sottratti al beneficio del primo censimento, che comprendeva tutti gli uomini nel riscatto di Dio Salvatore, e ne era necessario un secondo che fosse definitivo ad eliminasse dall'universalità del primo i colpevoli. Siano cancellati dal libro dei vivi; il loro posto non è con i giusti (Sal 68,29). Le parole sono del re Profeta e il santo Papa qui le ricorda.

Nonostante questo, la Chiesa, tutta gioiosa, non pensa oggi che agli eletti, come se di essi soli si trattasse nel solenne censimento in cui abbiamo veduto terminare la vita dell'umanità. Infatti essi soli contano davanti a Dio, i reprobi non sono che lo scarto di un mondo in cui solo la santità risponde alla generosità del creatore e all'offerta di un amore infinito.

Prestiamo le anime nostre all'impronta che le deve "conformare all'immagine del Figlio unico" (Rm 8,29) segnandoci come tesoro di Dio. Chi si sottrae all'impronta sacra non eviterà l'impronta della bestia (Ap 13,16) e, nel giorno in cui gli Angeli chiuderanno il conto eterno, ogni moneta, che non potrà essere portata all'attivo di Dio, se ne andrà da sé alla fornace in cui bruceranno le scorie.

VANGELO (Mt 5,1-12). - In quel tempo: Gesù avendo veduto la folla, salì sul monte e, come si fu seduto, gli si accostarono i suoi discepoli. Allora egli aprì la sua bocca per ammaestrarli, dicendo: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati i famelici e sitibondi di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati sarete voi, quando vi oltraggeranno e perseguiteranno e, falsamente, diranno di voi ogni male per cagion mia. Rallegratevi (in quel giorno) ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Le Beatitudini.

La terra è oggi così vicina al cielo che uno stesso pensiero di felicità riempie i cuori. L'Amico, lo Sposo ritorna in mezzo ai suoi e parla di felicità. Venite a me voi tutti che avete tribolazioni e sofferenze. Il versetto dell'Alleluia era con queste parole l'eco della patria e tuttavia ci ricordava l'esilio, ma tosto nel Vangelo è apparsa la grazia e la benignità del nostro Dio Salvatore (Tt 2,11; 3,4). Ascoltiamolo, perché ci insegna le vie della beata speranza (ivi 2,12-13), le delizie sante, che sono ad un tempo garanzia ed anticipo della perfetta felicità del cielo.

Sul Sinai, Dio teneva l'Ebreo a distanza e dava soltanto precetti e minacce di morte, ma sulla vetta di quest'altra montagna, sulla quale è assiso il Figlio di Dio, in modo ben diverso si promulga la legge dell'amore! Le otto Beatitudini all'inizio del Nuovo Testamento hanno preso il posto tenuto nell'Antico dal Decalogo inciso sulla pietra.
Esse non sopprimono i comandamenti, ma la loro giustizia sovrabbondante va oltre tutte le prescrizioni e Gesù le trae dal suo Cuore per imprimerle, meglio che sulla pietra, nel cuore del suo popolo. Sono il ritratto perfetto del Figlio dell'uomo e riassunto della sua vita redentrice. Guardate dunque e agite secondo il modello che si rivela a voi sulla montagna (Es 25,40; Ebr 8,5 ).

La povertà fu il primo contrassegno del Dio di Betlemme e chi mai apparve più dolce del figlio di Maria? chi pianse per causa più nobile, se egli già nella greppia espiava le nostre colpe e pacificava il Padre? Gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i pacifici dove troveranno fuori di lui il modello insuperato, mai raggiunto e sempre imitabile? E la sua morte lo fa condottiero dei perseguitati per la giustizia! Suprema beatitudine questa della quale più che di tutte le altre, la Sapienza incarnata si compiace e vi ritorna sopra e la precisa e oggi con essa termina, come in un canto d'estasi

La Chiesa non ebbe mai altro ideale. Sulla scia dello Sposo, la sua storia nelle varie epoche fu eco prolungata delle Beatitudini. Cerchiamo di comprendere anche noi e, per la felicità della nostra vita in terra, in attesa dell'eterna, seguiamo il Signore e la Chiesa.

Le Beatitudini evangeliche sollevano l'uomo oltre i tormenti, oltre la morte, che non scuote la pace dei giusti, anzi la perfeziona.

Discorso di san Beda [1].

"In cielo non vi sarà mai discordia, ma vi sarà accordo in tutto e conformità piena, perché la concordia tra i Santi non avrà variazioni; in cielo tutto è pace e gioia, tutto è tranquillità e riposo e vi è una luce perpetua assai diversa dalla luce di quaggiù, tanto più splendida quanto più bella. Leggiamo nella Scrittura che la città celeste non ha bisogno della luce del sole, perché 'il Signore onnipotente la illuminerà e l'Agnello ne è la fiaccola' (Ap 21,23). 'I Santi brilleranno come stelle nell'eternità, e quelli che istruiscono le moltitudini saranno come lo splendore del firmamento' (Dn 12,3). Là, non notte, non tenebre, né ammassi di nubi; non rigore di freddo, né eccessivo calore, ma uno stato di cose così bene equilibrato che 'occhio non vide e orecchio non udì e il cuore dell'uomo nulla mai comprese' (1Cor 2,9) di simile. Lo conoscono quelli che sono trovati degni di goderne e 'i nomi dei quali sono scritti nel libro della vita' (Fil 4,3) che 'hanno lavato il loro vestito nel sangue dell'Agnello e stanno davanti al trono di Dio, servendolo notte e giorno' (Ap 7,14). 'Là non c'è vecchiaia, né debolezze della vecchiaia, perché tutti sono giunti allo stato dell'uomo perfetto, nella misura dell'età del Cristo' (Ef 4,13).

Ma quello che tutto sorpassa è l'essere associati ai cori degli Angeli, dei Troni e delle Dominazioni, dei Principati e delle Potenze; il godere della compagnia di tutte le Virtù della corte celeste; il contemplare i diversi ordini dei Santi, più splendenti che gli astri; il considerare i Patriarchi illuminati dalla loro fede, i Profeti radiosi di speranza e di gioia, gli Apostoli preparati a giudicare le tribù di Israele e tutto l'universo; i Martiri, cinti del diadema splendente della porpora della vittoria e infine le Vergini con la fronte coronata di candidi fiori" (18 Discorso sui Santi).

Incoraggiamento alla pratica delle virtù.

La Chiesa dopo averci mostrato la bellezza e la gioia del cielo, dopo la seducente esposizione sulla eternità, avrebbe potuto presentarci la questione che san Benedetto pose al postulante, che bussava alla porta del monastero: Vuoi la vita? vuoi vedere giorni felici? (Prologo alla Regola). Avremmo anche noi prontamente risposto: sì. E pare che davvero la questione ce l'abbia silenziosamente posta e che abbia udito il nostro sì, perché prosegue adesso esponendoci le condizioni, necessarie per entrare nel regno dei cieli.

"La speranza di giungere alla ricompensa della salvezza ci alletti, ci attiri, lottiamo volentieri e con tutto l'impegno nello stadio della santità; mentre Dio e Cristo ci guardano. Dato che già abbiamo cominciato ad elevarci sopra il mondo ed il secolo, stiamo attenti, perché nessun desiderio terreno ci attardi. Se l'ultimo giorno ci trova svincolati da ogni cosa, se ci trova in agile corsa nel cammino delle buone opere, il Signore non potrà fare a meno di ricompensare i nostri meriti.

Colui che dà, come prezzo della sofferenza, a quelli che hanno saputo vincere nella persecuzione, una corona imporporata, darà pure, come prezzo delle opere di santità, una corona bianca a coloro che avranno saputo vincere nella pace. Abramo, Isacco, Giacobbe non furono messi a morte, ma sono stati tuttavia ritenuti degni dei primi posti fra i Patriarchi, perché tale onore meritarono con la fede e le opere di giustizia, e coloro che saranno trovati fedeli, giusti e degni di lode siederanno al banchetto con questi grandi giusti. Bisogna ricordare però che dobbiamo compiere la volontà di Dio e non la nostra, perché 'chi fa la volontà di Dio vive eternamente' (Gv 2,17) come vive eternamente Dio stesso.

Bisogna dunque che con spirito puro, fede ferma, virtù robusta, carità perfetta, siamo preparati a compiere tutta la volontà di Dio, osservando con coraggiosa fedeltà i comandamenti del Signore, l'innocenza nella semplicità, l'unione nella carità, la modestia nell'umiltà, l'esattezza nell'impiego, la diligenza nell'assistenza degli afflitti, la misericordia nel sollevare i poveri, la costanza nella difesa della verità, la discrezione nella severità della disciplina e infine bisogna che non lasciamo di seguire o dare l'esempio delle buone opere. Ecco la traccia che tutti i Santi, tornando alla patria, ci hanno lasciata, perché, camminando sulle loro orme, possiamo giungere alle gioie che essi hanno raggiunto" (Beda, 18 Discorso sui Santi).

È utile lodare i Santi.

Una esortazione per i suoi figli la Chiesa la chiede a san Bernardo, e ci parla con la sua voce.

"Dato che celebriamo con una festa solenne il ricordo di tutti i Santi, diceva ai suoi monaci l'abate di Chiaravalle, credo utile parlarvi della loro felicità comune nella quale gioiscono di un beato riposo e della futura consumazione che attendono. Certo, bisogna imitare la condotta di quelli che con religioso culto onoriamo; correre con tutto lo slancio del nostro ardore verso la felicità di quelli che proclamiamo beati, bisogna implorare il soccorso di quelli dei quali sentiamo volentieri l'elogio.

A che serve ai Santi la nostra lode? A che serve il nostro tributo di glorificazione? A che serve questa stessa solennità? Quale utile portano gli onori terrestri a coloro che il Padre celeste stesso, adempiendo la promessa del Figlio, onora? Che cosa fruttano loro i nostri omaggi? Essi non hanno alcun desiderio di tutto questo. I santi non hanno bisogno delle nostre cose e la nostra divozione non reca loro alcun vantaggio: ciò è cosa assolutamente vera.
Non si tratta di loro vantaggio, ma nostro, se noi veneriamo la loro memoria. Volete sapere come abbiamo vantaggio? Per conto mio, confesso che, ricordando loro, mi sento infiammato di un desiderio ardente, di un triplice desiderio.

Si dice comunemente: occhio non vede, cuore non duole. La mia memoria è il mio occhio spirituale e pensare ai Santi è un po' vederli, e, ciò facendo, abbiamo già 'una parte di noi stessi nella terra dei viventi' (Sal 141,6), una parte considerevole, se la nostra affezione accompagna, come deve accompagnarlo, il nostro ricordo. È in questo modo, io dico, che 'la nostra vita è nei cieli' (Fil 3,20). Tuttavia la nostra vita non è in cielo, come vi è la loro, perché essi vi sono in persona e noi solo con il desiderio; essi vi sono con la loro presenza e noi solo con il nostro pensiero".

Desiderare l'aiuto dei Santi.

"Perché possiamo sperare tanta beatitudine dobbiamo desiderare ardentemente l'aiuto dei Santi, perché quanto non possiamo ottenere da noi ci sia concesso per la loro intercessione.

Abbiate pietà di noi, sì, abbiate pietà di noi, voi che siete nostri amici. Voi conoscete i nostri pericoli, voi conoscete la nostra debolezza; voi sapete quanto grande è la nostra ignoranza, e quanta la destrezza dei nostri nemici; voi conoscete la violenza dei loro attacchi e la nostra fragilità. Io mi rivolgo a voi, che avete provato le nostre tentazioni, che avete vinto le stesse battaglie, che avete evitato le stesse insidie, a voi ai quali le sofferenze hanno insegnato ad avere compassione.

Io spero inoltre che gli angeli stessi non disdegneranno di visitare la loro specie, perché è scritto: 'visitando la tua specie non peccherai' (Gb 5,24). Del resto, se io conto su di essi perché noi abbiamo una sostanza spirituale e una forma razionale simile alla loro, credo di poter maggiormente confidare in coloro che hanno, come me, l'umanità e che sentono perciò una compassione particolare e più intima per le ossa delle loro ossa e la carne della loro carne".

Confidenza nella loro intercessione.

"Non dubitiamo della loro benevola sollecitudine a nostro riguardo. Essi ci attendono fino a quando anche noi non avremo avuta la nostra ricompensa, fino al grande giorno dell'ultima festa, nella quale tutte le membra, riunite alla testa sublime, formeranno l'uomo perfetto in cui Gesù Cristo, nostro Signore, degno di lode e benedetto nei secoli, sarà lodato con la sua discendenza. Così sia" (Discorso sui Santi, passim).

Imitare coloro che si lodano.

Troviamo in san Giovanni Crisostomo la dottrina già esposta: è cosa buona lodare i Santi, ma alla lode bisogna unire l'imitazione delle loro virtù.

"Chi ammira con religioso amore i meriti dei Santi e celebra con lodi ripetute la gloria dei giusti è tenuto ad imitare la loro vita virtuosa e la loro santità. È necessario infatti che chi esalta con gioia i meriti di qualche santo abbia a cuore di essere come lui fedelmente impegnato nel servizio di Dio. O si loda e si imita, o ci si astiene anche dal lodare. Sicché, dando lode ad un altro, ci si rende degni di lode e, ammirando i meriti dei Santi, si diventa ammirabili per una vita santa. Se amiamo le anime giuste e fedeli, perché apprezziamo la loro giustizia e la loro fede, possiamo anche essere quello che sono, facendo quello che fanno".

I modelli.

"Non ci è difficile imitare le loro azioni, se consideriamo che i primi Santi non ebbero esemplari innanzi a sé e quindi non imitarono altri, ma si fecero modello di virtù degno di essere imitato, affinché, con il profitto che noi ricaviamo imitando loro e con quello che il prossimo ricaverà, imitando noi, Gesù Cristo nella sua Chiesa sia glorificato perpetuamente dai suoi servi.

Così avvenne fin dai primi tempi del mondo. Abele, l'innocente, fu ucciso, Enoc fu rapito in cielo, perché ebbe la fortuna di piacere a Dio, Noè fu trovato giusto, Abramo fu approvato da Dio, perché riconosciuto fedele, Mosè si distinse per la mansuetudine, Giosuè per la castità, Davide per la dolcezza, Elia fu gradito al Signore, Daniele fu pio e i suoi tre compagni furono vittoriosi, gli Apostoli, discepoli di Cristo, furono designati maestri dei credenti e i Confessori, da loro istruiti combatterono da forti, mentre i martiri, consumati nella perfezione, trionfano e legioni di cristiani, armati da Dio, continuamente respingono il demonio. Per ciascuno di essi la lotta è diversa, ma le virtù sono simili e le vittorie di tutti restano gloriose".

Necessità del combattimento.

"Tu, o cristiano, sei soldato ben meschino, se credi di vincere senza combattere e di raggiungere il trionfo senza sforzo! Spiega le tue forze, lotta con coraggio, combatti, senza debolezze, nella mischia. Mantieni il patto, rimetti sulle condizioni, renditi conto di che cosa sia l'essere soldato, il patto che hai concluso, le condizioni che hai accettate, la milizia nella quale ti sei arruolato" (Giovanni Crisostomo, Discorso sulla imitazione dei Martiri).

La nostra risurrezione.

Ci giova oggi ricordare la dottrina sulla risurrezione dei morti, che san Paolo esponeva un giorno ai fedeli di Corinto, sulla grandiosa cerimonia liturgica che la seguirà, e sulla visione beatifica, che avremo in premio nell'eternità.

Noi risusciteremo, perché Cristo è risuscitato. Questa dottrina riassume in certo modo tutto il cristianesimo. Il battesimo è inserzione di ciascuno di noi in Cristo e dal momento che noi siamo entrati nell'unità della sua vita e formiamo con lui un solo corpo mistico e reale insieme, l'interesse è comune, la condizione nostra è legata alla sua, quello che è avvenuto in lui deve avvenire in noi: la morte, il seppellimento, la risurrezione, l'ascensione, la vita eterna in Dio. Le membra avranno la sorte del capo e potremmo dire, propriamente parlando, di essere già risuscitati in Gesù Cristo, perché la sua Risurrezione è causa, motivo, esempio, sicura garanzia della nostra.

Cristo non è risuscitato per sé solo, per conto suo, ma per noi tutti. Nella legge antica erano offerte a Dio le spighe mature, in nome di tutta la messe. Il Signore, se è un essere individuale, è pure il secondo Adamo, essere vivente, che comprende in sé la moltitudine di quelli che da lui son nati e perciò, se egli è risuscitato, tutti sono risuscitati, ma ciascuno a suo tempo; Cristo per primo, poi tutti quelli che sono di Cristo risusciteranno alla sua venuta. Dopo sarà la fine.

L'inizio della vita eterna.

"Sarà la fine. La fine del periodo laborioso nel corso del quale il Signore raccoglie il numero dei suoi eletti, stabilisce il suo regno e annienta i suoi nemici. Si potrebbe dire altrettanto bene inizio della vita nuova, compimento del disegno di Dio con il ritorno a lui di tutto quanto avrà acconsentito ad appartenere a Cristo Nostro Signore Gesù Cristo, dopo aver trionfato di tutte le potenze nemiche, debellata ogni autorità e scardinato ogni potere ostile al suo, porterà a Dio, suo Padre, tutte le nature umane delle quali è re e, avendo qual Figlio operato solo per il Padre, gli riconsegnerà il comando su tutta la sua conquista. Sì, noi lo sappiamo, tutto si piegherà davanti a Dio in cielo, sulla terra, e nell'inferno; tutto sarà sottomesso, fuorché Colui, che ha sottomesso a sé tutte le cose.

L'eternità comincerà con una cerimonia liturgica di infinita grandezza. Il Verbo Incarnato, nostro Signore Gesù Cristo, il re predestinato, circondato dagli Angeli, dagli uomini nati per la sua grazia e viventi la sua vita, si metterà alla testa della falange che il Padre gli ha dato e la guiderà e condurrà verso il santuario eterno. Si presenterà con essi davanti al Padre e presenterà e offrirà a lui la messe immensa degli eletti germogliati dal suo sangue e si sottometterà con essi alla paterna dominazione di Colui, che tutto gli donò e sottomise, rimettendogli lo scettro e la regalità della creazione da lui conquistata, che con lui entrerà nel seno della Trinità. La famiglia di Dio sarà allora completa e Dio sarà tutto in tutti".

Dio è tutto in tutti.

"Dio tutto in tutti: l'espressione ha per il nostro pensiero qualcosa di prodigioso e di meraviglioso... Oggi Dio non è tutto in me e io non sono in relazione diretta con lui, ma sempre tra noi sta l'importuna creazione e io arrivo a Dio a prezzo di un lento e penoso cammino sempre avvolto nella oscurità. Il mio pensiero non vede Dio e la fede stessa me lo vela: non sono un essere intelligente, e non lo sarò che quando Dio si offrirà come oggetto alla mia intelligenza finalmente desta, il giorno in cui Dio, per mostrarsi a me, si unirà alla mia intelligenza, perché io possa conoscerlo. Come dire questo? Dio sarà allora alla radice stessa del mio pensiero, perché io lo veda, alla radice della mia volontà, perché io lo possieda, alla radice e al centro del mio cuore, perché io l'ami. Egli allora sarà la bellezza che amo e sarà in me il cuore che ama la bellezza, sarà il termine e l'oggetto dei miei atti e in me ne sarà il principio.

Questa gloriosa appartenenza della mia anima a Dio si prepara sulla terra con l'unione a Cristo. Nell'eternità entreremo totalmente nella vita di Dio, se quaggiù saremo interamente conformati a Cristo. Questa è l'idea fondamentale del cristianesimo: essere con Cristo nel tempo, per essere con Dio nell'eternità (Dom Delatte, Epistole di san Paolo, I, 379-383)".

PREGHIAMO

O Dio onnipotente ed eterno, che ci hai concesso di venerare con una sola solennità i meriti di tutti i tuoi Santi; ti preghiamo di accordarci, in vista di tanta moltitudine di intercessori, l'abbondanza della tua misericordia.

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NOTE

[1] Il discorso, attribuito a san Beda, pare piuttosto di Walfrido Strabone, o più probabilmente ancora di Helischar di Treviri. Riv. Ben. 1891, p. 278

http://www.augustins.org/images/photos/41_019_380.jpg Guercino, La Gloria di tutti i Santi con i Santi protettori di Modena (SS. Francesco d'Assisi, Geminiano di Modena, Pietro, Paolo, Giovanni Battista, Sebastiano, Gregorio Magno, Girolamo e Stefano), 1647, Musée des Augustins, Tolosa

Caterina63
26-10-05, 12:10
Santi nella storia degli uomini

(prof. Giuseppe Borasio)

Chi sono i santi? Le risposte non ci mancano, anzi abbondano. Siamo generalmente d’accordo, anche se non usiamo le stesse parole, nel Chiamare santi gli amici più fedeli di Dio, gli uomini e le donne che realizzano meglio il suo progetto, coloro che camminano sempre secondo la sua volontà, coloro in cui arde più viva la carità.
Per quanto queste siano alcune delle definizioni possibili, persino ovvie, non credo che la questione si possa considerare conclusa. Per questo ritengo necessario approfondirla.
Comincerò con una citazione tratta da “Il grande libro dei santi” (edizioni San Paolo):
“La santità è un fenomeno propriamente cattolico (romano e ortodosso). Essa presuppone la possibilità per l’uomo di essere perfetto, come si legge in Matteo 5, 48. Ma cosa significa essere perfetto? L’uomo sa di essere imperfetto e di dover morire: una coscienza che non si cancella neppure nei momenti di esaltazione per il successo o qualsiasi altra causa. Il venire dal nulla e il ritornare nel nulla entro una breve parentesi di vita è un’opinione comune che ha fondamento nell’esperienza. Per poter pensare alla perfezione dell’uomo, alla sua santità, è necessario credere ad una vita diversa da quella umana, una vita perfetta. Per i cristiani è la vita divina, la vita stessa di Dio. Ma Dio, secondo il Nuovo Testamento, ha deciso che il Verbo, il suo figlio unico, si faccia uomo: così la divinità partecipa nel Cristo dell’umanità. È l’evento che i cristiani chiamano incarnazione. Un evento che ne ha generato un altro: la possibilità per l’uomo di diventare Dio, per la vita umana di unirsi e partecipare alla vita divina: un evento cui presiede lo Spirito di Dio, perché l’uomo con le sue forze non potrebbe mettere in atto le potenzialità che l’incarnazione ha creato nel suo essere. La santità è appunto il verificarsi di questo movimento di risposta dell’uomo, per via di Spirito Santo, all’iniziativa dell’incarnazione. Il fenomeno è espresso in una definizione celebre che il grande Ireneo di Lione, già nella seconda metà del secolo II, seppe esprimere: “Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventasse Dio”. (Claudio Leonardi, “Il grande libro dei santi”, 1998)

Questo brano, relativamente breve, ma denso, accenna al carattere misterioso della santità, la quale a sua volta rimanda alla duplice natura, divina e umana, della Chiesa, sposa di Cristo, vero Dio e vero uomo.

Indubbiamente la nozione di santo, almeno in senso generale, è conosciuta anche prima e indipendentemente dal Cristianesimo.
La conoscono, per non dire dell’Oriente, le più alte civiltà fiorite nel mondo mediterraneo, quella ellenica e quella latina. Gli aggettivi “aghios” e “sanctus”, che abitualmente traduciamo con “santo” sono ampiamente documentati e significano egualmente “sacro”, “consacrato”, inclinando il vocabolo greco verso l’accezione di “puro” (v. al proposito l’altro aggettivo “agnòs”)e alludendo quello latino alla conformità a una norma, a qualcosa di stabilito (v. il verbo “sancire”, in linea con lo stretto rapporto, tipico della civiltà romana, fra piano giuridico e piano etico-religioso.

Quella nozione la conoscono naturalmente gli Ebrei. Il vocabolo tradotto con “santo” è connesso – lo apprendo dagli esperti in lingue semitiche –da una radice verbale che significa “separare”, “riservare”, mettere a parte”, sempre in un contesto liturgico, riferito al culto. Lo si dice di una persona, di un animale, di un oggetto, che siano distaccati dall’uso profano per essere riservati al Signore. L’attributo di santo, a maggior ragione e in senso stretto, compete a Dio. In un passo dell’antico testamento leggiamo: “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo” (Levitico, XIX, 2). Soltanto Dio è santo in senso forte; l’uomo e la donna che s’impegnano a essergli fedeli sono chiamati giusti (un’eco di questa nozione religiosa e non solo morale di giustizia è presente nel Nuovo testamento, per esempio nel Vangelo secondo Matteo, che denomina giusto Giuseppe , lo sposo di Maria, e altri personaggi).
La novità, non certo piccola, dell’Ebraismo consiste nella vocazione alla santità, che ha per destinatario l’uomo, sia come individuo sia come membro del popolo eletto.
Nelle religioni politeistiche gli dei sono abbassati al piano della media umanità, pur non mancando una schietta ricerca di un ideale spirituale (il “Bene” dei filosofi, l’anelito alla rigenerazione di qualche poeta, la fiducia nelle pratiche di purificazione, legate ai cosiddetti culti misterici), che consenta all’umanità di oltrepassare la propria mediocre condizione e di trovare qualche risposta agli enigmi dell’esistenza.
Tuttavia è soltanto nell’esperienza dell’antico Israele che troviamo un Dio insieme trascendente e vicinissimo, che non solo ha creato uomo e donna a sua immagine e somiglianza, ma li solleva “su ali d’aquila” e, chiamandoli alla santità, conferisce loro una dignità altissima.

Proviamo a ridiscendere da queste vette. Saltiamo – si fa per dire, perché ci ritorneremo - secoli e secoli di Cristianesimo e veniamo a un periodo storico abbastanza vicino a noi, il Settecento, il secolo dell’Illuminismo. Diamo la parola a Voltaire, che, con il suo stile ironico e pungente , esprime il suo pensiero sulla santità, all’interno della voce “virtù del suo Dizionario filosofico.
“Noi viviamo in società: non c’è nulla dunque di veramente buono per noi se non ciò che fa il bene della società. Un solitario sarà sobrio, pio, sarà vestito con un cilicio: ebbene, sarà santo; ma non lo chiamerò virtuoso se non avrà fatto qualche atto di virtù di cui avranno profittato altri uomini. Finché è solo, non è né benefico, né malefico; non è niente per noi. Se san Bruno ha messo la pace nelle famiglie, se ha soccorso l’indigenza, è stato virtuoso; se ha digiunato e pregato in solitudine, è stato un santo”.
In queste osservazioni c’è del vero. Sono d’accordo con Voltaire che santità e moralità (con questa seconda nozione raccogliamo in sintesi l’esercizio delle virtù) si distinguono; le distingue anche il comune sentire, che non fa coincidere il galantuomo e il santo. Convengo con Voltaire nell’individuare nell’utilità sociale o interpersonale un contrassegno fondamentale degli atti virtuosi.
Qui finiscono le mie concordanze con lo scrittore francese. Per lui il discrimine fra virtù e santità corrisponde a quello fra vita attiva, i cui risultati sono misurabili con evidenza, e vita contemplativa, i cui eventuali risultati rimangono impalpabili. Coerentemente a questa opposizione egli qualifica come santi alcuni atti umani, che poi relega in un angolo piccolo piccolo, oscuro, ininfluente. Questo dualismo, a mio parere artificioso, già presente fin dal tardo Medioevo, farà scuola e sarà gravido di conseguenze anche nella politica ecclesiastica dei governi, soprattutto nell’Ottocento e nel Novecento.
Quand’anche la vita contemplativa e l’ascetismo fossero socialmente neutri o persino inutili, come si può stabilire che lo siano anche sul piano etico, ovvero in riferimento alla persona che si conforma a essi? Interrogando la storia, non soltanto la storia sacra, si apprende che dagli asceti e dai mistici è venuta non raramente una scossa, un risveglio, che hanno rinnovato la società: da Giovanni Battista a Benedetto da Norcia, da Francesco a Caterina da Siena, da Filippo Neri a Luigi Orione, per limitarci a qualche caso.

Ma c’è di più. Quel dualismo fra vita santa e vita virtuosa, tutto sbilanciato in Voltaire a favore della seconda, non corrisponde all’esperienza comune, attestata da osservatori equanimi. La persona che pratica ciò che è moralmente bello e retto (i Latini lo chiamavano “honestum”) non necessariamente è definita anche santa.
Le nostre valutazioni hanno certo, più che mai in questo ambito, un margine di approssimazione e di fallibilità e un cristiano dev’essere guardingo di fronte ai giudizi che definiscono un altro essere umano, dal momento che proprio il cristiano sa quanto valgano nella vita spirituale la coscienza, il cuore, le interne intenzioni.
Tuttavia il “senso comune delle nazioni”, come lo chiamerebbe Giambattista Vico, sul quale si radicano il linguaggio e i concetti morali, ha i suoi diritti, che è imprudente trascurare. Ora, se l’uomo virtuoso non coincide di per sé con il santo, quest’ultimo sarà o non sarà un uomo virtuoso?
Naturalmente no, risponde Voltaire, che fa del santo un misto di solitario, bizzarro e improduttivo.
Naturalmente sì, risponde chi guarda alla storia con occhi il più possibile liberi da prevenzioni (il più possibile, perché essere esente da pregiudizi è pur sempre una meta, non un dato di fatto).
La gente chiama santo non chi porta con sé, mescolato a belle qualità, qualche vizio o difetto manifesto o grossolano, ma piuttosto chi ha raggiunto un alto grado di bontà, diciamo pure di virtù, e in più…
Già, nella santità c’è qualcosa di ulteriore, di non riducibile alla moralità, pur elevata, qualcosa che sfuggiva a Voltaire e in genere a chi ha smarrito il senso del mistero, di quel mistero che è l’uomo, che ha smarrito, a maggior ragione, il senso del soprannaturale.
Intenderei tornare, ripartendo di qui, su alcuni di questi elementi.

**********************************
I - Riassumo per sommi capi quanto ho esposto nell’articolo “I santi nella vita degli uomini” (la parte sopra nda)

1 – La nozione di santità è già presente nel mondo antico, precristiano. Si trova nel mondo ellenico e romano, associata all’idea di sacro, di puro e può riferirsi tanto a oggetti e a istituzioni quanto a persone. Che il riconoscimento della santità non sia un semplice retaggio di epoche arcaiche, oggetto della sola devozione popolare, lo dimostra Platone, nella colta e raffinata Atene dell’età classica. Proprio la santità viene considerata e approfondita nell’“Eutifrone”, uno dei dialoghi in cui il sommo filosofo ateniese s’interroga sulle più significative qualità morali, analogamente a quanto faceva Socrate.

2 – Ancor più la santità è riconosciuta nell’Ebraismo, innanzitutto come attributo di Jahvè, ma secondariamente come attributo di persone. L’uomo fedele e timorato di Dio è chiamato giusto, ma talora anche santo, proprio nel senso di “uomo di Dio”.

3 – Nel Cristianesimo la figura del santo diviene familiare. Tuttavia nel secondo millennio cristiano, in specie negli ultimi tre-quattro secoli, proprio nel cuore del mondo evangelizzato da antica data, si comincia prima a contestare, poi a rifiutare l’immagine del mondo e dell’uomo trasmessa dalla Rivelazione biblica. Nell’articolo che sto riprendendo citavo Voltaire, non perché egli sia il massimo responsabile di questo rifiuto; ma perché il pensatore francese, nemico irriducibile del Cristianesimo e in particolare della chiesa cattolica, con le sue doti di scrittore brillante e divulgatore efficace, ha contribuito molto ad allontanare gl’intellettuali e in genere l’opinione pubblica dalla concezione cristiana o, in senso lato, religiosa della vita.

I seguaci del deismo, che si è diffuso nel Seicento e che continua anche oltre l’Illuminismo, ammettono che Dio esista, ma non sanno che farsene dei misteri specificamente cristiani della Trinità e dell’Incarnazione. Anzi, hanno smarrito la nozione di un essere supremo che sia non solo ordinatore dell’universo, ma anche creatore; creatore non solo del mondo naturale, ma pure del mondo morale. Il fatto è che a molti intellettuali moderni difetta l’idea di un Dio personale, quale era stata intravista o anche teorizzata in alcune correnti della filosofia antica. Venendo meno, oltre alla fede religiosa, anche l’idea di un dio personale, creatore, provvidente, non c’è più motivo di additare nell’imitazione di Dio la vocazione più alta per l’uomo e per la donna, fatti a sua immagine e somiglianza.
Stando così le cose, per tanta parte del pensiero moderno e contemporaneo, l’ideale del santo è qualcosa di posticcio, di marginale, una specie di ramo secco rispetto all’albero della civiltà. Certo, è difficile per chiunque, rimanere indifferenti di fronte a figure di singolare statura spirituale, che toccano i cuori e fanno dubitare anche le menti più impermeabili al senso del soprannaturale.

II - Quali che siano i pensieri e i sentimenti dei nostri contemporanei, il messaggio ebraico-cristiano documenta da millenni, soprattutto lo documenta la vita di molti credenti, che non tutti i valori umani sono riducibili alla dimensione estetica ed etica, tanto meno a un’etica tutta terrestre.
Per i cristiani Gesù è colui che c’illumina intorno al mistero di Dio e che nello stesso tempo ci rende meno enigmatico quello dell’uomo. Fa parte di questa rivelazione , l’insistenza sull’originario, sovrabbondante e gratuito amore del Padre. Un amore che stima le creature, che le lascia libere, affinché crescano nella dignità di figli di Dio.
Alla luce di questa prospettiva, che approfondisce quella espressa nell’Antico Testamento, s’intendono i comandi di Gesù a essere perfetti e a essere misericordiosi come il Padre celeste, secondo le versioni rispettivamente di Matteo e di Luca.
La perfezione è l’attributo più generale di Dio (nel catechismo di Pio X, studiato ancora dai bambini della mia generazione, Dio è chiamato “l’essere perfettissimo). Il pio israelita nel recitare il salmo 118, diceva qualcosa di più: “di ogni cosa perfetta ho visto il limite, ma la tua legge non ha confini”.

L’accento posto sulla misericordia, così caratteristico dell’evangelista Luca, ma presente da un capo all’altro della Sacra Scrittura, ci pone davanti il modo di operare proprio del Signore, tanto difficile da imitare e persino da accettare per noi, così spesso oscillanti fra indulgenza complice e durezza di cuore, fra lassismo e giustizialismo.
Insomma, il comando “siate santi, perché io, il Signore, sono santo”, viene riproposto dal divino Maestro e da lui pienamente incarnato, in modo che, da duemila anni a questa parte, la santità si configura come imitazione di Cristo.

III - Il primo teologo cristiano, ovvero san Paolo, da una parte chiama santi i membri delle comunità alle quali si rivolge, poiché sono stati rigenerati alla grazia con il battesimo; d’altra parte egli continuamente esorta, ammonisce, incoraggia a “santificarsi sino alla perfezione”; i membri del popolo cristiano infatti non sono automaticamente esenti da possibili ricadute o da tiepidezze. Gli fa eco san Pietro, quando mette in guardia: “siate temperanti, non peccate; il vostro nemico, il diavolo, va in giro cercando chi divorare…”.
La santità è quindi un dono di grazia, una partecipazione alla vita divina, e insieme una conquista quotidiana, uno sforzo che richiede un’ascesi per la quale san Paolo usa immagini tratte dalla preparazione degli atleti e dall’agonismo, così popolare già ai suoi tempi.
La teologia cristiana non riduce la santità alla moralità, ma parimenti non separa l’una dall’altra.
In questo senso si può ben dire, traducendo, con qualche lieve aggiustamento, il famoso adagio “gratia non tollit naturam, sed perficit”, che i doni soprannaturali non aboliscono i talenti naturali, ma li perfezionano”
A questo proposito san Paolo tratteggia l’ideale morale del cristiano: “Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, ciò che è virtù e merita lode, tutto ciò sia oggetto dei vostri pensieri”(Filippesi, 4, 8).

Nonostante i dissensi piuttosto forti delle epoche successive circa il rapporto con l’eredità classica, a dodici secoli di distanza, ovvero nel XIII secolo, troviamo una connessione , pur nella sua specificità, della religiosità e della santità con la vita morale. La troviamo nel massimo pensatore medioevale.
Come spiega Battista Mondin , autore del Dizionario enciclopedico del pensiero di san Tommaso d’Aquino, “per s. Tommaso la santità è essenzialmente una virtù: è la virtù specifica dell’uomo religioso: è la disposizione con la quale “l’anima umana applica a Dio se stessa e i propri atti” (Somma Teologica, II-II, q. 81, a.8).
Come spiega lo stesso autore, riassumendo il pensiero dell’Aquinate, la santità è, al pari della religione, una parte della virtù della giustizia, per cui si dà a Dio ciò che gli è dovuto. “La santità non differisce dalla religione in maniera essenziale, ma per una distinzione di ragione. Infatti si parla di religione per gli atti che si riferiscono al servizio di Dio, specialmente per quelli attinenti al culto, come sacrifici, offerte e altre cose del genere: si parla invece di santità non solo per codeste cose, ma per tutti gli atti delle altre virtù che l’uomo riferisce a Dio, o per quelle opere buone con le quali si dispone al culto di Dio”(ibid.)

IV – Nel corso dei due millenni cristiani l’immagine del santo ha conservato alcuni elementi fondamentali, ma al contempo ha risentito del mutare della sensibilità, delle esigenze proprie delle diverse epoche.
Nei tempi più antichi la Chiesa ha riconosciuto come santi le colonne del suo stesso edificio, cioè gli apostoli, i discepoli di Gesù, comprese le donne, e i più stretti collaboratori degli apostoli nella diffusione del Vangelo.
Grande è stata fin dai primi tempi la venerazione per i martiri, i testimoni per eccellenza. Da Stefano a Massimiliano Kolbe, da Agnese a Maria Goretti, un filo rosso, una scia di carità e di fedeltà percorre la storia del Cristianesimo.
Venne poi, una volta attenuatesi le persecuzioni delle autorità romane, il tempo in cui apparvero esemplari gli asceti, i monaci, le vergini votate a Dio. Un capitolo speciale meriterebbe il modello di santità femminile: alle fanciulle, alle giovani, alle donne si propone, accanto all’imitazione di cristo, quella più specifica di Maria, vergine, sposa, madre.

Un altro modello di santità, questa volta tutto maschile, è quello dei pastori del popolo cristiano, vescovi come Atanasio, Basilio, Martino, Martino, Agostino, o pontefici, come Leone I e Gregorio I, saggi, coraggiosi, operosi, che uniscono bontà e dottrina.
Nell’alto Medioevo la tipologia della santità si arricchisce di un nuovo modello: la “santità di funzione”, come la chiama lo storico Vauchez. Vengono proposti al culto e godono di grande venerazione fra la gente comune uomini e donne che hanno esercitato l’autorità, spesso in posizione altissima. Si ttratta di laici, generalmente coniugati, come Alfredo, re del Wessex e fondatore della nazione inglese, come sintesi di stirpi (celtica e germanica), fecondata da elementi latini e dalla fede cristiana; di Stefano, il primo re cristiano dei Magiari, simbolo della nazione ungherese; dell’imperatore tedesco Enrico II, del re di Francia Luigi IX, del duca Venceslao di Boemia, delle regine Margherita di Scozia, generosa benefattrice, ed Elisabetta di Portogallo, esempio commovente di pazienza e mitezza verso il marito e i figli, di Olga, principessa russa …
Nel tardo Medioevo, pur ammirandosi sempre la “santità di funzione”, estesa anche a ceti sociali inferiori, pur continuando a esercitare una viva attrazione sulla gente l’elemento taumaturgico, si ripropone il fascino di coloro che hanno vissuto più da vicino la sequela di Cristo, sino a portare sulla propria carne il sigillo della sua Passione. Il santo è sempre ancora un eroe o un’eroina della lotta spirituale, avendo molti avversari o addirittura nemici, talora in se stesso o fra i propri famigliari, tal’altra nell’ambiente storico in cui vive. L’attributo di “santo atleta” che Dante riferisce al nostro Domenico (Paradiso, XII), può valere anche per Francesco e Antonio, per Brigida di Svezia e Caterina da Sfiena. I santi, certo non solo in questo periodo della storia, sono tutt’altro che figure vaporose. Sono campioni di pazienza; non a caso, fra i modi dire che li riguardano celebre è il proverbio “la pazienza è la virtù dei santi”.

V - Non continuerò in questa digressione storica, che meriterebbe ben più di uno schizzo sommario. Desidero concludere riportando un grazioso aneddoto, che ascoltai anni fa da p. Ubaldo Terrinoni, un amabile sacerdote cappuccino, che ogni primo lunedì del mese (con l’eccezione di luglio e agosto) parla da Radio Maria nella trasmissione “Bibbia e vita cristiana”.
Racconta p. Ubaldo: “Un rigido mattino d’autunno lo scrittore fiorentino Piero Bargellini si era alzato per tempo, per godersi l’aria pura e frizzante delle ore mattutine, prima che si ridestasse la città con il ritmo del giorno di lavoro. Si aggirava tutto solo, per le strade di Firenze, raccolto nei suoi pensieri, quando viene avvicinato da un contadino, che ha tutta l’aria della persona smarrita nella grande città, che, guardando sott’occhi un foglio sgualcito, gli chiede:
- Per favore, sa dove si trova via San vincenzo Gioberti? –
- E qui p. Ubaldo cede la parola a Bargellini (che tra l’altro dedicò molte e fini pagine alla vita dei santi): “Lo aiutai come potei, dandogli le necessarie indicazioni. Il contadino ringraziò, si mise il foglio in tasca e riprese a camminare. Fui tentato di richiamarlo, per dirgli che Vincenzo Gioberti non era un santo. Ma preferii ritenermi: non volli togliere a un uomo la persuasione che, per meritarsi il nome sopra la cantonata di una strada, occorre essere santi”.

FONTE (http://www.amicidomenicani.it/articolo_cultura_002.php)

Caterina63
30-10-05, 19:22
Card. JOSEPH RATZINGER

IL CULTO LITURGICO DEI SANTI

L'idea base della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II è stata quella di rendere nuovamente evidente il mistero pasquale quale centro di ogni celebrazione liturgica. La domenica come sempre nuova attualizzazione dell'evento pasquale nel ritmo del tempo, come giorno offerto dal Signore stesso per l'incontro con lui nel sacramento del suo corpo e del suo sangue, è stata quindi di nuovo collocata in primo piano, quale elemento fondamentale nella struttura dell'anno liturgico. Una liturgia pasquale è nello stesso tempo anche una liturgia concepita trinitariamente. Infatti quando il Signore crocifisso e risorto diventa lo spazio della nostra esistenza, allora la nostra vita viene trasferita, da tutte le sue finalità e necessità meramente creaturali, dentro il ritmo dell'amore trinitario; la liturgia mira quindi proprio a questo: che "Dio sia tutto in tutti" (cf. 1 Cor 15,28).

In riferimento a quest'orientamento del tutto cristologico e trinitario della liturgia, in alcuni potrebbe sorgere l'impressione che i santi abbiano ora perso di significato; sarebbero da considerare quasi come una deviazione dal centro autentico della celebrazione liturgica cristiana e quindi da relegare preferibilmente nel retroscena. Questo è però un completo fraintendimento del mistero cristologico e trinitario. In una simile concezione, infatti, Dio e l'uomo sono visti come concorrenti, che si contrappongono reciprocamente. Ma la santità significa invece proprio che, con tutta la propria esistenza, si è superato questo errore. Un santo è un uomo, che non blocca lo sguardo verso la luce di Dio con l'ombra del suo essere personale, ma che invece, attraverso la purificazione della sua esistenza, è diventato una specie di finestra che, da questo mondo, ci lascia vedere la luce di Dio. L'uomo raggiunge pertanto la sua più alta dignità e la sua autentica verità quando non vuol più essere un concorrente di Dio, ma una sua immagine fedele. I santi non ci allontanano da Cristo, ma ci conducono a lui; e noi abbiamo bisogno di loro perchè i nostri piedi sono troppo stanchi e i nostri occhi troppo deboli, perchè possiamo da soli riconoscere il fine ed essere capaci di percorrere la strada che vi conduce. I santi traducono la luce purissima di Dio, che noi non siamo capaci di sopportare, nella multiforme varietà dei colori della realtà terrena e ci permettono proprio così di riconoscere la ricchezza del mistero di Gesù Cristo. Essi sono il frutto, che si moltiplica sempre più, di quel chicco di grano, che per noi è caduto in terra ed è morto (Gv 12, 24).

E' pertanto meritevole che Flavio Peloso, nella sua dissertazione, ci abbia reso accessibili le orazioni dei nuovi santi e beati proposti al culto nel dopo Concilio Vaticano II. Con ciò egli mostra innanzi tutto che anche in futuro ai santi, quali presenza permanente del mistero pasquale, spetta un posto insostituibile nella liturgia romana e che la processione dei santi, che vanno incontro al Signore che viene, è senza soluzione di continuità: con i santi cresce sempre continuamente anche la liturgia, nel suo protendersi verso Cristo. L'Autore mostra quindi come, nelle nuove preghiere del Messale, l'immagine della santità si esprima in forme sempre nuove eppure nell'imperturbabile continuità della fede e trovi forma liturgica. E' affascinante vedere come nello sforzo per un'espressione adeguata di preghiera si sviluppi anche la comprensione dei santi e della santità e così essa diventi ultimamente sempre più centrata su Cristo. Le critiche e le osservazioni, avanzate dall'Autore nel suo stile preciso e sereno, potranno servire all'ulteriore approfondimento dello stile liturgico, ma anche alla maturazione della fede e della preghiera cristiane. A quest'opera accurata e preziosa auguro un'ampia diffusione.

Roma, Festa di San Marco 1991

Joseph Cardinal Ratzinger

Fonte: Card. Joseph Ratzinger, Prefazione al libro di Flavio Peloso, Santi e santità dopo il Concilio Vaticano II. Studio teologico-liturgico delle orazioni proprie dei nuovi Beati e Santi, [C.L.V. - Edizioni Liturgiche, Roma, 1991 (Bibliotheca Ephemerides Liturgicae, 61), pp.272], p. 5-6 (http://www.ratzinger.it/modules.php?name=News&file=article&sid=190)

Augustinus
01-11-05, 18:23
BENEDETTO XVI

ANGELUS

1° novembre 2005

Cari fratelli e sorelle!

Celebriamo oggi la solennità di Tutti i Santi, che ci fa gustare la gioia di far parte della grande famiglia degli amici di Dio, o, come scrive san Paolo, di "partecipare alla sorte dei santi nella luce" (Col 1,12). La Liturgia ripropone l’espressione colma di meraviglia dell’apostolo Giovanni: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1 Gv 3,1). Sì, diventare santi significa realizzare pienamente quello che già siamo in quanto elevati, in Cristo Gesù, alla dignità di figli adottivi di Dio (cfr Ef 1,5; Rm 8,14-17). Con l’incarnazione del Figlio, la sua morte e risurrezione, Dio ha voluto riconciliare a Sé l’umanità ed aprirla alla condivisione della stessa sua vita. Chi crede in Cristo Figlio di Dio rinasce "dall’alto", è come rigenerato per opera dello Spirito Santo (cfr Gv 3,1-8). Questo mistero si attua nel sacramento del Battesimo, mediante il quale la madre Chiesa dà alla luce i "santi".

La vita nuova, ricevuta nel Battesimo, non è soggetta alla corruzione e al potere della morte. Per chi vive in Cristo la morte è il passaggio dal pellegrinaggio terreno alla patria del Cielo, dove il Padre accoglie tutti i suoi figli, "di ogni nazione, razza, popolo e lingua", come leggiamo oggi nel Libro dell’Apocalisse (7,9). Per questo è molto significativo e appropriato che dopo la festa di Tutti i Santi la Liturgia ci faccia celebrare domani la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. La "comunione dei santi", che professiamo nel Credo, è una realtà che si costruisce quaggiù, ma che si manifesterà pienamente quando noi vedremo Dio "così come egli è" (1 Gv 3,2). E’ la realtà di una famiglia legata da profondi vincoli di spirituale solidarietà, che unisce i fedeli defunti a quanti sono pellegrini nel mondo. Un legame misterioso ma reale, alimentato dalla preghiera e dalla partecipazione al sacramento dell’Eucaristia. Nel Corpo mistico di Cristo le anime dei fedeli si incontrano superando la barriera della morte, pregano le une per le altre, realizzano nella carità un intimo scambio di doni. In tale dimensione di fede si comprende anche la prassi di offrire per i defunti preghiere di suffragio, in modo speciale il Sacrificio eucaristico, memoriale della Pasqua di Cristo, che ha aperto ai credenti il passaggio alla vita eterna.

Unendomi spiritualmente a quanti si recano nei cimiteri per pregare per i loro defunti, anch’io domani pomeriggio mi raccoglierò in preghiera nelle Grotte Vaticane presso le tombe dei Papi, che fanno corona al sepolcro dell’apostolo Pietro, e avrò un ricordo speciale per l’amato Giovanni Paolo II. Cari amici, la tradizionale sosta di questi giorni presso le tombe dei nostri defunti sia un’occasione per pensare senza timore al mistero della morte e coltivare quell’incessante vigilanza che ci prepara ad affrontarlo con serenità. Ci aiuti in questo la Vergine Maria, Regina dei Santi, alla quale ora con fiducia filiale ci rivolgiamo.

Augustinus
01-11-06, 10:57
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=74789)

Commemorazione dei fedeli defunti (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=72363)

Indice dei Santi, Beati e festività (http://www.politicaonline.net/forum/showpost.php?p=1816652&postcount=1)

Da altri fora:

La festa di Ognissanti: tutti siamo chiamati ad essere Santi (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=298025)

Augustinus
01-11-06, 11:40
http://www.wga.hu/art/c/carlone/giovbatt/virgin_c.jpg Giovanni Battista Carlone, Vergine con Bambino in gloria e Santi (SS. Giorgio, Giovanni Battista, Bernardo e Lorenzo), 1655, collezione privata

http://www.wga.hu/art/e/eyck_van/jan/09ghent/1open.jpg http://www.wga.hu/art/e/eyck_van/jan/09ghent/1open3/l3adora.jpg http://www.wga.hu/art/e/eyck_van/jan/09ghent/1open3/l3adora1.jpg http://www.wga.hu/art/e/eyck_van/jan/09ghent/1open3/l3adora4.jpg Jan van Eyck, Pala di Ghent (con adorazione dell'Agnello in Paradiso), 1432, Cattedrale di S. Bavo, Ghent

http://www.wga.hu/art/f/francesb/madonna.jpg Francesco Di Gabriele di Viterbo, Vergine con Bambino in trono e Santi (SS. Francesco, Girolamo, Caterina d'Alessandria ed Antonio), 1500, collezione privata

http://www.wga.hu/art/f/francia/mad_sai.jpg Francesco Francia, Vergine con Bambino in trono e Santi, XV sec., S. Giacomo Maggiore, Bologna

http://www.wga.hu/art/g/guercino/1/virgin_c.jpg Guercino, Vergine con Bambino con i Santi Patroni di Modena, 1651-52, Musée du Louvre, Parigi

Augustinus
01-11-06, 12:02
http://www.wga.hu/art/m/memling/3mature3/25more2.jpg http://www.wga.hu/art/m/memling/3mature3/25more.jpg Hans Memling, Trittico della Famiglia Moreel (nel pannello centrale: SS. Mauro, Cristoforo, Egidio; in quelli laterali: SS. Guglielmo di Malavalle e Barbara), 1484, Groeninge Museum, Bruges

http://www.wga.hu/art/w/woensam/christ_c.jpg Anton Woensam di Worms, Cristo in Croce con Santi certosini, 1535, Wallraf-Richartz Museum, Colonia

http://www.wga.hu/art/r/ricci/sebastia/1/madonna.jpg Sebastiano Ricci, Madonna con Bambino e Santi, 1708, San Giorgio Maggiore, Venezia

http://www.wga.hu/art/r/rubens/13religi/60religi.jpg Pieter Pauwel Rubens, Madonna in trono con Bambino e Santi, 1628 circa, St. Augustinuskerk, Antwerp

http://www.wga.hu/art/r/rubens/14religi/77religi.jpg Pieter Pauwel Rubens, Nostra Signora con i Santi, 1634, Sint-Jacobskerk, Antwerp

http://www.wga.hu/art/t/tiepolo/gianbatt/3_1740s/01virgi6.jpg Giovanni Battista Tiepolo, Vergine con sei Santi, 1737-40, Museum of Fine Arts, Budapest

http://www.wga.hu/art/t/torelli/virgin_c.jpg Felice Torelli, Vergine con Bambino, Angeli e Santi (SS. Domenico e Pio V), 1700 circa, Chiesa del Suffragio, Fano

Augustinus
01-11-06, 12:21
http://img244.imageshack.us/img244/4354/saracenicarloparadisemevc3.jpg Carlo Saraceni, Il Paradiso, XVII-XVIII sec.

Augustinus
01-11-06, 18:15
BENEDETTO XVI

OMELIA
NELLA SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI

Basilica di S. Pietro, 1° novembre 2006

Cari fratelli e sorelle,

la nostra celebrazione eucaristica si è aperta con l’esortazione "Rallegriamoci tutti nel Signore". La liturgia ci invita a condividere il gaudio celeste dei santi, ad assaporarne la gioia. I santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso la quale la liturgia ci esorta oggi a levare lo sguardo. In tale moltitudine non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina. Della gran parte di essi non conosciamo i volti e nemmeno i nomi, ma con gli occhi della fede li vediamo risplendere, come astri pieni di gloria, nel firmamento di Dio.

Quest’oggi la Chiesa festeggia la sua dignità di "madre dei santi, immagine della città superna" (A. Manzoni), e manifesta la sua bellezza di sposa immacolata di Cristo, sorgente e modello di ogni santità. Non le mancano certo figli riottosi e addirittura ribelli, ma è nei santi che essa riconosce i suoi tratti caratteristici, e proprio in loro assapora la sua gioia più profonda. Nella prima Lettura, l’autore del libro dell’Apocalisse li descrive come "una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap 7,9). Questo popolo comprende i santi dell’Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell’inizio del cristianesimo e i beati e i santi dei secoli successivi, sino ai testimoni di Cristo di questa nostra epoca. Li accomuna tutti la volontà di incarnare nella loro esistenza il Vangelo, sotto l’impulso dell’eterno animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo.

Ma "a che serve la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità?". Con questa domanda comincia una famosa omelia di san Bernardo per il giorno di Tutti i Santi. E’ domanda che ci si potrebbe porre anche oggi. E attuale è anche la risposta che il Santo ci offre: "I nostri santi – egli dice – non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. Per parte mia, devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri" (Disc. 2; Opera Omnia Cisterc. 5, 364ss). Ecco dunque il significato dell’odierna solennità: guardando al luminoso esempio dei santi risvegliare in noi il grande desiderio di essere come i santi: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella grande famiglia degli amici di Dio. Essere Santo significa: vivere nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia. E questa è la vocazione di noi tutti, con vigore ribadita dal Concilio Vaticano II, ed oggi riproposta in modo solenne alla nostra attenzione.

Ma come possiamo divenire santi, amici di Dio? All’interrogativo si può rispondere anzitutto in negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in positivo: è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza perdersi d’animo di fronte alle difficoltà. "Se uno mi vuol servire – Egli ci ammonisce - mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (Gv 12,26). Chi si fida di Lui e lo ama con sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a sé stesso. Egli infatti sa che chi cerca di avere la sua vita per se stesso la perde, e chi si dà, si perde, trova proprio così la vita (Cfr Gv 12,24– 25). L’esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a se stesso. Le biografie dei santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio. Hanno perseverato nel loro impegno, "sono passati attraverso la grande tribolazione – si legge nell’Apocalisse - e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello" (v. 14). I loro nomi sono scritti nel libro della vita (cfr Ap 20,12); loro eterna dimora è il Paradiso. L’esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l’unica vera causa di tristezza e di infelicità per l’uomo è vivere lontano da Lui.

La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (cfr Is 6,3). Nella seconda Lettura, l’apostolo Giovanni osserva: "Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1 Gv 3,1). E’ Dio, dunque, che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi suoi figli adottivi. Nella nostra vita tutto è dono del suo amore: come restare indifferenti dinanzi a un così grande mistero? Come non rispondere all’amore del Padre celeste con una vita da figli riconoscenti? In Cristo ci ha fatto dono di tutto se stesso, e ci chiama a una relazione personale e profonda con Lui. Quanto più pertanto imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più entriamo nel mistero della santità divina. Scopriamo di essere amati da Lui in modo infinito, e questo ci spinge, a nostra volta, ad amare i fratelli. Amare implica sempre un atto di rinuncia a se stessi, il "perdere se stessi", e proprio così ci rende felici.

Così siamo arrivati al Vangelo di questa festa, all’annuncio delle Beatitudini che poco fa abbiamo sentito risuonare in questa Basilica. Dice Gesù: Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, beati i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia (cfr Mt 5,3-10). In verità, il Beato per eccellenza è solo Lui, Gesù. E’ Lui, infatti, il vero povero in spirito, l’afflitto, il mite, l’affamato e l’assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l’operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Le Beatitudini ci mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa. Nella misura in cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela – ognuno nelle sue circostanze - anche noi possiamo partecipare della sua beatitudine. Con Lui l’impossibile diventa possibile e persino un cammello passa per la cruna dell’ago (cfr Mc 10,25); con il suo aiuto, solo con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste (cfr Mt 5,48).

Cari fratelli e sorelle, entriamo ora nel cuore della Celebrazione eucaristica, stimolo e nutrimento di santità. Tra poco si farà presente nel modo più alto Cristo, vera Vite, a cui, come tralci, sono uniti i fedeli che sono sulla terra ed i santi del cielo. Più stretta pertanto sarà la comunione della Chiesa pellegrinante nel mondo con la Chiesa trionfante nella gloria. Nel Prefazio proclameremo che i santi sono per noi amici e modelli di vita. Invochiamoli perché ci aiutino ad imitarli e impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo specialmente Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Lei, la Tutta Santa, ci faccia fedeli discepoli del suo figlio Gesù Cristo! Amen.

Augustinus
01-11-06, 18:17
BENEDETTO XVI

ANGELUS

1° novembre 2006

Cari fratelli e sorelle,

celebriamo oggi la solennità di Tutti i Santi e domani commemoreremo i fedeli defunti. Queste due ricorrenze liturgiche, molto sentite, ci offrono una singolare opportunità per meditare sulla vita eterna. L’uomo moderno l’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appartenga a una mitologia ormai superata? In questo nostro tempo, più che nel passato, si è talmente assorbiti dalle cose terrene, che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista della storia e della nostra stessa vita. L’esistenza umana però, per sua natura, è protesa a qualcosa di più grande, che la trascenda; è insopprimibile nell’essere umano l’anelito alla giustizia, alla verità, alla felicità piena. Dinanzi all’enigma della morte, sono vivi in molti il desiderio e la speranza di ritrovare nell’aldilà i propri cari. Come pure è forte la convinzione di un giudizio finale che ristabilisca la giustizia, l’attesa di un definitivo confronto in cui a ciascuno sia dato quanto gli è dovuto.

"Vita eterna" per noi cristiani non indica però solo una vita che dura per sempre, bensì una nuova qualità di esistenza, pienamente immersa nell’amore di Dio, che libera dal male e dalla morte e ci pone in comunione senza fine con tutti i fratelli e le sorelle che partecipano dello stesso Amore. L’eternità, pertanto, può essere già presente al centro della vita terrena e temporale, quando l’anima, mediante la grazia, è congiunta a Dio, suo ultimo fondamento. Tutto passa, solo Dio non muta. Dice un Salmo: "Vengono meno la mia carne e il mio cuore; / ma la roccia del mio cuore è Dio, / è Dio la mia sorte per sempre" (Sal 72/73,26). Tutti i cristiani, chiamati alla santità, sono uomini e donne che vivono saldamente ancorati a questa "Roccia"; hanno i piedi sulla terra, ma il cuore già nel Cielo, definitiva dimora degli amici di Dio.

Cari fratelli e sorelle, meditiamo su queste realtà con l’animo volto verso il nostro ultimo e definitivo destino, che dà senso alle situazioni quotidiane. Ravviviamo il gioioso sentimento della comunione dei santi e lasciamoci attrarre da loro verso la meta della nostra esistenza: l’incontro faccia a faccia con Dio. Preghiamo che questa sia l’eredità di tutti i fedeli defunti, non soltanto dei nostri cari, ma anche di tutte le anime, specialmente quelle più dimenticate e bisognose della misericordia divina. La Vergine Maria, Regina di Tutti i Santi, ci guidi a scegliere in ogni momento la vita eterna, la "vita del mondo che verrà" – come diciamo nel Credo; un mondo già inaugurato dalla risurrezione di Cristo, e di cui possiamo affrettare l’avvento con la nostra conversione sincera e le opere di carità.

Augustinus
31-10-07, 16:31
All Saints' Day

[The vigil of this feast is popularly called "Hallowe'en" or "Halloween".]

Solemnity celebrated on the first of November. It is instituted to honour all the saints, known and unknown, and, according to Urban IV, to supply any deficiencies in the faithful's celebration of saints' feasts during the year.

In the early days the Christians were accustomed to solemnize the anniversary of a martyr's death for Christ at the place of martyrdom. In the fourth century, neighbouring dioceses began to interchange feasts, to transfer relics, to divide them, and to join in a common feast; as is shown by the invitation of St. Basil of Caesarea (397) to the bishops of the province of Pontus. Frequently groups of martyrs suffered on the same day, which naturally led to a joint commemoration. In the persecution of Diocletian the number of martyrs became so great that a separate day could not be assigned to each. But the Church, feeling that every martyr should be venerated, appointed a common day for all. The first trace of this we find in Antioch on the Sunday after Pentecost. We also find mention of a common day in a sermon of St. Ephrem the Syrian (373), and in the 74th homily of St. John Chrysostom (407). At first only martyrs and St. John the Baptist were honoured by a special day. Other saints were added gradually, and increased in number when a regular process of canonization was established; still, as early as 411 there is in the Chaldean Calendar a "Commemoratio Confessorum" for the Friday after Easter. In the West Boniface IV, 13 May, 609, or 610, consecrated the Pantheon in Rome to the Blessed Virgin and all the martyrs, ordering an anniversary. Gregory III (731-741) consecrated a chapel in the Basilica of St. Peter to all the saints and fixed the anniversary for 1 November. A basilica of the Apostles already existed in Rome, and its dedication was annually remembered on 1 May. Gregory IV (827-844) extended the celebration on 1 November to the entire Church. The vigil seems to have been held as early as the feast itself. The octave was added by Sixtus IV (1471-84).

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. I, New York, 1907 (httphttp://www.newadvent.org/cathen/01315a.htm)

Augustinus
31-10-07, 16:34
The Communion of Saints

(communo sanctorum, a fellowship of, or with, the saints).

The doctrine expressed in the second clause of the ninth article in the received text of the Apostles' Creed: "I believe . . . the Holy Catholic Church, the Communion of Saints". This, probably the latest, addition to the old Roman Symbol is found in:

the Gallican Liturgy of the seventh century (P.L., LXXII, 349, 597);
in some letters of the Pseudo-Augustine (P. L., XXXIX, 2189, 2191, 2194), now credited to St. Caesarius of Arles (c. 543);
in the "De Spiritu Sancto" (P. L., LXII, 11), ascribed to Faustus of Riez (c. 460);
in the "Explanatio Symboli" (P. L., LII, 871) of Nicetas of Remesiana (c. 400); and
in two documents of uncertain date, the "Fides Hieronymi", and an Armenian confession.

On these facts critics have built various theories. Some hold the addition to be a protest against Vigilantius, who condemned the veneration of the saints; and he connects that protest with Faustus in Southern Gaul and probably also with Nicetas in Pannonia, who was influenced by the "Catecheses" of St. Cyril of Jerusalem. Others see in it at first a reaction against the separatism of the Donatists, therefore an African and Augustinian conception bearing only on church membership, the higher meaning of fellowship with the departed saints having been introduced later by Faustus. Still others think that it originated, with an anti-Donatist meaning, in Armenia, whence it passed to Pannonia, Gaul, the British Isles, Spain, etc., gathering new meanings in the course of its travels till it finally resulted in the Catholic synthesis of medieval theologians. These and many other conjectures leave undisturbed the traditional doctrine, according to which the communion of saints, wheresoever it was introduced into the Creed, is the natural outgrowth of Scriptural teaching, and chiefly of the baptismal formula; still the value of the dogma does not rest on the solution of that historical problem.

Catholic Doctrine

The communion of saints is the spiritual solidarity which binds together the faithful on earth, the souls in purgatory, and the saints in heaven in the organic unity of the same mystical body under Christ its head, and in a constant interchange of supernatural offices. The participants in that solidarity are called saints by reason of their destination and of their partaking of the fruits of the Redemption (1 Corinthians 1:2 &151; Greek Text). The damned are thus excluded from the communion of saints. The living, even if they do not belong to the body of the true Church, share in it according to the measure of their union with Christ and with the soul of the Church. St. Thomas teaches (III:8:4) that the angels, though not redeemed, enter the communion of saints because they come under Christ's power and receive of His gratia capitis. The solidarity itself implies a variety of inter-relations: within the Church Militant, not only the participation in the same faith, sacraments, and government, but also a mutual exchange of examples, prayers, merits, and satisfactions; between the Church on earth on the one hand, and purgatory and heaven on the other, suffrages, invocation, intercession, veneration. These connotations belong here only in so far as they integrate the transcendent idea of spiritual solidarity between all the children of God. Thus understood, the communion of saints, though formally defined only in its particular bearings (Council of Trent, Sess. XXV, decrees on purgatory; on the invocation, veneration, and relics of saints and of sacred images; on indulgences), is, nevertheless, dogma commonly taught and accepted in the Church. It is true that the Catechism of the Council of Trent (Pt. I, ch. x) seems at first sight to limit to the living the bearing of the phrase contained in the Creed, but by making the communion of saints an exponent and function, as it were, of the preceding clause, "the Holy Catholic Church", it really extends to what it calls the Church's "constituent parts, one gone before, the other following every day"; the broad principle it enunciates thus: "every pious and holy action done by one belongs and is profitable to all, through charity which seeketh not her own".

In this vast Catholic conception rationalists see not only a late creation, but also an ill-disguised reversion to a lower religious type, a purely mechanical process of justification, the substitution of impersonal moral value in lieu of personal responsibility. Such statements are met best, by the presentation of the dogma in its Scriptural basis and its theological formulation. The first spare yet clear outline of the communion of saints is found in the "kingdom of God" of the Synoptics, not the individualistic creation of Harnack nor the purely eschatological conception of Loisy, but an organic whole (Matthew 13:31), which embraces in the bonds of charity (Matthew 22:39) all the children of God (Matthew 19:28; Luke 20:36) on earth and in heaven (Matthew 6:20), the angels themselves joining in that fraternity of souls (Luke 15:10). One cannot read the parables of the kingdom (Matthew 13) without perceiving its corporate nature and the continuity which links together the kingdom in our midst and the kingdom to come. The nature of that communion, called by St. John a fellowship with one another ("a fellowship with us"--1 John 1:3) because it is a fellowship with the Father, and with his Son", and compared by him to the organic and vital union of the vine and its branches (John 15), stands out in bold relief in the Pauline conception of the mystical body. Repeatedly St. Paul speaks of the one body whose head is Christ (Colossians 1:18), whose energizing principle is charity (Ephesians 4:16), whose members are the saints, not only of this world, but also of the world to come (Ephesians 1:20; Hebrews 12:22). In that communion there is no loss of individuality, yet such an interdependence that the saints are "members one of another" (Romans 12:5), not only sharing the same blessings (1 Corinthians 12:13) and exchanging good offices (ibid., xii, 25) and prayers (Ephesians 6:18), but also partaking of the same corporate life, for "the whole body . . . by what every joint supplieth . . . maketh increase . . . unto the edifying of itself in charity" (Ephesians 4:16).

Recent well-known researches in Christian epigraphy have brought out clear and abundant proof of the principal manifestations of the communion of saints in the early Church. Similar evidence, is to be found in the Apostolic Fathers with an occasional allusion to the Pauline conception. For an attempt at the formulation of the dogma we have to come down to the Alexandrian School. Clement of Alexandria shows the "gnostic's" ultimate relations with the angels (Strom., VI, xii, 10) and the departed souls (ibid., VIII, xii, 78); and he all but formulates the thesaurus ecclesiae in his presentation of the vicarious martyrdom, not of Christ alone, but also of the Apostles and other martyrs (ibid., IV, xii, 87). Origen enlarges, almost to exaggeration, on the idea of vicarious martyrdom (Exhort. ad martyr., ch. 1) and of communion between man and angels (De orat., xxxi); and accounts for it by the unifying power of Christ's Redemption), ut caelestibus terrena sociaret (In Levit., hom. iv) and the force of charity, stranger in heaven than upon earth (De orat., xi). With St. Basil and St. John Chrysostom the communion of saints has become an obvious tenet used as an answer to such popular objections as these: what, need of a communion with others? (Basil, Ep. cciii) another has sinned and I shall atone? (Chrysostom, Hom. i, de poenit.). St. John Damascene has only to collect the sayings of the Fathers in order to support the dogma of the invocation of the saints and the prayers for the dead.

But the complete presentation of the dogma comes from the later Fathers. After the statements of Tertullian, speaking of "common hope, fear, joy, sorrow, and suffering" (De poenit., ix and x); of St. Cyprian, explicitly setting forth the communion of merits (De lapsis, xvii); of St. Hilary, giving the Eucharistic Communion as a means and symbol of the communion of saints (in Ps. lxiv, 14), we come to the teaching of Ambrose and St. Augustine. From the former, the thesaurus ecclesiae, the best practical test of the reunion of saints, receives a definite explanation (De poenit., I, xv; De officiis, I, xix). In the transcendent view of the Church taken by the latter (Enchir., lvi) the communion of saints, though never so called by him, is a necessity; to the Civitas Dei must needs correspond the unitas caritatis (De unitate eccl., ii), which embraces in an effective union the saints and angels in heaven (Enarr. in Psalmos, XXXVI, iii, 4), the just on earth (De bapt., III, xvii), and in a lower degree, the sinners themselves, the putrida membra of the mystic body; only the declared heretics, schismatics, and apostates are excluded from the society, though not from the prayers, of the saints (Serm. cxxxvii). The Augustinian concept, though somewhat obscured in the catechetical expositions of the Creed by the Carlovingian and later theologians (P. L., XCIX, CI, CVIII, CX, CLII, CLXXXVI), takes its place in the medieval synthesis of Peter Lombard, St. Bonaventure, St. Thomas, etc.

Influenced no doubt by early writers like Yvo of Chartres (P. L., CLXII, 606l), Abelard (P. L. CLXXXIII, 630), and probably Alexander of Hales (III, Q. lxix, a, 1), St. Thomas (Expos. in symb. 10) reads in the neuter the phrase of the Creed, communio sanctorum (participation of spiritual goods), but apart from the point of grammar his conception of the dogma is thorough. General principle; the merits of Christ are communicated to all, and the merits of each one are communicated to the others (ibid.). The manner of participation: both objective and intentional, in radice operis, ex intentione facientis (Supp., 71:1). The measure: the degree of charity (Expos. in symb., 10). The benefits communicated: not the sacraments alone but, the superabundant merits of Christ and the saints forming the thesaurus ecclesia (ibid. and Quodlib., II, Q. viii, a. 16). The participants: the three parts of the Church (Expos. in symb., 9); consequently the faithful on earth exchanging merits and satisfactions (I-II:113:6, and Suppl., 13:2), the souls in purgatory profiting by the suffrages of the living and the intercession of the saints (Suppl., 71), the saints themselves receiving honour and giving intercession (II-II:83:4, II-II:83:11, III:25:6), and also the angels, as noted above. Later Scholastics and post-Reformation theologians have added little to the Thomistic presentation of the dogma. They worked rather around than into it, defending such points as were attacked by heretics, showing the religious, ethical, and social value of the Catholic conception; and they introduced the distinction between the body and the soul of the Church, between actual membership and membership in desire, completing the theory of the relations between church membership and the communion of saints which had already been outlined by St. Optatus of Mileve and St. Augustine at the time of the Donatist controversy. One may regret the plan adopted by the Schoolmen afforded no comprehensive view of the whole dogma, bur rather scattered the various components of it through a vast synthesis. This accounts for the fact that a compact exposition of the communion of saints is to be sought less in the works of our standard theologians than in our catechetical, apologetic, pastoral, and even ascetic literature. It may also partly explain, without excusing them, the gross misrepresentations noticed above.

In the Anglo-Saxon Church

That the Anglo-Saxons held the doctrine of the communion of saints may be judged from the following account given by Lingard in his "History and Antiquities of the Anglo-Saxon Church." They received the practice of venerating the saints, he says, together with the rudiments the Christian religion; and they manifested their devotion to them both in public and private worship: in public, by celebrating the anniversaries of individual saints, and keeping annually the feast of All-Hallows as a solemnity of the first class; and in their private devotions, by observing the instructions to worship God and then to "pray, first to Saint Mary, and the holy apostles, and the holy martyrs, and all God's saints, that they would intercede for them to God". In this way they learned to look up to the saints in heaven with feelings of confidence and affection, to consider them as friends and protectors, and to implore their aid in the hour of distress, with the hope that God would grant to the patron what he might otherwise refuse to the supplicant.

Like all other Christians, the Anglo-Saxons held in special veneration "the most holy mother of God, the perpetual virgin Saint Mary" (Beatissima Dei genitrix et perpetua virgo.-Bede, Hom. in Purif.). Her praises were sung by the Saxon poets; hymns in her honour were chanted in the public service; churches and altars were placed under her patronage; miraculous cures were ascribed to her; and four annual feasts were observed commemorating the principal events of her mortal life: her nativity, the Annunciation, her purification, and assumption. Next to the Blessed Virgin in the devotion was Saint Peter, whom Christ had chosen for the leader of the Apostles and to whom he had given the keys of the kingdom of Heaven, "with the chief exercise of judicial power in the Church, to the end that all might know that whosoever should separate himself from the unity of Peter's faith or of Peter's fellowship, that man could never attain absolution from the bonds of sin, nor admission through the gates of the heavenly kingdom" (Bede). These words of the Venerable Bede refer, it is true, to Peter's successors as well as to Peter himself, but they also evidence the veneration of Anglo-Saxons for the Prince of the Apostles, a veneration which they manifested in the number of churches dedicated to his memory, in the pilgrimages made to his tomb, and by the presents sent to the church in which his remains rested and to the bishop who sat in his chair. Particular honours were paid also to Saints Gregory and Augustine, to whom they were chiefly indebted for their knowledge of Christianity. They called Gregory their "foster-father in Christ" and themselves "his foster-children in baptism"; and spoke of Augustine as "the first to bring to them the doctrine of faith, the sacrament of baptism, and the knowledge of their heavenly country". While these saints were honoured by the whole people, each separate nation revered the memory of its own apostle. Thus Saint Aidan in Northumbria, Saint Birinus in Wessex, and Saint Felix in East Anglia were venerated as the protectors of the countries which had been the scenes of their labours. All the saints so far mentioned were of foreign extraction; but the Anglo-Saxons soon extended their devotion to men who had been born and educated among them and who by their virtues and zeal in propagating Christianity had merited the honours of sanctity.

This account of the devotion of the Anglo-Saxons to those whom they looked up to as their friends and protectors in heaven is necessarily brief, but it is amply sufficient to show that they believed and loved the doctrine of the communion of saints.

Protestant Views

Sporadic errors against special points of the communion of saints are pointed out by the Synod of Gangra (Mansi, II, 1103), St. Cyril of Jerusalem (P. G., XXXIII, 1116), St. Epiphanius (ibid., XLII, 504), Asteritis Amasensis (ibid., XL, 332), and St. Jerome (P. L., XXIII, 362). From the forty-second proposition condemned, and the twenty-ninth question asked, by Martin V at Constance (Denzinger, nos. 518 and 573), we also know that Wyclif and Hus had gone far towards denying the dogma itself. But the communion of saints became a direct issue only at the time of the Reformation. The Lutheran churches, although commonly adopting the Apostles' Creed, still in their original confessions, either pass over in silence the communion of saints or explain it as the Church's "union with Jesus Christ in the one true faith" (Luther's Small Catechism), or as "the congregation of saints and true believers" (Augsburg Confession, ibid., III, 12), carefully excluding, if not the memory, at least the invocation of the saints, because Scripture "propoundeth unto us one Christ, the Mediator, Propitiatory, High-Priest, and Intercessor" (ibid., III, 26). The Reformed churches generally maintain the Lutheran identification of the communion of saints with the body of believers but do not limit its meaning to that body. Calvin (Inst. chret., IV, 1, 3) insists that the phrase of the Creed is more than a definition of the Church; it conveys the meaning of such a fellowship that whatever benefits God bestows upon the believers should mutually communicate to one another. That view is followed in the Heidelberg Catechism, emphasized in the Gallican Confession, wherein communion is made to mean the efforts of believers to mutually strengthen themselves in the fear of God. Zwingli in his articles admits an exchange of prayers between the faithful and hesitates to condemn prayers for the dead, rejecting only the saints' intercession as injurious to Christ. Both the Scotch and Second Helvetic Confessions bring together the Militant and the Triumphant Church, but whereas the former is silent on the signification of the fact, the latter says that they hold communion with each other: "nihilominus habent illae inter sese communionem, vel conjunctionem".

The double and often conflicting influence of Luther and Calvin, with a lingering memory of Catholic orthodoxy, is felt in the Anglican Confessions. On this point the Thirty-nine Articles are decidedly Lutheran, rejecting as they do "the Romish Doctrine concerning Purgatory, Pardons, Worshipping and Adoration as well of Images as of Relics, and also Invocation of Saints", because they see in it "a fond thing, vainly invented, and grounded upon no warranty of Scripture, but rather repugnant to the Word of God". On the other hand, the Westminster Confession, while ignoring the Suffering and the Triumphant Church, goes beyond the Calvinistic view and falls little short of the Catholic doctrine with regard to the faithful on earth, who, it says, "being united to one another in love, have communion in each other's gifts and graces". In the United States, the Methodist Articles of Religion, 1784, as well as the Reformed Episcopal Articles of Religion, 1875, follow the teachings of the Thirty-nine Articles, whereas the teaching of the Westminster Confession is adopted in the Philadelphia Baptist Confession, 1688, and in the Confession of the Cumberland Presbyterian Church, 1829. Protestant theologians, just as Protestant confessions, waver between the Lutheran and the Calvinistic view.

The cause of the perversion by Protestants of the traditional concept of communion of saints is not to be found in the alleged lack of Scriptural and early Christian evidence in favour of that concept; well-informed Protestant writers have long since ceased to press that argument. Nor is there any force in the oft-repeated argument that the Catholic dogma detracts from Christ's mediatorship, for it is plain, as St. Thomas had already shown (Suppl., 72:2, ad 1), that the ministerial mediatorship of the saints does not detract from, but only enhances, the magisterial mediatorship of Christ. Some writers have traced that perversion to the Protestant concept of the Church as an aggregation of souls and a multitude of units bound together by a community of faith and pursuit and by the ties of Christian sympathy, but in no way organized or interdependent as members of the same body. This explanation is defective because the Protestant concept of the Church is a fact parallel to, but in no way causative of, their view of the communion of saints. The true cause must be found elsewhere. As early as 1519, Luther, the better to defend his condemned theses on the papacy, used the clause of the Creed to show that the communion of saints, and not the papacy, was the Church: "non ut aligui somniant, credo ecclesiam esse praelatum . . . sed . . . communionem sanctorum". This was simply playing on the words of the Symbol. At that time Luther still held the traditional communion of saints, little dreaming that he would one day give it up. But he did give it up when he formulated his theory on justification. The substitution of the Protestant motto, "Christ for all and each one for himself". In place of the old axiom of Hugh of St. Victor, "Singula sint omnium et omina singulorum" (each for all and all for each--P. L., CLXXV. 416), is a logical outcome of their concept of justification; not an interior renovation of the soul, nor a veritable regeneration from a common Father, the second Adam, nor yet an incorporation with Christ, the head of the mystical body, but an essentially individualistic act of fiducial faith. In such a theology there is obviously no room for that reciprocal action of the saints, that corporate circulation of spiritual blessings through the members of the same family, that domesticity and saintly citizenship which lies at the very core of the Catholic communion of saints. Justification and the communion of saints go hand in hand. The efforts which are being made towards reviving in Protestantism the old and still cherished dogma of the communion of saints must remain futile unless the true doctrine of justification be also restored.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. IV, New York, 1908 (http://www.newadvent.org/cathen/04171a.htm)

Augustinus
01-11-07, 12:13
http://www.wga.hu/art/b/bellini/giovanni/1510-/206glory.jpg Giovanni Bellini, Vergine in gloria e Santi (SS. Giovanni Evangelista, Giacomo Maggiore, Marco, Francesco, Ludovico di Tolosa, Antonio abate, Agostino, Giovanni Battista), 1510-15, Gallerie dell'Accademia, Venezia

http://www.wga.hu/art/g/ghirland/domenico/7panel/11pala1.jpg http://www.pinakothek.de/images/4432_11940-h.jpg Domenico Ghirlandaio, Madonna in gloria e Santi (SS. Domenico, Michele, Giovanni Battista, Giovanni evangelista), 1490-96, Alte Pinakothek, Monaco

http://www.insecula.com/Photos/00/00/05/82/ME0000058234_3.JPG Corrado Giaquinto, SS. Trinità adorata da un'assemblea di santi e religiosi, XVIII sec., Musée du Louvre, Parigi

http://www.juntadeandalucia.es/cultura/museos/media/fotos/MBAGR_mbagr_35_virgenadorada_lg.jpg Pedro Atanasio Bocanegra, Vergine col Bambino venerata dagli angeli e dai Santi, 1667-74, Museo de Bellas Artes, Granada

Augustinus
01-11-07, 12:18
La Signora dei santi

Con la solennità di Tutti i santi, contempliamo la Vergine Maria che dimora nei due stadi della vita ecclesiale (Chiesa terrestre e quella celeste). In Maria la Chiesa «contempla ciò che essa desidera e spera di essere nella sua interezza».

San Francesco d’Assisi, in occasione di una visione mistica, un giorno vide i suoi figli spirituali che tentavano invano di proseguire in un’ascesi volontaria. Gesù allora gli disse: «Francesco, fa’ passare i tuoi figli per la strada di mia Madre». La strada percorsa dalla Madre di Gesù è la via regale dell’umiltà, che si abbandona totalmente a Dio, quella più sicura, quindi, verso la santità.

La strada della Vergine ci richiama l’interrogativo che la Chiesa antica si poneva sulla presenza o assenza della Madre a Gerusalemme dopo la risurrezione del Figlio. Fin dai primi secoli si determinarono due tradizioni complementari e inseparabili tra loro: 1) la Vergine Madre non sta nel giardino della risurrezione, poiché è già stata assunta in cielo, alla destra del Figlio, per meglio servire da lassù la Chiesa pellegrina sulla terra; 2) la Vergine Madre è stata la prima a vedere il Figlio risorto, e sta nel "Santo Giardino" per accogliere i credenti che si recano al sepolcro vuoto, per incamminarsi sulla via nuova della risurrezione, segnata dallo Spirito santificatore.

Questa duplice tradizione sulla Vergine ci rammenta altresì l’esistenza delle "due vite" dei credenti e delle due Chiese. Non possiamo mai dimenticare, predicava san Gregorio Magno, che «la santa Chiesa ha due vite: una nel tempo, l’altra nell’eternità» (In Ezechiel 1,2,10 in Patrologia Latina 76, 1060). «Non separiamo», aveva già specificato sant’Agostino, «queste due vite: non consideriamo la Ecclesia deorsum (Chiesa terrestre) come estranea alla Ecclesia sursum (Chiesa celeste)» (Sermo 181, 7 in Patrologia Latina 38, 982-983).

Riconosciamo, pur nella diversità dei due stadi, la continuità dell’unica Chiesa militante e gloriosa, così come adoriamo un solo Cristo nella sua vita terrena, morte e risurrezione. Contempliamo pure la Vergine che dimora in ambedue gli stadi della vita ecclesiale, per far risplendere sotto gli occhi dei fedeli il giardino primaverile della risurrezione nel suo duplice aspetto: quello eternamente fiorito e rigoglioso del cielo, in cui si celebra la stagione ininterrotta del raccolto, e quello che sta fiorendo sulla terra nella Gerusalemme redenta.

Sia nell’uno che nell’altro giardino, i santi rappresentano la stagione dei frutti. Se già i battezzati nell’antichità venivano chiamati Christi florentes, fioritura di Cristo risorto (Tertulliano), tanto più i santi manifestano la fioritura permanente di quell’albero secolare della Chiesa, in cui tutti siamo chiamati a costituire in Cristo l’uomo perfetto nel vigore dell’età (Ef 4,7-13). In questo duplice giardino fiorito, Maria regna gloriosa: 1) quale prima tra i santi nella gloria del cielo, 2) accanto a Cristo sulla terra che celebra i suoi misteri, 3) quale formatrice dei santi. Se «Maria è la vergine fatta Chiesa» (san Francesco d’Assisi, Saluto alla Vergine, 1b), anche la Chiesa, sostenuta dall’amore della Madre, è chiamata a diventare la vergine Maria.

Il primo posto nel coro dei salvati

A partire dalla seconda metà del II secolo, la Chiesa, nel celebrare il mistero di Cristo, venera i santi (il primo martire venerato è il vescovo san Policarpo di Smirne, morto nel 155). Mentre la liturgia fa memoriale del Signore e dei suoi eventi salvifici, fa con-memoria delle membra del suo corpo ecclesiale, specie di quelle che partecipano già della santità di Dio e vedono Dio (Eb 12,10.14). Difatti il Salmo 67,36 (nella versione della Vulgata) canta che Dio è «mirabile nei suoi santi» (formula ripresa dall’orazione "dopo la comunione" nella solennità di Tutti i Santi). E san Paolo esorta i credenti a rendere saldi e irreprensibili i loro cuori nella santità, in attesa «della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi» (1 Ts 3,13), con coloro cioè «che in ogni tempo furono graditi» a Dio Padre (Preghiera eucaristica II).

La Vergine Maria, che per antonomasia appartiene alla nube dei testimoni della fede (Eb 12,1; Catechismo della Chiesa cattolica 2683), occupa il primo posto nel coro dei salvati: è la Signora dei santi, perché Madre del Signore dei santi e la Regina celeste della gloriosa schiera dei santi. Il Canone romano prega: «Ricordiamo e veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo» (Preghiera eucaristica I; cf Lumen gentium 52).

Si comprende perché Pio XII, nel 1950 proclamò il dogma dell’Assunzione della Vergine alla gloria celeste, anziché il giorno dell’Assunta (15 agosto), il primo novembre, nel giorno di Tutti i Santi. Il Pontefice voleva sottolineare espressamente l’unione tra la Madre del Signore e i santi, chiamati a raggiungerla nella sua glorificazione con Cristo.

Difatti Maria assunta al cielo – precisa il concilio Vaticano II – è l’«immagine escatologica» e la «primizia» della Chiesa, che in lei «contempla con gioia [...] ciò che essa desidera e spera di essere nella sua interezza» (Sacrosanctum Concilium 103), e in lei trova un «segno di sicura speranza e di consolazione» (Lumen gentium 68). Paolo VI, con illuminata e profonda intuizione, rivolgendosi ai rettori dei santuari d’Italia nel 1976, rilevava un orientamento spontaneo del popolo cristiano verso la Vergine: «È proprio vero che Maria, come occupa un posto privilegiato nel mistero di Cristo e della Chiesa, così è sempre presente nell’animo dei nostri fedeli, e ne compenetra nel profondo, come all’esterno, ogni espressione e manifestazione religiosa. Quanta gente, vediamo, non è molto religiosa, ma alla Madonna, a quella sì, curva il capo ed esprime una preghiera che altrimenti non sarebbe mai uscita dal cuore ed arrivata alle labbra».

Non come Cristo né come i santi

Ma ora noi ci chiediamo: la Vergine, Signora dei santi, va venerata come prima e per eccellenza tra i santi o anche quando si celebra il Figlio salvatore?

Maria – annotava il compianto Achille Maria Triacca (morto nel 2002) – «non può essere celebrata né come Cristo, né semplicemente come i santi. Ella si trova in un ben circoscritto posto nell’economia della salvezza, il quale ha influsso e si ripercuote nelle modalità celebrative». Quindi non come Cristo (modo maggiorato, sostitutivo del culto unico dovuto al Signore), né come i santi (modo diminutivo), per il fatto che ella è «Santa tra i santi e più ancora» (Nicola Cabasilas), la «via regale» (san Bernardo), quindi la più accessibile e la più imitabile per celebrare il mistero di Cristo.

Mentre i santi – estensione sacramentale della Pasqua del Signore e corona, scorta gloriosa del Risorto – rappresentano i fiori primaverili del giardino della risurrezione, la Vergine invece, ad un tempo, va venerata sia nel mistero pasquale di Cristo capo (ciclo cristologico) sia quale membro eletto del suo corpo ecclesiale (ciclo dei santi).

Unita al Figlio salvatore

Il concilio Vaticano II insegna ancora: «Nella celebrazione del ciclo annuale dei misteri di Cristo, la santa Chiesa venera con particolare amore la beata Maria, Madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera della salvezza del Figlio suo: in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione» (Sacrosanctum Concilium 103; cf Lumen gentium 53; 57). Ecco perché ancora il Vaticano II esorta «tutti i figli della Chiesa» a promuovere generosamente «il culto specialmente liturgico verso la beata Vergine» (Lumen gentium 67).

E Paolo VI ricorda che lo sviluppo del culto mariano deve aver luogo «nell’alveo dell’unico culto che a buon diritto è chiamato cristiano, perché da Cristo trae origine ed efficacia, in Cristo trova compiuta espressione e per mezzo di Cristo, nello Spirito, conduce al Padre» (Marialis cultus, Introduzione). E il culto mariano è «elemento intrinseco del culto cristiano» (Marialis cultus 56; Catechismo della Chiesa cattolica 971). Pertanto la celebrazione del Figlio non sarebbe integra, piena, se non facesse memoria contemporaneamente della Madre.

Già secondo i più antichi Padri della Chiesa, la Vergine, nella comunità che fa memoria dei misteri della salvezza, assolve in pieno e prima di ogni altra una triplice funzione materna: l’essere garante della vera fede, del vero culto e del più autentico comportamento cristiano. Ella infatti è «maestra di vita spirituale» (Marialis cultus 21) e «Madre nell’ordine della grazia» (Lumen gentium 62; cf Redemptoris Mater 38-50): colei che ha cooperato «per restaurare la vita soprannaturale nelle anime» (Catechismo 968; Lumen gentium 61; cf Marialis cultus 19). La Madre riproduce «nei figli i lineamenti spirituali del Figlio primogenito» (Marialis cultus 57): è la formatrice dei santi e colei che produce frutti di santità nei credenti.

Sergio Gaspari

Fonte: Madre di Dio, 2007, fasc. 11 (http://www.stpauls.it/madre/0711md/0711md16.htm)

Augustinus
03-11-07, 20:28
Istruzione sopra le feste del Signore,
della B. Vergine e dei Santi

Parte seconda: Delle feste solenni della B. Vergine
e delle feste dei Santi

Della festa di tutti i Santi

207. Qual festa si celebra nel primo giorno di novembre?
Nel primo giorno di novembre si celebra la festa di tutti i Santi.

208. Perché la Chiesa ha istituito la festa di tutti i Santi?
La Chiesa ha istituito la festa di tutti i Santi:

per lodare e ringraziare il Signore d'aver santificati i suoi servi in terra e d'averli coronati di gloria in cielo;
per onorare in questo giorno anche quei Santi de' quali non si fa una festa particolare fra l'anno;
per procurarci maggiori grazie col moltiplicare gli intercessori;
per riparare in questo giorno i mancamenti che nel corso dell'anno abbiamo commesso nelle feste particolari dei Santi;
per eccitarci maggiormente alla virtù cogli esempi di tanti Santi d'ogni età, d'ogni condizione e di ogni sesso, e colla memoria della ricompensa che godono in cielo.

209. Che cosa ci deve animare ad imitare i Santi?
Ad imitare i Santi ci deve animare il considerare che essi erano deboli e fragili come noi e soggetti alle stesse passioni, che confortati dalla divina grazia si sono fatti santi con quei mezzi che possiamo usare anche noi, e che per i meriti di Gesù Cristo è promessa a noi pure quella stessa gloria che ora essi godono in paradiso.

210. Perché si celebra la festa di lutti i Santi con solennità?
Si celebra la festa di tutti i Santi con grande solennità perché essa abbraccia tutte le altre feste che nell'anno si celebrano ad onore dei Santi, ed è figura della festa eterna del cielo.

211. Che cosa dobbiamo noi fare per celebrare degnamente la festa di tutti i Santi?
Per celebrare degnamente la festa di tutti i Santi dobbiamo:

dar lode e gloria al Signore per le grazie fatte a' suoi servi, e pregarlo a volerle concedere anche a noi;
onorare tutti i Santi come amici di Dio, e invocare con più fiducia la loro protezione;
proporre d'imitare il loro esempio per essere un giorno partecipi della medesima gloria.

FONTE (http://it.wikisource.org/wiki/Catechismo_Maggiore/Feste/Parte_seconda/Ognissanti)

Augustinus
03-11-07, 20:33
Istruzione sopra le feste del Signore,
della B. Vergine e dei Santi

Parte seconda: Delle feste solenni della B. Vergine
e delle feste dei Santi

Della festa dei Santi protettori

216. Quali Santi chiamiamo noi particolarmente nostri protettori?
Noi chiamiamo particolarmente nostri protettori i Santi dei quali portiamo il nome, i titolari delle parrocchie, i protettori della diocesi, o del luogo, o dello Stato in cui abitiamo, o delle arti che professiamo.

217. Come dobbiamo noi onorare i Santi nostri protettori?
Noi dobbiamo onorare i Santi nostri protettori con celebrare santamente le loro feste, con invocarli ne' nostri bisogni, e con imitarli.

218. Che cosa dobbiamo noi fare per ben celebrare le feste dei Santi nostri protettori?
Per celebrar bene le feste de' Santi nostri protettori dobbiamo astenerci da ogni illecito divertimento e applicarci alle opere di pietà e di religione.

219. Quali opere speciali di pietà dobbiamo noi praticare nelle feste dei Santi proiettori?
Nelle feste dei Santi protettori dobbiamo accostarci con grande divozione e purità di cuore ai santi sacramenti, e assistere agli uffici divini.

FONTE (http://it.wikisource.org/wiki/Catechismo_Maggiore/Feste/Parte_seconda/Protettori)

Augustinus
03-11-07, 20:38
Catechismo del concilio di Trento

Parte I, Articolo 9: Credo la Santa Chiesa Cattolica, la comunione dei Santi

... Omissis ...

118. In che consista la "comunione dei santi"

LA COMUNIONE DEI SANTI. San Giovanni Evangelista, scrivendo ai fedeli intorno ai misteri divini, da questa ragione del suo insegnamento: "Affinché voi pure abbiate società con noi e la nostra società sia con il Padre e con il Figliolo di lui, Gesù Cristo" (1 Gv 1,3). Questa società consiste nella comunione dei santi, oggetto del presente articolo. Sarebbe davvero desiderabile che i responsabili delle chiese imitassero la diligenza di Paolo e degli altri Apostoli nello spiegare questo articolo, che non solo è come un'interpretazione del precedente ed è fecondo di frutti assai ubertosi, ma anche chiarisce qual uso debba farsi dei misteri contenuti nel Simbolo. Noi dobbiamo investigarli e accettarli appunto per esser ammessi nella grandiosa e beata società dei santi e una volta ammessi perseverarvi costantemente, rendendo grazie con gaudio a Dio Padre, che ci ha fatti degni di partecipare alla sorte dei santi nella luce (Col 1,12).

Anzitutto si dovrà insegnare ai fedeli che il presente articolo è come una spiegazione di quello precedente intorno alla Chiesa, una, santa e cattolica; poiché l'unità di spirito da cui è retta fa sì che sia comune tutto quanto essa possiede. Il frutto di tutti i sacramenti appartiene a tutti i fedeli, i quali con essi, come per mezzo di catene, vengono legati e uniti a Cristo: soprattutto con il Battesimo, per il quale, come attraverso una porta, entrano nella Chiesa.

Che questa comunione dei santi indichi quella dei sacramenti, è manifesto dalle parole del Simbolo: "Confesso un solo Battesimo". Seguono a questo, prima l'Eucaristia, poi tutti gli altri sacramenti. Infatti sebbene il nome di "comunione" convenga a tutti i sacramenti, in quanto ci congiungono a Dio e ci fanno partecipi di lui, la cui grazia riceviamo, pure si appropria meglio all'Eucaristia, la quale attua questa comunione.

119. La comunione dei santi illustrata dall'esempio del corpo umano

Nella Chiesa c'è da considerare anche un'altra comunione. Tutto quanto viene praticato con devota e santa mente da uno, appartiene a tutti e a tutti giova, in virtù della carità, che non cerca il proprio vantaggio (1 Cor 13,5). Lo prova la testimonianza di sant'Ambrogio, il quale commentando quel passo del salmo: "Io sono il compagno di quelli che ti temono", osserva: "Come diciamo che un membro è partecipe di tutto il corpo, così diciamo che ciascuno è unito a tutti gli altri che temono il Signore. Perciò Gesù Cristo prescrivendo la formula di preghiera ci fece dire: "il nostro pane" e non "il mio pane" e così via; affinché considerassimo non soltanto il nostro bene individuale, ma quello di tutti" (Exp. de Psalmo, 118, 8, 54).

La comunione dei beni viene spesso illustrata nella Sacra Scrittura con l'appropriata similitudine delle membra del corpo umano. Nel corpo vi son molte membra, che tuttavia formano un solo corpo, nel quale ciascuno compie l'ufficio proprio, non tutti il medesimo. Dette membra non hanno uguale dignità ne compiono funzioni ugualmente utili e decorose, e ciascuna bada non al comodo proprio ma all'utilità di tutto il corpo. E sono congiunte così bene tra loro che, se ne duole una, soffrono anche le altre, per una certa affinità e consenso di natura; mentre se gode, provano anche le altre membra un senso di benessere. Il medesimo si verifica nella Chiesa. Anche in lei vi sono membra diverse, cioè le varie nazioni di giudei e di gentili, liberi e schiavi, poveri e ricchi; ma, una volta ricevuto il Battesimo, diventano un solo corpo, con Cristo per capo. Inoltre a ognuno nella Chiesa è assegnato il suo ufficio. Vi sono alcuni Apostoli, altri Dottori, costituiti tali per la pubblica utilità; ad alcuni spetta il governare e l'insegnare, ad altri l'obbedire e l'essere soggetti.

120. Quali membri della Chiesa godono dei suoi beni spirituali

Coloro che vivono una vita cristiana nella carità godono tanti e preziosi doni e benefici divini e sono giusti e cari a Dio. Mentre le membra morte, cioè gli uomini peccatori e lontani dalla grazia di Dio, pur non venendo privati del beneficio di essere membra del corpo della Chiesa, non percepiscono, perché morti, quel frutto spirituale di cui godono gli uomini giusti e pii. Nondimeno, restando sempre nella Chiesa, vengono aiutati da coloro che vivono secondo lo spirito, perché possano ricuperare la grazia e la vita perduta, cogliendo quei frutti di cui restano privi coloro che sono del tutto separati dalla Chiesa.

E sono comuni non soltanto quei doni che rendono gli uomini cari a Dio e giusti, ma anche le grazie cosiddette gratis date, tra cui si annoverano la scienza, la profezia, il dono delle lingue e dei miracoli e simili: doni che sono concessi anche ai cattivi per motivo non di utilità privata ma pubblica, a edificazione della Chiesa. Infatti la virtù delle guarigioni è concessa non a beneficio di chi la possiede, ma per chi è malato. Del resto l'individuo veramente cristiano nulla possiede di così strettamente suo che non lo debba ritenere in comune con gli altri. Quindi deve essere pronto a sollevare la miseria dei poveri, essendo chiaro che non possiede la carità di Dio chi, fornito di sostanze, non aiuta il fratello che vede nel bisogno (1 Gv 3,17). Così stando le cose, è evidente che quelli i quali vivono in questa santa comunione sono in certo modo felici e possono a buon diritto esclamare: "Quanto sono amabili le tue tende, o Signore degli eserciti! L'anima mia sospira e sviene negli atri del Signore" e ancora: "Beati coloro che abitano nella tua casa, o Signore" (Sal 83, 2.3.5).

FONTE (http://it.wikisource.org/wiki/Catechismo_del_concilio_di_Trento/Parte_I/Articolo_9)

Augustinus
31-10-08, 07:52
Nel giorno della festa di tutti i Santi, Padre Pio disse ad un figlio spirituale: "Guarda in alto, se vogliamo raggiungerli! E poi aggiunse: "Tutte le anime che amano Dio, a tutto son pronte per amore dello stesso Dio, avendo ferma la speranza che il tutto tornerà in loro bene" (Padre Pio)

Augustinus
31-10-08, 18:33
DIE 31 OCTOBRIS

IN VIGILIA OMNIUM SANCTORUM

Simplex

Introitus

Sap. 3, 8

JÚDICANT sancti gentes et dominántur pópulis: et regnábit Dóminus, Deus illórum, in perpétuum. Ps. 32, 1. Exsultáte, justi, in Dómino: rectos decet collaudátio. V/. Glória Patri. Júdicant.

Non dicitur Glória in excélsis.

Oratio

DÓMINE, Deus noster, multiplica super nos grátiam tuam: et, quorum praevenímus gloriósa sollémnia, tríbue súbsequi in sancta professione lætítiam. Per Dóminum.

2ª Oratio de Spiritu Sancto, 3ª contra persecutores Ecclesiæ, vel pro Papa.

Léctio libri Apocalýpsis beáti Joánnis Apóstoli

Apoc. 5, 6-12

IN DIÉBUS illis: Ecce, ego Joánnes vidi in médio throni et quatuor animálium et in médio seniórum Agnum stantem tamquam occísum, habéntem córnua septem et óculos septem: qui sunt septem spíritus Dei, missi in omnem terram. Et venit: et accépit de déxtera sedéntis in throno librum. Et cum aperuísset librum, quatuor animália et vigínti quatuor senióres cecidérunt coram Agno, habéntes sínguli cítharas, et phiálas áureas plenas odoramentórum, quæ sunt oratiónes sanctórum: et cantábant cánticum novum, dicéntes: Dignus es, Dómine, accípere librum et aperíre signácula ejus: quóniam occísus es, et redemísti nos Deo in sánguine tuo ex omni tribu et lingua et pópulo et natióne: et fecísti nos Deo nostro regnum et sacerdótes: et regnábimus super terram. Et vidi, et audívi vocem Angelórum multórum in circúitu throni et animálium et seniórum: et erat númerus eórum míllia míllium, dicéntium voce magna: Dignus est Agnus, qui occísus est, accípere virtútem et divinitátem et sapiéntiam et fortitúdinem et honórem et glóriam et benedictiónem in saécula sæculórum. Amen.

Graduale. Ps. 149, 5 et 1. Exsultábunt sancti in glória: lætabúntur in cubílibus suis. V/. Cantáte Dómino cánticum novum: laus ejus in ecclésia sanctórum.

http://www.unavoce-ve.it/crux.gif Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam

Luc. 6, 17-23

IN ILLO témpore: Descéndens Jesus de monte, stetit in loco campéstri, et turba discipulórum ejus, et multitúdo copiósa plebis ab omni Judaéa, et Jerúsalem, et marítima, et Tyri, et Sidónis, qui vénerant, ut audírent eum et sanaréntur a languóribus suis. Et, qui vexabántur a spirítibus immúndis, curabántur. Et omnis turba quærébat eum tángere; quia virtus de illo exíbat, et sanábat omnes. Et ipse, elevátis óculis in discípulos suos, dicébat: Beáti, páuperes: quia vestrum est regnum Dei. Beáti, qui nunc esurítis: quia saturabímini. Beáti, qui nunc fletis: quia ridébitis. Beáti éritis, cum vos óderint hómines, et cum separáverint vos et exprobráverint, et ejécerint nomen vestrum tamquam malum, propter Fílium hóminis. Gaudéte in illa die et exsultáte: ecce enim, merces vestra multa est in cælo.

Offertorium. Ps. 149, 5-6. Exsultábunt Sancti in glória, lætabúntur in cubílibus suis: exaltatiónes Dei in fáucibus eórum.

Secreta

ALTÁRE tuum, Dómine, munéribus cumulámus oblátis: da, quǽsumus; ut ad salútem nostram, ómnium Sanctórum tuórum precatióne, profíciant, quorum sollémnia ventúra præcúrrimus. Per Dóminum.

Communio. Sap. 3, 1, 2 et 3. Justórum ánimæ in manu Dei sunt, et non tanget illos torméntum malítiæ: visi sunt óculis insipiéntium mori: illi autem sunt in pace.

Postcommunio

SACRAMÉNTIS, Dómine, et gáudiis optátæ celebritátis explétis: quaésumus; ut eórum précibus adjuvémur, quorum recordatiónibus exhibéntur. Per Dóminum.

FONTE (http://www.clerus.org/bibliaclerusonline/pt/oc.htm#b51)

Augustinus
31-10-08, 18:36
http://collection.aucklandartgallery.govt.nz/collection/images/display/M1982/M1982_1_2_627.jpg Jacques Callot, Tutti i Santi, 1630-36, Auckland Art Gallery, Auckland, Nuova Zelanda

Augustinus
01-11-08, 11:31
Il passaggio dalla vita alla morte e l'ingresso in paradiso nell'iconografia cristiana dei primi secoli

Quel limite infranto tra la terra e il cielo

di Fabrizio Bisconti

http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/256q04a1.jpg

Durante i primi secoli del cristianesimo e, segnatamente, tra il II e il III, quando nasce un'arte propriamente cristiana in tutto il mondo antico, non viene immediatamente inventato un immaginario nuovo e autonomo rispetto alla cultura figurativa profana coeva e precedente. Molte immagini, scene e situazioni figurative recuperano schemi e temi già sperimentati dalla civiltà iconografica del passato, denunciando una continuità artistica, che, però, prevede un ricarico semantico rinnovato e aderente alla nuova dottrina.
In quest'ottica mentre da un lato sorge un repertorio direttamente ispirato alla Bibbia - pronto ad accogliere il messaggio delle due economie testamentarie per mezzo di pure rievocazioni degli episodi della salvezza così come si dipana tra il Vecchio e il Nuovo Testamento - dall'altro lato non muore il tradizionale riferimento al vissuto quotidiano dei cristiani ordinari e alla societas christiana della prima ora.
Il duplice binario, parallelo e talora giustapposto, dà luogo a un immaginario iconografico misto, dove la componente religiosa si associa, in maniera armonica e coerente, alla storia privata dei singoli componenti delle comunità cristiane più antiche.
Questo sentimento della concordia tra le sofisticate idee religiose elaborate dai Padri della Chiesa e il pensiero semplice degli uomini convertiti al cristianesimo, ci immette in un mondo funerario estremamente compromesso, per i primi tempi, con quel naturale e lento divenire delle usanze e dei riti provenienti dalla civiltà romana. Proprio i romani, d'altra parte, affidarono una particolare importanza a tutti quei gesti intimamente legati al momento della morte, alla sistemazione dei corpi dei defunti, alle feste e alle commemorazioni funebri, recuperando le credenze e i riti dalle culture preromane. Tali usanze, come è noto, si muovono attorno all'orbita di una tensione comune che prevede la "sopravvivenza" del defunto oltre la tappa traumatica della morte. Anzi, nella cultura romana, nacque ben presto la credenza di un naturale prolungamento della vita per tutti i trapassati, secondo quanto assicurano Cicerone (Tusculanae disputationes, I, 16, 36) e Virgilio (Eneide, VI, 743).
Nella prassi funeraria romana si diffuse, per questo, l'usanza di un'immediata sepoltura dei morti, per assicurare una serena vita nell'aldilà e per evitare che le anime dei trapassati vagassero, in attesa della tumulazione. Nacquero, così, i collegia funerari, che si preoccuparono di sostenere l'onere economico per la sepoltura di coloro che non potevano permettersi un dignitoso funerale. Questo permetteva anche che i defunti non stazionassero nell'abitato, nel perfetto ossequio di una legge delle Dodici Tavole che prescriveva che: hominem mortuum in urbe ne sepelito neve urito. Tale legge induceva a svolgere tutte le pratiche funerarie, sia per quanto riguarda l'inumazione, sia per quel che attiene all'incinerazione, fuori dalle mura urbiche.
La ritualità funeraria romana comportava una sequenza di gesti che, in parte, si sono protratti nel tempo, come il bacio estremo al defunto, la chiusura degli occhi, la conclamatio, ossia il richiamo ad alta voce del nome del defunto per verificarne la morte, la sistemazione del cadavere, la vestizione, la coronazione, la consegna di una moneta - il cosiddetto obolo di Caronte per accedere nell'oltremondo - l'esposizione del corpo, le esequie, con il relativo seppellimento, che si svolgeva, assai spesso, notte tempo.
Con l'avvento del cristianesimo, al rito dell'incinerazione, tanto amata dai romani, in quanto collegata alla eroizzazione del defunto, si sostituì quello dell'inumazione, già noto, ma meno diffuso per questioni di spazio e di economia. I cimiteri cristiani, meglio noti come catacombe, raccolsero, sin dagli esordi del iii secolo, intere comunità cristiane, specialmente a Roma, ma anche in altri centri dell'Italia centrale, meridionale e insulare, dove il sistema delle sepolture in ambienti ipogei e la moltiplicazione dei sepolcri - che raggiunsero in certi casi decine di migliaia di unità - caratterizzarono un nuovo approccio con la ritualità funeraria e con il sentimento religioso, che si incentrò, come è intuitivo, sul mistero fondamentale della resurrezione della carne.
La grande rivoluzione del pensiero religioso influì sicuramente sulla creazione di queste enormi città della morte o meglio in questi dormitori provvisori, dove i fratelli della fede attendevano fiduciosi la resurrezione. Se, da un lato, le catacombe mantennero uno stile sobrio ed essenziale nell'allestimento delle sepolture volutamente tutte uguali, con qualche rara eccezione riservata alle sepolture privilegiate dei potentiores e di alcuni ecclesiastici, dall'altro, vogliono esprimere un forte e insopprimibile spirito comunitario.
Le catacombe rappresentano il luogo naturale dell'attività dei fossores, ai quali spettano la progettazione, lo scavo, la decorazione e la gestione dell'area sepolcrale. La figura del fossor assurge, insomma, a vero e proprio genius loci dei cimiteri paleocristiani e viene anche definito arenarius, in quanto scavatore di gallerie nelle cave arenarie, vespillo, lectiarius, copiatae ed entra nella gerarchia della chiesa locale, inserendosi nella dinamica associativa delle corporazioni. Il potere assunto dai fossori, specialmente in relazione alla compravendita delle sepolture, indusse nel corso del V secolo, a riconsegnare questa fruttuosa attività ai mansionarii, ai cubicularii e ai presbyteri.
Proprio per il diagramma che il ruolo dei fossori disegna nella carta sociale delle prime comunità cristiane, questi furono tra i primi a essere rappresentati in pittura e nelle incisioni sulle lastre funerarie delle catacombe romane, ora intenti a scavare le gallerie, ora occupati alla sistemazione del corpo dei defunti, ora in posa autorappresentativa, per dimostrare il loro rango, raggiunto nell'ambito della struttura della Chiesa primitiva. Queste semplici rappresentazioni oscillano tra l'iconografia del vissuto quotidiano, a cui ci si riferiva in apertura, e un intento figurativo di tipo simbolico, quando si vuole attribuire alle loro immagini, già nel cuore delle catacombe di San Callisto, nelle cosiddette cappelle dei sacramenti, riferibili alla prima metà del iii secolo, un significato più sofisticato, che attinge proprio a quel senso di guardiano eccezionale del sito cimiteriale, a cui si alludeva, ossia al ruolo di genius loci delle catacombe.

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Ben presto, accanto alle figure dei fossori, appaiono le immagini dei defunti ordinari, per lo più isolati e atteggiati nel significativo gesto dell'expansis manibus, che vuole sollevare i cristiani dei primi secoli in una condizione beatifica e paradisiaca. L'atteggiamento dell'orante, attribuito alla maggior parte dei defunti, rappresentati in pittura, in scultura e nelle incisioni funerarie non vuole significare una tensione verso la salvezza, ma uno status positivo, che comporta l'idea di un percorso già tracciato, che ha condotto il defunto fino alla salvezza finale. Per questo motivo l'atteggiamento delle braccia sollevate interessa, in queste prime rappresentazioni, tanto i semplici defunti quanto i protagonisti degli episodi veterotestamentari, che hanno superato diluvi, condanne ad bestias, insidie, violenze, pericoli e prove di ogni tipo. Sollevare le braccia e aprire le palme delle mani significa esprimere quel concetto della preghiera continua che, per il cristiano, non finisce in terra, ma perdura anche nell'aldilà e che si era iniziata con il battesimo: da quel momento, l'uomo, coerente con le sue promesse e fedele al consiglio di Paolo (I Tessalonicesi, 5, 17) canta incessantemente, senza mai interrompersi, la gloria di Dio.
Accanto a queste rappresentazioni ispirate, compaiono raffigurazioni più tradizionali che "fotografano" i defunti mentre svolgono la loro attività professionale di fabbri, fornai, macellai, pescivendoli, ortolani, come per ricordare la loro condizione terrena, secondo un uso e una mentalità che non si differenzia da quella profana. A questo riguardo ci aiuta Tertulliano, quando si interroga sul motivo delle persecuzioni nei confronti dei cristiani, se, in realtà, essi frequentavano gli stessi fori dei pagani, lavoravano negli stessi mercati, negli stessi negozi, nelle stesse officine, praticavano le stesse arti, navigavano e combattevano insieme a loro (Apologetico, 42, 2-3).
Ancora nel solco della tradizione ellenistica e romana dobbiamo collocare le rappresentazioni dei defunti più prevedibili, ossia quelle che si preoccupano di riprodurre, nel dettaglio, i ritratti dei personaggi, ora scegliendo l'antico espediente della imago clipeata, ora sistemando la figura intera tra due introduttori, che spesso si identificavano con i principi degli Apostoli, ora rappresentandoli in vere e proprie "foto di famiglia".
Ma i defunti sono calati in situazioni figurative anche più complesse, come quando divengono protagonisti dei banchetti. Nelle scene di convito coesistono i sensi di diversi banchetti, non solo quelli funerari, come si tenta di affermare da più parti in tempi recenti, ricollegando l'immagine alle agapi e ai refrigeria, per scorgervi, dunque, un riflesso immediato di pratiche quotidiane e reali. Nei banchetti dipinti nelle catacombe romane, così come in quelli scolpiti sui coperchi dei sarcofagi, è possibile individuare gran parte dei modelli iconografici e dei significati simbolici creati dalla cultura figurativa precedente, anche se l'accezione cristiana, in chiave rituale e simbolica, prevale ed emerge sugli altri temi. Le scene di banchetto riecheggiano, innanzi tutto, gli antichi pranzi funerari classici ed ellenistici, di memoria omerica, che comportavano sacrifici, pranzi veri e propri e ludi in onore del defunto: dal silicernium, che si teneva dopo la sepoltura, al novemdial che, nove giorni dopo la tumulazione, segnava il ritorno della famiglia nella società, sino ai più noti banchetti tenuti durante i parentalia e, segnatamente, a quello che si organizzava il 22 febbraio (caracognatio), un convito solenne, che si svolgeva presso il sepolcro a cui partecipavano solo i parenti del defunto, i quali, in quell'occasione, potevano ricomporre i malumori familiari, approfittando del clima affettuoso che si veniva a creare.
A questi banchetti e all'atmosfera di amicizia e concordia, declinata in senso spirituale dai cristiani, sembrano ispirarsi direttamente le scene delle catacombe romane, ma questa continuità è solo apparente e non serve, da sola, a spiegare la grande fortuna del tema nel repertorio cristiano. Occorre ricordare che, per i romani, quella dei parentalia non era l'unica occasione per pranzare in onore dei defunti: durante i rosalia e i violarla, feste primaverili ed estive, si svolgevano altri banchetti e già, tra i pagani, anche se eccezionalmente, si pranzò nella ricorrenza del giorno anniversario dello scomparso. Si deve, poi, distinguere, in tali conviti, una componente evergetica, che proveniva dalla tradizione ellenistica e che, per la solennità e l'aspetto pubblico, riferisce l'intenzione di fissare la memoria del defunto in senso civico e storico e una componente familiare, che esprime il desiderio di descrivere il ruolo del congiunto nell'ambito del gruppo sociale di appartenenza. Le due componenti sembrano perdurare nell'immaginario figurativo paleocristiano in maniera talora ben distinta se, come sembra, prevale l'aspetto evergetico nelle rappresentazioni multiple contornate da cesti colmi di pani, mentre predomina quello familiare nelle scene affrescate, con vivacità gestuale e rari tocchi d'ambiente, nel cimitero dei santi Marcellino e Pietro. Ma anche in queste scene, eccessivamente alleggerite dalla critica moderna di ogni carica simbolica, dobbiamo leggere meglio la stratificazione dei significati. Se, infatti, alcune scene presentano chiari riferimenti a un pasto funerario organizzato per o dalla famiglia del defunto, con cenni reali che riflettono pratiche e rituali sepolcrali concreti, la ieraticità di alcune immagini e l'atmosfera che si respira intorno ad altre ci sollevano verso un livello eminentemente simbolico. Nella lastra incisa di Criste in Domitilla, ad esempio, la piccola defunta, collocata in paradiso con pochi ma efficaci espedienti - colombe noetiche, atteggiamento expansis manibus - è commemorata dal padre Cristor che si raffigura bevendo e offrendo l'ultimo boccone del pasto a un cagnolino, forse molto caro alla padroncina.
Proprio la catacomba di Domitilla ci permette di agganciare l'antica commemorazione dei defunti nella cultura paleocristiana con quella spontanea e urgente riservata, negli stessi secoli, ai santi che, in quei primi momenti, si identificano specialmente con i martiri. In un affresco del complesso di Domitilla, sulla via Ardeatina, e, segnatamente, nella lunetta di un arcosolio non lontano dalla basilica dei santi Nereo e Achilleo, la matrona Veneranda viene rappresentata mentre viene introdotta in un giardino paradisiaco dalla martire Petronilla, che godeva di fama e culto estremamente diffusi in ambiente romano. L'introduzione - che comporta un confortante gesto di incoraggiamento da parte della santa, che poggia la mano sulla spalla della defunta - avviene in un'atmosfera di grande confidenza, recuperando i rassicuranti atteggiamenti delle antiche introduzioni in paradiso e annunciando gli ingressi monumentali e ufficiali dei catini absidali romani, come accade, ad esempio, in quello protobizantino della basilica romana dei santi Cosma e Damiano, dove i due santi medici sono accompagnati al cospetto del Salvatore dai principi degli Apostoli.
Tra martiri e defunti si stabilisce una sorta di religio amicitiae, di rapporto inter pares, che qualifica i santi come patroni, intercessori e protettori: essere vicino a loro, essere rappresentati in loro compagnia, significa rompere quel limite tra terra e cielo, ancora ben percettibile nella mentalità comune del tempo. L'arte delle catacombe esprime l'abbattimento di questa barriera, mettendo in diretto contatto i defunti con il martire, in un rapporto protetto-patrono, che ben riflette nell'iconografia quanto succede attorno alle tombe dei santi all'interno delle catacombe.
Nei pressi di questi sepolcri eccellenti, infatti, vuole essere sepolto un numero elevato di defunti, creando quei retro-sanctos, che vorrebbero riprodurre il concetto della comunione dei santi e l'eloquente formula epigrafica in pace cum sanctis che caratterizza molti epitaffi paleocristiani del iv secolo dell'era cristiana. Dopo un lungo periodo in cui la rappresentazione dei martiri viene evitata per non affrontare il delicato momento della loro morte violenta, ecco che - con la pace della Chiesa e specialmente nella seconda metà del iv secolo, in corrispondenza con il pontificato di Papa Damaso (366-384) - spuntano le immagini di questi uomini santi. Essi vengono rappresentati come filosofi, intellettuali, saggi, spesso muniti della corona trionfale del martirio, atteggiati secondo gesti solenni ed enfatici, con volti ieratici, ma rassicuranti. La loro fisionomia, il loro vestiario, costituito semplicemente dalla tunica e dal pallio, non è diverso da quello dei personaggi biblici, dei patriarchi, dei filosofi, ma anche degli apostoli e del Cristo. Le loro immagini appaiono negli oscuri itinera ad sanctos che, nei labirinti bui e oramai abbandonati delle catacombe romane, conducono i pellegrini del medioevo verso le tombe sante, semplici, ma estremamente venerate, come dimostrano le centinaia di graffiti lasciati dai devoti lungo le pareti di quelle strade sotterranee della fede.
Mentre ai nostri giorni le commemorazioni dei santi e dei defunti si susseguono a distanza di un giorno, nell'antichità le loro figure, prima distinte e poco definite, si uniscono in un destino comune, che vede i defunti "eccellenti" e quelli "ordinari" disposti fianco a fianco, come per anticipare quella resurrezione finale che rompe tutte le barriere sociali e le categorie religiose e che riconduce alla nostra mente le semplici ed emozionanti parole di Lattanzio, quando descrive la società cristiana dei primi secoli: "Tra noi non ci sono né servi né padroni; non esiste altro motivo se ci chiamiamo fratelli se non perché ci consideriamo tutti uguali" (Divinae institutiones, 5, 15).

Fonte: L'Osservatore Romano, 1.11.2008

Augustinus
01-11-08, 11:33
Ognissanti

... in omnibus Christus. (Colossesi, III, 11)
Multa quidem membra, unum autem corpus. (1 Corinzi, XII, 20)
Omnes enim vos estis Unum in Christo Jesu. (Galati, III, 28)

Cercando col cupido sguardo,
Tra il vel della nebbia terrena
Quel Sol che in sua limpida piena
V'avvolge or beati lassù;

Il secol vi sdegna, e superbo
Domanda qual merto agli altari
V'addusse; che giovin gli avari
Tesor di solinghe virtù.

A Lui che nell'erba del campo
La spiga vitale nascose,
Il fil di tue vesti compose,
De' farmachi il succo temprò,

Che il pino inflessibile agli austri,
Che docile il salcio alla mano,
Che il larice ai verni, e l'ontano
Durevole all'acque creò;

A Quello domanda, o sdegnoso,
Perché sull'inospite piagge,
Al tremito d'aure selvagge,
Fa sorgere il tacito fior,

Che spiega davanti a Lui solo
La pompa del pinto suo velo,
Che spande ai deserti del cielo
Gli olezzi del calice, e muor.

E voi che gran tempo per ciechi
Sentier di lusinghe funeste,
Correndo all'abisso, cadeste
In grembo a un'immensa pietà;

E, come l'umor, che nel limo
Errava sotterra smarrito,
Da subita vena rapito
Che al giorno la strada gli fa,

Si lancia e, seguendo l'amiche
Angustie, con ratto gorgoglio,
Si vede d'in cima allo scoglio
In lucido sgorgo apparir,

Sorgeste già puri, e la vetta,
Sorgendo, toccaste, dolenti
E forti, a magnanimi intenti
Nutrendo nel pianto l'ardir,

Un timido ossequio non veli
Le piaghe che il fallo v'impresse:
Un segno divino sovr'esse
La man, che le chiuse, lasciò.

Tu sola a Lui festi ritorno
Ornata del primo suo dono;
Te sola più su del perdono
L'Amor che può tutto locò;

Te sola dall'angue nemico
Non tocca né prima né poi;
Dall'angue, che, appena su noi
L'indegna vittoria compiè,

Traendo l'oblique rivolte,
Rigonfio e tremante, tra l'erba,
Sentì sulla testa superba
Il peso del puro tuo piè.

Augustinus
01-11-08, 11:39
L'inno manzoniano per la solennità di tutti i santi

Quando il poeta diventa teologo

di Inos Biffi

Nell'elenco dei dodici inni, che Alessandro Manzoni aveva progettato a commento delle principali solennità dell'anno liturgico, era anche contemplato un inno per tutti i santi, l'Ognissanti, che rimase tuttavia incompleto, mentre non vennero composti quelli per l'Epifania, l'Ascensione, il Corpo del Signore, la Cattedra di san Pietro, l'Assunzione e i Morti.
Il poeta lo inizia nel 1830, ma la stesura, già da subito, non deve averlo soddisfatto; di quella stesura eliminata resta soltanto il titolo, cui fanno seguito tre citazioni bibliche: "... in omnibus Christus. (Paul. Col. III, 11); Multa quidem membra, unum autem corpus. (Cor. I, XII, 20); Omnes enim vos estis Unum in Christo Jesu. (Gal. III, 28)", le quali concordano sul tema dell'unità del Corpo di Cristo, formato dalla molteplicità delle membra e, in questa prospettiva, una visione degli stessi santi contemplati in quest'unico Corpo.
Una lettera al figlio Pietro del 1847 indica che un terzo dell'inno è finito, ma gli raccomanda di non farne parola a nessuno. Di fatto sappiamo che il testo incompiuto fu letto da Rosmini. Più tardi, nel 1860, quattro sue strofe vennero pubblicate da Louise Colet, alla quale Manzoni stesso le aveva fatte conoscere, mentre il tutto vide la luce nel 1914.
Senza dubbio, per la sua incompiutezza non ci è possibile conoscere e gustare tutta la visione che Manzoni aveva concepito o ci avrebbe dato nell'interezza; e tuttavia le strofe che ci ha lasciato sono di una incomparabile bellezza di poesia e di teologia della santità cristiana.
Ripassano nelle quattordici strofe due categorie di santi: quelli che sono vissuti nel chiostro, quelli raggiunti dalla misericordia divina con la grazia della conversione, mentre considerata a sé, come incomparabile, viene al terzo posto la Vergine Maria.
La prima categoria rievocata da Manzoni è quella dei santi vissuti nella solitudine o che, com'è scritto da Manzoni in appunti sparsi, hanno serbato "i silenzi del cor". Con tutta l'intensità e l'ardore del loro desiderio essi hanno cercato Dio come si cerca il Sole, che, ancora velato dalle nebbiose ombre terrene - "ora vediamo in modo confuso", afferma l'Apostolo - li riveste adesso con la pienezza straripante e beatificante della sua luce nitida e splendente: "Cercando col cupido sguardo, / Tra il vel della nebbia terrena, / Quel Sol che in sua limpida piena / V'avvolge or beati lassù".
Il mondo, nella sua superbia, disprezza la santità fasciata dal silenzio - come dice la Scrittura: la "sapienza nascosta e tesoro invisibile" (Siracide, 20, 30) - quella dei contemplativi, degli anacoreti, degli asceti penitenti, dei mistici; al suo giudizio le virtù esercitate in solitudine, operosamente raccolte e gelosamente conservate, non appaiono meritevoli dell'onore degli altari, ma solo un patrimonio insignificante e infruttuoso: "Il secol vi sdegna, e superbo / Domanda qual merto agli altari / V'addusse; che giovin gli avari / Tesor di solinghe virtù".
La domanda va fatta al Creatore.
Dalla sua provvida cura, e a utilità degli uomini, sono certo venuti la spiga di grano, che alimenta la vita, le fibre per intesser le vesti, le erbe con virtù medicinali: "nell'erba del campo / La spiga vitale nascose, / Il fil di tue vesti compose, / De' farmachi il succo temprò".
E sempre per la creazione divina sono apparsi il pino, che non si piega al vento australe - "il pino inflessibile agli austri" - il salice che, condiscendente, si lascia piegare (lenta salix di Virgilio) - "docile il salcio alla mano"; il larice, che resiste alle intemperie invernali, come l'ontano resiste alle acque - "il larice ai verni, e l'ontano durevole all'acque".
E qui pare di scorgere il gusto di Manzoni esperto di botanica nel far passare e illustrare, in poetica e compiaciuta rappresentazione, erbe e piante, quasi connotati di qualità o risonanze morali: si pensi alla docilità del salice e, all'opposto, alla non flessibilità del pino.
Ma nel mondo non esistono solo creature di visibile e immediata utilità per l'uomo. Con "la spiga vitale", con gli arbusti per i tessuti e le erbe medicinali, spunta e si ritrova un fiore silenzioso, che parrebbe superfluo e creato vanamente. Eppure c'è ed è il Creatore che lo ha fatto apparire.
È quindi a lui che deve rivolgere la domanda chi disdegna come sterile e inservibile la santità dei solitari: "A Quello domanda, o sdegnoso, / Perché sull'inospite piagge, / Al tremito d'aure selvagge, / Fa sorgere il tacito fior, / Che spiega davanti a Lui solo / La pompa del pinto suo velo, / Che spande ai deserti del cielo / Gli olezzi del calice, e muor".
Mi sembrano, questi, i versi tra i più belli di Manzoni. Il "tacito fior" - ecco un'altra connotazione morale: la silenziosità - trova la sua unica ragione nello stesso suo Creatore: di fronte a lui quel fiore sperduto dispiega lo splendore dei suoi colori, e per lui effonde i suoi profumi; colori e profumi non risultano allora sciupati, poiché rallegrano lo sguardo di Dio e sono un piacere unicamente per lui. La breve vicenda di un fiore che sboccia, con le sue "spoglie lucenti", che spande "i fuggenti olezzi del calice" (Appunti sparsi) e che poi muore, poteva sembrare uno sperpero, e fu invece un atto di gratuita e pura adorazione.
Così è della santità: pur nascosta e lontana dai clamori e dagli elogi del mondo essa vale, perché gradita e preziosa agli occhi di Dio. E qui la poesia di Manzoni si trasfigura in alta e ispirata teologia.

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La seconda categoria di santi cantata da Manzoni comprende coloro che sono giunti alla santità dopo aver conosciuto la gravità della colpa e averla espiata: per lungo tempo incamminati su strade oscure del male, vittime di piaceri ingannevoli e funesti, fatalmente in corsa verso un baratro, si sono mirabilmente trovati nel seno di una sconfinata misericordia: "E voi che gran tempo per ciechi / Sentier di lusinghe funeste, / Correndo all'abisso, cadeste / In grembo a un'immensa pietà".
Manzoni forse in questi versi pensava alla propria conversione, che egli circondò sempre di grande discrezione e riserbo, invitando a rendere grazie a Dio.
È difficile non essere profondamente toccati dai due ultimi versi: "Correndo all'abisso cadeste / In grembo a un'immensa pietà", che ci fanno pensare a quelli di Dante: "Ma la bontà infinita ha sì gran braccia / che prende ciò che si rivolge a lei" (Purgatorio, II, 122-123).
Tutto portava a pensare che l'abisso dell'inferno e della dannazione avrebbe accolto quei peccatori, ma, per il miracolo del perdono, invece che in quell'abisso, essi si ritrovarono nel tenerissimo abbraccio dell'infinito amore divino. I convertiti santi, ma pensiamo anche a tutti i convertiti, come l'Innominato - e in realtà tutti i santi - sono frutti della pietà di Dio.
A somiglianza delle acque sotterranee che, dopo tortuosi percorsi, finalmente trovano la via per erompere e sboccare in un limpido zampillo - in "lucido sgorgo" - essi, ormai purificati, sono risaliti, raggiungendo la vetta della santità; e segnati dalla contrizione e dal coraggio, alimentano nel pianto per le colpe passate l'audace tensione a nobili propositi: "Sorgeste già puri, e la vetta, / Sorgendo, toccaste, dolenti / E forti, a magnanimi intenti / Nutrendo nel pianto l'ardir".
Né essi devono nascondere pudicamente le ferite lasciate in loro dai peccati trascorsi: quelle ferite recano l'impronta di Dio che le ha rimarginate; quella memoria "costituisce una promessa di salvezza e la prova del potere e della bontà di Dio" (Valter Boggione): "Un timido ossequio non veli / Le piaghe che il fallo v'impresse: / Un segno divino sovr'esse / La man, che le chiuse, lasciò".
La terza parte del canto è tutta riservata a Maria, che "non ha avuto bisogno del perdono perché ebbe intatta la bellezza della natura umana, quale Dio l'aveva donata ad Adamo: non fu toccata "prima" dal peccato originale e neppure "poi" dal peccato attuale: qui sta il capolavoro dell'"Amor che tutto può"" (Giovanni Colombo).
Nelle tre brevi strofe che concludono il canto il poeta mostra di aver colto con acuta precisione il senso del dogma dell'immacolata: Maria non fu purificata dalla colpa, ma è tornata al cielo - ed è il dogma dell'Assunta - adorna della grazia nella quale era stata concepita e che precedette ogni remissione. Come canta la Chiesa: Tota pulchra es Maria, et macula originalis non est in te.
Questa innocenza non fu, tuttavia, un merito della Vergine, ma il gratuito dono dell'Amore divino onnipotente: "Tu sola a Lui festi ritorno / Ornata del primo suo dono; / Te sola più su del perdono / L'Amor che può tutto locò".
Maria è salutata dall'angelo come colei che fu da sempre l'immensamente amata.
Per questo non venne contagiata dall'insidioso e avverso Serpente: "Te sola dall'angue nemico / Non tocca né prima né poi".
Soltanto su noi egli riuscì indecentemente vincitore: "(...) appena su noi / L'indegna vittoria compiè". Secondo la profezia della Genesi, il suo capo orgoglioso fu invece schiacciato dal piede incontaminato della Vergine: "Traendo l'oblique rivolte, / Rigonfio e tremante, tra l'erba, / Sentì sulla testa superba / Il peso del puro tuo piè".
La descrizione di rara efficacia di quell'"angue nemico" che, turgido e spaventato, sopravviene sinuosamente tra l'erba, richiama il verso virgiliano: latet anguis in herba (Bucoliche, 3, 93), e quello dantesco: "Occulto come in erba l'angue" (Inferno, VII, 84), e l'altro: "Tra l'erba e' fior venìa la mala striscia, / volgendo ad ora ad or la testa, e'l dosso / leccando come bestia che si liscia" (Purgatorio, VIII, 100-102).
Così Manzoni, di là dalla santità dei contemplativi e da quella dei santi penitenti, ha ritratto l'innocenza di Maria, modello di tutta la santità cristiana, ancora una volta mostrando la sua luminosa dottrina mariana e la fervida devozione alla Vergine, di cui sono cosparse la sua poesia e la sua prosa.

Fonte: L'Osservatore Romano, 1.11.2008

Augustinus
01-11-08, 12:15
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FESTA NOVEMBRIS

DIE 1 NOVEMBRIS

IN FESTO

OMNIUM SANCTORUM

Duplex I classis cum Octava communi

Introitus

GAUDEÁMUS omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre Sanctórum ómnium: de quorum sollemnitáte gaudent Angeli, et colláudant Fílium Dei. Ps. 32, 1. Exsultáte, justi, in Dómino: rectos decet collaudátio. V/. Glória Patri. Gaudeámus.

Oratio

OMNÍPOTENS sempitérne Deus, qui nos ómnium Sanctórum tuórum mérita sub una tribuísti celebritáte venerári: quaésumus; ut desiderátam nobis tum propitiatiónis abundántiam, multiplicátis intercessóribus, largiáris. Per Dóminum.

Léctio libri Apocalýpsis beáti Joánnis Apóstoli

Apoc. 7, 2-12

IN DIÉBUS illis: Ecce ego Joánnes vidi álterum Angelum ascendéntem ab ortu solis, habéntem signum Dei vivi: et clamávit voce magna quatuor Angelis, quibus datum est nocére terræ, et mari, dicens: Nolite nocére terræ, et mari, neque arbóribus, quoadúsque signémus servos Dei nostri in fróntibus eórum. Et audivi númerum signatórum, centun quadragínta quatuor míllia signáti, ex omni tribu filiórum Israël. Ex tribu Juda duódecim millia signáti. Ex tribu Ruben duódecim míllia signáti. Ex tribu Gad duódecim míllia signáti. Ex tribu Aser duódecim míllia signáti. Ex tribu Néphthali duódecim millia signáti. Ex tribu Manásse duódecim míllia signáti. Ex tribu Símeon duódecim míllia signáti. Ex tribu Levi duódecim millia signáti. Ex tribu Issachar duódecim millia signáti. Ex tribu Zabulon duódecim míllia signáti. Ex tribu Joseph duódecim signáti. Ex tribu Bénjamin duódecim míllia signáti. Post hæc vidi turbam magnam, quam dinumeráre nemo póterat, ex ómnibus géntibus, et tríbubus, et pópulis, et linguis : stantes ante thronum, et in conspéctu Agni, amícti stolis albis, et palma in mánibus eórum: et clamábant voce magna, dicéntes: Salus Deo nostro, qui sedet super thronum, et Agno. Et omnes Angeli stabant in circúitu throni, et seniórum, et quatuor animálium: et cecidérunt in conspéctu throni in facies suas, et adoravérunt Deum, dicéntes: Amen. Benedíctio, et cláritas, et sapiéntia, et gratiárum áctio, honor, et virtus, et fortitúdo Deo nostro in saécula sæculórum. Amen.

Graduale. Ps. 33, 10 et 11. Timéte Dóminum, omnes sancti ejus: quóniam nihil deest timéntibus eum. V/. Inquiréntes autem Dóminum, non defícient omni bono.

Allelúja, allelúja. V/. Matth. 11, 28. Venite ad me, omnes qui laborátis, et oneráti estis: et ego refíciam vos. Allelúja.

http://www.unavoce-ve.it/crux.gif Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthaéum

Matth. 5, 1-12

IN ILLO témpore: Videns Jesus turbas, ascéndit in montem, et, cum sedísset, accessérunt ad eum discípuli ejus, et apériens os suum, docébat eos, dicens: Beáti páuperes spíritu: quóniam ipsórum est regnum caelórum. Beáti mites quóniam ipsi possidébunt terram. Beáti qui lugent: quóniam ipsi consolabúntur. Beáti qui esúriunt et sítiunt justítiam: quóniam ipsi saturabúntur. Beáti misericórdes: quóniam ipsi misericórdiam consequéntur. Beáti mundo corde: quóniam ipsi Deum vidébunt. Beáti pacifici: quóniam fílii Dei vocabúntur. Beáti qui persecutiónem patiúntur propter justítiam: quóniam ipsórum est regnum cælórum. Beáti estis cum maledíxerint vobis, et persecúti vos fúerint, et díxerint omne malum advérsum vos, mentiéntes, propter me : gaudéte, et exsultáte, quóniam merces vestra copiósa est in cælis.

Credo.

Offertorium. Sap. 3, 1-2 et 3. Justórum ánimæ in manu Dei sunt, et non tanget illos torméntum mortis: visi sunt óculis insipiéntium mori: illi autem sunt in pace, allelúja.

Secreta

MÚNERA tibi, Dómine, nostræ devotiónis offérimus: quæ et pro cunctórum tibi grata sint honóre justórum, et nobis salutária, te miseránte, reddántur. Per Dóminum.

Communio. Matth. 5, 8-10. Beáti mundo corde, quóniam ipsi Deum vidébunt: beáti pacífici, quóniam fílii Dei vocabúntur: beáti qui persecutiónem patiúntur propter justítiam, quóniam ipsórum est regnum cælórum.

Postcommunio

DA QUAÉSUMUS, Dómine, fidélibus pópulis ómnium Sanctórum semper veneratióne lætári: et eórum perpétua supplicatióne muníri. Per Dóminum.

Infra Octavam Missa ut in Festo, et pro Orationibus juxta diversitatem Temporum assignatis, dicitur 2ª Oratio de Spiritu Sancto, 3ª contra persecutores Ecclesiæ vel pro Papa.

MISSA VOTIVA

DE OMNIBUS SANCTIS

Extra Tempus Paschale:

Introitus

Sap. 3, 8

JÚDICANT sancti gentes, et dominátur pópulis: et regnábit Dóminus Deus illórum in perpétuum. Ps. 32, 1. Exsultáte, justi, in Dómino: rectos decet collaudátio. V/. Glória Patri. Júdicant.

Vel Tempore Paschali:

Introitus

Ps. 144, 10-11

SANCTI tui, Dómine, benedícent te: glóriam regni tui dicent, allelúja, allelúja. Ps. ibid., 1. Exaltábo te, Deus meus Rex: et benedícam nómini tuo in saéculum, et in saéculum saéculi. V/. Glória Patri. Sancti.

Oratio

CONCÉDE, quaésumus, omnípotens Deus: ut intercéssio sanctæ Dei Genitrícis Maríæ, sanctorúmque ómnium Apostolórum, Mártyrum, Confessórum, atque Vírginum et ómnium electórum tuórum, nos ubique lætíficet; ut, dum eórum mérita recólimus, patrocínia sentiámus. Per eúndem Dóminum.

2ª Oratio de Spiritu Sancto, et 3ª contra persecutores Ecclesiæ vel pro Papa.

Epistola ut in Festo.

Graduale. Ps. 33, 10 et 11. Timéte Dóminum, omnes sancti ejus: quóniam nihil deest timéntibus eum. V/. Inquiréntes autem Dóminum, non defícient omni bono.

Allelúja, allelúja. V/. Matth. 11, 28. Venite ad me, omnes qui laborátis, et oneráti estis: et ego refíciam vos. Allelúja.

Post Septuagesimam, omissis Allelúja, et Versu seguenti, dicitur:

Tractus. Ps. 125, 5-6. Qui séminant in làcrimis, in gaudio metent. V/. Eúntes ibant et flebant, mitténtes sémina sua. V/. Veniéntes autem vénient cum exsultatióne, portántes manípulos suos.

Tempore autem Paschali omittitur Graduale, et ejus loco dicitur:

Allelúja, allelúja. V/. Sancti tui, Dómine, florébunt sicut lílium : et sicut odor bálsami erunt ante te. Allelúja. V/. Ps. 115, 15. Pretiósa in conspéctu Dómini mors sanctórum ejus. Allelúja.

Evangelium ut in Festo.

Offertorium. Sap. 3, 1-2 et 3. Justórum anime in manu Dei sunt, et non tanget illos torméntum malítiæ: visi sunt óculis insipiéntium mori: illi autem sunt in pace, allelúja.

Tempore Paschali dicitur sequens

Offertorium. Ps. 31, 11. Lætámini in Dómino, et exsultáte, justi: et gloriámini omnes recti corde, allelúja, allelúja.

Secreta

OBLÁTIS, Dómine, placáre munéribus: et, intercedénte beáta Maria semper Vírgine, cum ómnibus Sanctis tuis, a cunctis nos defénde perículis. Per Dóminum.

Aliæ Secretæ, ut supra.

Communio. Matth. 5, 8-10. Beáti mundo corde, quóniam ipsi Deum vidébunt : beáti pacífici, quóniam fílii Dei vocabúntur: beáti qui persecutiónem patiúntur propter justítiam, quóniam ipsórum est regnum cælórum.

Tempore Paschali dicitur sequens

Communio. Ps. 32, 1. Gaudéte, justi, in Dómino, allelúja: rectos decet collaudátio, allelúja.

Postcommunio

SÚMPSIMUS, Dómine, beátæ Maríæ semper Vírginis et ómnium Sanctórum tuórum memóriam recoléntes, sacraménta cæléstia: præsta, quaésumus; ut, quod temporáliter gérimus, ætérnis gáudiis consequámur. Per Dóminum.

Aliæ Postcommuniones, ut supra.

FONTE (http://www.clerus.org/bibliaclerusonline/pt/oc.htm#cab)

Augustinus
01-11-08, 12:41
http://www.antiquariat-grundmann.de/Luxuspapier/Andachtsgraphik/Andachtsbilder/HEILIGE_MANNLICH/ABHL-14NothelferMfLithoKuhlen.jpg

Augustinus
01-11-08, 21:27
http://www.wga.hu/art/c/cariani/virgin_e.jpg Cariani, Vergine col Bambino in trono e Santi (SS. Apollonia, Agostino, Caterina, Giuseppe, Grata, Filippo Benizzi e Barbara), Pinacoteca di Brera, Milano

http://www.wga.hu/art/d/diana/virgin_c.jpg Benedetto Diana, Vergine col Bambino in trono e Santi (SS. Girolamo, Bnedetto, Giustina e Maria Maddalena), 1515 circa, Gallerie dell'Accademia, Venezia

http://www.wga.hu/art/g/genga/virgin_c.jpg Girolamo Genga, Madonna con Bambino tra i Santi e Dottori della Chiesa, Pinacoteca di Brera, Milano

http://www.wga.hu/art/p/pietro/cortona/virgin_c.jpg Girolamo Genga, Madonna con Bambino con Santi (Giovanni Battista, Felice da Cantalice, Andrea e Caterina), Pinacoteca di Brera, Milano

http://www.wga.hu/art/t/tintoret/4a/2colleg2.jpg Tintoretto, Il Doge Nicolò da Ponte invoca la protezione della Vergine con l'intercessione dei Santi, 1584, sala del Collegio, Palazzo Ducale, Venezia

Augustinus
01-11-08, 21:28
http://www.wga.hu/art/t/tintoret/4a/5parad2.jpg http://www.wga.hu/art/t/tintoret/4a/5parad3.jpg http://www.wga.hu/art/t/tintoret/4a/5parad4.jpg Tintoretto, Il Paradiso, 1588 circa, Palazzo Ducale, Venezia

http://online.ibc.regione.emilia-romagna.it/I/museil20/ravenna/pinlomb/66231653/0585/IMG0062.JPG Cesare Pronti detto Fra' Cesare Baciocchi, Madonna con Bambino in gloria e Santi, 1650-1708, Museo d'Arte della Città, Ravenna

Augustinus
01-11-08, 21:32
BENEDETTO XVI

ANGELUS

1° novembre 2008

Cari fratelli e sorelle!

Celebriamo oggi con grande gioia la festa di Tutti i Santi. Visitando un vivaio botanico, si rimane stupefatti dinanzi alla varietà di piante e di fiori, e viene spontaneo pensare alla fantasia del Creatore che ha reso la terra un meraviglioso giardino. Analogo sentimento ci coglie quando consideriamo lo spettacolo della santità: il mondo ci appare come un "giardino", dove lo Spirito di Dio ha suscitato con mirabile fantasia una moltitudine di santi e sante, di ogni età e condizione sociale, di ogni lingua, popolo e cultura. Ognuno è diverso dall’altro, con la singolarità della propria personalità umana e del proprio carisma spirituale. Tutti però recano impresso il "sigillo" di Gesù (cfr Ap 7,3), cioè l’impronta del suo amore, testimoniato attraverso la Croce. Sono tutti nella gioia, in una festa senza fine, ma, come Gesù, questo traguardo l’hanno conquistato passando attraverso la fatica e la prova (cfr Ap 7,14), affrontando ciascuno la propria parte di sacrificio per partecipare alla gloria della risurrezione.

La solennità di Tutti i Santi si è venuta affermando nel corso del primo millennio cristiano come celebrazione collettiva dei martiri. Già nel 609, a Roma, il Papa Bonifacio IV aveva consacrato il Pantheon dedicandolo alla Vergine Maria e a tutti i Martiri. Questo martirio, peraltro, possiamo intenderlo in senso lato, cioè come amore per Cristo senza riserve, amore che si esprime nel dono totale di sé a Dio e ai fratelli. Questa meta spirituale, a cui tutti i battezzati sono protesi, si raggiunge seguendo la via delle "beatitudini" evangeliche, che la liturgia ci indica nell’odierna solennità (cfr Mt 5,1-12a). E’ la stessa via tracciata da Gesù e che i santi e le sante si sono sforzati di percorrere, pur consapevoli dei loro limiti umani. Nella loro esistenza terrena, infatti, sono stati poveri in spirito, addolorati per i peccati, miti, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati per la giustizia. E Dio ha partecipato loro la sua stessa felicità: l’hanno pregustata in questo mondo e, nell’aldilà, la godono in pienezza. Sono ora consolati, eredi della terra, saziati, perdonati, vedono Dio di cui sono figli. In una parola: "di essi è il Regno dei cieli" (cfr Mt 5,3.10).

In questo giorno sentiamo ravvivarsi in noi l’attrazione verso il Cielo, che ci spinge ad affrettare il passo del nostro pellegrinaggio terreno. Sentiamo accendersi nei nostri cuori il desiderio di unirci per sempre alla famiglia dei santi, di cui già ora abbiamo la grazia di far parte. Come dice un celebre canto spiritual: "Quando verrà la schiera dei tuoi santi, oh come vorrei, Signore, essere tra loro!". Possa questa bella aspirazione ardere in tutti i cristiani, ed aiutarli a superare ogni difficoltà, ogni paura, ogni tribolazione! Mettiamo, cari amici, la nostra mano in quella materna di Maria, Regina di tutti i Santi, e lasciamoci condurre da Lei verso la patria celeste, in compagnia degli spiriti beati "di ogni nazione, popolo e lingua" (Ap 7,9). Ed uniamo nella preghiera già il ricordo dei nostri cari defunti che domani commemoreremo.

Augustinus
09-11-08, 08:26
DIE 8 NOVEMBRIS

IN OCTAVA OMNIUM SANCTORUM

Duplex majus

Missa ut in Festo supra.

FONTE (http://www.clerus.org/bibliaclerusonline/pt/bwi.htm#ca1)

Holuxar
01-11-16, 20:20
1° novembre 2016: Festa di Ognissanti - Tutti i Santi...
Preghiamo affinché tutti i Santi dal Paradiso intercedano per noi e per tutti i nostri cari viventi o defunti, che si ricordano domani 2 novembre...
Speriamo di poterli prima o poi raggiungere nella gioia e nella gloria del Santo Paradiso, per rendere grazie insieme al Signore...
EXSURGE DOMINE!






Solennità di Tutti i Santi ed altre ricorrenze del mese di Novembre... (https://forum.termometropolitico.it/683854-solennita-di-tutti-i-santi-ed-altre-ricorrenze-del-mese-di-novembre.html)
https://forum.termometropolitico.it/683854-solennita-di-tutti-i-santi-ed-altre-ricorrenze-del-mese-di-novembre.html




Santa Messa Festa di Ognissanti (https://www.youtube.com/watch?v=swE9yWwDBts) di don Floriano (https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz)
https://www.youtube.com/watch?v=swE9yWwDBts
SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php)
http://www.traditio.com/office/masstext.htm






https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/14908355_1482271031802561_7407095734215810728_n.jp g?oh=5c2f4d6f7c962dd653d5b9aea9edc3c1&oe=589850E9








Ognissanti - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/ognissanti/)
“1° novembre, festa di Ognissanti.
O voi tutti che regnate con Dio nel cielo, dai seggi gloriosi della vostra beatitudine, volgete uno sguardo pietoso sopra di noi, esuli dalla celeste patria. Voi raccoglieste l’ampia messe delle buone opere, che andaste seminando con lagrime in questa terra di esilio. Dio è adesso il premio delle vostre fatiche e l’oggetto dei vostri gaudii. O beati del cielo, ottenete a noi di camminare dietro i vostri esempi e di ricopiare in noi stessi le vostre virtù, affinchè, imitando voi in terra, diventiamo con voi partecipi della gloria in cielo. Così sia.”


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/18960532_nn1UY-237x300.jpeg








“Carlo Di Pietro - Giornalista e Scrittore (https://www.facebook.com/carlomariadipietro/) ha aggiunto 2 nuove foto (https://www.facebook.com/carlomariadipietro/posts/1162641253772282).
Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Eterno Padre, intendo onorare TUTTI I SANTI, e Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi avete loro elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questi SANTI, ed a loro affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, TUTTI I SANTI possano essere miei avvocati e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
#sdgcdpr (https://www.facebook.com/hashtag/sdgcdpr?source=feed_text&story_id=1162641253772282)”



https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/14656417_1162640827105658_7419822462301756932_n.jp g?oh=9fd57f6db384581fd77dc729e928a66c&oe=58CFE3D6



https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/14900581_1162641227105618_1330993943324342475_n.jp g?oh=fafd3bb95fce59c5b288780871826dd1&oe=58971722











Radio Spada (https://www.facebook.com/radiospadasocial/?hc_ref=PAGES_TIMELINE&fref=nf)
“1 novembre 2016: FESTA DI TUTTI I SANTI (Doppio di prima classe con Ottava comune)”


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/14705816_1482061341823530_8334342604342989883_n.jp g?oh=4b79a43f9a042010a63d46ff45639ebe&oe=58A43E17




“1 novembre 1950: Pio XII insegna infallibilmente e solennemente l'Assunzione corporale di Maria Santissima in cielo.”


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/14908299_1482065701823094_6540361443700341492_n.jp g?oh=1007077b0e93995f70092130f52c1397&oe=58D1393C




“1 novembre 451. si chiude il concilio ecumenico di Calcedonia con la condanna del Monofisismo.”










01 Novembre - Festa di tutti i Santi (http://www.preghiereperlafamiglia.it/tutti-i-santi.htm)
“01 NOVEMBRE
SOLENNITA' DI TUTTI I SANTI
PREGHIERA AI SANTI DEL PARADISO”


Il Purgatorio nella rivelazione dei santi - Capitolo 11 (http://purgatorio.altervista.org/doc/santi/11.html)
"CAPITOLO XI - CHIESA TRIONFANTE E CHIESA PURGANTE"

http://unavocegrida.altervista.org/download/preghiere/150-159/156-NOVENA-A-TUTTI-I-SANTI.pdf






Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 1° novembre. Festa di tutti i Santi (http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm
"1 NOVEMBRE
FESTA DI TUTTI I SANTI

La festa della Chiesa trionfante.
Vidi una grande moltitudine, che nessuno poteva contare, d'ogni nazione, d'ogni tribù, d'ogni lingua e stavano davanti al trono vestiti di bianco, con la palma in mano e cantavano con voce potente: Gloria al nostro Dio (Apoc. 7, 9-10). Il tempo è cessato e l'umanità si rivela agli occhi del profeta di Pathmos. La vita di battaglia e di sofferenza della terra (Giob. 7, 1) un giorno terminerà e l'umanità, per molto tempo smarrita, andrà ad accrescere i cori degli spiriti celesti, indeboliti già dalla rivolta di Satana, e si unirà nella riconoscenza ai redenti dell'Agnello e gli Angeli grideranno con noi: Ringraziamento, onore, potenza, per sempre al nostro Dio! (Apoc. 7, 11-14).
E sarà la fine, come dice l'Apostolo (I Cor. 15, 24), la fine della morte e della sofferenza, la fine della storia e delle sue rivoluzioni, ormai esaurite. Soltanto l'eterno nemico, respinto nell'abisso con tutti i suoi partigiani, esisterà per confessare la sua eterna sconfitta. Il Figlio dell'uomo, liberatore del mondo, avrà riconsegnato l'impero a Dio, suo Padre e, termine supremo di tutta la creazione e di tutta la redenzione, Dio sarà tutto in tutti (ibid. 24-28).
1223
Molto prima di san Giovanni, Isaia aveva cantato: Ho veduto il Signore seduto sopra un trono alto e sublime, le frange del suo vestito scendevano sotto di lui a riempire il tempio e i Serafini gridavano l'uno all'altro: Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti: tutta la terra è piena della tua gloria (Is. 6, 1-3).
Le frange del vestimento divino sono quaggiù gli eletti divenuti ornamento del Verbo, splendore del Padre (Ebr. 1, 3), perché, capo della nostra umanità, il Verbo l'ha sposata e la sposa è la sua gloria, come egli è la gloria di Dio (I Cor. 11, 7). Ma la sposa non ha altro ornamento che le virtù dei Santi (Apoc. 19, 8): fulgido ornamento, che con il suo completarsi segnerà la fine dei secoli. La festa di oggi è annunzio sempre più insistente delle nozze dell'eternità e ci fa di anno in anno celebrare il continuo progresso della preparazione della Sposa (Apoc. 19, 7).
Confidenza.
Beati gli invitati alle nozze dell'Agnello! (ibid. 9). Beati noi tutti che, come titolo al banchetto dei cieli, ricevemmo nel battesimo la veste nuziale della santa carità! Prepariamoci all'ineffabile destino che ci riserba l'amore, come si prepara la nostra Madre, la Chiesa. Le fatiche di quaggiù tendono a questo e lavoro, lotte, sofferenze per Dio adornano di splendenti gioielli la veste della grazia che fa gli eletti. Beati quelli che piangono! (Mt. 5, 5).
Piangevano quelli che il Salmista ci presentava intenti a scavare, prima di noi, il solco della loro carriera mortale (Sal. 125) e ora versano su di noi la loro gioia trionfante, proiettando un raggio di gloria sulla valle del pianto. La solennità, ormai incominciata, ci fa entrare, senza attendere che finisca la vita, nel luogo della luce ove i nostri padri hanno seguito Gesù, per mezzo della beata speranza. Davanti allo spettacolo della felicità eterna nella quale fioriscono le spine di un giorno, tutte le prove appariranno leggere. O lacrime versate sulle tombe che si aprono, la felicità dei cari scomparsi non mescolerà forse al vostro rammarico la dolcezza del cielo? Tendiamo l'orecchio ai canti di libertà che intonano coloro che, momentaneamente da noi separati, sono causa del nostro pianto. Piccoli o grandi (Apoc. 19, 5), questa è la loro festa e presto sarà pure la nostra. In questa stagione, in cui prevalgono brine e tenebre, la natura, lasciando cadere i suoi ultimi gioielli, pare voler preparare il mondo all'esodo verso la patria che non avrà fine.
Cantiamo anche noi con il salmista: "Mi sono rallegrato per quello
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che mi è stato detto: Noi andremo nella casa del Signore. O Gerusalemme, città della pace, che ti edifichi nella concordia e nell'amore, noi siamo ancora nei vestiboli, ma già vediamo i tuoi perenni sviluppi. L'ascesa delle tribù sante verso di te prosegue nella lode e i tuoi troni ancora liberi si riempiono. Tutti i tuoi beni siano per quelli che ti amano, o Gerusalemme, e nelle tue mura regnino la potenza e l'abbondanza. Io ho messo ormai in te le mie compiacenze, per gli amici e per i fratelli, che sono già tuoi abitanti e, per il Signore nostro Dio, che in te abita, in te ho posto il mio desiderio" (Sal. 121).

Storia della festa.
Troviamo prima in Oriente tracce di una festa in onore dei Martiri e san Giovanni Crisostomo pronunciò una omelia in loro onore nel IV secolo, mentre nel secolo precedente san Gregorio Nisseno aveva celebrato delle solennità presso le loro tombe. Nel 411 il Calendario siriaco ci parla di una Commemorazione dei Confessori nel sesto giorno della settimana pasquale e nel 539 a Odessa, il 13 maggio, si fa la "memoria dei martiri di tutta la terra".
In Occidente i Sacramentari del V e del VI secolo contengono varie messe in onore dei santi Martiri da celebrarsi senza giorno fisso. Il 13 maggio del 610, Papa Bonifacio IV dedicò il tempio pagano del Pantheon, vi fece trasportare delle reliquie e lo chiamò S. Maria ad Martyres. L'anniversario di tale dedicazione continuò ad essere festa con lo scopo di onorare in genere tutti i martiri, Gregorio III, a sua volta, nel secolo seguente, consacrò un oratorio "al Salvatore, alla sua Santa Madre, a tutti gli Apostoli, martiri, confessori e a tutti i giusti dormienti del mondo intero".
Nell'anno 835, Gregorio IV, desiderando che la festa romana del 13 maggio fosse estesa a tutta la Chiesa, provocò un editto dell'imperatore Luigi il Buono, col quale essa veniva fissata al 1 novembre. La festa ebbe presto la sua vigilia e nel secolo XV Sisto IV la decorò di Ottava obbligatoria per tutta la Chiesa. Ora, sia la vigilia sia l'Ottava, sono soppresse.

MESSA
"Alle calende di novembre vi è la stessa premura che vi è a Natale, per assistere al Sacrificio in onore dei Santi", dicono vecchi documenti in relazione a questo giorno" (Lectiones ant. Brev. Rom. ad hanc diem. Hittorp.Ordo Romanus). Per quanto generale fosse
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la festa, anzi in ragione della sua stessa universalità, non era forse la gioia speciale per tutti e l'onore delle famiglie cristiane? Le quali santamente fiere di coloro dei quali si trasmettevano le virtù di generazione in generazione e la gloria del cielo, si vedevano così nobilitate ai loro occhi, più che da tutti gli onori terreni.
Ma la fede viva di quei tempi vedeva anche nella festa l'occasione di riparare le negligenze volontarie o forzate commesse nel corso dell'anno riguardo al culto dei beati inscritti nel calendario pubblico.
EPISTOLA (Apoc. 7, 2-12). - In quei giorni: Io Giovanni vidi un altro Angelo che saliva da oriente ed aveva il sigillo di Dio vivo, e gridò con gran voce ai quattro Angeli, a cui era ordinato di danneggiare la terra e il mare e disse: Non danneggiate la terra, il mare e le piante, finché non abbiamo segnato nella loro fronte i servi del nostro Dio. E sentii il numero dei segnati, centoquarantaquattromila di tutte le tribù d'Israele: della tribù di Giuda dodici mila segnati; della tribù di Ruben dodici mila segnati; della tribù di Gad dodici mila segnati; della tribù di Aser dodici mila segnati; della tribù di Neftali dodici mila segnati; della tribù di Manasse dodici mila segnati; della tribù di Simeone dodici mila segnati; della tribù di Levi dodici mila segnati; della tribù di Issacar dodici mila segnati; della tribù di Zabulon dodici mila segnati; della tribù di Giuseppe dodici mila segnati; della tribù di Beniamino dodici mila segnati. Dopo queste cose vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, d'ogni tribù, d'ogni popolo e linguaggio. Essi stavano davanti al trono e dinanzi all'Agnello, in bianche vesti e con rami di palme nelle loro mani, e gridavano a gran voce e dicevano: La salute al nostro Dio che siede sul trono e all'Agnello! E tutti gli Angeli che stavano intorno al trono, ai vegliardi e ai quattro animali, si prostrarono bocconi dinanzi al trono, e adorarono Dio, dicendo: Amen! Benedizione e gloria e sapienza e ringraziamenti e onore e potenza e forza al nostro Dio, nei secoli dei secoli. Così sia.

I due censimenti.
L'Uomo-Dio alla sua venuta sulla terra fece, per mezzo di Cesare Augusto, una prima volta il censimento della terra (Lc. 2, 1). Era opportuno che all'inizio della redenzione fosse rilevato ufficialmente lo stato del mondo. Ora è il momento di farne un secondo, che affiderà al libro della vita i risultati delle operazioni di salvezza.
"Perché questo censimento del mondo al momento della nascita del Signore, dice san Gregorio in una delle omelie di Natale, se non per farci comprendere che nella carne appariva Colui che doveva poi registrare gli eletti nella eternità?" (Lezione vii dell'Ufficio di Natale). Molti però, a causa dei peccati, si erano sottratti al beneficio del primo censimento, che comprendeva tutti gli uomini
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nel riscatto di Dio Salvatore, e ne era necessario un secondo che fosse definitivo ad eliminasse dall'universalità del primo i colpevoli. Siano cancellati dal libro dei vivi; il loro posto non è con i giusti (Sal. 68, 29). Le parole sono del re Profeta e il santo Papa qui le ricorda.
Nonostante questo, la Chiesa, tutta gioiosa, non pensa oggi che agli eletti, come se di essi soli si trattasse nel solenne censimento in cui abbiamo veduto terminare la vita dell'umanità. Infatti essi soli contano davanti a Dio, i reprobi non sono che lo scarto di un mondo in cui solo la santità risponde alla generosità del creatore e all'offerta di un amore infinito.
Prestiamo le anime nostre all'impronta che le deve "conformare all'immagine del Figlio unico" (Rom. 8, 29) segnandoci come tesoro di Dio. Chi si sottrae all'impronta sacra non eviterà l'impronta della bestia (Apoc. 13, 16) e, nel giorno in cui gli Angeli chiuderanno il conto eterno, ogni moneta, che non potrà essere portata all'attivo di Dio, se ne andrà da sé alla fornace in cui bruceranno le scorie.

VANGELO (Mt. 5, 1-12). - In quel tempo: Gesù avendo veduto la folla, salì sul monte e, come si fu seduto, gli si accostarono i suoi discepoli. Allora egli aprì la sua bocca per ammaestrarli, dicendo: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati i famelici e sitibondi di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati sarete voi, quando vi oltraggeranno e perseguiteranno e, falsamente, diranno di voi ogni male per cagion mia. Rallegratevi (in quel giorno) ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.


Le Beatitudini.
La terra è oggi così vicina al cielo che uno stesso pensiero di felicità riempie i cuori. L'Amico, lo Sposo ritorna in mezzo ai suoi e parla di felicità. Venite a me voi tutti che avete tribolazioni e sofferenze. Il versetto dell'Alleluia era con queste parole l'eco della patria e tuttavia ci ricordava l'esilio, ma tosto nel Vangelo è apparsa la grazia e la benignità del nostro Dio Salvatore (Tit. 2, 11; 3,4). Ascoltiamolo, perché ci insegna le vie della beata speranza (ibid. 2, 12-13), le delizie sante, che sono ad un tempo garanzia ed anticipo della perfetta felicità del cielo.
Sul Sinai, Dio teneva l'Ebreo a distanza e dava soltanto precetti e minacce di morte, ma sulla vetta di quest'altra montagna,
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sulla quale è assiso il Figlio di Dio, in modo ben diverso si promulga la legge dell'amore! Le otto Beatitudini all'inizio del Nuovo Testamento hanno preso il posto tenuto nell'Antico dal Decalogo inciso sulla pietra.
Esse non sopprimono i comandamenti, ma la loro giustizia sovrabbondante va oltre tutte le prescrizioni e Gesù le trae dal suo Cuore per imprimerle, meglio che sulla pietra, nel cuore del suo popolo. Sono il ritratto perfetto del Figlio dell'uomo e riassunto della sua vita redentrice. Guardate dunque e agite secondo il modello che si rivela a voi sulla montagna (Es. 25, 40; Ebr. 8, 5).
La povertà fu il primo contrassegno del Dio di Betlemme e chi mai apparve più dolce del figlio di Maria? chi pianse per causa più nobile, se egli già nella greppia espiava le nostre colpe e pacificava il Padre? Gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i pacifici dove troveranno fuori di lui il modello insuperato, mai raggiunto e sempre imitabile? E la sua morte lo fa condottiero dei perseguitati per la giustizia! Suprema beatitudine questa della quale più che di tutte le altre, la Sapienza incarnata si compiace e vi ritorna sopra e la precisa e oggi con essa termina, come in un canto d'estasi.
La Chiesa non ebbe mai altro ideale. Sulla scia dello Sposo, la sua storia nelle varie epoche fu eco prolungata delle Beatitudini. Cerchiamo di comprendere anche noi e, per la felicità della nostra vita in terra, in attesa dell'eterna, seguiamo il Signore e la Chiesa.
Le Beatitudini evangeliche sollevano l'uomo oltre i tormenti, oltre la morte, che non scuote la pace dei giusti, anzi la perfeziona.

Discorso di san Beda [1] (http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm#_ftn1).
"In cielo non vi sarà mai discordia, ma vi sarà accordo in tutto e conformità piena, perché la concordia tra i Santi non avrà variazioni; in cielo tutto è pace e gioia, tutto è tranquillità e riposo e vi è una luce perpetua assai diversa dalla luce di quaggiù, tanto più splendida quanto più bella. Leggiamo nella Scrittura che la città celeste non ha bisogno della luce del sole, perché 'il Signore onnipotente la illuminerà e l'Agnello ne è la fiaccola' (Apoc. 21, 23). 'I Santi brilleranno come stelle nell'eternità, e quelli che istruiscono le moltitudini saranno come lo splendore del firmamento'
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(Dan. 12, 3). Là, non notte, non tenebre, né ammassi di nubi; non rigore di freddo, né eccessivo calore, ma uno stato di cose così bene equilibrato che 'occhio non vide e orecchio non udì e il cuore dell'uomo nulla mai comprese' (I Cor. 2, 9) di simile. Lo conoscono quelli che sono trovati degni di goderne e 'i nomi dei quali sono scritti nel libro della vita' (Fil 4,3) che 'hanno lavato il loro vestito nel sangue dell'Agnello e stanno davanti al trono di Dio, servendolo notte e giorno' (Apoc. 7, 14). 'Là non c'è vecchiaia, né debolezze della vecchiaia, perché tutti sono giunti allo stato dell'uomo perfetto, nella misura dell'età del Cristo' (Ef. 4, 13).
Ma quello che tutto sorpassa è l'essere associati ai cori degli Angeli, dei Troni e delle Dominazioni, dei Principati e delle Potenze; il godere della compagnia di tutte le Virtù della corte celeste; il contemplare i diversi ordini dei Santi, più splendenti che gli astri; il considerare i Patriarchi illuminati dalla loro fede, i Profeti radiosi di speranza e di gioia, gli Apostoli preparati a giudicare le tribù di Israele e tutto l'universo; i Martiri, cinti del diadema splendente della porpora della vittoria e infine le Vergini con la fronte coronata di candidi fiori" (18 Discorso sui Santi).

Incoraggiamento alla pratica delle virtù.
La Chiesa dopo averci mostrato la bellezza e la gioia del cielo, dopo la seducente esposizione sulla eternità, avrebbe potuto presentarci la questione che san Benedetto pose al postulante, che bussava alla porta del monastero: Vuoi la vita? vuoi vedere giorni felici? (Prologo alla Regola). Avremmo anche noi prontamente risposto: sì. E pare che davvero la questione ce l'abbia silenziosamente posta e che abbia udito il nostro sì, perché prosegue adesso esponendoci le condizioni, necessarie per entrare nel regno dei cieli.
"La speranza di giungere alla ricompensa della salvezza ci alletti, ci attiri, lottiamo volentieri e con tutto l'impegno nello stadio della santità; mentre Dio e Cristo ci guardano. Dato che già abbiamo cominciato ad elevarci sopra il mondo ed il secolo, stiamo attenti, perché nessun desiderio terreno ci attardi. Se l'ultimo giorno ci trova svincolati da ogni cosa, se ci trova in agile corsa nel cammino delle buone opere, il Signore non potrà fare a meno di ricompensare i nostri meriti.
Colui che dà, come prezzo della sofferenza, a quelli che hanno saputo vincere nella persecuzione, una corona imporporata, darà
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pure, come prezzo delle opere di santità, una corona bianca a coloro che avranno saputo vincere nella pace. Abramo, Isacco, Giacobbe non furono messi a morte, ma sono stati tuttavia ritenuti degni dei primi posti fra i Patriarchi, perché tale onore meritarono con la fede e le opere di giustizia, e coloro che saranno trovati fedeli, giusti e degni di lode siederanno al banchetto con questi grandi giusti. Bisogna ricordare però che dobbiamo compiere la volontà di Dio e non la nostra, perché 'chi fa la volontà di Dio vive eternamente' (Gv. 2, 17) come vive eternamente Dio stesso.
Bisogna dunque che con spirito puro, fede ferma, virtù robusta, carità perfetta, siamo preparati a compiere tutta la volontà di Dio, osservando con coraggiosa fedeltà i comandamenti del Signore, l'innocenza nella semplicità, l'unione nella carità, la modestia nell'umiltà, l'esattezza nell'impiego, la diligenza nell'assistenza degli afflitti, la misericordia nel sollevare i poveri, la costanza nella difesa della verità, la discrezione nella severità della disciplina e infine bisogna che non lasciamo di seguire o dare l'esempio delle buone opere. Ecco la traccia che tutti i Santi, tornando alla patria, ci hanno lasciata, perché, camminando sulle loro orme, possiamo giungere alle gioie che essi hanno raggiunto" (Beda, 18 Discorso sui Santi).

È utile lodare i Santi.
Una esortazione per i suoi figli la Chiesa la chiede a san Bernardo, e ci parla con la sua voce.
"Dato che celebriamo con una festa solenne il ricordo di tutti i Santi, diceva ai suoi monaci l'abate di Chiaravalle, credo utile parlarvi della loro felicità comune nella quale gioiscono di un beato riposo e della futura consumazione che attendono. Certo, bisogna imitare la condotta di quelli che con religioso culto onoriamo; correre con tutto lo slancio del nostro ardore verso la felicità di quelli che proclamiamo beati, bisogna implorare il soccorso di quelli dei quali sentiamo volentieri l'elogio.
A che serve ai Santi la nostra lode? A che serve il nostro tributo di glorificazione? A che serve questa stessa solennità? Quale utile portano gli onori terrestri a coloro che il Padre celeste stesso, adempiendo la promessa del Figlio, onora? Che cosa fruttano loro i nostri omaggi? Essi non hanno alcun desiderio di tutto questo. I santi non hanno bisogno delle nostre cose e la nostra divozione non reca loro alcun vantaggio: ciò è cosa assolutamente vera.
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Non si tratta di loro vantaggio, ma nostro, se noi veneriamo la loro memoria. Volete sapere come abbiamo vantaggio? Per conto mio, confesso che, ricordando loro, mi sento infiammato di un desiderio ardente, di un triplice desiderio.
Si dice comunemente: occhio non vede, cuore non duole. La mia memoria è il mio occhio spirituale e pensare ai Santi è un po' vederli, e, ciò facendo, abbiamo già 'una parte di noi stessi nella terra dei viventi' (Sal. 141, 6), una parte considerevole, se la nostra affezione accompagna, come deve accompagnarlo, il nostro ricordo. È in questo modo, io dico, che 'la nostra vita è nei cieli' (Fil. 3, 20). Tuttavia la nostra vita non è in cielo, come vi è la loro, perché essi vi sono in persona e noi solo con il desiderio; essi vi sono con la loro presenza e noi solo con il nostro pensiero".

Desiderare l'aiuto dei Santi.
"Perché possiamo sperare tanta beatitudine dobbiamo desiderare ardentemente l'aiuto dei Santi, perché quanto non possiamo ottenere da noi ci sia concesso per la loro intercessione.
Abbiate pietà di noi, sì, abbiate pietà di noi, voi che siete nostri amici. Voi conoscete i nostri pericoli, voi conoscete la nostra debolezza; voi sapete quanto grande è la nostra ignoranza, e quanta la destrezza dei nostri nemici; voi conoscete la violenza dei loro attacchi e la nostra fragilità. Io mi rivolgo a voi, che avete provato le nostre tentazioni, che avete vinto le stesse battaglie, che avete evitato le stesse insidie, a voi ai quali le sofferenze hanno insegnato ad avere compassione.
Io spero inoltre che gli angeli stessi non disdegneranno di visitare la loro specie, perché è scritto: 'visitando la tua specie non peccherai' (Giob. 5, 24). Del resto, se io conto su di essi perché noi abbiamo una sostanza spirituale e una forma razionale simile alla loro, credo di poter maggiormente confidare in coloro che hanno, come me, l'umanità e che sentono perciò una compassione particolare e più intima per le ossa delle loro ossa e la carne della loro carne".

Confidenza nella loro intercessione.
"Non dubitiamo della loro benevola sollecitudine a nostro riguardo. Essi ci attendono fino a quando anche noi non avremo avuta la nostra ricompensa, fino al grande giorno dell'ultima festa, nella
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quale tutte le membra, riunite alla testa sublime, formeranno l'uomo perfetto in cui Gesù Cristo, nostro Signore, degno di lode e benedetto nei secoli, sarà lodato con la sua discendenza. Così sia" (Discorso sui Santi, passim).

Imitare coloro che si lodano.
Troviamo in san Giovanni Crisostomo la dottrina già esposta: è cosa buona lodare i Santi, ma alla lode bisogna unire l'imitazione delle loro virtù.
"Chi ammira con religioso amore i meriti dei Santi e celebra con lodi ripetute la gloria dei giusti è tenuto ad imitare la loro vita virtuosa e la loro santità. È necessario infatti che chi esalta con gioia i meriti di qualche santo abbia a cuore di essere come lui fedelmente impegnato nel servizio di Dio. O si loda e si imita, o ci si astiene anche dal lodare. Sicché, dando lode ad un altro, ci si rende degni di lode e, ammirando i meriti dei Santi, si diventa ammirabili per una vita santa. Se amiamo le anime giuste e fedeli, perché apprezziamo la loro giustizia e la loro fede, possiamo anche essere quello che sono, facendo quello che fanno".

I modelli.
"Non ci è difficile imitare le loro azioni, se consideriamo che i primi Santi non ebbero esemplari innanzi a sé e quindi non imitarono altri, ma si fecero modello di virtù degno di essere imitato, affinché, con il profitto che noi ricaviamo imitando loro e con quello che il prossimo ricaverà, imitando noi, Gesù Cristo nella sua Chiesa sia glorificato perpetuamente dai suoi servi.
Così avvenne fin dai primi tempi del mondo. Abele, l'innocente, fu ucciso, Enoc fu rapito in cielo, perché ebbe la fortuna di piacere a Dio, Noè fu trovato giusto, Abramo fu approvato da Dio, perché riconosciuto fedele, Mosè si distinse per la mansuetudine, Giosuè per la castità, Davide per la dolcezza, Elia fu gradito al Signore, Daniele fu pio e i suoi tre compagni furono vittoriosi, gli Apostoli, discepoli di Cristo, furono designati maestri dei credenti e i Confessori, da loro istruiti combatterono da forti, mentre i martiri, consumati nella perfezione, trionfano e legioni di cristiani, armati da Dio, continuamente respingono il demonio. Per ciascuno di essi la lotta è diversa, ma le virtù sono simili e le vittorie di tutti restano gloriose".
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Necessità del combattimento.
Tu, o cristiano, sei soldato ben meschino, se credi di vincere senza combattere e di raggiungere il trionfo senza sforzo! Spiega le tue forze, lotta con coraggio, combatti, senza debolezze, nella mischia. Mantieni il patto, rimetti sulle condizioni, renditi conto di che cosa sia l'essere soldato, il patto che hai concluso, le condizioni che hai accettate, la milizia nella quale ti sei arruolato" (Giovanni Crisostomo, Discorso sulla imitazione dei Martiri).

La nostra risurrezione.
Ci giova oggi ricordare la dottrina sulla risurrezione dei morti, che san Paolo esponeva un giorno ai fedeli di Corinto, sulla grandiosa cerimonia liturgica che la seguirà, e sulla visione beatifica, che avremo in premio nell'eternità.
Noi risusciteremo, perché Cristo è risuscitato. Questa dottrina riassume in certo modo tutto il cristianesimo. Il battesimo è inserzione di ciascuno di noi in Cristo e dal momento che noi siamo entrati nell'unità della sua vita e formiamo con lui un solo corpo mistico e reale insieme, l'interesse è comune, la condizione nostra è legata alla sua, quello che è avvenuto in lui deve avvenire in noi: la morte, il seppellimento, la risurrezione, l'ascensione, la vita eterna in Dio. Le membra avranno la sorte del capo e potremmo dire, propriamente parlando, di essere già risuscitati in Gesù Cristo, perché la sua Risurrezione è causa, motivo, esempio, sicura garanzia della nostra.
Cristo non è risuscitato per sé solo, per conto suo, ma per noi tutti. Nella legge antica erano offerte a Dio le spighe mature, in nome di tutta la messe. Il Signore, se è un essere individuale, è pure il secondo Adamo, essere vivente, che comprende in sé la moltitudine di quelli che da lui son nati e perciò, se egli è risuscitato, tutti sono risuscitati, ma ciascuno a suo tempo; Cristo per primo, poi tutti quelli che sono di Cristo risusciteranno alla sua venuta. Dopo sarà la fine.

L'inizio della vita eterna.
"Sarà la fine. La fine del periodo laborioso nel corso del quale il Signore raccoglie il numero dei suoi eletti, stabilisce il suo regno e annienta i suoi nemici. Si potrebbe dire altrettanto bene inizio del-
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la vita nuova, compimento del disegno di Dio con il ritorno a lui di tutto quanto avrà acconsentito ad appartenere a Cristo Nostro Signore Gesù Cristo, dopo aver trionfato di tutte le potenze nemiche, debellata ogni autorità e scardinato ogni potere ostile al suo, porterà a Dio, suo Padre, tutte le nature umane delle quali è re e, avendo qual Figlio operato solo per il Padre, gli riconsegnerà il comando su tutta la sua conquista. Sì, noi lo sappiamo, tutto si piegherà davanti a Dio in cielo, sulla terra, e nell'inferno; tutto sarà sottomesso, fuorché Colui, che ha sottomesso a sé tutte le cose.
L'eternità comincerà con una cerimonia liturgica di infinita grandezza. Il Verbo Incarnato, nostro Signore Gesù Cristo, il re predestinato, circondato dagli Angeli, dagli uomini nati per la sua grazia e viventi la sua vita, si metterà alla testa della falange che il Padre gli ha dato e la guiderà e condurrà verso il santuario eterno. Si presenterà con essi davanti al Padre e presenterà e offrirà a lui la messe immensa degli eletti germogliati dal suo sangue e si sottometterà con essi alla paterna dominazione di Colui, che tutto gli donò e sottomise, rimettendogli lo scettro e la regalità della creazione da lui conquistata, che con lui entrerà nel seno della Trinità. La famiglia di Dio sarà allora completa e Dio sarà tutto in tutti".

Dio è tutto in tutti.
"Dio tutto in tutti: l'espressione ha per il nostro pensiero qualcosa di prodigioso e di meraviglioso... Oggi Dio non è tutto in me e io non sono in relazione diretta con lui, ma sempre tra noi sta l'importuna creazione e io arrivo a Dio a prezzo di un lento e penoso cammino sempre avvolto nella oscurità. Il mio pensiero non vede Dio e la fede stessa me lo vela: non sono un essere intelligente, e non lo sarò che quando Dio si offrirà come oggetto alla mia intelligenza finalmente desta, il giorno in cui Dio, per mostrarsi a me, si unirà alla mia intelligenza, perché io possa conoscerlo. Come dire questo? Dio sarà allora alla radice stessa del mio pensiero, perché io lo veda, alla radice della mia volontà, perché io lo possieda, alla radice e al centro del mio cuore, perché io l'ami. Egli allora sarà la bellezza che amo e sarà in me il cuore che ama la bellezza, sarà il termine e l'oggetto dei miei atti e in me ne sarà il principio.
Questa gloriosa appartenenza della mia anima a Dio si prepara sulla terra con l'unione a Cristo. Nell'eternità entreremo totalmente nella vita di Dio, se quaggiù saremo interamente conformati a Cri-
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sto. Questa è l'idea fondamentale del cristianesimo: essere con Cristo nel tempo, per essere con Dio nell'eternità (Dom Delatte, Epistole di san Paolo, I, 379-383)".

PREGHIAMO
O Dio onnipotente ed eterno, che ci hai concesso di venerare con una sola solennità i meriti di tutti i tuoi Santi; ti preghiamo di accordarci, in vista di tanta moltitudine di intercessori, l'abbondanza della tua misericordia.



[1] (http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm#_ftn2) Il discorso, attribuito a san Beda, pare piuttosto di Walfrido Strabone, o più probabilmente ancora di Helischar di Treviri. Riv. Ben. 1891, p. 278

da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1222-1234."






https://forum.termometropolitico.it/683854-solennita-di-tutti-i-santi-ed-altre-ricorrenze-del-mese-di-novembre.html (https://forum.termometropolitico.it/683854-solennita-di-tutti-i-santi-ed-altre-ricorrenze-del-mese-di-novembre.html)
Solennità di Tutti i Santi ed altre ricorrenze del mese di Novembre... (https://forum.termometropolitico.it/683854-solennita-di-tutti-i-santi-ed-altre-ricorrenze-del-mese-di-novembre.html)



https://forum.termometropolitico.it/271177-1-novembre-tutti-i-santi-3.html#post15892721
1° novembre - Tutti i Santi (https://forum.termometropolitico.it/271177-1-novembre-tutti-i-santi.html)






Luca, Sursum Corda!

Holuxar
01-11-17, 20:01
1 novembre 2017: FESTA DI OGNISSANTI - TUTTI I SANTI…
Preghiamo anche quest’anno affinché tutti i Santi dal Paradiso intercedano per noi e per tutti i nostri cari viventi e defunti, che si ricordano domani 2 novembre...Speriamo di poterli prima o poi raggiungere nella gioia e nella gloria del Santo Paradiso, per rendere grazie insieme al Signore...EXSURGE DOMINE!




Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 1° novembre. Festa di tutti i Santi (http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm
“1 NOVEMBRE FESTA DI TUTTI I SANTI.”




Santa Messa celebrata da Don Floriano Abrahamowicz a Paese (Tv) stamattina 1 novembre 2017, FESTA DI OGNISSANTI:


“Ognissanti (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=_9U5mW2Q_JY
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php”
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php


Domani 2 novembre 2017 alle ore 18.30 a Paese (Tv) Don Floriano Abrahamowicz celebrerà la Santa Messa per i Defunti.




“Litaniae Sanctorum
https://www.youtube.com/watch?v=CKWRuFjIRFo”
Litaniae Sanctorum (http://www.preces-latinae.org/thesaurus/Sancti/LitSanctorum.html)
http://www.preces-latinae.org/thesaurus/Sancti/LitSanctorum.html
Litaniae Sanctorum, Litanie dei Santi, latino e italiano. Preghiamo.org Preghiera, canto e dottrina mobile! (http://www.preghiamo.org/litaniae-sanctorum-santi.php)
http://www.preghiamo.org/litaniae-sanctorum-santi.php





Ognissanti - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/ognissanti/)
http://www.sodalitium.biz/ognissanti/
“1° novembre, festa di Ognissanti.
“Festa di tutti i Santi, la quale in onore della beata Vergine Madre di Dio Maria e dei santi Martiri il Papa Bonifacio quarto, dopo aver consacrato il tredici Maggio il tempio del Pàntheon, ordinò che ogni anno solennemente ed universalmente si celebrasse nella città di Roma. Ma poi Gregorio quarto decretò, che la medesima festa, la quale in vari modi già si celebrava in diverse Chiese, fosse in perpetuo solennemente celebrata in questo giorno dalla Chiesa universale in onore di tutti i Santi”.
O voi tutti che regnate con Dio nel cielo, dai seggi gloriosi della vostra beatitudine, volgete uno sguardo pietoso sopra di noi, esuli dalla celeste patria. Voi raccoglieste l’ampia messe delle buone opere, che andaste seminando con lagrime in questa terra di esilio. Dio è adesso il premio delle vostre fatiche e l’oggetto dei vostri gaudii. O beati del cielo, ottenete a noi di camminare dietro i vostri esempi e di ricopiare in noi stessi le vostre virtù, affinchè, imitando voi in terra, diventiamo con voi partecipi della gloria in cielo. Così sia.”

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Ognissanti e giorno dei defunti - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/ognissanti-giorno-dei-defunti-1/)
http://www.sodalitium.biz/ognissanti-giorno-dei-defunti-1/

"Catechismo Maggiore di San Pio X – Della festa di tutti i Santi

207 D. Qual festa si celebra nel primo giorno di novembre?

R. Nel primo giorno di novembre si celebra la festa di tutti i Santi.

208 D. Perché la Chiesa ha istituito la festa di tutti i Santi?

R. La Chiesa ha istituito la festa di tutti i Santi:

per lodare e ringraziare il Signore d’aver santificati i suoi servi in terra e d’averli coronati di gloria in cielo;
per onorare in questo giorno anche quei Santi de’ quali non si fa una festa particolare fra l’anno;
per procurarci maggiori grazie col moltiplicare gli intercessori;
per riparare in questo giorno i mancamenti che nel corso dell’anno abbiamo commesso nelle feste particolari dei Santi;
per eccitarci maggiormente alla virtù cogli esempi di tanti Santi d’ogni età, d’ogni condizione e di ogni sesso, e colla memoria della ricompensa che godono in cielo.

209 D. Che cosa ci deve animare ad imitare i Santi?

R. Ad imitare i Santi ci deve animare il considerare che essi erano deboli e fragili come noi e soggetti alle stesse passioni, che confortati dalla divina grazia si sono fatti santi con quei mezzi che possiamo usare anche noi, e che per i meriti di Gesù Cristo è promessa a noi pure quella stessa gloria che ora essi godono in paradiso.

210 D. Perché si celebra la festa di lutti i Santi con solennità?

R. Si celebra la festa di tutti i Santi con grande solennità perché essa abbraccia tutte le altre feste che nell’anno si celebrano ad onore dei Santi, ed è figura della festa eterna del cielo.

211 D. Che cosa dobbiamo noi fare per celebrare degnamente la festa di tutti i Santi?

R. Per celebrare degnamente la festa di tutti i Santi dobbiamo:

dar lode e gloria al Signore per le grazie fatte a’ suoi servi, e pregarlo a volerle concedere anche a noi;
onorare tutti i Santi come amici di Dio, e invocare con più fiducia la loro protezione;
proporre d’imitare il loro esempio per essere un giorno partecipi della medesima gloria."

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"Della commemorazione de’ fedeli defunti.

212 D. Perché dopo la festa di tutti i Santi si fa dalla Chiesa la commemorazione di tutti i fedeli defunti?

R. Dopo la festa di tutti i Santi si fa dalla Chiesa la commemorazione di tutti i fedeli defunti che sono in purgatorio, perché è conveniente che la Chiesa militante, dopo avere onorato e invocato con una festa generale e solenne, il patrocinio della Chiesa trionfante, venga in soccorso della Chiesa purgante con un generale e solenne suffragio.

213 D. Come possiamo noi suffragare le anime dei fedeli defunti?

R. Noi possiamo suffragare le anime dei fedeli defunti colle preghiere, colle limosine e con tutte le altre buone opere, ma sopratutto col santo sacrifizio della Messa.

214 D. Per quali anime dobbiamo noi nella commemorazione de’ fedeli defunti applicare i nostri suffragi, secondo la mente della Chiesa?

R. Nella commemorazione di tutti i fedeli defunti noi dobbiamo applicare i nostri suffragi, non solamente per le anime de’ nostri parenti, amici e benefattori, ma anche per tutte le altre che si trovano nel purgatorio.

215 D. Qual frutto dobbiamo noi ricavare dalla commemorazione di tutti i fedeli defunti?

R. Dalla commemorazione di tutti i fedeli defunti dobbiamo ricavare questo frutto:

pensare che anche noi dovremo morir presto, e presentarci al tribunale di Dio per rendergli conto di tutta la nostra vita;
concepire un grande orrore al peccato, considerando quanto rigorosamente Iddio lo punisca nell’altra vita, e soddisfare in questa alla sua giustizia colle opere di penitenza per i peccati commessi."


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Indulgenze per i defunti - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/indulgenze-per-i-defunti/)
http://www.sodalitium.biz/indulgenze-per-i-defunti/
"INDULGENZE PER I DEFUNTI

condizioni per l’Indulgenza Plenaria [abbreviazione: CC]

1 – Adempiere l’opera prescritta, con l’intenzione (almeno abituale e generale) di guadagnare l’indulgenza.

2 – Confessione (anche nella settimana che precede o segue l’opera prescritta) e comunione (la vigilia o la settimana che segue l’opera prescritta).

3 – Visita, se richiesta, di una Chiesa o Oratorio pubblico; si può fare dal mezzogiorno del giorno precedente.

4 – Pregare in qualunque modo, secondo le intenzioni dei SS. Pontefici, cioè:

Esaltazione della Fede;

Estirpazione delle eresie;

Conversione dei peccatori

Pace tra i principi cristiani

5 – Essere in stato di grazia.


I – Tutto l’anno

1 – Requiem æternam… : 300 giorni o.v. (ogni volta)

2 – Pie Jesu Domine, dona eis requiem sempiternam: 300 giorni o.v.

3 – Mattutino e Lodi dell’Ufficio dei Morti: 7 anni, Plenaria se durante un mese. CC

4 – Un Notturno e Lodi dell’Ufficio dei Morti: 5 anni, Plenaria se durante un mese. CC

5 – Vespro dell’Ufficio dei Morti anni: 5 anni.

6 – De profundis: 3 anni [5 durante il mese di Novembre], Plenaria se durante un mese. CC

7 – Pater- Ave- Requiem: 3 anni, Plenaria se durante un mese. CC

8 – Miserere: 3 anni, Plenaria se durante un mese. CC

9 – Dies Iræ: 3 anni, Plenaria se durante un mese. CC

10 – Visita di un cimitero, con qualunque orazione, anche mentale, per i defunti: 7 anni.

11 – Recita di qualunque orazione o esercizio di pietà per i defunti con l’intenzione di proseguire durante 7 o 9 giorni successivi: 3 anni, 1 volta al giorno. Plenaria se durante 7 o 9 giorni successivi alle consuete condizioni.



II – Mese di novembre

Qualunque orazione o esercizio di pietà in suffragio dei defunti: 3 anni, 1 volta al giorno. Plenaria se ogni giorno del mese, alle consuete condizioni.



III – Durante l’Ottava della Commemorazione dei defunti

(dal 2 al 9 Novembre), Indulgenza Plenaria per la visita a un cimitero con un’orazione qualunque, anche mentale, per i defunti. Una volta al giorno alle consuete condizioni.



IV – Il 2 novembre e la Domenica successiva

(dunque nell’Ottava) Indulgenza Plenaria per la visita di una chiesa o oratorio pubblico recitando 6 Pater-Ave-Gloria. Ogni volta.



V – Per i fedeli che hanno fatto l’Atto eroico di carità per le anime del Purgatorio


Indulgenza Plenaria, alle consuete condizioni:

– tutto l’anno ad ogni comunione fatta in una chiesa o oratorio

pubblico.

– ogni lunedì – e, se non si può, la domenica successiva – nell’assistere ad una Messa per le anime del Purgatorio.

Per i sacerdoti che hanno fatto l’Atto eroico di carità, altare privilegiato.

Note

CC = Consuete condizioni o.v. = ogni volta

Tratto da: Enchiridion indulgentiarum, Poliglotte Vaticane 1950"


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http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/57-14-177x300.jpg









Ligue Saint Amédée (http://www.saintamedee.ch/)
http://www.saintamedee.ch/
https://www.facebook.com/SaintAmedee/
“1er novembre : Fête de tous les Saints [Toussaint].”

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“Sermon du Père Joseph-Marie Mercier pour la Toussaint : sur la Perfection (2015).
http://prieure2bethleem.org/predica/2015_11_01_novembre.mp3.”

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“Novembre : mois consacré à la prière pour les âmes du purgatoire.”
Indulgences pour les defunts - Sodalitium (http://www.sodalitium.eu/indulgences-pour-les-defunts/)
http://www.sodalitium.eu/indulgences-pour-les-defunts/

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http://www.sursumcorda.cloud/
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
Carlo Di Pietro - Sursum Corda
“"Festa di tutti i Santi, la quale in onore della beata Vergine Madre di Dio Maria e dei santi Martiri il Papa Bonifacio quarto, dopo aver consacrato il tredici Maggio il tempio del Pàntheon, ordinò che ogni anno solennemente ed universalmente si celebrasse nella città di Roma. Ma poi Gregorio quarto decretò, che la medesima festa, la quale in vari modi già si celebrava in diverse Chiese (locali), fosse in perpetuo solennemente celebrata in questo giorno dalla Chiesa universale in onore di tutti i Santi." - Dal Martirologio Romano, imprimatur 1955.

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+ O voi tutti che regnate con Dio nel cielo, dai seggi gloriosi della vostra beatitudine, volgete uno sguardo pietoso sopra di noi, esuli dalla celeste patria. Voi raccoglieste l’ampia messe delle buone opere, che andaste seminando con lacrime in questa terra di esilio. Dio è adesso il premio delle vostre fatiche e l’oggetto dei vostri gaudii. O beati del cielo, ottenete a noi di camminare dietro i vostri esempi e di ricopiare in noi stessi le vostre virtù, affinché, imitando voi in terra, diventiamo con voi partecipi della gloria in cielo. Così sia. +”

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“1 novembre 2017: FESTA DI TUTTI I SANTI (Doppio di prima classe con Ottava comune).”

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“1 novembre 1950: Pio XII insegna infallibilmente e solennemente l'Assunzione corporale di Maria Santissima in cielo.”

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“Nel 67° anniversario della proclamazione dommatica dell'Assunzione della Vergine Maria.”


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“Il 1° novembre 1478 Papa Sisto IV, a mezzo della bolla “Exigit sinceras devotionis affectus”, istituisce il Sant’Uffizio dell’Inquisizione per il Regno di Castiglia al fine di debellare il cripto-giudaismo. Ricordiamo con venerazione il primo Martire di questa gloriosa istituzione: san Pedro de Arbues.
"Contro tutte le spregevoli menzogne, inoltre, con le quali gli eretici, gli illuministi, i massoni, i liberali, i modernisti e tutti i nemici della Chiesa e della Spagna, hanno infangato quell’opera santa che fu l’Inquisizione Spagnola, il cattolico deve gloriarsi di questa benemerita Istituzione e ricordare che essa contribuì a risparmiare alle popolazioni spagnole le tragedie delle guerre di religione che tra il XVI e il XVII secolo dilaniarono la Francia e la Germania".”
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https://forum.termometropolitico.it/683854-solennita-di-tutti-i-santi-ed-altre-ricorrenze-del-mese-di-novembre-4.html
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Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 1° novembre. Festa di tutti i Santi (http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm
"1 NOVEMBRE
FESTA DI TUTTI I SANTI

La festa della Chiesa trionfante.
Vidi una grande moltitudine, che nessuno poteva contare, d'ogni nazione, d'ogni tribù, d'ogni lingua e stavano davanti al trono vestiti di bianco, con la palma in mano e cantavano con voce potente: Gloria al nostro Dio (Apoc. 7, 9-10). Il tempo è cessato e l'umanità si rivela agli occhi del profeta di Pathmos. La vita di battaglia e di sofferenza della terra (Giob. 7, 1) un giorno terminerà e l'umanità, per molto tempo smarrita, andrà ad accrescere i cori degli spiriti celesti, indeboliti già dalla rivolta di Satana, e si unirà nella riconoscenza ai redenti dell'Agnello e gli Angeli grideranno con noi: Ringraziamento, onore, potenza, per sempre al nostro Dio! (Apoc. 7, 11-14).
E sarà la fine, come dice l'Apostolo (I Cor. 15, 24), la fine della morte e della sofferenza, la fine della storia e delle sue rivoluzioni, ormai esaurite. Soltanto l'eterno nemico, respinto nell'abisso con tutti i suoi partigiani, esisterà per confessare la sua eterna sconfitta. Il Figlio dell'uomo, liberatore del mondo, avrà riconsegnato l'impero a Dio, suo Padre e, termine supremo di tutta la creazione e di tutta la redenzione, Dio sarà tutto in tutti (ibid. 24-28).
Molto prima di san Giovanni, Isaia aveva cantato: Ho veduto il Signore seduto sopra un trono alto e sublime, le frange del suo vestito scendevano sotto di lui a riempire il tempio e i Serafini gridavano l'uno all'altro: Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti: tutta la terra è piena della tua gloria (Is. 6, 1-3).
Le frange del vestimento divino sono quaggiù gli eletti divenuti ornamento del Verbo, splendore del Padre (Ebr. 1, 3), perché, capo della nostra umanità, il Verbo l'ha sposata e la sposa è la sua gloria, come egli è la gloria di Dio (I Cor. 11, 7). Ma la sposa non ha altro ornamento che le virtù dei Santi (Apoc. 19, 8): fulgido ornamento, che con il suo completarsi segnerà la fine dei secoli. La festa di oggi è annunzio sempre più insistente delle nozze dell'eternità e ci fa di anno in anno celebrare il continuo progresso della preparazione della Sposa (Apoc. 19, 7).

Confidenza.
Beati gli invitati alle nozze dell'Agnello! (ibid. 9). Beati noi tutti che, come titolo al banchetto dei cieli, ricevemmo nel battesimo la veste nuziale della santa carità! Prepariamoci all'ineffabile destino che ci riserba l'amore, come si prepara la nostra Madre, la Chiesa. Le fatiche di quaggiù tendono a questo e lavoro, lotte, sofferenze per Dio adornano di splendenti gioielli la veste della grazia che fa gli eletti. Beati quelli che piangono! (Mt. 5, 5).
Piangevano quelli che il Salmista ci presentava intenti a scavare, prima di noi, il solco della loro carriera mortale (Sal. 125) e ora versano su di noi la loro gioia trionfante, proiettando un raggio di gloria sulla valle del pianto. La solennità, ormai incominciata, ci fa entrare, senza attendere che finisca la vita, nel luogo della luce ove i nostri padri hanno seguito Gesù, per mezzo della beata speranza. Davanti allo spettacolo della felicità eterna nella quale fioriscono le spine di un giorno, tutte le prove appariranno leggere. O lacrime versate sulle tombe che si aprono, la felicità dei cari scomparsi non mescolerà forse al vostro rammarico la dolcezza del cielo? Tendiamo l'orecchio ai canti di libertà che intonano coloro che, momentaneamente da noi separati, sono causa del nostro pianto. Piccoli o grandi (Apoc. 19, 5), questa è la loro festa e presto sarà pure la nostra. In questa stagione, in cui prevalgono brine e tenebre, la natura, lasciando cadere i suoi ultimi gioielli, pare voler preparare il mondo all'esodo verso la patria che non avrà fine.
Cantiamo anche noi con il salmista: "Mi sono rallegrato per quello che mi è stato detto: Noi andremo nella casa del Signore. O Gerusalemme, città della pace, che ti edifichi nella concordia e nell'amore, noi siamo ancora nei vestiboli, ma già vediamo i tuoi perenni sviluppi. L'ascesa delle tribù sante verso di te prosegue nella lode e i tuoi troni ancora liberi si riempiono. Tutti i tuoi beni siano per quelli che ti amano, o Gerusalemme, e nelle tue mura regnino la potenza e l'abbondanza. Io ho messo ormai in te le mie compiacenze, per gli amici e per i fratelli, che sono già tuoi abitanti e, per il Signore nostro Dio, che in te abita, in te ho posto il mio desiderio" (Sal. 121).

Storia della festa.
Troviamo prima in Oriente tracce di una festa in onore dei Martiri e san Giovanni Crisostomo pronunciò una omelia in loro onore nel IV secolo, mentre nel secolo precedente san Gregorio Nisseno aveva celebrato delle solennità presso le loro tombe. Nel 411 il Calendario siriaco ci parla di una Commemorazione dei Confessori nel sesto giorno della settimana pasquale e nel 539 a Odessa, il 13 maggio, si fa la "memoria dei martiri di tutta la terra".
In Occidente i Sacramentari del V e del VI secolo contengono varie messe in onore dei santi Martiri da celebrarsi senza giorno fisso. Il 13 maggio del 610, Papa Bonifacio IV dedicò il tempio pagano del Pantheon, vi fece trasportare delle reliquie e lo chiamò S. Maria ad Martyres. L'anniversario di tale dedicazione continuò ad essere festa con lo scopo di onorare in genere tutti i martiri, Gregorio III, a sua volta, nel secolo seguente, consacrò un oratorio "al Salvatore, alla sua Santa Madre, a tutti gli Apostoli, martiri, confessori e a tutti i giusti dormienti del mondo intero".
Nell'anno 835, Gregorio IV, desiderando che la festa romana del 13 maggio fosse estesa a tutta la Chiesa, provocò un editto dell'imperatore Luigi il Buono, col quale essa veniva fissata al 1 novembre. La festa ebbe presto la sua vigilia e nel secolo XV Sisto IV la decorò di Ottava obbligatoria per tutta la Chiesa. Ora, sia la vigilia sia l'Ottava, sono soppresse.

MESSA
"Alle calende di novembre vi è la stessa premura che vi è a Natale, per assistere al Sacrificio in onore dei Santi", dicono vecchi documenti in relazione a questo giorno" (Lectiones ant. Brev. Rom. ad hanc diem. Hittorp.Ordo Romanus). Per quanto generale fosse la festa, anzi in ragione della sua stessa universalità, non era forse la gioia speciale per tutti e l'onore delle famiglie cristiane? Le quali santamente fiere di coloro dei quali si trasmettevano le virtù di generazione in generazione e la gloria del cielo, si vedevano così nobilitate ai loro occhi, più che da tutti gli onori terreni.
Ma la fede viva di quei tempi vedeva anche nella festa l'occasione di riparare le negligenze volontarie o forzate commesse nel corso dell'anno riguardo al culto dei beati inscritti nel calendario pubblico.

EPISTOLA (Apoc. 7, 2-12). - In quei giorni: Io Giovanni vidi un altro Angelo che saliva da oriente ed aveva il sigillo di Dio vivo, e gridò con gran voce ai quattro Angeli, a cui era ordinato di danneggiare la terra e il mare e disse: Non danneggiate la terra, il mare e le piante, finché non abbiamo segnato nella loro fronte i servi del nostro Dio. E sentii il numero dei segnati, centoquarantaquattromila di tutte le tribù d'Israele: della tribù di Giuda dodici mila segnati; della tribù di Ruben dodici mila segnati; della tribù di Gad dodici mila segnati; della tribù di Aser dodici mila segnati; della tribù di Neftali dodici mila segnati; della tribù di Manasse dodici mila segnati; della tribù di Simeone dodici mila segnati; della tribù di Levi dodici mila segnati; della tribù di Issacar dodici mila segnati; della tribù di Zabulon dodici mila segnati; della tribù di Giuseppe dodici mila segnati; della tribù di Beniamino dodici mila segnati. Dopo queste cose vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, d'ogni tribù, d'ogni popolo e linguaggio. Essi stavano davanti al trono e dinanzi all'Agnello, in bianche vesti e con rami di palme nelle loro mani, e gridavano a gran voce e dicevano: La salute al nostro Dio che siede sul trono e all'Agnello! E tutti gli Angeli che stavano intorno al trono, ai vegliardi e ai quattro animali, si prostrarono bocconi dinanzi al trono, e adorarono Dio, dicendo: Amen! Benedizione e gloria e sapienza e ringraziamenti e onore e potenza e forza al nostro Dio, nei secoli dei secoli. Così sia.

I due censimenti.
L'Uomo-Dio alla sua venuta sulla terra fece, per mezzo di Cesare Augusto, una prima volta il censimento della terra (Lc. 2, 1). Era opportuno che all'inizio della redenzione fosse rilevato ufficialmente lo stato del mondo. Ora è il momento di farne un secondo, che affiderà al libro della vita i risultati delle operazioni di salvezza.
"Perché questo censimento del mondo al momento della nascita del Signore, dice san Gregorio in una delle omelie di Natale, se non per farci comprendere che nella carne appariva Colui che doveva poi registrare gli eletti nella eternità?" (Lezione vii dell'Ufficio di Natale). Molti però, a causa dei peccati, si erano sottratti al beneficio del primo censimento, che comprendeva tutti gli uomini nel riscatto di Dio Salvatore, e ne era necessario un secondo che fosse definitivo ad eliminasse dall'universalità del primo i colpevoli. Siano cancellati dal libro dei vivi; il loro posto non è con i giusti (Sal. 68, 29). Le parole sono del re Profeta e il santo Papa qui le ricorda.
Nonostante questo, la Chiesa, tutta gioiosa, non pensa oggi che agli eletti, come se di essi soli si trattasse nel solenne censimento in cui abbiamo veduto terminare la vita dell'umanità. Infatti essi soli contano davanti a Dio, i reprobi non sono che lo scarto di un mondo in cui solo la santità risponde alla generosità del creatore e all'offerta di un amore infinito.
Prestiamo le anime nostre all'impronta che le deve "conformare all'immagine del Figlio unico" (Rom. 8, 29) segnandoci come tesoro di Dio. Chi si sottrae all'impronta sacra non eviterà l'impronta della bestia (Apoc. 13, 16) e, nel giorno in cui gli Angeli chiuderanno il conto eterno, ogni moneta, che non potrà essere portata all'attivo di Dio, se ne andrà da sé alla fornace in cui bruceranno le scorie.

VANGELO (Mt. 5, 1-12). - In quel tempo: Gesù avendo veduto la folla, salì sul monte e, come si fu seduto, gli si accostarono i suoi discepoli. Allora egli aprì la sua bocca per ammaestrarli, dicendo: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati i famelici e sitibondi di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati sarete voi, quando vi oltraggeranno e perseguiteranno e, falsamente, diranno di voi ogni male per cagion mia. Rallegratevi (in quel giorno) ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Le Beatitudini.
La terra è oggi così vicina al cielo che uno stesso pensiero di felicità riempie i cuori. L'Amico, lo Sposo ritorna in mezzo ai suoi e parla di felicità. Venite a me voi tutti che avete tribolazioni e sofferenze. Il versetto dell'Alleluia era con queste parole l'eco della patria e tuttavia ci ricordava l'esilio, ma tosto nel Vangelo è apparsa la grazia e la benignità del nostro Dio Salvatore (Tit. 2, 11; 3,4). Ascoltiamolo, perché ci insegna le vie della beata speranza (ibid. 2, 12-13), le delizie sante, che sono ad un tempo garanzia ed anticipo della perfetta felicità del cielo.
Sul Sinai, Dio teneva l'Ebreo a distanza e dava soltanto precetti e minacce di morte, ma sulla vetta di quest'altra montagna, sulla quale è assiso il Figlio di Dio, in modo ben diverso si promulga la legge dell'amore! Le otto Beatitudini all'inizio del Nuovo Testamento hanno preso il posto tenuto nell'Antico dal Decalogo inciso sulla pietra.
Esse non sopprimono i comandamenti, ma la loro giustizia sovrabbondante va oltre tutte le prescrizioni e Gesù le trae dal suo Cuore per imprimerle, meglio che sulla pietra, nel cuore del suo popolo. Sono il ritratto perfetto del Figlio dell'uomo e riassunto della sua vita redentrice. Guardate dunque e agite secondo il modello che si rivela a voi sulla montagna (Es. 25, 40; Ebr. 8, 5).
La povertà fu il primo contrassegno del Dio di Betlemme e chi mai apparve più dolce del figlio di Maria? chi pianse per causa più nobile, se egli già nella greppia espiava le nostre colpe e pacificava il Padre? Gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i pacifici dove troveranno fuori di lui il modello insuperato, mai raggiunto e sempre imitabile? E la sua morte lo fa condottiero dei perseguitati per la giustizia! Suprema beatitudine questa della quale più che di tutte le altre, la Sapienza incarnata si compiace e vi ritorna sopra e la precisa e oggi con essa termina, come in un canto d'estasi.
La Chiesa non ebbe mai altro ideale. Sulla scia dello Sposo, la sua storia nelle varie epoche fu eco prolungata delle Beatitudini. Cerchiamo di comprendere anche noi e, per la felicità della nostra vita in terra, in attesa dell'eterna, seguiamo il Signore e la Chiesa.
Le Beatitudini evangeliche sollevano l'uomo oltre i tormenti, oltre la morte, che non scuote la pace dei giusti, anzi la perfeziona.

Discorso di san Beda [1].
"In cielo non vi sarà mai discordia, ma vi sarà accordo in tutto e conformità piena, perché la concordia tra i Santi non avrà variazioni; in cielo tutto è pace e gioia, tutto è tranquillità e riposo e vi è una luce perpetua assai diversa dalla luce di quaggiù, tanto più splendida quanto più bella. Leggiamo nella Scrittura che la città celeste non ha bisogno della luce del sole, perché 'il Signore onnipotente la illuminerà e l'Agnello ne è la fiaccola' (Apoc. 21, 23). 'I Santi brilleranno come stelle nell'eternità, e quelli che istruiscono le moltitudini saranno come lo splendore del firmamento' (Dan. 12, 3). Là, non notte, non tenebre, né ammassi di nubi; non rigore di freddo, né eccessivo calore, ma uno stato di cose così bene equilibrato che 'occhio non vide e orecchio non udì e il cuore dell'uomo nulla mai comprese' (I Cor. 2, 9) di simile. Lo conoscono quelli che sono trovati degni di goderne e 'i nomi dei quali sono scritti nel libro della vita' (Fil 4,3) che 'hanno lavato il loro vestito nel sangue dell'Agnello e stanno davanti al trono di Dio, servendolo notte e giorno' (Apoc. 7, 14). 'Là non c'è vecchiaia, né debolezze della vecchiaia, perché tutti sono giunti allo stato dell'uomo perfetto, nella misura dell'età del Cristo' (Ef. 4, 13).
Ma quello che tutto sorpassa è l'essere associati ai cori degli Angeli, dei Troni e delle Dominazioni, dei Principati e delle Potenze; il godere della compagnia di tutte le Virtù della corte celeste; il contemplare i diversi ordini dei Santi, più splendenti che gli astri; il considerare i Patriarchi illuminati dalla loro fede, i Profeti radiosi di speranza e di gioia, gli Apostoli preparati a giudicare le tribù di Israele e tutto l'universo; i Martiri, cinti del diadema splendente della porpora della vittoria e infine le Vergini con la fronte coronata di candidi fiori" (18 Discorso sui Santi).

Incoraggiamento alla pratica delle virtù.
La Chiesa dopo averci mostrato la bellezza e la gioia del cielo, dopo la seducente esposizione sulla eternità, avrebbe potuto presentarci la questione che san Benedetto pose al postulante, che bussava alla porta del monastero: Vuoi la vita? vuoi vedere giorni felici? (Prologo alla Regola). Avremmo anche noi prontamente risposto: sì. E pare che davvero la questione ce l'abbia silenziosamente posta e che abbia udito il nostro sì, perché prosegue adesso esponendoci le condizioni, necessarie per entrare nel regno dei cieli.
"La speranza di giungere alla ricompensa della salvezza ci alletti, ci attiri, lottiamo volentieri e con tutto l'impegno nello stadio della santità; mentre Dio e Cristo ci guardano. Dato che già abbiamo cominciato ad elevarci sopra il mondo ed il secolo, stiamo attenti, perché nessun desiderio terreno ci attardi. Se l'ultimo giorno ci trova svincolati da ogni cosa, se ci trova in agile corsa nel cammino delle buone opere, il Signore non potrà fare a meno di ricompensare i nostri meriti.
Colui che dà, come prezzo della sofferenza, a quelli che hanno saputo vincere nella persecuzione, una corona imporporata, darà pure, come prezzo delle opere di santità, una corona bianca a coloro che avranno saputo vincere nella pace. Abramo, Isacco, Giacobbe non furono messi a morte, ma sono stati tuttavia ritenuti degni dei primi posti fra i Patriarchi, perché tale onore meritarono con la fede e le opere di giustizia, e coloro che saranno trovati fedeli, giusti e degni di lode siederanno al banchetto con questi grandi giusti. Bisogna ricordare però che dobbiamo compiere la volontà di Dio e non la nostra, perché 'chi fa la volontà di Dio vive eternamente' (Gv. 2, 17) come vive eternamente Dio stesso.
Bisogna dunque che con spirito puro, fede ferma, virtù robusta, carità perfetta, siamo preparati a compiere tutta la volontà di Dio, osservando con coraggiosa fedeltà i comandamenti del Signore, l'innocenza nella semplicità, l'unione nella carità, la modestia nell'umiltà, l'esattezza nell'impiego, la diligenza nell'assistenza degli afflitti, la misericordia nel sollevare i poveri, la costanza nella difesa della verità, la discrezione nella severità della disciplina e infine bisogna che non lasciamo di seguire o dare l'esempio delle buone opere. Ecco la traccia che tutti i Santi, tornando alla patria, ci hanno lasciata, perché, camminando sulle loro orme, possiamo giungere alle gioie che essi hanno raggiunto" (Beda, 18 Discorso sui Santi).

È utile lodare i Santi.
Una esortazione per i suoi figli la Chiesa la chiede a san Bernardo, e ci parla con la sua voce.
"Dato che celebriamo con una festa solenne il ricordo di tutti i Santi, diceva ai suoi monaci l'abate di Chiaravalle, credo utile parlarvi della loro felicità comune nella quale gioiscono di un beato riposo e della futura consumazione che attendono. Certo, bisogna imitare la condotta di quelli che con religioso culto onoriamo; correre con tutto lo slancio del nostro ardore verso la felicità di quelli che proclamiamo beati, bisogna implorare il soccorso di quelli dei quali sentiamo volentieri l'elogio.
A che serve ai Santi la nostra lode? A che serve il nostro tributo di glorificazione? A che serve questa stessa solennità? Quale utile portano gli onori terrestri a coloro che il Padre celeste stesso, adempiendo la promessa del Figlio, onora? Che cosa fruttano loro i nostri omaggi? Essi non hanno alcun desiderio di tutto questo. I santi non hanno bisogno delle nostre cose e la nostra divozione non reca loro alcun vantaggio: ciò è cosa assolutamente vera.
Non si tratta di loro vantaggio, ma nostro, se noi veneriamo la loro memoria. Volete sapere come abbiamo vantaggio? Per conto mio, confesso che, ricordando loro, mi sento infiammato di un desiderio ardente, di un triplice desiderio.
Si dice comunemente: occhio non vede, cuore non duole. La mia memoria è il mio occhio spirituale e pensare ai Santi è un po' vederli, e, ciò facendo, abbiamo già 'una parte di noi stessi nella terra dei viventi' (Sal. 141, 6), una parte considerevole, se la nostra affezione accompagna, come deve accompagnarlo, il nostro ricordo. È in questo modo, io dico, che 'la nostra vita è nei cieli' (Fil. 3, 20). Tuttavia la nostra vita non è in cielo, come vi è la loro, perché essi vi sono in persona e noi solo con il desiderio; essi vi sono con la loro presenza e noi solo con il nostro pensiero".

Desiderare l'aiuto dei Santi.
"Perché possiamo sperare tanta beatitudine dobbiamo desiderare ardentemente l'aiuto dei Santi, perché quanto non possiamo ottenere da noi ci sia concesso per la loro intercessione.
Abbiate pietà di noi, sì, abbiate pietà di noi, voi che siete nostri amici. Voi conoscete i nostri pericoli, voi conoscete la nostra debolezza; voi sapete quanto grande è la nostra ignoranza, e quanta la destrezza dei nostri nemici; voi conoscete la violenza dei loro attacchi e la nostra fragilità. Io mi rivolgo a voi, che avete provato le nostre tentazioni, che avete vinto le stesse battaglie, che avete evitato le stesse insidie, a voi ai quali le sofferenze hanno insegnato ad avere compassione.
Io spero inoltre che gli angeli stessi non disdegneranno di visitare la loro specie, perché è scritto: 'visitando la tua specie non peccherai' (Giob. 5, 24). Del resto, se io conto su di essi perché noi abbiamo una sostanza spirituale e una forma razionale simile alla loro, credo di poter maggiormente confidare in coloro che hanno, come me, l'umanità e che sentono perciò una compassione particolare e più intima per le ossa delle loro ossa e la carne della loro carne".

Confidenza nella loro intercessione.
"Non dubitiamo della loro benevola sollecitudine a nostro riguardo. Essi ci attendono fino a quando anche noi non avremo avuta la nostra ricompensa, fino al grande giorno dell'ultima festa, nella quale tutte le membra, riunite alla testa sublime, formeranno l'uomo perfetto in cui Gesù Cristo, nostro Signore, degno di lode e benedetto nei secoli, sarà lodato con la sua discendenza. Così sia" (Discorso sui Santi, passim).

Imitare coloro che si lodano.
Troviamo in san Giovanni Crisostomo la dottrina già esposta: è cosa buona lodare i Santi, ma alla lode bisogna unire l'imitazione delle loro virtù.
"Chi ammira con religioso amore i meriti dei Santi e celebra con lodi ripetute la gloria dei giusti è tenuto ad imitare la loro vita virtuosa e la loro santità. È necessario infatti che chi esalta con gioia i meriti di qualche santo abbia a cuore di essere come lui fedelmente impegnato nel servizio di Dio. O si loda e si imita, o ci si astiene anche dal lodare. Sicché, dando lode ad un altro, ci si rende degni di lode e, ammirando i meriti dei Santi, si diventa ammirabili per una vita santa. Se amiamo le anime giuste e fedeli, perché apprezziamo la loro giustizia e la loro fede, possiamo anche essere quello che sono, facendo quello che fanno".

I modelli.
"Non ci è difficile imitare le loro azioni, se consideriamo che i primi Santi non ebbero esemplari innanzi a sé e quindi non imitarono altri, ma si fecero modello di virtù degno di essere imitato, affinché, con il profitto che noi ricaviamo imitando loro e con quello che il prossimo ricaverà, imitando noi, Gesù Cristo nella sua Chiesa sia glorificato perpetuamente dai suoi servi.
Così avvenne fin dai primi tempi del mondo. Abele, l'innocente, fu ucciso, Enoc fu rapito in cielo, perché ebbe la fortuna di piacere a Dio, Noè fu trovato giusto, Abramo fu approvato da Dio, perché riconosciuto fedele, Mosè si distinse per la mansuetudine, Giosuè per la castità, Davide per la dolcezza, Elia fu gradito al Signore, Daniele fu pio e i suoi tre compagni furono vittoriosi, gli Apostoli, discepoli di Cristo, furono designati maestri dei credenti e i Confessori, da loro istruiti combatterono da forti, mentre i martiri, consumati nella perfezione, trionfano e legioni di cristiani, armati da Dio, continuamente respingono il demonio. Per ciascuno di essi la lotta è diversa, ma le virtù sono simili e le vittorie di tutti restano gloriose".

Necessità del combattimento.
Tu, o cristiano, sei soldato ben meschino, se credi di vincere senza combattere e di raggiungere il trionfo senza sforzo! Spiega le tue forze, lotta con coraggio, combatti, senza debolezze, nella mischia. Mantieni il patto, rimetti sulle condizioni, renditi conto di che cosa sia l'essere soldato, il patto che hai concluso, le condizioni che hai accettate, la milizia nella quale ti sei arruolato" (Giovanni Crisostomo, Discorso sulla imitazione dei Martiri).

La nostra risurrezione.
Ci giova oggi ricordare la dottrina sulla risurrezione dei morti, che san Paolo esponeva un giorno ai fedeli di Corinto, sulla grandiosa cerimonia liturgica che la seguirà, e sulla visione beatifica, che avremo in premio nell'eternità.
Noi risusciteremo, perché Cristo è risuscitato. Questa dottrina riassume in certo modo tutto il cristianesimo. Il battesimo è inserzione di ciascuno di noi in Cristo e dal momento che noi siamo entrati nell'unità della sua vita e formiamo con lui un solo corpo mistico e reale insieme, l'interesse è comune, la condizione nostra è legata alla sua, quello che è avvenuto in lui deve avvenire in noi: la morte, il seppellimento, la risurrezione, l'ascensione, la vita eterna in Dio. Le membra avranno la sorte del capo e potremmo dire, propriamente parlando, di essere già risuscitati in Gesù Cristo, perché la sua Risurrezione è causa, motivo, esempio, sicura garanzia della nostra.
Cristo non è risuscitato per sé solo, per conto suo, ma per noi tutti. Nella legge antica erano offerte a Dio le spighe mature, in nome di tutta la messe. Il Signore, se è un essere individuale, è pure il secondo Adamo, essere vivente, che comprende in sé la moltitudine di quelli che da lui son nati e perciò, se egli è risuscitato, tutti sono risuscitati, ma ciascuno a suo tempo; Cristo per primo, poi tutti quelli che sono di Cristo risusciteranno alla sua venuta. Dopo sarà la fine.

L'inizio della vita eterna.
"Sarà la fine. La fine del periodo laborioso nel corso del quale il Signore raccoglie il numero dei suoi eletti, stabilisce il suo regno e annienta i suoi nemici. Si potrebbe dire altrettanto bene inizio della vita nuova, compimento del disegno di Dio con il ritorno a lui di tutto quanto avrà acconsentito ad appartenere a Cristo Nostro Signore Gesù Cristo, dopo aver trionfato di tutte le potenze nemiche, debellata ogni autorità e scardinato ogni potere ostile al suo, porterà a Dio, suo Padre, tutte le nature umane delle quali è re e, avendo qual Figlio operato solo per il Padre, gli riconsegnerà il comando su tutta la sua conquista. Sì, noi lo sappiamo, tutto si piegherà davanti a Dio in cielo, sulla terra, e nell'inferno; tutto sarà sottomesso, fuorché Colui, che ha sottomesso a sé tutte le cose.
L'eternità comincerà con una cerimonia liturgica di infinita grandezza. Il Verbo Incarnato, nostro Signore Gesù Cristo, il re predestinato, circondato dagli Angeli, dagli uomini nati per la sua grazia e viventi la sua vita, si metterà alla testa della falange che il Padre gli ha dato e la guiderà e condurrà verso il santuario eterno. Si presenterà con essi davanti al Padre e presenterà e offrirà a lui la messe immensa degli eletti germogliati dal suo sangue e si sottometterà con essi alla paterna dominazione di Colui, che tutto gli donò e sottomise, rimettendogli lo scettro e la regalità della creazione da lui conquistata, che con lui entrerà nel seno della Trinità. La famiglia di Dio sarà allora completa e Dio sarà tutto in tutti".

Dio è tutto in tutti.
"Dio tutto in tutti: l'espressione ha per il nostro pensiero qualcosa di prodigioso e di meraviglioso... Oggi Dio non è tutto in me e io non sono in relazione diretta con lui, ma sempre tra noi sta l'importuna creazione e io arrivo a Dio a prezzo di un lento e penoso cammino sempre avvolto nella oscurità. Il mio pensiero non vede Dio e la fede stessa me lo vela: non sono un essere intelligente, e non lo sarò che quando Dio si offrirà come oggetto alla mia intelligenza finalmente desta, il giorno in cui Dio, per mostrarsi a me, si unirà alla mia intelligenza, perché io possa conoscerlo. Come dire questo? Dio sarà allora alla radice stessa del mio pensiero, perché io lo veda, alla radice della mia volontà, perché io lo possieda, alla radice e al centro del mio cuore, perché io l'ami. Egli allora sarà la bellezza che amo e sarà in me il cuore che ama la bellezza, sarà il termine e l'oggetto dei miei atti e in me ne sarà il principio.
Questa gloriosa appartenenza della mia anima a Dio si prepara sulla terra con l'unione a Cristo. Nell'eternità entreremo totalmente nella vita di Dio, se quaggiù saremo interamente conformati a Cristo. Questa è l'idea fondamentale del cristianesimo: essere con Cristo nel tempo, per essere con Dio nell'eternità (Dom Delatte, Epistole di san Paolo, I, 379-383)".

PREGHIAMO
O Dio onnipotente ed eterno, che ci hai concesso di venerare con una sola solennità i meriti di tutti i tuoi Santi; ti preghiamo di accordarci, in vista di tanta moltitudine di intercessori, l'abbondanza della tua misericordia.

[1] Il discorso, attribuito a san Beda, pare piuttosto di Walfrido Strabone, o più probabilmente ancora di Helischar di Treviri. Riv. Ben. 1891, p. 278

da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1222-1234."



Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 1° novembre. Festa di tutti i Santi (http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm
Strumenti: Calendario Romano (http://www.unavox.it/Strumenti/Calend_Romano.htm#novembre)
http://www.unavox.it/Strumenti/Calend_Romano.htm#novembre




Luca, Sursum Corda!

Holuxar
01-11-18, 00:55
31 OTTOBRE 2018: VIGILIA DI OGNISSANTI (astinenza e digiuno), ultimo giorno del Mese dedicato al SANTO ROSARIO…



Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 1° novembre. Festa di tutti i Santi (http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm
«1 NOVEMBRE FESTA DI TUTTI I SANTI.»




Vigilia di Ognissanti - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/vigilia-di-ognissanti/)
http://www.sodalitium.biz/vigilia-di-ognissanti/
«31 ottobre, Vigilia di Ognissanti, digiuno e astinenza.
Orazione della Messa: O Signore Dio nostro, moltiplica su di noi la tua grazia, e fa che seguiamo mediante una santa vita, nel gaudio eterno, coloro di cui anticipiamo la festa gloriosa. Per nostro Signore.»
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Ognissanti e giorno dei defunti - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/ognissanti-giorno-dei-defunti-1/)
http://www.sodalitium.biz/ognissanti-giorno-dei-defunti-1/
“Catechismo Maggiore di San Pio X – Della festa di tutti i Santi.”
“Della commemorazione de’ fedeli defunti.”
Indulgenze per i defunti - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/indulgenze-per-i-defunti/)
http://www.sodalitium.biz/indulgenze-per-i-defunti/
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/57-7-1-188x300.jpg


"Sante Messe - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I•M•B•C a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11)”




«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
http://www.domusmarcellefebvre.it/
Ogni giovedì alle ore 20.30 ha luogo la lettura in diretta di una o due questioni del Catechismo di San Pio X.
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.»




Auguri a Mons. Mark Anthony Pivarunas (Chicago, 31 ottobre 1958) - Vescovo della "Congregation of Mary Immaculate Queen" ("Congregatio Mariae Reginae Immacolatae" - C.M.R.I.), principale punto di riferimento di Don Floriano Abrahamowicz - che oggi 31 ottobre 2018 compie 60 anni!


Bishop Mark Pivarunas, CMRI (http://www.cmri.org/ital-bishop.html)
http://www.cmri.org/ital-bishop.html

http://cmri.org/bishop-mark-a-pivarunas-cmri.shtml





https://tradidiaccepi.blogspot.com/
Tradidi quod et accepi: Pio XII e la Consacrazione della Chiesa e del genere umano al Cuore Immacolato di Maria (http://tradidiaccepi.blogspot.it/2017/10/pio-xii-e-la-consacrazione-della-chiesa.html)
“martedì 31 ottobre 2018 Pio XII e la Consacrazione della Chiesa e del genere umano al Cuore Immacolato di Maria
Mentre il mondo era sconvolto dalla Seconda Guerra Mondiale, il Vicario di Cristo Pio XII, il 31 ottobre 1942, consacrava al Cuore Immacolato di Maria la Chiesa e il genere umano tutto nello spirito del messaggio di Fatima. All’inizio del 1943, Suor Lucia, però, spiegò che Nostro Signore le aveva detto che avrebbe accettato questo Atto di Consacrazione per contribuire a far finire prima la guerra, anche se non ottemperava alla richieste formulate nel 1917.”


“VIGILIA DI OGNISSANTI
(Digiuno e astinenza)
Semplice.
Paramenti violacei.
I più illustri Martiri ebbero a Roma, fin dal IV secolo, le loro basiliche, ove ogni anno si celebrava solennemente l'anniversario della loro morte, cioè della loro nascita al Cielo. Si istituì allora una serie di Messe senza giorno prestabilito, per onorare quei Martiri che non essendo conosciuti, non erano particolarmente venerati. Allorquando fu introdotto il culto dei santi non Martiri, e il loro nome fu scritto nel Calendario ecclesiastico, queste Messe ebbero un carattere più universale. Così all'VIII secolo, il Sacramentario Gregoriano ricorda fra le Messe del «Comune» e senza data: «La Messa in onore di tutti i Santi». Fissata, nel secolo seguente, al 1° Novembre, questa Messa divenne quella della Festa di «Tutti i Santi», alla quale ci prepara la vigilia odierna. Da quanto si è detto, si comprende perché la Messa di oggi risulti composta d'estratti delle Messe del Comune dei Martiri.
SANTA MESSA
- Al Vangelo.
• Omelia di sant'Ambrogio vescovo.
Libero 5 su Luca, cap. 6, dopo l'inizio.
Fate bene attenzione a tutto, al modo in cui sale con i discepoli e discende alle folle. In che modo infatti la folla poteva vedere Cristo se non in basso? Non Lo segue sulle altezze, non sale ai vertici. Pertanto dove discende, trova gli infermi: sulle altezze infatti non ci possono essere infermi. Indi anche Matteo insegna che i debilitati furono sanati nei luoghi inferiori. Prima difatti va sanato ciascuno in modo che possa ascendere al monte pian piano con le forze che crescono; e quindi sana ciascuno nei luoghi inferiori, cioè, li richiama dalla lussuria, rimuove il danno della cecità. È sceso alle nostre ferite: affinché, con un certo uso ed abbondanza della sua natura, ci faccia essere compartecipi del regno dei cieli.
Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. San Luca pose soltanto quattro beatitudini del Signore, mentre san Matteo otto: ma in quelle otto ci stanno queste quattro, ed in queste quattro quelle otto. Questi infatti ha come abbracciato le quattro virtù cardinali: quello in quelle otto ha rivelato un numero mistico. Infatti molti Salmi hanno l'iscrizione "per l'ottava": e ricevi ordine di metterti in grado di partecipare in qualche modo a queste otto beatitudini. Come infatti l'ottava è la perfezione della nostra speranza, così l'ottava è la somma delle virtù.
Ma prima guardiamo a quelle che sono più grandi. Beati, disse, i poveri, perché vostro è il regno di Dio. Entrambi gli evangelisti posero questa beatitudine. Infatti è la prima in ordine, è una madre e la generazione delle virtù: poiché chi avrà disprezzato le cose del mondo, egli meriterà la vita eterna: né può alcuno meritare il regno dei cieli, che, oppresso dal desiderio del mondo, non ha la capacità di emergere.”
https://tradidiaccepi.blogspot.com/2018/10/vigilia-di-ognissanti.html?m=1
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https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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“AVVISO SACRO
Il giorno 31 Ottobre, Vigilia d'Ognissanti, vi è il digiuno e l'astinenza.”
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“MESE DI OTTOBRE: MESE DEL SACRATISSIMO ROSARIO DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA.”
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Tradidi quod et accepi: Metodi del Santo Rosario secondo san Luigi Maria Grignion de Montfort (http://tradidiaccepi.blogspot.com/2018/04/metodi-del-santo-rosario-secondo-san.html?m=1)
https://sardiniatridentina.blogspot.com/2018/02/ite-ad-iospeh-preghiere-san-giuseppe.html?m=1


«NOVENA IN PREPARAZIONE DELLA COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI. (24 Ottobre - 1 Novembre)
Indulgenze: Indulgenza Plenaria a chi fa una Novena o un Settenario in suffragio delle Anime Purganti (Sacra Penitenzieria Apostolica, 28 Maggio 1933).
℣. Deus, ☩ in adiutorium meum intende.
℞. Domine, ad adiuvandum me festina.
Gloria Patri. Credo.
[℣. Provvedi, ☩ o Dio, al mio soccorso.
℞. Signore, affrettati ad aiutarmi.
Gloria al Padre. Credo.]
Ottavo giorno.
Le anime del Purgatorio che non sono in grado di poter aiutare se stesse, soffrono indicibilmente al pensiero che tanti uomini e donne vivono senza sapere ciò che fanno. Essi trascorrono la propria vita senza mai pensare a Dio, all'eternità e quindi al perché esistano e, di conseguenza, non sono in grado di prepararsi sin d'ora all'incontro finale con il loro Creatore.
O Dio Onnipotente ed Eterno proteggetemi da un cuore apatico ed indolente. Aiutatemi a riconoscere nella mia esistenza i veri valori, a contare i miei giorni e ad avvicinarmi sempre di più a Voi fino a vederVi, adorarVi e lodarVi nel Vostro Regno Eterno.
O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi per ottenere la Vostra protezione. Santa Maria, Madre di Dio mediatrice di tutte le grazie, venite a noi ed a tutte le anime del Purgatorio con la Vostra potente intercessione.
Pater noster, Ave Maria, Gloria Patri.
3 Requiem æternam.
Oremus.
Fidelium, Deus, ómnium Conditor et Redemptor, animábus famulórum famularúmque tuárum remissiónem cunctórum tríbue peccatórum: ut indulgéntiam, quam semper optavérunt, piis supplicatiónibus consequántur:
Qui vivis et regnas cum Deo Patre, in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum.
℞. Amen.
[Preghiamo.
O Dio, Creatore e Redentore di tutti i fedeli, concedi alle anime dei tuoi servi e delle tue serve la remissione di tutti i peccati, affinché quella misericordia che sempre desiderarono, per le pie suppliche l'ottengano.
Tu che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
℞. Amen.]
Réquiem aetérnam dona eis, Dómine,
et lux perpétua lúceat eis.
Requiéscant in pace.
✠ Amen.
L'eterno riposo dona loro, o Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua.
Riposino in pace.
✠ Amen.»
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https://w2.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1942/documents/hf_p-xii_spe_19421031_immaculata.html
“RADIOMESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PIO XII
PREGHIERA PER LA CONSACRAZIONE DELLA CHIESA E DEL GENERE UMANO AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA*
Sabato, 31 ottobre 1942
Regina del Santissimo Rosario, ausilio dei cristiani, rifugio del genere umano, vincitrice di tutte le battaglie di Dio! supplici ci prostriamo al vostro trono, sicuri di impetrare misericordia e di ricevere grazie e opportuno aiuto e difesa nelle presenti calamità, non per i nostri meriti, dei quali non presumiamo, ma unicamente per l'immensa bontà del vostro materno Cuore.
A Voi, al vostro Cuore Immacolato, in quest'ora tragica della storia umana, ci affidiamo e ci consacriamo, non solo in unione con la Santa Chiesa, corpo mistico del vostro Gesù, che soffre e sanguina in tante parti e in tanti modi tribola, ma anche con tutto il mondo straziato da feroci discordie, riarso in un incendio di odio, vittima della propria iniquità.
Vi commuovano tante rovine materiali e morali; tanti dolori, tante angoscie di padri e di madri, di sposi, di fratelli, di bambini innocenti; tante vite in fiore stroncate; tanti corpi lacerati nell'orrenda carneficina; tante anime torturate e agonizzanti, tante in pericolo di perdersi eternamente!
Voi, o Madre di misericordia, impetrateci da Dio la pace! e anzitutto quelle grazie che possono in un istante convertire i cuori umani, quelle grazie che preparano, conciliano, assicurano la pace! Regina della pace, pregate per noi e date al mondo in guerra la pace che i popoli sospirano, la pace nella verità, nella giustizia, nella carità di Cristo. Dategli la pace delle armi e la pace delle anime, affinché nella tranquillità dell'ordine si dilati il regno di Dio.
Accordate la vostra protezione agli infedeli e a quanti giacciono ancora nelle ombre della morte; concedete loro la pace e fate che sorga per essi il Sole della verità, e possano, insieme con noi, innanzi all'unico Salvatore del mondo ripetere: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà! (Luc. 2, 14).
Ai popoli separati per l'errore o per la discordia, e segnatamente a coloro che professano per Voi singolare devozione, e presso i quali non c'era casa ove non si tenesse in onore la vostra veneranda icone (oggi forse occultata e riposta per giorni migliori), date la pace e riconduceteli all'unico ovile di Cristo, sotto l'unico e vero Pastore.
Ottenete pace e libertà completa alla Chiesa santa di Dio; arrestate il diluvio dilagante del neopaganesimo; fomentate nei fedeli l'amore alla purezza, la pratica della vita cristiana e lo zelo apostolico, affinché il popolo di quelli che servono Dio aumenti in meriti e in numero.
Finalmente, siccome al Cuore del vostro Gesù furono consacrati la Chiesa e tutto il genere umano, perché, riponendo in Lui ogni speranza, Egli fosse per loro segno e pegno di vittoria e salvezza; così parimenti noi in perpetuo ci consacriamo anche a Voi, al vostro Cuore Immacolato, o Madre nostra e Regina del mondo : affinché il vostro amore e patrocinio affrettino il trionfo del Regno di Dio, e tutte le genti, pacificate tra loro e con Dio, Vi proclamino beata, e con Voi intonino, da un'estremità all'altra della terra, l'eterno Magnificat di gloria, amore, riconoscenza al Cuore di Gesù, nel quale solo possono trovare la Verità la Vita e la Pace.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, IV,
Quarto anno di Pontificato, 2 marzo 1942 - 1° marzo 1943, pp. 453-454
Tipografia Poliglotta Vaticana.”
https://w2.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1942/documents/hf_p-xii_spe_19421031_immaculata.html







«Radio Spada è un sito di controinformazione cattolico http://www.radiospada.org/ e una casa editrice http://www.edizioniradiospada.com/
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“31 ottobre 2018: Vigilia di Ognissanti (astinenza e digiuno).”
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“Il 31 ottobre 1942 Pio XII consacra la Chiesa e il genere umano al Cuore Immacolato di Maria (foto).
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/45085802_2364669153562740_7629634957505200128_n.pn g?_nc_cat=105&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=99062cce018ee81c5e45cbf4722aa24e&oe=5C878D28


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L'atto di consacrazione verrà rinnovato l'8 dicembre.
Testo https://tradidiaccepi.blogspot.com/2017/10/pio-xii-e-la-consacrazione-della-chiesa.html”

“31 ottobre 1512: Papa Giulio II della Rovere inaugura la nuova Cappella Sistina.”
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“Regnante Giovanni Paolo II, mentre Joseph Ratzinger presiedeva la Congregazione per la Dottrina della Fede, il 31 ottobre 1999 - nefasto anniversario dell'inizio della rivolta di Lutero - veniva pubblicata la "Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione" tra la "Chiesa cattolica romana" e le "Chiese luterane". Il Concilio di Trento condannò cose mai esistite!
"Con ciò, le condanne dottrinali del XVI secolo, nella misura in cui esse si riferiscono all’insegnamento della giustificazione, appaiono sotto una nuova luce: l’insegnamento delle Chiese luterane presentato in questa Dichiarazione non cade sotto le condanne del Concilio di Trento. Le condanne delle Confessioni luterane non colpiscono l’insegnamento della Chiesa cattolica romana così come esso è presentato in questa Dichiarazione. Con questo non si vuole tuttavia togliere nulla alla serietà delle condanne dottrinali legate alla dottrina della giustificazione. Alcune di esse non erano semplicemente senza fondamento. Per noi, esse mantengono «il significato di salutari avvertimenti» di cui dobbiamo tenere conto nella dottrina e nella prassi".”
“Commemorazione cattolica della pseudo-Riforma Luterana.
"Ora viene solennemente dichiarato eretico, e così anche gli altri, qualunque sia la loro autorità e rango, che non hanno curato nulla della propria salvezza, ma pubblicamente e davanti gli occhi di tutti gli uomini diventano seguaci della perniciosa ed eretica setta di Martino, e coloro che hanno dato a lui apertamente e pubblicamente il loro aiuto, consiglio e favore, incoraggiandolo in mezzo a loro nella sua disobbedienza e ostinazione, o ostacolando la pubblicazione della nostra suddetta missiva: questi uomini sono incorsi nelle pene stabilite in tale missiva, e devono essere trattati legittimamente come eretici ed evitati da tutti fedeli cristiani, come dice l’Apostolo".”
https://www.radiospada.org/2013/04/prima-traduzione-italiana-della-bolla-di-papa-leone-x-contro-il-luteranesimo/
“Prima traduzione italiana della Bolla di Papa Leone X contro il luteranesimo
BOLLA DI SCOMUNICA “Decet Romanum Ponteficem” di Sua Santità Leone X.”
https://www.radiospada.org/2016/10/florilegioluterano/

https://www.radiospada.org/2013/10/la-seduzione-del-demonio-e-la-stregoneria-halloween/
https://www.radiospada.org/2013/10/halloween-modernismo-e-raggiri-demoniaci/
https://www.radiospada.org/2017/10/halloween-la-festa-degli-spettri-nata-per-combattere-ognissanti/
“Halloween: la festa degli spettri nata per combattere Ognissanti il 31 ottobre 2017 di Paolo Gulisano.
HALLOWEEN 2017. Negli ultimi giorni di ottobre, non è difficile trovare le streghe. Basta che si entri in qualsiasi centro commerciale, o in molti negozi e locali, e si trovano delle povere commesse agghindate di nero come le loro bisnonne quando erano in lutto, e con alti cappelli a punta. Quella che si presenta è un’occasione unica e irripetibile: puoi chiamare “strega” una donna senza alcuna conseguenza giudiziaria. Altre di queste ragazze portano cerchietti con dei cornini che fanno bella mostra sulle loro capigliature. I loro partners sono terribilmente infedeli e loro protestano pubblicamente? No: si tratta dei corni di satana, il diavolo della tradizione cristiana.
Ma come? Dei simbolismi religiosi là dove non deve più comparire nulla di esplicitamente religioso, dai presepi in avanti? Bè, ma tutto l’apparato di Halloween, l’apparato di maschere, teschi, zucche, neri mantelli e cappellacci, è perfettamente accetto. È una festa nuova, divertente, diversa, “trasgressiva”, che si celebra nei bar e nelle discoteche, dove ci si può travestire da fantasma, strega, zombie… è un carnevale fuori stagione che anticipa lo shopping natalizio. E’ insomma un notevole business, dove il mercato è riuscito a speculare su una festività antichissima, su una delle prime e principali manifestazioni del Sacro in Europa. Il 1° novembre infatti era la più importante celebrazione del mondo celtico: era il capodanno dei Celti. Un momento in cui si poteva venire in contatto con il mondo che c’è oltre la morte, una morte che ha non ha l’ultima parola sull’uomo.
L’attuale Halloween, che è una vera e propria parodia dei valori secolari rappresentati dalla festa celtica di Samonios prima e di Ognissanti dopo, porta dunque in sé un atteggiamento negativo verso la morte e verso i defunti, come se i morti fossero solo qualcosa di ostile da cui difendersi. Si vuole esorcizzare la morte, facendone la caricatura.
E’ significativo invece che moltissimi piatti della nostra tradizione di Ognissanti fossero dei dolci, quasi a confermare che la vita è cosa buona, che anche la morte non ci deve lasciare un gusto amaro.
Nella tradizione popolare, le anime dei defunti tornano dall’aldilà. Il viaggio che li separa dal mondo dei vivi è lungo e faticoso. Nasce così, per ristorare i propri cari e per renderli benevoli verso i giorni che verranno, la tradizione culinaria della festa dei morti. I dolci dei morti inoltre simboleggiano anche i doni che i defunti portano dal cielo.
Nella saggezza popolare dunque si è sempre ritenuto che dei morti non bisogna avere paura, dal momento che essi portano la vita.
Come è potuto accedere che la tradizione di Ognissanti abbia ceduto il posto alla kermesse di Halloween? Tutto parte dall’America, e dalla forza che in quel Paese ha il marketing. Ma c’è di più: dietro c’è una storia di lunga ostilità verso il cattolicesimo. Nell’America protestante la festività dei Santi era stata portata dagli immigrati irlandesi, che in quanto cattolici e in quanto celti avevano in questo culto dei cari defunti una delle colonne portanti della loro spiritualità.
La Riforma protestante aveva scatenato la ribellione contro la fede e le tradizioni della Chiesa e soppresso molte feste cattoliche. Quella Riforma che — guarda caso — aveva preso il via proprio alla vigilia di Ognissanti, quando Lutero aveva appeso le sue tesi alla porta della cattedrale di Wittenberg, una chiesa dedicata proprio a tutti i santi e che Lutero sapeva sarebbe stata gremitissima, proprio per l’importanza della festa.
L’America riformata dunque, ostile al cattolicesimo, non poté accettare che una festa decisamente cattolica come Ognissanti prendesse piede, e la trasformò in Halloween, paradossalmente (ma non troppo) riesumando una forma di paganesimo e incoraggiando di quest’ultimo gli aspetti più cupi.
Questa “festa” degli spettri contribuiva in qualche modo a ridicolizzare la festa dei Santi che doveva essere cancellata.
Una festa che ricorda che quello dei santi e dei defunti è il culto della nostra storia. E’ il momento in cui si apre la speranza per l’eternità. Concetti troppo scomodi per il mondo postmoderno. Fonte”

https://www.radiospada.org/2018/10/halloween-e-male-lecumenismo-e-ben-peggio/
«Halloween è male, l’ecumenismo è ben peggio di Massimo Micaletti.
Ad Halloween alcuni buoni cristiani si fanno scrupolo di portare i propri figli a feste di pessimo gusto per timore che possano essere in qualche modo contaminati da culti latamente satanici. Ora, questa cautela non è da biasimare ma fa poi specie che molti di quei buoni cristiani ritengano buona cosa pregare assieme agli Imam o credano che il Dio Uno e Trino ed il dio di Maometto siano la medesima cosa, come hanno “insegnato” Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e come “insegna” Francesco.
Di qual fatta sia il dio che si prega alla Mecca lo ricorda Don Bosco: “Maometto propagò la sua religione, non con miracoli o colla persuasione delle parole, bensì colla forza delle armi. Religione che, favorendo ogni sorta di libertinaggio, in breve tempo fece diventar Maometto capo di una formidabile truppa di briganti. Insieme con costoro scorreva i paesi dell’Oriente guadagnandosi i popoli, non coll’insinuare la verità, non con miracoli o con profezie; ma per unico argomento egli innalzava la spada sul capo dei vinti gridando: o credere o morire (…). L’Alcorano si può dire una serie di errori i più madornali contro la morale e contro il culto del vero Dio. Per esempio, scusa dal peccato chi nega Dio per timore della morte; permette la vendetta; assicura a’ suoi seguaci un paradiso, ma pieno di soli piaceri terreni. Insomma la dottrina di questo falso profeta permette cose tanto oscene, che l’ animo cristiano ha orrore di nominare“.
Dovremmo chiederci a questo punto come mai abbiamo il sacro timore di coinvolgere i bambini in feste demenziali in una celebrazione del brutto e dell’orrido che può essere, per qualche Setta satanica, celebrazione del male , e poi teniamo quegli stessi bambini e noi stessi in una palude in cui preghiamo con islamici e talmudici precipitando in un sincretismo pagano che è, in ultima analisi, la negazione del Dio Uno e Trino. Ci impressioniamo nel vedere ragazzini che giocano con le zucche o vanno in giro truccati da mostri ma salutiamo con gioia un “Papa” che entra e prega (chi? cosa? come?) in una moschea o in una sinagoga.
Abbiamo perso il senso del Sacro e del Vero, sicché non riconosciamo più la blasfemia e l’inganno. E le nostre anime confuse rotolano, rimbalzano, sempre più in basso. Come zucche vuote.»




Sulle orme di Wojtyla... - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/sulle-orme-wojtyla/)
http://www.sodalitium.biz/sulle-orme-wojtyla/
«Sulle orme di Wojtyla…31 ottobre 2018.
Il 27 ottobre 1986 Giovanni Paolo II promosse l’incontro interreligioso di Assisi, con i rappresentanti delle varie sette cristiane e delle altre religioni. Al termine disse: “Continuiamo a diffondere il messaggio della Pace e a vivere lo spirito di Assisi”. L’invito di Wojtyla è stato raccolto dalla “Comunità di Sant’Egidio”, che dal 1987 organizza annualmente delle giornate ecumeniche secondo lo “spirito di Assisi”. L’edizione di quest’anno si è tenuta a Bologna dal 14 al 16 ottobre 2018: pubblichiamo alcune foto particolarmente significative relative a questa edizione. Va ricordato che l’ecumenismo è stato condannato dalla Chiesa, in particolare dall’enciclica “Mortalium animos” di Pio XI.»




https://giulianoguzzo.com/2017/10/25/lutero-maestro-dodio/




http://ordinefuturo.net/2017/10/31/la-brama-di-potere-politico-ed-economico-alla-base-della-nascita-e-della-diffusione-del-protestantesimo/
http://ordinefuturo.net/2016/10/29/idolatria-del-nulla/




https://www.facebook.com/romancatholicsnonunacum/
“La Roma modernista celebra Martin Lutero con un francobollo.”
http://www.lastampa.it/2017/10/31/vaticaninsider/ita/vaticano/vaticano-e-luterani-una-benedizione-la-commemorazione-ecumenica-della-riforma-IVEf7LIjiQXArHkJYPPUYP/pagina.html
«Vaticano e Luterani: “Una benedizione la commemorazione della Riforma”
Comunicato di Federazione Luterana Mondiale e Dicastero per l’Unità dei Cristiani a conclusione del 500enario. E la Santa Sede emette un francobollo con Wittenberg.
Il francobollo emesso dall'Ufficio filatelico vaticano per i 500 anni della Riforma.
La Federazione Luterana Mondiale e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani si dicono «grati per i doni spirituali e teologici» ricevuti nel corso della commemorazione ecumenica della Riforma protestante, nel giorno in cui si conclude l’anno delle sue celebrazioni, a 500 anni esatti del giorno in cui secondo la tradizione Martin Lutero appese le sue 95 tesi sul portone della cattedrale di Wittenberg, il 31 ottobre del 1517. (…)
Sempre oggi l’Ufficio filatelico e numismatico dello Stato della Città del Vaticano manda alle stampe un francobollo commemorativo della Riforma, cheRitrae in primo piano Gesù crocifisso sullo sfondo dorato e atemporale della città di Wittenberg. In atteggiamento di penitenza, inginocchiati rispettivamente a sinistra e destra della Croce, Martin Lutero sostiene la Bibbia, fonte e meta della sua dottrina, mentre Filippo Melantone, teologo e amico di Martin Lutero,uno dei maggiori protagonisti della riforma tiene in mano la Confessione di Augusta, Confessio Augustuana, la prima esposizione ufficiale dei principi del protestantesimo da lui redatta».




https://www.agerecontra.it/
https://www.agerecontra.it/2017/10/perche-non-partecipare-a-halloween/
«IL “CIRCOLO CHRISTUS REX” RECITERA’ IL SANTO ROSARIO IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DI OGNISSANTI (ore 21.00 in sede) ED INVITA TUTTI AD UNIRSI NELLA PREGHIERA E A NON FESTEGGIARE IL DEMONIO. INOLTRE, RICORDIAMO CHE IL 31/10, VIGILIA DI OGNISSANTI SONO PRESCRITTI DIGIUNO E ASTINENZA (N.d.r.)
di Padre Romualdo Maria Lafitte O.S.B.
Il 31 di ottobre sbarcherà anche da noi una “festa” strana: Halloween.
TV, radio, riviste, discoteche, supermercati, scuole, ne fanno una martellata continua…perfino suore di asili e scuole “cattoliche”! Non è né festa né scherzo innocente: E’ culto satanico, violento odio a Dio e alle anime, vera possessione satanica, abominio malefico.
Halloween-All Hallows Eve– significa Vigilia…di fatto si deve leggere HELL IS WINNING -Hell’e ween: L’Inferno sta vincendo!
E’ la festa dell’orgia di tutti i demoni dell’Inferno ( angeli decaduti dal Cielo )
Satana (e i satanisti ) ha una paura pazzesca del mese di Ottobre perché è il mese del Santo Rosario e dei Santi Angeli. Porta immenso odio e gelosia ai Santi in Cielo e alle anime del Purgatorio perché sono anime immortali che non è stato capace di far cadere all’Inferno. Non parliamo del Rosario, di 15 misteri, che lo mettono in uno stato di assoluto panico.
Il 31 è la vigilia del 1 novembre, Ognissanti, festa di tutti i Santi del paradiso, e il 2 di novembre il giorno delle anime del purgatorio. Allora inventò l’abominio di Halloween il 31 di ottobre e fece di quel mese il mese di satana e il 31 il suo giorno. Con Halloween, satana fa del tutto per far dimenticare il pensiero salutare della Morte, del Giudizio, dell’Aldilà che si avvicina.
Gli attacchi malefici si moltiplicano questo mese, con messe nere, pratiche esoteriche, fatture, maghi, astrologhi. Le sette sataniche moltiplicano sacrifici animali ed umani, stupri di ragazze e bambini piccoli, autotorture, per la notte del 31 di ottobre. Secondo la Polizia (Nucleo speciale satanismo), 5000 bambini in UK / 50 000 ogni anno in USA , scompaiono nei giorni precedenti Halloween. (). Non sono mai ritrovati… se non pezzi di cadaveri.
Zucche, pipistrelli, teschi, scheletri, tatuaggi, piercing, non sono simboli innocenti ma veri riti di iniziazione satanici.
Ultimo in data: il governo massonico italiano per distruggere la festa degli Angeli Custodi il 2 ottobre inventò la bestemmia del “Giorno dei Nonni”, come per distruggere l’Assunta (15 agosto, Assunzione della Vergine SS) reinventò “Ferragosto”, e al posto di San Giuseppe (19 marzo –1° maggio San Giuseppe lavoratore e Mese di Maria), uscì la Festa del papà e del lavoro. Aveva già sfornato un “Giorno delle mamme e delle donne” per uccidere le feste della Madonna, ecc. Religione di Stato di fronte alla quale nessun ateismo è tollerato. Ciò per sradicare Dio dai cuori.
Halloween seduce anche gli insegnanti. Il Ministero dell’Educazione, laico, la impone ai bambini nei libri d’inglese nelle medie. Con quale diritto? Bella laicità di uno Stato laico.
Ma è solo commerciale! No! Le filastrocche che i bambini devono imparare invocano satana, lo spirito di morte. Halloween non è festa ma vera e propria religione. Un cristiano non può partecipare a tali riti malefici. Sembra inoffensivo ma non lo è. E’ con le piccole cose, accettate senza reagire, che si abbassa il senso morale e si apostata della Fede. Per il Maligno, niente è piccolo per portare le anime all’inferno. Halloween è un insieme di riti satanici pericolosi e mortali. Non è una festa per bambini ed ha conseguenze spaventose. Daresti una mela avvelenata ai tuoi figli?
Commercianti, venditori, abbiate il coraggio di dire “NO”, non vendete articoli di questo abominio. / Ma faccio denaro! -Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi si perde l’anima? Dio ve ne chiederà conto. Molti oggetti venduti come “etnici” o per “allontanare il male” sono di fatto amuleti satanici. Non lasciatevi fuorviare da apparenti tradizioni e mode.
Genitori, Insegnanti, non mascherate i vostri figli per quest’occasione, non comprare le zucche; non accettate questa pratica nella vostra scuola. Spiegate ai figli o alunni perché. Se la scuola rifiuta di togliere tale abominio, non mandarci i vostri figli quel giorno e denunciate la direttrice: impone una religione - il satanismo - ai vostri figli. E’ illegale (per lo Stato e le scuole laiche).
Non vergognarti della croce di Gesù. La Vergine Santissima vi benedica.»
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https://www.facebook.com/pietroferrari1973/
“Pietro Ferrari
Se è un culto pagano necrofilo la cosa è spaventosa, se è un pretesto per una festa in discoteca è un pò kitch. I cattolici credono alla Communio Santorum ma non so se i neo-pagani credono davvero che a samhain tornano i morti. Insomma è una farsa a cui non crede nessuno tranne gli aderenti alla Wicca. Sta di fatto che Tradizioni interrotte non sono più Tradizioni e che se dagli Usa ci venne la moda delle filosofìe orientali coi Campus sessantottini, oggi ci viene Halloween. Scopo di tutto ciò è solo il commercio? Probabilmente no e per questo motivo: i Paesi di tradizione protestante non credono che esista il Purgatorio e da ciò viene la loro ossessione per i film horror, per gli zombie e menate varie..... non hanno un Luogo per le anime in pena ma non ancora in Paradiso. Ecco perchè proprio da un Paese protestante come gli USA è stata mutuata una festa antica del paganesimo celtico e trasformata in un businnes mentre le cosiddette tavole dei morti di tradizione contadina anche nei paesi cattolici sono soltanto un marginalissimo residuo irreligioso e scaramantico dell'Antico paganesimo. Obbiettivo evidente e purtroppo riuscito: rincoglionire bambini e genitori con le zucche e distrarli dalla Festa Cattolica di Ognissanti.....che di fatto viene oscurata e dimenticata assieme a quella dei Defunti che non è neanche più giorno festivo. Proprio nel giorno dedicato alla Chiesa Trionfante dei Santi e a quello successivo della Chiesa Purgante dei Defunti, il Sistema anticristiano ci propina il consumo forzoso di uno pseudosatanismo all'amatriciana.”
“Pietro Ferrari
Onore ai Santi, nostri migliori Amici, elevati alle vette dall'Altissimo, Servi umili dell'Onnipotente, autentica Nobiltà del genere umano. Le zucche stanno bene dentro ai ravioli. https://youtu.be/CKWRuFjIRFo Litaniae Sanctorum.”





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«Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Domanda. Chi è più pagano e satanista: a) la madre (resa ignorante) che fa festeggiare #Halloween a suo figlio, oppure b) i tanti stipendiati da Bergoglio e Ratzinger che professano l'ecumenismo? Io non ho alcun dubbio: chi dimostra di professare il paganesimo (ed il satanismo), peraltro dietro retribuzione e prebende, sono i secondi. La prima è solo la vittima di detti stipendiati (e dei loro mandanti o datori di lavoro). Così sembra.
Cito:
<<Veniamo ora ad un’altra sorgente trabocchevole dei mali, da cui piangiamo afflitta presentemente la Chiesa: vogliamo dire l’indifferentismo, ossia quella perversa opinione che per fraudolenta opera degl’increduli si dilatò in ogni parte, e secondo la quale si possa in qualunque professione di Fede conseguire l’eterna salvezza dell’anima se i costumi si conformano alla norma del retto e dell’onesto. Ma a voi non sarà malagevole cosa allontanare dai popoli affidati alla vostra cura un errore così pestilenziale intorno ad una cosa chiara ed evidentissima, senza contrasto. Poiché è affermato dall’Apostolo che esiste “un solo Iddio, una sola Fede, un solo Battesimo” (Ef 4,5), temano coloro i quali sognano che veleggiando sotto bandiera di qualunque Religione possa egualmente approdarsi al porto dell’eterna felicità, e considerino che per testimonianza dello stesso Salvatore “essi sono contro Cristo, perché non sono con Cristo” (Lc 11,23), e che sventuratamente disperdono solo perché con lui non raccolgono; quindi “senza dubbio periranno in eterno se non tengono la Fede cattolica, e questa non conservino intera ed inviolata” (Symbol. S. Athanasii). Ascoltino San Girolamo il quale – trovandosi la Chiesa divisa in tre parti a causa dello scisma – racconta che, tenace come egli era del santo proposito, quando qualcuno cercava di attirarlo al suo partito, egli rispondeva costantemente ad alta voce: “Chi sta unito alla Cattedra di Pietro, quegli è mio” (S. Girolamo, Ep. 58). A torto poi qualcuno, fra coloro che alla Chiesa non sono congiunti, oserebbe trarre ragione di tranquillizzante lusinga per essere anche lui rigenerato nell’acqua di salute; poiché gli risponderebbe opportunamente Sant’Agostino: “Anche il ramoscello reciso dalla vite ha la stessa forma, ma che gli giova la forma se non vive della radice?”(S. Agostino, Salmo contro part. Donat.). Da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismo scaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza qualche vantaggio alla Religione. “Ma qual morte peggiore può darsi all’anima della libertà dell’errore?” esclamava Sant’Agostino (Ep. 166). Tolto infatti ogni freno che tenga nelle vie della verità gli uomini già diretti al precipizio per la natura inclinata al male, potremmo dire con verità essersi aperto il “pozzo d’abisso” (Ap 9,3), dal quale San Giovanni vide salire tal fumo che il sole ne rimase oscurato, uscendone locuste innumerabili a devastare la terra.>>
(da Enciclica Mirari vos, 15 agosto 1832, Gregorio XVI alla Chiesa universale).»


“(Video) Omelia del Rev. Don Francesco Ricossa del 28.10.2018, Cristo Re - https://m.youtube.com/watch?v=Fylpqo23waw”
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“Mostrami o Maria la via del Cielo e guidami all’eterna casta gioia.”
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“Col dolce raggio
Della tua stella
Al Ciel tu guidami
Vergine bella.”
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Il miracolo delle castagne - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/miracolo-delle-castagne/)
“Il miracolo delle castagne 31 ottobre 2017
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova Insorgenza Comunicato n. 88/17 del 31 ottobre 2017, Vigilia di Ognissanti
Il miracolo delle castagne
Le castagne (dal Bollettino Salesiano, ottobre 2017)
Quelli erano i nostri giorni. Quando ancora non c’era la “festa della Santa Zucca”, i cristiani celebravano la festa di Ognissanti e la Commemorazione dei Fedeli Defunti. In Piemonte c’era una bella tradizione: nel periodo di Ognissanti le famiglie festeggiavano con caldarroste e vino nuovo. E anche don Bosco lo voleva fare.
Nel 1849, quando il suo Oratorio era nuovo nuovo, don Bosco portò tutti i giovani interni ed esterni dell’Oratorio al cimitero a pregare per i defunti. «Al ritorno, castagne per tutti!» aveva promesso don Bosco. Mamma Margherita ne aveva comperati tre sacchi, ma pensando che il figlio ne volesse solo una manciata per divertire i giovani, ne aveva messe a bollire solo poche.
I ragazzi si stavano già accalcando alla porta della Chiesa di S. Francesco. Don Bosco si mise alla soglia per fare la distribuzione. Buzzetti versò la pentola dentro un cestello e lo teneva fra le sue braccia. Don Bosco credendo che sua madre avesse fatto cuocere tutte le castagne comperate, riempiva il berretto che ogni giovane gli sporgeva. Buzzetti, vedendo che ne dava troppe a ciascuno, gridò: «Don Bosco, se continua così, non ce n’è neanche per metà!».
«Ma va» rispose don Bosco «ne abbiamo comperati tre sacchi». Tuttavia don Bosco, rincrescendogli diminuire le porzioni, gli disse tranquillamente: «Continuiamo fin che ce ne sarà». E continuava come prima. Finché nel canestro non vi fu più altro che la porzione per due o tre. Solo una terza parte dei giovani aveva ricevute le sue castagne, ed erano almeno 600. Alle grida di gioia successe un silenzio di ansietà, poiché i più vicini si erano accorti che il cesto era quasi vuoto.
Che fare? Don Bosco non si sgomentò: «Le ho promesse ai giovani e non voglio mancar di parola». E riprese la distribuzione. Qui incominciò la meraviglia. Buzzetti era come fuori di sé. Don Bosco calava il mestolo nel canestro e lo ritraeva traboccante; mentre la quantità che rimaneva nel cesto sembrava non diminuisse. Ne ebbero tutti a sazietà. Quando Buzzetti portò il canestro in cucina vide che dentro c’era ancora una porzione, quella di don Bosco. La Madonna gli aveva tenuto la sua parte.
La storia
Nacque così la castagnata. In memoria di questo prodigio don Bosco volle che si distribuissero alla sera di Ognissanti, come asserisce il canonico cav. Anfossi, le castagne lessate a tutti quelli dell’Oratorio. «Noi abbiamo esposta fedelmente questa moltiplicazione delle castagne, secondo la narrazione che ascoltammo da Giuseppe Buzzetti confermata per iscritto da Carlo Tomatis, e riconosciuta da tutti gli antichi allievi di quei tempi come autentica» (Memorie biografiche volume III, pp. 576-578).”
17/11/2018, convegno di studi albertariani - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/17112018-convegno-studi-albertariani/)







Como ovejas sin Pastor (http://sicutoves.blogspot.com/)
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OCTOBER EDITION from September 30 through November 3 (oct2018.htm) featured on The DailyCatholic, a Traditional Catholic publication dedicated to perpetuating the One True Faith and preserving the Traditional Latin Mass in this time of the Great Apos (http://www.dailycatholic.org/issue/18Oct/oct2018.htm)
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Sede Vacante - (http://www.catholique-sedevacantiste.fr/)
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Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch)
http://liguesaintamedee.ch
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«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»

31 octobre : Saint Quentin, Martyr (IIIème siècle) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/31-octobre-saint-quentin)
"31 Octobre : Saint Quentin, Martyr (IIIème siècle)."
http://liguesaintamedee.ch/application/files/7215/4058/0114/10_31_saint_quentin.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/7215/4058/0114/10_31_saint_quentin.jpg


"31 octobre : le catholique ne fête pas Halloween mais fête la vigile de la Toussaint par le JEÛNE et l'ABSTINENCE."
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“Dossier : pourquoi NE PAS fêter Halloween ?
Halloween (http://www.info-sectes.org/haloween/”)

“En 1521, le vrai Pape Léon X excommunie Luther.
En 2017, le faux pape et imposteur François lui dédie un timbre du Vatican et parle de "bénédiction de la commémoraison de la Réforme".
Personne ne pourra dire : "je ne savais pas".”

"31 Octobre : Vigile de la Toussaint."
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https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/44755093_753839051615444_8727583358919376896_n.jpg ?_nc_cat=110&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=2c8fd9856f9860085f454aaf3b3dbf15&oe=5C7E5F4C




Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 1° novembre. Festa di tutti i Santi (http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm)




AVE MARIA!!!
Cor Jesu Sacratissimum, miserere nobis!!!
Regina Sacratissimi Rosarii Ora Pro Nobis!!!
Luca, Sursum Corda – Habemus Ad Dominum!!!

Holuxar
07-11-18, 00:58
1 NOVEMBRE 2018: FESTA DI OGNISSANTI…



«1 NOVEMBRE FESTA DI TUTTI I SANTI.»
Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico - 1° novembre. Festa di tutti i Santi (http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-1nov.htm




http://www.sodalitium.biz/ognissanti-giorno-dei-defunti-1/
“Catechismo Maggiore di San Pio X – Della festa di tutti i Santi.”
“Della commemorazione de’ fedeli defunti.”


SANTE MESSE ed omelie dei Sacerdoti dell’“Istituto Mater Boni Consilii” (I.M.B.C.):


"Sante Messe - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I•M•B•C a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11)”




SANTA MESSA celebrata da Don Floriano Abrahamowicz alla "Domus Marcel Lefebvre" di Paese (TV) alle ore 10.30 il giorno 1 NOVEMBRE 2018:


«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
Ognissanti (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=0trr3eCI4GM
Ognissanti (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=hQ6zag9y9Oo
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
http://www.domusmarcellefebvre.it/
Ogni giovedì alle ore 20.30 ha luogo la lettura in diretta di una o due questioni del Catechismo di San Pio X.
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.»




https://www.agerecontra.it/2017/11/santorale-del-mese-di-novembre/
"A cura di Padre Romualdo Maria Lafitte O.S.B.
Pregare per le anime del Purgatorio e chiedere le Grazie in questo mese importante per le anime dei defunti, che tanto possono ricevere da noi e tanto possono intercedere per noi."
https://www.agerecontra.it/2018/11/indulgenze-per-i-defunti-2/







https://tradidiaccepi.blogspot.com/


https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/45188539_1588730477894935_3385900054341484544_n.jp g?_nc_cat=106&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=1569ef349a64ffcc546460db5d3db0b8&oe=5C7C9F47


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/45188539_1588730477894935_3385900054341484544_n.jp g?_nc_cat=106&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=1569ef349a64ffcc546460db5d3db0b8&oe=5C7C9F47


“MESE DI NOVEMBRE: MESE DEDICATO SPECIALMENTE ALLA COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI.
In questo mese di Novembre, mediteremo con l'ausilio del libro "Chi morrà, vedrà... Il Purgatorio e il Paradiso" (Napoli, agosto 1959) di don Dolindo Ruotolo, che fu sacerdote napoletano, morto in odore di santità, strenuo difensore della dottrina cattolica contro gli errori del modernismo ed autore di diversi testi esegetici e pastorali.”


“AD I VESPERAS IN FESTO OMNIUM SANCTORUM
(Primi Vespri della Festa di Tutti i Santi)
Duplex I classis cum Octava communi.
(Doppio di I classe con Ottava comune)
Ángeli, * Archángeli, Throni et Dominatiónes, Principátus et Potestátes, Virtútes cælórum, Chérubim atque Séraphim, Patriárchæ et Prophétæ, sancti legis Doctóres, Apóstoli, omnes Christi Mártyres, sancti Confessóres, Vírgines Dómini, Anachorítæ, Sanctíque omnes, intercédite pro nobis.
Angeli, * Arcangeli, Troni e Dominazioni, Principati e Potestà, Virtù dei cieli, Cherubini e Serafini, Patriarchi e Profeti, santi Dottori della legge, Apostoli e Martiri tutti di Cristo, santi Confessori, Vergini del Signore, Anacoreti, Santi tutti, intercedete per noi.”
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http://www.sursumcorda.cloud/
https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri.html
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
«Carlo Di Pietro - Sursum Corda.
1° novembre. Festa di tutti i Santi. Solennità collettiva di tutta la Chiesa trionfante, fissata a questo giorno sin dal IX secolo e resa universale dal Papa Sisto IV nel 1475. Giorno di letizia sia questo, in cui la Chiesa militante festeggia tutt'insieme i Santi, per i quali la morte non fu morte ma l'ingresso nel Regno dei Cieli (Salmodia), dove ora tripudiano a schiere innumerevoli, segnati in fronte col suggello della Croce (Epistola), secondo le promesse di Cristo nel discorso delle Beatitudini (Vangelo). Fin qui dal Messale quotidiano. Nel Catechismo della Chiesa leggiamo le parole di Papa San Pio X: La Chiesa ha istituito la festa di tutti i Santi: - Per lodare e ringraziare il Signore d’aver santificati i Suoi servi in terra e d’averli coronati di gloria in cielo; - Per onorare in questo giorno anche quei Santi dei quali non si fa una festa particolare fra l’anno; - Per procurarci maggiori grazie col moltiplicare gli intercessori; - Per riparare in questo giorno i mancamenti che nel corso dell’anno abbiamo commesso nelle feste particolari dei Santi; - Per eccitarci maggiormente alla virtù cogli esempi di tanti Santi d’ogni età, d’ogni condizione e di ogni sesso, e con la memoria della ricompensa che godono in cielo. Si celebra la festa di tutti i Santi con grande solennità perché essa abbraccia tutte le altre feste che nell’anno si celebrano ad onore dei Santi, ed è figura della festa eterna del cielo. Per celebrare degnamente la festa di tutti i Santi dobbiamo: - Dar lode e gloria al Signore per le grazie fatte ai Suoi servi, e pregarLo a volerle concedere anche a noi; - Onorare tutti i Santi come amici di Dio, e invocare con più fiducia la loro protezione; - Proporre d’imitare il loro esempio per essere un giorno partecipi della medesima gloria. Il culto dei Santi è dogma di fede.

Dato che ho letto alcuni articoli della FSSPX (Sacerdoti lefebvriani) e di Corrispondenza Romana (Roberto De Mattei e Brunero Gherardini), dove si sostiene che il Papa non è infallibile nella solenne canonizzazione di un soggetto, questo significa, sempre a loro dire, che il Papa può dichiarare solennemente santo un dannato. Difatti o un'anima si salva (Chiesa trionfante e purgante), o un'anima si danna (dannati dell'inferno). Se il Papa può "sbagliare nella canonizzazione", si conclude che può canonizzare dei dannati. Ora, per sapere quale santo imitare, a chi devo domandare se un tale è santo o è dannato? Se non mi posso fidare della solenne sentenza del Papa, quindi se devo essere scismatico per salvarmi, quale sentenza devo seguire? Ed ancora, come posso conciliare il vincolante culto dei Santi, che è dogma di fede, col dubbio che sarebbe proprio il Pontefice a comandarmi di prestare culto a un dannato, o ad un possibile dannato? Ed ancora, se non posso avere il Papa ed il suo Magistero come regola prossima di fede, dato che il Papa sbaglierebbe addirittura nelle canonizzazioni, chi deve essere la mia regola di fede? E chi deve essere il mio maestro, il mio legislatore, il mio giudice, il mio sacerdote? Devo leggere il sito della FSSPX e quello di Corrispondenza Romana per sapere chi è Santo e chi non lo è? Devo leggere i mentovati siti per sapere se posso imitare e pregare un Santo? O per sapere se un tale è con Dio o piuttosto con Satana? Dunque il giudice non sarebbe più il Papa ma sarebbero giudici i gestori dei siti della FSSPX e di Corrispondenza Romana, e di tutti quelli che seguono la medesima antidottrina?
Non mi resta che mandare una mail ai gestori di questi siti e chiedere quali nomi devo escludere oggi dalle mie preghiere e quali accludere, proprio come facevano i seguaci di Plinio brasiliano con le arbitrarie litanie alla defunta madre del medesimo Plinio. Anche in questa circostanza sono, dunque, obbligato a modificare il dogmatico Atto di fede: "Mio Dio poiché siete verità infallibile credo fermamente tutto quello che Voi avete rivelato e la santa Chiesa ci propone a credere"; diventa: "Mio Dio poiché siete verità infallibile credo fermamente tutto quello che Voi avete rivelato e la FSSPX e Corrispondenza Romana ci propongono a credere".
E in caso di disputa fra FSSPX e Corrispondenza Romana, chi ha ragione fra i due? Chi giudica i giudici improvvisati? Lo spirito sessantottino che, dietro mentite spoglie, sopravvive nel cosiddetto Tradizionalismo cattolico, che "non è né tradizionale e né cattolico" (cfr. Benedetto XIV Papa, De Serv...; S. Tommaso, Q. Disp.; A. Liguori, Del g. m. Della preghiera; etc..).»
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“1 novembre 2018: FESTA DI TUTTI I SANTI.”
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“1 novembre 1950: Pio XII insegna infallibilmente e solennemente l'Assunzione corporale di Maria Santissima in cielo.”
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«540esimo anniversario di fondazione della Inquisizione Spagnola da parte di papa Sisto IV della Rovere con la bolla "Exigit sincerae devotionis.»
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“Il 1 novembre 1503 papa Giulio II della Rovere viene esaltato al Sommo Pontificato.”


https://www.radiospada.org/2012/10/immagini-rare-rosario-15-promesse-di-maria-ss-imprimatur/







01 Novembre - Festa di tutti i Santi (http://www.preghiereperlafamiglia.it/tutti-i-santi.htm)
“01 NOVEMBRE SOLENNITA' DI TUTTI I SANTI.”







http://liguesaintamedee.ch
https://www.facebook.com/SaintAmedee/
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»

1er novembre : Fête de tous les Saints [Toussaint] :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/1er-novembre-fete-de-tous-les-saints)
“1er novembre : Fête de tous les Saints [Toussaint].”
http://liguesaintamedee.ch/application/files/8715/4058/0165/11_01_Toussaint.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/8715/4058/0165/11_01_Toussaint.jpg


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https://le-petit-sacristain.blogspot.com/2015/10/litanie-pour-les-ames-du-purgatoire.html
https://le-petit-sacristain.blogspot.com/2018/11/le-jour-de-la-toussaint-meditation-sur-le-bonheur-du-ciel.html




Réquiem aetérnam dona eis, Dómine, et lux perpétua lúceat eis. Requiéscant in pace. Amen.
Cor Jesu Sacratissimum, miserere nobis!!!
Regina Sacratissimi Rosarii Ora Pro Nobis!!!
Luca, Sursum Corda – Habemus Ad Dominum!!!