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Visualizza Versione Completa : 6 dicembre - S. Nicola da Bari (o di Myra), vescovo



Augustinus
06-12-03, 20:26
Il 6 dicembre permettetemi di ricordare un santo particolarmente caro alla devozione popolare della mia terra d'origine, la Puglia.
Si tratta di S. Nicola da Bari, un santo che è molto venerato nell'Oriente cristiano e nei paesi del Nord Europa e di tradizione anglosassone, dove il suo nome contratto in Santa Claus è divenuto il simbolo stesso del Natale, cioè il nostro Babbo Natale.
La ragione di ciò è forse da ricercare nel fatto che S. Nicola è, tra l'altro, il santo protettore dei bambini. Di qui il passaggio è stato facile nel vedere nella figura di detto santo colui che porta dei doni ai bambini.
Ma a noi interessa soprattutto la sua figura di vescovo ed indefesso difensore della fede cattolica. Una pia tradizione vuole che abbia partecipato al Concilio di Nicea del 325 d.C. e che lì abbia avuto un vivace dibattito con Ario, il difensore dell'eresia che da lui prende il nome (arianesimo) che negava la divinità del Verbo. Alla fine, la vera fede trionfò, anche per merito di Nicola.
Cordialmente

Augustinus

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Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/dettaglio/30300):

San Nicola di Mira (di Bari), Vescovo

6 dicembre - Memoria Facoltativa

Pàtara, Asia Minore (attuale Turchia), ca. 250 - Mira, Asia Minore, ca. 326

Proveniva da una famiglia nobile. Fu eletto vescovo per le sue doti di pietà e di carità molto esplicite fin da bambino. Fu considerato santo anche da vivo. Durante la persecuzione di Diocleziano, pare sia stato imprigionato fino all’epoca dell’Editto di Costantino. Fu nominato patrono di Bari, e la basilica che porta il suo nome è tuttora meta di parecchi pellegrinaggi. San Nicola è il leggendario Santa Claus dei paesi anglosassoni, e il NiKolaus della Germania che a Natale porta i doni a bambini.

Patronato: Bambini, Ragazzi e ragazze, Scolari, Farmacisti, Mercanti, Naviganti, Pescatori, Profumieri

Etimologia: Nicola = vincidore del popolo, dal greco

Emblema: Bastone pastorale, tre sacchetti di monete (tre palle d'oro)

Martirologio Romano: San Nicola, vescovo di Mira in Licia nell’odierna Turchia, celebre per la sua santità e la sua intercessione presso il trono della grazia divina.

Martirologio tradizionale (6 dicembre): A Mira, metropoli della Licia, il natale di san Nicola, Vescovo e Confessore, del quale, fra i molti insigni miracoli, si racconta questo fatto memorabile, cioè che egli, da lontano, per visione indusse l'Imperatore Costantino con ammonizioni e minacce ad usare misericordia verso alcuni condannati a morte, che avevano a lui fatto ricorso.

(9 maggio): Pure a Bari, in Puglia, la Traslazione di san Nicola, Vescovo e Confessore, da Mira, città della Licia.

La sua fama è universale, documentata da chiese e opere d’arte, da istituzioni e tradizioni legate al suo nome. Ma sulla sua vita le notizie certe sono pochissime. Nato probabilmente a Pàtara di Licia, in Asia Minore (attuale Turchia), è poi eletto vescovo di Mira, nella stessa Licia. E qui, dicono alcune leggende, compie un miracolo dopo l’altro. Come accade alle personalità forti, quasi ogni suo gesto è trasfigurato in prodigio: strappa miracolosamente tre ufficiali al supplizio; preserva Mira da una carestia, con altri portenti... Qui può trattarsi di fatti autentici, abbelliti da scrittori entusiasti. Forse per gli ufficiali egli ha ottenuto la grazia dell’imperatore Costantino (al quale chiederà anche sgravi d’imposta per Mira); e contro la carestia può aver organizzato rifornimenti tempestivi. Ma si racconta pure che abbia placato una tempesta in mare, e resuscitato tre giovani uccisi da un oste rapinatore... Un “Passionarium” del VI secolo dice che ha sofferto per la fede nelle ultime persecuzioni antecedenti Costantino, e che è intervenuto nel 325 al Concilio di Nicea.
Nicola muore il 6 dicembre di un anno incerto e il suo culto si diffonde dapprima in Asia Minore (25 chiese dedicate a lui a Costantinopoli nel VI secolo). Ci sono pellegrinaggi alla sua tomba, posta fuori dell’abitato di Mira. Moltissimi scritti in greco e in latino lo fanno via via conoscere nel mondo bizantino-slavo e in Occidente, cominciando da Roma e dal Sud d’Italia, soggetto a Bisanzio.
Ma oltre sette secoli dopo la sua morte, quando in Puglia è subentrato il dominio normanno, “Nicola di Mira” diventa “Nicola di Bari”. Sessantadue marinai baresi, sbarcati nell’Asia Minore già soggetta ai Turchi, arrivano al sepolcro di Nicola e s’impadroniscono dei suoi resti, che il 9 maggio 1087 giungono a Bari accolti in trionfo: ora la città ha un suo patrono. E forse ha impedito ad altri di arrivare alle reliquie. Dopo la collocazione provvisoria in una chiesa cittadina, il 29 settembre 1089 esse trovano sistemazione definitiva nella cripta, già pronta, della basilica che si sta innalzando in suo onore. E’ il Papa in persona, Urbano II, a deporle sotto l’altare. Nel 1098 lo stesso Urbano II presiede nella basilica un concilio di vescovi, tra i quali alcuni “greci” dell’Italia settentrionale: c’è già stato lo scisma d’Oriente.
Alla fine del XX secolo la basilica, affidata da Pio XII ai domenicani, è luogo d’incontro tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente, e sede dell’Istituto di Teologia Ecumenica San Nicola. Nella cripta c’è anche una cappella orientale, dove i cristiani ancora “separati” dal 1054 possono celebrare la loro liturgia. Scrive Gerardo Cioffari, del Centro Studi San Nicola: "In tal modo la basilica si presenta... come una realtà che vive il futuro ecumenico della Chiesa". Nicola di Mira e di Bari, un santo per tutti i millenni.
Nell'iconografia San Nicola è facilmente riconoscibile perché tiene in mano tre sacchetti (talvolta riassunti in uno solo) di monete d'oro, spesso resi più visibili sotto forma di tre palle d'oro.
Racconta la leggenda che nella città dove si trovava il vescovo Nicola, un padre, non avendo i soldi per costituire la dote alle sue tre figlie e farle così sposare convenientemente, avesse deciso di mandarle a prostituirsi. Nicola, venuto a conoscenza di questa idea, fornì tre sacchietti di monete d'oro che costituirono quindi la dote delle fanciulle, salvandone la purezza.

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Augustinus
06-12-03, 20:40
http://img488.imageshack.us/img488/3418/sparagninivd9.jpg Maurizio Sparagnini (Urbania 1706-1748), San Nicola di Bari

http://digilander.libero.it/debibliotheca/Arte/angelico/00110690.jpg Beato Angelico, Storie di S. Nicola: Nascita di San Nicola, Vocazione, Elemosina alle tre fanciulle povere (predella Guidalotti), Città del Vaticano, Musei Vaticani, partic.

http://digilander.libero.it/debibliotheca/Arte/angelico/00110700.jpg Beato Angelico, Storie di S. Nicola: Nascita di San Nicola, Vocazione, Elemosina alle tre fanciulle povere (predella Guidalotti), Città del Vaticano, Musei Vaticani, partic.

http://digilander.libero.it/debibliotheca/Arte/angelico/00110670.jpg Beato Angelico, Storie di S. Nicola: Incontro di San Nicola con il messo imperiale, Miracolo del grano, Miracoloso salvataggio di una nave (predella Guidalotti), Città del Vaticano, Musei Vaticani

http://digilander.libero.it/debibliotheca/Arte/angelico/00110680.jpg Beato Angelico, Storie di S. Nicola: Morte di S. Nicola (predella Guidalotti), Città del Vaticano, Musei Vaticani

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Augustinus
06-12-03, 22:03
TRE SAN NICOLA

San Nicola di Myra

da L. G. Paludet, Ricognizione delle Reliquie di S.Nicolò, Vicenza 1994, p.1-6

E’ certamente più noto oggi come Nicola di Bari; nel Veneto, e, a Venezia in particolare, come San Nicoleto. Nonostante che la fama di lui si sia diffusa intorno al Mille in tutta Europa, Russia compresa; nonostante che il culto abbia eguagliato quello di San Giorgio e di San Martino, storicamente sappiamo poco o nulla di sicuro della sua vita. Voler scrivere oggi la sua biografia, nel senso moderno del termine, é impensabile, sia perché dall’anno presunto della sua nascita, a quello in cui furono stese le prime notizie attendibili, passarono più di quattro secoli; sia perché le Vite scritte in seguito, più che fornire dati biografici veri, hanno illustrato i prodigi e i miracoli a lui attribuiti. E gli stessi prodigi, in seguito si é saputo che sono stati fatti slittare su di lui dalla Vita di un altro Nicola, vissuto tre secoli dopo, archimandrita del monastero della Santa Sion e vescovo di Pinara, cittadina non lontana da Myra. Affondiamo nel buio storico dei primi secoli cristiani. Ce ne ricorderemo quando esamineremo le reliquie, non potendo pretendere dalla loro analisi risposte chiare ed esaustive. Gli epitaffi e le targhe rinvenute nell’Arca del Lido ricordano con Nicola Magno un imprecisato Teodoro e un altro Nicola Zio, entrambi vescovi e metropoliti di Myra, definiti “predecessori” di Nicola Magno. Che cosa possiamo dire in merito?

Seguendo la traccia lasciata da Giovanni diacono del clero di S. Gennaro (Napoli), i biografi affermano che Nicola Magno nacque a Patara nella Licia, da genitori cristiani e saggi; trascorse la giovinezza pio e morigerato nel dispregio delle mondanità. Vorrebbero per lui quasi un anticipato saggio dell’esemplarità cenobitica o anacoretica; ma non é cosi, lo vedremo più avanti. Eletto vescovo, si dimostrò pieno di sollecitudine pastorale verso gli indigenti, i deboli e i perseguitati.

La letteratura e l’iconografia sacra hanno ricordato spesso la sua generosità verso ”tre fanciulle” salvate dalla prostituzione, grazie a un dono da lui fatto al loro padre; il soccorso tempestivo ai navigatori pericolanti; la prodigiosa provvista di granaglie per la popolazione affamata. Ricordati pure i suoi interventi a favore degli innocenti avviati alla condanna capitale e sottratti agli ufficiali di Costantino come si narra nella Praxis de stratelatis.

Risponde meglio alla verità storica, la sua coraggiosa difesa della fede cristiana in un ambiente ostile e pagano. Nacque a Patara nella Licia. Su questa te stimonianza di Eustrazio di Costantinopoli convengono molti scrittori nicolaiani; ed é un dato assolutamente importante. Il critico tedesco Gustav Anrich l’accetta, avendola trovata registrata anche nella Vita per Mi- chelem’. Giovanni diacono definisce Patara “una delle più famose città della Licia”, anche se prima del secolo VIII nessuna biografia si interessò di tale luogo e di Nicola. Il primo a darne notizia, verso il 710, fu Michele l ’archimandrita, seguito poi da Metodio e da Metafraste.

La data della sua nascita non venne registrata da alcun biografo; lo stesso diacono Giovanni confessa di “non conoscerla”. Procedendo per ipotesi, sembra si possa fissarle nell’a.255 d.C., sapendo che certamente visse durante l’impero di Costantino (306-337) e di Gallieno.

Un riferimento rilevante, anche se controverso, da parte dello storico bizantino Teodoro il Lettore, é costituito dalla citazione di Nicola nella lista dei 318 Padri del concilio primo di Nicea celebrato nell’a.325. Ma c’e chi dubita perfino che fosse vescovo, e di Myra, in quanto all’epoca di Costantino la cittadina era ancora troppo piccola per essere designata a sede vescovile. Anche l’attribuzione di tendenze monastiche e mistiche è fuori tempo e fuori quadro, in quanto egli in quel periodo dovette piuttosto impegnarsi nella lotta contro gli avversari della fede, gettandosi nella mischia. Costantino aveva rivalutato molto la figura dei vescovi, considerati giudici nelle controversie anche civili e mediatori di pace e di giustizia. Dunque, gli scrittori sacri cominciarono a interessarsi di lui subito dopo la morte (334?), non tanto della sua santità, ma degli episodi edificanti divulgati attraverso la Praxis de stratelatis, che a Roma furono noti fin dal secolo VI. Questo testo, di anonimo, lo presenta come uomo dal carattere energico e caparbio, coraggioso assertore della vera giustizia. Frenò in Myra l’azione non corretta degli ufficiali dell’imperatore, e in particolare il modo di fare dei soldati soggetti ai generali, ristabilendo la convivenza pacifica con la popolazione. Il culto del santo: Nell’ambiente greco si diffuse a partire dal secolo VII; in seguito il Santo entrò a far parte anche del Passionario Romano che costituisce il più antico testo integrale su Nicola di Myra, ricordato insieme ad altri cinquanta santi. Padre Delehaye, continuatore dei Bollandisti, scrisse nel 1940 che “non c’e da meravigliarsi se gli agiografi applicarono a Nicola di Myra gran parte di ciò che riguardava Nicola detto Sionita (per aver fondato il monastero della Santa Sion, non lontano da Myra) in seguito divenuto vescovo di Pinara”. Per un’inspiegabile inversione di tendenza, il culto del più antico Nicola decadde, mentre cresceva quello del Nicola più recente. Fu rivalutato, appunto, in seguito all’attribuzione fatta dagli agiografi dei prodigi operati dal Nicola pinarese.

Occupiamoci allora di questo secondo Nicola, mai ricordato negli epitaffi del Lido, ma implicitamente presente ogni volta che si parla di Nicola Zio: tale appunto in rapporto al Nicola di Pinara, suo nipote. Nella loro incursione a Myra, i veneziani ne trafugarono il corpo, che stava colà sepolto accanto allo Zio e al più celebre Nicola, vescovo di Myra.

San Nicola di Pinara o della Santa Sion

Fu lo studioso Nicola Carmine Falcone, vescovo di S.Severina (CZ), a rivendicarne l’esistenza storica con un’ opera che fece sensazione, pubblicata a Napoli nel 1751 come Acta antiqua, o Primigenia. In essa sostenne che quanto era stato scritto fino allora intorno a Nicola di Myra era pura leggenda. Avendo trovato nella Biblioteca vaticana un codice membranaceo riguardante Nicola di Pinara, si persuase che i dati della sua vita erano stati fatti scivolare sulla vita del Nicola di Myra, di cui non si sapeva praticamente nulla. Reagì a questa sconvolgente tesi Nicola Putignani, canonico barese, contrattaccando in modo radicale: negò la validità storica del pinarese, rivalutando il myrese. In tal modo si complicarono entrambe le vicende e il culto nicolaiano. Con maggiore obiettività, oggi si ritengono storici tutti e due, sapendo che il Nicola di Myra visse tra il III e il IV secolo, mentre quello di Pinara visse nella prima metà del secolo VI.

I dati biografici del pinarese, anche se scarsi, sono attendibili, almeno per ciò che concerne la carriera ecclesiastica. Si sa che un giorno, rientrando a Pinara da Myra dove aveva ricevuto l’ordine del “lettorato” nella chiesa di san Giovanni Battista, fece visita allo Zio Vescovo Nicola, il quale gli predisse il futuro governo del monastero della S.Sion come archimandrita. E cosi avvenne. A soli diciannove anni ricevette il presbiterato per le mani dell’arcivescovo Filippo di Myra e, in seguito, elevato lui pure all’episcopato, presiedette la diocesi di Pinara, ricco di fama e di prodigi operati a favore dei poveri e degli ammalati.

Come abbiamo detto, inspiegabilmente e col tempo, la memoria della sua persona si eclissò, prevalendo quella del più antico Nicola di Myra. Già anziano, recatosi a Myra per la celebrazione di un Sinodo, il Sionita fu colto da malore al suo rientro e morì il 10 dicembre del 564. Fu sepolto nella chiesa del monastero, dove già era stato sepolto lo Zio. Sei anni più tardi già circolavano scritti agiografici sul suo conto (a.570).

Nell’a.960 fu diffusa la Vita compilata, che fondeva i dati agiografici dei due Nicola (di Myra e di Pinara); sappiamo infatti che “l’immagine del Taumaturgo di Myra, sin dal tempo di Metafraste, è indissolubilmente concatenata a quella di Nicola di S.Sion, per cui non si può fare a meno di tenerne conto, pur non trattandosi della stessa persona”.

I veneziani, al momento di trafugare le ossa rimaste nella chiesa cimiteriale, le posero tutte in due o tre cassette e non si preoccuparono molto di segnare la diversità delle identità. A questo vasto gioco di dati, cooperarono anche i biografi che scambiarono il luogo del martyrion di Nicola Magno con quello della gloriosa domus della S. Sion, che era situata a circa sei chilometri da Myra. Il Cioffari ricorda, infatti, che i cronisti baresi Niceforo e Giovanni arcidiacono affermarono che “i marinai baresi trafugarono il corpo (di S. Nicola Magno) dalla chiesa di un monastero fuori della citta di Myra” e questo, con ogni probabilità, è pro- prio quello della S. Sion. La Cronaca veneziana, perciò, sarebbe pienamente giustificata nelle sue indicazioni.

Possiamo citare ancora l’Anrich: “Sulle origini giace un buio impenetrabile, come per altri santi: Teodoro, Demetrio, Giorgio”. Le nostre esigenze critiche trovano, perciò, un muro quasi invalicabile.

San Nicola ”Zio paterno”

Nelle iscrizioni incise sul marmo o sulle targhe plumbee, conservate nella chiesa del Lido, questo terzo Nicola viene sempre definito “Zio”: per ascendenza “materna” (avunculus), o “paterna” (patruus). Le fonti più antiche precisano: patruus.

Il sostantivo “Zio” e in evidente riferimento a un “nipote”, che riposa accanto a lui e che, secondo noi è da identificare con Nicola di Pinara. Storicamente tra il Nicola di Myra e quello definito Zio, corrono tre secoli. In nessun modo S. Teodoro e Nicola Zio possono aver “preceduto” Nicola di Myra nella sede episcopale myrese.

La riscoperta del Nicola pinarese avvenne durante la ricognizione di cui stiamo trattando, e fu grande sorpresa davvero. Aperta la cassetta di S. Nicola Magno furono subito rilevate alcune ossa di colore bruno cuoio e di consistenza robusta (complementari a quelle rinvenute nella seconda cassetta: S. Nicola Zio). Accanto ce n’erano altre con uguali caratteristiche, e c’era anche una calotta cranica che non si poteva attribuire a Nicola di Myra, perché l’integro cranio era gia stato rinvenuto a Bari nel 1953. Verso la metà del secolo XIV il cronista francescano Giordano de Curti, descrivendo il trafugamento veneziano di Myra scrisse: Nicolai Magni, Nicolai Patruus, ambo magni meriti et Ecclesiae eiusdem antistites: has reliquias cum tubis et magno tripudio ad naves deduxisse. L’equivoco era ormai stabilito.

Il Cioffari riconosce che “non è impossibile che lo zio paterno del Sionita venisse sepolto nella chiesa di S. Nicola di Myra.
Ulteriori dati biografici non sono reperibili e, comunque, non demoliscono per il momento questa impostazione.

Fonte: CRIPTE E SANTI (http://www.enec.it/Cripte/santo.htm)

Augustinus
06-12-03, 22:05
CI SONO OSSA DI SAN NICOLA ANCHE A VENEZIA?

Secondo i cronisti veneziani furono portate tra il 1099 e il 1101 (da L.G. Paludet, Ricognizione delle reliquie di san Nicolò , Vicenza 1992, p 12-14)

Citiamo la celebre Historia del monaco, trascritta da Flaminio Corner, che afferma di averla trovata in Andrea Dandolo, sempre puntuale nelle citazioni, nel domenicano Pietro Calò (Callotius), in Marin Sanudo e in Pietro de’ Natali vescovo di Jesolo, oltre che in Fortunato Olmo di San Giorgio Maggiore in Venezia, che nel 1623 partecipò alla traslazione delle reliquie dalla cripta della basilica al primo piano del monastero, in attesa della costruzione della nuova chiesa.

Quale risonanza avesse avuto l’incursione barese a Myra nell’animo dei veneziani, è facile intuirlo, ma l’Anonimo tace. Nel solenne incipit, con acutezza ed elevatezza di pensiero egli tenta di stabilire con motivazioni sublimi e ideali la spedizione veneziana: “Lo Spirito Santo ispirò nelle menti degli occidentali la volontà di liberare il Santo Sepolcro”. Ma, lo stesso Corner descrivendo gli inizi dell’impresa militare, vede crociati e comandanti riuniti a San Nicolò del Lido col vescovo Enrico Contarini che rivolge al Santo una profetica preghiera perché “prosperando il viaggio e l’impresa, lo rendesse degno d’arricchire col trasporto del sacro suo corpo” (in “Notizie storiche” etc., p 51). A conferma che il proposito di impossessarsi del corpo era sempre stato tenacemente voluto.

La narrazione: Arrivati sulle coste della Licia, i veneziani inviarono sul posto designato una legazione per prendere conoscenza della situazione reale. Seppero che fedeli e chierici, per timore dei turchi, avevano praticamente abbandonato la chiesa; vi celebravano i divini uffizi solo ogni quattro settimane. Si predisposero all’attacco, rimanendo in difesa accorta sulla spiaggia. L’Anonimo descrive l’irruenza dell’incursione, il ricorso alle lusinghe e poi alle minacce, alla stregua dei baresi. Seguendo la confessione estorta ai custodi: “nell’altare vengono rinvenute tre cassette separate e molto ben difese, e due vescovi con i loro epitaffi in cassette separate di cipresso, emananti un soave profumo: S. Teodoro prezioso martire, e l’altro, lo Zio del grande Nicolò, entrambi di grandi meriti e Metropoliti di quella chiesa”. Mentre questi corpi vengono portati con esultanza e processionalmente nelle navi, alcuni marinai “divinamente ispirati” ritornano in chiesa, la scrutano con ogni diligenza finché, seguendo “la scia di un profumo soave insperato e inconsueto, sono condotti in un luogo donde intuirono che proveniva come da una nascosta e grande santità.” Seppero poi dai custodi che sopra quella pietra si usava in antico celebrare la santa messa.

Infranto il pavimento, trovarono più sotto una “massa vitrea” durissima, seguita da un’altra di “bitume”, sotto la quale in un sepolcreto di rame rinvennero bene occultate le reliquie desiderate, con incisa l’iscrizione: Qui riposa il vescovo Nicola Magno glorioso in terra e in mare (encomio abituale, usato da tutti gli antichi scrittori). Raccolte anche altre reliquie ivi trovate, in fretta ritornarono alle navi. Visto in lagrime l’arcivescovo del luogo che implorava la restituzione di quel tesoro spirituale, gli lasciarono una cassetta di reliquie e cospicue offerte in denaro, a riparazione dei danni arrecati materialmente alla chiesa. Quindi, inviati a Venezia dei legati per annunciare l’esito positivo dell’impresa, con duecento navi ripresero la via del mare e si diressero finalmente in Palestina, secondo il programma preannunciato, anche se ormai la guerra era quasi finita.

Quali reliquie prelevarono?: Leggiamo nel Corner: “I custodi della chiesa dissero: Questa e l’arca da dove i baresi hanno asportato una parte delle reliquie, lasciandone un’altra parte”. Il cronista nel suo commento dice: “Questo passo dell’ Anonimo per sè sta a favore dei Baresi, se questi però si accontentano di possedere solo una parte del corpo, come ha rilevato anche l’Olmo, che, prudentemente, mette in discussione il possesso dei Baresi, a meno che non dicano di avere solo “una parte del santissimo Vescovo”. I Veneziani, invece, affermano di avere la parte maggiore (potiorem partem).

Non potendo cancellare le affermazioni obiettive dell’arcidiacono Giovanni di Bari, il Corner, incerto sulla realtà effettiva delle posizioni, lancia una sensata sfida di portata scientifica quasi profetica: “Magari i baresi, come più volte hanno fatto i veneziani, si decidessero a esplorare il sepolcro del santo vescovo e ad emettere finalmente un giudizio, chiamando com’e giusto un esperto in anatomia, il quale dichiari con il prestigio della scienza, che cosa effettivamente possiede ciascuna delle due città”.

L’incertezza era dovuta indubbiamente al fatto che Bari non aveva mai voluto aprire il sarcofago. I pochi testimoni oculari, che avevano guardato l’interno attraverso un piccolo foro, avevano affermato di aver intravisto os unicum, cioè un solo osso; mentre, nelle ricognizioni lidensi, tutti avevano affermato che le cassette contenevano ossa plurima, molte ossa.

Semmai, a Venezia, ci fu una svista clamorosa: si erano solo “viste” le ossa, senza curarsi di farle esaminare da un esperto in anatomia.

Dalle parole dell’Anonimo si rileva che la spedizione veneziana fu decisa in concomitanza con la prima crociata, cioè nell’anno 1096, ma che si realizzò a partire dal 1099 e durò tre anni, cioè fino al 1101, data del rientro delle navi a San Nicolò del Lido.

Anche a Venezia, come a Bari, si discusse animatamente sul luogo più dignitoso per custodire le reliquie traslate: si pensò alla basilica marciana; poi si inclinò per una chiesa da costruire nei pressi della piazza S. Marco, oppure di preferire la sede del vescovo-patriarca, cioè S. Pietro di Castello. Infine prevalse l’opinione dell’abate di S. Nicolo del Lido, che indicò la chiesa già eretta dai veneziani in onore dello stesso Santo. Per evitare sorprese di incursioni e di ruberie, provvisoriamente furono poste al centro del coro e si costruì una “torre fortissima e munitissima”, con custodia armata, finché non venisse costruita una nuova chiesa più capace e degna.

Considerato il comportamento violento dei baresi e dei veneziani, il Corner cita un giudizio di L. A. Muratori che definisce entrambi come “troppo pii masnadieri”. La cronaca dell’Anonimo si fa ammirare, oltre che per la lingua elegante, per le molte “orazioni” elevatissime e commosse con cui intercala il racconto che, altrimenti, avrebbe il sapore di un atto di pirateria.

Enfatico, ma veramente lirico, è l’encomio finale di Venezia, che inizia: “Felice te Venezia, beata te Venezia, che hai l’evangelista Marco come Leone a tua difesa nelle guerre, e hai il padre dei Greci Nicolò come guida delle navi. Nelle battaglie alzi il vessillo del Leone, e nelle tempeste marine sei protetta dal sapiente Nocchiero greco. Con tale Leone tu penetri in mezzo alle formidabili schiere nemiche, e con questo Nocchiero te ne vai sicura per le onde del mare...”.

A questo punto, Ferdinando Ughelli ritiene sufficiente la sua trascrizione, mentre il Corner prosegue con quello che potremmo definire il “Trattato dei miracoli”, immancabile nelle Vite dei santi: riporta apparizioni e grazie ottenute con l’intercessione di S. Nicola”.

A onore di Flaminio Corner, va detto che la sua storica sfida ai baresi ha avuto compimento proprio in questo nostro tempo. Infatti, lo stesso esperto in anatomia, cioè il prof. Luigi Martino ha avuto la fortuna di essere prima chiamato per la ricognizione ufficiale delle reliquie contenute nel sarcofago di Bari (1955-57), e poi di quelle contenute nell’Arca del Lido (1992). La storia, talvolta, oltre a offrire insperate certezze o verifiche luminose, offre pure lungimiranti profezie in grado di sostenere la nostra esigente razionalità e l’immutata devozione religiosa.

Della contesa tra Venezia e Bari, c’è traccia anche nei cronisti “bares”

Niceforo - Si autodefinisce “ultimo dei chierici” anzi “l’ultimo di tutti i Baresi”. Scrisse a meno di due anni dalla traslazione e, dallo stile usato, si direbbe che abbia trattato vivacemente con gli stessi protagonisti, raccogliendone il racconto emozionato e puntuale. Se ne conservano, tre versioni: beneventana, vaticana e greca.

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Visione d’insieme : Nel Prologo egli insinua che, da un incontro amichevole con alcuni mercanti veneziani ad Antiochia, i baresi vennero casualmente a conoscere il proposito dei lagunari di impossessarsi delle reliquie del vescovo di Myra. Subito si programmò di prevenirli con un colpo di mano, per non subire la vergogna di restarne privi. La città di Bari in quel tempo, come si è detto, stava all’acme del suo prestigio sull’Adriatico, in diretta competizione con Venezia, la regina del mare. I baresi – imbarcati ad Antiochia due preti pellegrini, l’uno greco e l’altro francese: Lupo e Grimoaldo - decisamente puntarono su Andriake, il porto della Licia più vicino a Myra. Sbarcati, con fare guardingo, ma deciso, si diressero alla chiesa e prima con lusinghe, poi con minacce, costrinsero i custodi a rivelare il luogo del sepolcro del Santo. Ma questi opposero resistenza, avendo gia sperimentato nel 1035 circa, l’invasione e la crudeltà dei saraceni. Visto il loro atteggiamento negativo, i marinai passarono ai fatti ed entrati in chiesa “preso un maglio di ferro gagliardamente si misero a colpire la lastra di marmo del pavimento... riducendola del tutto in piccolissimi frammenti... trovarono un sarcofago di marmo bianchissimo, che misero allo scoperto per circa metà”. Quindi, il marinaio Matteo con tutti i calzari discese focosamente nella sacra tomba. Entratovi, immerse le sue mani nel liquido e trovò le sante reliquie che galleggiavano... cerco quà e là la testa. Trovatala, usci dalla tomba essendosi impregnato di quel liquido lattiginoso sia il vestimento, sia tutto il corpo”.

Quindi, temendo la violenta reazione dei cristiani del luogo, ritornarono in fretta alle navi, pieni di gioia per il prezioso bottino. I myresi, piangendo e protestando, esclamarono: “Ecco, secondo il nostro cronografo greco, sono trascorsi 775 anni, durante i quali mai alcun imperatore, nè alcun genere di uomo ha commesso una tale azione”. Cercarono di impietosirli reclamando: “Restituiteci il nostro padre e signore... e, se non tutto, dateci almeno una parte di lui, così da non restare completamente privi di un patrono tanto grande”. I baresi risposero che “si contentassero del santo liquido e dell’icona” di lui, ivi venerata e che non erano riusciti ad asportare.

Quindi, saliti a bordo e sventato il rischio di un trafugamento di parte delle reliquie, ad opera di alcuni marinai troppo zelanti, ripresero la navigazione verso Bari, trionfalmente accolti dai cittadini.

Ci chiediamo: lasciarono qualche parte delle reliquie nel liquido oleoso del sarcofago, data la fretta del latrocinio e il timore di essere a loro volta assaliti? Niccolò Del Re lo ritiene possibile: “E’ dato pensare che qualche cosa possa pur essere rimasta nell’antico sepolcro di Myra, anche dopo il trafugamento frettoloso e concitato dei marinai baresi”. Su questo fondamento troverebbe motivazione corretta l’ulteriore rinvenimento dei veneziani un decennio più tardi, dopo che i myresi cercarono di occultare in modo più radicale e impenetrabile ciò che del loro patrono era pur rimasto loro.

Giovanni arcidiacono

Lui pure del clero barese, scrisse la cronaca per ordine dell’arcivescovo Ursone, verso l’anno 1088. Fin dall’esordio, per evidenziare l’impresa eccezionale e benedetta da Dio, afferma: “Molti sovrani e molti uomini potenti tentarono col massimo impegno di trarre fuori il suo corpo dalla tomba nella quale era stato sepolto, per trasportarlo altrove, ma invano”. A questo particolare si riferirà, nel tardo Settecento il cronista veneto Corner, precisando che si trattava dell’imperatore Basilio I che, dall’867 all’886, regnò in Bisanzio dove Giustiniano aveva fatto erigere un tempio in onore di San Nicola.

Poi, nel descrivere il prodigio del dente, dal quale usciva il liquido della manna, trova modo di far intervenire lo stesso Santo con l’affermazione perentoria e minacciosa:
“Io non permetto che neppure la più piccola particella venga separata dalle altre mie membra”. E si mette così in sintonia con Niceforo, nel passo in cui, condannando il tentativo dei cinque marinai trafugatori di piccole porzioni delle reliquie, esclama: “Il confessore di Dio in persona non vuole affatto che le sue reliquie siano in alcun modo divise”.

Che i baresi parlino in difesa del proprio interesse, è manifesto. Viene infatti da chiederci come mai il Santo avesse permesso senza protestare che l’intero suo corpo venisse profanato nel sepolcro e trasferito altrove. Ma, a giustificazione dell’operato oltraggioso, Giovanni non esita a mettere in bocca ai suoi una menzogna solenne: “Siamo stati mandati qui dal romano pontefice!”.

La narrazione, prosegue poi in sintonia con la stesura di Niceforo. Ad un certo punto, per giustificare ulteriormente l’azione violenta e orgogliosa scrive: “(i baresi) portano via la preda santissima, non come la si toglie ad un nemico, ma come prendendola dal tesoro del Signore”. Concetto di comodo, con un’autodifesa di sapore schiettamente medievale.

Fonte: CRIPTE E SANTI (http://www.enec.it/Cripte/venezia.htm)

Augustinus
06-12-03, 22:06
RELIQUIE

La Cripta della Basilica di San Nicola
Un incontro sotterraneo fra Oriente e Occidente

Ricognizione anatomica e studio antropometrico delle reliquie ossee di San Nicola di Bari

relazione del prof. Luigi Martino, docente di Anatomia umana normale dell’Università di Bari, Bollettino di san Nicola, numero speciale, aprile-dicembre 1957

http://www.enec.it/Cripte/immagini/ritov.jpg Ritrovamento delle ossa all'apertura della tomba

Nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1953 fu eseguita - alla presenza di una speciale Commissione Pontificia, presieduta da S. Ecc. Mons. Enrico Nicodemo, Arcivescovo di Bari - la ricognizione Canonica dei resti scheletrici rinchiusi nella Tomba di S. Nicola, situata sotto l’altare maggiore della Cripta della Basilica Nicolaiana di Bari. Questa ricognizione costituiva un avvenimento assolutamente eccezionale, dato che per ben 866 anni nessuno aveva potuto toccare ne vedere le Ossa del nostro Santo Taumaturgo, ne d’altronde la Chiesa sarebbe mai addivenuta alla decisione di fare la ricognizione dello scheletro presente in questa tomba, se non fossero stati urgenti ed indispensabili alcuni imponenti lavori di restauro e di consolidamento della Chiesa con opere interessanti le pareti e il pavimento stesso della Cripta. La necessaria rimozione temporanea dei pesantissimi lastroni ricoprenti la tomba ha concesso di portare allo scoperto ed all’esame diretto il complesso dei resti ossei, che nel lontano 1089 furono collocati dalle stesse mani di Papa Urbano II nel fondo del loculo monolitico della tomba. A me fu dato l’incarico di riconoscere ed elencare i pezzi ossei esistenti e quelli mancanti dello scheletro contenuto nella tomba scoperchiata; in tale indagine anatomica fui aiutato dal collega dottor Alfredo Ruggieri, medico di Bari. Il loculo (aperto verso le ore 23 del 5 maggio) mostrò nel suo fondo rettangolare ossa sparse senza alcun particolare ordine sistematico (il che dimostrava che non era stato di certo un conoscitore di anatomia ad averle precedentemente deposte), con il cranio situato al centro di una estremità del loculo, e con i pezzi, in parte frammentari, di ossa lunghe e di ossa brevi accumulate irregolarmente di torno; il cranio era ben collocato con la base poggiata in basso. Insieme ai minuti frammenti ossei, presenti in gran numero, abbiamo trovato anche del piccolo pietrisco, che presumibilmente dovette essere stato trasportato nel momento del frettoloso trafugamento delle ossa effettuato dai coraggiosi marinai baresi.

http://www.enec.it/Cripte/immagini/reposte.jpg Le Sacre Reliquie ricomposte

Tutti i pezzi ossei si trovavano immersi in un liquido limpido, simile ad acqua di roccia, occupante il fondo del loculo per l’altezza di circa 2 cm; le parti delle ossa che sovrastavano al pelo dell’acqua risultavano tutte umide, mentre tutti gli spazi midollari delle ossa spugnose sbrecciate si trovavano colme di acqua e abbondantemente gocciolanti al sollevamento dei pezzi scheletrici.Devo dire che, dopo la estrazione di tutti i pezzi ossei e di tutto il liquido, il loculo fu ben prosciugato ed accuratamente esplorato nelle sue pareti a forte illuminazione: il loculo risulto monolitico, di pietra compatta e dura e privo di qualsiasi incrinatura nelle spessissime pareti. Lo scheletro e risultato appartenente ad un solo e ad uno stesso individuo ed è costituito da ossa molto fragili e molto frammentate. Il cranio é di esso la parte meglio conservata, il che fa credere che sia stata anche oggetto di maggiore attenzione e pertanto la parte maggiormente protetta durante le operazioni di trafugamento. Il cranio è completo nei suoi segmenti e manca soltanto della metà posteriore della emimandibola sinistra; i denti sono presenti in gran numero ed alcuni si trovano ancora infissi nei loro alveoli.
La colonna vertebrale e ridotta in frammenti: vi sono tutte e cinque le vertebre del segmento lombare, ma soltanto alcune vertebre del segmento cervicale (la seconda e la settima depezzata), quattro vertebre del segmento toracico in gran parte depezzate, ed unicamente la porzione centrale della base dell’osso sacro. La gabbia toracica è ridotta esclusivamente alle porzioni posterolaterali di quattro coste ossee del gruppo centrale del lato di sinistra e ad una costa bassa dello stesso lato; manca anche dello sterno. L’arto superiore è molto frantumato e depezzato: e rappresentato soltanto da alcuni brevi pezzi superolaterali delle scapole, da un pezzo centrale di un omero, dalle ossa infrante dell’avambraccio e da numerose ossicine dei carpi, dei metacarpi e delle falangi. L’arto inferiore e meglio conservato: dell’osso dell’anca si è trovato però soltanto l’ileo di sinistra, mentre sono perdute le parti restanti, oltrecché le parti superiori dei due femori e gran parte dei peroni. Si sono trovate le rotule, le tibie, e numerose ossa dei tarsi, dei metatarsi e delle falangi.

http://www.enec.it/Cripte/immagini/teschio1.jpg http://www.enec.it/Cripte/immagini/ricostr1.jpg Cranio del Santo e ricostruzione grafica del volto - Vista laterale

Quasi tutte le ossa si sono presentate non solo frantumate, più o meno estesamente, ma anche molto spesso sbrecciate per superfici e profondità di varia ampiezza.
Questo complesso scheletrico, che, successivamente alla ricognizione, fu conservato in un’urna di vetro ed esposto alla venerazione dei fedeli per quattro anni (per il periodo cioè che e stato indispensabile per la esecuzione dei lavori predetti di restauro) è stato alla fine sottoposto ad un secondo esame anatomico, precisamente ad un esame antropologico, nella notte tra il 7 e l’8 maggio 1957, subito prima della rideposizione, con lo scopo di fissare e conservare le immagini e le caratteristiche dei singoli pezzi ossei, oltrecchè con il fine, più importante, di ricostruire la figura fisica, ed eventualmente la figura pittorica, del soggetto a cui lo scheletro appartenne. In tale operazione antropometrica mi sono giovato della collaborazione dei miei colleghi dott. Ruggieri Alfredo e dott. Venezia Luigi. Le tecniche da me adottate per tale lavoro antropologico sono state svariate, ed alcune di queste – da me ideate – sono state anzi messe in atto per la prima volta in occasione dell’esame ricostruttivo suddetto: io le descrivo minutamente in una ampia relazione scientifica che ho presentata alle Autorità Ecclesiastiche, alla quale relazione sono state annesse anche le numerose riproduzioni fotografiche e radiografiche delle parti scheletriche esaminate, oltrechè le tabelle dei valori metrici effettivi riscontrati nelle misurazioni delle ossa ritrovate. Uno studio lungo e paziente, effettuato con una metodica sistematica, mi ha permesso in secondo tempo di riconnettere tra loro i frammenti presenti di ciascun segmento osseo depezzato e poi di ricostruire tutto quanto lo scheletro articolato, in modo da conoscere infine di esso anche tutti i valori metrici presumibili secondo i rapporti di proporzionalità. Lo studio del complesso dei dati antropometrici, siffattamente raccolti ed elaborati, ci ha potuto fare effettuare molte ed importanti considerazioni. I resti ossei appartengono ad uno scheletro multisecolare, cosi come lo dimostra il fatto che essi sono estremamente fragili, assottigliati nello spessore, intimamente impregnati di pigmento brunastro, e molto frantumati.

http://www.enec.it/Cripte/immagini/teschio2.jpg http://www.enec.it/Cripte/immagini/ricostr2.jpg Cranio del Santo e ricostruzione grafica del volto (Vista frontale)

La presenza dei numerosi frantumi ossei ci fa capire che i pezzi scheletrici, sottratti dai marinai baresi dalla tomba di Mira, dovettero essere gia in quell’epoca stessa, nel 1087, molto facilmente friabili e pertanto gia da allora di conservazione secolare. É presumibile che nelle operazioni dell’affrettato trafugamento, dovette essere trasportato, insieme alle ossa, anche del pietrisco, e che non fu più possibile, ai nuovi depositari delle reliquie, riconoscere e separare il pietrisco stesso dalle ossicine brevi e dai più minuti frammenti ossei. I resti scheletrici sono appartenuti inoltre ad individuo di età avanzata, e precisamente ad un uomo di età superiore ai 70 anni.
Ciò e dimostrato dal fatto che le ossa – in rapporto alla corporatura – presentano rilievi ed impronte abbastanza ben sviluppati, quali sono appunto più facilmente riscontrabili nei soggetti di sesso maschile. Il cranio infine dimostra una avanzata sinostosi delle suture della volta, anche delle pareti laterali (oblilaterazione delle suture temporo-parietali), quale si prese nta precisamente negli individui di età superiore al settimo decennio. I dati anatomici, che abbiamo fino a questo momento descritti, non sono quindi affatto in contrasto con la tradizione storica che ammette che lo scheletro in esame sia appartenuto al Santo Vescovo di Mira, Nicola di Patara, Patrono di Bari. La cronaca storica ci fa sapere che S. Nicola morì intorno ai 75 anni (secondo alcuni pero a 72 anni e secondo altri a 80 anni), il 6 dicembre 350 dopo Cristo, 1607 anni fa. Nel 1087, epoca del trafugamento e della traslazione delle Sacre ossa, erano quindi trascorsi di già 737 anni; è comprensibile pertanto che, dopo più di 7 secoli, le ossa dovessero essere spiccatamente fragili e che dovessero facilmente frammentarsi, sia perché raccolte affrettatamente da mani robuste e non aduse a trattare oggetti molto delicati, sia perché la loro traslazione avvenne per via mare e presumibilmente senza sufficiente protezione dagli urti provocati dagli ondeggiamenti della caravella. L’aspetto che presenta il corpo della settima vertebra cervicale fa supporre che qualcuno, in quella circostanza, abbia voluto conservare una reliquia del Santo, asportando a taglio netto, con un forte coltello, una sottile fetta di osso. I resti ossei sono appartenuti ad individuo di media altezza e di corporatura compresa tra il tipo mediolineo e il tipo longilineo; si è potuto assodare infatti – a mezzo delle operazioni di ricostruzione – che la statura corporea in piedi deve essere stata intorno ai m. 1,67, che la larghezza delle spalle deve essersi aggirata intorno ai 40 cm. e che la circonferenza toracica deve essersi mantenuta sugli 86 cm. o poco al di sopra. Se noi per dare un’idea concreta e pratica volessimo adoperare guanti per mani delle stesse dimensioni di quelle del Santo o anche scarpe corrispondenti, dovremmo usare il n. 8 e rispettivamente il n. 41 (la mano è infatti lunga 19 cm. e larga 8,7 cm. il piede è lungo 26 cm. e largo 10 cm.).

http://www.enec.it/Cripte/immagini/ossavarie.jpg

La capacità del cranio è risultata media (cc. 1510) cosi come è risultata di valore medio la circonferenza cranica (cm. 52,4). La testa è di normale conformazione, appena tendente alla forma allungata (subdolicocefalia). La faccia è risultata in prevalenza corta e larga, nel contempo che il mento si trova spinto in avanti poco più che di norma. La fronte è ampia, le orbite sono piuttosto larghe, il naso è di medie dimensioni e leggermente prominente con radice ben incavata, gli zigomi sono leggermente sporgenti lateralmente, il palato è largo, il mascellare è leggermente prognato, la dentatura è robusta. Lo studio della dentatura ha dimostrato inoltre che il Santo fu portatore di una anodontia degli ultimi molari, che i processi di carie dentaria furono in Lui poco estesi e che la Sua alimentazione abituale dovette essere prevalentemente vegetariana, stante la forte sgualivatura trasversale delle superfici trituranti dei molari e dei premolari. Le caratteristiche somatiche scheletriche riscontrate, ed in particolar modo quelle craniche, hanno permesso di assodare che la razza, alla quale appartenne il soggetto in esame, e la Razza bianca europoide mediterranea, e, potremmo aggiungere della varietà orientalide. Si e potuto escludere che il cranio in esame sia appartenuto ad individuo della razza alpina armena, stante il fatto che i soggetti di tale razza hanno cranio prevalentemente tondo, brachicefalo, ed occipite fortemente schiacciato, appiattito, caratteri questi mancanti nelle nostre reliquie. Se vogliamo confrontare tra loro tre campioni della razza mediterranea, S. Domenico, oriundo della Spagna, Dante Alighieri, oriundo dell’ Italia e S. Nicola, oriundo dell’Asia Minore, possiamo dire che S. Nicola si trova collocato nel mezzo, a riguardo dei valori della grandezza cranica; le capacità craniche ad esempio sono appunto rispettivamente di 1473 cc. in S. Domenico, di 1510 cc. in S. Nicola, di 1554 cc. in Dante. Gli Orientalidi (mediterranei del versante orientale) possedevano pelle tendenzialmente più brunastra di quella dei tipi razziali del Mediterraneo centrale ed occidentale, similmente a come furono trovate le Reliquie quanto si verifica ancora oggi nei cosiddetti tipi levantini.
A priori si esclude che il popolo turco attuale possa avere avuto alcuna affinità razziale con il nostro Santo, dato che i Turchi invasero dal Turkestan l’Asia Minore circa 500 anni dopo la morte del nostro Taumaturgo.

Classificazione delle ossa

La mancanza dei caratteri antropologici cutanei limita, in indagini di questo genere, le possibilità di precisazione dei tipi razziali da discriminare: comunque, nel loro insieme, fanno propendere a riconoscere nello scheletro in esame la varietà orientalìde, la statura, la costituzione prevalentemente longilinea, la robustezza media dello scheletro, la dolicocefalia, la faccia pentagonoide allungata nel mento, il dorso nasale prominente, la media larghezza nasale, la fronte ampia, gli zigomi larghi, 1’occipite arrotondato. Una ultima considerazione ci rimane a fare, a conclusione della nostra indagine. Posso dire che S. Nicola portò sempre con sè, fino alla Sua morte, il morso delle sofferenze patite per amore del Signore, al quale aveva offerta la Sua vita. La storia ci dice che S. Nicola languì per più anni in umidi e malsane prigioni, dall’età di 51 anni: l’esame delle vertebre toraciche ha rivelato che il soggetto da noi studiato soffrì di artrite cronica vertebrale apofisaria, di grave entità, sì da esitare in anchilosi (spondiloartrite anchilosante). La indagine radiologica condotta sul cranio ha fatto scoprire anche una causa di sofferenza cefalica, evidenziata da un forte ispessimento osseo interno della teca cranica, molto esteso e molto accentuato (iperostòsi endocraniòsica diffusa).

http://www.enec.it/Cripte/immagini/confronto.jpg Le ossa in nero sono a Bari. Le ossa in bianco (frantumate) sono a Venezia -Lido

I dolori rachidei ed i dolori cefalici dovettero ricordare probabilmente a Lui quanto il carcere possa lasciare lungamente nel corpo i segni della sofferenza. Ritengo che un esame anatomico, effettuato dopo ben 1600 anni dalla morte del soggetto abbia svelato già molti dei segreti conservati nella tomba. Io ho cercato però di spingermi ancora oltre ed ho voluto tentare di vedere il volto del nostro Santo sopra i resti ossei che di Lui ci sono rimasti. Avendo avuto a disposizione numerose riproduzioni fotografiche del cranio facciale, in proiezioni svariate, frontale, laterale ed oblique, ho pensato di rappresentare su carta lucida, che fosse perfettamente trasparente, il disegno delle varie parti molli (contorno cutaneo della testa, disegno dei sopraccigli, delle palpebre e degli occhi, del naso, delle labbra, del mento, delle guance, della barba) poste a ridosso delle formazioni scheletriche ossee corrispondenti. Le diverse figure facciali, che ho ottenuto, hanno avuto una caratteristica comune molto importante, quella della rassomiglianza dei volti, per cui si poteva ben dire al loro esame che fossero aspetti diversi di uno stesso individuo. Tale fatto ha, secondo me, un valore particolarmente notevole, e potrebbe convincerci che in effetti il viso che è apparso nei vari disegni, certamente proporzionato allo scheletro sottostante, non dovrebbe essere molto dissimile da quello vero. Se il volto di S. Nicola dovesse corrispondere in realtà a quello che ho potuto ottenere dal disegno della maschera facciale eseguito sulla figura dello scheletro cranico, si potrebbe ben dire che l’effigie del nostro Taumaturgo era veramente illuminata da una luce di bontà e di idealismo ascetico quale il viso piuttosto scarno, i grandi occhi e l’ampia fronte sembrano dolcemente riflettere intorno a loro. Tra le varie effigi pittoresche del nostro S. Vescovo di Mira, che fino ad oggi ho avuto possibilità di conoscere, quella, che più d’ogni altra mi risulta più vicina ai dati antropometrici da me riscontrati, è l’effige presente nel mosaico raffigurante la Vergine con i Santi Nicola e Giovanni Battista esistente nella Cappella di S. Isidoro della Basilica di S. Marco in Venezia. Le ossa del nostro Santo Taumaturgo riposano ora nuovamente nella loro tomba gloriosa, che come pegno di fede e di amore rimane a congiungere tra loro l’Oriente e l’Occidente Cristiano, in quella Bari che è destinata a divenire, prima o poi, l’anello di saldamento dei popoli dell’una e dell’altra parte, in quella grande pace dei cuori che tutti auspicano e profondamente desiderano.

Fonte: CRIPTE E SANTI (http://www.enec.it/Cripte/reliquie.htm)

Augustinus
06-12-03, 22:07
LA MANNA

Nel 1955 le ossa furono trovate immerse in un liquido limpido, che occupava il fondo del loculo, per l’altezza di circa 2 cm. Cos’era? Per i baresi, la “manna”; per i greci, ancor prima del trasferimento a Bari, il “myron”.

LA MANNA DALLA TRASLAZIONR AD OGGI

Le Leggende della Traslazione coralmente affermano che l’urna del corpo di S. Nicola a Myra era piena di «manna». Dopo la traslazione a Bari il fenomeno continuò incessantemente. E’anche ampiamente attestato che i pellegrini venissero a Bari, attratti alla tomba del Santo più dal fatto della «manna» che dalla fama dei miracoli di cui godeva S. Nicola. Quanto é stato constatato nel periodo tra il 1954 e il 1957 sembra comprovare che, come comunemente si ritiene, il liquido trasudi dalle ossa del Santo. Nel 1954, a motivo dei lavori di ripristino della cripta, il corpo e stato riesumato e le ossa, composte in un’apposita urna, sono rimaste esposte per tre anni alla venerazione dei fedeli nella «sala del tesoro ». Alcune volte le ossa furono viste imperlate di un certo liquido; inoltre il panno su cui erano poste fu trovato bagnato e marcito quando i resti mortali di S. Nicola vennero rilevati per essere riposti nella tomba. II panno di lino viene ancora conservato. Dal 1980 la «manna» viene ufficialmente prelevata ogni anno il 9 maggio, festa della Traslazione, dal Rettore della Basilica, alla presenza del Delegato Pontificio, I’Arcivescovo di Bari, delle autorità, del clero e dei fedeli, a conclusione di una solenne celebrazione religiosa. II Vescovo impartisce la benedizione alla commossa assemblea dei fedeli con I’ampolla di cristallo, in cui viene versato il prezioso liquido, artisticamente dipinta e chiamata «vetro di S. Nicola ». I devoti da sempre hanno fatto ricorso al Santo Protettore per chiedere la salute del corpo e dello spirito, mediante il pio uso della «manna». Quella che si distribuisce ai fedeli e acqua comune in cui viene versata una piccola quantità di «manna» pura. Questo liquido, conservato in bottigliette, viene usato come bevanda oppure per aspergere le parti del corpo ammalate. Le famiglie baresi, per antica tradizione, lo conservano come reliquia in grosse bottiglie istoriate da pittori locali con episodi della vita, miracoli o patronati del Santo. Queste bottiglie sono molto preziose sia sotto I’aspetto devozionale che culturale-artistico.

La Manna prima della traslazione a Bari

Questa prima testimonianza di pellegrini alla tomba del Santo a Myra e collegata anche con il primo riferimento al «myron» (o manna). Infatti Michele Archimandrita ricorda che, sin dal momento della sepoltura, dal corpo del Santo comincio a sgorgare quest’«oleum», che era una «salutare e vivifica medicina» che liberava da «ogni potenza avversa e maligna». L’espressione di Michele Archimandrita per la manna è «myron», che corrisponde alla mirra dei Vangeli, e che ormai aveva acquisito il senso corrente di olio o unguento odoroso. L’aggettivo «edypnoon» convoglia il senso dello spirare, emanare odore «pneo» e la connotazione del soave e del piacevole «edys». Anche Teodoro Studita (+ 826) fece riferimento nel suo inno al prodigio della manna, senza però apportare elementi nuovi rispetto a Michele Archimandrita. Contemporaneamente acquistava grande notorietà 1’inno dello Pseudo-Romano «In Myra, o Santo» che contiene due richiami alla manna. L’autore chiede al Signore di poter proclamare le magnificenze «di Colui che a Myra / abitò e un myron divino / fece sgorgare come fiume / dalla sua anima/ che riempie di profumo / tutti gli ammalati / nell’anima per 1’olezzo / di gravi peccati» (strofa 9). E conclude (strofa 25): «Tutto quanto nel mio cuore / e fetido / profumalo tu con il myron / delle tue preghiere».

Anche Giuseppe Innografo fu sensibile a questo aspetto del culto di S. Nicola. Nell’ode IX di un canone in suo onore, cosi si esprime:

Il tuo sacro corpo
che santamente a Myra riposa,
emana profumato myron in continuità,
cospargendo coloro che si avvicinano,
e il cattivo olezzo delle passioni
scaccia, o Nicola,
e la schiera dei demoni
mette in fuga.

Verso la fine del IX secolo e agli inizi del X i riferimenti alla manna miracolosa divengono più frequenti. Ne parlano ad esempio, Niceta di Paflagonia (885 c.), il Sinassario costantinopolitano (900 c.), la Vita Compilata (900 c.) e 1’anonimo autore dell’encomio «Mnème dikaìou» (920 c.). Qualche decennio dopo, ad opera di Giovanni di Amalfi (950-960) questo particolare aspetto del culto nicolaiano penetra anche in Occidente. A lui sembra risalire la narrazione intorno al vescovo di Myra Magnenzio, collegata appunto al fenomeno della manna, e che fu ripresa da molti ignoti «continuatori» di Giovanni Diacono (talvolta senza fare il nome del suddetto vescovo). Una di questa aggiunte dice cosi:

Chi mai, dico, possiede una tale eloquenza da poter con facilità descrivere in qual modo trasudi dalla sua marmorea tomba la santa manna, che vigili custodi raccolgono con una paletta, per conservarla con la massima cura, quale unguento assai benefico a molteplici mali?
A tal proposito vi riferisco, affidandolo alla vostra carità, ciò che ho saputo da alcuni Greci con una narrazione degna di fede. Costoro pero dichiararono di aver appreso questo fatto dal racconto di certi abitanti di Myra. Comunque, sia che la cosa stia altrimenti sia che contenga del vero, bisogna affidarsi all’opinione di coloro che l’hanno narrata. In una certa epoca dunque, alcuni uomini potenti della città di Myra, mossi da invidia e faziosità, osarono da svergognati scacciare il vescovo di quella diocesi. Immediatamente il flusso della manna tanto salutare si interruppe.
E non appena il predetto vescovo ricupero la sua cattedra, subito il benefico liquido ricominciò a stillare nel modo solito. Mirabile è davvero Dio nei suoi santi! Tanto invero usa glorificare i suoi servi, da far diffondere la loro fama in ogni terra. Ma quale fama? Certo, la musica della vittoria e del trionfo: mentre ai loro devoti non rifiutano dal cielo il richiesto patrocinio, si mostrano, coronati dell’eterno diadema, vittoriosi sul principe di questo mondo.

Un altro copista vi appose una diversa appendice, pubblicata dal Falcone, che appare decisamente più vivace dei testi sin qui riportati, poiché testimonia del potere taumaturgico di questo liquido sgorgante dalla tomba del santo a Myra. Il concetto della manna è collegato a quello del movimento dei pellegrini che si recavano a Myra e venivano guariti.

Fu reposto il suo sacratissimo corpo nella gloriosa casa della Santa Sion, in un luogo elevato alla destra dell’aula della stessa: degno davvero della sepoltura di un tanto sacerdote. Dal quale sepolcro, come noi stessi avemmo modo di osservare, scaturiscono due rivoli che sino ad oggi non cessano di sgorgare. Dalla fonte che cor- risponde al luogo della testa del sacro tumulo, fluisce un liquido oleoso e chiaro che sembra apportare benefici a coloro che si ungono con esso. Dal rivolo che profluisce in corrispondenza dei piedi esce un’acqua soave e trasparente che, se data da bere agli infermi, questi riacquistano la salute del corpo. (...) Dopo che il beato Nicola, lasciando questo mondo, migrò al Signore, la tomba in cui il suo venerabile corpo fu reposto, non smise mai di stillare fino ad oggi un liquido oleoso. Ivi si recavano folle di malati, ciechi, paralitici, sordi e muti, e quanti erano oppressi da spiriti immondi. Una volta unti col sacro liquido tornavano al loro pristino stato di salute. Io stesso, trovandomi in uno stato miserando, per due volte presi una pozione di quella linfa, mentre accanto alla tomba invocavo Nicola di intercedere per me presso il Signore. La casa della Santa Sion dove quel confessore riposa è a circa tre miglia di distanza dalle mura della città di Myra sul lato orientale della strada che conduce al porto di Andriake”.

Questo testo è molto interessante per la testimonianza dei pellegrinaggi a Myra. È uno stimolo alla riflessione anche per la precisazione geografica ivi contenuta, cioè 1’ubicazione del monastero (domus) della Santa Sion a tre miglia da Myra verso Andriake. Dato che il narratore sembra esserci stato di persona a Myra, la prima domanda che sorge è sull’integrità del testo (proprio in quella parte che il Falcone mette in corsivo). Se si ammettono contemporaneamente l’autenticità del testo e la veridicità del narratore viene spontaneo un confronto fra quanto detto qui e i testi anteriori al X secolo. Questi ultimi, anche dove più lo richiedeva 1’argomento, tacciono completamente sulla santa Sion e sulla sua vicinanza ad Andriake. D’altra parte la stessa vita di Nicola Sionita, distingue senza possibilità di dubbio fra il santuario di S. Nicola e la domus della Santa Sion. E Michele Archimandrita, parlando della sepoltura di S. Nicola e della santa manna, non fa menzione della santa Sion. Tutti dati, questi, che messi assieme mettono in crisi 1’affermazione dell’anonimo continuatore di Giovanni Diacono, il cui testo non sembra autentico perché un testimone oculare non poteva ubicare a tre miglia da Myra il monastero della santa Sion in direzione di Andriake, ben sapendo che Andriake era a tre miglia da Myra (e quindi il monastero avrebbe dovuto trovarsi sul porto). E se la santa Sion si trovava ad Andriake, quindi proprio nel porto di Myra, come mai il monaco Nicola, per andare a Gerusalemme si reco a Myra? Non era più semplice chiedere le informazioni al porto? E, inoltre, come mai per recarsi al monastero Nicola voleva sbarcare al «Fenicio» e solo come seconda possibilità ad Andriake (cap 37)? E se il monastero della santa Sion fosse stato presso Andriake, come il biografo di Nicola Sionita, partendo dal monastero, avrebbe potuto dire: «Per volontà di Dio giungemmo nel porto chiamato Andriake»? Queste considerazioni escludono quindi che la santa Sion si trovasse tra Myra e Andriake. Se il piccolo porto di Fenicio corrisponde all’attuale Finike, si deve dire che il monastero della Santa Sion si trovava a nord est di Myra. La Vita Nicolai Sionitae specifica che era su un monte, presso il villaggio di Traglassi. In ogni caso la confusione tra il «martyrion» di S. Nicola e il monastero della Santa Sion non è poi cosi strana se si considera che quello era il tempo in cui era stata appena compiuta la fusione dei due Nicola. L’identificazione dell’antico martyrion (trasformato in chiesa e monastero bizantino) con la domus della santa Sion dovette apparire naturale ai Myresi stessi, se questi non fecero sentire la loro voce discordante al momento dell’identificazione dei due Nicola.
Questa identificazione delle due personalità fu consacrata, come si è visto, dal più grande agiografo bizantino, Simeone Metafraste (980 c.), che a proposito della manna si espresse con notevole sobrietà: «Ivi scorre un balsamo, anche ai nostri giorni, rimedio ai mali dell’anima e del corpo». Il fenomeno della manna fu presto conosciuto in Germania. Otloh, nella Vita IV, parla a due riprese della manna. Dopo aver narrato la morte del Santo ( §15) e accennato ai miracoli presso la sua tomba, aggiunge: «Infatti dalla sua tomba scaturisce un olio la cui natura è simile a quella della luce, di modo che grazie a questo segno vengono illuminate le opere del passato e sono comprovate quelle future, poiché sana tutti gli infermi». Successivamente ( §16) riprende 1’episodio del vescovo di Myra ingiustamente espulso con la conseguente interruzione del rivolo della manna (sacri liquoris stillicidia). Nello stesso periodo anche gli innografi greci dell’Italia meridionale cantarono questo prodigio. S. Bartolomeo Junione (981-1055), ad esempio, nell’ode IV del suo canone in onore di S. Nicola, scriveva:

Essendo tu profumato
dell’unguento delle virtù, o beatissimo,
degnamente ricevesti da Dio il governo della città dei Myresi,
ed ivi stabilendoti
profumasti il mondo intero
con la fragranza dei tuoi miracoli.
Ed ora versando unguento
dalla tua tomba emanante profumo,
profumi anche noi.

Il culto di S. Nicola dunque era gia diffusissimo prima della traslazione delle sue reliquie a Bari. Gia prima di questo evento aveva raggiunto per esempio 1’Inghilterra e la Russia, e circa 1’epoca della traslazione si può dire che non ci fosse nazione in Europa (compresa 1’Islanda) che non avesse qualche chiesa in suo onore. Per quanto riguarda 1’Italia e interessante il passo di uno dei continuatori della Vita di Giovani Diacono, che scriveva verso il 950:

A poco a poco tanto la sua fama si diffuse tra i barbari, da essere continuamente venerato anche da coloro che non sono battezzati. Crediamo che nel mondo intero non esiste nessun luogo tanto remoto, tanto nascosto e tanto inaccessibile come un eremo, al quale non siano noti i miracoli e la fama del nostro signore Nicola, piissimo confessore. Di ciò sono testimoni non solo tutte le regioni abitate dai Greci, dalle quali e tramandato che abbia tratto origine, ma anche l’intero impero d’Oriente.

Ne sono testimoni anche le molteplici popolazioni barbariche, parlanti lingue diverse, che abitano in quasi tutta 1’Africa e che devotamente gli tributano un pio culto. Gli abitanti poi dell’Italia, allietati frequentemente dai suoi miracoli, si sono abituati prontamente, nonostante che abbiano cominciato solo ai nostri giorni, a celebrare solennemente e devotamente la sua festa. Con l’aiuto di Dio, hanno ottenuto di costruire in suo onore e di dedicargli moltissime chiese, per averlo in questa vita come patrono e avvocato e, nell’altra, come intercessore dinanzi al Creatore.

Cosi dopo un inizio incerto, e limitato pressoché alla Licia, nel VI secolo il culto di Nicola era giunto a Costantinopoli. Nel VII era giunto a Roma, ed anche a Gerusalemme e in Georgia (come sembra indicare il calendario palestino georgiano). Nell’VIII la sua figura divenne familiare a tutti coloro che vivevano il dramma del rapimento di un congiunto (a causa delle incursioni arabe). Nel IX secolo raggiunse il suo punto culminante in Oriente e nel successivo in Occidente. All’incremento del suo culto, specie nel mondo marinaresco, contribuì la confusione col Nicola Sionita, universalmente accolta non solo per la Vita scritta dal Metafraste, ma anche per le raffigurazioni iconografiche degli episodi della vita dell’uno e dell’altro come riferiti alla stessa persona.

Fonte: CRIPTE E SANTI (http://www.enec.it/Cripte/manna.htm)

Augustinus
06-12-03, 22:40
SAN NICOLA DI BARI

LA VITA

Proseguendo per la provinciale che da Antalia, principale città della costa meridionale della Turchia, porta a Mira (Demre), cittadina di poche migliaia di abitanti, dopo circa un'ottantina di chilometri dalla strada si possono scorgere delle rovine di epoca romana, molta sabbia e una spiaggia battuta dal vento. È Patara, la città che diede i natali a S. Nicola.

1. GIOVINEZZA DI NICOLA A PATARA

Ai tempi del nostro Santo, nell'ultimo trentennio del III secolo dopo Cristo, Patara era (insieme a Mira) la città portuale più importante della Licia, famosa per un santuario in onore di Apollo. Personaggi illustri vi erano passati, come Bruto, durante la guerra civile seguita all'uccisione di Giulio Cesare (15 marzo del 44 avanti Cristo), o S. Paolo che, proveniente da Rodi, navigava verso Gerusalemme insieme all'evangelista Luca.

In questa fiorente città si formò Nicola nella seconda metà del III secolo, al tempo cioè degli imperatori Probo e Diocleziano. Nulla si conosce della sua famiglia, né se i genitori fossero cristiani o pagani, né se egli fosse nato in ambiente cristiano o si fosse convertito dal paganesimo. Questo vuoto sulla vita giovanile del Santo è dovuto alla perdita di una Vita scritta intorno all'anno 400-410 da un anonimo scrittore che conosceva bene l'ambiente di Mira, la città di cui poi Nicola fu vescovo. Questa Vita la lesse, ancora nel 582, tale Eustrazio, sacerdote di Costantinopoli, dopo di che se ne perdettero le tracce.

Oltre cinquecento anni dopo, per colmare il vuoto di notizie, che lasciava insoddisfatta la curiosità dei devoti, alcuni scrittori ritennero opportuno attribuire al nostro Nicola di Patara (vescovo di Mira) alcuni episodi della vita di un altro Nicola (monaco di Sion, vescovo di Pinara), vissuto non al tempo di Costantino ma di Giustiniano, cioè duecento anni dopo il nostro. Così si spiegano i nomi dei genitori del Santo (Epifanio o Teofane, e Nonna o Giovanna), come pure l'acquisizione dei vari gradi ecclesiastici, che sono riportati in molte Vite di S. Nicola.

In realtà, nella seconda metà del III secolo, i cristiani non potevano avere né scuole né chiese, anche se, come testimonia S. Metodio, a Patara vi erano dei circoli intellettuali cristiani tollerati dalle autorità. La giovinezza di Nicola trascorse, dunque, in atmosfera romano-pagana, nel ricordo dei cavallereschi eroi cantati nell'Iliade di Omero, nella cornice delle tombe rupestri, nel viavai delle navi che da Roma andavano in Terra Santa e viceversa. In questa varietà di elementi culturali, almeno a giudicare dal seguito degli avvenimenti, ebbe un impatto notevole sul giovane la parola degli annunciatori del Vangelo di Cristo, che cercavano di soppiantare la religione pagana con l'annuncio della buona novella.

L'intento dell'edificazione spirituale tradì anche la penna del biografo Michele Archimandrita (VIII secolo), il quale non solo parla di una fanciullezza cristiana del Santo, ma riporta addirittura un episodio straordinario, quello dell'allattamento. Il piccolo Nicola, al dire di questo biografo, fu talmente attaccato alla mortificazione e al senso del digiuno sin dall'infanzia, che due giorni alla settimana (mercoledì e venerdì) si limitava a succhiare il latte una sola volta durante la giornata.

Probabilmente, però, con questo episodio Michele Archimandrita voleva soltanto concretizzare un ideale di perfezione canonica, che prevedeva per chiunque abbracciasse la vita sacerdotale il digiuno al mercoledì e al venerdì.

2. LA DOTE ALLE FANCIULLE POVERE

L'unico episodio che ci sia pervenuto, e che sembra avere buoni elementi di attendibilità storica, è quello della dote alle fanciulle povere, che iconograficamente viene rappresentato tramite le tre palle d'oro sul vangelo. Secondo questo racconto, pare che nei pressi dell'abitazione del Santo a Patara vivesse un povero padre, disperato per la sorte delle sue figlie, che nessuno voleva sposare per la loro estrema povertà. Egli, che proveniva da un passato di nobiltà e di ricchezza, non riusciva a trovare alcun espediente per risolvere il problema, per cui pensò di fare praticare alle figlie la prostituzione, il che certamente avrebbe eliminato le difficoltà finanziarie.

La notizia giunse alle orecchie di Nicola, il quale decise di impedire questa bruttura morale rimettendoci del suo. E volle farlo seguendo la parola di Cristo che sostiene che, quando si vuole fare la carità, bisogna fare in modo da non attendersi la gratitudine su questa terra (non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra).

Avvolte, pertanto, delle monete d'oro in un panno, attese la notte e, rasentando il muro della casa del padre disperato, gettò il sacchetto dalla finestra nella casa, dileguandosi velocemente nel buio. Si può ben immaginare la sorpresa del padre infelice, il quale, comunicando la cosa alle figlie, decise di fare sposare la maggiore. Non passò molto, e Nicola decise di ripetere il gesto caritativo. Aveva appena fatto in tempo a dileguarsi nella notte, che il padre uscì velocemente per vedere chi fosse il suo benefattore. Non vi riuscì. Tuttavia, fu molto contento di poter organizzare il matrimonio della seconda figlia.

Diversamente andò quando Nicola volle completare l'opera e, sempre rasentando il muro del vicino, gettò il terzo sacchetto di monete d'oro. Questa volta, infatti, non riuscì a fuggire in tempo, in quanto il padre aprì rapidamente la porta e, vedendo la sua sagoma, lo rincorse, afferrandolo per il mantello. Riconoscendolo, si gettò ai suoi piedi per ringraziarlo. Dopo aver cercato inutilmente di impedirlo, Nicola gli fece promettere di non fare parola con alcuno, e comunque di non rivelare il suo nome. Il padre promise, ma è più che verosimile che non mantenne. E quindi il nome di Nicola, come uomo dalla carità evangelica, si diffuse fra le comunità cristiane dei dintorni.

Anticamente questa storia veniva raccontata in tre maniere diverse, secondo la versione bizantina, quella sinaitica e quella etiopica. La prima, recepita anche dall'Occidente, è quella che abbiamo appena narrato. La seconda, quella sinaitica, era meno diffusa, tanto che le antiche pergamene in greco sono andate perdute. Si è salvata soltanto una antica traduzione in paleoslavo (russo antico), dalla quale si evince che le fanciulle erano soltanto due, e che Nicola era poco più che un ragazzo. Per poter aiutare le due fanciulle povere, dovette sottrarre il denaro ai ricchi genitori e, avvoltolo in sacchetti, lo gettò attraverso la finestra. La versione etiopica, alquanto più recente, parla di quattro fanciulle, mentre per il resto ricalca la versione bizantina.

L'antichità e la lontananza geografica di queste differenti versioni farebbero pensare ad un tempo di «gestazione» della leggenda a partire dall'antico e originale nucleo storico, che con ogni probabilità era narrato nella Vita del Santo del 400 dopo Cristo (andata poi perduta).

3. VESCOVO PER VOLONTÀ DI DIO

Vi sono buoni argomenti per connettere questo episodio a quello della scelta della sua persona all'episcopato di Mira. Come si è detto, Nicola non aveva seguito la carriera ecclesiastica, anche se negli ultimi tempi frequentava assiduamente la comunità cristiana. Come hanno tramandato alcuni scrittori (Michele Archimandrita è un po' vago al riguardo), egli fu fatto vescovo essendo soltanto un laico. In tal senso si pronuncia, ad esempio, Graziano, il più noto compilatore di raccolte canoniche del Medioevo. E si sa bene quanto rigorosi siano i canonisti, prima di introdurre delle clausole o delle circostanze esemplari nel diritto canonico.

Il gesto di Nicola a favore delle fanciulle povere, ed altre azioni caritative di questo tipo rivelarono alla comunità cristiana di Patara quanto profondamente il Vangelo fosse entrato nella sua mente e nel suo cuore. Per cui, se Michele Archimandrita, dopo l'episodio delle tre fanciulle, passa subito a quello della elezione a vescovo di Mira, è più che lecito ritenere che non si tratti solo di una successione temporale, ma anche di una successione casuàle. Poco importa che l'agiografo cerchi poi di individuare nella rivelazione divina il movente. Anche allora valeva il motto vox populi, vox Dei.

Secondo Michele Archimandrita, essendo morto il vescovo di Mira, i vescovi delle città vicine, il clero ed il popolo di Mira si riunirono per scegliere il successore. Ad un prelato il Signore rivelò in sogno che avrebbe dovuto presentare all'assemblea il giovane che per primo al mattino avrebbe messo piede in chiesa. Il suo nome era Nicola. E così fu. Come il giovane Nicola entrò in chiesa all'alba, fu preso per un braccio e presentato agli astanti in preghiera. Fu così che, a furor di popolo, fu acclamato vescovo di quest'altra importante città portuale della Licia.

4. ATTIVITÀ PASTORALI: PERSECUZIONE E CARESTIA

A Mira non era Apollo il protettore, come a Patara, bensì Artemide, la Diana dei romani, la dea della caccia, che godeva di grande venerazione in un magnifico tempio al centro della città. Nicola si mise presto all'opera, predicando il Vangelo ed evidenziandone la superiorità morale. Durante il regno di Licinio (a parte il momento della lotta contro Costantino) si poteva predicare liberamente, e Nicola ebbe la possibilità di un confronto con i difensori della religione pagana. E’ facile supporre che i suoi bersagli preferiti fossero proprio Diana e Apollo.

Dopo la vittoria di Costantino, la sua lotta al paganesimo fu certamente più efficace, poiché l'imperatore diede ai vescovi ampi poteri. È’ difficile, tuttavia, dire quanto di vero ci sia nell'episodio inserito nella sua vita, secondo cui egli avrebbe ordinato e diretto la distruzione del tempio di Diana. È più probabile che si tratti di una distruzione ideale, nel senso di aver abbattuto nell'animo dei miresi il culto verso questa dea. Soltanto più tardi, forse dopo la sua morte, cominciarono a verificarsi distruzioni materiali di questi templi.

Già prima che Costantino conquistasse tutto il potere, Nicola promosse attività pastorali e caritative. Fra le prime vanno considerate le sue visite ai cristiani rinchiusi in carcere durante le persecuzioni di Diocleziano e di Licinio. A differenza del suo concittadino Metodio, che proprio in quegli anni affrontava coraggiosamente il martirio, Nicola sembra che fosse tra quei vescovi che consideravano più opportuno proporre positivamente il messaggio cristiano, piuttosto che istigare le autorità romane e costringerle a prendere provvedimenti intolleranti. Sono, perciò, da prendere con qualche precauzione le notizie contenute nei sinassari costantinopolitani, che parlano di persecuzioni subite da Nicola.

La sollecitudine di Nicola per la popolazione mirese ebbe modo di rivelarsi anche in occasione di una carestia che colpì la regione.

Delle navi cariche di grano erano partite da Alessandria per portare il grano alla capitale dell'impero. Fecero tappa a Mira, dove c'era il granaio di Adriano. Mentre procedevano ad operazioni di approvvigionamento, Nicola salì su una delle navi e chiese al comandante di scaricare una parte del grano. Quello obiettò che, giunto il carico alla capitale, sarebbe stato pesato, per accertarsi che la quantità partita da Alessandria fosse arrivata per intero a destinazione. Nicola insistette, e alla fine il comandante accondiscese. Dopo aver ricordato il sollievo con cui Mira ncevette ed utilizzò quel frumento, l'agiografo sottolinea che il grano giunto nella capitale era esattamente dello stesso peso di quando era partito da Alessandria.

L'episodio potrebbe essersi verificato nel 313, quando l'imperatore era Licinio e la capitale Nicomedia, oppure nel 333, al tempo di Costantino. Nelle due date, difatti, sono menzionate delle carestie dagli storici dell'epoca. Quale che sia la data cui l'episodio si riferisce, esso esprime molto bene lo spirito dell'attività pastorale di Nicola, non limitato soltanto alla diffusione della fede e della parola di Dio, ma caratterizzato da preoccupazioni per la vita terrena del gregge a lui affidato dal Signore.

5. I TRE INNOCENTI SALVATI DALLA DECAPITAZIONE

Intanto, la vittoria di Costantino su Licinio nel 323 non soltanto portò la libertà anche ai cristiani dell'Oriente, ma attribuì un potere notevole ai vescovi, la cui autorità giungeva talvolta a scavalcare le decisioni dei giudici locali. Scriveva al riguardo Sozomeno: «Questa era la prova della grande stima in cui Costantino teneva la religione. Esentò dalle tasse il clero di qualsiasi parte dell'impero e permise ai litiganti di appellarsi alle decisioni dei vescovi, se essi li preferivano ai giudici statali. Egli fece si che il loro giudizio avesse più valore di quello di altri giudici, come se fosse stato emesso dall'imperatore stesso; e che i governatori e i capi militari dovessero curare che tali giudizi fossero poi attuati».

In questo contesto si verificò l'episodio classico della vita di Nicola, la liberazione dei condannati alla decapitazione, accaduto forse fra il 323 e il 324, quando Costantino mandava i suoi ufficiali a domare gli ultimi focolai di rivolta.

La condanna dei tre cittadini miresi ebbe luogo durante i disordini provocati da un gruppo di soldati sbarcati nel porto di Mira, chiamato Andriake, dove era ubicato il granaio fatto costruire dall'imperatore Adriano. Nicola aveva appena avuto un incontro con i tre ufficiali, che l'avevano rassicurato di aver preso ogni precauzione affinché i disordini non si ripetessero. Nicola li stava invitando ad andare a Mira a fargli visita nella sua residenza, quando fu avvertito della condanna alla decapitazione di tre cittadini da parte del governatore della città, Eustazio, che si era sentito da loro insultato.

Quando Nicola giunse a Mira, la città era ancora sotto l'impressione sia dei tumulti che della notizia della condanna appena pronunciata. Al Largo di Leone, Nicola venne a sapere che i condannati erano ancora vivi e che erano stati visti nella piazza antistante il tempio dei Dioscuri. A dire il vero, qui il testo non è chiarissimo, poiché dopo aver parlato della piazza dei Dioscuri, riferisce che S. Nicola si recò alla chiesa dei santi Crescenzo e Dioscoride. La piazza, perciò, potrebbe essere stata intestata ai suddetti santi cristiani, oppure a loro dedicata a partire dalla precedente intestazione ai Dioscuri.

In ogni caso, qui venne a sapere che i condannati avevano già varcato la porta della città. Ivi giunto, quelli del quartiere lo informarono che le guardie coi condannati avevano già preso la direzione di Berra, località in prossimità di Mira, dove solitamente venivano eseguite le pene capitali. Consapevole, dunque, che il destino dei tre condannati dipendeva solo da lui, il santo vescovo prese la via di Berra.

«Il Santo accorse prontamente - continua l'antico agiografo - e trovò là molta folla e la guardia che teneva la spada sguainata, pronta ad uccidere quegli uomini, ma in attesa del suo arrivo. Dunque, quando il sant'uomo giunse, vide i tre uomini che, con la testa avvolta nel sudario, stavano attendendo il colpo mortale. Stavano in ginocchio, allungando il collo in attesa del fendente. Giunto di corsa, il Santo strappò la spada dalle mani della guardia e la gettò lontano. Quindi, sciolse gli uomini dalle catene e li condusse in città, dicendo: "Sono pronto a morire al posto di questi tre innocenti". Ma nessuno del plotone ebbe il coraggio di fare opposizione o di contraddirlo, ben conoscendo la sua religiosità e l'imparzialità del suo giudizio. Si verificò quindi ciò che aveva detto la Scrittura: "Il giusto trova in sé una grande fiducia, come un leone"».

Rientrando a Mira, Nicola si diresse speditamente al pretorio, dove c'erano le autorità romane e il rappresentante dell'imperatore. Sapendo come la pensava l'imperatore a riguardo dell'autorità dei vescovi, il governatore Eustazio accorse a rendergli omaggio. Ma Nicola lo respinse, apostrofandolo come «ladro, sacrilego e sanguisuga, iniquo e nemico di Dio». E concluse la «ramanzina» dicendogli che avrebbe informato l'imperatore di quel misfatto, come delle altre sue iniziative, tutte tese a guadagni illeciti alle spalle della popolazione.

Il governatore tentò allora una difesa personale, rivelando che la sua decisione non l'aveva presa autonomamente. Al contrario, egli aveva soltanto dato corso ad una denuncia fatta da due notabili della città, Eudossio e Simonide. Ma Nicola non si lasciò sviare da quella difesa, e replicò: «Non Eudossio e Simonide, ma Crisaffio (oro) e Argiro (argento) ti corruppero e ti fecero giungere a queste nefandezze». Come poi si venne a sapere, Eustazio aveva incassato duecento libbre d'oro per fare eliminare i tre cittadini che davano fastidio a Eudossio e Simonide. Tuttavia, pregato dai tre ufficiali, Nicola non prese alcun provvedimento contro il governatore.

6. SCISMI ED ERESIE NELLA CRISTIANITÀ DELL'EPOCA

Più che alla lotta dottrinale, Nicola si dedicò alla predicazione del Vangelo e all'incisività di questo nella vita. quotidiana del cristiano. La lotta al paganesimo divenne sempre più una conseguenza indiretta di questa predicazione.

Il cristianesimo, del resto, non aveva soltanto nemici esterni, come il paganesimo. Anzi, sotto questo aspetto, il paganesimo era meno temibile, in quanto si stava da qualche tempo avviando per proprio conto verso una stagione di crisi, dovuta in buona parte alla enorme moltiplicazione delle divinità provenienti dall'Oriente.

Il cristianesimo aveva, invece, temibili nemici interni. Sempre attiva, ad esempio, era la Chiesa fondata dall'eretico Marcione. Questi riteneva che nell'Antico Testamento Dio era rigoroso e giusto fino alla punizione e alla vendetta. Solo il Nuovo Testamento aveva rivelato un Dio buono e misericordioso. Sino al V secolo questa Chiesa parallela ebbe i suoi vescovi. Tutt'altro che domato era anche il movimento dei Sabelliani, che insistevano sull'unità di Dio al punto da affermare come vero Dio solo il Padre (mentre il Figlio e lo Spirito Santo non erano che due suoi modi di manifestarsi).

Proprio al tempo dell'episcopato di Nicola a Mira, e precisamente nel 316, l'Africa settentrionale era stata squassata dallo scisma donatista. Donato, vescovo di Cartagine, riteneva invalidi i sacramenti celebrati da coloro che durante la persecuzione avevano ceduto alle richieste dei pagani. Non sembra che Nicola intervenisse nello scisma di Donato, che seguiva la linea rigida di Tertulliano, Cipriano e Metodio di Patara. Tuttavia, è più che probabile che egli seguisse la via dei pontefici romani, i quali non facevano dipendere il valore dei sacramenti dalle debolezze dei sacerdoti, che i donatisti chiamavano «traditori». Una volta conferito, il sacramento dell'ordine rimaneva valido ed efficace anche se il sacerdote o il vescovo cadevano nel peccato estenore dell'apostasia. E, soprattutto, il loro peccato non doveva avere nessuna conseguenza sulla vita sacramentale dei fedeli.

Mentre a Cartagine dirompeva lo scisma donatista, sempre nell'Africa settentrionale, ad Alessandria, si sviluppava un movimento destinato a non rimanere nei confini africani, ma a scuotere la cristianità tutta. Protagonista della vicenda fu Ario, un prete di Alessandria che accusava il suo vescovo di Sabellianismo (il movimento che, come si è detto, vanificava la personalità autonoma del Figlio e dello Spirito rispetto al Padre).

Per meglio sottolineare la diversità delle tre persone, Ario affermava che il Figlio non era eterno come il Padre, ma era stato generato dal Padre in un dato momento, e che quindi precedentemente non esisteva. Ora, se questo risolveva il problema della differenziazione del Figlio dal Padre, portava però ad un errore non meno grave di quello di Sabellio. Portava cioè alla negazione della divinità del Figlio (Gesù Cristo) e dell'uguaglianza di natura (divina) col Padre.

NICOLA E TEOGNIDE

Chi, del resto, non resterà ammirato della tua magnanimità? Chi non stupirà dinanzi al tuo dolce eloquio, alla tua mitezza, al tuo carattere pacifico e supplichevole? Infatti, come si racconta, visitando i tralci della vera vite, andasti incontro a Teognide, di felice memoria, già vescovo della Chiesa dei Marcioniti. Continuando la disputa per iscritto, portasti argomenti tali da condurlo poco a poco alla conversione. Tuttavia, essendoci stata qualche asprezza nel fervore della disputa, con voce ispirata pronunciasti quel detto dell'apostolo più dolce del miele: «Vieni, o fratello, riconciliamoci, prima che il sole tramonti sulla nostra ira».
(Dall'Encomio di S. Andrea di Creta, del 700 circa d.C., edito da Francesco Combeiìs, o.p. a Parigi nel 1644)

7. AL CONCILIO DI NICEA (325 dopo Cristo)

Il successo della nuova eresia fu notevole, al punto da spaccare il mondo cristiano tra fautori di Ario e fautori del suo avversario, il diacono S. Atanasio. È probabile che Nicola venisse a trovarsi psicologicamente in difficoltà, in quanto non sembra che nutrisse simpatie per Atanasio.

Almeno questo siamo portati a credere a giudicare dal loro diverso rapporto col potente prefetto imperiale Ablavio. Da alcune lettere di Atanasio ad Ablavio risulta chiara l'amicizia fra i due e la grande stima del Santo per il prefetto. Il giudizio di Nicola sul prefetto era, invece, estremamente negativo, in linea con quelli degli storici pagani Zosimo ed Eunapio. Non è impossibile, quindi, che il sostegno ideologico che riceveva dal prefetto spingesse Atanasio a passare sotto silenzio la sua immoralità.

Non lasciandosi vincere da queste divergenze di visione politica con Atanasio, Nicola prese le difese della sua posizione teologica, che era poi la difesa dell'ortodossia della fede. L'imperatore Costantino, da parte sua, non poteva tollerare che il suo impero fosse lacerato da così profonde divisioni, per cui nel 325 decise di convocare un concilio a Nicea, non molto lontano da Costantinopoli.

Non sappiamo se Nicola vi si recasse via terra o per mare? se da solo o con altri vescovi della Licia, come Eudemo di Patara. Certo è che anch'egli era presente a quell'importante consesso che si rivelò poi come il primo concilio ecumenico. Poco attendibili, invece, sono i racconti di alcuni scrittori successivi che entrarono nell'iconografia di S. Nicola.

Secondo questi scrittori, per provare la conciliabilità dell'unità e della trinità in Dio, Nicola avrebbe preso un mattone e, richiamandosi alla filosofia degli elementi primordiali, avrebbe ricordato agli astanti che il mattone, pur essendo uno, era al contempo composto di tre elementi, terra, acqua e fuoco. Un tipo di esempio che, a prescindere dalla sua attendibilità, si accorda pienamente al tono dei dibattiti conciliari a cui parteciparono anche molti laici, filosofi e uomini di lettere.

L'altro episodio che viene comunemente narrato è quello dello schiaffo ad Ario, che Nicola avrebbe sferrato vedendo l'ostinatezza dell'eretico.

Uno schiaffo alla presenza dell'imperatore non poteva passare impunito. Costantino, perciò fece chiudere Nicola in carcere, dopo averlo spogliato delle insegne episcopali. La notte gli apparvero Gesù e la Madonna e, liberandolo, gli restituirono la stola episcopale ed il Vangelo. In molti quadri, infatti, negli angoli in alto appaiono Cristo e la Madonna in atto di restituire a Nicola le insegne episcopali.

Ricordando l'impulsività di Nicola quale era emersa nella vicenda dei cittadini di Mira salvati dalla decapitazione, lo schiaffo è con-sono al carattere focoso del Santo, che non tollerava ingiustizie e falsità. Tuttavia, il «colpo», di cui parlava anche Andrea di Creta verso il 690-700 dopo Cristo, era da intendersi metaforicamente, come la già ricordata distruzione del tempio di Diana. In ogni caso, l'iconografia si impossessò ben presto di questo particolare e contribuì ad arricchire la leggenda.

Lo stesso Andrea di Creta, però, ci presenta un Nicola che, a differenza di Atanasio, non prende sempre di petto i suoi nemici. E preoccupato più di convertirli e riportarli alla pace ecclesiale che di smascherarli nell'errore. Sembra, infatti, che si sia dato molto da fare per convertire il vescovo Teognide, che potrebbe essere il filoariano vescovo di Nicea oppure un vescovo della setta marcionita. Si parla di dialoghi a voce e per iscritto, e anche se Teognide non si convertì del tutto, accondiscese a firmare la condanna della dottrina ariana.

Qualcuno ha voluto ingiustamente mettere in dubbio la presenza di Nicola al concilio di Nicea. Ora, anche se in una diecina di liste dei partecipanti al concilio il suo nome viene omesso, è certo che Nicola vi si recò. Né la cosa deve meravigliare, poiché in queste stesse liste in cui manca il nome di Nicola, manca anche quello di S. Pafnuzio che, invece, di quel concilio fu certamente uno dei protagonisti.

La presenza di Nicola è comprovata soprattutto dalla lista di Teodoro il Lettore, uno storico minore bizantino, che verso il 515 compose una Historia tripartita, basata sulle storie di Socrate, Sozomeno e Teodoreto, oltre che su carte d'archivio di Costantinopoli e su scritti non pervenutici. Purtroppo non sappiamo a quale epoca risalga la lista da lui consultata, ma è probabile che l'abbia presa dalla Storia ecclesiastica di Socrate (440 circa dopo Cristo), che è la sua fonte, o direttamente dall'elenco di S. Atanasio.

TEODORO IL LETTORE E I PADRI DEL CONCILIO DI NICEA (510-515 d.C.)

Fonte principale di Teodoro il Lettore sul Concilio di Nicea (325) è la Stona ecclesiastica di Socrate (circa 440 d.C.). Quest'ultimo scrive: «Ritenendo di fare cosa gradita agli amanti del sapere, ora voglio dare i nomi dei vescovi che si riunirono a Nicea, secondo sono riuscito a reperirli, ognuno secondo la diocesi e la città che presiedevano, come pure il tempo in cui si riunirono in assemblea...». Fa, quindi, diversi nomi e poi, senza alcun valido motivo, si interrompe e dice: «I nomi degli altri sono riportati tutti nel Synodikon di Atanasio».

Questa frase è letteralmente ripresa da Teodoro. E quindi chiaro che dipende da Socrate. Ora, considerando la solenne promessa di dare tutti i nomi, sembra ovvio che non può essere stato Socrate a rinviare al Synodikon di Atanasio, ma il suo primo copista. Di conseguenza, Teodoro il Lettore deve avere avuto fra le mani o la versione originale ai Socrate (con le stesse parole del quale introduce la sua lista) o il Synodikon di Atanasio. Nell'uno come nell'altro caso Nicola è in una botte di ferro. Tanto più che, nelle varie liste, non si trova alcun nome alternativo per la città di Mira che, data la sua importanza a quel tempo, non poteva non avere un vescovo.

8. GLI UFFICIALI LIBERATI DAL CARCERE

A Costantinopoli sono legati altri due episodi della vita di Nicola, dei quali è però difficile stabilire la cronologia. Uno riguarda la richiesta a Costantino della riduzione delle tasse per i miresi, l'altro il suo intervento per fare liberare dal carcere i tre ufficiali, Nepoziano, Ursone ed Erpilione. Ambedue ebbero probabilmente luogo in occasione del concilio, ma non è neppure impossibile che Nicola si sia recato nella capitale in altra occasione.

Entrambi gli episodi furono dall'agio-grafo coloriti di meraviglioso. La riduzione delle tasse stava per andare in fumo, in quanto, spinto da un suo consigliere, l'imperatore aveva chiesto a Nicola di restituirgli la carta di concessione. Nicola gli rispose che, dal giorno stesso in cui l'imperatore gliela aveva consegnata, essa era a Mira a disposizione delle autorità. Essendo la cosa incredibile, Costantino decise che, se davvero la carta era a Mira, la concessione avrebbe conservato la sua validità. Gli accertamenti diedero ragione a Nicola e i miresi poterono respirare.

L'episodio dei tre ufficiali contiene ugualmente l'elemento meraviglioso, costituito dal sogno di Costantino e di Ablavio.

Gli ufficiali, durante un'operazione militare volta a domare una ribellione di mercenari Taifali nella Frigia, erano passati da Mira, ove avevano assistito all'intervento di Nicola a favore dei cittadini miresi ingiustamente condannati a morte. Al loro ritorno a Costantinopoli erano stati accolti trionfalmente da Costantino, che era anche parente di Nepoziano.

La gelosia di Ablavio, che temeva di perdere il suo potere nei confronti dell'astro nascente, Nepoziano, portò il prefetto a fabbricare denunce contro l'ufficiale, quasi che stesse cospirando contro l'imperatore. Nepoziano e i suoi due compagni furono quindi rinchiusi in carcere. Il rischio di una fuga odi una successiva liberazione non faceva dormire sonni tranquilli ad Ablavio, che riuscì finalmente a farli condannare a morte.

La notte prima che fosse eseguita la loro condanna, i tre ufficiali chiesero al Signore di essere liberati per intercessione del santo vescovo. Nicola apparve in sogno minaccioso prima a Costantino e poi ad Ablavio, che pensarono ad atti magici, ma dovettero ricredersi quando, convocati gli ufficiali, ebbero il riscontro sull'identità di colui che era apparso loro in sogno. L'imperatore fece liberare i tre ufficiali, che si recarono a Mira a ringraziare il loro liberatore.

L'episodio è congiunto un po' artificiosamente a quello della decapitazione, e quasi certamente Nicola dovette intervenire di persona per la liberazione di Nepoziano. Conoscendo lo stile agiografico del tempo (basti pensare alla coeva Vita di S. Antonio abate scritta da S. Atanasio), non c'è affatto da rimanere sorpresi da questo continuo ricorso al meraviglioso. È la cornice in cui l'eroe viene inquadrato, che non intacca il valore del quadro.

TESTIMONIANZA su S. Nicola di Mira (Bari) intorno all'anno 582 d.C.

Qualcosa di simile trovo che sia accaduto al tempo dell'imperatore Costantino, operato, Dio permettendolo, da S. Nicola, vescovo della Licia. Nella sua «Vita», infatti, si narra quanto segue:
«Uno di essi, Nepoziano, ricordando come S. Nicola avesse in Licia liberato dalla morte quei tre uomini che erano stati ingiustamente condannati, disse: Salva anche noi, S. Nicola, servo di Cristo. Anche se ti trovi a grande distanza, le nostre preghiere giungano fino a te». Vi abbiamo proposto dunque molti esempi dal Nuovo e dall'Antico Testamento, compiuti dai Santi e che concordano tra loro e sono consoni alla verità. Dovreste poi considerare, prima di tutto, come si accordano bene colui che scrisse la «Vita» del Santo ed il Santo stesso. Lo scrittore, infatti, dice: «Di notte apparve in persona alla vista dell'imperatore», mentre il Santo, rispondendo alla domanda dell'imperatore «Chi sei tu che dai questi ordini ?», risponde: «Io sono il peccatore Nicola, ed abito in Licia...».
(Brano dalla Confutazione di coloro che affermano che le anime umane, appena separate dai corpi, non operano più, opera di Eustrazio, colto presbitero costantinopolitano)

9. LA MORTE (334 circa)

Nella Vita di Michele Archima'ndrita si narra anche un episodio relativo all'intervento di S. Nicola in occasione di una tempesta sul mare. Ma questo patronato sul mare emergerà un po' più tardi, rispetto a quello sulle fanciulle povere, sui carcerati e sui condannati a morte.

Quanto a Nicola stesso, come per la nascita e gli anni d'infanzia, anche per la morte si naviga nel buio. Il primo biografo latino, Giovanni Diacono di Napoli (880 d.C.) confessava candidamente che, dopo attente ricerche, non aveva trovato alcunché sulla morte del Santo. Circa un secolo dopo, il più celebre rielaboratore di vite di Santi, Simeone Metafraste, scriveva di Nicola: «Dopo una lunga vita trascorsa all'insegna della virtù, egli asperse la metropoli di Mira con un dolce ed amabile unguento preso dai germogli della divina grazia. Giunse così in età avanzata, sazio di giorni sia terreni che celesti. Poi, anche lui dovette chinarsi alla legge della natura secondo il destino di tutti gli uomini, e fu colpito da una breve malattia. Pur fiaccato da questa, non mancava di rendere gloria e ringraziamenti a Dio, come sogliono fare i moribondi che sereni si avviano all'altra vita. Infatti, mentre altri desiderano rimanere nella carne, Nicola desiderava quel distacco dal corpo. Lasciò dunque questa vita breve e transitoria per passare a quella eterna e beata, dove si gioisce con gli angeli nel contemplare più limpida-mente e apertamente la luce della Verità. Il suo corpo prezioso, onorato dai santi vescovi e da tutto il clero che portava torce e candele, fu reposto nella chiesa di Mira».

Da varie considerazioni possiamo comunque affermare che morì un 6 dicembre di un anno prossimo al 334.

Un sinassario costantinopolitano aggiunge che morì in età avanzata. Giovanni, arcidiacono della Chiesa di Bari nell'XI secolo (da non confondere con Giovanni Diacono del IX secolo) annotava che morì poco tempo dopo il concilio di Nicea. Per il 334 (anno 280 di Costantino) è pure una traduzione antico-russa della Vita di Nicola di Pinara. Non va però dimenticato che per molti secoli è stato preferito l'anno 343, che è la data riportata dalla Legenda aurea di Jacopo da Varazze, che ebbe una notevole diffusione.

IL CULTO

1. IL CULTO E I PELLEGRINAGGI A MIRA

S. Nicola entrò molto presto nel cuore dei miresi. Infatti, poco dopo la sua morte, fu istituita una festa popolare detta «le Rosalie del santo patrono». Una festa che faceva accorrere i cristiani di tutta la Licia. Più tardi, i vescovi della regione colsero l'occasione di una simile imponente raccolta di fedeli per celebrarvi i concili provinciali. Ad uno di questi, verso il 560 partecipò quel vescovo di Pinara di nome Nicola, la cui vita per molti secoli è stata confusa con quella del nostro. Della magnificenza di questa festa parlerà verso il 690/700 Andrea di Creta, avanzando qualche critica agli eccessi di spreco per la festa esteriore.

Lo stesso Michele Archimandrita, in un episodio accaduto poco dopo la morte del Santo, accenna ai frequenti pellegrinaggi alla sua tomba.

Un gruppo di pellegrini, che si stava imbarcando in un paese lontano per andare a Mira, fu avvicinato da una vecchietta che si disse impossibilitata ad accompagnarli e che quindi chiedeva loro di portare un suo vasetto d'olio per le lampade della chiesa di Nicola. Dopo un giorno di viaggio, Nicola apparve a chi custodiva il vasetto, ordinandogli di gettarlo in mare. Nel punto dove era caduto il vaso si levarono lingue di fuoco e zolfo, un odore nauseabondo si diffuse e i naviganti si trovarono nel bel mezzo di una violenta tempesta.

Quando ormai credevano che fosse giunta la loro fine, ecco che la nave si raddrizzò e lentamente ripresero il cammino fino a Mira. Capirono allora che il Santo li aveva salvati dal demonio, il quale aveva cercato di vendicarsi di Nicola che lo aveva scacciato dalla sua dimora quando aveva demolito il tempio di Diana.

Ma, se il demonio aveva il suo olio malefico, Nicola possedeva un olio benefico per difendere i suoi devoti. I pellegrinaggi verso la capitale della Licia trovavano un forte incentivo per la credenza nel potere taumaturgico di un liquido che sgorgava nella sua tomba. Per raccogliere questo liquido, comunemente chiamato «myron» (oggi «manna»), più volte, ad esempio, intorno all'anno 800 un sacerdote di Mitilene, chiamato Cristoforo, si era recato in pellegrinaggio. Aveva letto forse ciò che aveva scritto Michele Archimandrita verso il 720, che cioè la manna era una «salutare e vivifica medicina» in grado di liberare da «ogni potenza avversa e maligna».

Una volta piombarono a Lesbo i saraceni e portarono Cristoforo con loro. Condannato a morte e in preda al terrore, proprio mentre posava il capo sui ceppi, gli apparve S. Nicola, infondendogli coraggio. Come il carnefice fece per vibrare la spada, ecco che questa fu sbalzata lontano, sfuggendogli dalle mani. Dopo un primo sbandamento, quando il carnefice seppe chi era colui che aveva salvato la sua vittima, prese Cristoforo e gli altri condannati e li riaccompagnò in territorio cristiano.

La fama della manna si diffuse anche in Occidente, e non pochi cercarono di entrare in possesso di qualche ampolla proveniente dall'Oriente. Intorno al 900 dopo Cristo, uno dei più grandi predicatori del tempo affermava senza tentennamenti che, in tutto l'Oriente, dopo la Madonna nessun santo era invocato come lo era 5. Nicola. Intorno all'anno 1000 si poteva cominciare a fare la stessa affermazione per l'Occidente. Se si leggono le antiche cronache benedettine di Montecassino di quel periodo, si può facilmente osservare che le chiese del Santo, ad eccezione di 5. Giovanni, erano più numerose di quelle di qualsiasi altro santo.

TESTIMONIANZA sul culto di S. Nicola di Mira (Bari) intorno all'anno 570 d.C.

Un giorno (Nicola di Sion) fu preso dal desiderio di andare nella Città Santa per adorare il venerabile legno della santa croce e i luoghi santi. E, scendendo alla metropoli di Mira, si recò alla chiesa (martynon) del glorioso 5. Nicola. Come Dio volle, c'era lì un certo navigatore di Askalon, che si chiamava Mena. Avendo udito delle voci sul santo uomo Nicola, questi era venuto ad incontrarlo a Mira, nella chiesa di S. Nicola, e gli disse: «Se piace a sua santità, venga sulla mia piccola nave e ci benedica con la sua presenza» (capitolo 8).

E da quel luogo, Nicola di Sion fece un viaggio sino a Kastellon, al santuario (eukterion oikon) di S. Nicola. Lì uccise due buoi, restituendo la gioia a tutti gli abitanti amati da Cristo, i quali, tramite il santo uomo, glorificarono Dio (capitolo 57).

Quando giunse il tempo delle Rosalie del nostro progenitore S. Nicola, il servo di Dio Nicola di Sion (ormai vescovo di Pinara) scese alla metropoli di Mira, per partecipare al sinodo. Ed egli pregò e, avendo goduto della compagnia dei santi e venerabili padri, che in Cristo celebrarono con lui durante il sinodo, li abbracciò tutti e, dato loro il bacio della pace, tornò al suo venerabile monastero, dove cadde ammalato (capitolo 76).

(Brani dalla Vita del monaco Nicola di Sion e vescovo di Pinara, scritta da un suo confratello)

2. LA TRASLAZIONE A BARI (1087)

Avendo Bari perduto il suo ruolo di capitale dell'Italia greco-bizantina a seguito della conquista normanna (1071), la ricca ed attiva borghesia pensò di tenere elevato il prestigio della città in chiave religiosa. E, dato che nel Medioevo l'importanza di una città si misurava anche dalla sua capacità di impadronirsi delle reliquie di famosi santi da terre infedeli, nel 1087 i baresi organizzarono l'impresa per portare nella loro città le reliquie di S. Nicola.

Al termine di operazioni commerciali ad Antiochia, sulla via del ritorno tre navi baresi attraccarono al porto di Mira. Mentre quindici marinai rimanevano di guardia alle navi, gli altri s'incamminarono per poco più di due chilometri ed entrarono nella chiesa ove Nicola era sepolto. Bioccati i monaci che volevano correre a Mira (un chilometro più avanti) per avvertire la popolazione, ruppero il sarcofago e presero le reliquie, consegnandole ai due sacerdoti della spedizione, Lupo e Grimoaldo. I primi giorni della navigazione di ritorno furono disastrosi, tanto che qualcuno pensò di riportare le reliquie dove le avevano prese. Ma quando cinque dei marinai rimisero a posto alcune delle reliquie rubate, il viaggio riprese speditamente.

Il 9 maggio del 1087 le reliquie entravano trionfalmente in Bari. Inizialmente vi furono dei contrasti con l'arcivescovo a proposito del luogo dove conservare il corpo di Nicola. La difficoltà fu superata con la decisioIne di edificare una splendida basilica nell'area che era stata la residenza dei governatori bizantini. L'incarico di dirigere i lavori fu affidato all'abate Elia, del monastero di 5. Benedetto di Bari.

La fama di S. Nicola fece sì che i più celebri cavalieri della prima crociata passassero nell'ottobre del 1096 a rendere omaggio al Santo, prima di ripartire per Costantinopoli e Gerusalemme. Per la crociata partì anche il signore di Bari, Boemondo, che, col nipote Tancredi, fu uno dei più valorosi cavalieri nella conquista della Terra Santa.

3. LA COSTRUZIONE DELLA BASILICA DI S. NICOLA

I lavori di costruzione della basilica, iniziati nella prima quindicina di luglio (1087), si conclusero in una prima fase il 30 settembre del 1089, quando giunse a Bari il papa Urbano II. Il giorno dopo, alla presenza di tutti i conti normanni, le reliquie del Santo furono riposte sotto l'altare della cripta (ove si trovano ancora oggi).

La struttura superiore doveva essere ugualmente finita nel 1098, almeno a giudicare dal fatto che la chiesa dovette ospitare 185 vescovi con tutti i loro segretari, il che difficilmente poté avvenire nella cripta. Secondo l'Anonimo barese, che scriveva verso il 1120, per quell'occasione l'abate Elia preparò una bellissima cattedra. È la cattedra, detta appunto «dell'abate Elia», che ancora oggi si vede dietro al ciborio della basilica superiore, un capolavoro di scultura romanica di poco anteriore alle sculture di Wiligelmo da Modena.

Alla morte dell'abate Elia (1105), sepolto nelle scale che portano in cripta, fu l'abate Eustazio a continuare i lavori, soprattutto di decorazione. A lui si deve forse anche la bellissima porta dei leoni (sul lato nord), che rappresenta la scena di un assalto ad una cittadella, probabilmente Antiochia conquistata da Boemondo. La maggior parte di questi lavori ebbero termine verso il 1125. Nello stesso secolo furono realizzati i corridoi superiori esterni, detti «esaforati», con meravigliose sculture di testoline.

Fra le alterazioni successive si possono ricordare le cappelle gentilizie costruite in epoca angioma e il mausoleo di Bona Sforza (1593), la grande regina di Polonia che tanta importanza ebbe anche per Bari. I restauri del 1930 eliminarono le suddette cappelle e tutte le incrostazioni barocche, ad eccezione del maestoso soffitto di Carlo Rosa di Bitonto, realizzato fra il 1661 ed il 1666.

4. S. NICOLA DI BARI NEL MONDO

La traslazione di S. Nicola dalla Turchia a Bari fece sì che il culto, già molto vivo, avesse ulteriore impulso. I normanni che avevano portato a termine l'impresa del 1087 divennero i principali propagandisti della devozione al Santo. In men che non si dica tutte le cronache medioevali registrarono l'accaduto. E così, S Nicola di Mira cominciò ad essere conosciuto come S. Nicola di Bari. Altri continuarono a chiamarlo S. Nicola Vescovo, oppure S. Nicola Taumaturgo.

Sorsero, nel frattempo, anche altri S. Nicola, come S. Nicola Pellegrino, patrono di Trani, S. Nicola da Tolentino (noto specialmente nelle Marche e nel Centro Italia), S. Nicola di Flùe, e altri santi greci e specialmente russi. Ma, per tutto il mondo, ovunque si dice S. Nicola, si intende S. Nicola di Bari, il santo delle fanciulle e dei bambini. In Russia è di gran lunga il santo più venerato, ma anche in tutti gli altri paesi ortodossi è veneratissimo.

Ovviamente, la sua immagine varia nei diversi paesi. In Occidente è dipinto all'occidentale, in Oriente più giustamente all'orientale. Per Dante e S. Tommaso d'Aquino era il Santo della dote alle fanciulle povere, per i russi era il compagno dei grandi eroi epici e l'amico dei poveri contadini, per Shakespeare era il patrono dei ladri. Tutti aspetti che rientrano prepotentemente nel teatro medioevale francese, che presenta un S. Nicola estremamente fattivo e concreto.

Come numero di chiese, la nazione più ricca è certamente la Russia, dove soltanto a Mosca, secondo un censimento russo di pochissimi anni fa (Sorok Sorokov), ve ne sono oltre 40. Il che fa supporre un numero di almeno 1500 per tutto il territorio. Fra 800 e 1200 sono le chiese in Italia, ove il vasto margine di approssimazione vuole rendere conto di quelle diroccate o che hanno cambiato recentemente la dedicazione. Un numero analogo vale per la Francia, visto che soltanto le parrocchie superano le 600 unità. E simile dev'essere la situazione in Germania, secondo un recente studio conservato nell'archivio diocesano di Colonia (ove però si calcolano anche le chiese protestanti e quelle divenute museo). Oltre 400 sono in Inghilterra, e un numero analogo (forse maggiore, se si calcolano anche le minuscole chiesette ai bordi del mare) si registra per la Grecia. Alcune centinaia sono le chiese negli Stati Uniti (per lo più ortodosse), oltre 100 le parrocchie in Belgio.

Un po' meno diffuso è il suo culto nei paesi di lingua spagnola, ma potrebbe essere anche una carenza nell'informazione. Infatti, di tanto in tanto alla basilica di Bari giungono lettere dai paesini più reconditi e sconosciuti (recentemente dal Messico e dal Venezuela), ove vivo è il culto del Santo, ed è difficile appurare come vi sia arrivato.

In tutto il mondo, quindi, le chiese di S. Nicola dovrebbero aggirarsi sulle 6000 unità o poco più.

5. PATRONO DEI CARCERATI. BASILIO-ADEODATO

La diffusione del culto di S. Nicola coincise con l'avanzata musulmana nel Mediterraneo. Egli, che era noto per aver salvato gli ufficiali bizantini dal carcere, cominciò ad essere invocato in tutte quelle famiglie (ed erano molte) che avevano avuto la disgrazia del rapimento di un figlio o di una figlia.

Numerosi sono gli episodi, inseriti nelle antiche Vite greche del Santo, che riferiscono di meravigliose liberazioni da carceri o di inattesi ritorni da terre infedeli. L'episodio più famoso, e anche il più rappresentato iconograficamente, è quello di Basilio (altrimenti noto come Adeodato).

Mentre andava in chiesa, questo giovane figlio di un contadino, fu rapito dai saraceni che lo portarono nell'isola di Creta. L'emiro lo impiegò come coppiere, mentre lontano in patria i genitori piangevano. Trascorso un anno, il padre riuscì comunque a convincere la moglie a preparare la festa di S. Nicola. Mentre intrattenevano gli ospiti, un improvviso abbaiare di cani fece accorrere tutti nel giardino. Basilio apparve e, come tornando in sé, raccontò: «Poco fa stavo alla presenza dell'emiro di Creta e al banchetto versavo il vino a lui e agli altri commensali. Avevò riempito la coppa e stavo per porgerla, quando non so qual forza, afferratomi mi trasportò qui tra voi. Non sapevo di stare già a terra. Credevo di essere ancora trasportato in aria, fino a che tu mi hai rivolto la parola chiamandomi per nome».

In Occidente questa bella storia ebbe molte rielaborazioni, e il ragazzo, che fu chiamato Adeodato, cominciò a comparire in molte immagini, o con un vassoio in mano o afferrato dal Santo per i capelli.

La chiesa più nota per questa iconografia è la basilica di S. Nicola in Carcere a Roma, a due minuti dal Campidoglio. Il clero di essa, fra il VII e l'VIlI secolo, sembra che in occasione della festa del Santo avesse addirittura il privilegio di poter far liberare un condannato a morte.

6. PATRONO DEI NAVIGANTI

Molto presto si sviluppò anche il patronato del Santo sui naviganti. Già si è detto come Nicola salvò i pellegrini che portavano l'olio malefico e si erano trovati improvvisamente in una tempesta di acqua e di fuoco.

Nella Vita scritta da Michele Archimandrita nell'VIli secolo c'è anche un episodio (De nautis) che testimonia l'uso di invocare il Santo in casi di pericoli sul mare. Dei naviganti, venutisi a trovare nel bel mezzo di una tempesta, lo invocarono. Il «rapido soccorritore» apparve loro e si mise a lavorare fra gomene, alberi e timone, fino a che non fece entrare la nave in porto. Quindi scomparve.

I naviganti però desideravano ringraziarlo e quando seppero che si trovava nella vicina chiesa, vi si recarono. All'inizio non lo riconobbero, perché era vestito dimessamente. Ma poi, guardando meglio, lo riconobbero per colui che era accorso in loro aiuto. Dopo il ringraziamento, Nicola li esortò alla virtù.

Soprattutto a partire dal IX secolo, molti furono i miracoli del Santo a favore dei naviganti. In Grecia fu considerato un novello Nettuno (Poseidone). In Russia fu protagonista della bella fiaba di Sadko. Questi, suonando in fondo al mare, provocava delle tempeste alla superficie che facevano affondare le navi. Nicola finalmente lo convinse a non suonare più, e le navi tornarono a navigare tranquillamente. Anche in occasione della festa del Santo a Bari, si versa una bottiglia di santa manna in mare, affinché le acque siano propizie a naviganti e pescatori.

7. PATRONO DEI MERCANTI E ... DEI LADRI

Anche il mondo dei mercanti ha visto nel Santo un protettore. L'episodio più antico al riguardo è L'immagine di S. Nicola in Africa. Un vandalo (secondo altri testi un «saraoeno») aveva rapito durante una incursione in Calabria una bella icona di S. Nicola. Avendo saputo dei suoi poteri miracolosi, volle metterlo alla prova, lasciando aperta la sua casa e ponendovi a guardia la suddetta icona.

Al suo ritorno si accorse che i ladri gli avevano rubato tutto. Allora minacciò il Santo di prenderlo a frustate se non avesse recuperato la refurtiva. Nicola piombò sul luogo dove i ladri si stavano dividendo il bottino, e ordinò loro di andare a restituire tutto, con la minaccia che, se il mercante si fosse adirato con lui, egli li avrebbe presi a bastonate di santa ragione.

Impauriti, i ladri andarono a restituire i beni rubati. Il mercante, invece, constatando la potenza di S. Nicola si convertì al cristianesimo e visse una vita santa.

Il fatto che il protagonista sia un vandalo porterebbe l'azione al V-VI secolo, e comunque ad epoca anteriore alle incursioni saracene. È difficile, infatti, che uno scrittore dell'epoca iconoclasta (VIII~IX secolo) potesse confondere i due popoli.

Numerosi sono i racconti che vedono S. Nicola difensore della proprietà, come nel caso dell'ebreo e del cristiano. Quest'ultimo si era fatto prestare da un ebreo una somma che poi non voleva più restituire. Portato dinanzi al giudice, ricorse ad uno stratagemma per salvarsi. Al momento di giurare, affidò all'ebreo il bastone, nel quale aveva messo tante monete d'oro quanto era il suo debito. E giurò dinanzi ad un'immagine di S. Nicola di aver dato all'ebreo quanto gli spettava.

Una volta assolto, però, come fu per strada fu investito da un carro e ucciso, mentre le monete uscivano dal bastone rotto. Vista l'immancabilità della giustizia divina, l'ebreo si convertì. E prima di andarsene col suo denaro, pregò S. Nicola di risuscitare il cristiano che voleva fare il furbo.

Molti altri racconti greci riguardano i mercanti e i ladri, però non manca in essi l'esortazione per questi ultimi a cambiare vita. Ugualmente in Russia, ove moltissime chiese del Santo furono costruite nelle piazze del mercato. E Shakespeare chiamerà i ladri, «servi di S. Nicola».

8. LE FANCIULLE DA MARITO E I BAMBINI

Meno numerosi sono i racconti popolari relativi al mondo delle fanciulle da marito. Tuttavia, la protezione di Nicola per le fanciulle è sempre stata universale, e trova la sua giustificazione nel celebre episodio della dote gettata attraverso la finestra. Anzi, questa narrazione divenne caratteristica al punto che nessun altro simbolo è tanto universale e identificante per il nostro Santo quanto le tre palle d'oro sul Vangelo. Il fatto fu messo in versi da Dante nel Purgatorio (Canto XX), e meditato da S. Tommaso nella Somma teologica. Ma, soprattutto, divenne fonte di ispirazione per un gran numero di pittori, dal maestro della cappella di S. Nicola ad Assisi ad Ambrogio Lorenzetti, da Spinello Parri di Arezzo a Vitale da Bologna, da Gentile da Fabriano al Beato Angelico, e così via.

L'episodio della dote alle fanciulle povere, che ha una buona base storica, venne (tra il 1000 ed il 1100) ad incrociarsi con una leggenda appena creata: quella dei bambini uccisi dall'oste e risuscitati da S. Nicola. La leggenda nacque un po' prima dell'anno 1000, quando qualcuno, riferendosi all'intervento a favore dei tre innocenti ingiustamente condannati a morte, tradusse che S. Nicola salvò tre bambini. Così, intorno al 1100, già circolava più d'una versione di questa leggenda nata da un equivoco linguistico e subito fatta propria dall'iconografia.

9. SANTACLAUS: L'IMMAGINE DELLA BONTÀ

La storia della dote, già verso il 1100, aveva dato adito all'usanza di lasciare degli oggetti o del cibo dinanzi alla soglia delle famiglie povere. La diffusione della leggenda dei tre bambini, un po' alla volta, fece cambiare la destinazione dei doni, a beneficio dei bambini. Così fra il XIV ed il XV secolo Nicola, che nel frattempo era divenuto anche patrono degli scolari (insieme a S. Caterina d'Alessandria), cominciò ad essere conosciuto come il santo dei bambini, e designato come Santa Claus. Una tradizione che fu combattuta più o meno aspramente dai protestanti. Duri furono Lutero e i protestanti olandesi (che promulgarono leggi severe contro chi faceva festa il 6 dicembre). Più tolleranti, invece, furono i protestanti svizzeri. Ma, nessuno riuscì a sradicare S. Nicola dall'animo dei bambini, anche se in alcuni paesi l'alterazione del vestito fece perdere il ricordo della sua origine.

In Italia Santa Claus è poco diffuso (per lo più nei paesi dell'arco alpino), essendo il suo posto preso da Babbo Natale e ancor più dalla Befana. Ma nel mondo intero è lui, S. Nicola (talvolta in guisa di un folletto o di un simpatico vecchietto panciutello), a viaggiare. sulla slitta nei cieli la notte di Natale. Scende per i camini, riempie le calze dei bambini, e a tutti ispira sentimenti di bontà e di carità verso il prossimo.

È lo stesso energico e potente vescovo di Mira. Solo che si è rivestito di dolcezza.

10. IL SANTO DELL'UNITÀ DEI CRISTIANI

Non esiste un altro santo che sia così universale come Nicola, capace di mettere insieme cattolici e ortodossi, e parzialmente anche i protestanti. In Russia è di gran lunga il santo più venerato, e anche gli altri ortodossi gli sono molto devoti.

I domenicani, cui nel 1951 il papa Pio XII affidò la basilica di Bari, hanno creato un istituto di teologia ecumenica. Vi insegnano professori sia cattolici che ortodossi. Ed anche gli studenti sono cattolici ed ortodossi. Nel 1966 nella cripta del Santo è stata inaugurata una cappella orientale, ove ogni domenica si celebra una liturgia ortodossa.

In S. Nicola, cattolici ed ortodossi respirano aria di unità ecclesiale ma, consapevoli della divisione delle Chiese, non mancano di rivolgere preghiere al Signore affinché questa unità diventi visibile a tutti. I cristiani di Bari sono ormai abituati a questa presenza orientale, che non viene meno neppure nei momenti più difficili. In questi anni, ad esempio, i rapporti fra i cristiani sono stati avvelenati dalla questione degli uniati (cattolici ucraini che, dopo la caduta del comunismo, si sono riappropriati sbrigativamente delle loro antiche chiese). Eppure, i pellegrinaggi russi a S. Nicola si sono moltiplicati enormemente.

Non va dimenticata, infatti, la circostanza eccezionale dell'ufficiatura russa del giorno 22 maggio (corrispondente al 9 maggio dal punto di vista ecclesiastico, festa della traslazione). Una nazione ortodossa canta nel suo ufficio quella gioia che è anche la gioia di Bari.

Dopo la visita di Carlo e Diana (2 maggio 1985), si sono intensificati i rapporti con la Chiesa angucana, che in Inghilterra ha ben 378 parrocchie attive in onore del nostro Santo.

Tutti i mercoledì nella basilica si tiene la novena in onore di S. Nicola. Si prega per tutti i poveri, i deboli, le fanciulle da marito e tutti coloro che hanno bisogno dell'aiuto del nostro Santo, ma la preghiera principale èquella per l'unità dei cristiani.

LA DEVOZIONE

1. DALLA LITURGIA DI S. GIOVANNI CRISOSTOMO (V-VIII secolo)

O Signore, per le preghiere di colei che ti ha generato, la Madre di Dio e sempre vergine Maria, di tutte le sante potenze spirituali, del valido profeta, precursore e battezzatore Giovanni, dei gloriosi e santi apostoli, e di S. Nicola, la cui memoria celebriamo, abbi pietà di noi e custodiscici.

Regola di fede, immagine di mitezza e maestro di continenza ti ha reso agli occhi del tuo gregge il tuo stesso modo di vivere. E davvero con l'umiltà hai raggiunto le vette più eccelse, con la povertà la vera ricchezza. Padre e santo vescovo Nicola, prega Cristo Dio affinché salvi le anime nostre.

Cristo, vero Dio nostro, per intercessione della tutta santa ed immacolata sua Madre, per la potenza della preziosa e vivificante croce, per la protezione delle venerande potenze celesti ed incorporee, per le preghiere del venerato e glorioso profeta e precursore Giovanni Battista, dei santi gloriosi e vittoriosi martiri, dei santi e teofori Padri nostri, dei santi e giusti progenitori di Dio Gioacchino ed Anna, del nostro padre fra i santi Nicola, arcivescovo di Mira di Licia, di cui celebriamo la memoria, e di tutti i santi, abbia pietà di noi e ci salvi, poiché è buono e amico degli uomini.

2. ENCOMIO di S. Andrea di Creta (VII-VIII secolo)

O uomo di Dio, suo servo fedele, amministratore dei misteri di Cristo ed uomo prediletto dallo Spirito, accetta questo discorso che ti presentiamo in omaggio, e accoglilo come il segno della nostra gratitudine per la grazia che ci hai manifestato mediante la tua prodigiosa e fervida protezione.

Noi ti invochiamo come colonna e sostegno della Chiesa e luminare del mondo, che tiene alta la parola di vita.

Molti sono gli appellativi meritati dalla tua virtù e nessuna buona dote ti è mai mancata, o Nicola, il più buono tra i pastori, il più celebre tra i vescovi. Tutte le più apprezzate virtù tu le hai riposte nella tua anima santa, come si mettono in uno scrigno oro e pietre preziose, divenendo così famoso su tutta la terra che è sotto il sole. Una lucerna posta su elevato ed aureo lucerniere non illuminerebbe così l'oscurità della notte, come hai fatto tu, non appena il Cristo, luce vera, ti ha posto sul trono episcopale. (...)

Davvero in alto, infatti, ti ha portato il tuo modo di vivere angelico. La purezza e la contemplazione della tua vera unione con Dio ti hanno messo in grado di elevarti, direi, al di sopra delle sfere celesti.

3 . PREGHIERA di Michele Archimandrita (VIII secolo)

O padre che inizi alle cose sacre, albergo profumato dello Spirito Santo, purissima dimora della vera saggezza, abitazione della Trinità increata e di tutto creatrice, copia visibile degli angeli, tu che giustamente sei chiamato «vittoria del tuo popolo eletto», valorosissimo distruttore degli idoli, tu che metti in fuga i demoni, lodato maestro di sapienza, generoso amministratore dei molteplici doni di Cristo, veemente castigatore dei violatori della legge, rapido liberatore di quelli che vengono condannati con false accuse, mare infinito di straordinari miracoli, illustre maestro di moderazione e di verginità, sacro araldo di pietà dalla voce potente, regola di attività pastorale, in accordo perfetto col Verbo, oratore che fa scorrere il miele della predicazione ispirata da Dio, fiaccola luminosa della Chiesa di Cristo, sollievo che Dio dà agli afflitti, sta' ora insieme a noi che ti invochiamo fiduciosi e che eleviamo le tue lodi in mezzo all'assemblea.

Santificaci con la tua misteriosa ed angelica presenza. Sii sempre il nostro liberatore nelle disgrazie, ... allontanaci dalle tentazioni, salvaci dalle afflizioni, spegni la fiamma dei mali che si levano contro di noi.

(Conclusione della Vita per Michaelem, la più antica biografia pervenutaci)

4. PREGHIERA RUSSA (XI secolo)

Sii misericordioso anche verso di noi, o uomo di Dio e servo fedele di Cristo, sia ora che nel secolo a venire. In te, infatti, abbiamo riposto la nostra speranza e a te ci rivolgiamo in preghiera. Fra tutti gli esseri, sia visibili che invisibili, sei apparso come il più degno di onore.

Felice davvero è la città di Bari e sacra èla chiesa nella quale il Signore Iddio ti glorifica, e dove l'Altissimo santifica te, suo servo fedele.

Per tutti i cristiani sei il soccorritore ed il difensore, liberandoli da tutti i pericoli e da tutti i mali. Ti preghiamo, perciò, o Santo beatissimo, che hai potere ed audacia presso il Signore, di intercedere per noi che sempre festeggiamo la tua ricorrenza e osserviamo la festa della traslazione delle tue reliquie. Salvaci mediante le tue preghiere, per la grazia e la misericordia dell'unigenito Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo.

Per Lui e con Lui sia gloria e potenza, onore e adorazione al Padre, insieme allo Spirito Santo, buono e vivificatore, ora e sempre e per tutti i secoli dei secoli. Amen.

(Preghiera conclusiva del Sermone sulla traslazione di S. Nicola, noto come La leggenda di Kiev, e composto verso il 1093)

5. PREGHIERA di S. Anselmo d'Aosta (+ 1109)

Piccolo uomo e peccatore, che ti trovi in così grande bisogno d'aiuto, volgi la tua mente verso l'alto, guardati dentro e renditi conto di ciò che è veramente importante e attira la misericordia sul tuo deplorevole stato. Anima mia, sta' sveglia, sollevati dal tuo squallore, invoca quel Dio che nella tua malvagità hai spinto alla collera affinché possa voltarsi verso di te con uno sguardo addolcito. Ma i miei peccati non hanno confini e la mia preghiera non può essere ascoltata, a meno che non mi trovi un valido intercessore. Pregherò uno dei grandi amici di Dio e forse Dio gli darà ascolto mentre parla a mio favore. Mi rivolgerò a Nicola, il grande confessore, il cui nome è onorato nel mondo intero. Nicola! Oh, se solo mi sentisse, il grande Nicola. O Signore, nessuno si curerà di me, a meno che tu non lo permetta, nessuno mi aiuterà senza che tu lo voglia. Ma, io spero davvero che ciò che mi neghi a causa dei miei peccati, me lo possa tu concedere per i meriti del tuo amico. Signore buono, non ti mostrare un vendicatore quando ti chiedo un intercessore. Tu, infatti, non dai pietre a chi ti chiede pane, o un serpente al posto del pesce, o uno scorpione, invece di uova. Dammi allora, o Signore, come intercessore Nicola, il tuo grande confessore che hai circondato di gloria, il cui nome è benedetto nel mondo intero. Ti prego, o S. Nicola, per colui che ha reso il tuo nome venerato in tutto il mondo, non rifiutarti di aiutare un devoto bisognoso. Come potresti essere così universalmente invocato se non ti rivelassi avvocato di tutti coloro che ti pregano? Come potrebbero tutte le orecchie sentire «Mio signore, S. Nicola», «Mio signore, S. Nicola», se non nel senso di «Mio avvocato, S. Nicola», «Mio avvocato, S. Nicola»? Perché il tuo nome verrebbe pronunciato ovunque se il mondo intero non vi trovasse giovamento? La tua fama mi ha colpito, i tuoi miracoli mi spingono a pensare a te come mio intercessore, le tue opere mi portano a chiedere il tuo aiuto.
O Dio, in te ripongo la mia fiducia, S. Nicola, a te affido le mie preghiere. A voi due confido le mie preoccupazioni e consegno la mia anima. Questo voi richiedete da me sia con i comandi che con i consigli. Accogliete colui che si affida totalmente a voi e che è prostrato alla vostra presenza. Proteggetemi mentre dormo e in qualsiasi cosa stia facendo. Ispiratemi mentre penso, tu, o Signore, per la tua grazia, tu, o Nicola, con la tua intercessione. tu per i meriti del tuo amatissimo confessore, tu nel nome del tuo e mio Creatore, che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen.

(Tradotta da The prayers and meditations ofSaint Anselm, a cura di Sister Benedicta Ward, Penguin Books, Bungay, Suffolk 1973)

6. RIVELAZIONI di S. Brigida di Svezia (1366)

Visitando la sposa le reliquie di S. Nicola di Bari al suo sepolcro, cominciò a pensare al liquido oleoso che sgorga dal suo corpo. Allora, rapita fuori da sé dallo Spirito, ebbe la visione di una persona, tutta cosparsa di olio ed emanante soave profumo, che le disse: «Io sono il vescovo Nicola, che mi rivelo a te nella forma spirituale che avevo quand'ero in vita. Infatti, tutte le mie membra erano rese agili e flessibili al servizio di Dio, come una cosa oleata che si piega al volere del padrone, per cui nella mia anima era sempre viva la lode gioiosa, sulla mia bocca la predicazione divina, nel lavoro la pazienza, grazie alle virtù dell'umiltà e della castità che amai in modo particolare.

(Dalle Rivelazioni di S. Brigida, libro VI, cap. 103. La santa andò pellegrina alla basilica nel 1366 e nel 1369)

7. I MERCOLEDÌ di S. Nicola nella Basilica di Bari

Quella che segue è la novena che si recita ogni mercoledì nella basilica di S. Nicola al termine delle messe delle 7 e mezza, 9, 10 e 18 (19 durante il periodo di ora legale), iniziando subito prima della benedizione finale.

O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre

Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto donarci come protettore il glorioso S. Nicola, da quella sede di luce in cui egli gode la tua divina presenza, rivolgi a noi i tuoi occhi misericordiosi.

Concedici gli aiuti e le grazie opportune alle presenti nostre necessità, sia spirituali che temporali.

Ricordati della tua Chiesa, nel suo popolo e nei suoi pastori, perché sia illuminata dalla tua verità e infiammata dalla tua carità.

Converti, per intercessione del nostro santo Patrono, a fermi propositi di bene coloro che vivono avvolti nelle tenebre dell'ignoranza e dell'errore.

Consola gli afflitti, provvedi ai bisognosi, conforta i pusillanimi, difendi gli oppressi, assisti gli infermi e fa' che tutti possiamo sperimentare gli effetti del valevole patrocinio di S. Nicola presso di te, supremo datore di ogni bene.

Per Cristo nostro Signore. Amen.

RESPONSORIO

Se chiedi miracoli, i ciechi vedono, gli storpi camminano, e sudano manna le ossa di Nicola. Cessano i pericoli, si placano le tempeste, dicono i naviganti.

Torna al padre Adeodato e stupiscono gli Agareni. E tre vergini sono salvate, narra il popolo di Patara. Tu, o terra prediletta, le sacre ossa avute in pegno per tutti i popoli custodisci, che da lontano a te vengono, o felice Bari.

Ai marinai che ti chiamano presto porgi il tuo soccorso e si fa bonaccia in mare, pregando tu Maria. Tu intercedi presso Dio nei dolori del parto, per le madri che t'invocano per tutti sia salute e pegno la tua santa manna.

Siano tutti liberati dai pericoli della vita, dalle guerre, dalla fame,

o glorioso S. Nicola, grande padre. Amen.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.

Cessano i pericoli, si placano le tempeste dicono i naviganti.

Prega per noi, santo padre Nicola.

Affinché siamo fatti degni delle promesse di Cristo.

Preghiamo

O Dio, che hai operato e continui ogni giorno ad operare miracoli per mezzo del beato Nicola, tuo glorioso confessore e vescovo, fa', te ne preghiamo, che per i suoi meriti e la sua intercessione, siamo liberati dalle pene dell'inferno e da ogni pericolo. Per Cristo nostro Signore. Amen.

INNO FINALE

Deh vieni, o potente pastore di Mira! Un raggio c'ispira di santa bontà.

D'amore celeste il cuore ne accendi. Proteggi e difendi la nostra città.

Tu, angelo eletto, tra spoglia mortale sei vivo nel frale, sei vivo nel ciel.

Negli occhi ti brilla un raggio divino. Nell>àspro cammino sei guida fedel.

O quanti devoti soggetti e scettrati tu vedi prostrati tua tomba baciar.

A quanti morenti sei speme fiorita. Tua manna gradita può tutto salvar.

Da quando bambino offrivi al Signore il candido fiore de' primi tuoi dì. Da quando agli agguati dell'angiol ribelle tre caste donzelle tua mano rapì.

Tu vieni e richiami da terre remote a Bari devote le genti stranier.

O sole di Licia, decoro di Bari, Signore dei mari, conforto a virtù.

http://www.preghiereagesuemaria.it/images/snicola.jpg

Fonte: preghiere a Gesù e Maria (http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/san%20nicola%20di%20bari%20vita.htm)

Augustinus
06-12-04, 15:22
Tratt. 123, 5; CCL 36, 678-680

Prima il Signore domanda, e non una volta, ma due e tre volte, quello che già sapeva, se Pietro lo amava; e per tre volte si sente ripetere da Pietro che lo ama; e per tre volte fa a Pietro la stessa raccomandazione, di pascere le sue pecore.
Così alla triplice negazione che Pietro pronunziò un tempo, fa riscontro ora la triplice dichiarazione del suo amore, in modo che la lingua non serva all'amore meno di quanto servì alla paura e non sembri avergli fatto dire più parole la temuta morte che la vita presente. Sia dunque impegno dell'amore pascere il gregge del Signore, se il rinnegare il Pastore era stato indizio di paura.
Coloro che pascono le pecore di Cristo con l'intenzione di condizionarle a se stessi e di non considerarle di Cristo, dimostrano di amare non Cristo, ma se stessi, spinti come sono dalla cupidigia di gloria o di potere o di guadagno, non dall'amore di obbedire, di aiutare, di piacere a Dio. Costoro, cui l'Apostolo rimprovera di cercare il proprio interesse e non quello di Cristo, devono essere messi in guardia dalle parole che Cristo
ripete con insistenza: Mi ami? Pasci le mie pecore (cfr. Gv 21, 17), che significano: Se mi ami, non pensare a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore, e pascile come mie, non come tue; cerca in esse la mia gloria, non la tua, il mio dominio, non il tuo, il mio guadagno, non il tuo, se non vuoi essere del numero di coloro che appartengono ai «tempi difficili», di quelli cioè che amano se stessi con tutto quello che deriva da questo amore di sé, sorgente di ogni male.
Coloro, dunque, che pascono le pecore di Cristo, non amino se stessi, per non pascerle come loro proprie ma come di Cristo. Il male che più di ogni altro devono evitare quelli che pascono le pecore di Cristo è quello di ricercare i propri interessi invece di quelli di Gesù Cristo, asservendo alle loro brame coloro per cui fu versato il sangue di lui.
Colui che pasce le pecore di Cristo deve crescere nell'amore di lui al punto che l'ardore dello spirito vinca anche quel timore naturale della morte, per cui non vogliamo morire anche quando vogliamo vivere con Cristo. Ma per quanto grande sia l'orrore della morte lo deve far vincere la forza dell'amore per colui che, essendo la nostra vita, ha voluto per noi sopportare anche la morte.
Del resto se la morte comportasse poca o nessuna sofferenza, non sarebbe grande com'è la gloria dei martiri. Se il buon Pastore che diede la sua vita per le sue pecore suscitò tra esse tanti martiri, quanto più debbono lottare per la verità contro il peccato fino alla morte, fino al sangue, coloro ai quali egli affidò le sue stesse pecore da pascere, cioè da formare e guidare. Davanti all'esempio della passione di Cristo non è chi non veda che i pastori devono stringersi maggiormente vicino al Pastore imitandolo, proprio perché già tante pecore seguirono l'esempio di lui: dietro a lui, unico Pastore, anche i pastori sono pecore sue egli che per tutti accettò di patire, e, al fine di patire per tutti, si è fatto lui stesso agnello.

Augustinus
06-12-04, 18:57
http://img112.imageshack.us/img112/5776/g5kmtz2142is.jpg Valentin Metzinger, Miracolo di S. Nicola di Bari, 1743, Narodni galeriji, Lubiana

http://img47.exs.cx/img47/4492/f2bfoto1.jpg Mattia Preti, S. Nicola di Bari, Museo diocesano di Catanzaro

http://img47.exs.cx/img47/9905/j4kstoryinnocentswma.jpg http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/41/Ilja_Jefimowitsch_Repin_005.jpg Il'ya Repin, S. Nicola di Bari salva tre innocenti, Staatliche Russische Museum, San Pietroburgo

Augustinus
06-12-05, 00:15
Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 269-272

6 DICEMBRE

SAN NICOLA, VESCOVO DI MIRA E CONFESSORE

Per rendere onore al Messia Pontefice, la suprema Sapienza ha moltiplicato i Pontefici sulla strada che conduce a lui. Due Papi, san Melchiade e san Damaso; due Dottori, san Pier Crisologo e sant'Ambrogio; due Vescovi e l'amore del loro gregge, san Nicola e sant'Eusebio: ecco i gloriosi Pontefici che hanno ricevuto la missione di preparare, con la loro intercessione, la via del popolo fedele verso Colui che è il Sommo Sacerdote secondo l'ordine, il tipo di Melchisedech. Spiegheremo in seguito i loro titoli per i quali fanno parte di questa nobile corte. Oggi, la Chiesa celebra con gioia la memoria dell'illustre taumaturgo Nicola, famoso nell'Oriente al pari di san Martino nell'Occidente, e onorato da quasi mille anni dalla Chiesa latina. Rendiamo omaggio al supremo potere che Dio gli aveva dato sulla natura, ma rendiamogli soprattutto lode per essere stato del numero dei trecentodiciotto Vescovi che proclamarono a Nicea il Verbo consostanziale al Padre. Egli non fu scandalizzato dalle umiliazioni del Figlio di Dio; né la bassezza della carne che il sommo Signore di tutte le cose rivestì nel seno della Vergine, né l'umiltà della mangiatoia gli impedirono di proclamare Figlio di Dio, uguale a Dio, il Figlio di Maria; per questo egli è stato glorificato e ha ricevuto l'incarico di ottenere ogni anno, per il popolo cristiano, la grazia di andare incontro al Verbo di vita, con fede semplice e ardente amore.

VITA. - La celebrità di san Nicola, già grande presso i Greci nel VI secolo, non fece che crescere in Oriente e in Occidente. La "Vita" più antica che abbiamo di lui porta il nome di Praxis de Strafelate, ma non possediamo alcuna vita contemporanea e le vite più recenti non meritano affatto credito. Inoltre, si è attribuita a san Nicola di Mira una gran parte della vita d'un altro Nicola, chiamato il Sionita, il quale nel VI secolo fondò il monastero di Sion non lontano da Mira, e divenne vescovo di Pinara nella Licia (oggi Minara). E cosi non conosciamo nulla di sicuro sul taumaturgo. Il suo culto apparve in Occidente fin dal XI secolo e crebbe soprattutto dopo la traslazione delle sue reliquie a Bari nel 1087.
San Nicola Vescovo, come è grande la tua gloria nella Chiesa di Dio! Tu hai confessato Gesù Cristo davanti ai Proconsoli, e hai sopportato la persecuzione per il suo Nome. Sei stato in seguito testimone delle meraviglie del Signore, quando egli rese la pace alla sua Chiesa; e poco dopo, la tua bocca si apriva nell'assemblea dei trecento diciotto Padri, per confessare, con irrefragabile autorità, la divinità del Salvatore Gesù Cristo, per il quale tante migliaia di Martiri avevano versato il proprio sangue. Ricevi gli omaggi del popolo cristiano, che in tutta la terra trasalisce di gioia al tuo dolce ricordo; e siici propizio, in questi giorni in cui aspettiamo la venuta di Colui che tu hai proclamato Consostanziale al Padre. Degnati di aiutare la nostra fede e di assecondare il nostro amore. Tu lo vedi ora faccia a faccia quel Verbo per il quale tutte le cose sono state fatte e restaurate; chiedigli che si degni di lasciarci avvicinare dalla nostra indegnità. Sii il nostro mediatore fra lui e noi. Tu l'hai fatto conoscere al nostro intelletto come il Dio sommo ed eterno; rivelalo al nostro cuore, come il supremo benefattore dei figli di Adamo. In lui, o caritatevole Pontefice, tu hai attinto quella tenera compassione per tutte le miserie, la quale fa sì che tutti i tuoi miracoli siano altrettanti benefici. Continua, dall'alto del cielo, a soccorrere il popolo cristiano.

Rianima ed aumenta la fede delle genti nel Salvatore che Dio ha loro inviato. Che per effetto delle tue preghiere il Verbo divino cessi di essere misconosciuto e dimenticato nel mondo che egli ha riscattato con il suo sangue. Chiedi, per i Pastori della Chiesa, lo spirito di carità che risplende così luminoso in te, quello spirito che li rende imitatori di Gesù Cristo e conquista loro il cuore del gregge.

Ricordati anche, o santo Pontefice, della Chiesa d'Oriente che ti serba ancora una così viva tenerezza. Il tuo potere sulla terra si estendeva fino a risuscitare i morti; prega affinché la vera vita, quella che è nella Fede e nell'Unità, ritorni ad animare quell'immenso cadavere. Con le tue suppliche presso Dio, ottieni che il Sacrificio dell'Agnello che aspettiamo, sia di nuovo e presto celebrato sotto le cupole di Santa Sofia. Restituisci all'unità i Santuari di Kiev e di Mosca, affinché non vi sia più Scita né Barbaro, ma un solo pastore.

* * *
Consideriamo ancora lo stato del mondo nei giorni che precedono l'arrivo del Messia. Tutto testimonia che le profezie che lo annunciavano hanno avuto il loro compimento. Non solo lo scettro è stato tolto a Giuda, ma le Settimane di Daniele sono giunte al termine. Le altre predizioni della Scrittura, sull'avvenire del mondo, si sono avverate l'una dopo l'altra. A volta a volta sono caduti gli Imperi degli Assiri, dei Medi, dei Persiani e dei Greci; quello dei Romani è giunto all'apogeo della sua forza: è tempo che ceda il posto all'Impero eterno del Messia. Questo progresso è stato predetto ed è giunta l'ora in cui sarà vibrato l'ultimo colpo. Anche il Signore ha detto, per bocca di uno dei suoi Profeti: "Ancora un poco, e rimuoverò il cielo e la terra, e scuoterò tutte le genti: quindi verrà il Desiderato di tutti i popoli" (Ag 2,7). Così dunque, o Verbo eterno, discendi. Tutto è consumato. Le miserie del mondo sono giunte al colmo; i delitti dell'umanità sono saliti fino al cielo; il genere umano è stato sconvolto fin dalle fondamenta; sfinito, non ha possibilità di riaversi se non in tè, che invoca senza conoscere. Vieni dunque: tutte le predizioni che dovevano rappresentare agli uomini i caratteri del Redentore, sono fatte e promulgate. Non vi è più alcun profeta in Israele; tacciono gli oracoli della Gentilità. Vieni a realizzare ogni cosa: poiché è giunta la pienezza dei tempi.

Augustinus
05-12-07, 17:01
St. Nicholas of Myra

(Also called NICHOLAS OF BARI).

Bishop of Myra in Lycia; died 6 December, 345 or 352. Though he is one of the most popular saints in the Greek as well as the Latin Church, there is scarcely anything historically certain about him except that he was Bishop of Myra in the fourth century.

Some of the main points in his legend are as follows: He was born at Parara, a city of Lycia in Asia Minor; in his youth he made a pilgrimage to Egypt and Palestine; shortly after his return he became Bishop of Myra; cast into prison during the persecution of Diocletian, he was released after the accession of Constantine, and was present at the Council of Nicaea. In 1087 Italian merchants stole his body at Myra, bringing it to Bari in Italy.

The numerous miracles St. Nicholas is said to have wrought, both before and after his death, are outgrowths of a long tradition. There is reason to doubt his presence at Nicaea, since his name is not mentioned in any of the old lists of bishops that attended this council. His cult in the Greek Church is old and especially popular in Russia. As early as the sixth century Emperor Justinian I built a church in his honour at Constantinople, and his name occurs in the liturgy ascribed to St. Chrysostom. In Italy his cult seems to have begun with the translation of his relics to Bari, but in Germany it began already under Otto II, probably because his wife Theophano was a Grecian. Bishop Reginald of Eichstaedt (d. 991) is known to have written a metric, "Vita S. Nicholai." The course of centuries has not lessened his popularity. The following places honour him as patron: Greece, Russia, the Kingdom of Naples, Sicily, Lorraine, the Diocese of Liège; many cities in Italy, Germany, Austria, and Belgium; Campen in the Netherlands; Corfu in Greece; Freiburg in Switzerland; and Moscow in Russia. He is patron of mariners, merchants, bakers, travellers, children, etc. His representations in art are as various as his alleged miracles. In Germany, Switzerland, and the Netherlands, they have the custom of making him the secret purveyor of gifts to children on 6 December, the day on which the Church celebrates his feast; in the United States and some other countries St. Nicholas has become identified with Santa Claus who distributes gifts to children on Christmas eve. His relics are still preserved in the church of San Nicola in Bari; up to the present day an oily substance, known as Manna di S. Nicola, which is highly valued for its medicinal powers, is said to flow from them.

Bibliography

The traditional legends of St. Nicholas were first collected and written in Greek by Metaphrastes in the tenth century. They are printed in P.G. 116 sq.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XI, New York, 1911 (http://www.newadvent.org/cathen/11063b.htm)

Augustinus
06-12-07, 14:53
http://img443.imageshack.us/img443/2420/saintinbariwmasterzv7.jpg

Augustinus
06-12-07, 14:56
http://img68.imageshack.us/img68/6663/sannicolaiconabq9.jpg Autore ignoto, S. Nicola con scene agiografiche della sua vita, XIII sec., Museo Bizantino della Fondazione Arcivescovo Makarios, Nicosia

http://img150.imageshack.us/img150/7982/4dpictfb4.jpg Luca Giordano, S. Nicola in gloria, Museo Civico di Castelnouvo, Napoli

http://img150.imageshack.us/img150/9407/4dpictlh9.jpg Luca Giordano, S. Nicola salva il fanciullo coppiere, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli

DanielGi.
07-12-07, 10:34
Finalmente una bella icona di San Nicola!

ve ne sono però di migliori.

per gli ortodossi che seguono il vecchiocalendario la festa di san Nicola cade il 19 Dicembre del calendario civile, data che è nel vecchio calendario esattamente il 6.

Ciao !!!

Augustinus
06-12-08, 09:30
http://collection.aucklandartgallery.govt.nz/collection/images/display/M1982/M1982_1_2_678.jpg Jacques Callot, S. Nicola, 1630-36, Auckland Art Gallery, Auckland, Nuova Zelanda

Augustinus
07-12-08, 10:03
http://www.catholictradition.org/Children/saint-nicholas7.jpg http://www.wga.hu/art/l/lotto/1527-30/09nichol.jpg http://images.bridgeman.co.uk/cgi-bin/bridgemanImage.cgi/600.FTB.330360.7055475/59854.JPG Lorenzo Lotto, Pala di S. Nicola in gloria tra i SS. Giovanni Battista e Lucia, 1527, Chiesa dei Carmini, Venezia

http://www.wga.hu/art/b/boullogn/bon/nicolas.jpg Bon Boullogne, S. Nicola resuscita un bambino, Musée Ingres, Montauban

http://www.wga.hu/art/c/cima/12peter.jpg Cima da Conegliano, S. Pietro martire tra i SS. Nicola e Benedetto ed angelo musicante, 1504, Pinacoteca di Brera, Milano

http://www.wga.hu/art/g/gozzoli/4gimigna/saints/5nicbari.jpg Benozzo Gozzoli, S. Nicola, 1464-64, Cappella absidale, Chiesa di Sant'Agostino, San Gimignano

Augustinus
07-12-08, 10:05
http://www.wga.hu/art/l/lorenzo/credi/virgin_c.jpg http://www.catholictradition.org/Children/saint-nicholas6.jpg http://cartelen.louvre.fr/pub/fr/image/28084_p0003739.002.jpg http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/Z67MF/06-503576.jpg Lorenzo Di Credi, Madonna col Bambino tra i SS. Giuliano e Nicola, 1490-92, Musée du Louvre, Parigi

http://www.wga.hu/art/r/raphael/3umbtrip/31anside.jpg http://img408.imageshack.us/img408/2027/ansideimadonna3461wl0.jpg Raffaello Sanzio, Madonna in trono col Bambino tra i SS. Giovanni Battista e Nicola (c.d. Madonna Ansidei), 1505 circa, National Gallery, Londra

http://www.wga.hu/art/t/tintoret/1_1540s/7nichola.jpg Tintoretto, S. Nicola, Kunsthistorisches Museum, Vienna

http://www.wga.hu/art/t/tiziano/06_1560s/05nichol.jpg Tiziano Vecellio, S. Nicola, Chiesa di San Sebastiano, Venezia

Augustinus
07-12-08, 10:06
http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/X2X0DO/02-008613.jpg Jan Cossiers, S. Nicola salva i tre condannati a morte, 1660, Palais des Beaux-Arts, Lille

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/5TAD3S/99-006109.jpg http://www.musee-fesch.com/images/tableaux/XVIIIe/giaquinto.jpg Corrado Giaquinto, S. Nicola, musée Fesch, Ajaccio

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/5ZAD3S/88-001286.jpg Alexandre Hesse, S. Nicola, chiesa parrocchiale, Chevry-en-Sereine

http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/0G2NR9/88-001283.jpg Alexandre Hesse, S. Nicola risuscita i tre fanciulli, chiesa parrocchiale, Chevry-en-Sereine

http://www.wga.hu/art/v/veronese/05_1580s/04lattu1.jpg Paolo Veronese, S. Nicola nominato vescovo di Myra, 1580-82, Gallerie dell'Accademia, Venezia

http://www.wga.hu/art/v/vivarini/bartolom/panel1.jpg Bartolomeo Vivarini, S. Nicola, Chiesa di Santo Stefano, Venezia

Augustinus
07-12-08, 10:22
DIE 6 DECEMBRIS

SANCTI NICOLAI

EPISCOPI ET CONFESSORIS

Duplex

Introitus

Eccli. 45, 30

STÁTUIT ei Dóminus testaméntum pacis, et príncipem fecit eum: ut sit illi sacerdótii dígnitas in ætérnum. Ps. 131, 1. Meménto, Dómine, David: et omnis mansuetúdinis ejus. V/. Glória Patri. Státuit

Oratio

DEUS, qui beátum Nicoláum Pontíficem innúmeris decorásti miráculis: tríbue, quaésumus; ut ejus méritis et précibus a gehénnæ incéndiis liberémur. Per Dóminum.

Et fit Commemoratio Feriæ, præterquam in Missa conventuali, si hodie fuerit Sabbatum.

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Hebraéos

Hebr. 13, 7-17

FRATRES: Mementóte præpositórum vestrórum, qui vobis locúti sunt verbum Dei: quorum intuéntes éxitum conversatiónis, imitámini fidem. Jesus Christus heri et hódie: ipse et in saécula. Doctrínis váriis et peregrínis nolíte abdúci. Optimum est enim grátia stabilíre cor, non escis, quæ non profuérunt ambulántibus in eis. Habémus altáre, de quo édere non habent potestátem, qui tabernáculo deserviunt. Quorum enim animálium infértur sanguis pro peccáto in Sancta per pontíficem, horum córpora cremántur extra castra. Propter quod et Jesus, ut sanctificáret per suum sánguinem pópulum, extra portam passus est. Exeámus ígitur ad eum extra castra, impropérium ejus portántes. Non enim habémus hic manéntem civitátem, sed futúram inquírimus. Per ipsum ergo offerámus hóstiam laudis semper Deo, id est fructum labiórum confiténtium nómini ejus. Beneficéntiæ autem et communiónis nolíte oblivísci: tálibus enim hóstiis promerétur Deus. Obedíte præpósitis vestris et subjacéte eis. Ipsi enim pervígilant, quasi ratiónem pro animábus vestris redditúri.

Graduale. Ps. 88, 21-23. Invéni David servum meum, óleo sancto meo unxi eum: manus enim mea auxiliábitur ei, et bráchium meum confortábit eum. V/. Nihil profíciet inimícus in eo, et fílius iniquitátis non nocébit ei.

Allelúja, allelúja. V/. Ps. 91, 13. Justus ut palma florébit: sicut cedrus Líbani multiplicábitur. Allelúja.

http://www.unavoce-ve.it/crux.gif Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthaéum

Matth. 25, 14-23

IN ILLO témpore: Dixit Jesus discípulis suis parábolam ne: Homo péregre proficíscens vocávit servos suos, et trádidit illis bona sua. Et uni dedit quinque talénta, álii autem duo, álii vero unum, unicúique secúndum própriam virtútem, et proféctus est statim. Abiit autem, qui quinque talénta accéperat, et operátus est in eis, et lucrátus est ália quinque. Simíliter et, qui duo accéperat, lucrátus est ália duo. Qui autem unum accéperat, ábiens fodit in terram, et abscóndit pecúniam dómini sui. Post multum vero témporis venit dóminus servórum illórum, et pósuit ratiónem cum eis. Et accédens qui quinque talénta accéperat, óbtulit ália quinque talénta, dicens: Dómine, quinque talénta tradidísti mihi, ecce, ália quinque superlucrátus sum. Ait illi dóminus ejus: Euge, serve bone et fidélis, quia super pauca fuísti fidélis, super multa te constítuam: intra in gáudium dómini tui. Accessit autem et qui duo talénta accéperat, et ait: Dómine, duo talénta tradidísti mihi, ecce, alia duo lucrátus sum. Ait illi dóminus ejus: Euge, serve bone et fidélis, quia super pauca fuísti fidélis, super multa te constítuam: intra in gáudium dómini tui.

Offertorium. Ps. 88, 25. Véritas mea et misericórdia mea cum ipso: et in nómine meo exaltábitur cornu ejus.

Secreta

SANCTÍFICA, quaésumus, Dómine Deus, hæc múnera, quæ in sollemnitáte sancti Antístitis tui Nicolái offérimus: ut per ea vita nostra inter advérsa et próspera úbique dirigátur. Per Dóminum.

Et fit Commemoratio Feriæ.

Communio. Ps. 88, 36-38. Semel jurávi in sancto meo: Semen ejus in ætérnum manebit, et sedes ejus sicut sol in conspéctu meo, et sicut luna perfécta in ætérnum, et testis in cælo fidélis.

Postcommunio

SACRIFÍCIA, quæ súmpsimus, Dómine, pro sollemnitáte sancti Pontíficis tui Nicolái, sempitérna nos protectióne consérvent. Per Dóminum.

Et fit Commemoratio Feriæ supra.

¶ Si hodie fuerit Sabbatum, fit de Vigilia anticipata Conceptionis immaculatæ B. Mariæ Virg., ut die sequenti notatur.

FONTE (http://www.unavoce-ve.it/mr-6dec=lat.htm)

Augustinus
07-12-08, 10:32
http://www.catholictradition.org/Children/saint-nicholas8.jpg

http://www.catholictradition.org/Children/saint-nicholas2.jpg

http://www.catholictradition.org/Children/saint-nicholas3.jpg

http://www.wga.hu/art/s/steen/page1/nicholas.jpg http://img122.imageshack.us/img122/1337/ska385xg4.jpg Jan Steen, Il giorno della festa di S. Nicola, 1663-65, Rijksmuseum, Amsterdam

http://www.wga.hu/art/b/brakenbu/nicholas.jpg Richard Brakenburg, Il giorno di S. Nicola, 1685, Amstelkring Museum, Amsterdam

Augustinus
07-12-08, 21:42
http://img254.imageshack.us/img254/7082/senzanomescandito02kk9.jpg Anonimo artista cretese, Icona di S. Nicola a figura intera, XVI sec., chiesa di Agios Nikolaos, Tsakistra (Cipro)

http://img211.imageshack.us/img211/3374/senzanomescandito01ee9.jpg Giovanni Battista Benvenuti detto l'Ortolano, S. Nicola di Bari, Pinacoteca Capitolina, Roma

http://img223.imageshack.us/img223/7716/senzanomescandito01kv8.jpg Mattia Preti, S. Nicola di Bari, Pinacoteca Civica, Fano

http://img381.imageshack.us/img381/8054/senzanomescandito02ku8.jpg Luigi Miradori detto il Genovesino, S. Nicola con l'offerente Martino Rota, 1654, Pinacoteca di Brera, Milano

http://img356.imageshack.us/img356/5867/senzanomescandito03mw3.jpg http://img352.imageshack.us/img352/5767/znaufraghiuc7.jpg Corrado Giaquinto, S. Nicola salva i naufraghi dalla tempesta, 1731-33, Pinacoteca Provinciale, Bari

Holuxar
06-12-16, 16:20
6 dicembre 2016: San Nicola…







San Nicola - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-nicola/)
http://www.sodalitium.biz/san-nicola/
“6 dicembre, San Nicola, Vescovo e Martire (Patara di Licia, 15 marzo 270 – Myra, 6 dicembre 343),
Rianima ed aumenta la fede delle genti nel Salvatore che Dio ha loro inviato. Che per effetto delle tue preghiere il Verbo divino cessi di essere misconosciuto e dimenticato nel mondo che egli ha riscattato con il suo sangue. Chiedi, per i Pastori della Chiesa, lo spirito di carità che risplende così luminoso in te, quello spirito che li rende imitatori di Gesù Cristo e conquista loro il cuore del gregge. Ricordati anche, o santo Pontefice, della Chiesa d’Oriente che ti serba ancora una così viva tenerezza. Il tuo potere sulla terra si estendeva fino a risuscitare i morti; prega affinché la vera vita, quella che è nella Fede e nell’Unità, ritorni ad animare quell’immenso cadavere. Con le tue suppliche presso Dio, ottieni che il Sacrificio dell’Agnello che aspettiamo, sia di nuovo e presto celebrato sotto le cupole di Santa Sofia. Restituisci all’unità i Santuari di Kiev e di Mosca, affinché non vi sia più Scita né Barbaro, ma un solo pastore.”



http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/12-185x300.jpg




“Novena all’Immacolata (dal 29 novembre al 7 dicembre):
Novena all'Immacolata (29/11 - 7/12) - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/novena-allimmacolata-2911-712/)”










“Preghiera a San Nicola per la Fede e l'Unità (http://www.sursumcorda.cloud/preghiere/641-preghiera-a-san-nicola-per-la-fede-e-l-unita.html).
http://www.sursumcorda.cloud/preghiere/641-preghiera-a-san-nicola-per-la-fede-e-l-unita.html
Rianima ed aumenta la fede delle genti nel Salvatore che Dio ha loro inviato. Che per effetto delle tue preghiere il Verbo divino cessi di essere misconosciuto e dimenticato nel mondo che egli ha riscattato con il suo sangue. Chiedi, per i Pastori della Chiesa, lo spirito di carità che risplende così luminoso in te, quello spirito che li rende imitatori di Gesù Cristo e conquista loro il cuore del gregge. Ricordati anche, o santo Pontefice, della Chiesa d'Oriente che ti serba ancora una così viva tenerezza. Il tuo potere sulla terra si estendeva fino a risuscitare i morti; prega affinché la vera vita, quella che è nella Fede e nell'Unità, ritorni ad animare quell'immenso cadavere. Con le tue suppliche presso Dio, ottieni che il Sacrificio dell'Agnello che aspettiamo, sia di nuovo e presto celebrato sotto le cupole di Santa Sofia. Restituisci all'unità i Santuari di Kiev e di Mosca, affinché non vi sia più Scita né Barbaro, ma un solo pastore. Così sia.”



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“Carlo Di Pietro - Giornalista e Scrittore (https://www.facebook.com/carlomariadipietro/)
Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Amen.
Eterno Padre, intendo onorare san Nicola, Vescovo e Confessore, e Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima, per i meriti di questo santo, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Nicola, Vescovo e Confessore, possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.
#sdgcdpr (https://www.facebook.com/hashtag/sdgcdpr)”



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Radio Spada (https://www.facebook.com/radiospadasocial/?hc_ref=PAGES_TIMELINE&fref=nf)
"Radio Spada è un sito di controinformazione cattolico http://www.radiospada.org e una casa editrice http://www.edizioniradiospada.com"

“6 DICEMBRE 2016: SAN NICOLA DI BARI, VESCOVO DI MIRA E CONFESSORE.”


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"Il 6 dicembre 903 viene assassinato in carcere Papa Leone V, già Sommo Pontefice."
"Il 6 dicembre 1059 Papa Niccolò II viene esaltato al Sommo Pontificato"
"Il 6 dicembre 1352 muore Papa Clemente Vi Roger, Sommo Pontefice"













Guéranger, L'anno liturgico - San Nicola, Vescovo di Mira e Confessore (http://www.unavoce-ve.it/pg-6dic.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-6dic.htm
“6 DICEMBRE
SAN NICOLA, VESCOVO DI MIRA E CONFESSORE
Per rendere onore al Messia Pontefice, la suprema Sapienza ha moltiplicato i Pontefici sulla strada che conduce a lui. Due Papi, san Melchiade e san Damaso; due Dottori, san Pier Crisologo e sant'Ambrogio; due Vescovi e l'amore del loro gregge, san Nicola e sant'Eusebio: ecco i gloriosi Pontefici che hanno ricevuto la missione di preparare, con la loro intercessione, la via del popolo fedele verso Colui che è il Sommo Sacerdote secondo l'ordine, il tipo di Melchisedech. Spiegheremo in seguito i loro titoli per i quali fanno parte di questa nobile corte. Oggi, la Chiesa celebra con gioia la memoria dell'illustre taumaturgo Nicola, famoso nell'Oriente al pari di san Martino nell'Occidente, e onorato da quasi mille anni dalla Chiesa latina. Rendiamo omaggio al supremo potere che Dio gli aveva dato sulla natura, ma rendiamogli soprattutto lode per essere stato del numero dei trecentodiciotto Vescovi che proclamarono a Nicea il Verbo consostanziale al Padre. Egli non fu scandalizzato dalle umiliazioni del Figlio di Dio; né la bassezza della carne che il sommo Signore di tutte le cose rivestì nel seno della Vergine, né l'umiltà della mangiatoia gli impedirono di proclamare Figlio di Dio, uguale a Dio, il Figlio di Maria; per questo egli è stato glorificato e ha ricevuto l'incarico di ottenere ogni anno, per il popolo cristiano, la grazia di andare incontro al Verbo di vita, con fede semplice e ardente amore.

VITA. - La celebrità di san Nicola, già grande presso i Greci nel VI secolo, non fece che crescere in Oriente e in Occidente. La "Vita" più antica che abbiamo di lui porta il nome di Praxis de Strafelate, ma non possediamo alcuna vita contemporanea e le vite più recenti non meritano affatto credito. Inoltre, si è attribuita a san Nicola di Mira una gran parte della vita d'un altro Nicola, chiamato il Sionita, il quale nel VI secolo fondò il monastero di Sion non lontano da Mira, e divenne vescovo di Pinara nella Licia (oggi Minara). E cosi non conosciamo nulla di sicuro sul taumaturgo. Il suo culto apparve in Occidente fin dal XI secolo e crebbe soprattutto dopo la traslazione delle sue reliquie a Bari nel 1087.

San Nicola Vescovo, come è grande la tua gloria nella Chiesa di Dio! Tu hai confessato Gesù Cristo davanti ai Proconsoli, e hai sopportato la persecuzione per il suo Nome. Sei stato in seguito testimone delle meraviglie del Signore, quando egli rese la pace alla sua Chiesa; e poco dopo, la tua bocca si apriva nell'assemblea dei trecento diciotto Padri, per confessare, con irrefragabile autorità, la divinità del Salvatore Gesù Cristo, per il quale tante migliaia di Martiri avevano versato il proprio sangue. Ricevi gli omaggi del popolo cristiano, che in tutta la terra trasalisce di gioia al tuo dolce ricordo; e siici propizio, in questi giorni in cui aspettiamo la venuta di Colui che tu hai proclamato Consostanziale al Padre. Degnati di aiutare la nostra fede e di assecondare il nostro amore. Tu lo vedi ora faccia a faccia quel Verbo per il quale tutte le cose sono state fatte e restaurate; chiedigli che si degni di lasciarci avvicinare dalla nostra indegnità. Sii il nostro mediatore fra lui e noi. Tu l'hai fatto conoscere al nostro intelletto come il Dio sommo ed eterno; rivelalo al nostro cuore, come il supremo benefattore dei figli di Adamo. In lui, o caritatevole Pontefice, tu hai attinto quella tenera compassione per tutte le miserie, la quale fa sì che tutti i tuoi miracoli siano altrettanti benefici. Continua, dall'alto del cielo, a soccorrere il popolo cristiano.
Rianima ed aumenta la fede delle genti nel Salvatore che Dio ha loro inviato. Che per effetto delle tue preghiere il Verbo divino cessi di essere misconosciuto e dimenticato nel mondo che egli ha riscattato con il suo sangue. Chiedi, per i Pastori della Chiesa, lo spirito di carità che risplende così luminoso in te, quello spirito che li rende imitatori di Gesù Cristo e conquista loro il cuore del gregge.
Ricordati anche, o santo Pontefice, della Chiesa d'Oriente che ti serba ancora una così viva tenerezza. Il tuo potere sulla terra si estendeva fino a risuscitare i morti; prega affinché la vera vita, quella che è nella Fede e nell'Unità, ritorni ad animare quell'immenso cadavere. Con le tue suppliche presso Dio, ottieni che il Sacrificio dell'Agnello che aspettiamo, sia di nuovo e presto celebrato sotto le cupole di Santa Sofia. Restituisci all'unità i Santuari di Kiev e di Mosca, affinché non vi sia più Scita né Barbaro, ma un solo pastore.
* * *
Consideriamo ancora lo stato del mondo nei giorni che precedono l'arrivo del Messia. Tutto testimonia che le profezie che lo annunciavano hanno avuto il loro compimento. Non solo lo scettro è stato tolto a Giuda, ma le Settimane di Daniele sono giunte al termine. Le altre predizioni della Scrittura, sull'avvenire del mondo, si sono avverate l'una dopo l'altra. A volta a volta sono caduti gli Imperi degli Assiri, dei Medi, dei Persiani e dei Greci; quello dei Romani è giunto all'apogeo della sua forza: è tempo che ceda il posto all'Impero eterno del Messia. Questo progresso è stato predetto ed è giunta l'ora in cui sarà vibrato l'ultimo colpo. Anche il Signore ha detto, per bocca di uno dei suoi Profeti: "Ancora un poco, e rimuoverò il cielo e la terra, e scuoterò tutte le genti: quindi verrà il Desiderato di tutti i popoli" (Ag 2,7). Così dunque, o Verbo eterno, discendi. Tutto è consumato. Le miserie del mondo sono giunte al colmo; i delitti dell'umanità sono saliti fino al cielo; il genere umano è stato sconvolto fin dalle fondamenta; sfinito, non ha possibilità di riaversi se non in tè, che invoca senza conoscere. Vieni dunque: tutte le predizioni che dovevano rappresentare agli uomini i caratteri del Redentore, sono fatte e promulgate. Non vi è più alcun profeta in Israele; tacciono gli oracoli della Gentilità. Vieni a realizzare ogni cosa: poiché è giunta la pienezza dei tempi.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 269-272.”











https://forum.termometropolitico.it/274927-6-dicembre-s-nicola-da-bari-o-di-myra-vescovo.html
6 dicembre - S. Nicola da Bari (o di Myra), vescovo (https://forum.termometropolitico.it/274927-6-dicembre-s-nicola-da-bari-o-di-myra-vescovo.html)



(https://forum.termometropolitico.it/274927-6-dicembre-s-nicola-da-bari-o-di-myra-vescovo.html)


Luca, Sursum Corda!

Holuxar
06-12-17, 21:44
6 DICEMBRE 2017: SAN NICOLA DI BARI, VESCOVO DI MIRA E CONFESSORE…





Guéranger, L'anno liturgico - San Nicola, Vescovo di Mira e Confessore (http://www.unavoce-ve.it/pg-6dic.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-6dic.htm
"6 DICEMBRE SAN NICOLA, VESCOVO DI MIRA E CONFESSORE."





San Nicola - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-nicola/)
http://www.sodalitium.biz/san-nicola/
“6 dicembre, San Nicola, Vescovo e Martire (Patara di Licia, 15 marzo 270 – Myra, 6 dicembre 343).
“Mira, metropoli della Licia, il natale di san Nicola, Vescovo e Confessore, del quale, fra i molti insigni miracoli, si racconta questo fatto memorabile, cioè che egli, da lontano, per visione indusse l’imperatore Costantino con ammonizioni e minacce ad usar misericordia verso alcuni condannati a morte, che avevano a lui fatto ricorso”.
Rianima ed aumenta la fede delle genti nel Salvatore che Dio ha loro inviato. Che per effetto delle tue preghiere il Verbo divino cessi di essere misconosciuto e dimenticato nel mondo che egli ha riscattato con il suo sangue. Chiedi, per i Pastori della Chiesa, lo spirito di carità che risplende così luminoso in te, quello spirito che li rende imitatori di Gesù Cristo e conquista loro il cuore del gregge. Ricordati anche, o santo Pontefice, della Chiesa d’Oriente che ti serba ancora una così viva tenerezza. Il tuo potere sulla terra si estendeva fino a risuscitare i morti; prega affinché la vera vita, quella che è nella Fede e nell’Unità, ritorni ad animare quell’immenso cadavere. Con le tue suppliche presso Dio, ottieni che il Sacrificio dell’Agnello che aspettiamo, sia di nuovo e presto celebrato sotto le cupole di Santa Sofia. Restituisci all’unità i Santuari di Kiev e di Mosca, affinché non vi sia più Scita né Barbaro, ma un solo pastore.”


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/slider-sannicola-300x164.jpg


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https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/641-preghiera-a-san-nicola-per-la-fede-e-l-unita.html
“Preghiera a San Nicola per la Fede e l'Unità."

https://www.sursumcorda.cloud/preghiere/642-novena-all-immacolata-concezione-dal-29-11-al-7-12.html
“Novena all’Immacolata Concezione (dal 29.11 al 7.12).”






Ligue Saint Amédée (http://www.saintamedee.ch/)
http://www.saintamedee.ch/
https://www.facebook.com/SaintAmedee/
“6 Décembre : Saint Nicolas de Myre, Évêque et Confesseur, Titulaire de la Cathédrale et Patron principal de la ville et du canton de Fribourg et du Diocèse.”
“Archives de la RTS : la Saint-Nicolas.”
https://www.rts.ch/archives/8201087-la-saint-nicolas.html


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/24131096_559429344389750_4352853099829060085_n.jpg ?oh=8ab5e9c26d4b6e8b04f223f4d088e4ca&oe=5AD67CDE



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"Radio Spada è un sito di controinformazione cattolico radiospada.org e una casa editrice
http://www.edizioniradiospada.com/"
“6 DICEMBRE 2017: SAN NICOLA DI BARI, VESCOVO DI MIRA E CONFESSORE.”


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“Il 6 dicembre 903 viene assassinato in carcere Papa Leone V, già Sommo Pontefice.”
“Il 6 dicembre 1352 muore Papa Clemente Vi Roger, Sommo Pontefice.”
“Il 6 dicembre 1059 Papa Niccolò II viene esaltato al Sommo Pontificato.”








Guéranger, L'anno liturgico - San Nicola, Vescovo di Mira e Confessore (http://www.unavoce-ve.it/pg-6dic.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-6dic.htm
"6 DICEMBRE SAN NICOLA, VESCOVO DI MIRA E CONFESSORE.
Per rendere onore al Messia Pontefice, la suprema Sapienza ha moltiplicato i Pontefici sulla strada che conduce a lui. Due Papi, san Melchiade e san Damaso; due Dottori, san Pier Crisologo e sant'Ambrogio; due Vescovi e l'amore del loro gregge, san Nicola e sant'Eusebio: ecco i gloriosi Pontefici che hanno ricevuto la missione di preparare, con la loro intercessione, la via del popolo fedele verso Colui che è il Sommo Sacerdote secondo l'ordine, il tipo di Melchisedech. Spiegheremo in seguito i loro titoli per i quali fanno parte di questa nobile corte. Oggi, la Chiesa celebra con gioia la memoria dell'illustre taumaturgo Nicola, famoso nell'Oriente al pari di san Martino nell'Occidente, e onorato da quasi mille anni dalla Chiesa latina. Rendiamo omaggio al supremo potere che Dio gli aveva dato sulla natura, ma rendiamogli soprattutto lode per essere stato del numero dei trecentodiciotto Vescovi che proclamarono a Nicea il Verbo consostanziale al Padre. Egli non fu scandalizzato dalle umiliazioni del Figlio di Dio; né la bassezza della carne che il sommo Signore di tutte le cose rivestì nel seno della Vergine, né l'umiltà della mangiatoia gli impedirono di proclamare Figlio di Dio, uguale a Dio, il Figlio di Maria; per questo egli è stato glorificato e ha ricevuto l'incarico di ottenere ogni anno, per il popolo cristiano, la grazia di andare incontro al Verbo di vita, con fede semplice e ardente amore.
VITA. - La celebrità di san Nicola, già grande presso i Greci nel VI secolo, non fece che crescere in Oriente e in Occidente. La "Vita" più antica che abbiamo di lui porta il nome di Praxis de Strafelate, ma non possediamo alcuna vita contemporanea e le vite più recenti non meritano affatto credito. Inoltre, si è attribuita a san Nicola di Mira una gran parte della vita d'un altro Nicola, chiamato il Sionita, il quale nel VI secolo fondò il monastero di Sion non lontano da Mira, e divenne vescovo di Pinara nella Licia (oggi Minara). E cosi non conosciamo nulla di sicuro sul taumaturgo. Il suo culto apparve in Occidente fin dal XI secolo e crebbe soprattutto dopo la traslazione delle sue reliquie a Bari nel 1087.
San Nicola Vescovo, come è grande la tua gloria nella Chiesa di Dio! Tu hai confessato Gesù Cristo davanti ai Proconsoli, e hai sopportato la persecuzione per il suo Nome. Sei stato in seguito testimone delle meraviglie del Signore, quando egli rese la pace alla sua Chiesa; e poco dopo, la tua bocca si apriva nell'assemblea dei trecento diciotto Padri, per confessare, con irrefragabile autorità, la divinità del Salvatore Gesù Cristo, per il quale tante migliaia di Martiri avevano versato il proprio sangue. Ricevi gli omaggi del popolo cristiano, che in tutta la terra trasalisce di gioia al tuo dolce ricordo; e siici propizio, in questi giorni in cui aspettiamo la venuta di Colui che tu hai proclamato Consostanziale al Padre. Degnati di aiutare la nostra fede e di assecondare il nostro amore. Tu lo vedi ora faccia a faccia quel Verbo per il quale tutte le cose sono state fatte e restaurate; chiedigli che si degni di lasciarci avvicinare dalla nostra indegnità. Sii il nostro mediatore fra lui e noi. Tu l'hai fatto conoscere al nostro intelletto come il Dio sommo ed eterno; rivelalo al nostro cuore, come il supremo benefattore dei figli di Adamo. In lui, o caritatevole Pontefice, tu hai attinto quella tenera compassione per tutte le miserie, la quale fa sì che tutti i tuoi miracoli siano altrettanti benefici. Continua, dall'alto del cielo, a soccorrere il popolo cristiano.
Rianima ed aumenta la fede delle genti nel Salvatore che Dio ha loro inviato. Che per effetto delle tue preghiere il Verbo divino cessi di essere misconosciuto e dimenticato nel mondo che egli ha riscattato con il suo sangue. Chiedi, per i Pastori della Chiesa, lo spirito di carità che risplende così luminoso in te, quello spirito che li rende imitatori di Gesù Cristo e conquista loro il cuore del gregge.
Ricordati anche, o santo Pontefice, della Chiesa d'Oriente che ti serba ancora una così viva tenerezza. Il tuo potere sulla terra si estendeva fino a risuscitare i morti; prega affinché la vera vita, quella che è nella Fede e nell'Unità, ritorni ad animare quell'immenso cadavere. Con le tue suppliche presso Dio, ottieni che il Sacrificio dell'Agnello che aspettiamo, sia di nuovo e presto celebrato sotto le cupole di Santa Sofia. Restituisci all'unità i Santuari di Kiev e di Mosca, affinché non vi sia più Scita né Barbaro, ma un solo pastore.
Consideriamo ancora lo stato del mondo nei giorni che precedono l'arrivo del Messia. Tutto testimonia che le profezie che lo annunciavano hanno avuto il loro compimento. Non solo lo scettro è stato tolto a Giuda, ma le Settimane di Daniele sono giunte al termine. Le altre predizioni della Scrittura, sull'avvenire del mondo, si sono avverate l'una dopo l'altra. A volta a volta sono caduti gli Imperi degli Assiri, dei Medi, dei Persiani e dei Greci; quello dei Romani è giunto all'apogeo della sua forza: è tempo che ceda il posto all'Impero eterno del Messia. Questo progresso è stato predetto ed è giunta l'ora in cui sarà vibrato l'ultimo colpo. Anche il Signore ha detto, per bocca di uno dei suoi Profeti: "Ancora un poco, e rimuoverò il cielo e la terra, e scuoterò tutte le genti: quindi verrà il Desiderato di tutti i popoli" (Ag 2,7). Così dunque, o Verbo eterno, discendi. Tutto è consumato. Le miserie del mondo sono giunte al colmo; i delitti dell'umanità sono saliti fino al cielo; il genere umano è stato sconvolto fin dalle fondamenta; sfinito, non ha possibilità di riaversi se non in tè, che invoca senza conoscere. Vieni dunque: tutte le predizioni che dovevano rappresentare agli uomini i caratteri del Redentore, sono fatte e promulgate. Non vi è più alcun profeta in Israele; tacciono gli oracoli della Gentilità. Vieni a realizzare ogni cosa: poiché è giunta la pienezza dei tempi.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 269-272.”






Luca, Sursum Corda!