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Visualizza Versione Completa : 27 marzo (4 dicembre) - S. Giovanni Damasceno



Augustinus
04-12-03, 15:25
Oggi la Chiesa celebra la memoria di S. Giovanni Damasceno, intrepido difensore della fede cattolica nella lotta dell'eresia iconoclasta. Fu l'ispiratore, infatti, del II Concilio di Nicea (24 settembre-23 ottobre 787 d.C.), convocato dall'Imperatore Costantino VI ed Irene e che vide la partecipazione di ben 367 Padri; essendo Papa all'epoca Adriano I e Patriarca di Costantinopoli Tarasio.
Assieme a Giovanni, merita di essere ricordato in tale lotta contro quell'orribile eresia un altro santo, S. Teodoro Studita.
In onore di S. Giovanni Damasceno apro questo thread.

Augustinus

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Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=30250):

San Giovanni Damasceno Sacerdote e dottore della Chiesa

4 dicembre - Memoria Facoltativa

Damasco, 650 (o 675) - San Saba [Gerusalemme] 749

Di famiglia cristiana, si ritirò in Palestina insieme al fratello e fu ordinato sacerdote dal Patriarca Giovanni V. Predicò nella Basilica del San Sepolcro a Gerusalemme: per questo migliorò le sue conoscenze sulla teologia. Dottore della Chiesa Orientale ha lasciato numerose opere letterarie che abbracciano ogni campo delle scienze letterarie.

Patronato: Pittori

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico

Martirologio Romano: San Giovanni Damasceno, sacerdote e dottore della Chiesa, che rifulse per santità e dottrina e lottò strenuamente con la parola e con gli scritti contro l’imperatore Leone l’Isaurico in difesa del culto delle sacre immagini. Divenuto monaco nel monastero di Mar Saba vicino a Gerusalemme, si dedicò qui alla composizione di inni sacri fino alla morte. Il suo corpo fu deposto in questo giorno.

Martirologio tradizionale (27 marzo): San Giovanni Damasceno, Prete, Confessore e dottore della Chiesa, il cui giorno natalizio si commemora il sei Maggio.

(6 maggio): A Damasco il natale del beato Giovanni Damasceno, Prete, Confessore e Dottore della Chiesa, celebre per dottrina e santità. Questi, per il culto delle sante immagini, combatté valorosamente colla parola e cogli scritti contro Leone Isaurico; per le calunnie poi di questo Imperatore essendo stata amputata allo stesso Giovanni la mano destra dal Principe dei Saraceni, egli, raccomandandosi alla beata Vergine Maria, le cui immagini aveva difeso, riebbe subito la destra intera e sana. La sua festa si celebra il ventisette Marzo.

Riportata alla data della più antica tradizione orientale, il nuovo Calendario della Chiesa festeggia oggi la memoria facoltativa di San Giovanni Damasceno, finora ricordato il 27 marzo. Si chiamò Damasceno perché Giovanni Mansur era nato a Damasco in Siria, e in quella città era avvenuto il suo primo incontro con la Grazia, battezzato in giovane età, perché di famiglia cristiana di razza araba.
Nella seconda metà del VII secolo, Siria e Palestina erano sotto la dominazione araba: la famiglia di Giovanni ricopriva alte cariche nel governo della città, retta da un Califfo, cioè da un prefetto arabo, dì cui Giovanni, giovane colto e brillante, divenne consigliere e amico. Avvenne così che il futuro Santo cristiano fosse nominato, dall'amico Califfo, Gran Visir di Damasco, con un titolo che fa pensare alle Mille e una Notte!
In quegli anni, da Costantinopoli, l'Imperatore d'Oriente Leone III decretò l'iconoclastia, cioè la dissennata e sacrilega distruzione delle immagini sacre. Da Roma, si levò a combatterla il Papa Gregorio II, da Gerusalemme, il Patriarca Germano; da Damasco, finalmente, il Gran Visir Giovanni, funzionario del governo arabo ma al tempo stesso cristiano retto e intransigente.
L'azione di Giovanni Damasceno fu così efficace, nell'opporsi all'iconoclastia, che l'Imperatore Leone III cercò di eliminare l'avversario con l'inganno, non riuscendo a batterlo sul piano dottrinale. Imitando la scrittura del Santo, egli vergò una lettera dalla quale appariva come il Gran Visir fosse pronto a consegnare a tradimento la città di Damasco all'Imperatore. Ouesta lettera fu fatta pervenire al Califfo. Furioso per il tradimento dell'amico, il Califfo applicò nei suoi confronti la cosiddetta " legge del taglione ". Ordinò cioè che la mano destra del Santo fosse amputata. Ma l'arto innocente venne miracolosamente sanato, nella notte, per intervento della Madonna. A lei, infatti, Giovanni Damasceno aveva promesso di dedicare, se risanato, l'opera della sua mano di scrittore cristiano.
Per quanto rappacificato con il Califfo, convinto dell'innocenza dell'amico, Giovanni non restò a lungo a Damasco. Donò tutti i suoi averi, abbandonò la carica, e si ritirò a vita monastica, presso Gerusalemme, nella " Laura " di San Saba, cioè in un piccolo villaggio di monaci.
Qui tenne fede alla sua promessa alla Vergine, alla quale dedicò inni, omelie e trattati teologici. Nelle sue opere, si confermò esegeta coltissimo, critico sicuro, apologeta efficace, teologo illuminato, tanto da meritarsi il titolo di " San Tommaso dell'Oriente ".
Come campione della difesa delle immagini sacre, possiamo rileggere un brano di lui, tratto dalla sua opera intitolata appunto alle Immagini: " Va' via, Satana, con la tua invidia - vi si legge - tu che non puoi tollerare di farci contemplare l'immagine di Nostro Signore e di santificarci alla sua vista; tu che non vuoi farci considerare le sue salutari sofferenze, ammirare la sua condiscendenza, godere lo spettacolo dei suoi miracoli per trarne occasione di meglio conoscere e lodare la potenza della sua divinità.
" Invidioso dei Santi e degli onori che hanno ottenuto da Dio, tu non puoi sopportare che abbiamo sotto gli occhi la loro gloria, per paura che quella vista ci muova ad imitarne il coraggio e la fede; non puoi sopportare l'aiuto che ci ripromettiamo ai corpi e alle anime per la fiducia che in esse riponiamo ".
Leone XIII nel 1890 lo ha dichiarato dottore della Chiesa.

Fonte: Archivio Parrocchia

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«Un tempo, Dio,
che non ha né corpo
né forma, non veniva mai
rappresentato in immagini.
Ma poiché ora Dio
è divenuto visibile nella carne
e ha frequentato gli uomini,
io posso rappresentare
l'immagine visibile di Dio»
San Giovanni Damasceno

Per maggiori notizie rinvio QUI (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?postid=328328#post328328)

Augustinus
04-12-03, 15:25
Tu, Signore, mi hai tratto dai fianchi di mio padre; tu mi hai formato nel grembo di mia madre; tu mi hai portato alla luce, nudo bambino, perché le leggi della nostra natura obbediscono costantemente ai tuoi precetti. Tu hai preparato con la benedizione dello Spirito Santo la mia creazione e la mia esistenza, non secondo volontà d’uomo o desiderio della carne, ma secondo la tua ineffabile grazia. Hai preparato la mia nascita con una preparazione che trascende le leggi della nostra natura, mi hai tratto alla luce adottandomi come figlio, mi hai iscritto fra i discepoli della tua Chiesa Santa e immacolata.

Tu mi hai nutrito di latte spirituale, del latte delle tue divine parole. Mi hai sostentato con il solido cibo del Corpo di Gesù Cristo nostro Dio, Unigenito tuo santissimo, e mi hai inebriato con il calice divino del suo Sangue vivificante, che egli ha effuso per la salvezza di tutto il mondo.

Tutto questo, Signore, perché ci hai amati e hai scelto come vittima, in vece nostra, il tuo diletto Figlio unigenito per la nostra redenzione, ed egli accettò spontaneamente; senza resistere, anzi come uno che era destinato al sacrificio, quale agnello innocente si avviò alla morte da se stesso, perché, essendo Dio, si fece uomo e si sottomise, di propria volontà, facendosi «obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Fi12, 8).

E così, o Cristo mio Dio, tu hai umiliato te stesso per prendere sulle tue spalle me, pecorella smarrita, e farmi pascolare in pascolo verdeggiante e nutrirmi con le acque della retta dottrina per mezzo dei tuoi pastori, i quali, nutriti da te, han poi potuto pascere il tuo gregge eletto e nobile.

Ora, o Signore, tu mi hai chiamato per mezzo del tuo sacerdozio a servire i tuoi discepoli. Non so con quale disegno tu abbia fatto questo; tu solo lo sai. Tuttavia, Signore, alleggerisci il pesante fardello dei miei peccati, con i quali ho gravemente mancato; monda la mia mente e il mio cuore; guidami per la retta via come una lampada luminosa; dammi una parola franca quando apro la bocca; donami una lingua chiara e spedita per mezzo della lingua di fuoco del tuo Spirito e la tua presenza sempre mi assista.

Pascimi, o Signore, e pasci tu con me gli altri, perché il mio cuore non mi pieghi né a destra né a sinistra, ma il tuo Spirito buono mi indirizzi sulla retta via; perché le mie azioni siano secondo la tua volontà e lo siano veramente fino all’ultimo.

Tu poi, o nobile vertice di perfetta purità, nobilissima assemblea della Chiesa, che attendi aiuto da Dio; tu in cui abita Dio, accogli da noi la dottrina della fede immune da errore; con essa si rafforzi la Chiesa, come ci fu trasmesso dai Padri.

Augustinus
04-12-03, 15:52
DEFINIZIONE

Il santo, grande e universale concilio, per grazia di Dio e per decreto dei pii e cristiani nostri imperatori Costantino ed Irene, sua madre, riunito per la seconda volta nella illustre metropoli di Nicea in Bitinia nella santa chiesa di Dio del titolo di Sofia, seguendo la tradizione della chiesa cattolica, definisce quanto segue.

Cristo, nostro Dio, ci fece dono della sua conoscenza e ci liberò dalle tenebre e dal furore degli idoli. E dopo aver fatta sua sposa la sua chiesa, senza macchia e senza ruga (1) promise di conservarla e confermò questa promessa dicendo ai suoi discepoli Io sono con voi ogni giorno, fino alla fine dei secoli (2). Ma questa promessa egli non la fece solo a loro ma anche a noi, che attraverso loro abbiamo creduto nel suo nome (3).

Alcuni, dunque, incuranti di questo dono, come se avessero ricevuto le ali dal nemico ingannatore, hanno deviato dalla retta ragione opponendosi alla tradizione della chiesa cattolica, non hanno più raggiunto la conoscenza della verità. E, come dice il proverbio, sono andati errando per i viottoli, del proprio campo e hanno riempito le loro mani di sterilità; hanno tentato, infatti, di screditare le immagini dei sacri monumenti dedicati a Dio; sacerdoti, certo, di nome, ma non nella sostanza. Di questi il Signore dice cosi nella profezia: Molti Pastori hanno devastato la mia vigna; hanno contaminato la mia parte (4), seguendo, infatti, uomini scellerati, e trascinati dalle loro passioni, hanno accusato la santa chiesa, sposata a Cristo Dio, e non distinguendo il sacro dal profano (5), hanno messo sullo stesso piano le immagini di Dio e dei suoi santi e le statue degli idoli diabolici.

Non potendo, quindi, il Signore Dio sopportare che i suoi sudditi venissero corrotti da una tale peste, ha convocato con la sua divina volontà, noi da ogni parte; noi, ossia i responsabili del sacerdozio, attraverso lo zelo religioso e l'invito di Costantino e di Irene, nostri fedelissimi imperatori: tutto ciò perché la divina tradizione della chiesa cattolica riuscisse rafforzata da un voto comune. Dopo ricerche, quindi, e discussioni diligentissime, con l'unico scopo di seguire la verità, noi né togliamo né aggiungiamo cosa alcuna; vogliamo solo conservare intatto tutto ciò che è (proprio) della chiesa cattolica. Seguendo, perciò, i santi sei concili ecumenici, e specialmente quello che fu tenuto nella nobile metropoli dei Niceni; ed inoltre quello celebrato dopo di esso nella città imperiale, cara a Dio:

Crediamo in un solo Dio... [segue il simbolo Niceno- Costantinopolitano].

Detestiamo e anatematizziamo Ario ed i suoi seguaci, e quelli che hanno in comune con lui la sua insana dottrina; cosi pure Macedonio ed i suoi, ben a ragion chiamati "pneumatomachi", cioè gente che combatte lo Spirito. Confessiamo anche la signora nostra, la santa Maria, come vera e propria madre di Dio: essa, infatti, ha partorito nella sua carne una persona della Trinità, Cristo, nostro Dio, come ha insegnato anche il primo concilio di Efeso, che scacciò dalla chiesa l'empio Nestorio, e quelli che ne seguono il pensiero, perché introducevano un dualismo di persone (in Cristo). Confessiamo inoltre anche le due nature di colui che si è incarnato per noi dall'immacolata madre di Dio e sempre vergine Maria, riconoscendo in lui un perfetto Dio e un perfetto uomo, come ha proclamato anche il concilio di Calcedonia, scacciando dalla chiesa Eutiche e Dioscoro, blasfemi. Accomuniamo ad essi Severo, Pietro, e il poliblasfemo loro codazzo, intrecciati l'uno all'altro. Con essi anatematizziamo le favolose invenzioni di Origene, di Evagrio, e di Didimo, come fece anche il quinto concilio riunito a Costantinopoli. Predichiamo, inoltre, in Cristo due volontà e due operazioni, secondo la proprietà delle nature, come solennemente dichiarò il sesto sinodo di Costantinopoli, sconfessando Sergio, Onorio, Ciro, Pirro, Macario, negatori della pietà, e i loro accoliti. In poche parole, noi intendiamo custodire gelosamente intatte tutte le tradizioni ecclesiastiche, sia scritte che orali. Una di queste, in accordo con la predicazione evangelica, è la pittura delle immagini, che giova senz'altro a confermare la vera e non fantastica incarnazione del Verbo di Dio, e ha una simile utilità per noi infatti, le cose, che hanno fra loro un rapporto di somiglianza, hanno anche senza dubbio un rapporto scambievole di significato.

In tal modo, procedendo sulla via regia, seguendo in tutto e per tutto l'ispirato insegnamento dei nostri santi padri e la tradizione della chiesa cattolica riconosciamo, infatti, che lo Spirito santo abita in essa noi definiamo con ogni accuratezza e diligenza che, a somiglianza della preziosa e vivificante Croce, le venerande e sante immagini sia dipinte che in mosaico, di qualsiasi altra materia adatta, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, nelle sacre suppellettili e nelle vesti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l'immagine del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella della immacolata Signora nostra, la santa madre di Dio, degli angeli degni di onore, di tutti i santi e pii uomini. Infatti, quanto più continuamente essi vengono visti nelle immagini, tanto più quelli che le vedono sono portati al ricordo e al desiderio di quelli che esse rappresentano e a tributare ad essi rispetto e venerazione. Non si tratta, certo, secondo la nostra fede, di un vero culto di latria, che è riservato solo alla natura divina, ma di un culto simile a quello che si rende alla immagine della preziosa e vivificante croce, ai santi evangeli e agli altri oggetti sacri, onorandoli con l'offerta di incenso e di lumi, com'era uso presso gli antichi. L'onore reso all'immagine, infatti, passa a colui che essa rappresenta; e chi adora l'immagine, adora la sostanza di chi in essa è riprodotto.

In tal modo si rafforza l'insegnamento dei nostri santi padri, ossia la tradizione della chiesa cattolica, che ha accolto il Vangelo da un confine all'altro della terra; in tal modo siamo seguaci di Paolo, del divino collegio apostolico, e della santità dei padri, tenendoci stretti alle tradizioni che abbiamo ricevuto (6); così possiamo cantare alla chiesa gli inni trionfali dei profeti: rallegrati molto, figlia di Sion, esulta figlia di Gerusalemme; godi e gioisci, con tutto il cuore; il Signore ha tolto di mezzo a te le iniquità dei tuoi avversari, sei stata liberata dalle mani dei tuoi nemici. Dio, il tuo re, è in in mezzo a te; non sarai più oppressa dal male (7), e la pace porrà in te la sua dimora in eterno.

Chi, perciò, oserà pensare o insegnare diversamente, o, conformemente agli empi eretici, o oserà impugnare le tradizioni ecclesiastiche, o inventare delle novità, o gettar via qualche cosa di ciò che è consacrato a Dio, nella chiesa, come il Vangelo, l'immagine della croce, immagini dipinte, o le sante reliquie dei martiri, o pensare con astuti raggiri di sovvertire qualcuna delle legittime tradizioni della chiesa cattolica; o anche di servirsi dei vasi sacri come di vasi comuni, o dei venerandi monasteri (come di luoghi profani), in questo caso, quelli che sono vescovi o chierici siano deposti, i monaci e i laici, vengano esclusi dalla comunione.

ANATEMI RIGUARDO ALLE SACRE IMMAGINI

Se qualcuno non ammette che Cristo, nostro Dio, possa esser limitato, secondo l'umanità, sia anatema.
Se qualcuno rifiuta che i racconti evangelici siano rappresentati con disegni, sia anatema.
Se qualcuno non saluta queste (immagini), (fatte) nel nome del Signore e dei suoi santi, sia anatema.
Se qualcuno rigetta ogni tradizione ecclesiastica, sia scritta che non scritta, sia anatema.


CANONI

I.

Bisogna osservare in tutto i sacri canoni.

Quelli che hanno avuto in sorte il sacerdozio, hanno il criterio costituito dalle testimonianze e dalle indicazioni delle prescrizioni canoniche. Noi le accettiamo con gioia, e cantiamo con Davide divinamente ispirato, dicendo a Dio: Mi sono dilettato dei tuoi comandamenti, come di ogni ricchezza (8). E hai emanato i tuoi comandamenti con giustizia in eterno; dammene l'intelligenza e vivrò (9). Se, dunque, la voce dei profeti ci comanda di osservare in eterno i comandamenti di Dio, e di vivere in essi (10), è chiaro che essi devono rimanere intatti e stabili. Anche Mosè, infatti, che vide Dio, dice cosi: In essi non vi è nulla da aggiungere e nulla da togliere (11). E il divino apostolo, gloriandosi in essi, grida: In essi gli angeli desiderano ardentemente di volgere lo sguardo (12); e: Se un angelo vi annunzia (qualche cosa) oltre quello che voi avete ricevuto, sia anatema (13).

Convinti di ciò ne facciamo professione e ce ne rallegriamo come uno si rallegra di abbondanti spoglie (14), gioiosamente accogliamo nel nostro cuore i divini canoni, e conserviamo integre e certe le loro prescrizioni, sia quelle emanate dai lodevolissimi apostoli, trombe dello Spirito, che quelle dei sei concili universali e dei concili locali, raccolti per esporre questi decreti, e dei nostri santi padri. Illuminati, infatti, da un solo e medesimo Spirito, stabilirono quanto era utile. Sicché quelli che essi hanno anatematizzato lo sono anche per noi; quelli deposti lo sono anche per noi; quelli giudicati degni di segregazione, lo sono anche per noi; quelli sottoposti a pene, lo sono anche per noi allo stesso modo. Il vostro modo di vivere non sia amante del denaro, ma contentatevi di quanto avete (15): cosi esclama con chiara voce il divino Paolo, colui che sali al terzo cielo e ascoltò parole ineffabili.

II.

Chi viene ordinato vescovo prometta di osservare i sacri canoni, altrimenti non deve essere ordinato.

Poiché cantando i salmi promettiamo a Dio: Mediterò i tuoi comandamenti; non dimenticherò le tue parole (16), è certamente salutare che ogni cristiano osservi tutto ciò; ma in modo particolare coloro che hanno conseguito la dignità sacerdotale. Stabiliamo, perciò, che chiunque sia promosso all'episcopato, debba conoscere a memoria il Salterio, sicché possa ammonire tutto il clero, che da lui dipende, a istruirsi allo stesso modo. Il metropolita indaghi diligentemente l'ordinando se egli legge volentieri, e non di corsa, ma con attenzione sia i sacri canoni e il santo Vangelo, sia il libro del divino apostolo, e tutta la sacra Scrittura; se si comporta secondo i divini precetti, e istruisce cosi il suo popolo. Le parole divine, ossia la vera conoscenza delle sacre Scritture, sono sostanza, infatti, del nostro sacerdozio, come afferma il grande Dionigi (17). Che se egli non fosse d'accordo, e non fosse disposto a comportarsi e ad insegnare cosi, non sia ordinato. Dice, infatti, Dio per mezzo dei profeti: Tu hai respinto la scienza, io respingerò te, perché tu non sia mio sacerdote (18).

III.

I principi non devono eleggere un vescovo

Ogni elezione di un vescovo, di un sacerdote, di un diacono, fatta dai principi secolari è invalida, secondo il canone: "Se un vescovo con l'appoggio dell'autorità secolare ha ottenuto una chiesa sia deposto e siano segregati tutti quelli che comunicano con lui" (19). Bisogna, infatti, che chi dev'essere promosso all'episcopato, sia eletto da vescovi, com'è stato stabilito dai santi padri di Nicea, nel canone: "E’ sommamente conveniente che il vescovo sia eletto da tutti i vescovi della provincia; se ciò fosse difficile per una urgente necessità o per le distanze, almeno tre, raccoltisi nello stesso luogo, non senza che i vescovi assenti abbiano dato il loro parere per iscritto, facciano l'ordinazione. La conferma di quanto è stato compiuto è riservata, in ciascuna provincia, al metropolita" (20).

IV.

I vescovi si devono astenere da ogni baratto.

Il banditore della verità, il divino apostolo Paolo, stabilendo quasi una norma per i presbiteri di Efeso, o meglio, per tutto il clero, dice con estrema libertà: io non ho desiderato né l'argento, né l'oro, né la veste di nessuno. Vi ho mostrato in ogni maniera che cosi, lavorando, bisogna aiutare i deboli, stimando più felice il dare (21).

Anche noi, quindi, istruiti da lui, stabiliamo che in nessun modo per turpe lucro un vescovo adducendo scuse ai suoi peccati (22) possa chiedere oro, argento, o altra cosa, ai vescovi, ai chierici, o ai monaci che sono sotto di lui. Dice, infatti, l'apostolo: Gli ingiusti non avranno in sorte il regno di Dio (23) e: I figli non devono accumulare per i genitori, sono piuttosto questi che devono metter da parte per i figli (24).

Se, perciò, qualcuno, volendo denaro o qualsiasi altra cosa, o per innata passione allontanasse o escludesse qualcuno dei suoi chierici dal suo ministero, o chiudesse il tempio venerando, cosi che non potesse più tenersi in esso il divino servizio, spingendo la sua pazzia a cose insensate, poiché si mostra davvero insensato, sarà soggetto a pena analoga, che ricadrà sul sito stesso capo (25) poiché si rende trasgressore di un precetto di Dio e delle prescrizioni apostoliche. Comanda, infatti, anche Pietro, il principale tra gli apostoli: Pascete il gregge di Dio, che è in mezzo a voi, non forzatamente, ma volentieri, conforme alla volontà di Dio, non per volgare desiderio di guadagno, ma con zelo, non come chi vuole signoreggiare il clero, ma trasformandosi in modelli del gregge,e quando apparirà il Pastore dei pastori, riceverete la corona di gloria che non marcisce (26).

V.

Chi schernisce i chierici ordinati senza donativi sia punito.

Il peccato conduce alla morte (27) quando qualcuno, dopo aver peccato, non si corregge. Peggio ancora, se qualcuno si erge arrogantemente contro la pietà e la verità, amando mammona più dell'obbedienza a Dio, e non tenendo in nessun conto i suoi precetti canonici. In loro non abita il Signore Dio (28), a meno che, umiliati per il proprio errore, non si correggano: bisogna, infatti che essi si avvicinino maggiormente a Dio, e con cuore contrito gli chiedano la remissione di questo peccato e la sua indulgenza, piuttosto che vantarsi di donativi illeciti: poiché Dio è vicino a quelli che sono contriti di cuore (29).

Quelli dunque che si gloriano di essere stati ordinati per una chiesa per mezzo del denaro e pongono le loro speranze in questa loro prava consuetudine, che aliena da Dio e da ogni sacerdozio, e che, per di più, impudentemente e sfacciatamente hanno espressioni offensive contro chi per la propria vita virtuosa è stato scelto e costituito (nel sacerdozio) dallo Spirito santo senza denaro; quelli, dunque, che fanno ciò, prima siano posti all'ultimo gradino del loro ordine; se poi insistessero, siano assoggettati alle pene ecclesiastiche.

Se poi nell'ordinazione si venisse a sapere che qualcuno in passato avesse fatto ciò, si agisca secondo il canone apostolico, che dice: "Se un vescovo, un presbitero o un diacono, hanno ottenuto la loro dignità col denaro, siano deposti, loro e chi li ha ordinati, e siano in ogni modo privati della comunione, come Simon mago da me Pietro" (30). Ciò anche conformemente al secondo canone dei nostri santi padri di Calcedonia, che dice: "Se un vescovo facesse una sacra ordinazione per denaro, e riducesse ad una vendita quella grazia che per sua natura non si può vendere, e consacrasse per denaro un vescovo, un corepiscopo, un presbitero, un diacono, o un qualsiasi altro membro del clero; o, sempre per denaro, nominasse un amministratore, o un pubblico difensore, o una guardia, o, insomma, uno qualsiasi del clero, per vile guadagno; chi, dunque, avrà realmente fatto ciò, metterà in serio pericolo il suo posto. Colui poi che è stato consacrato, non dovrà ricavare nessun utile da una consacrazione fatta per commercio e dalla sua promozione; sia considerato, invece, estraneo alla sua dignità e all'ufficio, che ha ottenuto col denaro. Se poi si venga a sapere che qualcuno ha fatto da mediatore in cosi vergognosi e illeciti guadagni, anche costui, se fosse un chierico decada dalla propria dignità, se fosse un laico o monaco, sia scomunicato" (31).

VI.

Che ogni anno si celebri il sinodo locale.

Vi è un canone che dice: "Due volte all'anno bisogna riunire i vescovi di ogni provincia per discutere i problemi" (32). Però per il disagio, o perché i vescovi che devono riunirsi sono sempre in difficoltà quando devono mettersi in cammino, i santi padri del sesto sinodo hanno stabilito che "assolutamente e senza scuse si tenessero almeno una volta all'anno, per riformare ciò che ne ha bisogno" (33). Questo canone lo riconfermiamo anche noi; se poi vi sarà qualche autorità (civile) che intenda impedire ciò, sia privata della comunione; e se un metropolita, senza necessità, né impedimenti, né plausibili motivi, trascurasse di mettere in pratica questa prescrizione, sia assoggettato alle pene canoniche.

Quando poi il Sinodo tratta le questioni riguardanti i sacri canoni e gli Evangeli, i vescovi riuniti devono avere la massima cura di osservare i divini e vivificanti comandamenti di Dio: Nell'osservarli, infatti, è posta una grande ricompensa (34); perché il comandamento è una lucerna, e la legge una luce, e la correzione e la disciplina è la via della vita (35): il comandamento di Dio è luminoso e illumina gli occh (36). Il metropolita non ha il diritto di esigere qualche cosa di quelle che un vescovo avesse portato con sé, sia essa un giumento o altro. Se sarà provato che l'ha fatto, restituirà quattro volte tanto.

VII.

Bisogna completare le nuove chiese, consacrate senza le reliquie dei santi.

Dice il divino apostolo Paolo: I peccati di alcuni uomini si manifestano prima, quelli di altri dopo (37). Quindi ai peccati precedenti, seguiranno altri peccati. Per questo, all'empia eresia dei calunniatori dei cristiani, sono seguite altre empietà. Come infatti hanno tolto dalla chiesa la vista delle venerande immagini, cosi hanno abbandonato anche altre consuetudini, che bisogna ripristinare secondo la legislazione sia scritta, che solo tramandata.

Comandiamo che nelle chiese che sono state consacrate senza le reliquie dei santi martiri, venga fatta la deposizione delle reliquie, naturalmente con la consueta preghiera. Da oggi in poi un vescovo che consacrasse una chiesa senza reliquie, sia deposto per aver trasgredito le tradizioni ecclesiastiche.

VIII.

Non bisogna accogliere gli Ebrei che non si convertono sinceramente.

Poiché quelli che appartengono alla religione ebraica, errando, credono di potersi far beffe di Cristo Dio, fingendo di vivere da cristiani, e invece lo negano, celebrando di nascosto i loro sabati e seguendo altre pratiche giudaiche, disponiamo che costoro non debbano essere ammessi né alla comunione, né alla preghiera, né in chiesa. Siano apertamente Ebrei, secondo la loro religione! Stabiliamo anche che non si devono battezzare i loro figli, e che essi non possono acquistare né possedere servi. Se qualcuno di loro però, si convertirà con fede e con cuore sincero, e crederà con tutto il suo cuore, abbandonando i loro costumi e le loro azioni affinché anche altri possano essere ripresi e corretti, egli e i suoi figli potranno essere accolti, battezzati e aiutati perché si astengano dalle superstizioni ebraiche; altrimenti non siano ammessi.

IX.

Non si nasconda alcun libro dell'eresia che calunnia i cristiani.

Tutti i giuochi da bambini, sciocchi baccanali e falsi scritti, composti contro le sacre immagini, devono essere consegnati all'episcopio di Costantinopoli, perché siano sequestrati con gli altri libri eretici. Se si scoprirà che qualcuno li avrà nascosti, sia deposto, se vescovo, sacerdote o diacono; se laico o monaco, sia anatematizzato.

X.

Un chierico non deve lasciare la propria Parrocchia per un'altra, all'insaputa del vescovo.

Poiché alcuni chierici, eludendo le disposizioni canoniche, lasciano la loro parrocchia e corrono ad altre, specie in questa imperiale città cara a Dio e stanno presso i potenti, officiando le loro cappelle, essi senza il permesso del loro vescovo e di quello di Costantinopoli non devono essere accolti in nessuna casa o chiesa. Se qualcuno farà ciò, qualora perseverasse, sia deposto.

Quelli che col consenso dei suddetti vescovi fanno ciò non possono però occuparsi di affari mondani o secolari, lo proibiscono i sacri canoni. E se qualcuno avesse accettato le funzioni di maggiordomo la smetta o sarà deposto. Molto meglio sarebbe che costui istruisse i fanciulli e i domestici, leggendo loro le sacre Scritture: per questo, infatti, è stato fatto sacerdote.

XI.

Negli episcopi e nei monasteri debbono esservi degli amministratori.

Obbligati ad osservare tutti i sacri canoni, dobbiamo conservare immutato anche quello per cui vi deve essere in ogni chiesa un amministratore. Se, quindi, ogni metropolita costituisce questo economo nella sua chiesa, bene, altrimenti il vescovo di Costantinopoli ha il potere di imporre d'autorità a tale chiesa l'economo. Lo stesso possono fare i metropoliti nei riguardi dei vescovi loro sottoposti. La stessa norma deve essere osservata anche nei monasteri.

XII.

Il vescovo e l'abate non devono alienare i fondi della chiesa.

Se un vescovo o un abate dà una parte dei beni del vescovado o del monastero alle autorità o a qualche altra persona, la donazione è nulla, secondo il canone dei santi apostoli, che dice: "Il vescovo abbia cura di tutti i beni ecclesiastici, e li amministri come se Dio lo vedesse. Non gli è permesso appropriarsene o donare ai propri parenti le cose di Dio. Se essi sono poveri, provveda ad essi come poveri; ma non avvenga che, con la scusa di essi, venda i beni della chiesa" (38).

Se poi adducesse la scusa che la proprietà non dà alcun frutto, neppure in questo caso può darla ai signori temporali, ma solo a dei chierici o a dei contadini. Se poi il signore, con riprovevole astuzia comprasse la proprietà dal contadino o dal chierico, neppure cosi l'acquisto sarà valido e dovrà essere restituito al vescovado o al monastero. Il vescovo o l'abate che hanno operato in questo modo siano cacciati, hanno dissipato, infatti, quanto non avevano raccolto.

XIII.

Sono degni di condanna quelli che riducono i monasteri a comuni abitazioni.

Durante la calamità che ha colpito le nostre chiese a causa dei nostri peccati, alcuni episcopi e monasteri sono stati ridotti a comuni abitazioni di proprietà privata. Se i possessori credono di restituirle, perché siano riportate alla loro destinazione originaria, ottimamente!; in caso contrario, essi appartengono al clero, siano deposti; se sono monaci o laici, siano scomunicati: sono, infatti, già condannati dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito santo; e siano destinati là dove il verme non muore, e il fuoco non si spegne (39), perché si oppongono alla voce del Signore: Non trasformate la casa del Padre mio in un mercato (40).

XIV.

Senza imposizione delle mani non si può leggere dall'ambone nelle liturgie.

L'ordine deve regnare nelle cose sacre e pertanto si osservino con diligenza i vari livelli del sacerdozio.

Dato che alcuni, che fin da bambini hanno ricevuto la tonsura clericale, senza altra ordinazione da parte del vescovo, leggono dall'ambone nelle adunanze liturgiche, contro i sacri canoni, ordiniamo che da questo momento ciò non sia più consentito, neppure ai monaci.

Tuttavia ciascun superiore di un monastero potrà creare un lettore nell'ambito del proprio monastero, se però egli stesso ha ricevuto l'imposizione dal vescovo ed è sicuramente prete. Ugualmente bisogna che i corepiscopi, secondo l'antica consuetudine, promuovano i lettori solo per comando del vescovo.

XV.

Un chierico non dev'essere addetto a due chiese.

D'ora in poi, un chierico non potrà essere addetto a due chiese: ciò, infatti, è proprio di chi desidera far commercio e turpe guadagno, ed è alieno dalle consuetudini ecclesiastiche. Abbiamo ascoltato, infatti, dalla stessa voce del Signore che uno non può servire due padroni,- o odierà uno e amerà l'altro, ovvero sarà favorevole all'uno, disprezzando l'altro (41). Quindi ognuno, conforme alla voce dell'apostolo: in ciò a cui fu chiamato, in questo rimanga (42), deve servire in una sola chiesa: quanto, infatti, nelle cose ecclesiastiche viene fatto per turpe guadagno è alieno da Dio. Per le necessità della vita, vi sono molte occupazioni: da queste, se uno vuole, si procuri ciò che è necessario alla vita. Dice, infatti, l'apostolo: Alle mie necessità e a quelle di coloro che sono con me, hanno provveduto queste mani (43).

Queste disposizioni valgono per questa città, che Dio ha in custodia. Per gli altri luoghi, considerata la penuria di soggetti, si sia più indulgenti.

XVI.

Un sacerdote non deve indossare vesti preziose.

I raffinati ornamenti del corpo sono estranei allo stato sacerdotale, perciò i vescovi e i chierici che si ornano con vesti lussuose e appariscenti, devono smetterla, altrimenti siano puniti. Ugualmente si dica di quelli che usano profumi.

Poiché la radice velenosa (44), lussureggiando ha contaminato la chiesa cattolica - intendiamo l'eresia di quelli che diffamano i cristiani - e quelli che l'hanno fatta propria non solo hanno in abominazione immagini dipinte, ma hanno rinunziato ad ogni segno di riverenza e detestano quelli che vogliono vivere religiosamente e piamente (e si avvera in essi ciò che è scritto: La Pietà à abominazione per il peccatore) (45); dunque, quelli che deridono chi indossa vesti semplici e sacre, siano puniti. Fin dai tempi antichi, i preti usarono vesti modeste e umili, perché tutto ciò che si usa non per necessità, ma per eleganza, non sfugge all'accusa di "frivolezza", come afferma Basilio Magno (46). Allora non si usava neppure una veste di seta variopinta, né si ornavano i bordi dei vestiti con aggiunte di vario colore, attenti a ciò che Dio stesso aveva detto: quelli che sono vestiti mollemente, stanno nei Palazzi dei re (47).

XVII.

Non deve costruire un oratorio chi non avesse i mezzi Per condurlo a termine.

Alcuni monaci, smaniosi di comandare e senza alcuna voglia di obbedire, lasciano i loro monasteri e cominciano a costruire degli oratori, senza avere i mezzi per condurli a termine. Se qualcuno, quindi, tentasse di fare ciò, gli sia impedito dal vescovo del luogo; se però ha il necessario per terminare la costruzione, gli si lasci fare quanto ha in animo. La stessa norma vale per i laici e i chierici.

XVIII.

Le donne non dimorino negli episcopi o nei monasteri maschili.

Siate irreprensibili, anche con gli estranei, dice il divino apostolo (48). Che le donne dimorino negli episcopi o nei monasteri è causa di scandalo. Se perciò un vescovo o un abate hanno acquistato una serva o una libera per un qualsiasi servizio nell'episcopio o nel monastero, questi sia ripreso. Se persevera, sia deposto. Se poi le donne fossero nelle proprietà di campagna e il vescovo o l'abate volessero recarsi là, in quella circostanza non sia assolutamente permesso ad una donna di compiere il suo servizio presente il vescovo o l'abate, ma se ne stia in luogo appartato, finché se ne siano andati, perché non vi sia nulla da dire.

XIX.

Che le professioni dei sacerdoti, Monaci e monache debbano farsi senza doni.

Taluni rettori di chiese, anche alcuni che sono ritenuti pii, uomini e donne, dimenticando i comandamenti di Dio sono accecati dall'avidità al punto da ammettere sia al sacerdozio che allo stato di monaco per denaro. E quelli che hanno male incominciato, proseguono peggio, secondo l'espressione di Basilio Magno (49). Non si può servire Dio, infatti, per mezzo di mammona (50). Perciò se un vescovo o un abate o qualsiasi altro del ceto sacerdotale agsce cosi o cessi o sia deposto, in conformità del canone secondo del sacro concilio di Calcedonia. In caso poi che si tratti di una badessa sia cacciata dal monastero e sia relegata in un altro monastero, sottoposta ad altri. Cosi vengano trattati anche gli abati, che non sono sacerdoti.

Per ciò che i genitori danno come dote ai figli che entrano in monastero o per quanto essi portano, dichiarando di consacrarlo a Dio, stabiliamo che tali beni restino nel monastero, secondo la promessa fatta, sia che essi rimangano sia che se ne vadano, a meno che non vi sia colpa del superiore del monastero.

XX.

Non devono Più costituirsi monasteri doppi.

Stabiliamo che d'ora in poi non possano più fondarsi monasteri misti; ciò, infatti, si risolve per molti in scandalo e disorientamento. Se vi sono dei congiunti che intendono rinunziare insieme al mondo per la vita monastica, gli uomini devono andare in un monastero maschile, le donne in uno femminile, perché cosi piace a Dio.

I monasteri per uomini e donne esistenti, si attengano fedelmente alla regola del nostro santo padre Basilio (51), e si conformino alle sue disposizioni. Non vivano in uno stesso monastero monaci e monache, perché l'adulterio suole accompagnare la coabitazione. Il monaco e la monaca non abbiano possibilità parlarsi a tu per tu. Un monaco non dorma presso il monastero delle monache, e non si trattenga a mangiare da solo con una monaca. E quando da parte maschile devono esser fatti pervenire alle monache i generi necessari alla vita, questi siano presi in consegna dalla badessa del monastero delle donne fuori della porta, alla presenza di una monaca anziana. Anche nel caso che un monaco volesse vedere una sua parente, parli con lei alla presenza della badessa, con poche e brevi parole, e subito si ritiri.

XXI.

I monaci non devono lasciare i propri monasteri per recarsi in altri.

Un monaco o una monaca non devono lasciare il proprio monastero per recarsi in un altro. Se ciò avvenisse si deve ospitarli, ma non accoglierli stabilmente, senza il consenso del loro superiore.

XXII.

I monaci, se mangiano con donne, lo facciano con riconoscenza (a Dio), con moderatione e con cautela.

E’ gran cosa offrire tutto a Dio e non servire ai propri desideri. Sia, infatti, che mangiate, sia che beviate, dice il divino apostolo, fate ogni cosa a gloria di Dio (52). Cristo, nostro Dio, ci ha comandato nei suoi Evangeli di recidere gli inizi dei peccati: non solo ha proibito l'adulterio, ma ha condannato anche il moto del pensiero che tende all'adulterio. Dice, infatti, il Signore: Chi guarda una donna desiderandola, nel suo cuore ha già commesso adulterio con essa (53).

Ammaestrati da ciò, dobbiamo purificare i nostri pensieri: poiché se tutto è lecito, non tutto però è conveniente (54), come insegna la voce dell'Apostolo. E’ necessario, che ognuno mangi per vivere. Quelli che vivono nel matrimonio, hanno figli, e sono laici vivono insieme tra uomini e donne senza dare adito a critiche. Basta che ringrazino chi dà loro il cibo e non con spettacoli teatrali, con canti satanici, con chitarre e movimenti flessuosi delle membra degni di meretrici; questi saranno colpiti dalla maledizione del profeta: Guai a quelli che bevono il vino con suoni e canti, e non badano alle opere del Signore, né comprendono le opere delle sue mani (55). Se tra i cristiani vi è chi si comporta cosi, si corregga, altrimenti siano applicate loro le norme tradizionali.

Quelli, invece, che conducono una vita modesta e solitaria, perché hanno promesso al Signore di prendere su di sé un giogo singolare, questi se ne stiano fermi e in silenzio (56). Ma neppure a coloro che hanno scelto la vita ecclesiastica, è assolutamente lecito mangiare da soli con le donne; a meno che non sia presente qualcuno, pio e timorato di Dio, o qualche donna, di modo che lo stesso mangiare giovi al progresso spirituale. Identica norma si osservi con i parenti. Se però capita che in viaggio un monaco o un chierico non abbiano portato il necessario e, quindi deve alloggiare in un albergo o in casa di qualcuno, costui è libero di farlo, perché spinto dalla necessità.

Note

(1) Ef 5, 27
(2) Mt 28, 20
(3) Cfr. Gv 17, 20
(4) Ger 12, 10
(5) Ez 22, 26
(6) Cfr II Ts 2, 15
(7) Sof 3, 14-15
(8) Sal 118, 14
(9) Sal 118, 138 e 144
(10) Sal 118, 88
(11) Dt 12, 32
(12) I Pt 1, 12
(13) Gal 1, 9
(14) Cfr Sal 118, 162
(15) II Cor 12, 2-3
(16) Sal 118, 16
(17) DIONIGI AEROPAGITA, hierarchia coelestis, 1, 4 (PG 3, 389)
(18) Os 4, 6
(19) Canoni degli apostoli, 30
(20) Concilio di Nicea, c. 4
(21) At 20, 33 e 35
(22) Sal 140, 4
(23) I Cor 6, 9
(24) II Cor 12,14
(25) Sal 7, 17
(26) I Pt 5, 2-4
(27) Cfr I Gv 5, 16-17
(28) Cfr Nm 16,3
(29) Sal 33,19
(30) Canoni degli apostoli, 29
(31) Concilio di Calcedonia c. 2
(32) Concilio di Nicea, c. 5; Concilio di Calcedonia, c. 19
(33) In realtà si tratta del C. 8 del concilio quininsesto o Trullano (692)
(34) Sal 18, 12
(35) Pr 6, 23
(36) Sal 18, 9
(37) I Tm 5, 24
(38) Canoni degli apostoli, 38
(39) Mc 9, 47
(40) Gv 2, 16
(41) Mt 6, 24
(42) I Cor 7, 20
(43) At 20, 34
(44) Cfr Dt 29, 17; Eb 12, 15
(45) Sir 1, 32
(46) reg. fus.22 (PG 31, 977)
(47) Mt 11, 8.
(48) Cfr I cor 10, 32; col 4,5; I Ts 4, 12.
(49) De ieiunio hominis, II (PG 31,192)
(50) Cfr Mt 6, 24
(51) Reg. fus., 33 (PG31,997)
(52) I Cor 10, 31
(53) Mt 5, 28
(54) I cor 6, 12; 10, 23
(55) Is 5, 11-12
(56) Cfr. Lam 3, 27-28

Augustinus
03-12-07, 15:26
St. John Damascene

Born at Damascus, about 676; died some time between 754 and 787. The only extant life of the saint is that by John, Patriarch of Jerusalem, which dates from the tenth century (P.G. XCIV, 429-90). This life is the single source from which have been drawn the materials of all his biographical notices. It is extremely unsatisfactory from the standpoint of historical criticism. An exasperating lack of detail, a pronounced legendary tendency, and a turgid style are its chief characteristics. Mansur was probably the name of John's father. What little is known of him indicates that he was a sterling Christian whose infidel environment made no impression on his religious fervour. Apparently his adhesion to Christian truth constituted no offence in the eyes of his Saracen countrymen, for he seems to have enjoyed their esteem in an eminent degree, and discharged the duties of chief financial officer for the caliph, Abdul Malek. The author of the life records the names of but two of his children, John and his half-brother Cosmas. When the future apologist had reached the age of twenty-three his father cast about for a Christian tutor capable of giving his sons the best education the age afforded. In this he was singularly fortunate. Standing one day in the market-place he discovered among the captives taken in a recent raid on the shores of Italy a Sicilian monk named Cosmas. Investigation proved him to be a man of deep and broad erudition. Through the influence of the caliph, Mansur secured the captive's liberty and appointed him tutor to his sons. Under the tutelage of Cosmas, John made such rapid progress that, in the enthusiastic language of his biographer, he soon equalled Diophantus in algebra and Euclid in geometry. Equal progress was made in music, astronomy, and theology.

On the death of his father, John Damascene was made protosymbulus, or chief councillor, of Damascus. It was during his incumbency of this office that the Church in the East began to be agitated by the first mutterings of the Iconoclast heresy. In 726, despite the protests of Germanus, Patriarch of Constantinople, Leo the Isaurian issued his first edict against the veneration of images. From his secure refuge in the caliph's court, John Damascene immediately entered the lists against him, in defence of this ancient usage of the Christians. Not only did he himself oppose the Byzantine monarch, but he also stirred the people to resistance. In 730 the Isaurian issued a second edict, in which he not only forbade the veneration of images, but even inhibited their exhibition in public places. To this royal decree the Damascene replied with even greater vigour than before, and by the adoption of a simpler style brought the Christian side of the controversy within the grasp of the common people. A third letter emphasized what he had already said and warned the emperor to beware of the consequences of this unlawful action. Naturally, these powerful apologies aroused the anger of the Byzantine emperor. Unable to reach the writer with physical force, he sought to encompass his destruction by strategy. Having secured an autograph letter written by John Damascene, he forged a letter, exactly similar in chirography, purporting to have been written by John to the Isaurian, and offering to betray into his hands the city of Damascus. The letter he sent to the caliph. Notwithstanding his councillor's earnest avowal of innocence, the latter accepted it as genuine and ordered that the hand that wrote it be severed at the wrist. The sentence was executed, but, according to his biographer, through the intervention of the Blessed Virgin, the amputated hand was miraculously restored.

The caliph, now convinced of John's innocence, would fain have reinstated him in his former office, but the Damascene had heard a call to a higher life, and with his foster-brother entered the monastery of St. Sabas, some eighteen miles south-east of Jerusalem. After the usual probation, John V, Patriarch of Jerusalem, conferred on him the office of the priesthood. In 754 the pseudo-Synod of Constantinople, convened at the command of Constantine Copronymus, the successor of Leo, confirmed the principles of the Iconoclasts and anathematized by name those who had conspicuously opposed them. But the largest measure of the council's spleen was reserved for John of Damascus. He was called a "cursed favourer of Saracens", a "traitorous worshipper of images", a "wronger of Jesus Christ", a "teacher of impiety", and a "bad interpreter of the Scriptures". At the emperor's command his name was written "Manzer" (Manzeros, a bastard). But the Seventh General Council of Nicea (787) made ample amends for the insults of his enemies, and Theophanes, writing in 813, tells us that he was surnamed Chrysorrhoas (golden stream) by his friends on account of his oratorical gifts. In the pontificate of Leo XIII he was enrolled among the doctors of the Church. His feast is celebrated on 27 March.

John of Damascus was the last of the Greek Fathers. His genius was not for original theological development, but for compilation of an encyclopedic character. In fact, the state of full development to which theological thought had been brought by the great Greek writers and councils left him little else than the work of an encyclopedist; and this work he performed in such manner as to merit the gratitude of all succeeding ages. Some consider him the precursor of the Scholastics, whilst others regard him as the first Scholastic, and his "De fide orthodoxa" as the first work of Scholasticism. The Arabians too, owe not a little of the fame of their philosophy to his inspiration. The most important and best known of all his works is that to which the author himself gave the name of "Fountain of Wisdom" (pege gnoseos). This work has always been held in the highest esteem in both the Catholic and Greek Churches. Its merit is not that of originality, for the author asserts, at the end of the second chapter of the "Dialectic", that it is not his purpose to set forth his own views, but rather to collate and epitomize in a single work the opinions of the great ecclesiastical writers who have gone before him. A special interest attaches to it for the reason that it is the first attempt at a summa theologica that has come down to us.

The "Fountain of Wisdom" is divided into three parts, namely, "Philosophical Chapters" (Kephalaia philosophika), "Concerning Heresy" (peri aipeseon), and "An Exact Exposition of the Orthodox Faith" (Ikdosis akribes tes orthodoxou pisteos). The title of the first book is somewhat too comprehensive for its contents and consequently is more commonly called "Dialectic". With the exception of the fifteen chapters that deal exclusively with logic, it has mostly to do with the ontology of Aristotle. It is largely a summary of the Categories of Aristotle with Porphyry's "Isagoge" (Eisagoge eis tas kategorias). It seems to have been John Damascene's purpose to give his readers only such philosophical knowledge as was necessary for understanding the subsequent parts of the "Fountain of Wisdom". For more than one reason the "Dialectic" is a work of unusual interest. In the first place, it is a record of the technical terminology used by the Greek Fathers, not only against the heretics, but also in the exposition of the Faith for the benefit of Christians. It is interesting, too, for the reason that it is a partial exposition of the "Organon", and the application of its methods to Catholic theology a century before the first Arabic translation of Aristotle made its appearance. The second part, "Concerning Heresy", is little more than a copy of a similar work by Epiphanius, brought up to date by John Damascene. The author indeed expressly disclaims originality except in the chapters devoted to Islamism, Iconoclasm, and Aposchitae. To the list of eighty heresies that constitute the "Panarion" of Epiphanius, he added twenty heresies that had sprung up since his time. In treating of Islamism he vigorously assails the immoral practices of Mohammed and the corrupt teachings inserted in the Koran to legalize the delinquencies of the prophet. Like Epiphanius, he brings the work to a close with a fervent profession of Faith. John's authorship of this book has been challenged, for the reason that the writer, in treating of Arianism, speaks of Arius, who died four centuries before the time of Damascene, as still living and working spiritual ruin among his people. The solution of the difficulty is to be found in the fact that John of Damascene did not epitomize the contents of the "Panarion", but copied it verbatim. Hence the passage referred to is in the exact words of Epiphanius himself, who was a contemporary of Arius.

"Concerning the Orthodox Faith", the third book of the "Fountain of Wisdom", is the most important of John Damascene's writings and one of the most notable works of Christian antiquity. Its authority has always been great among the theologians of the East and West. Here, again, the author modestly disavows any claim of originality -- any purpose to essay a new exposition of doctrinal truth. He assigns himself the less pretentious task of collecting in a single work the opinions of the ancient writers scattered through many volumes, and of systematizing and connecting them in a logical whole. It is no small credit to John of Damascus that he was able to give to the Church in the eighth century its first summary of connected theological opinions. At the command of Eugenius III it was rendered into Latin by Burgundio of Pisa, in 1150, shortly before Peter Lombard's "Book of Sentences" appeared. This translation was used by Peter Lombard and St. Thomas Aquinas, as well as by other theologians, till the Humanists rejected it for a more elegant one. The author follows the same order as does Theodoret of Cyrus in his "Epitome of Christian Doctrine". But, while he imitates the general plan of Theodoret, he does not make use of his method. He quotes, not only form the pages of Holy Writ, but also from the writings of the Fathers. As a result, his work is an inexhaustible thesaurus of tradition which became the standard for the great Scholastics who followed. In particular, he draws generously from Gregory of Nazianzus, whose works he seems to have absorbed, from Basil, Gregory of Nyssa, Cyril of Alexandria, Leo the Great, Athanasius, John Chrysostum, and Epiphanius. The work is divided into four books. This division, however, is an arbitrary one neither contemplated by the author nor justified by the Greek manuscript. It is probably the work of a Latin translator seeking to accommodate it to the style of the four books of Lombard's "Sentences".

The first book of "The Orthodox Faith" treats of the essence and existence of God, the Divine nature, and the Trinity. As evidence of the existence of God he cites the concurrence of opinion among those enlightened by Revelation and those who have only the light of reason to guide them. To the same end he employs the argument drawn from the mutability of created things and that from design. Treating, in the second book, of the physical world, he summarizes all the views of his times, without, however, committing himself to any of them. In the same treatise he discloses a comprehensive knowledge of the astronomy of his day. Here, also, place is given to the consideration of the nature of angels and demons, the terrestrial paradise, the properties of human nature, the foreknowledge of God, and predestination. Treating of man (c.xxvii), he gives what has been aptly called a "psychology in nuce". Contrary to the teachings of Plotinus, the master of Porphyry, he identifies mind and soul. In the third book the personality and two-fold nature of Christ are discussed with great ability. This leads up to the consideration of the Monophysite heresy. In this connexion he deals with Peter the Fuller's addition to the "Trisagion", and combats Anastasius's interpretation of this ancient hymn. The latter, who was Abbot of the monastery of St. Euthymius in Palestine, referred the "Trisagion" only to the Second Person of the Trinity. In his letter "Concerning the Trisagion" John Damascene contends that the hymn applies not to the Son alone, but to each Person of the Blessed Trinity. This book also contains a spirited defence of the Blessed Virgin's claim to the title of "Theotokos." Nestorius is vigorously dealt with for trying to substitute the title of "Mother of Christ" for "Mother of God". The Scriptures are discussed in the fourth book. In assigning twenty-two books to the Old Testament canon he is treating of the Hebrew, and not the Christian, Canon, as he finds it in a work of Epiphanius, "De ponderibus et mensuris". His treatment in this book of the Real Presence is especially satisfactory. The nineteenth chapter contains a powerful plea for the veneration of images.

The treatise, "Against the Jacobites", was written at the request of Peter, Metropolitan of Damascus, who imposed on him the task of reconciling to the Faith the Jacobite bishop. It is a strong polemic against the Jacobites, as the Monophysites in Syria were called. He also wrote against the Manicheans and Monothelites. The "Booklet Concerning Right Judgment" is little more than a profession of Faith, confirmed by arguments setting forth the mysteries of the Faith, especially the Trinity and the Incarnation. Though John of Damascus wrote voluminously on the Scriptures, as in the case of so much of his writing, his work bears little of the stamp of originality. His "Select Passages" (Loci Selecti), as he himself admits, are taken largely from the homilies of St. John Chrysostom and appended as commentaries to texts from the Epistles of St. Paul. The commentary on the Epistles to the Ephesians, Philippians, Colossians, and Thessalonians is taken from Cyril of Alexandria. The "Sacred Parallels" (Sacra parallela) is a kind of topical concordance, treating principally of God, man, virtues, and vices.

Under the general title of "Homilies" he wrote fourteen discourses. The sermon on the Transfiguration, which Lequien asserts was delivered in the church on Mt. Tabor, is of more than usual excellence. It is characterized by dramatic eloquence, vivid description, and a wealth of imagery. In it he discourses on his favorite topic, the twofold nature of Christ, quotes the classic text of Scripture in testimony of the primacy of Peter, and witnesses the Catholic doctrine of sacramental Penance. In his sermon on Holy Saturday he descants on the Easter duty and on the Real Presence. The Annunciation is the text of a sermon, now extant only in a Latin version of an Arabic text, in which he attributes various blessings to the intercession of the Blessed Virgin. The second of his three sermons on the Assumption is especially notable for its detailed account of the translation of the body of the Blessed Virgin into heaven, an account, he avers, that is based on the most reliable and ancient tradition. Both Liddledale and Neale regard John of Damascus as the prince of Greek hymnodists. His hymns are contained in the "Carmina" of the Lequien edition. The "canons" on the Nativity, Epiphany, and Pentecost are written in iambic trimeters. Three of his hymns have become widely known and admired in their English version -- "Those eternal bowers", "Come ye faithful raise the strain", and "Tis the Day of Resurrection". The most famous of the "canons" is that on Easter. It is a song of triumph and thanksgiving -- the "Te Deum" of the Greek Church. It is a traditional opinion, lately controverted, that John Damascene composed the "Octoëchos", which contains the liturgical hymns used by the Greek Church in its Sunday services. Gerbet, in his "History of Sacred Music", credits him with doing for the East what Gregory the Great accomplished for the West -- substitution of notes and other musical characters for the letters of the alphabet to indicate musical quantities. It is certain he adapted choral music to the purposes of the Liturgy.

Among the several works that are dubiously attributed to John Damascene the most important is the romance entitled "Barlaam and Josaphat". Throughout the Middle Ages it enjoyed the widest popularity in all languages. It is not regarded as authentic by Lequien, and the discovery of a Syriac version of the "Apology of Aristides" shows that what amounts to sixteen printed pages of it was taken directly from Aristides. The panegyric of St. Barbara, while accepted as genuine by Lequien, is rejected by many others. The treatise entitled "Concerning those who have died in the Faith" is rejected as spurious by Francisco Suárez, Bellarmine, and Lequien, not only on account of its doctrinal discrepancies, but for its fabulous character as well. The first Greek edition of any of the works of John Damascene was that of the "Exact Exposition of the Orthodox Faith" brought out at Verona (1531) under the auspices of John Matthew Gibertus, Bishop of Verona. Another Greek edition of the same work was published at Moldavia (1715) by John Epnesinus. It was also printed in a Latin edition at Paris (1507), by James Faber. Henry Gravius, O.P., published a Latin edition at Cologne (1546) which contained the following works: "Dialectic", "Elementary and Dogmatic Instruction", "Concerning the two Wills and Operations", and "Concerning Heresy". A Greek-Latin edition with an introduction by Mark Hopper made its appearance at Basle (1548). A similar edition, but much more complete was published at the same place in 1575. Another Latin edition, constituting a partial collection of the author's works is that by Michael Lequien,O.P., published at Paris (1712) and Venice (1748). To the reprint of this edition, P.G., XCIV-XCVI (Paris, 1864), Migne has added a supplement of works attributed by some to the authorship of John Damascene.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. VIII, New York, 1910 (http://www.newadvent.org/cathen/08459b.htm)

Augustinus
27-03-08, 08:58
Crediamo in un solo Dio, unico principio, privo di principio; increato, ingenito, indistruttibile e immortale, eterno, immenso, non circoscritto, illimitato, d’infinita potenza, semplice, non composito, incorporeo, immutabile, impassibile, immobile e inalterabile; invisibile, fonte d’ogni bontà e giustizia, luce intellettuale e inaccessibile, potenza incommensurabile, misurata dalla sua volontà (infatti, può tutto ciò che vuole [Sal 134,6], fondatrice di tutte le cose sia di quelle visibili che delle invisibili, conservatrice di tutto, provvidente per tutto, contenente e reggente tutto, avente su tutto un regno perpetuo e immortale.

[Crediamo in un solo Dio] al quale nulla si oppone, che riempie tutte le cose senza essere da nessuna circoscritto; anzi, egli stesso tutto circoscrive, tutto contiene e a tutto provvede, che penetra tutte le sostanze lasciandole intatte al di là di tutte le cose, trascendente ogni sostanza, soprasostanziale e superiore a ogni cosa; superiore per divinità, bontà, pienezza; un Dio che stabilisce tutti i poteri e tutti gli ordinamenti, mentr’egli si pone al di sopra d’ogni ordinamento e d’ogni potere; più alto per essenza, vita, parola, intelligenza; un Dio che è la luce stessa, la bontà stessa, la vita stessa, l’essere stesso: egli non riceve, infatti, da nessun altro né l’essere proprio né quello di alcuna delle cose che esistono, ma, anzi, è lui stesso la fonte dell’essere, per tutto ciò che è; della vita, per tutto ciò che vive; della ragione, per tutte le creature che ne fanno uso.

[Crediamo in un solo Dio] che è causa d’ogni bene per tutte quante le cose, che prevede tutto prima che avvenga; unica sostanza, unica divinità, unica potenza, unica volontà, unica attività, unico principio, unica potestà, unica signoria, unico regno.

[Crediamo in quest’] unico Dio conosciuto nelle tre perfette persone e venerato con un unico atto di culto, oggetto di fede e di adorazione da parte di ogni creatura razionale; e queste persone sono unite senza mescolanza o confusione e separate (ciò che trascende ogni intelletto) senza alcuna distanza: nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, nel nome dei quali siamo anche stati battezzati. Infatti, così il Signore comandò agli apostoli di battezzare, quando disse: Battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28,19).

Crediamo nell’unico Padre, principio e causa di tutto, non generato da nessuno, unico salvatore non causato e ingenito; creatore di tutte le cose; Padre, per natura, del suo unico Figlio unigenito, e Dio, il nostro Gesù Cristo, e produttore del Santissimo Spirito.

Crediamo, altresì, nel Figlio di Dio unigenito, Signore nostro, generato dal Padre prima di tutti i secoli; luce da luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; consustanziale con il Padre; per il quale tutte le cose sono state fatte [è la professione di fede niceno-costantinopolitana]...

Allo stesso modo, crediamo anche nello Spirito Santo, Signore, vivificante, che procede dal Padre e risiede nel Figlio; che, insieme con il Padre e il Figlio è adorato e conglorificato, essendo consustanziale ed eterno come loro; Spirito di Dio, giusto, sovrano; fonte di sapienza, di vita e di santità; che è ed è chiamato Dio con il Padre e il Figlio; increato, perfetto, creatore, che governa tutte le cose, creatore di tutto, onnipotente, potenza infinita che comanda a tutto il creato, senza essere sottoposta all’autorità di nessuno; che divinizza, senza essere divinizzato; che riempie, senza essere riempito; che è partecipato, ma non partecipa; che santifica, ma non è santificato; Paraclito, poiché accoglie le invocazioni di tutti; simile in tutto al Padre e al Figlio; procedente dal Padre, viene concesso attraverso il Figlio ed è ricevuto da ogni creatura.

Augustinus
27-03-08, 09:00
La provvidenza consiste nella cura esercitata da Dio nei confronti di ciò che esiste. Essa rappresenta, inoltre, quella volontà divina grazie alla quale ogni cosa è retta da un giusto ordinamento. Se dunque la volontà di Dio è provvidenza, tutto quanto avviene per suo dettato si realizza necessariamente in maniera bellissima e sempre diversa, nel migliore dei modi possibile. È logico ritenere, infatti, che Dio stesso sia tanto il creatore delle cose quanto colui che le cura e le preserva: non è conveniente né ragionevole immaginare che uno sia il creatore e un altro protegga l’opera del primo. Se così fosse, infatti, essi sarebbero entrambi assolutamente impotenti: l’uno di fare, l’altro di provvedere. Dio, perciò, è colui che ha creato e colui che provvede; la sua capacità di creare e di conservare e di provvedere altro non è se non la sua stessa benigna volontà: infatti tutto ciò che il Signore volle lo fece nel cielo e sulla terra (Sal 134,6) e nessuno può resistere alla sua volontà (Rm 9,19). Tutto quanto egli volle che esistesse, è stato creato. Egli vuole che il mondo esista ed esiste: tutto ciò che vuole, lo crea.

Giustamente, dunque, si può affermare, senza alcun’ombra di dubbio, che Dio provvede, e provvede opportunamente. Solo Dio è buono e sapiente per natura: in quanto è buono, è provvidente (colui che non provvedesse, infatti, non sarebbe neppure buono: anche gli uomini e gli stessi animali provvedono con l’istinto naturale ai loro figli, ed è riprovevole chi non lo fa) e, in quanto è sapiente, cura nel modo migliore tutto ciò che esiste.

Nel considerare attentamente quanto siamo andati osservando, è dunque necessario che noi ammiriamo tutte le opere della provvidenza, le lodiamo tutte, tutte incondizionatamente le accettiamo, sebbene a molti talune cose appaiano ingiuste. La provvidenza di Dio, infatti, non può essere né conosciuta né compresa; e i nostri pensieri e le nostre azioni, come il nostro futuro, sono noti ad essa soltanto. Infatti le cose soggette alla nostra discrezionalità, non vanno ascritte alla provvidenza, ma al libero arbitrio dell’uomo.

In realtà, delle cose che dipendono dalla provvidenza, alcune avvengono grazie alla sua volontà attiva, altre invece attraverso la sua volontà permissiva. In virtù della prima accadono tutte quelle cose che risultano come incontrovertibilmente buone; molte sono, invece, le forme nelle quali si manifesta la volontà permissiva di Dio. Per esempio, quando egli permette che l’uomo giusto s’imbatta nelle calamità, affinché la virtù nascosta in lui si renda visibile anche per gli altri, come accadde nel caso di Giobbe (Gb 1,12). Talvolta, Dio consente che avvenga qualcosa d’ingiusto affinché, attraverso circostanze apparentemente inique, si compia qualcosa di grande e di mirabile: attraverso la croce, ad esempio, egli ha dato la salvezza agli uomini. Inoltre il Signore permette che l’uomo pio sia afflitto da gravi sventure: perché non si allontani, cioè, dalla retta coscienza ovvero, a causa dell’autorità e della grazia concessegli, non precipiti nella superbia, come avvenne in Paolo (2Cor 12,7).

Perché altri ne traggano insegnamento, qualcuno viene dunque talvolta abbandonato da Dio; gli altri così considerando le sue disgrazie, ne ricavano ammaestramento: si osservi, a tal proposito, il caso di Lazzaro e del ricco (Lc 16,19). Spontaneamente, infatti, nel vedere chi soffre, ci si stringe il cuore. Talvolta, poi, Dio consente che qualcuno soffra, non per punire colpe sue o dei suoi antenati, ma perché si manifesti la gloria di qualcun altro: nel caso del cieco nato (cf. Gv 7,3), ad esempio, si doveva rivelare, attraverso la sua guarigione, la gloria del Figlio dell’uomo.

La sofferenza viene inoltre tollerata da Dio onde suscitare negli animi il desiderio di emulazione degli altri: affinché cioè, incoraggiati dalla gloria toccata a chi ha sofferto, gli altri sopportino piamente le avversità, grazie alla speranza della gloria futura e sollecitati dal desiderio dei beni eterni, come accadde ai martiri.

Infine, il Signore permette persino che qualcuno cada in una azione turpe perché abbia modo di liberarsi di qualche vizio più grave. Ad esempio, se qualcuno s’insuperbisce delle sue virtù e delle sue buone azioni Dio lascia che costui cada nella fornicazione affinché divenendo in tal modo consapevole della propria debolezza, diventi umile e cominci a confidare maggiormente nel Signore.

Si deve poi sapere che la scelta delle azioni da compiere dipende da noi; quando queste sono buone, invece, il loro risultato è da attribuire all’aiuto di Dio che giustamente soccorre, nella sua prescienza, coloro che intraprendono il bene con retta coscienza. L’esito delle azioni cattive, al contrario, si deve al disimpegno di Dio che, grazie sempre alla sua virtù di conoscere in anticipo ogni cosa, opportunamente abbandona l’uomo malvagio.

In particolare esistono, da parte di Dio, due diversi tipi di abbandono: quello pratico, cioè educativo; e l’abbandono assoluto, fonte della disperazione. Il primo comporta, per chi lo subisce, raddrizzamento, salvezza, gloria sia per suscitare negli altri emulazione e imitazione, sia per la gloria di Dio. L’abbandono assoluto, per contro, avviene quando, sebbene Dio abbia compiuto ogni cosa per la salvezza di una persona, costei continua nondimeno a rimanere insensibile e incurante del proprio destino, anzi inguaribile; e viene perciò abbandonata, come Giuda (Mt 26,27), all’estrema rovina. Ci sia dunque propizio il Signore, preservandoci da tale abbandono.

Numerosissimi sono poi i metodi della divina provvidenza: non possono esser spiegati a parole né compresi con la mente. Non si deve ignorare che tutte le calamità recano la salvezza di coloro che le sopportano con rendimento di grazie, risultando in tal modo per essi di grande beneficio. Iddio, infatti, secondo la sua volontà antecedente, vuole che tutti si salvino e divengano membri del suo regno (1Tm 2,4): egli non ci ha creato per punirci, ma, essendo buono, perché fossimo partecipi della sua bontà. D’altronde, essendo anche giusto, il Signore vuole però punire i peccatori.

La prima volontà di Dio, dunque, è detta volontà antecedente o benevolenza, poiché deriva direttamente da lui; la seconda, invece, è la volontà conseguente o permissione, avendo origine per causa nostra. Quest’ultima, a sua volta, è duplice: l’una rientra nel piano di Dio ed è educativa ai fini della salvezza; l’altra, cioè quella concernente la disperazione, porta invece, come abbiamo già ricordato, alla più assoluta dannazione. Tali volontà non riguardano quanto dipende da noi.

Delle cose che dipendono da noi, Dio fin da principio vuole e approva quelle buone. Quelle cattive e veramente malvagie, egli non le desidera né direttamente né indirettamente: le permette in ragione del nostro libero arbitrio. Ciò che avvenisse per forza, infatti, non converrebbe alla ragione né potrebbe considerarsi come virtù.

Dio provvede, dunque, a tutto il creato. Attraverso di esso beneficia e istruisce sovente anche servendosi dei demoni, come nel caso di Giobbe o dei porci (Mt 8,30ss).

Holuxar
27-03-17, 20:09
27 marzo 2017: LUNEDÌ DELLA QUARTA SETTIMANA DI QUARESIMA; SAN GIOVANNI DAMASCENO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA…





Guéranger, L'anno liturgico - Lunedì della Quarta Settimana di Quaresima (http://www.unavoce-ve.it/pg-quaresima-lun4.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-quaresima-lun4.htm

"San Giovanni Damasceno, confessore e dottore, 27 marzo"
Guéranger, L'anno liturgico - 27 marzo. San Giovanni Damasceno, Confessore e Dottore della Chiesa (http://www.unavoce-ve.it/pg-27mar.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-27mar.htm




San Giovanni Damasceno - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-damasceno/)
http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-damasceno/
“27 marzo, San Giovanni Damasceno, Confessore e Dottore della Chiesa (Damasco, 676 circa – Mar Saba, 4 dicembre 749).
Preghiera alla Madonna di san Giovanni Damasceno
Ti saluto, o Maria, Speranza dei Cristiani! Accogli la supplica di un peccatore che Ti ama teneramente, Ti onora particolarmente e ripone in Te tutta la speranza della sua salvezza. Per merito tuo ho la vita. Tu mi riconduci nella grazia di tuo Figlio e sei il pegno certo della mia salvezza. Ti supplico dunque, di liberarmi dal peso dei miei peccati, distruggi le tenebre della mia mente, scaccia i legami terreni dal mio cuore, reprimi le tentazioni dei miei nemici e guida la mia vita, così che possa giungere per tuo mezzo e sotto la tua guida, all’ eterna felicità del Paradiso.”



https://www.sursumcorda.cloud/
“Carlo Di Pietro - Sursum Corda
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/?fref=nf
Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Amen.
Eterno Padre, intendo onorare sant’Alessandro soldato, il quale, sotto l’imperatore Massimiano, dopo aver superato molti combattimenti per Cristo ed avere operato molti miracoli, col taglio della testa compì il martirio. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Soldato, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, Sant'Alessandro martire possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
#sdgcdpr”



Ligue Saint Amédée (http://www.SaintAmedee.ch/)
“Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
“27 Mars : Saint Jean Damascène, Docteur de l'Église (776-880)”




http://radiospada.org/
https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf
“27 MARZO 2017: SAN GIOVANNI DAMASCENO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA.
Nella prima Domenica di Quaresima i Greci celebrano la festa dell'Ortodossia. La "nuova Roma", mostrando chiaramente di non aver nulla a che fare con l'indefettibilità dell'antica, aveva percorso tutto il cammino delle eresie concernenti il dogma del Dio fatto uomo; tanto che dopo aver rigettato prima la consustanzialità del Verbo, quindi l'unità di persona nell'Uomo-Dio ed infine l'integrità della sua duplice natura, sembrava che non fosse sfuggita nessun'altra negazione alla sagacità dei suoi imperatori e patriarchi. Tuttavia mancava il coronamento di tutti gli errori passati nel tesoro dottrinale di Bisanzio: restava ancora da proscrivere quaggiù le immagini di quel Cristo che sul suo celeste trono, non era più soggetto a mutilazione.
L'eresia iconoclasta.
L'eresia degli iconoclasti, cioè dei frantumatori delle immagini, segnava sul terreno della fede nel Figlio di Dio l'ultima involuzione degli errori orientali. Era dunque giusto che la festa destinata a ricordare la restaurazione delle sacre immagini si gloriasse del nome di festa dell'Ortodossia; celebrando infatti l'ultima sconfitta del dogmatismo bizantino, essa ricorda tutte le altre che ricevette nei Concili, dal primo di Nicea fino al secondo che porta lo stesso nome, il settimo ecumenico. Un'altra particolarità della detta celebrazione era che l'imperatore, stando ritto sul trono, davanti alla Croce ed alle Immagini sante, ripeteva in S. Sofia tutti gli anatemi formulati nei diversi tempi contro gli avversari della verità rivelata.
La persecuzione.
Del resto Satana, il nemico del Verbo, aveva mostrato all'evidenza che, dopo tutte le precedenti sconfitte, non gli rimaneva altro baluardo che la dottrina iconoclasta. Non c'è eresia che abbia moltipllcato per questo in Oriente tanti martiri e rovine. Per difenderla sembrarono rivivere Nerone e Diocleziano nei Cesari battezzati: Leone Isaurico, Costantino Copronimo, Leone l'Armeno, Michele e suo figlio Teofilo. Riapparvero così gli editti di persecuzione, una volta banditi a proteggere gl'idoli, per sfociare di nuovo nell'idolatria, di cui la Chiesa, essi dicevano, s'era imbrattata.
Invano san Germano di Costantinopoli proclamò alto che i cristiani non adoravano le immagini, ma solo le veneravano con un culto relativo alla persona dei Santi ch'esse effigiavano. L'esilio del patriarca fu la risposta del cesare pontefice. La soldataglia che aveva l'incarico d'eseguire le volontà del principe si scagliò a saccheggiare le chiese e le case dei privati; d'ogni parte le statue venerate caddero sotto il martello dei demolitori; si coprirono di calce gli affreschi delle pareti; si lacerarono e ridussero in pezzi i paramenti sacri, i vasi dell'altare, per distruggere gli smalti istoriati e l'ornato delle immagini.
Il martirio.
Mentre nelle pubbliche piazze il rogo inceneriva quei capolavori, alla presenza delle popolazioni che ne avevano nutrita la pietà, anche l'audace artista che aveva tentato di continuare a riprodurre le sembianze di Nostro Signore, di Maria e dei Santi, era gettato nel fuoco e soffriva ogni genere di torture, insieme ai fedeli rei solamente di non aver potuto trattenere i loro sentimenti alla vista di quello scempio. Così in breve tempo, ahimè! nell'ovile desolato spadroneggiò il terrore, ed alcuni capi del gregge, curvando la testa sotto quell'uragano, si prestarono a lamentevoli compromessi.
Fu allora che la nobile discendenza di san Basilio, monaci e vergini consacrate, insorsero compatti a tener testa ai tiranni: a prezzo dell'esilio, delle orride prigioni, e della morte causata dalla fame e dalle torture, dai flutti e dalla spada, essi poterono salvare le tradizioni dell'arte antica e la fede degli avi. La quale, in quell'ora della storia, si può dire personificata nel santo monaco e pittore che porta il nome di Lazzaro, che, tentato da lusinghe e minacce, quindi torturato e messo ai ferri, e finalmente, quale eroico recidivo, con le mani bruciate da lame incandescenti, non di meno continuò a esercitare la sua arte per amore dei Santi, per i suoi fratelli e per Dio, sopravvivendo agli stessi persecutori.
Fu allora anche che si affermò definitivamente l'indipendenza temporale dei Romani Pontefici. Allorché Leone Isaurico minacciava di venire fino a Roma a fare in pezzi la statua di san Pietro, tutta l'Italia accorse a bloccare ai nuovi barbari le sue sponde e a difendere i tesori delle sue Basiliche e a sottrarre il Vicario dell'Uomo-Dio al residuo di patronaggio che Bisanzio ancora si attribuiva.
Fu un'epoca gloriosa che, durata per ben centovent'anni, abbraccia la successione dei grandi Papi che va da san Gregorio II a san Pasquale I, e i due punti estremi sono illustrati in Oriente da due nomi: Teodoro Studita, che nella sua incrollabile fermezza prepara il trionfo finale; Giovanni Damasceno che, all'inizio, ne segnalò la burrasca.
Sino ai tempi nostri si lamentava che un'epoca i cui ricordi riempivano i fasti della Liturgia greca, non fosse commemorata da nessuna festa nel calendario delle Chiese latine. La lacuna fu colmata sotto il pontificato di Leone XIII; così dal 1890, Giovanni Damasceno, il protetto di Maria, il monaco la cui eminente dottrina gli valse il nome di fiume d'oro, ricorda in Occidente l'eroica lotta in cui l'Oriente ebbe altissimi meriti presso la Chiesa e il mondo tutto.
L'insegnamento della Chiesa.
Concludiamo col riportare qui i punti più salienti delle definizioni con le quali la Chiesa, prima nell'VIII secolo e più tardi nel XVI, rivendicò le sante Immagini dalla proscrizione cui le aveva condannate l'inferno. "È cosa legittima, dichiara il secondo concilio di Nicea, porre nelle chiese a modo di affresco, o di tavola, sui paramenti e vasi sacri, come anche nelle case e per le strade, sia le immagini in dipinto, che in mosaico o d'altra materia conveniente, rappresentanti Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, la purissima Vergine e santa Madre di Dio, gli Angeli e tutti i Santi; così che si possano incensare e accendere lumi davanti a loro (2.o Concilio di Nicea, sess. 7). - Non certo, continuano i Padri di Trento contro i Protestanti, è da credere ch'esse abbiano una divinità o una virtù propria, o che si debba riporre fiducia proprio nell'immagine, come una volta i pagani nei loro idoli; ma, riferendosi al prototipo l'onore ad esse attribuito [1], è a Cristo stesso che, per esse, vanno le nostre adorazioni, ed ai Santi l'onore che noi attribuiamo alla loro effige" (Concilio di Trento, sess. 25).
VITA. - San Giovanni nacque verso l'anno 676. Apparteneva ad una ricca famiglia di Damasco; a somiglianza di suo padre, esercitò un'importante carica presso la corte del califfo. Quindi abbandonò il mondo e si ritirò nel la solitudine di S. Saba. In alcune sue Lettere dommatiche rimaste celebri, egli divenne, contro l'imperatore iconoclasta Leone Isaurico, l'intrepido difensore del culto delle immagini. Sue cure principali furono: insegnare, scrivere e predicare. In lui rifulsero di vivo splendore le virtù dell'obbedienza e dell'umiltà; nutrì una filiale pietà verso la Madre di Dio ed un ardente zelo per la salute delle anime; amante intransigente della verità, non lo fu meno della concordia fraterna. Morì nel 749 e fu sepolto a S. Saba. Ben presto cominciò il suo culto; nel 7.o Concilio ecumenico fu additato come difensore instancabile della tradizione cattolica e dell'unità della Chiesa; finalmente, con un decreto del 19 agosto 1890, Papa Leone XIII lo proclamò Dottore della Chiesa e ne fissò la festa il 27 marzo.
L'arte e la preghiera.
O difensore delle Immagini sante, concedi, come prega la Chiesa (Colletta del giorno), che imitiamo le virtù e siamo protetti da coloro ch'esse rappresentano. L'immagine ci fa venerare e pregare il nostro re Cristo ed i suoi Santi. Essa è un libro per coloro che non sanno leggere; anzi molti letterati traggono a volte più profitto da un rapido sguardo gettato su d'un eloquente quadro, che nella lettura prolungata d'una quantità di volumi. Nel suo lavoro, l'artista cristiano fa nel contempo un atto di religione e di apostolato, così che non è da stupirsi se in ogni epoca turbolenta l'odio infernale scatena sconvolgimenti atti a distruggere le loro opere. Con te, dunque, diremo, o san Giovanni Damasceno:
"Va' via, Satana, con la tua invidia, tu che non puoi tollerare di farci contemplare l'immagine di Nostro Signore e di santificarci alla sua vista; tu che non vuoi farci considerare le sue salutari sofferenze, ammirare la sua condiscendenza, godere lo spettacolo dei suoi miracoli per trame occasione di meglio conoscere e lodare la potenza della sua divinità. Invidioso dei Santi e degli onori che hanno ottenuto da Dio, tu non puoi sopportare che abbiamo sotto gli occhi la loro gloria, per paura che quella vista non ci muova a imitarne il coraggio e la fede; non puoi sopportare l'aiuto che ci ripromettiamo ai corpi e alle anime nostre per la confidenza che in esse riponiamo. Ma noi, demonio geloso e nemico degli uomini, non ti seguiremo" (Delle Immagini, 3,3).
Lode.
Sii pertanto la nostra guida, tu che vieni salutato dalla sacra scienza come uno dei suoi primi luminari. Il più prezioso di tutti i beni è il conoscere, dicevi (Dialetica, 1). E l'unica tua ambizione fu sempre quella di portare le intelligenze al solo maestro immune da ogni falsità, a Cristo, forza e sapienza di Dio.
Un giorno Maria, apparendo alla guida dei tuoi primi passi monastici, alla quale obbedivi come a Dio stesso, predisse il successo della vostra dottrina e delle vostre opere, dicendo: "Lascia scorrere la sorgente dalle dolci e limpide acque; nel suo corso percorrerà l'universo e disseterà le anime avide di scienza e di purezza; e nella sua potenza arginerà il mareggiar dell'eresia, trasformandola in una meravigliosa dolcezza". Continuando nel suo dire, la Regina delle celesti armonie aggiungeva che tu avevi ricevuto la profetica cetra e il salterio, per intonare nuovi inni al Signore Dio nostro, gareggianti con quelli dei Cherubini (Giovanni di Gesù, Vita di G. Damasceno, 31). Perché le Chiese cantassero la morte e la risurrezione di Cristo (ibid.), bisognava che avessero in te un maestro di coro. Dalle feste dell'esilio e dalla Pasqua del tempo, guidaci attraverso il Mar Rosso e il deserto all'eterna festa, ove tutte le immagini di questa terra svaniscono dinanzi alle celesti realtà, ove ogni scienza si eclissa nella chiara visione e dove regna Maria, tua diletta ispiratrice, tua e nostra Regina.
[1] Tale formula, che contiene la vera teologia del culto delle immagini, è stata mutuata dal Concilio di Trento dal secondo di Nicea, che testualmente la trasse da san Giovanni Damasceno: De fide orthodoxa, 4,16.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 887-891.”


“27 marzo 2017: LUNEDÌ DELLA QUARTA SETTIMANA DI QUARESIMA.
La Stazione è all'antica chiesa detta dei Quattro Coronati, cioè dei santi Martiri Severo, Severiano, Carpoforo e Vittorino, i quali subirono la morte sotto la persecuzione di Diocleziano. I loro corpi riposano in questo tempio, che si onora anche di possedere il capo del grande martire san Sebastiano.
Lezione (3Re, 3,16-28). - In quei giorni: Vennero dal re Salomone due donne di mala vita, e si presentarono dinanzi a lui. Una di esse disse: Ti scongiuro, o mio signore ! Abitando in una stessa casa con questa donna, io partorii presso di lei nella camera, e il terzo giorno dopo ch'ebbi partorito io, partorì anche lei. Noi stavamo insieme, e nessun altro, fuori di noi due, era con noi in quella casa. Or essendo morto durante la notte il figlio di questa donna, da lei soffocato nel dormire, essa, alzatasi nel silenzio del cuor della notte, prese il mio figlio daccanto a me tua serva, che ero addormentata e lo pose sul suo seno, e pose in seno a me il suo figlio morto. Levatami la mattina per allattare il mio figlio, lo vidi morto; ma fissando più attentamente a giorno chiaro, riconobbi che non era il mio figlio da me partorito. E l'altra donna diceva: La cosa non sta come tu dici: è morto il tuo figlio, e il mio è vivo. E quella a replicarle contro: Tu mentisci: il mio figlio è vivo, e il tuo è morto. E in questo modo altercavano davanti al re. Allora il re disse: Questa dice: Il mio figlio è vivo, il tuo è morto. Quella risponde: No: il tuo figlio è morto, il mio è vivo. Allora, seguitò a dire il re: Portatemi una spada. Portata che fu la spada dinanzi al re, disse: Dividete in due il bambino vivo e datene metà all'una e metà all'altra. Allora la donna di cui era il figlio vivo, sentendo le viscere commosse verso il suo figlio, disse al re: Per pietà, o Signore, dà a lei il bambino vivo, non l'uccidere! L'altra invece diceva: Non deve toccare né a me né a te: sia diviso. Il re allora diede la sua risposta, dicendo: Date alla prima il bambino vivo, senza ucciderlo, perché essa n'è la madre. Tutto Israele, saputo il giudizio che il re aveva pronunziato, temette il re, vedendo che la sapienza di Dio era in lui per render giustizia.
La Chiesa nostra Madre.
Nell'epistola della Messa, ieri, san Paolo ci descriveva l'antagonismo fra la Sinagoga e la Chiesa, e come il figlio di Agar perseguitava il figlio di Sara, che era preferito dal padre di famiglia. Oggi le due donne che compaiono davanti a Salomone ci presentano ancora una volta questa tipica coppia. Esse si contendono un figlio; questo figlio è la Gentilità ammessa alla conoscenza del vero Dio. La sinagoga, figurata nella donna che ha fatto morire il proprio figliolo, cioè il popolo a lei affidato, ingiustamente reclama ciò che non portò nel suo seno; e siccome la sua contestazione è ispirata da superbia, e non da affetto materno, le è indifferente che venga immolato chi non le appartiene, purché sia strappato al seno della vera madre, la Chiesa. Salomone, il Re pacifico, figura del Cristo, aggiudica il figlio a colei che l'aveva concepito, partorito ed allattato; e la falsa madre rimane confusa. Amiamo dunque la santa Madre Chiesa, la Sposa del nostro Salvatore. Col Battesimo essa ci ha fatti figli di Dio: col Pane della vita ci ha nutriti; ci ha quindi elargito lo Spirito Santo; e quando col peccato abbiamo avuta la disgrazia di ricadere nella morte, ci ha restituita la vita col potere divino delle Chiavi. L'amore filiale verso la Chiesa è il distintivo degli eletti, e l'obbedienza ai suoi comandamenti è il segno luminoso di un'anima nella quale regna Dio.
Vangelo (Gv 2,13-25). - In quel tempo: Era vicina la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. E trovò nel tempio venditori di bovi, di pecore e di colombe e cambiamonete ai loro banchi. E fatta una sferza di cordicelle, li scacciò tutti dal tempio, con le pecore e i bovi, e sparpagliò il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi. Disse poi ai venditori di colombe: Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio una casa di mercato. Allora i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo della tua casa mi ha consumato. Ma i Giudei rivoltisi a lui gli dissero: Qual segno ci mostri per far queste cose? E Gesù rispose loro: Disfate questo tempio ed in tre giorni lo rimetterò di nuovo in piedi. Ed i Giudei gli dissero: Quarantasei anni ci son voluti per fabbricare questo tempio e tu lo farai sorgere in tre giorni ? Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato da morte, i suoi discepoli ricordarono come egli avesse ciò detto e credettero alla Scrittura e alle parole di Gesù. Mentre egli era in Gerusalemme alla festa di Pasqua, molti, vedendo i prodigi che faceva, credettero nel suo nome. Ma Gesù non affidava loro se stesso, perché li conosceva tutti; e non aveva bisogno che altri rendesse testimonianza d'alcun uomo, sapendo da se stesso quello che fosse nell'uomo.
L'anima tempio di Dio.
Già vedemmo, il Martedì della prima settimana, che il Signore scacciò i venditori dal Tempio. La Chiesa insiste su questo fatto nella Quaresima, per mostrarci con esso la severità di Gesù Cristo verso l'anima, invasa da terrene passioni. Che sono infatti le anime nostre, se non il tempio di Dio ? Egli le ha create e santificate per farne la sua dimora: ma vuole che in esse tutto sia degno di tale sublime destinazione. Quanti profani venditori non vediamo occupare la casa del Signore, in questi giorni che scrutiamo la nostra anima! Cerchiamo di disfarcene, e preghiamo il Signore che li scacci lui con la frusta della sua giustizia, per paura d'essere troppo soggiogati da questi ospiti perniciosi. S'avvicina il giorno che discenderà sopra di noi il perdono: vigiliamo, affinché siamo degni di riceverlo.
Conversione profonda.
Non abbiamo mai notato ciò che si dice nel Vangelo dei Giudei, più sinceri degli altri, che inclinano a credere in Gesù, vedendolo fare miracoli? Ma Gesù non si fidava di loro, perché li conosceva tutti. Vi sono dunque uomini che arrivano a credere ed a riconoscere Gesù Cristo, senza che per questo si cambi il loro cuore! Oh, durezza del cuore umano! oh, crudele trepidazione per la coscienza dei ministri della salvezza! Peccatori, gente di mondo assediano in questi giorni il tribunale della riconciliazione; credono, confessano i peccati; ma la Chiesa non si fida del loro pentimento. Essa sa bene che, poco tempo dopo la Comunione pasquale, torneranno ad essere ciò che erano il giorno che impose loro le ceneri della penitenza; trema pensando al pericolo che incorrono queste anime, divise fra Dio e il mondo, nel ricevere senza preparazione e senza vera conversione il Santo dei Santi; d'altra parte, si ricorda di ciò che sta scritto di non spezzare la canna fessa e non smorzare il lucignolo fumigante (Is 42,3). Preghiamo per queste anime che lasciano inquieti per la loro sorte, e domandiamo per i pastori della Chiesa un raggio di quella luce per la quale Gesù sapeva quello che fosse quell'uomo.
PREGHIAMO
Esaudisci benigno, o Signore, la nostra preghiera; e concedi il soccorso della tua protezione a coloro ai quali dai il desiderio di supplicarti.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 592-594.”





Luca, Sursum Corda!

Holuxar
27-03-18, 18:14
27 MARZO 2018: MARTEDÌ SANTO; SAN GIOVANNI DAMASCENO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA…



"San Giovanni Damasceno, confessore e dottore, 27 marzo."
Guéranger, L'anno liturgico - 27 marzo. San Giovanni Damasceno, Confessore e Dottore della Chiesa (http://www.unavoce-ve.it/pg-27mar.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-27mar.htm


"MARTEDÌ SANTO."
Dom Guéranger, L'anno liturgico - Martedì Santo (http://www.unavoce-ve.it/pg-martedisanto.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-martedisanto.htm

"TEMPO DI PASSIONE
Capitolo I - Storia del Tempo di Passione e della Settimana Santa
http://www.unavoce-ve.it/pg-passione-st.htm
Capitolo II - Mistica del Tempo di Passione e della Settimana Santa
http://www.unavoce-ve.it/pg-passione-mist.htm
Capitolo III - Pratica del Tempo di Passione e della Settimana Santa
http://www.unavoce-ve.it/pg-passione-pr.htm "

Guéranger, L'anno liturgico - Cenno storico sul Tempo Pasquale (http://www.unavoce-ve.it/pg-pasqua-st.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-pasqua-st.htm
Guéranger, L'anno liturgico - Mistica del Tempo Pasquale (http://www.unavoce-ve.it/pg-pasqua-mist.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-pasqua-mist.htm
Guéranger, L'anno liturgico - Pratica del Tempo Pasquale (http://www.unavoce-ve.it/pg-pasqua-pr.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-pasqua-pr.htm




San Giovanni Damasceno (http://www.santiebeati.it/dettaglio/30250)
http://www.santiebeati.it/dettaglio/30250



https://forum.termometropolitico.it/274682-27-marzo-4-dicembre-s-giovanni-damasceno.html
https://forum.termometropolitico.it//54563-oggi-27-marzo-la-chiesa-cattolica-festeggia-il-s-tommaso-d-oriente.html




San Giovanni Damasceno - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-damasceno/)
http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-damasceno/
«27 marzo 2018, San Giovanni Damascèno, Prete, Confessore e Dottore della Chiesa.
“San Giovanni Damascèno, Prete, Confessore e Dottore della Chiesa, il cui giorno natalizio si commemora il sei maggio”.
Preghiera alla Madonna di san Giovanni Damasceno:
Ti saluto, o Maria, Speranza dei Cristiani! Accogli la supplica di un peccatore che Ti ama teneramente, Ti onora particolarmente e ripone in Te tutta la speranza della sua salvezza. Per merito tuo ho la vita. Tu mi riconduci nella grazia di tuo Figlio e sei il pegno certo della mia salvezza. Ti supplico dunque, di liberarmi dal peso dei miei peccati, distruggi le tenebre della mia mente, scaccia i legami terreni dal mio cuore, reprimi le tentazioni dei miei nemici e guida la mia vita, così che possa giungere per tuo mezzo e sotto la tua guida, all’eterna felicità del Paradiso. Così sia.».
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«La Settimana Santa - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/catechismo-s-pio-x-la-settimana-santa/)
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Funzioni del Triduo Sacro e Messe di Pasqua
Orari per la Settimana Santa a Verrua Savoia (TO) e a Rimini - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/orari-la-settimana-santa-verrua-savoia-to-rimini/)
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S. Messe dalla domenica delle Palme alla domenica in Albis - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/messe-dalla-domenica-delle-palme-alla-domenica-albis/)
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La Settimana Santa - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/settimana-santa/).»


“IMBC - Torino 2018. Processione delle Palme.”
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La Settimana Santa - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/settimana-santa/)
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«La Settimana Santa - Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza 27 marzo 2018
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
La Settimana Santa»
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Celebrazioni durante la SETTIMANA SANTA a Paese (TV) alla "Domus Marcel Lefebvre" di Don Floriano Abrahamowicz: SANTA MESSA giovedì 29 MARZO 2018 e venerdì 30 MARZO 2018 alle ore 20.30 (ore 15.00 VIA CRUCIS), sabato 31 MARZO 2018 alle ore 22.30 e DOMENICA DI PASQUA alle ore 10.30 come ogni Domenica…


domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/)
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815 (http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php)
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php






http://liguesaintamedee.ch/
Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/)
https://www.facebook.com/SaintAmedee/?fref=nf
“Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].”

“27 Mars : Saint Jean Damascène, Docteur de l'Église (776-880)”
27 mars : Saint Jean Damascène, Docteur de l'Église (776-880) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/27-mars-saint-jean-damascene)
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“Méditation pour le Mardi Saint : Jour de souffrance
Extrait de "Esprit du R.P. AVRILLON pour passer saintement l'Avent et le Carême" :
Méditation pour le Mardi Saint : Jour de souffrance (http://le-petit-sacristain.blogspot.it/2017/04/meditation-pour-le-mardi-saint.html) ”


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"Nous vous souhaitons une bonne et profitable semaine sainte, dans le recueillement, la prière, le jeûne et l'étude de la Passion de Notre Seigneur Jésus-Christ !"


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“27 MARZO 2018: SAN GIOVANNI DAMASCENO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA.”


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“27 marzo 2018: MARTEDÌ SANTO.”


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[FILM COMPLETO] La Passione di Cristo
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«Un film da rivedere in Quaresima e, in particolare, nel corso della Settimana Santa: lo offriamo ai nostri lettori senza sottotitoli dall’aramaico e dal latino per evitare distrazioni di lettura in un contesto che è chiaro a chiunque abbia elementi minimi di conoscenza del Vangelo.
Il valore cinematografico di questa opera non va separato da quello spirituale: la Passione di Nostro Signore, insieme con la devozione al Sacro Cuore e quella (dimenticata) alle Sante Piaghe siano il centro di questa Settimana che ci prepara alla Santa Pasqua.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti – Isaia 53, 5.
Con le mie Piaghe e il mio Cuore divino, voi potete ottenere tutto – N. S. G. C. a Sr. Maria Marta Chambon.».

https://www.radiospada.org/2012/06/devozione-delle-sante-piaghe-di-gesu-e-relative-promesse/
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Dom Guéranger, L'anno liturgico - Martedì Santo (http://www.unavoce-ve.it/pg-martedisanto.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-martedisanto.htm
«MARTEDÌ SANTO
Il fico maledetto.
Anche oggi vediamo Gesù dirigersi, di mattino, a Gerusalemme, volendo recarsi al Tempio a confermare i suoi ultimi insegnamenti. Ma è chiaro che la fine della sua missione sta per sopraggiungere; difatti, egli stesso oggi dice ai suoi discepoli: "Voi sapete che fra due giorni è Pasqua, e il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso" (Mt 26,2).
Sulla strada da Betania a Gerusalemme, i discepoli che vanno in compagnia del loro Maestro rimangono colpiti da stupore nel vedere il fico che Gesù aveva maledetto il giorno innanzi seccato e inaridito dalle radici. Allora Pietro, rivolgendosi a Gesù: "Maestro, gli disse, guarda il fico che hai maledetto come s'è seccato!". Gesù approfitta dell'occasione per ammonire tutti noi, che la natura fisica è subordinata all'elemento spirituale, quando questo si mantiene unito a Dio mediante la fede; e dice: "Abbiate fede in Dio. In verità vi dico, che se uno dirà a questo monte: levati e gettati in mare, e non esiterà nel suo cuore, ma crederà che avvenga quanto ha detto, gli avverrà. Perciò vi dico: qualunque cosa chiederete con la preghiera, abbiate fede d'ottenerla e l'otterrete" (Mc 11,20-24).
Gesù al Tempio.
Seguitando il cammino, presto entrano nella città; e, non appena Gesù arriva al Tempio, i prìncipi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani s'avvicinano a gli dicono: "Con quale autorità fai questo? E chi ti ha dato il potere di fare tali cose?" (ivi, 28). Nel santo Vangelo troviamo la risposta di Gesù, come anche i diversi insegnamenti che ci dà in tale occasione. Noi non faremo che indicare in genere in che modo il Redentore passò le ultime ore della sua vita mortale; la meditazione del Vangelo supplirà al resto che sorvoliamo.
Come soleva fare nei giorni precedenti, Gesù, verso sera esce dalla città, oltrepassa il monte degli Olivi e si ritira in Betania, vicino a sua madre ed agli amici fedeli.
Alla Messa, oggi la Chiesa legge il Passio secondo san Marco, poiché, in ordine di tempo, questo Vangelo fu scritto dopo quello di san Matteo, onde la ragione d'occupare questo Passio il secondo posto. Il suo Vangelo è più breve di quello di san Matteo, del quale molte volte sembra il riassunto; ma s'incontrano in esso dei dettagli che sono propri di questo Evangelista, e dimostrano le caratteristiche d'un testimone oculare. Difatti, sappiamo che san Marco era discepolo di san Pietro, e scrisse il suo Vangelo sotto l'ispirazione del Principe degli Apostoli.
La Stazione è oggi, a Roma, nella chiesa di S. Prisca.
LETTURA (Ger 11,18-20). - In quei giorni: Geremia disse: Tu, o Signore, me lo facesti conoscere, ed io lo compresi, allora mi facesti vedere le loro intenzioni. Come agnello mansueto portato al macello non avevo compreso che avevano cattivi disegni contro di me, dicendo: Diamogli del legno invece di pane, facciamolo sparire dalla terra dei viventi, ché non si rammenti più il suo nome! Ma tu, o Signore degli eserciti, che giudichi con giustizia, e scruti gli affetti e i cuori, fammi vedere la tua vendetta contro di essi; perché è a te che ho affidata la mia causa, Signore Dio mio.
L'immolazione del Messia.
Ancora una volta Geremia ci fa intendere la sua voce, riferendoci oggi proprio le parole dei suoi nemici che cospiravano di farlo morire. Tutto qui è misterioso e ci dà la sensazione che il Profeta è la figura di uno più grande di lui. "Diamogli del legno invece di pane", cioè: mettiamogli nel piatto un legno velenoso, per causargli la morte. Trattandosi del Profeta, è questo il senso letterale; ma quanto più veristicamente s'avverano tali parole nel nostro Redentore! La sua carne divina, egli ci dice, è il Pane vero disceso dal cielo; e questo Pane, questo corpo dell'Uomo Dio è pesto, lacero, sanguinante: i Giudei lo inchiodano sul legno, così che tutto vi aderisce, e nello stesso tempo il legno è tutto irrigato del suo sangue. Sul legno della croce è immolato l'Agnello di Dio; ed è per la sua immolazione che noi veniamo in possesso d'un sacrificio degno di Dio; di quel Sacrificio, per cui partecipiamo del pane celeste che è nello stesso tempo la carne dell'Agnello e la nostra vera Pasqua.
PREGHIAMO
La tua misericordia, o Dio, ci purifichi da ogni residuo dell'uomo vecchio, e ci renda capaci d'un santo rinnovamento.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 688-690.».


Guéranger, L'anno liturgico - 27 marzo. San Giovanni Damasceno, Confessore e Dottore della Chiesa (http://www.unavoce-ve.it/pg-27mar.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-27mar.htm
«27 MARZO SAN GIOVANNI DAMASCENO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA.
Nella prima Domenica di Quaresima i Greci celebrano la festa dell'Ortodossia. La "nuova Roma", mostrando chiaramente di non aver nulla a che fare con l'indefettibilità dell'antica, aveva percorso tutto il cammino delle eresie concernenti il dogma del Dio fatto uomo; tanto che dopo aver rigettato prima la consustanzialità del Verbo, quindi l'unità di persona nell'Uomo-Dio ed infine l'integrità della sua duplice natura, sembrava che non fosse sfuggita nessun'altra negazione alla sagacità dei suoi imperatori e patriarchi. Tuttavia mancava il coronamento di tutti gli errori passati nel tesoro dottrinale di Bisanzio: restava ancora da proscrivere quaggiù le immagini di quel Cristo che sul suo celeste trono, non era più soggetto a mutilazione.
L'eresia iconoclasta.
L'eresia degli iconoclasti, cioè dei frantumatori delle immagini, segnava sul terreno della fede nel Figlio di Dio l'ultima involuzione degli errori orientali. Era dunque giusto che la festa destinata a ricordare la restaurazione delle sacre immagini si gloriasse del nome di festa dell'Ortodossia; celebrando infatti l'ultima sconfitta del dogmatismo bizantino, essa ricorda tutte le altre che ricevette nei Concili, dal primo di Nicea fino al secondo che porta lo stesso nome, il settimo ecumenico. Un'altra particolarità della detta celebrazione era che l'imperatore, stando ritto sul trono, davanti alla Croce ed alle Immagini sante, ripeteva in S. Sofia tutti gli anatemi formulati nei diversi tempi contro gli avversari della verità rivelata.
La persecuzione.
Del resto Satana, il nemico del Verbo, aveva mostrato all'evidenza che, dopo tutte le precedenti sconfitte, non gli rimaneva altro baluardo che la dottrina iconoclasta. Non c'è eresia che abbia moltipllcato per questo in Oriente tanti martiri e rovine. Per difenderla sembrarono rivivere Nerone e Diocleziano nei Cesari battezzati: Leone Isaurico, Costantino Copronimo, Leone l'Armeno, Michele e suo figlio Teofilo. Riapparvero così gli editti di persecuzione, una volta banditi a proteggere gl'idoli, per sfociare di nuovo nell'idolatria, di cui la Chiesa, essi dicevano, s'era imbrattata.
Invano san Germano di Costantinopoli proclamò alto che i cristiani non adoravano le immagini, ma solo le veneravano con un culto relativo alla persona dei Santi ch'esse effigiavano. L'esilio del patriarca fu la risposta del cesare pontefice. La soldataglia che aveva l'incarico d'eseguire le volontà del principe si scagliò a saccheggiare le chiese e le case dei privati; d'ogni parte le statue venerate caddero sotto il martello dei demolitori; si coprirono di calce gli affreschi delle pareti; si lacerarono e ridussero in pezzi i paramenti sacri, i vasi dell'altare, per distruggere gli smalti istoriati e l'ornato delle immagini.
Il martirio.
Mentre nelle pubbliche piazze il rogo inceneriva quei capolavori, alla presenza delle popolazioni che ne avevano nutrita la pietà, anche l'audace artista che aveva tentato di continuare a riprodurre le sembianze di Nostro Signore, di Maria e dei Santi, era gettato nel fuoco e soffriva ogni genere di torture, insieme ai fedeli rei solamente di non aver potuto trattenere i loro sentimenti alla vista di quello scempio. Così in breve tempo, ahimè! nell'ovile desolato spadroneggiò il terrore, ed alcuni capi del gregge, curvando la testa sotto quell'uragano, si prestarono a lamentevoli compromessi.
Fu allora che la nobile discendenza di san Basilio, monaci e vergini consacrate, insorsero compatti a tener testa ai tiranni: a prezzo dell'esilio, delle orride prigioni, e della morte causata dalla fame e dalle torture, dai flutti e dalla spada, essi poterono salvare le tradizioni dell'arte antica e la fede degli avi. La quale, in quell'ora della storia, si può dire personificata nel santo monaco e pittore che porta il nome di Lazzaro, che, tentato da lusinghe e minacce, quindi torturato e messo ai ferri, e finalmente, quale eroico recidivo, con le mani bruciate da lame incandescenti, non di meno continuò a esercitare la sua arte per amore dei Santi, per i suoi fratelli e per Dio, sopravvivendo agli stessi persecutori.
Fu allora anche che si affermò definitivamente l'indipendenza temporale dei Romani Pontefici. Allorché Leone Isaurico minacciava di venire fino a Roma a fare in pezzi la statua di san Pietro, tutta l'Italia accorse a bloccare ai nuovi barbari le sue sponde e a difendere i tesori delle sue Basiliche e a sottrarre il Vicario dell'Uomo-Dio al residuo di patronaggio che Bisanzio ancora si attribuiva.
Fu un'epoca gloriosa che, durata per ben centovent'anni, abbraccia la successione dei grandi Papi che va da san Gregorio II a san Pasquale I, e i due punti estremi sono illustrati in Oriente da due nomi: Teodoro Studita, che nella sua incrollabile fermezza prepara il trionfo finale; Giovanni Damasceno che, all'inizio, ne segnalò la burrasca.
Sino ai tempi nostri si lamentava che un'epoca i cui ricordi riempivano i fasti della Liturgia greca, non fosse commemorata da nessuna festa nel calendario delle Chiese latine. La lacuna fu colmata sotto il pontificato di Leone XIII; così dal 1890, Giovanni Damasceno, il protetto di Maria, il monaco la cui eminente dottrina gli valse il nome di fiume d'oro, ricorda in Occidente l'eroica lotta in cui l'Oriente ebbe altissimi meriti presso la Chiesa e il mondo tutto.
L'insegnamento della Chiesa.
Concludiamo col riportare qui i punti più salienti delle definizioni con le quali la Chiesa, prima nell'VIII secolo e più tardi nel XVI, rivendicò le sante Immagini dalla proscrizione cui le aveva condannate l'inferno. "È cosa legittima, dichiara il secondo concilio di Nicea, porre nelle chiese a modo di affresco, o di tavola, sui paramenti e vasi sacri, come anche nelle case e per le strade, sia le immagini in dipinto, che in mosaico o d'altra materia conveniente, rappresentanti Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, la purissima Vergine e santa Madre di Dio, gli Angeli e tutti i Santi; così che si possano incensare e accendere lumi davanti a loro (2.o Concilio di Nicea, sess. 7). - Non certo, continuano i Padri di Trento contro i Protestanti, è da credere ch'esse abbiano una divinità o una virtù propria, o che si debba riporre fiducia proprio nell'immagine, come una volta i pagani nei loro idoli; ma, riferendosi al prototipo l'onore ad esse attribuito [1], è a Cristo stesso che, per esse, vanno le nostre adorazioni, ed ai Santi l'onore che noi attribuiamo alla loro effige" (Concilio di Trento, sess. 25).
VITA. - San Giovanni nacque verso l'anno 676. Apparteneva ad una ricca famiglia di Damasco; a somiglianza di suo padre, esercitò un'importante carica presso la corte del califfo. Quindi abbandonò il mondo e si ritirò nel la solitudine di S. Saba. In alcune sue Lettere dommatiche rimaste celebri, egli divenne, contro l'imperatore iconoclasta Leone Isaurico, l'intrepido difensore del culto delle immagini. Sue cure principali furono: insegnare, scrivere e predicare. In lui rifulsero di vivo splendore le virtù dell'obbedienza e dell'umiltà; nutrì una filiale pietà verso la Madre di Dio ed un ardente zelo per la salute delle anime; amante intransigente della verità, non lo fu meno della concordia fraterna. Morì nel 749 e fu sepolto a S. Saba. Ben presto cominciò il suo culto; nel 7.o Concilio ecumenico fu additato come difensore instancabile della tradizione cattolica e dell'unità della Chiesa; finalmente, con un decreto del 19 agosto 1890, Papa Leone XIII lo proclamò Dottore della Chiesa e ne fissò la festa il 27 marzo.
L'arte e la preghiera.
O difensore delle Immagini sante, concedi, come prega la Chiesa (Colletta del giorno), che imitiamo le virtù e siamo protetti da coloro ch'esse rappresentano. L'immagine ci fa venerare e pregare il nostro re Cristo ed i suoi Santi. Essa è un libro per coloro che non sanno leggere; anzi molti letterati traggono a volte più profitto da un rapido sguardo gettato su d'un eloquente quadro, che nella lettura prolungata d'una quantità di volumi. Nel suo lavoro, l'artista cristiano fa nel contempo un atto di religione e di apostolato, così che non è da stupirsi se in ogni epoca turbolenta l'odio infernale scatena sconvolgimenti atti a distruggere le loro opere. Con te, dunque, diremo, o san Giovanni Damasceno:
"Va' via, Satana, con la tua invidia, tu che non puoi tollerare di farci contemplare l'immagine di Nostro Signore e di santificarci alla sua vista; tu che non vuoi farci considerare le sue salutari sofferenze, ammirare la sua condiscendenza, godere lo spettacolo dei suoi miracoli per trame occasione di meglio conoscere e lodare la potenza della sua divinità. Invidioso dei Santi e degli onori che hanno ottenuto da Dio, tu non puoi sopportare che abbiamo sotto gli occhi la loro gloria, per paura che quella vista non ci muova a imitarne il coraggio e la fede; non puoi sopportare l'aiuto che ci ripromettiamo ai corpi e alle anime nostre per la confidenza che in esse riponiamo. Ma noi, demonio geloso e nemico degli uomini, non ti seguiremo" (Delle Immagini, 3,3).
Lode.
Sii pertanto la nostra guida, tu che vieni salutato dalla sacra scienza come uno dei suoi primi luminari. Il più prezioso di tutti i beni è il conoscere, dicevi (Dialetica, 1). E l'unica tua ambizione fu sempre quella di portare le intelligenze al solo maestro immune da ogni falsità, a Cristo, forza e sapienza di Dio.
Un giorno Maria, apparendo alla guida dei tuoi primi passi monastici, alla quale obbedivi come a Dio stesso, predisse il successo della vostra dottrina e delle vostre opere, dicendo: "Lascia scorrere la sorgente dalle dolci e limpide acque; nel suo corso percorrerà l'universo e disseterà le anime avide di scienza e di purezza; e nella sua potenza arginerà il mareggiar dell'eresia, trasformandola in una meravigliosa dolcezza". Continuando nel suo dire, la Regina delle celesti armonie aggiungeva che tu avevi ricevuto la profetica cetra e il salterio, per intonare nuovi inni al Signore Dio nostro, gareggianti con quelli dei Cherubini (Giovanni di Gesù, Vita di G. Damasceno, 31). Perché le Chiese cantassero la morte e la risurrezione di Cristo (ibid.), bisognava che avessero in te un maestro di coro. Dalle feste dell'esilio e dalla Pasqua del tempo, guidaci attraverso il Mar Rosso e il deserto all'eterna festa, ove tutte le immagini di questa terra svaniscono dinanzi alle celesti realtà, ove ogni scienza si eclissa nella chiara visione e dove regna Maria, tua diletta ispiratrice, tua e nostra Regina.
[1] Tale formula, che contiene la vera teologia del culto delle immagini, è stata mutuata dal Concilio di Trento dal secondo di Nicea, che testualmente la trasse da san Giovanni Damasceno: De fide orthodoxa, 4,16.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 887-891.».




Luca, Sursum Corda!

Holuxar
28-03-19, 00:50
27 MARZO 2019: SAN GIOVANNI DAMASCENO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA…




«27 MARZO SAN GIOVANNI DAMASCENO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA»
"San Giovanni Damasceno, confessore e dottore, 27 marzo."
Guéranger, L'anno liturgico - 27 marzo. San Giovanni Damasceno, Confessore e Dottore della Chiesa (http://www.unavoce-ve.it/pg-27mar.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-27mar.htm





San Giovanni Damasceno - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-damasceno/)
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«27 marzo 2018, San Giovanni Damasceno, Prete, Confessore e Dottore della Chiesa.
“San Giovanni Damascèno, Prete, Confessore e Dottore della Chiesa, il cui giorno natalizio si commemora il sei maggio”.
Preghiera alla Madonna di san Giovanni Damasceno:
Ti saluto, o Maria, Speranza dei Cristiani! Accogli la supplica di un peccatore che Ti ama teneramente, Ti onora particolarmente e ripone in Te tutta la speranza della sua salvezza. Per merito tuo ho la vita. Tu mi riconduci nella grazia di tuo Figlio e sei il pegno certo della mia salvezza. Ti supplico dunque, di liberarmi dal peso dei miei peccati, distruggi le tenebre della mia mente, scaccia i legami terreni dal mio cuore, reprimi le tentazioni dei miei nemici e guida la mia vita, così che possa giungere per tuo mezzo e sotto la tua guida, all’eterna felicità del Paradiso. Così sia.»
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"Sante Messe - Sodalitium"
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"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
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“Sodalitium - IMBC.”
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“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”




«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
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La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.».







“San Giovanni Damasceno”
San Giovanni Damasceno (http://www.santiebeati.it/dettaglio/30250)
http://www.santiebeati.it/dettaglio/30250





https://forum.termometropolitico.it/54563-oggi-27-marzo-la-chiesa-cattolica-festeggia-il-s-tommaso-d-oriente.html
“Oggi 27 marzo la Chiesa Cattolica festeggia il "S. Tommaso" d'Oriente.”
https://forum.termometropolitico.it/274682-27-marzo-4-dicembre-s-giovanni-damasceno.html
“27 marzo (4 dicembre) - S. Giovanni Damasceno.”







https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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https://sardiniatridentina.blogspot.com/2019/03/san-giovanni-damasceno-confessore-e.html?m=1
“SAN GIOVANNI DAMASCENO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA
Doppio.
Paramenti bianchi.
San Giovanni Damasceno, importante funzionario di corte, passò alla vita monastica e si distinse nella difesa della Fede soprattutto dalla eresia degli Iconoclasti. Questi eretici arrivarono a tagliargli la mano destra, la quale però gli fu restituita integra dalla Vergine Santissima da lui tanto venerata e lodata. Passò al Signore nella laura di Mar Saba il 4 dicembre 749. Leone XIII lo proclamò Dottore della Chiesa nel 1890.
(…) Preghiamo.
Signore, i doni ricevuti ci difendano qual arma celeste: e ci sia di scudo il patrocinio del beato Giovanni, rafforzato dall'unanime suffragio dei santi, alle cui immagini rivendicò la venerazione nella Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.”
https://2.bp.blogspot.com/-N87tEVDF2ro/XJawbKKYPvI/AAAAAAAACH0/xDIc0x7jLlIWo8xoUdxIxXTbj9DIl8YDQCLcBGAs/s1600/29062645_1622044657871928_7387761850438851285_n.jp g

“MERCOLEDÌ DELLA TERZA SETTIMANA DI QUARESIMA.
Stazione a San Sisto.
Semidoppio.
Paramenti violacei.
Santa Madre Chiesa ci inculca oggi il dovere che abbiamo nell'adempiere ai comandamenti che Dio, Padre buono, ha dato a Mosè sul Sinai e che Gesù Cristo, suo divin Figliolo, ha perfezionato. La volontà di Dio, espressa perfettamente nei comandamenti deve ispirare realmente la nostra vita di Cristiani, allontanandoci da una osservanza ipocrita e farisaica che si limita all'esteriorità.”

“L'ANGOLO PATRISTICO
Omelia di san Girolamo Prete.
Libro 2 Commento al capo 15 di Matteo.
Meravigliosa stoltezza dei farisei e degli scribi! Rimproverano al Figlio di Dio di non osservare le tradizioni e gli ordini degli uomini: «Ché i tuoi discepoli non si lavano le mani quando prendono il pane» (Matth. 15.2). Le mani, cioè le opere, che bisogna purificare, non sono quelle del corpo, ma quelle dell'anima, affinché si adempia in esse la parola di Dio. «Ma egli rispose loro dicendo: E voi perché trasgredite il comando di Dio per amore della vostra tradizione?» (Matth. 15.3). Egli confuta un'accusa falsa con una risposta piena di verità. Mentre voi, dice, per amore delle tradizioni degli uomini trascurate i comandamenti del Signore, come osate accusare i miei discepoli di tener poco conto delle prescrizioni degli antichi, per osservare gli ordini di Dio?
«Poiché Dio ha detto: Onora il padre e la madre; e: Chi maledirà il padre o la madre sia punito di morte. Voi invece dite: Chiunque dica al padre o alla madre: Di quello con cui avrei potuto aiutarvi, ho fatto un'offerta: e non è più obbligato ad assistere suo padre o sua madre» (Matth. 15:4). La parola «onore» nelle Scritture, non si riferisce tanto a saluti e ad atti di deferenza, quanto alle elemosine e a rendere i buoni uffici. «Onora, dice l'Apostolo, le vedove che sono veramente vedove» (1Tim. 5.3). Qui per onore significa l'assistenza. E in un altro luogo: «I Preti si devono onorare con doppio onore, massimamente quelli che si affaticano nel ministero della parola e dell'insegnamento di Dio» (Tim 5:17). Noi riceviamo ancora l'ordine di assisterli per il precetto che comanda di «non chiudere la bocca al bue che trebbia» (Deut. 25:4): e «l'operaio è degno della sua mercede» (Luc. 10:7).
Il Signore, in vista della debolezza, dell'età e dell'indigenza dei genitori, aveva comandato ai figli di onorarli (i loro genitori) anche sovvenendo ai bisogni della loro vita. Gli scribi e i farisei volendo rovesciare questa legge divina sì saggia e previdente, per stabilire l'empietà sotto il nome di pietà, insegnarono a dei pessimi figli, che se qualcuno voleva offrire a Dio, nostro vero padre, ciò che si deve dare ai parenti, questa offerta al Signore doveva giudicarsi migliore dell'assistenza resa ai genitori: allora senza dubbio i genitori medesimi rinunciavano, per non essere sacrileghi, a delle risorse che vedevano consacrate a Dio, e si consumavano di miseria. E così avveniva che le offerte dei figli, col pretesto dell'onore del tempio e di Dio, divenivano guadagno dei sacerdoti.”







https://www.sursumcorda.cloud/
https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
«Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Amen.
Eterno Padre, intendo onorare sant’Alessandro soldato, il quale, sotto l’imperatore Massimiano, dopo aver superato molti combattimenti per Cristo ed avere operato molti miracoli, col taglio della testa compì il martirio. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Soldato, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, Sant'Alessandro martire possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.».
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/23-a-voi-o-beato-giuseppe.html

https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri.html
“Per affrontare, con dati oggettivi e senza compromessi, il problema del Vaticano Secondo e dei modernisti che occupano la maggior parte delle nostre chiese --> La questione del cosiddetto "papa eretico" ed il problema dell'autorità nella Chiesa --> Appunti sulla questione del cosiddetto «papa eretico»”
https://www.sursumcorda.cloud/massime-e-meditazioni/la-questione-del-papa-eretico.html

https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/150-preghiera-di-san-pietro-canisio-per-conservare-la-vera-fede.html
“Preghiera di San Pietro Canisio per conservare la vera fede”
https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/


"27 marzo 1846. Per dovere dell’ufficio pastorale, posto sulle Nostre spalle dalla suprema provvidenza di Dio; portando il peso, certamente non lieve, della cura di tutto il gregge del Signore, riteniamo che si debba provvedere particolarmente alle pecore che abitano le regioni geograficamente più lontane da questa Sede Apostolica, che è il centro dell’unità cattolica, in modo che, recuperate dalla venuta del Pastore eterno dentro il vero ovile, possano essere felicemente condotte verso i pascoli del cielo. Da SS Gregorio XVI Ex debito pastoralis."

"Ora l'opera del pastore dovrà essere primieramente di difesa dai ladri (gli eretici e i settari, ndr). Ogni ovile è spiato da ladri e malandrini, che agognano di farne il campo delle loro ruberie. Quando essi si accostano all'ovile e furtivamente vi penetrano, non hanno che un fine : rubare e fare strage: Fur non venit visi ut furetur et mactet et perdat (Io. 10, 10)... Nemici, o — se volete, — lo stesso « nemico » sotto diverse forme e spoglie, occorrerà scoprire. Si avvicinano spesso vestiti da agnelli, « in vestimentis ovium » (Matth. 7, 15). Bisognerà quindi adoperarsi affinché i fedeli li riconoscano dalle opere; dalle piante, cioè, che per causa loro, nascono e crescono nel campo di Dio, come pure dai frutti che su quelle piante maturano : « a fructibus eorum». Dal DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII AI PARROCI E AI QUARESIMALISTI DI ROMA."





“Sul delitto rituale, storia e critica (di Mons. Umberto Benigni)
https://www.agerecontra.it/2019/03/sul-delitto-rituale-storia-e-critica-di-mons-umberto-benigni/
https://www.agerecontra.it/2019/03/sul-delitto-rituale-storia-e-critica-di-mons-umberto-benigni/
Dalla conclusione della ricerca: «Ecco (qui esposte) le ragioni che ci vietano di credere assolutamente esaurita in senso negativo la questione angosciosa del delitto propriamente rituale». Mons. Umberto Benigni (Sodalitium Pianum), copia anastatica di «Storia Sociale della Chiesa» 5/7, ed. C.L.S., Verrua Savoia, 2018, volume IV, tomo 1, dalla pagina 369 alla pagina 387.
(…) FONTE – https://www.sursumcorda.cloud/articoli/centro-studi-vincenzo-ludovico-gotti/2120-sul-delitto-rituale-storia-e-critica-di-mons-umberto-benigni.html ”



https://www.agerecontra.it/2019/03/nella-napoli-di-de-magistris-inaugurata-via-ipazia/
«Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 27/19 del 27 marzo 2019, San Giovanni Damasceno
Nella Napoli di De Magistris inaugurata via Ipazia.
Segnaliamo la propaganda anticlericale di bassa lega che ha accompagnato l’inaugurazione a Napoli di una via dedicata a Ipazia.
Sul mito di Ipazia e dei suoi sostenitori, tra cui Franco Cardini, rimandiamo a un precedente articolo del nostro centro studi: Miti laicisti: Ipazia - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/miti-laicisti-ipazia/)
Inaugurata Via Ipazia d’Alessandria a Napoli, dedicata alla greca trucidata dai cristiani (il titolo è già tutto un programma)
https://www.vesuviolive.it/ultime-notizie/283827-inaugurata-via-ipazia-dalessandria-a-napoli-dedicata-alla-greca-trucidata-dai-cristiani/
fonte – Nella Napoli di De Magistris inaugurata via Ipazia - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/nella-napoli-de-magistris-inaugurata-via-ipazia/) »
http://www.centrostudifederici.org/nella-napoli-de-magistris-inaugurata-via-ipazia/







«Radio Spada è un sito di controinformazione cattolico http://www.radiospada.org e una casa editrice http://www.edizioniradiospada.com
https://www.facebook.com/radiospadasocial/ »

“27 marzo 2019: MERCOLEDÌ DELLA TERZA SETTIMANA DI QUARESIMA.”
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“27 MARZO 2019: SAN GIOVANNI DAMASCENO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA.”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/55458245_2593449257351394_7965522063140061184_n.jp g?_nc_cat=109&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=ee6411b1cb1d554a2bcf8f6ee60c1047&oe=5D0C0151


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/55458245_2593449257351394_7965522063140061184_n.jp g?_nc_cat=109&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=ee6411b1cb1d554a2bcf8f6ee60c1047&oe=5D0C0151







http://www.agerecontra.it/


http://www.centrostudifederici.org


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https://moimunanblog.com/





“Pro Fide Catholica | Le site de Laurent Glauzy”
https://profidecatholica.com/


https://johanlivernette.wordpress.com/


https://lacontrerevolution.wordpress.com/


https://sedevacantisme.wordpress.com/


http://www.catholique-sedevacantiste.fr/


http://wordpress.catholicapedia.net/


https://militesvirginismariae.wordpress.com/



Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/)
http://liguesaintamedee.ch/
https://www.facebook.com/SaintAmedee/
«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
“Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur.”

Messes :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/messes)
http://liguesaintamedee.ch/messes

"Discipline originelle du carême chrétien."

27 mars : Saint Jean Damascène, Docteur de l'Église (776-880) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/27-mars-saint-jean-damascene)
“27 mars : Saint Jean Damascène, Docteur de l'Église (776-880).”
http://liguesaintamedee.ch/application/files/9615/2183/7503/03_27_saint_jean_damascene.jpg


http://liguesaintamedee.ch/application/files/9615/2183/7503/03_27_saint_jean_damascene.jpg




Lodato sempre sia il Santissimo nome di Gesù, Giuseppe e Maria!!!
Christus vincit! Christus regnat! Christus imperat!
Luca, Sursum Corda – Habemus Ad Dominum!!!

Holuxar
12-05-19, 19:28
6 MAGGIO 2019: sesto giorno di Maggio Mese Mariano, terzo giorno della novena di preparazione al 13 Maggio, Solennità della Beata Vergine Maria di Fatima, da recitarsi dal 4 al 12 Maggio; NATALE DI SAN GIOVANNI DAMASCENO e SAN GIOVANNI, Apostolo ed Evangelista, DAVANTI LA PORTA LATINA…



«6 MAGGIO SAN GIOVANNI DAVANTI LA PORTA LATINA»
Guéranger, L'anno liturgico - 6 maggio. San Giovanni davanti la Porta Latina (http://www.unavoce-ve.it/pg-6mag.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-6mag.htm





“6 maggio - S. Giovanni, apostolo ed evangelista, davanti a Porta Latina.”
https://forum.termometropolitico.it/625111-6-maggio-s-giovanni-apostolo-ed-evangelista-davanti-porta-latina.html





«"O mi Iesu, dimitte nobis debita nostra, libera nos ab igne Inferni, perduc in Caelum omnes animas, praesertim illas quae maxime misericordiae tuae indigent. Amen".»
«Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell'inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia. Amen".»



Maggio mese di Maria: 6° giorno ? Stellamatutina.eu ? Sito di cultura cattolica in piena e totale obbedienza al Magistero Petrino. (http://www.stellamatutina.eu/maggio-mese-di-maria-6-giorno/)
http://www.stellamatutina.eu/maggio-mese-di-maria-6-giorno/



https://www.radiospada.org/wp-content/uploads/2017/05/Novena-alla-Madonna-di-Fatima.pdf
“13 Maggio Beata Vergine Maria di Fatima.
Novena di preparazione DA RECITARSI DAL 4 AL 12 MAGGIO.
Ogni giorno si termina con un’Ave Maria e l’invocazione Madonna del Rosario di Fatima, prega per noi.”



https://www.facebook.com/catholictradition2016/
“NOVENA A NOSTRA SIGNORA DI FATIMA
in occasione del 102° anniversario della prima apparizione del Cuore Immacolato di Nostra Signora Maria Santissima (…)
Mio Dio, io credo, adoro, spero e Vi amo. E Vi chiedo perdono per coloro che non credono, non adorano, non sperano e non Vi amano.”








http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-porta-latina/
«6 maggio, San Giovanni, Apostolo ed Evangelista, presso la Porta Latina.
“A Roma san Giovanni, Apostolo ed Evangelista, avanti la Porta Latina, il quale, per ordine di Domiziano, da Efeso fu tradotto legato a Roma, e, per sentenza del Senato, avanti la detta Porta gettato in una caldaia di olio bollente, ne uscì più sano e gagliardo di prima”.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/gio-porta-latina-3.jpg
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/gio-porta-latina2-253x300.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/gio-porta-latina-3.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/gio-porta-latina2-253x300.jpg




SANTE MESSE "NON UNA CUM" CELEBRATE DAI SACERDOTI DELL' I.M.B.C. ("ISTITUTO MATER BONI CONSILII") E DA DON FLORIANO IN TUTTA ITALIA:


"Sante Messe - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"Torino - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/torino/

"Modena - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/modena/

"Rimini - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/rimini/

"Pescara - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/pescara/

"Potenza - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/potenza/

"Roma - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/roma/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium"
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”




«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
http://www.domusmarcellefebvre.it/
II Domenica dopo Pasqua (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=71aZwW6lBYU
II Domenica dopo Pasqua - (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=BuGlDuSs0LQ
Domenica in Albis (Santa Messa e Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=UG870mk5GHo
Lunedì Pasqua - dell' Angelo (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=wPkpeDbQdo8
Santa Pasqua (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=G-lviMz3pWY
Santa Pasqua 2019 - (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=lwCe33a3TUo
Sabato Santo (Veglia Pasquale)
https://www.youtube.com/watch?v=jphVO0FHUMw
Venerdì Santo
https://www.youtube.com/watch?v=6v8gLX5hNW0
Giovedi Santo
https://www.youtube.com/watch?v=80W3peGsC9I
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.».





Per la Messa romana, contro il Novus ordo - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/la-messa-romana-novus-ordo/)
http://www.centrostudifederici.org/la-messa-romana-novus-ordo/
«Per la Messa romana, contro il Novus ordo 6 maggio 2019.
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 36/19 del 6 maggio 2019, San Giovanni a Porta Latina
Per la Messa romana, contro il Novus ordo
“Chi si accontenta del M.P. Summorum Pontificum, che dichiara al contrario che il messale riformato da Paolo VI è il rito ordinario della Chiesa cattolica, e che ne difende a priori l’ortodossia dottrinale, ha già disertato la battaglia iniziata, 40 anni fa, dal Breve esame critico del Novus Ordo Missæ”.
Prefazione alla ristampa del Breve esame critico del Novus ordo Missæ
Il 30 novembre 1969, prima domenica d’Avvento e quindi inizio del nuovo anno liturgico, doveva entrare in vigore in tutte le chiese cattoliche un nuovo “Ordo Missae”, un nuovo messale (promulgato con la costituzione apostolica Missale Romanum del 3 aprile 1969) in applicazione, si diceva, della costituzione conciliare sulla liturgia Sacrosantum Concilium (4 dicembre 1963). Nelle intenzioni di Paolo VI, chiaramente manifestate nel concistoro ai cardinali del 24 maggio 1976, il messale riformato doveva prendere – definitivamente – il posto dell’antico: “L’adozione del nuovo Ordo Missae non è certamente lasciato alla libera decisione del sacerdote o dei fedeli. L’istruzione del 14 giugno 1971 ha previsto che la celebrazione della messa secondo l’antico rito sarebbe permessa, con l’autorizzazione dell’Ordinario, solo ai sacerdoti anziani o malati che celebrano senza assistenza. Il nuovo Ordo è stato promulgato per prendere il posto dell’antico, dopo matura riflessione, al fine di mettere in pratica le norme previste dal concilio Vaticano II”.
Sono passati trent’anni ormai (oggi 50, ndr) da quel celebre discorso, e l’antico messale non è scomparso, come invece si voleva e si pensava. E questo non solo perché viene ancora di fatto celebrato in ogni parte del mondo cattolico, ma anche perché dei provvedimenti emanati dai successori di Paolo VI hanno autorizzato in modo sempre più ampio la celebrazione dell’antico messale; ultimo in ordine di tempo il Motu Proprio “Summorum Pontificum” del 7 luglio 2007. (cfr: https://www.sodalitium.biz/comunicato-riflessioni-sul-motu-summorum-pontificum-2/)
L’antico Ordo Missæ non è scomparso, è un dato di fatto. Come spiegarlo? Ciò si spiega con un altro fatto: la non accettazione pacifica, da parte della Chiesa, del messale riformato. Fin dall’inizio, non solo molti sacerdoti, vescovi e persino cardinali hanno continuato a celebrare con l’antico Missale Romanum (ancora recentemente, un libro ed un’intervista hanno rivelato ad esempio che tra questi bisogna annoverare il Vescovo Ronca ed il cardinal Poggi). Ma sono state anche sollevate delle obiezioni, delle critiche, delle accuse, all’ortodossia stessa di una riforma liturgica che – tra l’altro – non applicava le prescrizioni conciliari, ma le oltrepassava e, a volte, le contraddiceva (cf cardinal Alfons Stickler, Témoignage d’un expert au Concile, A.P.O.C.-Centre international d’études liturgiques, Versailles, 2002).
Nello stesso anno della promulgazione del nuovo messale, vennero infatti pubblicati due studi teologici nei quali non solo l’opportunità ma l’ortodossia stessa del nuovo messale veniva messa in discussione, studi che il lettore potrà rispettivamente leggere in questo volumetto, e nel n. 63 della rivista Sodalitium.
Il primo e il più noto di questi studi è il Breve esame critico del Novus Ordo Missae, datato “Corpus Domini 1969”, e opera, secondo l’espressione dei Cardinali Ottaviani e Bacci che lo approvarono e presentarono a Paolo VI, di “uno scelto gruppo di teologi, liturgisti e pastori d’anime”. Il Breve esame venne pubblicato a Roma dalla “Fondazione Lumen gentium” (in realtà l’associazione Una Voce), e ben presto tradotto dall’italiano in francese, e in numerose altre lingue. Anche il secondo studio, pubblicato a Parigi dalla rivista “La Pensée catholique” (n. 122, anno 1969, pp. 5-43) col titolo di “Ordo missae”, risultava opera di un anonimo “gruppo di teologi”. In realtà, l’autore principale, se non unico, di queste due opere anonime e collettive, fu il teologo domenicano Michel-Louis Guérard des Lauriers.
In quell’anno 1969, Padre Guérard des Lauriers insegnava a Roma, nella Pontificia Università Lateranense, ove era stato chiamato dal Rettore, Mons. Antonio Piolanti, fin dal 1961. Nato a Suresnes, presso Parigi, nel 1898, Raymond Michel Charles Guérard des Lauriers, si distinse fin da subito per le sue notevoli capacità intellettuali. Entrato nel 1921 nella Scuola Normale Superiore (rue d’Ulm) nel 1921, passò l’esame di concorso di matematica nel 1924. Studiò due anni a Roma, presso il professor Levi-Civita, preparando la tesi che sosterrà alla Sorbona col professor Elie Cartan. Proprio durante il suo soggiorno romano, sentì il richiamo della vocazione religiosa che interruppe la sua brillante carriera scientifica, ma non i suoi studi che volle interamente consacrati alla Verità prima. Entrato nell’Ordine dei Predicatori nel 1925, vi fece professione nel 1930 col nome religioso di frate Louis Bertrand, e fu ordinato sacerdote nel 1931. Dal 1933 insegnava all’Università domenicana del Saulchoir, quando, come detto, fu chiamato a Roma da Mons. Piolanti, ed ottenne la cattedra nell’ “Università del Papa”, com’era chiamata la Lateranense. Visse da vicino, quindi, gli avvenimenti del Vaticano II, che sconvolsero la vita della Chiesa; protagonisti, in negativo, di questa rivoluzione furono, tra l’altro, due confratelli domenicani del Saulchoir: padre Chenu e padre Congar. Alla chiusura del Concilio, Paolo VI affidò la riforma liturgica non alla Curia Romana, ma al Consilium ad exequendam Constitutionem de Sacra liturgia, che ebbe primo presidente il cardinal Giacomo Lercaro, e come segretario il padre lazzarista Annibale Bugnino. Il cardinal Antonelli, che pure fu membro del Consilium, ebbe a scrivere: “ho l’impressione che si sia concesso molto, soprattutto in materia di sacramenti, alla mentalità protestante”; nel rito della Messa “l’insistenza sull’idea della cena (…) sembra andare a discapito dell’idea di sacrificio”.
Fin dal 1965, anno in cui fu introdotto il Volgare nella Liturgia, si manifestò però un’opposizione alla riforma liturgica in atto con la fondazione dell’Associazione internazionale Una voce dicentes, per la salvaguardia della liturgia latino-gregoriana. In Italia, a Roma, Una Voce fu fondata il 7 giugno 1966. Non compare, tra i nomi dei fondatori, la scrittrice Cristina Campo (1923-1977): eppure fu proprio lei ad ispirare e dirigere i primi passi della nuova associazione che aveva poco tempo per cercare di contrastare la creazione ex-novo, cosa inaudita, di un nuovo rito della Messa romana che avrebbe dovuto soppiantare e annichilire la Messa che ab immemorabili era stata tramandata fino a noi dai tempi di San Leone Magno e San Gregorio Magno, e che San Pio V aveva quasi “canonizzato” come baluardo opposto all’eresia protestante.
Il Breve esame critico nasce dall’incontro, a Roma, del teologo domenicano Guérard des Lauriers e della scrittrice bolognese, ormai trapiantata a Roma, Cristina Campo (nom de plume di Vittoria Guerrini). A Cristina Campo, alle sue luci e alle sue ombre, il nostro Centro Librario ha dedicato un saggio (F. Ricossa, Cristina Campo, o l’ambiguità della Tradizione) al quale rinviamo il lettore; in esso è tracciata anche la storia con tutte le vicissitudini del Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae, che pertanto non riportiamo in questa breve introduzione. Basterà qui ricordare come il Breve Esame fu “redatto nei mesi di aprile e maggio 1969 [esso porta la data simbolica del Corpus Domini, che cadeva quell’anno il 5 giugno] soprattutto la notte, poiché questo impegno imprevisto si aggiungeva a delle giornate già abbastanza occupate [Padre Guérard insegnava alla Pontificia Università Lateranense]. Dettato a partire da note scritte in francese, e scritto direttamente in italiano da V.C. Guerrini, il testo fu completato e minuziosamente messo a punto da quest’ultima, specialmente per tutto quello che concerne la liturgia”. Così scrisse lo stesso Padre Guérard nel presentare, nel 1983, una nuova edizione del Breve Esame in italiano e francese. Opera di Padre Guérard, quindi, e di Cristina Campo: un confronto con l’articolo già citato pubblicato dalla rivista parigina La Pensée catholique ed il Breve Esame, pur nella differenza dello stile, dimostrerebbe facilmente la similitudine degli argomenti svolti da Padre Guérard nei due testi, gli sviluppi da lui dati nell’articolo in francese al Breve Esame, e la parte propria invece a Cristina Campo, quella cioè che si ritrova nel Breve Esame e non nell’articolo della Pensée Catholique. Dopo la pubblicazione del nostro Cristina Campo o l’ambiguità della Tradizione non può sussistere alcun dubbio sugli autori del Breve Esame (Padre Guérard des Lauriers e Cristina Campo): una paternità che Padre Guérard, d’altronde, rivendicò pubblicamente, senza essere mai smentito, sulla rivista Itinéraires (n. 146, settembre-ottobre 1970). Molti altri nomi sono stati fatti; in realtà vi furono delle riunioni preparatorie presso la sede di Una Voce, durante le quali diedero il loro contributo alcuni sacerdoti (“cinque o sei”, secondo Padre Guérard) tra i quali sono degni di menzione il liturgista mons. Domenico Celada, e il curiale Mons. Renato Pozzi; ma il loro contributo fu marginale. Mons. Lefebvre, che aveva ancora una residenza a Roma e che aveva appena iniziato l’opera della Fraternità sacerdotale San Pio X in Svizzera, seguiva i lavori romani e li incoraggiava; per proteggere però la Fraternità nascente rimase dietro le quinte: “Mons. Marcel Lefebvre ci incoraggiava un po’ da lontano – testimoniò Mons. Guérard des Lauriers – ci gonfiò pure di speranza: ‘ci saranno le firme di 600 Vescovi!’. Purtroppo non ci fu neppure la sua”.
Una Voce (oltre a Cristina Campo, Emilia Pediconi ed Elisabeth Gerstner) riuscì tuttavia ad ottenere l’adesione al Breve Esame di due Cardinali: Antonio Bacci, che già aveva criticato pubblicamente la riforma liturgica, ed Alfredo Ottaviani. Altri porporati (Parente, Felici, Staffa) diedero la loro adesione, e avrebbero sottoscritto l’Esame Critico, se per delle circostanze che sono ricordate nel mio saggio su Cristina Campo non si fosse presentata la necessità di indirizzare precipitosamente il Breve Esame a Paolo VI, nel mese di ottobre del 1969; il card. Ottaviani aveva dato la sua approvazione il 13 settembre, il card. Bacci il 28 settembre.
L’approvazione del cardinal Ottaviani era particolarmente grave, in quanto il prelato era stato il responsabile del Sant’Uffizio e poi della Congregazione per la dottrina della Fede, ed era la conformità stessa del Novus ordo con la fede cattolica definita al concilio di Trento che era negata dai due porporati. Paolo VI fu pertanto costretto a sospendere la pubblicazione del nuovo messale e a farlo esaminare da una commissione che fu istituita in tutta fretta. Il compito della Commissione era comunque chiaro: assolvere il Nuovo Messale da ogni accusa; e tuttavia, la decisione di rivedere e correggere numerose espressioni dell’Institutio generalis (l’introduzione dottrinale al nuovo messale) non faceva altro che confermare la validità delle accuse.
Queste accuse – poste ufficialmente davanti alla Chiesa, in facie Ecclesiae da due eminenti porporati – conservano tuttora la loro validità. Lo afferma lo stesso cardinal Alfons Maria Stickler, in una lettera del 27 novembre 2004, occasionata da una riedizione del Breve esame critico: “l’analisi del ‘Novus Ordo’ fatta da questi due cardinali non ha perduto per nulla il suo valore e, purtroppo, la sua attualità. (…) I risultati della riforma, al parere di molti, oggigiorno, sono stati devastanti. Fu il merito dei cardinali Ottaviani e Bacci scoprire ben presto che la modifica dei riti sfociava in un cambiamento fondamentale della dottrina. (…) È dunque lodevole e utile far ascoltare di nuovo – secondo il vostro desiderio – la voce di questi due principi della Chiesa, difensori della dottrina, della Tradizione cattolica e del papato”.
Dopo il Breve Esame la critica alla riforma liturgica (della Messa ma anche dei sacramenti) è stata approfondita da numerosi contributi: ricordiamo, tra gli altri, fin dal 1970, quello del Vescovo di Campos, Mons. de Castro Mayer, in collaborazione con Arnaldo Xavier Vidigal da Silveira, e poi quelli di L. Salleron, Michael Davies, A. Cekada, K. Gamber, e molti altri… Resta il fatto che il Breve Esame Critico, al dire di Jean Madiran, è “un documento storico di importanza capitale” Esso “fissa per sempre quali furono le ragioni di coloro i quali si opposero, categoricamente e fin dal primo momento, al nuovo Ordo Missæ. Tutto il resto è venuto dopo, tutto il resto è venuto di là: prima di tutto dal contenuto di questo ‘Breve Esame’, in secondo luogo dall’autorità dei due Cardinali. Questo testo è, questo testo rimarrà per la storia, il primo momento del rifiuto cattolico opposto alla nuova messa”.
Documento storico, certamente. Ma anche documento teologico, dottrinale, oseremmo dire ecclesiale: esso rappresenta, per sempre, la voce della gerarchia cattolica contro una riforma di sapore protestante che non può, in quanto tale, venire dalla Chiesa cattolica. Le conseguenze teologiche, sacramentali, ecclesiali e dottrinali della “promulgazione” del Novus Ordo, sono state logicamente e rigorosamente dedotte, approfondite ed esposte da Padre Guérard des Lauriers nel suo monumentale studio sulla validità del Novus Ordo Missæ (Réflections sur le Nouvel Ordo Missæ, pro manuscripto 1977) e poi nei suoi studi sulla vacanza formale della sede Apostolica pubblicati nella rivista di teologia Cahiers de Cassiciacum (1979-81). Ma già il Breve Esame, sottoscritto dai Cardinali Ottaviani e Bacci, non si limitava a chiedere a Paolo VI la sopravvivenza dell’antico e venerabile Messale Romano. Esso chiedeva anche l’abrogazione del nuovo, mettendone sotto accusa l’ortodossia dottrinale. Chi si accontenta del M.P. Summorum Pontificum, che dichiara al contrario che il messale riformato da Paolo VI è il rito ordinario della Chiesa cattolica, e che ne difende a priori l’ortodossia dottrinale, ha già disertato la battaglia iniziata, 40 anni fa, dal Breve esame critico del Novus Ordo Missæ. Pubblicando nuovamente il Breve Esame Critico vogliamo condannare ed evitare questa diserzione, porre a chi di dovere, nuovamente, le obiezioni dei due cardinali, fino a quando la loro voce, eco della dottrina infallibile e immutabile della Chiesa, non verrà finalmente ascoltata ed accolta. Lo facciamo, in un profondo atto di amore e di adorazione al Sacrificio che Nostro Signore Gesù Cristo ha offerto al Padre sulla Croce, e che ancor oggi, ogni giorno, grazie a quanti gli sono rimasti fedeli in questi quarant’anni, è ancora rinnovato sugli altari.
Don Francesco Ricossa
M. L. Guérard de Lauriers o.p., “Breve esame critico del Novus Ordo Missæ, dei cardinali Ottaviani e Bacci”, Centro Librario Sodalitium, pagg. 32, euro 5,00.»
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“Tratto da Enciclopedia Cattolica, Vol. IV, Coll. 117-119, Imprimatur 8 ottobre 1950. Per comunicazione nelle cose sacre o communicatio in sacris si intende la partecipazione dei cattolici alle cerimonie sacre (preghiere, funzioni, prediche, riti) compiuti dagli acattolici (eretici, scisma¬tici, infedeli) dentro o fuori della loro chiese o templi. Questa partecipazione può essere: attiva, quando, cioè, si prende parte al culto religioso positivamente, compiendo qualche atto, che con esso abbia relazione; passiva, quando vi si prende parte solo negativamente, astenendosi da ogni azione, che dica relazione con la cerimonia religiosa; formale, quando vi sia l’adesione della mente e del cuore; materiale, quando quest’adesione manca e tutto si riduce ad un atto di presenza esteriore e fisica. La comunicazione nelle cose sacre si suole designare con il nome di comunicazione in divinis, per distinguerla dalla comunicazione in profanis cioè nelle relazioni private e pubbliche che riguardano la vita domestica e civile, e dalla comunicazione in rebus mixtis, cioè nelle relazioni, le quali importano atti che si possono considerare o hanno un lato anche religioso, come i matrimoni, i funerali e cerimonie simili. La condotta dei cattolici a questo riguardo è regolata in linea di massima dal CIC (Codex Iuris Canonici del 1917), e nelle varie sue applicazioni dalle norme emanate dalle Sacre Congregazioni romane.”

“Disponibile il numero 159 di Sursum Corda – 5×1000
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«Carlo Di Pietro - Sursum Corda.
Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Amen.
Eterno Padre, intendo onorare san Giovanni, Apostolo ed Evangelista, avanti la Porta Latina, il quale, per ordine di Domiziàno, da Efeso fu tradotto legato a Roma, e, per sentenza del Senato, avanti la detta Porta gettato in una caldaia di olio bollente, ne uscì più sano e gagliardo di prima. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Apostolo, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Giovanni, Apostolo ed Evangelista, possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.»

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“Per affrontare, con dati oggettivi e senza compromessi, il problema del Vaticano Secondo e dei modernisti che occupano la maggior parte delle nostre chiese --> La questione del cosiddetto "papa eretico" ed il problema dell'autorità nella Chiesa -->
Appunti sulla questione del cosiddetto «papa eretico»”
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“Raccolta di preghiere non contaminate dall'eresia dell'ecumenismo. Diceva Sant'Alfonso: "Chi prega si salva, chi non prega si danna" ->”
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"La vera umiltà---> https://youtu.be/n9mF_GM9unc "

https://www.sursumcorda.cloud/sostienici/libri/chi-%C3%A8-maria-catechismo-mariano-detail.html
“Padre Gabriele Maria Roschini, Chi è Maria? Catechismo mariano, Sursum Corda, Potenza 2017.
Catechismo mariano composto da 235 articoli, semplici ma eruditi. Un’esposizione chiara, ordinata e sintetica di tutto ciò che riguarda la storia, il dogma ed il culto mariano, secondo la forma classica di domande e risposte.”
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«Preghiera di San Pio X per i Sacerdoti.»
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“RADIO CRISTIANDAD - La Voz de la Tradición Católica. Padre Juan Carlos Ceriani.”
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«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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https://tradidiaccepi.blogspot.com/2019/05/san-giovanni-davanti-porta-latina.html
“SAN GIOVANNI APOSTOLO ED EVANGELISTA PRESSO LA PORTA LATINA.
Stazione avanti la Porta Latina.
Doppio maggiore.
Paramenti rossi.
Gesù aveva promesso a Giacomo e a Giovanni, figli di Zebedeo, che avrebbero bevuto il calice della sua passione per poter partecipare al trionfo della sua risurrezione (Vangelo). L'imperatore Domiziano fece condurre Giovanni a Roma e lo condannò ad esser tuffato in una caldaia d'olio bollente. Ma San Giovanni, miracolosamente uscì da questo supplizio più sano e più vigoroso di prima.
• Dal libro di san Girolamo Prete contro Gioviniano.
Libro 1, n. 26.
L'Apostolo Giovanni, uno dei discepoli del Signore, e, come si narra, il più giovane fra gli Apostoli, era vergine quando abbracciò la fede di Cristo, e vergine rimase; e perciò fu amato di più dal Signore, e riposò sul petto di Gesù; e quello che Pietro, il quale aveva avuto moglie, non osa domandare, lo fa domandare da lui; e dopo la risurrezione, all'annunzio di Maria Maddalena ch'era risorto il Signore, corsero tutti due al sepolcro, ma egli giunse prima; e trovandosi nella barca a pescare nel lago di Genezaret, mentre gli Apostoli, visto Gesù, che stava sul lido, non lo riconobbero, egli solo, vergine, riconosce il vergine, e dice a Pietro: È il Signore.
Giovanni poi fu Apostolo, Evangelista e Profeta: Apostolo, perché scrisse alle chiese come maestro; Evangelista, perché compose uno dei Vangeli, cosa che, eccetto Matteo, non fece nessun altro dei dodici Apostoli; Profeta, perché vide e scrisse nell'isola di Patmos, nella quale era stato relegato dall'imperatore Domiziano per la testimonianza resa al Signore, l'Apocalisse contenente una infinità di misteri riguardanti il futuro. Racconta poi Tertulliano, che, gettato in Roma in una caldaia d'olio bollente, ne uscì più puro e vegeto di quel che v'era entrato.
Ma anche il suo Vangelo si differenzia molto dagli altri. Matteo, quasi parlando d'un uomo, comincia a scrivere così: «Libro della generazione di Gesù Cristo, figlio di David, figlio d'Abramo» (Matth. 1:1); Luca dal sacerdozio di Zaccaria; Marco dalla profezia di Malachia e Isaia. Il primo ha per simbolo la figura d'un uomo, a motivo di questa stessa genealogia; il secondo la figura d'un vitello, a motivo del sacerdozio; il terzo la figura d'un leone, a motivo della voce che grida nel deserto: «Preparate la via del Signore, appianate i suoi sentieri»
(Matth. 1.3). Il nostro Giovanni invece in alto com'aquila vola, e perviene allo stesso Padre, dicendo: «In principio era il Verbo, e il Verbo era appresso Dio, e Dio era il Verbo» (Joann. 1:1).”
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“• Commemorazione del III giorno infra l'Ottava della Traslazione della Reliquie di san Gennaro (per la città e la diocesi di Napoli e il Regno napoletano)”

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https://www.radiospada.org/wp-content/uploads/2017/05/Novena-alla-Madonna-di-Fatima.pdf
“13 Maggio Beata Vergine Maria di Fatima. Novena di preparazione DA RECITARSI DAL 4 AL 12 MAGGIO.
Ogni giorno si termina con un’Ave Maria e l’invocazione Madonna del Rosario di Fatima, prega per noi.”


“6 MAGGIO 2019: SAN GIOVANNI DAVANTI LA PORTA LATINA.”
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“ACRITER ET FIDELITER.
In memoria delle 189 Guardie Svizzere che, il 6 maggio 1527, sacrificarono la loro vita per salvare Papa Clemente VII dai crudeli Lanzichenecchi luterani che saccheggiavano Roma.”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59375409_2659145760781743_8231724750326464512_n.pn g?_nc_cat=107&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=e5e151d7a9ceb656a3346d9dd060937f&oe=5D6B4854


“[GLORIE DEL CARDINALATO] S.E.R. József Mindszenty (Csehimindszent, 29 marzo 1892 - Vienna, 6 maggio 1975). Figlio di contadini, sacerdote nel 1915, subì il primo arresto sotto Béla Kun nel 1919. Vescovo di Veszprém dal 1944, nel 1945 fu elevato alla sede primaziale di Strigonia. Pio XII lo fece Cardinale Prete di santo Stefano al Celio nel 1946. Nel 1948 fu arrestato e torturato dai comunisti che l'anno dopo gli comminarono l'ergastolo. Liberato durante la rivolta del 1956, fino al 1971 visse nell'ambasciata statuniteste a Budapest. Esule a Roma, fu arbitrariamente dimesso dall'arcivescovado nel 1974 da Paolo VI in quanto ostacolo alla ostpolitik vaticana.”
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https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59630115_2659109007452085_6255442815187156992_n.pn g?_nc_cat=111&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=fce678320ad640108755550ffebc8f69&oe=5D2F2872


«[MAESTRI DI RADIO SPADA] 6 maggio 1887: muore a Torino Don Giacomo Margotti, direttore de “L’Armonia” e poi de “L’Unità Cattolica”, grande rappresentante del cattolicesimo integrale, araldo e difensore della Chiesa di Gesù Cristo e del Romano Pontefice contro gli attacchi dei settari e dei cattolici liberali. (testo a cura di Giuliano Zoroddu).»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/59845703_2660232300673089_4183971683075358720_n.jp g?_nc_cat=102&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=342b840d1c17f4b8f12b74740ef4b848&oe=5D58D03F


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«6 maggio: SAN DOMENICO SAVIO, confessore.
Nato il 2 aprile 1842 e morto, a causa di una tubercolosi, il 9 marzo 1857, Domenico Savio fu alunno di san Giovanni Bosco. Fu devotissimo del Sacramento Eucaristico e della Vergine Immacolata, cosa che gli fece ben affrontare il pur breve certame della vita, secondo il suo motto "La morte ma non peccati". Questo angelico quindicenne fu da Pio XII prima proclamato Beato il 5 marzo 1950, poi Santo il 12 giugno 1954.»
«Francesco Patruno Se non erro, la festa fu fissata al 9 marzo da Pio XII. Il 6 maggio fu fissata solo per le diocesi piemontesi e per i salesiani, perché il 9 marzo cade sempre di Quaresima.»










www.agerecontra.it | Sito del Circolo Cattolico "Christus Rex"
http://www.agerecontra.it/

"Centro Studi Giuseppe Federici - sito ufficiale"
http://www.centrostudifederici.org/

"sito dedicato alla crisi dottrinale nella Chiesa cattolica"
http://www.crisinellachiesa.it/

"Sito ufficiale del Centro Culturale San Giorgio"
http://www.centrosangiorgio.com/


C.M.R.I. - "Congregatio Mariae Reginae Immacolata" ("Congregation of Mary Immaculate Queen" "Congregazione di Maria Regina Immacolata"):
http://www.cmri.org/ital-index.html





https://www.truerestoration.org/


https://novusordowatch.org/


": Quidlibet : ? A Traditionalist Miscellany — By the Rev. Anthony Cekada"
http://www.fathercekada.com/

"Home | Traditional Latin Mass Resources"
http://www.traditionalmass.org/





"Como ovejas sin Pastor"
http://sicutoves.blogspot.com/


https://moimunanblog.com/





“Pro Fide Catholica | Le site de Laurent Glauzy”
https://profidecatholica.com/


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"Sede Vacante -"
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«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
“Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur.”

Messes :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/messes)
http://liguesaintamedee.ch/messes


6 mai : Saint Jean devant la Porte Latine (vers 95) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/6-mai-saint-jean-devant-la-porte-latine)
“6 Mai : Saint Jean devant la Porte Latine (vers 95).”
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«Mois de mai : mois de Marie.
Nous conseillons cette page qui explique bien comment prier le Rosaire.
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/57317231_859179997748015_1327450331063255040_n.jpg ?_nc_cat=105&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=69a2eab481e8bc5d4bd1e6cbb2c0cc60&oe=5D733A16
Notre-Dame de Fatima : Prieres (http://www.fatima.be/fr/sanctus/prieres/rosaire.php) »




COR JESU SACRATISSIMUM, MISERERE NOBIS!!!
AVE MARIA!!! REGINA COELI, LAETARE, ALLELUIA!!!
CHRISTUS VINCIT, CHRISTUS REGNAT, CHRISTUS IMPERAT!!!
Luca, SURSUM CORDA – HABEMUS AD DOMINUM!!!