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Visualizza Versione Completa : Diagnosi e cura del clima inglese



Davide (POL)
14-01-04, 12:05
Ci si imbatte ogni tanto in articoli esemplari per libertà di pensiero ma si può stare certi che, nella grande maggioranza dei casi, essi non verranno ripresi da alcuna altra testata. Tipica è la questione del riscaldamento globale: se un fantasioso politologo svedese emette un librone in cui adotta un approccio revisionista (cioè tendente a negare il problema e se possibile a accusare di ideologismo gli ambientalisti) si potrà essere certi che molti commentatori di rango lo valorizzeranno assai, anche se la stragrande maggioranza dei ricercatori ne ha criticato la validità scientifica. E' il caso, come i lettori avranno compreso, del volume edito da Mondatori, L'ambientalista scettico. Non è vero che la terra è in pericolo, di Bjorn Longborg. Gli stessi commentatori dovrebbero invece prestare molta attenzione alla pubblica presa di posizione di David King, che è il consigliere del governo inglese per la scienza e la tecnologia. Il breve saggio, intitolato Scienza del cambiamento climatico: adattarsi, mitigare o ignorare?, è stato pubblicato sulla rivista americana Science (9 gennaio 2004, vol. 303, pag. 176) ed è davvero esemplare per raziocinio e sintesi. Prima questione: c'è il riscaldamento globale? Risposta «il cambiamento climatico è reale e le sue cause sono ormai ben stabilite». Tra i fatti ( e non opinioni) citati da King ci sono questi dieci ultimi anni da record, inserendosi in un aumento medio della temperatura, nel secolo, di 0,6 gradi, e un innalzamento dei livelli del mare di 20 centimetri. E c'è la scomparsa di interi plateau di ghiaccio e l'assottigliarsi del 40% dei ghiacci artici in estate e autunno. Tra i fatti aneddotici, ma ben chiari e misurati, c'è il numero di volte che le paratoie che proteggono Londra dalle piene dell'estuario del Tamigi sono state usate: meno di una volta all'anno negli anni `80, sei volte all'anno negli ultimi. Le cause? Spiace dirlo, ma sono prevalentemente di origine umana: i ricercatori inglesi hanno messo a confronto l'effetto delle eruzioni vulcaniche e i cambiamenti nel Sole, ma sono arrivati alla conclusione che «non è possibile spiegare la tendenza generale al riscaldamento senza invocare gli effetti indotti dall'attività umana ... solo l'effetto dei gas serra e degli aerosol può spiegare la tendenza generale all'aumento delle temperature degli ultimi 150 anni». E ancora: «l'attuale concentrazione di anidride carbonica è la più alta degli ultimi 420 mila anni».
Le ricerche inglesi si sono preoccupate soprattutto degli effetti su casa loro e specialmente delle conseguenze sulla erosione costiera e sulle alluvioni, grazie a 4 diversi scenari. Le stime dicono che le probabilità di alluvioni dovute a erosione della costa e a tempeste più intense salgono del 30 per cento al 2080, se non si interviene. Problemi del tutto analoghi, ma più gravi considerata la numerosità delle popolazioni, si pongono nei paesi percorsi dal Nilo e dal Mekong, oltre che in Bangladesh, India, Giappone e Filippine. Nulla di nuovo, per chi questi temi li segua regolarmente, ma importante è il tono fermo e la severa diagnosi emessa da un governo importante: «ritardare l'azione per decadi o anche solo per qualche anno, non è un'opzione seria». L'articolo prende atto realisticamente, purtroppo, che invertire la tendenza non è possibile; al massimo, aggiunge, la si può mitigare e questo significa quantomeno stabilizzare le emissioni (ad abbatterle significativamente nessun governo è disponibile). Ma anche così la «mitigazione» che potrebbe avere effetti positivi e tuttavia viene contrastata da molti governi: Stati Uniti, Russia, di fatto anche l'Italia. La «scusa» è che il prezzo da pagare sarebbe troppo alto e invece, aggiunge il consigliere di Blair, essa non comporta serie conseguenze sulla nostra economia: «è un mito l'affermazione che riducendo le emissioni di carbonio saremo più poveri». Stabilizzare le emissioni a 550 parti per milione si ripercuoterebbe solo per l'1 per cento del Pil nei paesi industrializzati, nel 2050. E in ogni caso vale la lezione inglese: l'economia di questo paese tra il 1990 e il 2000 è cresciuta del 30%, l'occupazione del 4,8 e le emissioni di gas serra sono state abbattute del 30 per cento. Insomma, si può fare.

Franco Carlini
Il Manifesto 14 01 04