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Visualizza Versione Completa : 31 gennaio - S. Giovanni Bosco sacerdote ed educatore



Augustinus
30-01-04, 20:23
Dal sito SANTI E BEATI (http://www.santiebeati.it/dettaglio/22600):

San Giovanni Bosco, Sacerdote

31 gennaio - Memoria

Castelnuovo d’Asti, 16 agosto 1815 – Torino, 31 gennaio 1888

Grande apostolo dei giovani, fu loro padre e guida alla salvezza con il metodo della persuasione, della religiosità autentica, dell’amore teso sempre a prevenire anziché a reprimere. Sul modello di san Francesco di Sales il suo metodo educativo e apostolico si ispira ad un umanesimo cristiano che attinge motivazioni ed energie alle fonti della sapienza evangelica. Fondò i Salesiani, la Pia Unione dei cooperatori salesiani e, insieme a santa Maria Mazzarello, le Figlie di Maria Ausiliatrice. (Mess. Rom.)
Tra i più bei frutti della sua pedagogia, san Domenico Savio, quindicenne, che aveva capito la sua lezione: “Noi, qui, alla scuola di Don Bosco, facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’adempimento perfetto dei nostri doveri”. Giovanni Bosco fu proclamato Santo alla chiusura dell’anno della Redenzione, il giorno di Pasqua del 1934. Il 31 gennaio 1988 Giovanni Paolo II lo dichiarò Padre e Maestro della gioventù, “stabilendo che con tale titolo egli sia onorato e invocato, specialmente da quanti si riconoscono suoi figli spirituali”.

Patronato: Educatori, Scolari, Giovani, Studenti, Editori

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico

Martirologio Romano: Memoria di san Giovanni Bosco, sacerdote: dopo una dura fanciullezza, ordinato sacerdote, dedicò tutte le sue forze all’educazione degli adolescenti, fondando la Società Salesiana e, con la collaborazione di santa Maria Domenica Mazzarello, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, per la formazione della gioventù al lavoro e alla vita cristiana. In questo giorno a Torino, dopo aver compiuto molte opere, passò piamente al banchetto eterno.

Martirologio tradizionale (31 gennaio): A Torino san Giovanni Bosco, Confessore, Fondatore della Società Salesiana e dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insigne per lo zelo delle anime e la propagazione della fede, ascritto dal Papa Pio undecimo nei fasti dei Santi.

Nato a Castelnuovo d'Asti il 16 Agosto 1815, fu dalla madre educato alla fede e alla pratica coerente del messaggio evangelico.
A soli nove anni intuì da un sogno che avrebbe dovuto dedicarsi all'educazione della gioventù. Ancora ragazzo cominciò ad intrattenere i coetanei con giochi alternati alla preghiera e all'istruzione religiosa. Diventato sacerdote (1841) scelse come programma di vita: "Da mihi animas cetera tolle" (Gn 14,21) e iniziò il suo apostolato tra i giovani più poveri fondando l'Oratorio e mettendolo sotto la protezione di S. Francesco di Sales.
Con il suo stile educativo e la sua prassi pastorale, basati sulla ragione, sulla religione e sull'amorevolezza (Sistema preventivo) portava gli adolescenti e i giovani alla riflessione, all'incontro con Cristo e con i fratelli, all'educazione della fede e alla sua celebrazione nei sacramenti, all'impegno apostolico e professionale.
Tra i più bei frutti della sua pedagogia emerge S. Domenico Savio.
Sorgente della sua infaticabile attività e dell'efficacia della sua azione, fu una costante "unione con Dio" e una fiducia illimitata in Maria Ausiliatrice che sentiva come ispiratrice e sostegno di tutta la sua opera.
Ai suoi figli salesiani lasciò in eredità una forma di vita religiosa semplice, ma solidamente fondata sulle virtù cristiane e sintetizzate nel binomio "lavoro e temperanza".
Tra i suoi giovani cercò i migliori collaboratori della sua opera, dando origine alla Società di S. Francesco di Sales; insieme a S. Maria Domenica Mazzarello fondò l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice; infine, con buoni e operosi laici, uomini e donne, creò i Cooperatori Salesiani per affiancare e sostenere la sua opera, anticipando così nuove forme di apostolato nella Chiesa.
Nel Centenario della sua morte avvenuta il 31 Gennaio 1888, Giovanni Paolo II l'ha dichiarato e proclamato Padre e Maestro della gioventù, "stabilendo che con tale titolo egli sia onorato e invocato, specialmente da quanti si riconoscono suoi figli spirituali".

Fonte: www.sdb.org

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Sempre dallo stesso SITO altro profilo biografico:

San Giovanni Bosco è indubbiamente il più celebre santo piemontese di tutti i tempi, nonché su scala mondiale il più famoso tra i santi dell’epoca contemporanea: la sua popolarità è infatti ormai giunta in tutti i continenti, ove si è diffusa la fiorente Famiglia Salesiana da lui fondata, portatrice del suo carisma e della sua operosità, che ad oggi è la congregazione religiosa più diffusa tra quelle di recente fondazione.
Don Bosco fu l’allievo che diede maggior lustro al suo grande maestro di vita sacerdotale, nonché suo compaesano, San Giuseppe Cafasso: queste due perle di santità sbocciarono nel Convitto Ecclesiastico di San Francesco d’Assisi in Torino.
Giovanni Bosco nacque presso Castelnuovo d’Asti (oggi Castelnuovo Don Bosco) in regione Becchi, il 16 agosto 1815, frutto del matrimonio tra Francesco e la Serva di Dio Margherita Occhiena. Cresciuto nella sua modesta famiglia, dalla santa madre fu educato alla fede ed alla pratica coerente del messaggio evangelico. A soli nove anni un sogno gli rivelò la sua futura missione volta all’educazione della gioventù. Ragazzo dinamico e concreto, fondò fra i coetanei la “società dell’allegria”, basata sulla “guerra al peccato”.
Entrò poi nel seminario teologico di Chieri e ricevette l’ordinazione presbiterale nel 1841. Iniziò dunque il triennio di teologia morale pratica presso il suddetto convitto, alla scuola del teologo Luigi Guala e del santo Cafasso. Questo periodo si rivelò occasione propizia per porre solide basi alla sua futura opera educativa tra i giovani, grazie a tre provvidenziali fattori: l’incontro con un eccezionale educatore che capì le sue doti e stimolo le sue potenzialità, l’impatto con la situazione sociale torinese e la sua straordinaria genialità, volta a trovare risposte sempre nuove ai numerosi problemi sociali ed educativi sempre emergenti.
Come succede abitualmente per ogni congregazione, anche la grande opera salesiana ebbe inizi alquanto modesti: l’8 dicembre 1841, dopo l’incontro con il giovane Bartolomeo Garelli, il giovane Don Bosco iniziò a radunare ragazzi e giovani presso il Convitto di San Francesco per il catechismo. Torino era a quel tempo una città in forte espansione su vari aspetti, a causa della forte immigrazione dalle campagne piemontesi, ed il mondo giovanile era in preda a gravi problematiche: analfabetismo, disoccupazione, degrado morale e mancata assistenza religiosa. Fu infatti un grande merito donboschiano l’intuizione del disagio sociale e spirituale insito negli adolescenti, che subivano il passaggio dal mondo agricolo a quello preindustriale, in cui si rivelava solitamente inadeguata la pastorale tradizionale.
Strada facendo, Don Bosco capì con altri giovani sacerdoti che l’oratorio potesse costituire un’adeguata risposta a tale critica situazione. Il primo tentativo in tal senso fu compiuto dal vulcanico Don Giovanni Cocchi, che nel 1840 aveva aperto in zona Vanchiglia l’oratorio dell’Angelo Custode. Don Bosco intitolò invece il suo primo oratorio a San Francesco di Sales, ospite dell’Ospedaletto e del Rifugio della Serva di Dio Giulia Colbert, marchesa di Barolo, ove dal 1841 collaborò con il teologo Giovanni Battista Borel. Quattro anni dopo trasferì l’oratorio nella vicina Casa Pinardi, dalla quale si sviluppò poi la grandiosa struttura odierna di Valdocco, nome indelebilmente legato all’opera salesiana.
Pietro Stella, suo miglior biografo, così descrisse il giovane sacerdote: “Prete simpatico e fattivo, bonario e popolano, all’occorrenza atleta e giocoliere, ma già allora noto come prete straordinario che ardiva fare profezie di morti che poi si avveravano, che aveva già un discreto alone di venerazione perché aveva in sé qualcosa di singolare da parte del Signore, che sapeva i segreti delle coscienze, alternava facezie e confidenze sconvolgenti e portava a sentire i problemi dell’anima e della salvezza eterna”.
Spinto dal suo innato zelo pastorale, nel 1847 Don Bosco avviò l’oratorio di San Luigi presso la stazione ferroviaria di Porta Nuova. Nel frattempo il cosiddetto Risorgimento italiano, con le sue articolate vicende politiche, provocò anche un chiarimento nell’esperienza degli oratori torinesi, evidenziando due differenti linee seguite dai preti loro responsabili: quella apertamente politicizzata di cui era fautore Don Cocchi, che nel 1849 aveva tentato di coinvolgere i suoi giovani nella battaglia di Novara, e quella più religiosa invece sostenuta da Don Bosco, che prevalse quando nel 1952 l’arcivescovo mons. Luigi Fransoni lo nominò responsabile dell’Opera degli Oratori, affidando così alle sue cure anche quello dell’Angelo Custode.
La principale preoccupazione di Don Bosco, concependo l’oratorio come luogo di formazione cristiana, era infatti sostanzialmente di tipo religioso-morale, volta a salvare le anime della gioventù. Il santo sacerdote però non si accontentò mai di accogliere quei ragazzi che spontaneamente si presentavano da lui, ma si organizzò al fine di raggiungerli ed incontrarli ove vivevano.
Se la salvezza dell’anima era l’obiettivo finale, la formazione di “buoni cristiani ed onesti cittadini” era invece quello immediato, come Don Bosco soleva ripetere. In tale ottica concepì gli oratori quali luoghi di aggregazione, di ricreazione, di evangelizzazione, di catechesi e di promozione sociale, con l’istituzione di scuole professionali.
L’amorevolezza costituì il supremo principio pedagogico adottato da Don Bosco, che faceva notare come nn bastasse però amare i giovani, ma occorreva che essi percepissero di essere amati. Ma della sua pedagogia un grande frutto fu il cosiddetto “metodo preventivo”, nonché l’invito alla vera felicità insito nel detto: “State allegri, ma non fate peccati”.
Don Bosco, sempre attento ai segni dei tempi, individuò nei collegi un valido strumento educativo, in particolare dopo che nel 1849 furono regolamentati da un’opportuna legislazione: fu così che nel 1863 fu aperto un piccolo seminario presso Mirabello, nella diocesi di Casale Monferrato.
Altra svolta decisiva nell’opera salesiana avvenne quando Don Bosco si sentì coinvolto dalla nuova sensibilità missionaria propugnata dal Concilio Ecumenico Vaticano I e, con sostenuto dal pontefice Beato Pio IX e da vari vescovi, nel 1875 inviò i suoi primi salesiani in America Latina, capeggiati dal Cardinale Giovanni Cagliero, con il principale compito di apostolato tra gli emigrati italiani. Ben presto però i missionari estesero la loro attività dedicandosi all’evangelizzazione delle popolazioni indigene, culminata con il battesimo conferito da Padre Domenico Milanesio al Venerabile Zeffirino Namuncurà, figlio dell’ultimo grande cacico delle tribù indios araucane.
Uomo versatile e dotato di un’intelligenza eccezionale, con il suo fiuto imprenditoriale Don Bosco considerò la stampa un fondamentale strumento di divulgazione culturale, pedagogica e cristiana. Scrittore ed editore, tra le principali sue opere si annoverano la “Storia d’Italia”, “Il sistema metrico decimale” e la collana “Letture Cattoliche”. Non mancarono alcune biografie,tra le quali spicca quella del più bel frutto della sua pedagogia, il quindicenne San Domenico Savio, che aveva ben compreso la sua lezione: “Noi, qui, alla scuola di Don Bosco, facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’adempimento perfetto dei nostri doveri”. Scrisse inoltre le vite di altri due ragazzi del suo oratorio, Francesco Besucco e Michele Magone, nonché quella di un suo indimenticabile compagno di scuola, Luigi Comollo.
Pur essendo straordinariamente attivo, Don Bosco non avrebbe comunque potuto realizzare personalmente dal nulla tutta questa immane opera ed infatti sin dall’inizio godette del prezioso ausilio di numerosi sacerdoti e laici, uomini e donne. Al fine di garantire però una certa continuità e stabilità a ciò che aveva iniziato, fondò a Torino la Società di San Francesco di Sales (detti “Salesiani”), congregazione composta di sacerdoti, e nel 1872 a Mornese con Santa Maria Domenica Mazzarello le Figlie di Maria Ausiliatrice.
L’opinione pubblica contemporanea apprezzò molto la preziosa opera di promozione sociale da lui svolta, anche se la stampa laica gli fu sempre avversa, tanto che alla sua morte la Gazzetta del Popolo si limitò a citarne cognome, nome ed età nell’elenco dei defunti, mentre la Gazzetta Piemontese (l’odierna “La Stampa”) gli riservò l’articolo redazionale dosando accuratamente meriti e demeriti del celebre sacerdote: “Il nome di Don Bosco è quello di un uomo superiore che lascia e suscita dietro di sé un vivo contrasto di apprezzamenti e opposti giudizi e quasi due opposte fame: quello di benefattore insigne, geniale, e quello di prete avveduto e procacciate”.
Personalità forte ed intraprendente, bisognosa di particolare autonomia nella sua azione a tutto campo, non lasciava affatto indifferenti coloro che gli erano per svariati motivi a contatto. Ciò costituisce inoltre una spiegazione ai ripetuti scontri che ebbe con ben due arcivescovi torinesi: Ottaviano Riccardi di Netro e soprattutto Lorenzo Gastaldi. Lo apprezzò e lo appoggiò invece costantemente e senza riserve papa Pio IX, che con la sua potente intercessione permise all’opera salesiana di espandersi non solo a livello locale, sorte invece subita da numerosissime altre minute congregazioni.
Giovanni Bosco morì in Torino il 31 gennaio 1888, giorno in cui è ricordato dal Martyrologium Romanum e la Chiesa latina ne celebra la Memoria liturgica. Alla guida della congregazione gli succedette il Beato Michele Rua, uno dei suoi primi fedeli discepoli. La sua salma fu in un primo tempo sepolta nella chiesa dell’istituto salesiano di Valsalice, per poi essere trasferita nella basilica di Maria Ausiliatrice, da lui fatta edificare. Il pontefice Pio XI, suo grande ammiratore, beatificò Don Bosco il 2 giugno 1929 e lo canonizzò il 1° aprile 1934. La città di Torino ha dedicato alla memoria del santo una strada, una scuola ed un grande ospedale. Nel centenario della morte, nel 1988 Giovanni Paolo II, recatosi in visita ai luoghi donboschiani, lo dichiarò Padre e Maestro della gioventù, “stabilendo che con tale titolo egli sia onorato e invocato, specialmente da quanti si riconoscono suoi figli spirituali”.
La venerazione che Don Bosco ebbe, in vita ed in morte, per sua madre fu trasmessa alla congregazione, che negli anni ’90 del XX secolo ha pensato di introdurre finalmente la causa di beatificazione di Mamma Margherita. Merita infine ricordare infine ricordare la prolifica stirpe di santità generata da Don Bosco, tanto che allo stato attuale delle cause, la Famiglia Salesiana può contare ben 5 santi, 51 beati, 8 venerabili ed 88 servi di Dio.

DALLE “LETTERE” DI SAN GIOVANNI BOSCO

Se vogliamo farci vedere amici del vero bene dei nostri allievi, e obbligarli fare il loro dovere, bisogna che voi non dimentichiate mai che rappresentate i genitori di questa cara gioventù, che fu sempre tenero oggetto delle mie occupazioni, dei miei studi, del mio ministero sacerdotale, e della nostra Congregazione salesiana. Se perciò sarete veri padri dei vostri allievi, bisogna che voi ne abbiate anche il cuore; e non veniate mai alla repressione o punizione senza ragione e senza giustizia, e solo alla maniera di chi vi si adatta per forza e per compiere un dovere.
Quante volte, miei cari figliuoli, nella mia lunga carriera ho dovuto persuadermi di questa grande verità! E’ certo più facile irritarsi che pazientare: minacciare un fanciullo che persuaderlo: direi ancora che è più comodo alla nostra impazienza e alla nostra superbia castigare quelli che resistono, che correggerli col sopportarli con fermezza e con benignità. La carità che vi raccomando è quella che adoperava san Paolo verso i fedeli di fresco convertiti alla religione del Signore, e che sovente lo facevano piangere e supplicare quando se li vedeva meno docili e corrispondenti al suo zelo.
Difficilmente quando si castiga si conserva quella calma, che è necessaria per allontanare ogni dubbio che si opera per far sentire la propria autorità, o sfogare la propria passione.
Riguardiamo come nostri figli quelli sui quali abbiamo da esercitare qualche potere. Mettiamoci quasi al loro servizio, come Gesù che venne a ubbidire e non a comandare, vergognandoci di ciò che potesse aver l’aria in noi di dominatori; e non dominiamoli che per servirli con maggior piacere. Così faceva Gesù con i suoi apostoli, tollerandoli nella loro ignoranza e rozzezza, nella loro poca fedeltà, e col trattare i peccatori con una dimestichezza e familiarità da produrre in alcuni lo stupore, in altri quasi scandalo, e in molti la Santa speranza di ottenere il perdono da Dio. Egli ci disse perciò di imparare da lui ad essere mansueti e umili di cuore (4r.Mt 11,29).
Dal momento che sono i nostri figli, allontaniamo ogni collera quando dobbiamo reprimere i loro falli, o almeno moderiamola in maniera che sembri soffocata del tutto. Non agitazione dell’animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l’avvenire, e allora voi sarete i veri padri e farete una vera correzione.
In certi momenti molto gravi, giova più una raccomandazione a Dio, un atto di umiltà a lui, che una tempesta di parole, le quali, se da una parte non producono che male in chi le sente, dall’altra parte non arrecano vantaggio a chi le merita.
Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi.
Studiamoci di farci amare, di insinuare il sentimento del dovere, del santo timore di Dio, e vedremo con mirabile facilità aprirsi le porte di tanti cuori e unirsi a noi per cantare le lodi e le benedizioni di colui, che volle farsi nostro modello, nostra via, nostro esempio in tutto, ma particolarmente nell’educazione della gioventù.

NOVENA A SAN GIOVANNI BOSCO

1° giorno - O glorioso San Giovanni Bosco, per l'amore ardente che portasti a Gesù nel Santissimo Sacramento e per lo zelo con cui ne propagasti il culto, soprattutto con l'assistenza alla Santa Messa, con la Comunione frequente e con la visita quotidiana, ottienici di crescere sempre più nell'amore, nella pratica di queste sante devozioni e di terminare i nostri giorni rinvigoriti e confortati dal cibo celeste della Santa Eucaristia. Gloria al Padre...
2° giorno - O glorioso San Giovanni Bosco, per l'amore tenerissimo che portasti alla Vergine Ausiliatrice che fu sempre tua Madre e Maestra, ottienici una vera e costante devozione alla nostra dolcissima Mamma, affinché possiamo meritare la sua potentissima protezione durante la nostra vita e specialmente nell'ora della morte. Gloria al Padre...
3° giorno - O glorioso San Giovanni Bosco, per l'amore filiale che portasti alla Chiesa e al Papa, di cui prendesti costantemente le difese, ottienici di essere sempre degni figli della Chiesa Cattolica e di amare e venerare nel Sommo Pontefice l'infallibile vicario di Nostro Signore Gesù Cristo. Gloria al Padre...
4° giorno - O glorioso San Giovanni Bosco, per il grande amore con cui amasti la gioventù, della quale fosti Padre e Maestro e per gli eroici sacrifici che sostenesti per la sua salvezza, fa' che anche noi amiamo con amore santo e generoso questa parte eletta dei Cuore di Gesù e che in ogni giovane sappiamo vedere la persona adorabile del nostro Salvatore Divino. Gloria al Padre...
5° giorno - O glorioso San Giovanni Bosco che per continuare ad estendere sempre più il tuo santo apostolato fondasti la Società Salesiana e l'istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ottieni che i membri delle due Famiglie Religiose siano sempre pieni del tuo spirito e fedeli imitatori delle tue eroiche virtù. Gloria al Padre...
6° giorno - O glorioso San Giovanni Bosco che per ottenere nel mondo più abbondanti frutti di fede operosa e di tenerissima carità istituisti l'Unione dei Cooperatori Salesiani, ottieni che questi siano sempre modelli di virtù cristiane e sostenitori provvidenziali delle tue Opere. Gloria al Padre...
7° giorno - O glorioso San Giovanni Bosco che amasti con amore ineffabile tutte le anime e per salvarle mandasti i tuoi figli fino agli estremi confini della terra, fa' che anche noi pensiamo continuamente alla salvezza della nostra anima e cooperiamo per la salvezza di tanti nostri poveri fratelli. Gloria al Padre...
8° giorno - O glorioso San Giovanni Bosco che prediligesti con amore particolare la bella virtù della purezza e la inculcasti con l'esempio, la parola e gli scritti, fa' che anche noi, innamorati di così indispensabile virtù, la pratichiamo costantemente e la diffondiamo con tutte le nostre forze. Gloria al Padre...
9° giorno - O glorioso San Giovanni Bosco che fosti sempre tanto compassionevole verso le sventure umane, guarda a noi tanto bisognosi dei tuo aiuto. Fa' scendere su di noi e sulle nostre famiglie le materne benedizioni di Maria Ausiliatrice; ottienici tutte le grazie spirituali e temporali che ci sono necessarie; intercedi per noi durante la nostra vita e nell'ora della morte, affinché possiamo giungere tutti in Paradiso e inneggiare in eterno alla Misericordia divina. Gloria al Padre...

PREGHIERA A SAN GIOVANNI BOSCO

O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,
che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare Gesù Sacramentato, Maria Ausiliatrice e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona morte,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. Amen.

ORAZIONE DAL MESSALE

O Dio, che in san Giovanni Bosco
hai dato alla tua Chiesa un padre e un maestro dei giovani,
suscita anche in noi la stessa fiamma di carità
a servizio della tua gloria per la salvezza dei fratelli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Autore: Fabio Arduino

http://img134.imageshack.us/img134/6936/sdbanddruacs4.jpg Una delle ultime foto di S. Giovanni Bosco. Qui si vede accanto il suo primo successore alla guida dei Salesiani: il Beato Michele Rua

http://www.stbernadettechurch.org/images/saints1.jpg

http://web.jet.es/fuentecillassdb/Don_Bosco_-_actividades_2.jpg

http://img160.exs.cx/img160/4242/pag1471gb.jpg Michele Schemboche, Don Bosco, Torino, 1880

http://img160.exs.cx/img160/3996/pag1495dv.jpg Michele Schemboche, Don Bosco, Torino, 1880

http://www.confronto.at/donbosco/images/ggrab.jpg http://www.donbosco-torino.it/image/Restauro_Basilica_M_A/2006-1/URNA_D_Bosco-30b.jpg

Augustinus
30-01-04, 20:31
http://img160.exs.cx/img160/7780/pag799ju.jpg Una delle prime foto di don Bosco. Francesco Serra, Don Bosco tra i suoi giovani, Torino, 1861

http://img160.exs.cx/img160/426/pag79b1qq.jpg Francesco Serra, Ragazzi che si confessano da Don Bosco, Torino, 1861

http://img160.exs.cx/img160/6476/pag79c3mg.jpg Bartolomeo Bellisio, Don Bosco col breviario, Torino, 1861

http://img160.exs.cx/img160/3753/pag951dq.jpg Anonimo, Don Bosco nel suo studio, Torino, 1861

http://img160.exs.cx/img160/3486/pag997gh.jpg Anonimo, Ritratto di Don Bosco con suo autografo, Torino, 1865-68

http://img160.exs.cx/img160/7937/pag1014ll.jpg Anonimo, Ritratto di Don Bosco, Torino, 1865-68

http://img160.exs.cx/img160/5605/pag1031mc.jpg Anonimo, Ritratto di Don Bosco con autografo, Torino, 1865-68

Augustinus
30-01-04, 20:42
http://img160.exs.cx/img160/9775/pag1113xz.jpg Anonimo, Don Bosco con i suoi ragazzi, epoca incerta

http://img160.exs.cx/img160/4016/pag1091nj.jpg Achille De Sanglau, Fotografia americana, Don Bosco con alcuni personaggi di incerta identificazione, Roma, 1867

http://img160.exs.cx/img160/3981/pag1076aj.jpg Achille De Sanglau, Fotografia americana, Don Bosco, Roma, 1867

http://img160.exs.cx/img160/7852/pag1158ob.jpg Michele Rondoni, Fotografia Alfieri, Don Bosco, Torino, 1868

http://img160.exs.cx/img160/3659/pag1218le.jpg Anonimo, Don Bosco con un gruppo di giovani salesiani, Torino, 1870

http://img160.exs.cx/img160/14/pag1199zv.jpg Giuseppe Della Valle, Don Bosco mentre legge, Roma, 1869 (?)

http://img160.exs.cx/img160/9561/pag137a0pm.jpg Giuseppe Sartori, Fotografia Unione, Don Bosco, Torino, 1878

http://img160.exs.cx/img160/7387/pag1235km.jpg Anonimo, Don Bosco con orchestra, Torino, 1870

Augustinus
30-01-04, 21:14
http://img160.exs.cx/img160/7648/pag137b1hh.jpg Giuseppe Sartori, Fotografia Unione, Don Bosco, Torino, 1878

http://img160.exs.cx/img160/8452/pag1390pb.jpg Giuseppe Sartori, Fotografia Unione, Don Bosco al suo tavolo con Crocifisso e statua della Madonna, Torino, 1878

http://img160.exs.cx/img160/258/pag1416ls.jpg Giuseppe Sartori, Fotografia Unione, Don Bosco mentre prega dinanzi al Crocifisso e statua della Madonna, Torino, 1878

http://img160.exs.cx/img160/6571/pag1258qb.jpg Michele Schemboche, Don Bosco con un gruppo di missionari, Torino, 1875

http://img160.exs.cx/img160/129/pag1519xe.jpg Michele Schemboche, Don Bosco in preghiera, Torino, 1880

http://img160.exs.cx/img160/8072/pag1316zz.jpg Michele Rondoni, Fotografia Alfieri, Don Bosco con un gruppo di missionari, Torino, 1867

Augustinus
30-01-04, 21:15
http://img129.exs.cx/img129/4431/pag1550tf.jpg Anonimo, Don Bosco, Marsiglia, 1881

http://img129.exs.cx/img129/5569/pag1672pf.jpg E. Salanson, Ritratto di Don Bosco, 1883

http://img129.exs.cx/img129/6961/pag1711je.jpg Anonimo, Ritratto di Don Bosco, 1885

http://img129.exs.cx/img129/8007/pag1338wa.jpg Anonimo, Don Bosco con un gruppo di missionari, Torino, 1877

http://img129.exs.cx/img129/1673/pag1831im.jpg Gustavo Luzzati, Ritratto di Don Bosco, Genova, Sampierdarena, 16 marzo 1886

http://img129.exs.cx/img129/4200/pag1858vx.jpg Gustavo Luzzati, Profilo di Don Bosco, Genova, Sampierdarena, 16 marzo 1886

Augustinus
30-01-04, 21:16
http://img129.exs.cx/img129/4440/pag1863gj.jpg Gustavo Luzzati, Profilo di Don Bosco, Genova, Sampierdarena, 16 marzo 1886

http://img129.exs.cx/img129/6404/pag1791dh.jpg Anonimo, Don Bosco con un gruppo di sacerdoti, Torino, 1885

http://img129.exs.cx/img129/381/pag1934yj.jpg Raimundo Fages Buxò, Don Bosco, Barcellona, 1886

http://img129.exs.cx/img129/9956/pag1972mp.jpg Jaquin Pascual, Fotografia Kimm, Don Bosco a VillaMartí-Codolar, Barcellona, 3 maggio 1886

http://img129.exs.cx/img129/863/pag2070bc.jpg Carlo Felice Deasti, Don Bosco, Torino, 1887

http://img129.exs.cx/img129/7228/pag2054as.jpg Carlo Felice Deasti, Don Bosco con un gruppo di missionari salesiani, Torino, 1887

Augustinus
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http://img129.exs.cx/img129/2578/pag213a8oa.jpg Carlo Felice Deasti, Don Bosco defunto in abiti sacerdotali, Torino, 31 gennaio 1888

http://img129.exs.cx/img129/1461/pag213b9ca.jpg Carlo Felice Deasti, Catafalco per Don Bosco defunto in abiti sacerdotali, Torino, 1° febbraio 1888

http://img129.exs.cx/img129/184/pag2233qy.jpg Anonimo, Ritratto di Don Bosco, Varazze, 1871

http://img129.exs.cx/img129/8576/pag2251lp.jpg Giuseppe Rollini, Ritratto di Don Bosco in preghiera, Torino, 1880

http://img129.exs.cx/img129/1124/pag2013yc.jpg Anonimo, Don Bosco con i suoi alunni di Sarrià, epoca incerta, fotomontaggio

http://img129.exs.cx/img129/1814/pag2270lf.jpg Giuseppe Rollini, Ritratto di Don Bosco, Torino, 1888

Augustinus
30-01-04, 21:17
http://img129.exs.cx/img129/9760/pag2298mc.jpg Enrico Benzoni, Ritratto di Don Bosco, Istituto Salesiano, S. Benigno Canavese (TO), 1886

http://img129.exs.cx/img129/4198/pag2318la.jpg Paolo Gaidano, Ritratto di Don Bosco in preghiera, Torino, 1889

http://img129.exs.cx/img129/4847/pag2334ln.jpg Angelo Enrie, Ritratto di Don Bosco circondato da angeli, Torino, 1928

http://img129.exs.cx/img129/6224/pag2359fw.jpg Mario Caffaro Rore, Ritratto di Don Bosco , Casa Generalizia, Roma, 1940

http://img129.exs.cx/img129/624/pag2376qg.jpg Mario Caffaro Rore, Ritratto di Don Bosco, patrono della gioventù cattolica, Torino, 1941

Augustinus
30-01-04, 21:25
Se vogliamo farci vedere amici del vero bene dei nostri allievi, e obbligarli fare il loro dovere, bisogna che voi non dimentichiate mai che rappresentate i genitori di questa cara gioventù, che fu sempre tenero oggetto delle mie occupazioni, dei miei studi, del mio ministero sacerdotale, e della nostra Congregazione salesiana. Se perciò sarete veri padri dei vostri allievi, bisogna che voi ne abbiate anche il cuore; e non veniate mai alla repressione o punizione senza ragione e senza giustizia, e solo alla maniera di chi vi si adatta per forza e per compiere un dovere.

Quante volte, miei cari figliuoli, nella mia lunga carriera ho dovuto persuadermi di questa grande verità! E’ certo più facile irritarsi che pazientare: minacciare un fanciullo che persuaderlo: direi ancora che è più comodo alla nostra impazienza e alla nostra superbia castigare quelli che resistono, che correggerli col sopportarli con fermezza e con benignità. La carità che vi raccomando è quella che adoperava san Paolo verso i fedeli di fresco convertiti alla religione del Signore, e che sovente lo facevano piangere e supplicare quando se li vedeva meno docili e corrispondenti al suo zelo.

Difficilmente quando si castiga si conserva quella calma, che è necessaria per allontanare ogni dubbio che si opera per far sentire la propria autorità, o sfogare la propria passione.

Riguardiamo come nostri figli quelli sui quali abbiamo da esercitare qualche potere. Mettiamoci quasi al loro servizio, come Gesù che venne a ubbidire e non a comandare, vergognandoci di ciò che potesse aver l’aria in noi di dominatori; e non dominiamoli che per servirli con maggior piacere. Così faceva Gesù con i suoi apostoli, tollerandoli nella loro ignoranza e rozzezza, nella loro poca fedeltà, e col trattare i peccatori con una dimestichezza e familiarità da produrre in alcuni lo stupore, in altri quasi

scandalo, e in molti la Santa speranza di ottenere il perdono da Dio. Egli ci disse perciò di imparare da lui ad essere mansueti e umili di cuore (4r.Mt 11,29).

Dal momento che sono i nostri figli, allontaniamo ogni collera quando dobbiamo reprimere i loro falli, o almeno moderiamola in maniera che sembri soffocata del tutto. Non agitazione dell’animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l’avvenire, e allora voi sarete i veri padri e farete una vera correzione.

In certi momenti molto gravi, giova più una raccomandazione a Dio, un atto di umiltà a lui, che una tempesta di parole, le quali, se da una parte non producono che male in chi le sente, dall’altra parte non arrecano vantaggio a chi le merita.

Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi.

Studiamoci di farci amare, di insinuare il sentimento del dovere, del santo timore di Dio, e vedremo con mirabile facilità aprirsi le porte di tanti cuori e unirsi a noi per cantare le lodi e le benedizioni di colui, che volle farsi nostro modello, nostra via, nostro esempio in tutto, ma particolarmente nell’educazione della gioventù.

http://img145.imageshack.us/img145/9260/s2iu2.jpg Serg Buczaccy, S. Giovanni Bosco protettore della gioventù polacca, 1997, Parrocchia Cristo Re, Wroclaw

http://img145.imageshack.us/img145/6103/sl2zu2.jpg Serg Buczaccy, S. Giovanni Bosco, 1997

Augustinus
30-01-04, 22:16
"Il Timone" a Radio Maria

Don Bosco e la persecuzione risorgimentale

di Gianpaolo Barra

Pubblichiamo il testo della conversazione che Gianpaolo Barra, direttore de "Il Timone", ha tenuto a Radio Maria giovedì 23 novembre 1999, durante la "Serata Sacerdotale", condotta da don Tino Rolfi. Conserviamo lo stile colloquiale e la divisione in paragrafi numerati, utilizzata per i suoi appunti dall' autore

1. Continuiamo le nostre conversazioni sul tema delle persecuzioni che i cristiani hanno subito nel corso della ormai bimillenaria storia della Chiesa. Il nostro è un tentativo di leggere la storia, di conoscere quanto è accaduto m passato, nel passato lontano e in quello vicino, per trarne insegnamenti utili in primo luogo alla nostra vita di fede e poi per capire il significato dei fatti accaduti.
2. Questo compito è importante, perchè viviamo in tempi caratterizzati dal regno quasi incontrastato della menzogna, dove si offende la Chiesa e si denigra la sua storia, e che vedono i cattolici incapaci di reagire adeguatamente.
3. Anzi, tanto più cresce la calunnia contro la storia della Chiesa, tanto più viene chiesto al Papa, che è il Pastore della Chiesa universale, di scusarsi, di domandare perdono, perchè la Chiesa sarebbe colpevole di tutte, o quasi tutte le malefatte del passato.
4 Questo è il clima che si respira oggi. Noi non ci lasciamo certo impressionare da questa calunniosa campagna propagandistica. Anzi, crediamo che verrà il tempo in cui qualcuno domanderà perdono alla Chiesa e ai cattolici per i torti, le umiliazioni e le persecuzioni che hanno subito nella loro storia.
5. Vedete bene che il nostro è un intento anche un po' polemico - non lo si deve nascondere -, ma la polemica, quando è seria, e parte fondamentale dell'apologetica. E le nostre - lo sanno bene gli amici radioascoltatori - sono conversazioni di carattere apologetico.
6. Questa sera parleremo di una persecuzione avvenuta in casa nostra, nella nostra Italia, persecuzione della quale poco si parla e ancor più poco si conosce. E` la persecuzione scatenata contro la Chiesa cattolica dai governi liberali e massonici che, nel secolo scorso, hanno fatto il Risorgimento.
7. Studiamo il Risorgimento fin dalle scuole elementari. A scuola ci viene insegnato che, nel secolo scorso, i popoli italiani, divisi in tanti Stati, diedero vita ad un processo, sotto la guida del Regno piemontese, per liberarsi dall'occupazione straniera o dai sovrani reazionari e per conquistare l'unità della Penisola. Le famose "Guerre di indipendenza", ci viene detto, furono volute proprio per liberare l'Italia e per unificarla politicamente e geograficamente.
8. Per verificare l'attendibilità di questa storia, ci faremo guidare da un libro documentatissimo della studiosa Angela Pellicciari, intitolato significativamente "Risorgimenlo da riscrivere", edito da Ares e da un altro bel libro del giornalista Antonio Socci, intitolato "La società dell'allegria" edito da Sugarco, dove si parla di don Bosco, personaggio straordinariamente importante per la storia del secolo scorso e del quale parleremo anche nel corso di questa conversazione.
9. Sapete bene che la nostra Italia è l'unico Paese d'Europa che ha conquistato l'unità nazionale attraverso un duro contrasto con la propria Chiesa. Naturalmente, nel caso dell'Italia, si sta parlando della Chiesa cattolica.
10. Perchè lo Stato sabaudo, il Regno sardo-piemontese che si dice costituzionale e liberale, che si è messo alla guida del processo che ha portato all'unità d'Italia, che ha combattuto contro lo straniero per la libertà, ha perseguitato duramente la Chiesa? Perchè, nel secolo scorso, ha voluto colpire il potere temporale del Romano Pontefice?
11. Si può rispondere, seguendo il ragionamento della Pellicciari, che la persecuzione dei cattolici nell'Italia dell'Ottocento ha origini lontane. Parte dalla Roma descritta dall'eretico Martin Lutero, che ha dato inizio nel XVI secolo alla cosiddetta Riforma Protestante.
12. Lutero definiva Roma, la città del Papa, come la "prostituta Babilonia". Da allora, tutta la stampa moderna di impronta protestante, illuminista e liberal-massonica, ripete in modo ossessivo una serie di ritornelli, una serie di leggende contro Roma che a furia di essere raccontate finiscono per convincere i più sprovveduti.
13 Nasce cosi la leggenda della Roma cattolica, della città capitale della superstizione religiosa, della Roma papalina, dello Stato Pontificio dove, nel secolo scorso, regnava la barbarie e il potere del Papa veniva esercitato con la forza, per reprimere quel popolo che voleva liberarsi da un sovrano metà politico e meta religioso.
14. Per unificare l'Italia sotto il Piemonte, bisognava mettere fine allo Stato della Chiesa, allo Stato Pontificio. Ma non era un'impresa facile - ricorda Angela Pellicciari - perchè lo Stato Pontificio esisteva da più di mille anni, era l'unico Stato al mondo nato grazie a donazioni e quindi non costituito con la forza, era il baluardo dei cristiani di tutto il mondo, e soprattutto era lo strumento che consentiva al Papa di essere libero di fronte al potere politico (ricordiamo che tutte le "chiese" protestanti, che hanno abbandonato Roma, anche in nome di una presunta ricerca di libertà, hanno finito miseramente per essere controllate dai poteri politici locali).
15. A partire dal l848, il Parlamento piemontese dà il via ad una formidabile campagna di denigrazione della Chiesa cattolica, getta fango sui religiosi e sullo Stato Pontificio, accusato di essere male amministrato, sanguinario, retrogrado e nemico dell'unità d'Italia.
16. Ora, che lo Stato Pontificio fosse, nel secolo scorso, il più arretrato degli Stati preunitari, insieme al Regno delle due Sicilie, dei Borboni, questo lo abbiamo sentito dire fin da quando frequentavamo le classi elementari.
17. Qui sarebbe opportuno mettere mano ai documenti e studiare bene i dati. E qualche dubbio è più che lecito, visto che i documenti narrano, per fare un solo esempio, che lo Stato Pontificio, tanto denigrato, raggiunse il pareggio di bilancio nel 1859.
18. Non abbiamo tempo per approfondire, ma le stesse cose potrebbero dirsi per il Regno delle due Sicilie. Antonio Socci ci ricorda che in quel Regno c'erano in proporzione meno poveri che a Parigi e a Londra. E ancora: erano in vigore le tasse più lievi di tutta l'Europa, la prima flotta italiana, una popolazione cresciuta di un terzo dal 1800 al 1860, un debito pubblico che era un quarto di quello dello Stato piemontese.
19. Continua Antonio Socci: "E` sorprendente verificare che nei primi tre censimenti generali si ha nel Sud una percentuale di addetti nel settore industriale addirittura superiore a quella delle zone più avanzate del Nord (con un 17,4% contro un l4,8% della Lombardia" (p. l59).
20. Tutti dati che ci fanno capire come la favola di un Sud che nel secolo scorso era rozzo e arretrato rispetto al Nord progressista e avanzato, la favola di un Sud borbonico che ha ricevuto dal Nord piemontese liberal-massonico il progresso e la civiltà sia sostanzialmente - appunto - solo una favola.
21. Torniamo alla campagna di denigrazione nei confronti della Chiesa cattolica. Non è un caso se il primo Parlamento elettivo dello Stato piemontese, nel 1848, inizia i suoi lavori con una furibonda battaglia parlamentare contro gli Ordini religiosi, e specialmente contro i Gesuiti. La dura persecuzione contro la Chiesa dal Piemonte si estenderà man mano a tutti gli Stati italiani, quando questi cadranno uno dopo l'altro sotto il dominio della dinastia sabauda.
22. I liberali, e naturalmente la Massoneria, identificano gli Ordini religiosi, che sono attivissimi in tutta Italia sia nella missione, sia nell'aiuto ai poveri e soprattutto nell'istruzione e nell'educazione, come i nemici del nuovo Stato. Liberali e massoni vogliono creare una nuova morale e una nuova Religione, vicina al Protestantesimo, a scapito della religione cattolica, professata da tutto il popolo.
23. Per realizzare il compito di eliminare gradualmente il Cattolicesimo dalla testa e dal cuore del popolo italiano, obbiettivo primario della Massoneria, lo Stato piemontese trova aiuta nelle altre potenze internazionali, specialmente nell'Inghilterra protestante.
24. E non è un caso che Garibaldi decise con i suoi Mille di sbarcare a Marsala, che allora era una sorta di feudo britannico. Sì, perchè dobbiamo sapere che fu il governo inglese, decisamente avverso alla Chiesa cattolica, a finanziare con una somma che oggi può essere stimata in molti milioni di dollari, la spedizione garibaldina (cfr. Vittorio Messori, Pensare la storia, pag. 260). E l'Inghilterra aveva come scopo colpire il papato nel suo centro temporale, cioè l'Italia, per dare vita ad uno Stato protestante e laico.
25. E non è un caso che il 20 settembre 1870, giorno che vede i bersaglieri entrare da Porta Pia e che segna la fine dello Stato Pontificio preunitario, si vede anche un pastore protestante entrare a Roma con un carro carico di Bibbie protestanti, stampate dalla Società Biblica britannica. Il progetto di "de-cattolicizzare" l'Italia e di "protestantizzarla" muoveva passi molto concreti.
26. Ora, noi non abbiamo il tempo di soffermarci sugli innumerevoli episodi di questa persecuzione. Molti fatti, molti dati, li potete trovare nei testi di Antonio Socci e di Angela Pellicciari che ho citato. Ma qui non possiamo dimenticare alcuni tra i primi provvedimenti presi contro la Chiesa.
27. Dopo l'approvazione, nel 1850, delle leggi Siccardi (Siccardi era un ministro) con le quali si aboliva il foro ecclesiastico, veniva diminuito il numero delle feste religiose, si stabiliva l'obbligo agli ecclesiastici di chiedere l'autorizzazione per ricevere eredità e donazioni (questa norma andava a colpire un antichissimo costume dei credenti, grazie al quale la Chiesa aveva avuto i mezzi necessari per svolgere la sua missione senza farsi ricattare dal potere politico), con l'approvazione delle leggi Siccardi - dicevo - legge approvata l'8 aprile 1850 e sanzionata dal Re il giorno dopo, si scatena una feroce persecuzione.
28. L'arcivescovo di Torino, monsignor Fransoni, viene arrestato, gli vengono sequestrati tutti i beni, poi viene esiliato e morirà lontano dalla sua città. Anche l'arcivescovo di Cagliari, monsignor Marangiu-Nurra viene arrestato e deportato. Il direttore del giornale cattolico L'Armonia viene arrestato e incarcerato per avere criticato le leggi Siccardi.
29. Dunque, vedete bene che lo Stato liberal-massonico si vantava di combattere per la "liberta", arrestando vescovi, sacerdoti e laici che difendevano la Chiesa. Sarà opportuno ricordare tutte queste cose, specialmente quando gli eredi politici di quei signori ci vengono a dare lezioni di democrazia.
30. Proseguiamo nelle nostre considerazioni. Teniamo ben presente che quando sui libri di testo scolastici si parla di Parlamento piemontese non si deve intendere una assemblea eletta dal popolo, espressione di una sovranità popolare, come avviene nelle democrazie moderne. Tutt'altro. Infatti, quando si vota il 27 aprile del 1848 per eleggere il primo Parlamento, su un totale di 4.904.059 abitanti, il diritto di voto viene dato solo a 83.369 elettori, pari all'1,70% della popolazione.
31. Se poi teniamo presente che vanno a votare solo 53.924 cittadini, cioè poco più della meta degli aventi diritto, capite bene che le misure repressive contro la Chiesa cattolica vengono prese in un Parlamento che è tutto tranne che democratico, è tutto tranne che espressione della volontà popolare.
32. La persecuzione contro la Chiesa viene dunque decisa, non dai popoli oppressi, ma da poche èlites liberal-massoniche. E queste èlites stabiliscono, tra le altre cose, anche la soppressione della Compagnia di Gesù, cioè dei Gesuiti, l'esproprio di tutti i suoi beni (compresi libri, arredi sacri e quadri) e decretano il domicilio coatto dei Padri, per evitare che abbiano contatti (allora si usava dire "per evitare che appestassero") con la popolazione.
33. Contemporaneamente a Roma, il triumvirato capitanato da Mazzini decreta la fine del potere temporale dei papi nell'anno 1849. Il Papa Pio IX, costretto a fuggire a Gaeta, denuncia questa aggressione ricordando come sia impedita al Pontefice ogni comunicazione con il clero, con i vescovi e con i fedeli. Roma si riempie di personaggi strani: apostati, socialisti, eretici, pieni di odio verso la Chiesa. La grande borghesia liberale si impossessa dei beni, dei redditi e delle terre della Chiesa. Gli edifici ecclesiastici sono spogliati dei loro ornamenti e vengono adibiti ad altri usi. I preti e i religiosi vengono aggrediti, imprigionati e uccisi.
34. Tutto questo, si badi bene, in nome della "libertà" dalla tirannia del Papa.
35. L'anno 1855 vede un'altra tappa della persecuzione anticattolica. Il Re firma il decreto del Parlamento che sopprime gli Ordini contemplativi e gli Ordini mendicanti, cioè Francescani e Domenicani, con la motivazioni che questi Ordini religiosi sono ormai inutili, i loro membri non lavorano, non producono. Lo Stato risorgimentale può benissimo fare a meno di loro.
36. Sono le stesse motivazioni che abbiamo sentito in questo secolo in molti paesi comunisti, motivazioni accampate per eliminare fisicamente la presenza dei cattolici.
37. Torniamo alla persecuzione. Nel 1861 si possono contare ben 70 vescovi rimossi dalla loro sede o addirittura incarcerati, centinaia di preti in prigione, 12.000 religiosi e suore che vivevano nel Sud appena annesso al Piemonte sbattuti fuori dai conventi. Antonio Socci riferisce anche di 64 sacerdoti e 22 frati fucilati, perlopiù in Meridione. Dopo la presa di Roma, si registrano ben 89 sedi vescovili vacanti in tutta Italia. I vescovi nominati dal Papa non possono prendere possesso delle loro chiese perchè lo Stato unitario lo impedisce.
38. A questo punto, per una lettura cattolica di quanto sopra descritto, mi pare opportuno ricordare la figura di un grande santo che ha vissuto di persona quella persecuzione: don Giovanni Bosco.
39. Nel dicembre del 1854, mentre in Parlamento era in discussione la legge per la soppressione degli Ordini religiosi e l'incameramento dei loro beni, il nostro Don Bosco fa un sogno destinato a scatenare un vero terremoto nella famiglia reale. Un sogno così importante che don Bosco sente la necessità di informare immediatamente il Re.
40. Invia una lettera al Re con la quale lo informa di aver sognato un bambino che gli affidava un messaggio. Il messaggio diceva: "Una grande notizia! Annuncia: gran funerale a corte".
41. Un messaggio inquietante, capite bene, ma evidentemente urgente e grave, secondo il santo torinese.
42. Alcuni giorni dopo, don Bosco invia un'altra lettera, visto l'atteggiamento non certo incoraggiante del Re dopo il primo avvertimento. Un altro sogno e di nuovo quel bambino che diceva: "Annunzia: non gran funerale a corte, ma grandi funerali a corte". E don Bosco invitava espressamente il Re a schivare i castighi di Dio, cosa possibile solo impedendo a qualunque costo l'approvazione di quella legge.
43. Il Re, per la verità mal consigliato, non presta ascolto. E quanto aveva previsto don Bosco comincia inesorabilmente ad avverarsi.
44. Il 5 gennaio 1855, mentre il disegno di legge è presentato ad uno dei rami del Parlamento, si diffonde la notizia di una improvvisa malattia che ha colpito Maria Teresa, la madre del Re Vittorio Emanuele II. E sette giorni dopo, a soli 54 anni di età, dunque ancor giovane, la Regina madre muore.

http://www.thais.it/scultura/image/sch00255.jpg Vincenzo Vela, Monumento funebre a Maria Teresa di Savoia, 1861, Santuario della Consolata, Torino

45. I funerali sono previsti per il giorno 16 gennaio. Mentre sta tornando dal funerale, la moglie di Vittorio Emanuele II, Maria Adelaide, che ha partorito da appena otto giorni, subisce un improvviso e gravissimo attacco di metro-gastroenterite.
46. Proprio quel giorno il Re riceve un'altra lettera di don Bosco, una lettera chiara. Ecco ciò che vi era scritto: "Persona illuminata ab alto [cioè dall'alto] ha detto: Apri l'occhio: è già morto uno. Se la legge passa, accadranno gravi disgrazie nella tua famiglia. Questo non è che il preludio dei mali. Erunt mala super mala in domo tua [saranno mali su mali in casa tua]. Se non recedi, aprirai un abisso che non potrai scandagliare".
47. Ora, queste cose possono anche turbare qualcuno. E turbano anche quei cattolici che non sono più capaci di leggere la storia come la leggevano don Bosco e i cattolici dell'Ottocento. E quella lettura della storia dice che Dio è Re e Signore della storia e che l'uomo non può sfidarlo impunemente.
48. Sarebbe opportuno ed estremamente utile riflettere e meditare su questo punto.
49. Quattro giorni dopo quest'ultima lettera, la giovane moglie del Re, la regina Maria Adelaide, a soli 33 anni, muore. Era il 20 gennaio 1855.

http://imgs.sapo.pt/genealogia/pessoas/pes_5749.jpg http://www.cronologia.it/mondo28p.jpg Antica stampa con ritratto della regina Maria Adelaide d'Austria Lorena, cugina e sposa di Vittorio Emanuele II. Figlia del vicerè Ranieri e di Elisabetta di Savoia-Carignano.

http://www.cronologia.it/mondo28q.jpg Maria Adelaide convolò a nozze con Vittorio Emanuele il 12 aprile 1842 nella cappella del reale Castello di Stupinigi, in Torino

50. Non è finita. Quella stessa sera del 20 gennaio, il fratello del Re, Ferdinando, duca di Genova, riceve il sacramento dei morenti e muore l'11 febbraio. Aveva anche lui, come la Regina, solo 33 anni.
51. Nonostante questi avvertimenti, nonostante l'avverarsi di tutte le previsioni di don Bosco, il Re non si muove. La legge viene approvata il 2 marzo, con 117 voti a favore contro 36. In maggio la legge passa al Senato per la definitiva approvazione. Ma il giorno 17, a un passo dall'approvazione, si verifica una nuova sconcertante morte nella famiglia reale: muore il piccolo Vittorio Emanuele Leopoldo, il figlio più giovane del Re.
52. Il Re firmò e con quella legge ben 334 case religiose venivano soppresse per un totale di 5456 religiosi (cfr. Renato Cirelli, La Questione romana, Mimep-Docete, p. 31). Era il 29 maggio del 1855. Da Roma arrivo la "scomunica maggiore" (che può essere annullata solo dal Papa) per tutti "gli autori, i fautori, gli esecutori della legge". La scomunica andava a colpire un Re che si diceva cattolico.
53. Pio IX, nonostante le offese, le umiliazioni e le persecuzioni subite personalmente e dalla Chiesa di cui Lui era pastore, nel 1859, su richiesta di Vittorio Emanuele, accorderà il perdono pieno e senza condizioni al Re. Fatto, questo, che ci fa comprendere la grandezza di un Pontefice che la storiografia ha purtroppo denigrato.
54. Sempre intorno a questa legge, Messori ci ricorda, nel suo bel libro "Pensare la storia" un altro fatto straordinario, che riguarda ancora don Bosco.
55. Nel 1855, in piena lotta della Chiesa contro la legge Rattazzi, don Bosco pubblica un opuscolo. Dapprima, il governo liberale piemontese ne decide il sequestro, che poi non viene eseguito per paura di fare pubblicità al prete di Valdocco.
56. In quell'opuscolo don Bosco ammoniva Vittorio Emanuele II, rifacendosi a qualcuno dei suoi sogni e alle sue abituali e straordinarie intuizioni, perchè non firmasse quella legge. Scriveva testualmente don Bosco: "la famiglia di chi ruba a Dio è tribolata e non giunge alla quarta generazione".
57 Un avvertimento grave e inquietante, ma pur sempre una profezia che oggi è facilmente verificabile, solo facendo un po' di conti.
58. Vittorio Emanuele II muore a soli 58 anni, a quanto pare di malaria, cioè di quella febbre presa proprio a Roma dove i suoi bersaglieri erano entrati otto anni prima.
59. Il suo primo successore, Umberto I muore 56enne a Monza, sotto i colpi di pistola dell'anarchico Bresci.
60. II secondo successore, Vittorio Emanuele III, scappa di notte, di nascosto, dal Quirinale, l'8 settembre del 1943 e tre anni dopo sarà costretto ad abdicare.
61. Come non ricordare - a questo punto - l'enorme smacco per quel mondo laicista che aveva soppresso lo Stato Pontificio. Infatti, in quel tragico 8 settembre del 1943, il popolo romano, visto che il governo si era dissolto e dissolto era anche quello Stato che si era costituito con le cannonate di Porta Pia, si stringe di nuovo intorno al Papa Pio XII, ridandogli spontaneamente l'antica autorità. E quando i tedeschi lasciano la città, la popolazione di Roma si riversa in Piazza San Pietro per acclamare Pio Xll con il titolo di "difensore della città".
62. Come non ricordare a chi si esercita nella denigrazione del Papa e della Chiesa che Pio XII era l'unico dei potenti che non aveva abbandonato Roma nel momento del pericolo. tutti gli altri erano scappati.
63. Torniamo alla profezia di don Bosco. Il terzo successore, Umberto II, fu un re "provvisorio", per meno di un mese e, perduto il referendum popolare, deve accettare un esilio senza ritorno.
64. Come si vede facilmente, alla quarta successione, alla "quarta generazione" come scriveva don Bosco, i Savoia non sono giunti.
65. Che lezione possiamo trarre da questi fatti, lezione che risulti utile - come dicevo in apertura di conversazione - alla nostra fede?
66. Propongo una riflessione. Possiamo ricordare che i cattolici alla don Bosco, che tutti i cattolici del secolo scorso, come i cattolici di sempre, leggevano la storia sub specie aeternitatis, cioè con gli occhi rivolti a Dio, con uno sguardo alla vita eterna.
67. Per loro Dio era veramente il Signore della storia, della storia dei singoli e delle nazioni, il Signore dei sudditi ma anche dei Re. Per loro la Chiesa era veramente la Chiesa di Gesù Cristo e attaccare la Chiesa, perseguitarla, umiliarla, opprimerla, era lo stesso che perseguitare Gesù Cristo.
68. E per quanto possa sembrare un po' duro, soprattutto in tempi di buonismo imperante, la storia insegna che offendere Dio non è un gesto che resta impunito, se ovviamente non ci si pente.
69. Allora l'invito che emerge da questa conversazione è duplice. Da un lato: preghiamo per quelli che ancora oggi perseguitano la Chiesa, perché Dio usi loro misericordia; ma rallegriamoci per il dono della fede e per l'appartenenza alla Chiesa cattolica. Ce ne rallegriamo e non ci vergogniamo.
70. Naturalmente, operiamo anche perché queste persecuzioni non si abbiano a ripetere.
71. Questo è tutto. Ci risentiamo, a Dio piacendo, fra quindici giorni.

Bibliografia

Angela Pellicciari, Risorgimento da riscrivere. Liberali e massoni contro la Chiesa, Ares, Milano 1998;
Antonio Socci, La società dell'allegria. Il partito piemontese contro la Chiesa di don Bosco, Sugarco, Milano 1989;
Vittorio Messori, Un italiano serio. Il beato Francesco Faà di Bruno, Paoline, CiniseIlo B.mo (MI) 1990;
Renato Cirelli, La Questione Romana. Il compimento dell'unificazione che ha diviso l'Italia, Mimep-Docete, Pessano (MI) 1997.

Il Timone - n. 5 Gennaio/Febbraio 2000

Fonte: Contro la leggenda nera (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=324)

Augustinus
30-01-04, 22:18
I sogni premonitori di Don Bosco

di Angela Pellicciari

La legge di Cavour contro i conventi cattolici segnò la rovina dei Savoia

Il cattolico Piemonte assiste costernato al montare della persecuzione anticattolica. Cavour va dicendo che la legge contro i conventi gode del pieno sostegno dell’opinione pubblica, ma in Senato il cattolico maresciallo Vittorio Della Torre lo smentisce platealmente: "Quando passate davanti a una chiesa stracolma di gente, cercate di entrarvi e chiedete che cosa si sta facendo; tutti quelli che interrogherete vi risponderanno che si sta pregando per il progetto di legge. Questo succede a Torino, ed è ancora più vistoso nelle province e soprattutto a Genova e in Savoia, ovunque l’opinione pubblica è contraria alla legge che discutiamo". Cavour può affermare che il provvedimento anticattolico del governo è pienamente condiviso dall’opinione pubblica perché ritiene che l’opinione dei cattolici non vada nemmeno presa in considerazione. Per sincerarsene basta leggere cosa risponde a Della Torre: "L’onorevole maresciallo ha detto che gran parte della popolazione era avversa a questa legge. Io in verità non mi sarei aspettato di vedere invocata dall’onorevole maresciallo l’opinione di persone, di masse, che non sono e non possono essere legalmente rappresentate". Quando Cavour sostiene che l’opinione pubblica è tutta col governo, Cavour ha ragione: l’1% della popolazione, di fede liberale, appoggia con convinzione i provvedimenti anticattolici. L’opinione del 99% della popolazione, di fede cattolica, non conta. Le masse devono limitarsi ad obbedire alle decisioni dei "governi illuminati". Quando si dice "opinione pubblica" ci si riferisce, per definizione, a quella dei liberali.

Ci si può chiedere come mai i cattolici piemontesi non si siano mobilitati contro la politica anticattolica del proprio governo. Perché, oltre a pregare, non hanno organizzato pubbliche proteste? La risposta è chiara: perché non è abitudine della Chiesa comportarsi in questo modo. Meno che mai è abitudine della Chiesa di Pio IX. Prova ne sia il manifesto che il papa vuole sia affisso nelle strade di Roma mentre sta per fuggire alla volta di Gaeta, all’epoca della Repubblica Romana. Scrive Pio IX: "Comandiamo ai nostri buoni e fedeli sudditi di non resistere, per non moltiplicare quegli odi civili, ad estinguere i quali daremmo volentieri la vita in olocausto. Quando a Dio piaccia, ben potrà Egli senz’alcuna forza umana riedificare mediante l’amore dei popoli questo temporale dominio della Santa Sede, che dall’amore dei popoli ebbe origine".

Nel Parlamento subalpino l’atteggiamento della Chiesa è ribadito dal cattolico Clemente Solaro della Margarita, per ben 11 anni ministro degli esteri di Carlo Alberto. La Chiesa, dice Solaro, "non discende colle schiere in campo in difesa dei suoi diritti, non minaccia incendi e stragi, facile è resistere a lei, fossero anche pusillanimi, deboli i suoi avversari. Inerme ho detto la Chiesa, e lo è; soffre e non si vendica". Sulla docilità dei cattolici piemontesi fa pieno affidamento il presidente del Consiglio Cavour: "Da alcuni oratori - afferma - viene additata come conseguenza necessaria, inevitabile di questo progetto di legge una grande agitazione nel paese, da taluno con parole minacciose". Il conte così continua: "Io nutro fiducia, ed una fiducia ferma, che quando la legge avrà ricevuto la sanzione del parlamento e del Re, questa agitazione scomparirà all’istante".

L’eccezione conferma la regola. A dire le cose come stanno in Piemonte c’è un cattolico di tutto rispetto che combatte una dura battaglia contro la politica governativa. Si tratta di San Giovanni Bosco. Personaggio d’eccezione, don Bosco è noto per un legame confidenziale col Padreterno che gli permette di leggere nel futuro. Per dissuadere il re dalla firma della legge eversiva il prete di Valdocco racconta a Vittorio Emanuele II i sogni che fa. Non si tratta di sogni rassicuranti e don Bosco è noto per essere profeta. Ecco i sogni: un valletto in uniforme rossa grida: "Annunzia: gran funerale in Corte!". Cinque giorni dopo il sogno si ripete con una variante significativa. Il valletto grida: "Annunzia: non gran funerale in Corte, ma grandi funerali in Corte!". Cavour vince le comprensibili perplessità del re, terrorizzato, facendo intervenire i preti favorevoli alla politica liberale. I teologi governativi tranquillizzano Vittorio Emanuele con queste considerazioni: "Maestà, non si spaventi di ciò che ha scritto don Bosco. Il tempo delle rivelazioni è passato".

Come sia come non sia, mentre la legge contro i conventi è in discussione al Parlamento la Corona sarda è colpita da lutti gravissimi. Il 12 gennaio muore a 54 anni la regina madre Maria Teresa; il 20 a 33 anni la regina Maria Adelaide; il 10 febbraio a 33 anni Ferdinando duca di Genova, fratello del re; il 17 maggio a 4 mesi Vittorio Emanuele duca del Genovese, ultimogenito del re. Don Bosco non si ferma qui. Subito prima della firma del provvedimento ricorda a Vittorio Emanuele: "La famiglia di chi ruba a Dio non giunge alla quarta generazione! Se V. S. segna quel decreto segnerà la fine dei reali di Savoia". Come sia come non sia, i Savoia re d’Italia non sono arrivati alla quarta generazione.

La Padania - 4 settembre 2001

Fonte: Contro la leggenda nera (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=351)

Augustinus
30-01-04, 23:53
http://br-thomas-apostolat.de/jpg/dbvis.jpg

Tratto da PIETRO ZERBINO (a cura di), I sogni di Don Bosco, Leumann, LDC, Torino, 1995, 2° ristampa, pp 53-55:

Tra i sogni di Don Bosco, uno dei più noti è quello conosciuto con il titolo di Sogno delle due colonne. Lo raccontò la sera del 30 maggio 1862.

«Figuratevi -disse- di essere con me sulla spiaggia del mare, o meglio sopra uno scoglio isolato, e di non vedere attorno a voi altro che mare. In tutta quella vasta superficie di acque si vede una moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia, con le prore terminate a rostro di ferro acuto a mo' di strale. Queste navi sono armate di cannoni e cariche di fucili, di armi di ogni genere, di materie incendiarie e anche di libri. Esse si avanzano contro una nave molto più grande e alta di tutte, tentando di urtarla con il rostro, di incendiarla e di farle ogni guasto possibile.

A quella maestosa nave, arredata di tutto punto, fanno scorta molte navicelle che da lei ricevono ordini ed eseguiscono evoluzioni per difendersi dalla flotta avversaria. Ma il vento è loro contrario e il mare agitato sembra favorire i nemici.

In mezzo all'immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco distanti l'una dall'altra. Sopra di una vi è la statua della Vergine Immacolata, ai cui piedi pende un largo cartello con questa iscrizione: "AUXILIUM CHRISTIANORUM" (AIUTO DEI CRISTIANI); sull'altra, che è molto più alta e grossa, sta un'OSTIA di grandezza proporzionata alla colonna, e sotto un altro cartello con le parole: "SALUS CREDENTIUM" (SALVEZZA DEI CREDENTI).

Il comandante supremo della grande nave, che è il Romano Pontefice, vedendo il furore dei nemici e il mal partito nel quale si trovano i suoi fedeli, convoca intorno a sé i piloti delle navi secondarie per tenere consiglio [Concilio Vatic. I ?] e decidere sul da farsi. Tutti i piloti salgono e si adunano intorno al Papa. Tengono consesso, ma infuriando sempre più la tempesta, sono rimandati a governare le proprie navi.

Fattasi un po' di bonaccia, il Papa raduna intorno a sé i piloti per la seconda volta [Concilio Vatic. II ?], mentre la nave capitana segue il suo corso. Ma la burrasca ritorna spaventosa.

Il Papa sta al timone e tutti i suoi sforzi sono diretti a portare la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommità delle quali tutto intorno pendono molte àncore e grossi ganci attaccati a catene.

Le navi nemiche tentano di assalirla e farla sommergere: le une con gli scritti, con i libri, con materie incendiarie, che cercano di gettare a bordo; le altre con i cannoni, con i fucili, con i rostri. Il combattimento si fa sempre più accanito; ma inutili riescono i loro sforzi: la grande nave procede sicura e franca nel suo cammino. Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi, riporta nei suoi fianchi larga e profonda fessura, ma subito spira un Soffio (lo Spirito Santo?) dalle due colonne e le falle si richiudono e i fori si otturano.

Frattanto i cannoni degli assalitori scoppiano, i fucili e ogni altra arma si spezzano, molte navi si sconquassano e si sprofondano nel mare. Allora i nemici, furibondi, prendono a combattere ad armi corte: con le mani, con i pugni e con le bestemmie.

A un tratto il Papa, colpito gravemente, cade. Subito è soccorso, ma cade una seconda volta e muore. Un grido di vittoria e di gioia risuona tra i nemici; sulle loro navi si scorge un indicibile tripudio.

Senonché, appena morto il Papa, un altro Papa sottentra al suo posto. I piloti radunati lo hanno eletto così rapidamente che la notizia della morte del Papa giunge con la notizia della elezione del suo successore. Gli avversari cominciano a perdersi di coraggio.

Il nuovo Papa, superando ogni ostacolo, guida la nave in mezzo alle due colonne, quindi con una catenella che pende dalla prora la lega a un'àncora della colonna su cui sta l'Ostia, e con un'altra catenella che pende a poppa la lega dalla parte opposta a un'altra àncora che pende dalla colonna su cui è collocata la Vergine Immacolata.

Allora succede un gran rivolgimento: tutte le navi nemiche fuggono, si disperdono, si urtano, si fracassano a vicenda. Le une si affondano e cercano di affondare le altre, mentre le navi che hanno combattuto valorosamente con il Papa, vengono anch'esse a legarsi alle due colonne. Nel mare ora regna una grande calma».

A questo punto Don Bosco interroga Don Rua:

-Che cosa pensi di questo sogno?

Don Rua risponde:

-Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, le navi gli uomini, il mare il mondo. Quelli che difendono la grande nave sono i buoni, affezionati alla Chiesa; gli altri, i suoi nemici che la combattono con ogni sorta di armi. Le due colonne di salvezza mi sembra che siano la devozione a Maria SS. e al SS. Sacramento dell'Eucaristia.

-Hai detto bene -commenta Don Bosco-; bisogna soltanto correggere una espressione. Le navi dei nemici sono le persecuzioni. Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa. Quello che finora fu, è quasi nulla rispetto a quello che deve accadere. Due soli mezzi restano per salvarsi fra tanto scompiglio: Devozione a Maria SS., frequente Comunione. Occorre adoperare ogni mezzo e fare del nostro meglio per praticarli e farli praticare dovunque e da tutti. Buona notte!
I ragazzi lentamente e in silenzio sciamarono a dormire con nel cuore il sogno delle due Colonne: l’amore filiale alla Madonna, che è la Mamma degli adolescenti, e la vita divina sacramentale, cioè l’Eucaristia. Con questi grandi amori bianchi, la loro inserzione nella Chiesa (attaccamento al Papa) diventa gioiosa e bella anche se devono lottare. Ma non piace forse ai ragazzi l’avventura e la lotta?
(Memorie Biografiche, VII, 169).

http://www.donbosco-torino.it/image/04/1-Ausiliatrice_don_bosco.jpg

http://www.donbosco-torino.it/image/3-image/3-DON%20BOSCO%20e%20basilica%20M.A-2r.gif http://www.donbosco-torino.it/image/Restauro_Basilica_M_A/1-DON_BOSCO-1b.jpg

Augustinus
31-01-04, 00:05
Il Beato card. Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano, nella omelia per la chiusura del Congresso eucaristico nazionale svoltosi a Torino nel 1953, volle ricordare questo sogno interpretandolo come una vera profezia per i nostri tempi.
Il Pontefice che riuscì ad ancorare la nave alle due colonne sarebbe stato Pio X che nel 1904, anno cinquantesimo della proclamazione del dogma dell’Immacolata, consacrò la Chiesa Cattolica a Maria, e per tutto il suo illuminato pontificato, promosse la partecipazione alla Santa Comunione fin dalla fanciullezza.
Da allora, infatti, la Prima Comunione venne anticipata all’età di 7-8 anni, contro l’obbligo degli 11-12 come era d’uso prima.
Bisogna dunque ancorarsi presto alle «due colonne» per garantire alla Chiesa la salvezza tra minacciose e improvvise tempeste.
Don Bosco, nel suo sogno non fa misteri: «Quello che finora fu, è quasi niente rispetto a ciò che deve accadere. Due soli mezzi restano per salvarci: Gesù Eucaristico e Maria, la Madre del Salvatore».
Non sono forse anche questi i tempi «difficili» per la Chiesa? Il monito è chiaro. A noi aggrapparci alle «colonne»!

Tratto da Elio Zemini (a cura di), Vidi elevarsi due robuste colonne, in Il Tempio di don Bosco, 1999, fasc. n. 6

http://www.confronto.at/donbosco/images/gdonbosco2.jpg

Augustinus
31-01-04, 10:12
Tratto da Teresio Bosco, Don Bosco: storia di un prete, LDC, Torino

51

Tra Stato e Chiesa

Il valletto rosso

L'Arcivescovo imprigionato

24 marzo 1848. L'Arcivescovo Fransoni nel Duomo di Torino ha pregato solennemente per il re Carlo Alberto e il principe ereditario Vittorio Emanuele, che nella notte partiranno per il fronte della prima guerra d'indipendenza. Re e principe hanno partecipato alla sua preghiera, nel Duomo gremitissimo. All'uscita, l'Arcivescovo è fischiato sonoramente. I carabinieri si fanno largo a forza verso le squadre di studenti e di agitatori, ma essi si disperdono lanciando pesanti insulti verso Fransoni.

Nelle ore seguenti, sotto le finestre dell'arcivescovado, si rinnovano chiassate e sassaiole. Il ministro dell'Interno fa avvisare cortesemente ma fermamente Fransoni che non può garantire della sua incolumità. Si sa che l'Arcivescovo è contrario alla guerra contro l'Austria, e le reazioni sono imprevedibili. È invitato a «fare un viaggio», in Svizzera.

29 marzo. Mons. Fransoni parte per Ginevra, dopo aver manifestato la propria indignazione contro un governo che non sa garantire l'incolumità dei suoi cittadini.

È’ l'inizio dello scontro durissimo che, negli anni seguenti, contrapporrà Stato e Chiesa.

Dicembre 1849. La prima guerra d'indipendenza è definitivamente perduta. Nuovo re è Vittorio Emanuele II. Tante cose sono cambiate, ma il permesso all'Arcivescovo Fransoni di rientrare nella sua città non è stato ancora concesso. Mille preti e diecimila laici presentano una petizione al primo ministro d'Azeglio perché il ritorno di Fransoni sia consentito. A denti stretti, d'Azeglio accetta. Nel febbraio 1850, senza clamori, l'Arcivescovo rientra in Torino.

Nella primavera di quell'anno è discusso alla Camera il disegno di legge del ministro Siccardi. Propone di abolire la «convenzione sulle immunità» concordate nel 1841 tra il Regno di Sardegna e la Santa Sede: il foro ecclesiastico, per il quale i preti macchiatisi di delitti comuni venivano giudicati da tribunali loro riservati; la possibilità di accrescere i beni della Chiesa mediante lasciti ed eredità; il diritto d'asilo, per il quale non si poteva arrestare nessuno in una chiesa o in un convento.

9 aprile. Il re firma la legge approvata dalla Camera e dal Senato.

Il Papa protesta vivacemente. Il Nunzio apostolico presso il Governo piemontese lascia Torino. Gli Arcivescovi di Torino (Fransoni) e di Cagliari (Marongiu) dichiarano la legge ingiusta e vietano ai preti di osservarla. Entrambi sono arrestati e imprigionati. Fransoni è condannato a un mese di carcere da trascorrersi nella Cittadella di Torino. Viene internato il 4 maggio. Uscirà il 2 giugno.

Dodici anni di esilio a Lione

Agosto 1850. Il ministro dell'Agricoltura Pietro Derossi di Santarosa è in fin di vita. Chiede il Viatico. L'Arcivescovo ordina al parroco di esigere pubblica ritrattazione per aver approvato la legge Siccardi. Il ministro rifiuta e muore senza Viatico.

Le bande anticlericali si scatenano contro l'Arcivescovo, i preti, i religiosi. La tensione in città è gravissima. Il ministro della Guerra, Alfonso La Marmora, manda i carabinieri ad arrestare Fransoni. È il 7 agosto. Viene portato nella fortezza di Fenestrelle, presso il confine francese. Di qui, il 29 settembre, è accompagnato al confine. L'Arcivescovo raggiunge Lione, dove vivrà esiliato fino alla morte, nel 1862.

1852. Il primo ministro d'Azeglio presenta in Parlamento un progetto legge per l'imposizione del matrimonio civile. I cattolici piemontesi (sono la grande maggioranza anche se al Parlamento, per il quale vota il 2 per cento della popolazione, non sono praticamente rappresentati) reagiscono duramente. Il re dichiara che in coscienza non potrà mai firmare quella legge. D'Azeglio la ritira.

La «legge maledetta»

1854. Si comincia a discutere in Parlamento un disegno di legge presentato dal ministro Rattazzi. Viene chiamata spregiativamente «la legge dei frati». Il nuovo primo ministro Camillo Cavour ha dichiarato più volte che il principio che lo guida nella politica verso la Chiesa è «libera Chiesa in libero Stato». La legge che Rattazzi (membro del suo governo) presenta è una flagrante violazione del principio. Essa propone di sopprimere gli ordini religiosi «non dediti all'istruzione, alla predicazione o all'assistenza ospedaliera», cioè metà dei conventi del Piemonte. Lo Stato incamererà tutti i beni degli ordini soppressi.

«Era una intromissione dello Stato nella vita della Chiesa, scrive Francesco Traniello, specialmente grave per il fatto che il governo si arrogava il diritto di decidere quali ordini religiosi potevano essere ancora utili alla società, secondo un criterio per così dire produttivistico. Anzi, Cavour giunse ad affermare che gli ordini disciolti non erano più utili neppure alla Chiesa».

La legge, per le violente proteste da cui fu investita, fu chiamata da Cavour «maudite loi», «legge maledetta».

I sogni del valletto rosso

Don Bosco, suo malgrado, fu coinvolto in questa faccenda da un sogno «scomodo» che «mi ha fatto star male» e lo rese «addoloratissimo». Da casa reale, specialmente dalla regina madre Maria Teresa, aveva ricevuto aiuti ingenti. L'ultimo gli era arrivato il 14 novembre di quel 1854.

Ed ecco che, sul finire di quel mese, sogna di essere in cortile, accanto alla pompa murata contro la casa Pinardi, quando si avanza «un valletto di Corte in rossa uniforme» che gli grida: «Annunzia: gran funerale in Corte! gran funerale in Corte!». Don Bosco si sveglia «come fuori di sé». Dopo pranzo, mentre gli sono intorno Rua, Buzzetti, Francesia, Enria, Angelo Savio ed altri, racconta il sogno e conclude: «Mi ha fatto star male e mi ha affaticato molto». Si sente in dovere di raccontare il sogno al re, ma non ne ha molto coraggio. Il chierico Savio si offre. Allora don Bosco gli porge un biglietto su cui ha tracciato la brutta copia, e gli dice:

«Copia e spedisci».

Cinque giorni dopo, il sogno si ripete. Ma il «valletto in rossa livrea» questa volta entra addirittura in camera sua, e gli grida:

«Annuncia: non gran funerale in Corte, ma grandi funerali in Corte!». Questa volta, impressionatissimo, all'alba don Bosco scrive personalmente al re. Gli racconta il sogno «e lo pregava di fare in modo di schivare i minacciati castighi, coll'impedire a qualunque costo l'approvazione della legge ... Al chierico Cagliero e ad altri il Santo disse apertamente trattarsi di vere minacce del Signore, e, addoloratissimo, ripeteva frequentemente: "Questa legge attirerà sulla casa del Sovrano gravi disgrazie!"» (ivi, pp. 499 s.).

La collera del re

Se anche il re non fosse religioso e superstizioso (ed è entrambe le cose) ce ne sarebbe abbastanza per impressionarlo. Fa chiamare il marchese Fassati, e lo manda da don Bosco a manifestargli tutta la sua collera. Il marchese arriva buio buio all'Oratorio e «tira le orecchie» a don Bosco:

« Ma le pare questa la maniera di mettere sossopra tutta la Corte? Il Re n'è rimasto più che impressionato e turbato ... è montato su tutte le furie.

Ma ciò che è stato scritto è verità! gli risponde don Bosco. Mi rincresce di aver cagionato questo disturbo al Sovrano; ma, insomma, si tratta del bene suo e di quello della Chiesa» (ivi, p. 500).

La morte delle due regine

Nonostante le furie del re e il rincrescimento di don Bosco, i sogni si avverano. Scrive Alfassio Grimaldi:

«Rigidissimo è l'inverno del 1855, in cui l'undicenne Umberto vede spopolarsi la casa. Vengono a mancare prima le donne: la nonna Maria Teresa (vedova di Carlo Alberto), calata da Moncalieri a Torino per assistere la nuora che soffre per l'imminente maternità, prende freddo in chiesa e muore di polmonite, all'età di 53 anni, il 12 gennaio, e il 16, per portarla a Superga, s'ammalano parecchi soldati di scorta ... I funerali di Maria Teresa sono fatti in modo da non allarmare Maria Adelaide, senza campane e senza colpi di cannone, per vie inusitate».

Ma anche Maria Adelaide, la sposa di Vittorio Emanuele II, è alla fine. Sfinita dalle gravidanze, offesa dalla vita disordinata del marito, tormentata dalla solitudine in cui la lascia per intere settimane, quando s'alza dal letto e dalla poltrona, dà l'impressione di essere sul punto di cadere per terra.

«Nel pomeriggio del 18 il re fa chiamare Clotilde: "Chichina, vuoi vedere la mamma?". Adelaide con un filo di voce le chiede degli studi e le fa dare un gelato di albicocca ... Il 20 Maria Adelaide rende finalmente l'anima a Dio dopo lunghe giornate di atroci dolori, di lamenti che si sentivano perfino in piazza». All'età di 33 anni lascia questa, veramente per lei, valle di lacrime. La poveretta, che ha cominciato ad avere figli a 21 anni, smette solo con la morte le troppo frequenti gravidanze. Otto nati, dei quali gli ultimi tre sono morti prima di lei.

«La marchesa Costanza d'Azeglio scrive al figlio che questa fatalità che pesa sulla famiglia reale, diffonde un velo di tristezza, "io direi persino di terrore" nel pubblico... E l'ala della morte continua implacabile a librarsi nelle stanze di palazzo reale. Il 10 febbraio il re perde il fratello Ferdinando, duca di Genova, trentatreenne, e il 16 maggio ritorna in cielo a soli quattro mesi l'ultimo nato: per la quarta volta i sotterranei di Superga si riaprono, "quasi per ingoiare tutta quanta la più antica stirpe d'Europa", scrive nel suo diario la contessa Savio... Nel giro di poche settimane (il re) è dimagrito di metà» (AL GR 20s).

Uno stupido luogo comune

Uno dei più stupidi luoghi comuni rappresenta il «profeta minaccioso», mentre annuncia il castigo di Dio, con il dito puntato e gli occhi fiammeggianti, e soddisfatto quando i fulmini divini minacciati arrivano. Per don Bosco non fu assolutamente così. Aveva una grande venerazione, come tutta Torino, per le due regine. Le vedeva regolarmente al Santuario della Consolata confuse con le donne del popolo e da esse aveva ricevuto gesti di grande bontà. Anche solo dal punto di vista squallidamente materiale, la loro morte metteva a dura prova le incerte entrate della beneficenza per l'Oratorio. Ma prima di tutto lui sapeva che cosa si prova quando la morte arriva in casa. L'aveva provato per la prima volta a due anni. L'avrebbe provato ancora, in maniera dolorosissima, un anno e mezzo più tardi, quando il 25 novembre 1856 mamma Margherita l'avrebbe lasciato. E i principini, anche se figli di re, erano bambini che rimanevano senza mamma, e nulla al mondo faceva compassione a don Bosco come i bambini orfani.

Sfrattati 5456 tra preti, frati e suore

Qualunque fosse lo stato d'animo del re, 13 giorni dopo la morte del suo ultimo nato egli firmò la «maudite loi». Furono soppressi 35 ordini religiosi, chiuse 334 case, sfrattati 5456 tra preti, frati e suore. Ad essi furono negati i diritti civili di contrarre matrimonio, di possedere, di ereditare e di fare testamento. Persero anche il diritto al voto politico e amministrativo, perché non costituissero una milizia elettorale per il «partito reazionario». Fu una grave violazione del diritto comune. A frati e suore fu assegnata una pensione o un assegno di lire 1,50 al giorno per gli uomini, e una lira per le donne, decurtati dell'imposta di ricchezza mobile. Lo Stato rivendicò pure la designazione dei vescovi. Tra Stato e Chiesa era guerra aperta.

Voler fondare una nuova Congregazione religiosa in una situazione simile, era come voler costruire case durante un terremoto. Eppure don Bosco ci provò.

Augustinus
02-02-04, 14:38
Qualche amico forumista mi ha chiesto di pronunciarmi sull'anticlericalismo della casata dei Savoia all'epoca di don Bosco (ed anche dopo).
Certamente, la famiglia Savoia ha annoverato nel corso dei secoli personaggi nobili, alcuni santi, ma anche individui di più bassa lega.
Sta di fatto, per quanto riguarda l'epoca che qui ci interessa, cioè l'800-'900, non possono non rilevarsi alcune ombre oscure su questa casata; ombre sinistre, fortemente impregnate di elementi esoterico-massonici.
A cominciare dallo stesso stemma della Casa.

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/sav1870.jpg

http://www.cronologia.it/storia/biografie/savoia1.jpg

Nello stemma sabaudo, adottato sotto Carlo Alberto (sovrano pieno di contraddizioni, con un temperamento religioso, portato al misticismo ed alla macerazione, ma al contempo aperto alle idee rivoluzionarie francesi, illuministiche e massoniche), oltre ai consueti elementi come i leoni che si fronteggiano, lo scudo crociato, ecc., è possibile notare in alto una stella a cinque punte capovolta (pentalfa). E' la stella nella quale si inscrive la figura di un capro: tipico simbolo per antonomasia satanico e massonico.
Non si sa chi la concepì. Sta di fatto che la Consulta Araldica del Regno d'Italia, con deliberazione del 4 maggio 1870, con cui determinava gli ornamenti esteriori dello stemma dello Stato, fissava in maniera definitiva la raffigurazione dello stemma, prevedendo, oltre agli elementi sopramenzionati, che esso fosse sormontato "da una stella d'argento, raggiante d'oro".
Un richiamo più esplicito alla massoneria non poteva aversi!
La «Stella a cinque punte», o «Stella fiammeggiante» (o raggiante, come è detto nella delibera sopra ricordata), per la massoneria è il più profondo e il più sacro dei suoi simboli!
Guillemain de Saint-Victor afferma: «La Stella fiammeggiante è il centro da dove parte la luce» (Guillemain de Saint-Victor, «Precieux Recueil»). In un documento massonico si legge: «La stella fiammeggiante è l’emblema del libero pensiero, del fuoco sacro del genio, che eleva l’uomo a grandi cose» («Petit Memento maconnique», 1921). Ed è proprio la «Stella a cinque punte», o «Pentalfa massonico», il simbolo con cui i Figli della Vedova, più frequentemente, amano marchiare le proprie conquiste e simboleggiare il proprio dominio!
Infatti, è la stessa Stella che ricopre la bandiera degli USA. E’ la stessa Stella che contrassegnava la «Rivoluzione bolscevica»; è la stessa Stella che compariva sullo stemma delle «Brigate Rosse»; è la stessa Stella che compariva sullo stemma dell’ex PCI e su quello dell’ex PDS; è la stessa Stella che campeggia sulla bandiera cinese, cubana, Nord-coreana, vietnamita, algerina, tunisina, marocchina, somala, e sulle bandiere della maggior parte degli Stati, come pure sullo stemma della Repubblica italiana!
Proprio dal sito del Quirinale, www.quirinale.it, con riferimento all'emblema della Repubblica (il cui autore fu tale Paolo Paschetto, di famiglia valdese, 1885-1963), si legge:

L'emblema della Repubblica Italiana è caratterizzato da tre elementi: la stella, la ruota dentata, i rami di ulivo e di quercia. La stella è uno degli oggetti più antichi del nostro patrimonio iconografico ed è sempre stata associata alla personificazione dell'Italia, sul cui capo essa splende raggiante. Così fu rappresentata nell'iconografia del Risorgimento e così comparve, fino al 1890, nel grande stemma del Regno unitario (il famoso stellone); la stella caratterizzò, poi, la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione, la Stella della Solidarietà Italiana e ancora oggi indica l'appartenenza alle Forze Armate del nostro Paese.

http://www.quirinale.it/simboli/emblema/immagini/emblema_gr.jpg

La Stella a cinque punte "brilla" sulla fronte del «dio» della Massoneria; il «Baphomet».
Alphonse Louis Constant definisce il Baphomet: «Il Becco del Sabbah», e cioè il Demonio. Poi, afferma: «Diciamo arditamente e altamente che tutti gli iniziati alle scienze occulte hanno adorato e adoreranno sempre ciò che è significativo da questo simbolo».
Padre Rosario F. Esposito scrive che il Baphomet «era portato in processione durante il rito di iniziazione del grado 29° (Grande Scozzese di Sant’Andrea in Scozia) ed è oggetto di pseudo-adorazione in numerose iniziazioni femminili. Le cerimonie che si celebravano un tempo, in suo onore, erano le medesime di carattere fallico, celebrate in onore del Bue Api» (P. Rosario Esposito, «La Massoneria e l’Italia»).
Il Baphomet, dunque, sarebbe il dio della morale immonda! Non solo. La Stella a cinque punte sarebbe il simbolo di questa “lurida morale”. E’ il massone Gorel Porciatti che lo dice: «La Stella se rovesciata…diventa il simbolo dell’animalità degli istinti immondi; in essa, così rovesciata, si può inscrivere la testa di un Becco (la testa del Baphomet)» (Umberto Gorel Porciatti, «Simbologia massonica – Massoneria Azzurra», Orizzonti, 1946). Il Massone Jules Doinel, fondatore e vescovo della «Chiesa Gnostica», nel suo libro «Lucifero smascherato», è ancora più esplicito: «La Stella fiammeggiante è Lucifero stesso»; e aggiunge che, a ciascuna delle punte della Stella, corrisponde uno dei cinque sensi dell’uomo.
Il massone Alphonse Louis Constant, nel suo libro: «Rituale dell’Alta Magia», a questo proposito, scrive: «Quella stella indica la presenza di Satana e della luce che egli irradia sulla Massoneria».
Più chiaro di così ... .
I sovrani dei Savoia, quindi, consapevoli di tutto ciò, vollero che quel simbolo "satanico-massonico" fosse esteso su tutti i simboli di Stato; persino le stellette sul bavero delle divise militari italiane hanno lo stesso significato.
Le “stellette” a cinque punte sulle uniformi militari furono prescritte, infatti, la prima volta per gli Ufficiali di Fanteria nel 1871 con la “Istruzione sulla divisa degli Ufficiali di Fanteria”, approvata con R.D. del 2 aprile di quell’anno.
Con l'“Istruzione” del 5 agosto 1871 l’uso delle stellette fu prescritto poi per gli Ufficiali di Stato Maggiore, dei Bersaglieri, dell’Artiglieria e del Genio.
Con il R.D. del 2 settembre 1871, che approvava la “Istruzione sulla divisa degli Ufficiali di Cavalleria”, fu prescritto che sul berretto il “fregio” fosse composto da una “stella” con entro il numero del reggimento, il tutto sormontato dalla Corona reale e vennero introdotte le stellette a cinque punte sul bavero. Infine, con R.D. del 15 ottobre 1871 furono prescritte le “stellette” d’oro sul bavero delle giubbe dei Generali.
Tali disposizioni furono uniformate con R.D. datato da Firenze il 13 dicembre 1871, col quale fu disposto che “Tutte le persone soggette alla giurisdizione militare, a mente dell’art. 323 del Codice Penale Militare ….. porteranno come segno caratteristico della divisa militare comune all’Esercito e all’Armata (antico nome della Regia Marina), le stellette a cinque punte sul bavero dell’abito della rispettiva divisa”. Per effetto di tale R.D. le “stellette”, prima ornamento, diventarono segno distintivo del militare in attività di servizio, di qualsiasi grado, arma e corpo (cfr. Fonte (http://www.esercito.difesa.it/root/storia/storia_stellette.asp)).
Particolare il momento in cui tale distintivo entrava in servizio. Infatti proprio all’inizio degli anno settanta, il Ministro della Guerra, Generale Cesare Ricotti-Magnani, da buon massone, aveva soppresso i Cappellani militari e la Messa festiva, «sostituendo la croce dei Savoia con la Stella massonica» (Rosario F. Esposito, «Le buone opere dei laicisti, degli anticlericali e dei frammassoni», Cinsello Balsamo, Ed. Paoline, 1979).

http://www.glialpini.com/immagini/ricotti.jpg Ritratto del Gen. Cesare Ricotti-Magnani, Ministro della Guerra sotto il Governo di Quintino Sella, Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Militare d'Italia (r.d. 6.1.1895 n. 5) e Commendatore dell'Ordine Militare d'Italia (r.d. 12.7.1859 n. 38)

Egli, con una serie di disposizioni successive, eliminò dalle Uniformi dell’Esercito molte delle prerogative tipiche di tante unità dell’epoca, come per esempio le uniformi verde fiammante degli “Ussari di Piacenza” o quelle celesti dei Cavalleggeri “Guide”. Ebbene proprio lui ebbe la (in-)felice intuizione di apporre questo simbolo (massonico) sulle divise di chi fosse sottoposto a condizione militare. E se la gran parte delle sue innovazioni uniformologiche ebbero la durata del suo stesso mandato, le stellette lo hanno superato in età, rimanendo da allora il simbolo incontrastato della militarità.
Portate in metallo o ricamate sui baveri delle giubbe e dei cappotti, le stellette ben si adattarono e completarono le mostreggiature dei reggimenti di Fanteria e Cavalleria e di tutte le Armi e Corpi dell’Esercito. Realizzate in alluminio, a rilievo opache, oppure lisce e lucenti, nel corso della seconda guerra mondiale, per penuria dei materiali necessari alla loro produzione furono affiancate e sostituite ovunque possibile dalla versione in filato di tessuto che ancor’oggi spicca al bavero delle tute mimetiche.
Alla luce di quanto sopra sostenuto, pur mancando documenti ufficiali al riguardo, non può risultare molto difficile capire come mai proprio la stella a cinque punte o pentalfa, venne decretata come simbolo unitario delle Forze Armate!!!
Già prima del 1871, gli Ufficiali d’ordinanza del Re e dei principi portavano al bavero una stella a sei punte; in quasi tutti gli Eserciti le “stelle” a cinque, sei, otto punte furono e sono usate quali distintivi di grado così come su diverse bandiere nazionali stelle a più punte campeggiano sui diversi colori (ad indicare, come sopra detto, il dominio incontrasto dei Figli della Vedova).
Che triste realtà vedere le nazioni, un tempo pienamente cristiane, sotto il giogo del principe di questo mondo!!!
Ben si comprende, dunque, il clima e le difficoltà nelle quali si trovò ad operare don Bosco ... Ma non si capisce l'entusiasmo sviscerato dei monarchici per una casata che ha adottato a proprio simbolo ... il diavolo stesso, come sopra illustrato.

Augustinus

http://www.cattolicesimo.com/immsacre/vit2.jpg Un'immagine ufficiale del figlio (o presunto tale) di Carlo Alberto, re Vittorio Emanuele II, che la storiografia dei vincitori ama chiamare "padre della patria" (quale???)

http://www.regione.piemonte.it/cultura/risorgimento/imm/01708.jpg Tranquillo Cremona, Ritratto di Vittorio Emanuele II

Augustinus
30-01-05, 18:17
Epistolario 4, 261-269, in Eugenio Ceria, Memorie Biografiche di S. Giovanni Bosco, vol. XVII, Torino, SEI, 1936, pagg. 107-114

Roma, 10 maggio 1884

Miei carissimi figliuoli in G. C.

vicino o lontano io penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità. Questo pensiero, questo desiderio mi risolsero a scrivervi questa lettera. Sento, o cari miei, il peso della mia lontananza da voi e il non vedervi e non sentirvi mi cagiona pena, quale voi non potete immaginare. Perciò io avrei desiderato scrivere queste righe una settimana fa, ma le continue occupazioni me lo impedirono. Tuttavia benché pochi giorni manchino al mio ritorno, voglio anticipare la mia venuta tra voi almeno per lettera, non potendolo di persona. Sono le parole di chi vi ama teneramente in Gesù Cristo ed ha il dovere di parlarvi con la libertà di un padre. E voi me lo permettete, non è vero? E mi presterete attenzione e metterete in pratica quello che sono per dirvi.

Sogno. L'Oratorio prima del 1870

Ho affermato che voi siete l'unico ed il continuo pensiero della mia mente. Or dunque in una delle sere scorse io mi ero ritirato in camera, e mentre mi disponeva per andare al riposo, aveva incominciato a recitare le preghiere, che mi insegnò la mia buona mamma.

In quel momento non so bene se preso dal sonno o tratto fuor di me da una distrazione, mi parve che mi si presentassero innanzi due degli antichi giovani dell’Oratorio.

Uno di questi due mi si avvicinò e salutandomi affettuosamente, mi disse:

- Oh Don Bosco! Mi conosce?

- Si che ti conosco - risposi.

- E si ricorda ancora di me? - soggiunse quell'uomo.

- Di te e di tutti gli altri. Tu sei Valfré ed eri nell'Oratorio prima del 1870.

- Dica - continuò quell'uomo - vuol vedere i giovani che erano nell'Oratorio ai miei tempi?

- Sì, fammeli vedere - io risposi - ciò mi cagionerà molto piacere.

Allora Valfré mi mostrò i giovani tutti colle stesse sembianze e colla statura e nell’età di quel tempo.

Mi pareva di essere nell'antico Oratorio nell'ora della ricreazione. Era una scena tutta vita, tutta moto, tutta allegria.. Chi correva, chi saltava, chi faceva giocare. Qui si gioca alla rana, là a barrarotta ed al pallone. In un luogo era radunato un crocchio di giovani, che pendeva dal labbro di un prete, il quale narrava una storiella. In un altro luogo un chierico che in mezzo ad altri giovanetti giocava all'asino vola ed ai mestieri. Si cantava, si rideva da tutte le parti e dovunque chierici e preti, e intorno ad essi i giovani che schiamazzavano allegramente. Si vedeva che fra i giovani e i Superiori regnava la più grande cordialità e confidenza. Io era incantato a questo spettacolo, e Valfré mi disse:

- Veda, la famigliarità porta affetto e l'affetto porta confidenza. Ciò è che apre i cuori, e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri, agli assistenti ed ai Superiori. Diventano schietti in confessione e fuori di confessione e si prestano docili a tutto ciò che vuol comandare colui dal quale sono certi di essere amati.

L'Oratorio nel 1884

In quell'istante si avvicinò a me l'altro mio antico allievo, che aveva la barba tutta bianca e mi disse: - Don Bosco, vuole adesso conoscere e vedere i giovani che attualmente sono nell'Oratorio? - Costui era Buzzetti Giuseppe.

- Sì - risposi io! - perché è già un mese che più non li vedo!

E me li additò: vidi l'Oratorio e tutti voi che facevate ricreazione. Ma non udiva più grida di gioia e cantici, non più vedeva quel moto, quella vita, come nella prima scena.

Negli atti e nel viso di molti giovani si leggeva una noia, una spossatezza, una musoneria, una diffidenza, che faceva pena al mio cuore. [...].

- Ha visto i suoi giovani? - mi disse quell'antico allievo.

- Li vedo - risposi sospirando.

- Quanto sono differenti da quelli che eravamo noi una volta! - esclamò quell'antico allievo.

- Purtroppo! Quanta svogliatezza in questa ricreazione!

[...]

Carità manifesta e sapiente

- Ma come si possono rianimare questi miei cari giovani, acciocché riprendano l'antica vivacità, allegrezza ed espansione?

- Colla carità!

- Colla carità? Ma i miei giovani non sono amati abbastanza? Tu lo sai se io li amo. Tu sai quanto per essi ho sofferto e tollerato pel corso di ben quarant'anni, e quanto tollero e soffro ancora adesso. Quanti stenti, quante umiliazioni, quante opposizioni, quante persecuzioni, per dare ad essi pane, casa, maestri e specialmente per procurare la salute alle loro anime. Ho fatto quanto ho saputo e potuto per coloro che formano l'affetto di tutta la mia vita.

- Non parlo di Lei!

- Di chi dunque? Di coloro che fanno le mie veci? Dei direttori, prefetti, maestri, assistenti? Non vedi come sono martiri dello studio e del lavoro? Come consumano i loro anni giovanili per coloro che ad essi affidò la Divina Provvidenza?

- Vedo, conosco; ma ciò non basta: ci manca il meglio.

- Che cosa manca dunque?

- Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati.

- Ma non hanno gli occhi in fronte? Non hanno il lume dell'intelligenza? Non vedono che quanto si fa per essi è tutto per loro amore?

- No, lo ripeto, ciò non basta.

- Che cosa ci vuole adunque?

- Che essendo amati in quelle cose che loro piacciono, col partecipare alle loro inclinazioni infantili. imparino a vedere l'amore in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco; quali sono la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi; e queste cose imparino a far con slancio ed amore.

Gli Educatori “anima della ricreazione”

- Spiegati meglio!

- Osservi i giovani in ricreazione.

- Osservai e quindi replicai.

- E che cosa c'è di speciale da vedere?

- Sono tanti anni che va educando giovani e non capisce? Guardi meglio. Dove sono i nostri Salesiani?

[...]

- Negli antichi tempi dell'Oratorio Lei non stava sempre in mezzo ai giovani e specialmente in tempo di ricreazione? Si ricorda quei belli anni? Fra un tripudio di paradiso, un’epoca che ricordiamo sempre con amore, perché l'affetto era quello che ci serviva di regola, e noi per Lei non avevamo segreti.

- Certamente! E allora tutto era gioia per me e nei giovani uno slancio per avvicinarsi a me, per volermi parlare, ed una viva ansia di udire i miei consigli e metterli in pratica. Ora però vedi come le udienze continue e gli affari moltiplicati e la mia sanità me lo impediscono.

- Va bene. Ma se Lei non può, perché i suoi Salesiani non si fanno suoi imitatori? Perché non insiste, non esige che trattino i giovani come li trattava Lei?

- Io parlo, mi spolmono, ma purtroppo molti non si sentono più di far le fatiche di una volta.

- E quindi trascurando il meno perdono il più e questo più sono le loro fatiche. Amino ciò che piace ai giovani e i giovani ameranno ciò che piace ai Superiori. E a questo modo sarà facile la loro fatica. La causa del presente cambiamento nell'Oratorio è che un numero di giovani non ha confidenza nei Superiori. Anticamente i cuori erano tutti aperti ai Superiori, che i giovani amavano ed obbedivano prontamente. Ma ora i Superiori sono considerati come Superiori e non più come padri, fratelli e amici; quindi sono temuti e poco amati. Perciò se si vuol fare un cuor solo ed un'anima sola, per amore di Gesù bisogna che si rompa quella fatale barriera della diffidenza e sottentri a questa la confidenza cordiale. Quindi l'obbedienza guidi l'allievo come la madre guida il fanciullino; allora regnerà nell'Oratorio la pace e l'allegrezza antica.

- Come dunque fare per rompere questa barriera?

- Famigliarità coi giovani specialmente in ricreazione. Senza famigliarità non si dimostra l'affetto e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza. Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo coi piccoli e portò le nostre infermità. Ecco il maestro della famigliarità! Il maestro visto solo in cattedra e maestro e non più, ma se va in ricreazione coi giovani diventa come fratello.

Se uno è visto solo predicare dal pulpito si dirà che fa né più né meno che il proprio dovere, ma se dice una parola in ricreazione, è la parola di uno che ama. Quante conversioni non cagionarono alcune sue parole fatte risuonare all'improvviso all'orecchio di un giovane nel mentre che si divertiva!

«Amorevolezza»

Chi sa di essere amato, ama, e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani. Questa confidenza mette una corrente elettrica fra i giovani ed i Superiori. I cuori si aprono e fanno conoscere i loro bisogni e palesano i loro diretti. Questo amore fa sopportare ai Superiori le fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi, le mancanze, le negligenze dei giovanetti. Gesù Cristo non spezzò la canna già fessa, né spense il lucignolo che fumigava. Ecco il vostro modello.

[...]

Se ci sarà questo vero amore, non si cercherà altro che la gloria di Dio e la salute delle anime. Quando illanguidisce questo amore, allora è che le cose non vanno più bene.

Perché si vuol sostituire alla carità la freddezza di un regolamento? Perché i Superiori si allontanano dall'osservanza di quelle regole di educazione che Don Bosco ha loro dettate?

Perché al sistema di prevenire colla vigilanza e amorevolezza i disordini, si va sostituendo a poco a poco il sistema, meno pesante e più spiccio per chi comanda, di bandir leggi che se si sostengono coi castighi, accendono odii e fruttano dispiaceri; se si trascura di farle osservare, fruttano disprezzo per i Superiori a causa di disordini gravissimi?

L’Educatore sia tutto a tutti

E ciò accade necessariamente se manca la familiarità. Se adunque si vuole che l'Oratorio ritorni all'antica felicità, si rimetta in vigore l'antico sistema: Il Superiore sia tutto a tutti, pronto ad ascoltare sempre ogni dubbio o lamentanza dei giovani, tutto occhio per sorvegliare paternamente la loro condotta, tutto cuore per cercare il bene spirituale e temporale di coloro che la Provvidenza gli ha affidati.

[...]

[Il dispiacere per quanto va considerando provoca in Don Bosco tanta oppressione che si sveglia tutto spossato. Ma la sera seguente, appena a letto, il sogno interrotto riprende].

Avevo dinanzi il cortile, i giovani che ora sono all'Oratorio, e lo stesso antico allievo dell'Oratorio. Io presi ad interrogarlo:

- Ciò che mi dicesti io lo farò sapere ai miei Salesiani; ma ai giovani dell'Oratorio che cosa debbo dire?

Mi rispose:

- Che essi riconoscano quanto i Superiori, i rnaestri, gli assistenti fatichino e studino per loro amore, poiché se non fosse per il loro bene non si assoggetterebbero a tanti sacrifici; che si ricordino essere l'umiltà la fonte di ogni tranquillità; che sappiano sopportare i difetti degli altri, poiché al mondo non si trova la perfezione, ma questa è solo in paradiso; che cessino dalle mormorazioni, poiché queste raffreddano i cuori; e sovrattutto che procurino di vivere nella santa grazia di Dio. Chi non ha pace con Dio, non ha pace con sé, e non ha pace con gli altri.

- E tu mi dici adunque che vi sono fra i miei giovani di quelli che non hanno la pace con Dio?

Questo è la prima causa del malumore, [...] se il cuore non ha la pace con Dio, rimane angosciato, irrequieto, insofferente di obbedienza, si irrita per nulla, gli sembra che ogni cosa vada male, e perché esso non ha amore, giudica che i Superiori non lo amino.

- Eppure mio caro, non vedi quanta frequenza di Confessioni e di Comunioni vi è nell'Oratorio?

- E’ vero che grande è la frequenza delle Confessioni, ma ciò che manca radicalmente in tanti giovanetti che si confessano è la stabilità nei proponimenti. Si confessano, ma sempre le stesse mancanze, le stesse occasioni prossime, le stesse abitudini cattive, le stesse disobbedienze, le stesse trascuranze nei doveri. Così si va avanti per mesi e mesi, e anche per anni [...].

Sono confessioni che valgono poco o nulla; quindi non recano pace, e se un giovinetto fosse chiamato in quello stato al tribunale di Dio sarebbe un affare serio.

[...]

[Qui Don Bosco si propone, appena rientrato da Roma, di avvisare alcuni giovani dell’Oratorio, e intanto esorta tutti alla santità].

Qui vi dirò che è tempo di pregare e prendere ferme risoluzioni; proporre non colle parole, ma coi fatti, e far vedere che i Comollo, i Savio Domenico, i Besucco e i Siccardi vivono ancora tra noi.

In ultimo domandai a quel mio amico:

- Hai null'altro da dirmi?

- Predichi a tutti, grandi e piccoli, che si ricordino sempre di Maria SS. Ausiliatrice.

- Che essa li ha qui radunati per condurli via dai pericoli del mondo, perché si amassero come fratelli, e perché dessero gloria a Dio e a Lei colla loro buona condotta; che è la Madonna quella che loro provvede pane e mezzi per studiare con infinite grazie e portenti. Si ricordino che sono alla vigilia della festa della loro SS. Madre e che coll'aiuto suo deve cadere quella barriera di diffidenza che il demonio ha saputo innalzare tra i giovani e Superiori e della quale sa giovarsi per la rovina di certe anime.

- E ci riusciremo a togliere questa barriera?

- Sì certamente, purché grandi e piccoli siano pronti a soffrire qualche mortificazione per amore di Maria e mettano in pratica ciò' che io ho detto.

Intanto io continuava a guardare i miei giovanetti, e allo spettacolo di coloro che vedeva avviati verso l'eterna perdizione sentii tale stretta al cuore che mi svegliai. Molte cose importantissime che io vidi desidererei ancora narrarvi, ma il tempo e le convenienze non me lo permettono.

Ritornino i giorni dell’affetto e della confidenza

Concludo: sapete che cosa desidera da voi questo povero vecchio che per i suoi cari giovani ha consumata tutta la vita? Niente altro fuorché, fatte le debite proporzioni, ritornino i giorni felici dell'Oratorio primitivo. I giorni dell'affetto e della confidenza cristiana tra i giovani e i Superiori; i giorni dello spirito di accondiscendenza e di sopportazione, per amore di Gesù Cristo, degli uni verso gli altri; i giorni dei cuori aperti con tutta semplicità e candore, i giorni della carità e della vera allegrezza per tutti. Ho bisogno che mi consoliate dandomi la speranza e la promessa che voi farete tutto ciò che desidero per il bene delle anime vostre.

Voi non conoscete abbastanza quale fortuna sia la vostra di essere stati ricoverati nell'Oratorio. Innanzi a Dio vi protesto: Basta che un giovane entri in una casa Salesiana, perché la Vergine SS. lo prenda subito sotto la sua protezione speciale. Mettiamoci adunque tutti d'accordo. La carità di quelli che comandano, la carità di quelli che debbono ubbidire faccia regnare fra di noi lo spirito di san Francesco di Sales.

O miei cari figliuoli, si avvicina il tempo nel quale dovrò staccarmi da voi e partire per la mia eternità (Nota del segretario: A questo punto Don Bosco sospese di dettare; gli occhi suoi si empirono di lagrime, non per rincrescimento ma per ineffabile tenerezza che trapelava dal suo sguardo e dal suono della sua voce: dopo qualche istante continuò). Quindi io bramo di lasciar voi, o preti, o chierici, o giovani carissimi, per quella via del Signore nella quale Esso stesso vi desidera.

A questo fine il Santo Padre, che io ho visto venerdì 9 maggio, vi manda di tutto cuore la sua Benedizione. Il giorno della festa di Maria Ausiliatrice mi troverò con voi innanzi all’effige della nostra amorosissima Madre.

Voglio che questa gran festa si celebri con ogni solennità; e Don Lazzero e Don Marchisio pensino a far sì che stiano allegri anche in refettorio. La festa di Maria Ausiliatrice deve essere il preludio della festa eterna che dobbiamo celebrare tutti insieme uniti un giorno in Paradiso ».

Vostro aff.mo in G. C.

Sac. Giovanni Bosco

http://www.donbosco-torino.it/image/Congresso_Adma2003/Don_Bosco_N_MUSIO_2.jpg

http://www.donbosco-torino.it/image/Restauro_Basilica_M_A/1-D_Bosco_prega-4b.jpg

http://www.donbosco-torino.it/image/Congresso_Adma2003/Maria_Ausiliatrice2b.jpg

Augustinus
03-02-05, 21:55
Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 396-398

31 GENNAIO

SAN GIOVANNI BOSCO, CONFESSORE

Alla fine del mese consacrato a onorare l'infanzia del Salvatore san Giovanni Bosco conduce a Gesù Bambino, a Gesù operaio, la moltitudine dei giovani e degli operai ai quali ha consacrato la sua vita.

Per salvare gli uomini, il Figlio di Dio si è degnato di farsi uomo e di provare tutte le debolezze della nostra natura, eccetto il peccato. Nato povero in una stalla, ha lavorato per guadagnarsi il pane; quindi, prima di morire, ha predicato il Vangelo ai poveri, e se ha avuto delle preferenze quaggiù, furono per i bambini: "Lasciate che i bambini vengano a me; perché di essi è il regno dei cieli, e di quelli che ad essi somigliano".

San Giovanni Bosco ha riprodotto questi aspetti della vita del Signore Gesù. Nato anch'egli povero, dovette lavorare per guadagnarsi il pane e compiere gli studi. Diventato sacerdote, ai poveri volle predicare la buona novella, ai fanciulli, agli operai abbandonati, a quelli che la pigrizia o il vizio trascinavano lontano da Dio. Per essi creò oratori, orfanotrofi, scuole primarie, scuole professionali: "Amo tanto questi poveri piccoli, e darei volentieri ad essi anche il mio cuore".

Per la santificazione personale e per il suo ministero, aveva fatto di san Francesco di Sales il proprio modello e maestro. E il vescovo di Ginevra gli aveva insegnato che "vi è un metodo sicuro per essere buoni educatori, ed è quello di essere santi", che se voleva far opera buona e duratura, doveva darsi e dare Dio. Allora egli si diede senza riserva: il tempo, le forze, i talenti, la reputazione, la salute, la vita, la mamma: tutto fu per quei fanciulli raccolti nelle strade. Diede loro pane, lavoro, asilo; comunicò ad essi soprattutto la gioia che risiede in una coscienza pura, in un'anima unita a Dio. Con le sue istruzioni familiari, con il sacramento della Penitenza e dell'Eucarestia, ne fece dei cristiani ferventi, dei cittadini esemplari. E si rivelò in tal modo, nel XIX secolo, un maestro delle questioni sociali e uno dei più grandi apostoli dell'Azione Cattolica tanto raccomandata dagli ultimi Pontefici.

Al pari del Signore, suscitò intorno molti generosi che vennero a porsi sotto la sua direzione, a condividere le sue preoccupazioni e le sue fatiche per salvare il mondo e ricondurlo a Dio. Presto fu formata la Società Salesiana, quindi la Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice e infine l'Unione dei Cooperatori Salesiani: immenso esercito che egli lanciò alla conquista delle anime e che è sparso ormai in tutto il mondo. "Il suo successo di quest'opera, diceva Pio X, non si può spiegare se non con la vita soprannaturale e la santità del Fondatore". Quanto a lui, diceva di essere stato un semplice strumento: "È la Madonna Ausiliatrice che ha fatto tutto". Ma Pio XI che l'aveva conosciuto e che gli decretò gli onori degli altari, ha potuto dire con ragione che "il suo nome è uno di quelli che i secoli benediranno per sempre".

VITA. - Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 a Castelnuovo d'Asti. Ancor giovane si distinse per pietà, purezza, allegria e viva intelligenza. Nel 1835 entrava nel Seminario Maggiore di Torino e il 5 giugno 1841 era ordinato sacerdote. Da allora si consacrò alla salvezza e all'educazione dei fanciulli poveri e degli operai, fondò la Società Salesiana, quindi una Congregazione di religiose sotto il patrocinio di Maria Ausiliatrice e infine un'associazione di Cooperatori. Morì il 31 gennaio 1888. Pio XI lo beatificò nel 1929 e quindi lo canonizzò cinque anni dopo.

Accorriamo anche noi a te, dopo tanti altri, per acclamarti insieme con la Chiesa, per implorare i tuoi favori e per chiedere i tuoi consigli. Ci piace sentire le tue esortazioni: "Voi che lavorate e siete onerati di pene e di fatiche, se volete trovare una fonte inesauribile di consolazione, se volete diventare felici, diventate santi. Per diventare santi, abbiamo bisogno di una sola cosa: volerlo. I santi si sono santificati ciascuno nel proprio stato. E come? Facendo bene ciò che dovevano fare". Chiedi per noi al Signore che ci faccia finalmente comprendere una lezione così semplice e così vera, ci dia la volontà sincera di metterla in pratica e ci faccia diventare santi.

Apostolo infaticabile e pieno di zelo, sostieni i sacerdoti e i missionari. "La prima cosa che ti consiglio per diventare un santo -dicevi a Domenico Savio, il fanciullo predestinato che hai guidato alla santità - è di guadagnare anime a Dio. Poiché non vi è nulla di più santo al mondo che cooperare al bene delle anime. Gesù Cristo ha versato per esse fino all'ultima goccia del suo sangue". Che questo zelo bruci tutti i fedeli, poiché tutti sono chiamati in un modo o nell'altro a cooperare all'opera della Redenzione.

Non solo ai giovani, ma a noi tutti insegna a frequentare i sacramenti della Penitenza e dell'Eucarestia per custodire la nostra anima monda dai peccati. Insegnaci a ricorrere spesso a Maria Ausiliatrice, la cui intercessione onnipotente ti ha fatto operare prodigi e moltiplicare i miracoli. La sua preghiera ci aiuterà a seguire i tuoi esempi, a restar fedeli alle lezioni di Betlemme e di Nazareth, a conservare come te una fiducia infantile nella divina Provvidenza e a vivere solo per lodare la gloria di Dio e rendergli una perenne azione di grazie (Secreta e Postcommunio della Messa). Infine, essa ci presenterà insieme con il suo Figliuolo al Padre celeste in cielo dove, sul punto di morte, tu davi "appuntamento a tutti".

Augustinus
05-02-05, 14:46
All’età di nove anni ho fatto un sogno, che mi rimase profondamente impresso nella mente per tutta la vita. Nel sonno mi parve di essere vicino a casa, in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli, che si trastullavano. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. All'udire quelle bestemmie mi sono subito lanciato in mezzo di loro, adoperando pugni e parole per farli tacere.

In quel momento apparve un uomo venerando, in virile età, nobilmente vestito. Un manto bianco gli copriva tutta la persona; ma la sua faccia era così luminosa, che io non potevo rimirarlo. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di pormi alla testa di quei fanciulli aggiungendo queste parole:

- Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque immediatamente a fare loro un'istruzione sulla bruttezza dei peccato e sulla preziosità della virtù.

Confuso e spaventato soggiunsi che io ero un povero ed ignorante fanciullo, incapace di parlare di religione a quei giovanetti. In quel momento que' ragazzi cessando dalle risse, dagli schiamazzi e dalle bestemmie, si raccolsero tutti intorno a colui che parlava.

Quasi senza sapere che mi dicessi, soggiunsi:

- Chi siete voi che mi comandate cosa impossibile?

- Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi renderle possibili con l’ubbidienza e con l’acquisto della scienza.

- Dove, con quali mezzi potrò acquistare la scienza?

- Io ti darò la maestra, sotto alla cui disciplina puoi diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza.

- Ma chi siete voi, che parlate in questo modo?

- Io sono il figlio di colei, che tua madre ti insegnò di salutare tre volte al giorno.

- Mia madre mi dice di non associarmi con quelli che non conosco, senza suo permesso; perciò ditemi il vostro nome.

- Il mio nome domandalo a mia madre.

In quel momento vidi accanto a lui una donna di maestoso aspetto, vestita di un manto, che risplendeva da tutte le parti, come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi sempre più confuso nelle mie domande e risposte, mi accennò di avvicinarmi a lei, mi prese con bontà per mano e mi disse:

- Guarda.

Guardando mi accorsi che quei fanciulli erano tutti fuggiti ed in loro vece vidi una moltitudine di capretti, di cani, orsi e di parecchi altri animali.

- Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte e robusto: e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo per i miei figli.

Volsi allora lo sguardo ed ecco invece di animali feroci, apparvero altrettanti mansueti agnelli, che, saltellando, correvano attorno belando, come per fare festa a quell’uomo e a quella signora.

A quel punto, sempre nel sonno, mi misi a piangere, e pregai a voler parlare in modo da capire, poiché io non sapevo quale cosa volesse significare. Allora ella mi pose la mano sul capo dicendomi:

- A suo tempo tutto comprenderai.

Ciò detto, un rumore mi svegliò; ed ogni cosa disparve.

lo rimasi sbalordito. Mi sembrava di avere le mani che mi facessero male per i pugni che avevo dato, che la faccia mi dolesse per gli schiaffi ricevuti. Quel personaggio, quella donna, le cose dette e quelle udite, mi occuparono talmente la mente che, per quella notte, non mi fu più possibile prendere sonno.

FONTE (http://www.monasterovirtuale.it/Il_soffio_dello_Spirito/Don_Bosco/primosogno.html)

Augustinus
05-02-05, 14:47
Carissimi figliuoli in G. Cristo,

Il Signore sa quanto vivo sia il mio desiderio di vedervi, di trovarmi in mezzo a voi, di * parlarvi delle cose nostre, di consolarmi colla reciproca confidenza. dei nostri cuori. Ma pur troppo, o carissimi figliuoli, la debolezza delle mie forze, i residui delle antiche malattie, gli urgenti affari che mi chiamano in Francia, mi impediscono, almeno per ora, di secondare gli impulsi del mio affetto per voi. Non potendo adunque visitarvi tutti in persona, vengo per lettera, e son certo che gradirete il ricordo continuo che serbo di voi, di voi che, come siete la mia speranza, siete pure la mia gloria ed il mio sostegno. Perciò, desideroso di vedervi ogni giorno più crescere in zelo ed in meriti al cospetto di Dio, non lascerò di suggerirvi di quando in quando i varii mezzi che io credo migliori, perché possa riuscire" sempre più fruttuoso il vostro ministero.
Fra questi quello che io intendo caldamente raccomandarvi, per la gloria di Dio e la salute delle anime, si è la diffusione dei buoni libri. Io non esito a chiamare Divino questo mezzo, poiché Dio stesso se ne giovò a rigenerazione dell'uomo. Furono i libri da esso ispirati che portarono in tutto il mondo la retta dottrina. Esso volle che in tutte le città e in tutti i villaggi della Palestina ve ne fossero copie, e che ogni sabbato se ne facesse lettura nelle religiose assemblee. Sul principio questi libri furono patrimonio solamente del popolo Ebreo, ma, trasportate le tribù . in cattività nell'Assiria e nella Caldea, ecco la Santa Scrittura venir tradotta in siro-caldaico e tutta l'Asia centrale possederla nel proprio linguaggio. Prevalendo la potenza Greca, gli Ebrei portarono le loro colonie, in ogni angolo della terra, e con esse si moltiplicarono all'infinito i Libri Santi; e i Settanta, colla loro versione, .arricchirono con questi eziandio. le biblioteche dei popoli pagani ; sicchè gli oratori, i poeti, i filosofi di que' tempi attinsero dalla Bibbia non poche verità.. Iddio, principalmente co'sizoi scritti ispirati, preparava il mondo alla venuta del Salvatore.
Tocca.adunque a noi imitare l'opera del Celeste Padre. I libri buoni, diffusi nel popolo, sono uno dei mezzi atti a mantenere il regno del Salvatore in tante anime. I pensieri, i principii, la morale di un libro cattolico sono . sostanza tratta dai libri divini e dalla tradizione Apostolica. Sono essi tanto più necessari in quanto che l'empietà e la immoralità oggigiorno si attiene a quest'arma, .per fare strage nell'ovile di Gesù Cristo , per condurre e per trascinare in perdizione gli incauti e i disobbedienti. Quindi è necessario opporre arma ad arma. Aggiungete che il libro, se da un lato non ha quella forza intrinseca della quale è fornita la parola viva, da un altro lato presenta vantaggi in certe circostanze anche maggiori. Il buon libro entra persino nelle case ove non può entrare il sacerdote, è tollerato eziandio dai cattivi come memoria o come regalo. Presentandosi non arrossisce, trascurato non s'inquieta, letto insegna verità con calma, disprezzato non si lagna e lascia il rimorso che talora accende il desiderio di conoscere la verità; mentre esso è.sempre pronto ad insegnarla. Talora rimane polveroso sovra un tavolino o in una biblioteca. Nessuno pensa a lui. Ma vien l'ora della solitudine, o della mestizia, o del dolore, o della noia, o della necessità di svago, o dell'ansia dell'avvenire, e questo amico fedele depone la sua polvere, apre i suoi fogli, e si rinnovano le mirabili conversioni di S. Agostino, del Beato Colombino e di S. Ignazio. Cortese coi paurosi per rispetto umano, si intrattiene con essi senza dare sospetto a veruno famigliare coi buoni è sempre pronto a tener ragionamento; va con essi in ogni istante, in ogni luogo. Quante anime furono salvate dai libri buoni, quante preservate dall'orrore, quante incoraggiate nel benel Chi dona un libro buono, non avesse altro merito che destare un pensiero di Dio, ha già acquistato un merito incomparabile presso Dio. Eppure quanto di meglio si ottiene! Un libro in una famiglia, se non è letto da' colui a cui è destinato o donato, è letto dal figlio o dalla figlia, dall'amico o dal vicino. Un libro in un paese talora passa nelle mani di cento persone. Iddio solo conosce il bene che produce un libro in una città, in una biblioteca circolante, in una società d'operai, in un ospedale, donato come pegno di amicizia. Nè bisogna temere che un libro possa essere da certuni rifiutato perchè buono. Al contrario. Un nostro Confratello, tutte le volte che a Marsiglia andava sui moli di quel porto, recava sue provviste di libri buoni da regalare ai facchini, agli artigiani, ai marinai. Or bene, questi libri furono sempre accolti con gioia e riconoscenza, e talora erano letti subito con viva curiosità.
Premesse queste osservazioni e ommessene molte altre che voi stessi già conoscete, vi pongo sott' occhio le ragioni per cui dovete essere animati a procurare con tutte le forze e con tutti i mezzi la diffusione dei buoni libri, non solo come Cattolici, ma specialmente come Salesiani
1. Fu questa una fra le precipue imprese che mi affidò la Divina Provvidenza;, e voi sapete come io dovetti occuparmene con istancabile lena, non ostante le mille altre mie occupazioni. L'odio rabbioso dei nemici del bene, le persecuzioni contro la mia persona dimostrarono, come l'errore vedesse in questi libri un formidabile avversario e per ragione contraria un'impresa benedetta da Dio.
2. Infatti la mirabile diffusione di questi libri è un argomento per provare l'assistenza speciale di Dio. In meno di trent'anni sommano circa a venti milioni i fascicoli o volumi da noi sparsi tra il popolo. Se qualche libro sarà rimasto trascurato, altri avranno avuto ciascuno un centinaio di lettori, e quindi il numero di coloro, ai quali i nostri libri fecero del bene, si può credere con certezza di, gran lunga maggiore del numero dei volumi. pubblicati.
3. Questa diffusione dei buoni libri è uno dei fini principali della nostra Congregazione. L'articolo 7 del paragrafo primo delle nostre Regole dice dei Salesiani: "Si adopereranno a diffondere buoni libri nel popolo, usando" tutti quei mezzi che la carità cristiana inspira. Colle parole e con gli scritti cercheranno di porre un argine all'empietà ed all'eresia, che in tante guise tenta insinuarsi fra i rozzi e gli ignoranti. A questo scopo devono indirizzarsi le prediche le quali di tratto in tratto si tengono al popolo, i tridui, le novene e la diffusione dei buoni libri"
4. Perciò fra questi libri che si devono diffondere, io propongo di tenerci a quelli, che hanno fama di essere buoni, morali e religiosi, e debbonsi preferire le opere. uscite dalle nostre tipografie, sia perché il vantaggio materiale che ne ' proverrà si muta in carità, col mantenimento di tanti nostri poveri giovanetti, sia perché le nostre pubblicazioni tendono a formare un sistema ordinato, che abbraccia su vasta scala tutte le classi che formano l'umana società. Non mi fermo su questo punto; piuttosto con vera compiacenza vi accenno una classe sola, quella dei giovanetti alla quale sempre ho cercato di far del bene, non solo colla parola viva, ma colle stampe. Colle Letture Cattoliche, mentre desiderava istruire tutto il popolo, avea di mira di entrar nelle case, far conoscere lo spirito dominante nei nostri Collegi e trarre alla virtù i giovanetti, specialmente colle biografie di Savio, di Besucco e: simili.
Col Giovane provveduto ebbi in mira di condurli in chiesa, loro istillare lo spirito di pietà e innamorarli della frequenza dei Sacramenti. Colla collezione dei classici italiani e latini emendati e colla Storia d'Italia e con altri libri storici o letterarii, volli assidermi al loro fianco nella scuola e preservarli da tanti errori e da tante passioni, che loro riuscirebbero fatali pel tempo e per l'eternità. Bramava, come una volta essere loro compagno nelle ore della ricreazione, e ho meditato di ordinare una serie di libri ameni che spero non tarderà a venire alla luce. Finalmente col Bollettino Salesiano, fra i molti miei fini, ebbi anche questo di tener vivo nei giovanetti ritornati nelle loro famiglie l'amore allo spirito di S. Francesco di Sales e alle sue massimo, e di loro stessi fare i salvatori di altri giovanetti. Non vi dico che io abbia raggiunto il mio ideale di perfezione : vi dirò bensì che a voi tocca coordinarlo in modo, che sia completo in tutte le sue parti.
Vi prego e vi scongiuro adunque. di non trascurare questa parte importantissima della nostra missione. Incominciatela non solo fra gli stessi giovanetti che la Provvidenza vi ha affidati, ma colle vostre parole e col vostro esempio fate di questi altrettanti apostoli della diffusione dei buoni libri.
Al principio dell'anno gli alunni, specialmente i nuovi, si accendono di entusiasmo alla proposta di queste nostre associazioni, tanto più vedendo che si tratta di corrispon-dere con una esigua somma. Procurate però che siano spontanee e non in qualsivoglia modo imposte le loro adesioni, e con ragionate esortazioni inducete i giovani ad associarsi, non solo in vista del bene che questi libri faranno ad essi,. ma eziandio riguardo al bene che con questi possono fare agli altri, mandandoli a casa di mano in mano che son pubblicati, al padre, alla madre, ai fratelli, ai benefattori. Eziandio i parenti poco praticanti la religione restano commossi a questo ricordo di un figlio, di un fratello lontano, e facilmente si inducono a leggere il libro, se non altro, per curiosità. Procurino però che queste spedizioni non prendano mai l'aspetto di predica o di lezione ai parenti, ma sempre e solo di caro dono é di affettuosa memoria. Ritornati poi a casa, col regalarli agli amici, coll'imprestarli ai parenti, col darli per compenso. di qualche servigio, col cederli al parroco, pregando che li distribuisca, col procurare:e nuovi associati, si sforzino di accrescere i meriti delle loro opere buone.
Persuadetevi, o cari miei figliuoli, che simili industrie attireranno su di voi e sui nostri fanciulli le benedizioni più elette del Signore.
Finisco : la conclusione di questa lettera deducetela voi, col procurare che i nostri giovani attingano i morali e cristiani principii, specialmente dalle nostre produzioni, evitando il disprezzare i libri degli altri. Debbo però dirvi che provai grave pena al cuore, quando seppi che in alcune nostre Case le opere da noi stampate, appositamente per la gioventù, fossero talvolta sconosciute o tenute in nessun conta Non amate e non fate amare dagli altri quella scienza, che al dire dell'Apostolo in fiat, e rammentatevi che S. Agostino, divenuto Vescovo, benché esimio maestro di belle lettere ed oratore eloquente, preferiva le improprietà di lingua e la niuna eleganza di stile, al rischio di non essere inteso dal popolo.
La grazia del Nostro Signore Gesù Cristo sia sempre
con voi. Pregate per me.

Torino, 19 Marzo, festa di S. Giuseppe, 1885.

Aff.mo in G. C.
Sac. Giovanni Bosco.

FONTE (http://www.monasterovirtuale.it/Il_soffio_dello_Spirito/Don_Bosco/buonastampa.html)

Augustinus
05-02-05, 14:50
Caratteristica della fisionomia di Don Bosco è quella di essere stato papale e mariano. Dopo l'Eucaristia e la Madonna, il Papa fu l'oggetto del suo amore, fervido e filiale. Non fu poca gloria per Don Bosco l'aver sempre sostenuto il santo pontefice Pio IX, illuminandolo in momenti tragici per la Chiesa, e difendendone l'autorità, i diritti, il prestigio. Ben lo sapevano i nemici che non esitarono a qualificare il nostro Santo come « il Garibaldi del Vaticano ». A sostegno dell' autorità papale egli volle fondata la sua società. Sul letto di morte, al cardinale Alimonda, quasi suo testamento, diceva queste memorande parole: «Tempi difficili, Eminenza... Ho passato tempi difficili... Ma l'autorità del Papa... l'autorità del Papa! L'ho detto qui a Mons. Cagliero, che lo dica al S. Padre: che i Salesiani hanno per scopo speciale di sostenere l'autorità del Papa, dovunque si trovano, dovunque lavorano ».

PIO IX

San Giovanni Bosco ebbe la prima udienza con Pio IX il 9 marzo 1858. Il Pontefice subito capì il Santo e, persuaso che la sua opera fosse voluta da Dio e quanto mai necessaria ai tempi, lo esortò a sistemarla stabilmente, gli diede preziosi consigli e col suo diretto intervento spianò molte difficoltà. Suggerì a Don Bosco di chiamare la sua congregazione «Società », disse che erano necessari i voti, ma che fossero semplici, consigliò un modo di vestire e pratiche di pietà semplici, gli ordinò di scrivere le sue memorie, gli diede molte dimostrazioni di affetto e gli elargì anche aiuti materiali. Durante il suo pontificato furono approvate la Società Salesiana e le sue Costituzioni, l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e la Pia Unione dei Cooperatori salesiani. Riservò a sè la protettoria sulla Società.

LEONE XIII

San Giovanni Bosco ebbe la prima udienza privata con Leone XIII il 16 marzo 1878; il Pontefice accettò di essere il primo cooperatore salesiano. Trattò sempre il Santo con cordialità, cosa insolita in quel Papa, piuttosto grave e non espansivo. Si deve a Lui se nel 1884 furono concessi alla Società Salesiana tutti i privilegi che avevano già i Redentoristi, ma che si solevano concedere dopo molti anni di meriti e di lavoro. Essi però, alla Congregazione di Don Bosco, che prendeva rapido e prodigioso sviluppo, erano assolutamente necessari. Eresse il primo Vicariato Apostolico affidato ai Salesiani, nominando il primo vescovo nella persona di Mons. Cagliero (30 ottobre 1883). Nella prima udienza a Don Rua (1888), gli manifestò la sua convinzione della santità di Don Bosco; gli fu largo di consigli per il consolidamento della Società.

SAN PIO X

Non solo da papa, ma già da sacerdote, vescovo e patriarca diede prove di benevolenza verso la Società Salesiana. S'incontrò con il Fondatore a Torino il 15 agosto 1875, quand'era canonico; sedette alla mensa del Santo, si fece iscrivere fra i Cooperatori salesiani e se ne partì altamente edificato. Pochi giorni dopo l'assunzione al soglio pontificio, inviò a Don Rua il suo autografo con una benedizione alla Società Salesiana. Il 23 luglio 1907 firmò il decreto d'introduzione del processo apostolico di San Giovanni Bosco, e il 10 febbraio 1914 quello per San Domenico Savio. Nel 1903 promosse Monsignor Cagliero arcivescovo titolare di Sebaste e nel 1908 lo nominò delegato apostolico nel Centro America. È il primo cooperatore salesiano elevato all'onore degli altari.

BENEDETTO XV

Il 6 dicembre 1915 insignì della sacra porpora Mons. Cagliero, che fu il primo cardinale salesiano.

PIO XI

Nell'autunno 1883, giovane sacerdote, andò a far visita a San Giovanni Bosco e al suo Oratorio, ove si fermò due giorni; sedette alla mensa di Don Bosco e se ne partì pieno di profondi e soavi ricordi. Quel contatto avuto con il Santo fu per lui quasi sempre un vanto. Non risparmiò mezzo per promuovere rapidamente il processo apostolico di Don Bosco, per la cui canonizzazione volle stabilire il giorno di Pasqua del 1934, chiusura dell'Anno Santo. Egli estese la sua festa alla Chiesa universale. Giustamente fu chiamato « il Papa di Don Bosco ». Si deve a lui se la causa di Domenico Savio superò difficoltà, che parevano insuperabili: il 9 luglio 1933 firmò il decreto dell'eroicità delle virtù. L'11 maggio 1936 proclamò l'eroicità delle virtù di Santa Maria Mazzarello, che beatificò il 20 nov. 1938. Altri segni di predilezione per la Società Salesiana furono la concessione della preziosa Indulgenza del lavoro santificato (1922) e l'elevazione alla porpora del Card. Hlond (1927).

PIO XII

Approvò il decreto della Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi del 3 maggio 1940, che erigeva il Pontificio Ateneo Salesiano (PAS). Il 24 giugno 1951 canonizzò Santa Maria Mazzarello. Beatificò (5 marzo 1950) e canonizzò (12 giugno 1954) San Domenico Savio. Proclamò l'eroicità delle virtù di Don Michele Rua (26 giugno 1953).

GIOVANNI XXIII

Giovanni XXIII più volte si compiacque di ricordare che da ragazzo leggeva le Letture Cattoliche di Don Bosco, «primo e più efficace complemento alla sua formazione religiosa e civile »; che, ancor bambino, apprese dal Bollettino Salesiano, che giungeva in casa sua, la morte di Don Bosco; che l'immagine di Maria Ausiliatrice, tolta da un numero del Bollettino Salesiano, pendeva dalla parete presso il suo letto. -Inaugurò solennemente a Roma il nuovo tempio di San Giovanni Bosco nel quartiere Appio (1959). Elesse dodici vescovi salesiani e il terzo cardinale di Don Bosco, S. Em. Raul Henriquez Silva.

GIOVANNI PAOLO II

Tutte le più importanti ricorrenze della Società Salesiana sono sottolineate dalla Benedizione e spesso dalla presenza del Papa, come nella celebrazione del centenario della morte di Don Bosco da parte del Papa Giovanni Paolo II con la visita ai Becchi, a Chieri ed a Valdocco, dove ha dichiarato: "Si sa bene che gli anni decisivi della mia vita sono trascorsi in una Parrocchia di Salesiani, la Parrocchia di San Stanislao Kostka di Cracovia; ho vissuto questa mia conversione appunto nell'ambiente di questa Parrocchia Salesiana... e, venendo qui, in questi luoghi dove è nato il Salesianesimo, rivivo l'esperienza vissuta del mio incontro con i Salesiani, con Giovanni Bosco". (Dal suo discorso del 2.9.1988).

FONTE (http://www.monasterovirtuale.it/Il_soffio_dello_Spirito/Don_Bosco/donboscoeipapi.html)

Augustinus
05-02-05, 14:54
Se vuoi farti buono, pratica queste tre cose e tutto andrà bene: allegria, studio, preghiera. E' questo il grande programma per vivere felice, e fare molto bene all'anima tua e agli altri.

Il migliore consiglio è di fare bene quanto possiamo e poi non aspettarci la ricompensa dal mondo ma da Dio solo.

Tutti hanno bisogno della Comunione: i buoni per mantenersi buoni e i cattivi per farsi buoni.

I due sostegni più forti per sostenervi e camminare per la strada del Celo sono i Sacramenti della Confessione e Comunione. Perciò guardate come gran nemico dell'anima vostra chiunque cerca di allontanarvi da questi due Sacramenti.

Tutti dobbiamo portare la croce come Gesù, e la nostra croce sono le sofferenze che tutti incontriamo nella vita.

Ricordatevi, che ogni cristiano è tenuto di mostrarsi propositivo verso il prossimo, e che nessuna predica è più vera del buon esempio.

Quando si tratta di qualche cosa che riguarda la grande causa del bene, don Bosco vuol essere sempre all'avanguardia del progresso.

Tutto passa: ciò che non è eterno è niente!

Tenete a memoria, che la solita parola che usa il demonio quando vuole spingerci al male è: Oh! è niente!

Tenete a memoria, che la solita parola equivoca considerata innocua può portare ad un comportamento scorretto.

Non mandate a domani il bene che potete fare oggi, perché forse domani non avrete più tempo.

È una vera festa per don Bosco il poter prendere cura delle anime dei suoi giovani. Aspetto tutti i miei giovani in Paradiso.

L'essere buono non consiste nel non commettere mancanza alcuna, ma nello avere volontà di emendarsi.

Il migliore consiglio si è di fare bene quanto possiamo e poi non aspettarci la mercede dal mondo ma da Dio solo.

FONTE (http://www.monasterovirtuale.it/Il_soffio_dello_Spirito/Don_Bosco/frasicelebri.html)

http://img244.imageshack.us/img244/2725/blessingsboscovk7.jpg http://www.salesians.org.uk/dbuk/images/donbosco.jpg

Augustinus
05-02-05, 14:55
Miei cari ed amati Fíglí ín G. C.,

Prima di partire per la mia eternità, io debbo compiere verso di voi alcuni doveri e così appagare un vivo desiderio del mio cuore.
Anzitutto io vi ringrazio col più vivo affetto dell'animo per la ubbidienza che mi avete prestata, e di quanto avete. lavorato per sostenere e propagare la nostra Congregazione.
Io vi lascio qui in terra, ma solo per un po' di tempo. Spero che la infinita Misericordia di Dio farà che ci possiamo tutti trovare un dì nella beata eternità.
Vi raccomando di non piangere la mia morte. Questo è un debito che tutti dobbiamo pagare, ma dopo sarà largamente ricompensata ogni fatica, sostenuta per amore del nostro Maestro, il nostro Buon Gesù.
Invece di piangere fate delle ferme ed efficaci risoluzioni di rimaner saldi nella vocazione sino alla morte. Vegliate e fate che né l'amor del mondo, né l'affetto ai parenti, né il desiderio di una vita più agiata vi muovano al grande sproposito di profanare ì sacri voti e così trasgredire la professione religiosa, con cui ci siamo consecrati al Signore. Ninno riprenda quello che ha dato a Dio.
Se mi avete amato in passato, continuate ad amarmi in avvenire colla esatta osservanza delle nostre Costituzioni.
Il vostro primo Rettore è morto. Ma il nostro vero Superiore, Cristo Gesù, non morrà. Egli sarà sempre nostro Maestro, nostra Guida, nostro Modello. Ma ritenete che a suo tempo Egli stesso sarà nostro Giudice e Rimuneratore della nostra fedeltà nel suo servizio.
Il Vostro Rettore è morto, ma ne sarà eletto un altro che avrà cura di voi e della vostra eterna salvezza. Ascoltatelo, amatelo, ubbiditelo, pregate per lui, come avete fatto per me.
Addio, o cari figliuoli, addio. Io vi attendo al Cielo. Là parleremo di Dio, di Maria, Madre e sostegno della nostra Congregazione; là benediremo in eterno questa nostra Congregazione, la osservanza delle cui Regole contribuì potentemente ed efficacemente a salvarci.

Sit nomen Domìni benedictum ex hoc nunc et usque in saeculum: In te, Domine, speravi, non confundar in aeternum.

Sac. Gio. Bosco.

FONTE (http://www.monasterovirtuale.it/Il_soffio_dello_Spirito/Don_Bosco/testamentoaisalesiani.html)

Augustinus
05-02-05, 14:56
Miei cari ed amati figliuoli in G. C.

Prima di partire per la mia eternità io debbo compiere verso di voi alcuni doveri e cosi appagare un vivo desiderio del mio cuore. Anzitutto io vi ringrazio col più vivo affetto dell'animo per la ubbidienza che mi avete prestata, e di quanto avete lavorato per sostenere e propagare la nostra congregazione.

Io vi lascio qui in terra, ma solo per un po' di tempo. Spero che la infinita misericordia di Dio farà che ci possiamo tutti trovare un di nella beata eternità. Colà io vi attendo.

Vi raccomando di non piangere la mia morte. Questo è un debito che tutti dobbiamo pagare, ma dopo ci sarà largamente ricompensata ogni fatica sostenuta per amor del nostro Maestro il nostro buon Gesù.

Invece di piangere fate delle ferme ed efficaci risoluzioni di rimanere saldi nella vocazione fino alla morte. Vegliate e fate che né l'amor del mondo, né l'affetto ai parenti, né il desiderio di una vita più agiata vi muovano al grande sproposito di profanare i sacri voti e cosi tradire la professione religiosa con cui ci siamo consacrati al Signore. Niuno riprenda quello che abbiamo dato a Dio.

Se mi avete amato in passato, continuate ad amarmi in avvenire colla esatta osservanza delle nostre costituzioni.

Il vostro primo Rettore è morto. Ma il nostro vero Superiore Cristo Gesù, non morrà. Egli sarà sempre nostro Maestro, nostra guida, nostro modello; ma ritenete che a suo tempo egli stesso sarà nostro giudice e rimuneratore della nostra fedeltà nel suo servizio.

Il vostro Rettore è morto, ma ne sarà eletto un altro che avrà cura di voi e della vostra eterna salvezza. Ascoltatelo, amatelo, ubbiditelo, pregate per lui, come avete fatto per me.

Addio, o cari figliuoli, addio. lo vi attendo al cielo. Là parleremo di Dio, di Maria madre e sostegno della nostra congregazione; là benediremo in eterno questa nostra congregazione, la cui osservanza delle regole contribuì potentemente ed efficacemente a salvarci. Sit nomen Domini benedictum ex hoc nunc et usque in saeculum. In te Domine, speravi non confundar in aeternum.

... Dio pietoso e la sua Madre SS. ci vennero in aiuto nei nostri bisogni. Ciò si verificò specialmente ogni volta che eravamo in bisogno di provvedere ai nostri giovanetti poveri ed abbandonati, e più ancora quando essi trovavansi in pericolo delle anime loro.

La Santa Vergine Maria continuerà certamente a proteggere la nostra congregazione e le opere salesiane, se noi continueremo la nostra fiducia in Lei e continueremo a promuovere il suo culto.

... Il lavoro, la buona e severa condotta dei nostri confratelli guadagnano e per cosi dire trascinano i loro allievi a seguirne gli esempi. Si facciano sacrifizi pecuniari e personali, ma si pratichi il Sistema preventivo ed avremo delle vocazioni in abbondanza.

... Tutti i confratelli salesiani che dimorano in una medesima casa devono formare un cuor solo ed un'anima sola col direttore loro.

Ritengano però ben a memoria che la peste peggiore da fuggirsi è la mormorazione. Si facciano tutti i sacrifici possibili, ma non siano mai tollerate le critiche intorno ai Superiori.

... Non vi raccomando penitenze o mortificazioni particolari, voi vi farete gran merito e formerete la gloria della congregazione, se saprete sopportare vicendevolmente le pene ed i dispiaceri della vita con cristiana rassegnazione.

... Ciascuno poi in luogo di fare osservazioni su quello che fanno gli altri, si adoperi con ogni possibile sollecitudine per adempiere gli uffizi che a lui furono affidati.

... A tutti è strettamente comandato e raccomandato in faccia a Dio ed in faccia agli uomini di aver cura della moralità tra salesiani e tra coloro che in qualunque modo e sotto a qualunque titolo ci fossero dalla divina provvidenza affidati.

... Procurate che niuno abbia a dire: questo suppellettile non dà segno di povertà, questa mensa, questo abito, questa camera non è da povero. Chi porge motivi ragionevoli di fare tali discorsi, egli cagiona un disastro alla nostra congregazione, che deve sempre gloriarsi del voto di povertà.

Guai a noi se coloro da cui attendiamo carità potranno dire che teniamo vita più agiata della vita loro.

... Ricordatevi che sarà per voi sempre una bella giornata quando vi riesce vincere coi benefizi un nemico o farvi un amico.

... La nostra congregazione ha davanti un lieto avvenire preparato dalla divina provvidenza, e la sua gloria sarà duratura fino a tanto che si osserveranno fedelmente le nostre regole.

Quando cominceranno tra noi le comodità o le agiatezze, la nostra pia società ha compiuto il suo corso.

Il mondo ci riceverà sempre con piacere fino a tanto che le nostre sollecitudini saranno dirette ai selvaggi, ai fanciulli più poveri, più pericolanti della società. Questa è per noi la vera agiatezza che nessuno invidierà e niuno verrà a rapirci.

... Non si dimentichi che noi andiamo pei fanciulli poveri ed abbandonati. Là fra popoli sconosciuti ed ignoranti del vero Dio si vedranno le maraviglie finora non credute, ma che Iddio potente farà palesi al mondo.

Non si conservino proprietà stabili fuori delle abitazioni di cui abbiamo bisogno.

... Quando avverrà che un salesiano soccomba e cessi di vivere lavorando per le anime, allora direte che la nostra congregazione ha riportato un gran trionfo e sopra di essa discenderanno copiose le benedizioni del Cielo.

FONTE (http://www.monasterovirtuale.it/Il_soffio_dello_Spirito/Don_Bosco/testamentospirituale.html)

Timoteo (POL)
26-01-06, 15:07
La Chiesa degli eretici non è la Chiesa di Gesù Cristo.

D. Non può darsi che gli Ebrei, i Maomettani, i Valdesi, i Protestanti, cioè i Calvinisti ed i Luterani e simili, quantunque non siano nella Chiesa Cattolica Apostolica Romana, tuttavia abbiano la vera Religione?
R. Tutti costoro non hanno la vera Religione, perché non la ricevono dalla Chiesa Cattolica, sola vera Chiesa di Gesù Cristo, unica depositaria della verità e legittima interprete della dottrina del suo divin Maestro.
D. Quale è il più grande errore degli Ebrei?
R. Il più grande errore degli Ebrei consiste in ciò, che essi aspettando ancora la venuta del Messia, non credono a Gesù Cristo, né al suo santo Vangelo.
D. Che cosa devono fare gli Ebrei per potersi salvare?
R. Gli ebrei per potersi salvare debbono riconoscere Gesù Cristo per Messia, ricevere il santo Battesimo, quindi osservare i comandamenti di Dio e della Chiesa.
D. Chi è il capo della Religione Maomettana?
R. Maometto, il quale disseminò i suoi errori sul principio del secolo settimo dell’Era Cristiana. La sua religione è un miscuglio di Ebraismo, di Cristianesimo e di Paganesimo con aggiunte, variazioni e favole, che in pratica giungono a distruggere ogni principio di sana morale.
D. Chi è l’autore dello Scisma greco?
R. I Greci scismatici riconoscono per autore del loro scisma Fozio, famoso patriarca di Costantinopoli che nel secolo IX si ribellò al Romano Pontefice.
D. Chi è il capo dei Valdesi, i quali in gran numero vivono nella valle di Luserna vicino a Pinerolo?
R. Il capo dei Valdesi è Pietro Valdo, negoziante di Lione. Egli diede principio all’erronea sua dottrina verso la metà del secolo decimoterzo.
D. E’ vero che la dottrina dei Valdesi è stata sempre la stessa dal tempo degli Apostoli infino a noi?
R. E’ falsissimo per ogni verso. Prima di Pietro Valdo mai non ne fu parola nel mondo. Dopo Pietro Valdo si cambiò nuovamente coll’adottare che essa fece gli errori di Viclefo e di Huss. Nel secolo decimosesto poi degenerò in Calvinismo, ed ai nostri giorni i così detti Valdesi sono verissimi Protestanti per quanto si chiamino Evangelici o Barbetti.
D. Chi sono i capi dei Protestanti?
R. I capi dei Protestanti sono Calvino e Lutero, vissuti alla metà del secolo decimosesto. Calvino, chierico simoniaco, fu condannato a grave pena per un delitto ignominioso. Lutero, frate apostata, che uscì dal convento, commise i più gravi disordini, fra cui quello di sposare una monaca legata dai voti, mentre egli era pure legato da voti solenni e perpetui.
D. Questi uomini, Maometto, Fozio, Pietro Valdo, Calvino e Lutero, diedero segni di essere da Dio mandati?
R. Costoro non erano uomini mandati da Dio; non fecero alcun miracolo, né in loro si avverò alcuna profezia. Propagarono i loro errori e le loro superstizioni colla violenza e col libertinaggio. La loro religione scioglie il freno a tutti i vizi, apre la strada a tutti i disordini. Cosicché si possono chiamare inviati non da Dio, ma da Satana a predicare e diffondere l’empietà fra gli uomini.
D. Dunque costoro non sono nella Chiesa di Gesù Cristo?
R. Costoro non avendo per Capo Gesù Cristo, non possono appartenere alla sua Chiesa; ma, come insegna S. Girolamo, appartengono alla sinagoga dell’Anticristo, cioè ad una Chiesa opposta a quella di Gesù Cristo.


San Giovanni Bosco, Il giovane provveduto, pp. 415-416.

Timoteo (POL)
26-01-06, 15:11
Tre ricordi per la Gioventù.

D. Come deve regolarsi un giovane cattolico in questi tempi per non essere ingannato in fatto di religione?
R. Credo che voi, o giovani cristiani, non sarete ingannati in fatto di religione, se metterete in pratica i seguenti avvisi:
1) Fuggire, per quanto è possibile, la compagnia di coloro che parlano di cose oscene, o cercano di deridere il Papa, i Vescovi, e gli altri ministri della nostra Santa Religione.
2) Se per motivi di studio, di professione o di parentela dovrete trattare con costoro, non entrate mai in dispute di religione; e se cercano di farvi difficoltà, rispondete semplicemente: Quando sono infermo, vo dal medico, se ho lite, mi reco dall’avvocato o dal procuratore, se ho bisogno di rimedii, dal farmacista. In fatto poi di religione vado dai preti, come quelli che di proposito l’hanno studiata.
3) Non leggete mai e poi mai libri o giornali cattivi. Se per avventura taluno vi offrisse libri o giornali irreligiosi, aborriteli e rigettateli da voi con quell’orrore e disprezzo con cui rifiutereste una tazza di veleno. Se a caso ne aveste qualcuno presso di voi, consegnatelo al fuoco. E’ meglio che il libro od il giornale bruci nel fuoco di questo mondo, piuttosto che mettere l’anima vostra in pericolo di andare a bruciare per sempre nelle fiamme dell’Inferno.
[…]

San Giovanni Bosco, Il giovane provveduto, pp.427-428.

Augustinus
30-01-06, 13:34
S. Francesco di Sales (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=40522)

Madonna Ausiliatrice (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144776)

Beato Pio IX, grande estimatore di don Bosco e della sua opera (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=144744)

S. Maria Domenica Mazzarello (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=433129)

S. Domenico Savio, degno figlio spirituale di don Bosco (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=164947)

Venerabile Margherita Occhiena, madre di S. Giovanni Bosco (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=301849)

Link esterni:

Sezione Don Bosco (http://www.preghiereagesuemaria.it/don%20bosco.htm)

Teresio Bosco, Don Bosco: storia di un prete (http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/san%20giovanni%20bosco%20storia%20di%20un%20prete. htm)

Fioretti di don Bosco (http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/fioretti%20di%20don%20bosco.htm)

Giovanni Bosco, Il sistema preventivo nell'educazione della gioventù (http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/il%20sistema%20preventivo%20nella%20educazione%20d ella%20gioventu.htm)

Sac. Eugenio Ceria, S. Giovanni Bosco nella vita e nelle opere, Torino 1937 (http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/san%20giovanni%20bosco.htm)

I sogni di S. Giovanni Bosco (http://medjugorje.altervista.org/doc/visioni/sangiovannibosco/index.php)

Alcuni scritti di don Bosco (http://www.monasterovirtuale.it/donbosco.html)

Le Memorie Biografiche (http://www.donboscoland.it/articoli/visualizzaarticolo.pax?idrealta=16&ID=3801)

Augustinus
30-01-06, 13:36
Novena a San Giovanni Bosco

(Novena dal 22 al 30 Gennaio)

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre ...

I - O glorioso San Giovanni Bosco, per l'amore ardente che portasti a Gesù nel Santissimo Sacramento e per lo zelo con cui ne propagasti il culto, soprattutto con l'assistenza alla Santa Messa, con la Comunione frequente e con la visita quotidiana, ottienici di crescere sempre più nell'amore, nella pratica di queste sante devozioni e di terminare i nostri giorni rinvigoriti e confortati dal cibo celeste della Santa Eucaristia.

Gloria al Padre...

II - O glorioso San Giovanni Bosco, per l'amore tenerissimo che portasti alla Vergine Ausiliatrice che fu sempre tua Madre e Maestra, ottienici una vera e costante devozione alla nostra dolcissima Mamma, affinché possiamo meritare la sua potentissima protezione durante la nostra vita e specialmente nell'ora della morte.

Gloria al Padre...

III - O glorioso San Giovanni Bosco, per l'amore filiale che portasti alla Chiesa e al Papa, di cui prendesti costantemente le difese, ottienici di essere sempre degni figli della Chiesa Cattolica e di amare e venerare nel Sommo Pontefice l'infallibile vicario di Nostro Signore Gesù Cristo.

Gloria al Padre...

IV - O glorioso San Giovanni Bosco, per il grande amore con cui amasti la gioventù, della quale fosti Padre e Maestro e per gli eroici sacrifici che sostenesti per la sua salvezza, fa' che anche noi amiamo con amore santo e generoso questa parte eletta dei Cuore di Gesù e che in ogni giovane sappiamo vedere la persona adorabile del nostro Salvatore Divino.

Gloria al Padre...

V - O glorioso San Giovanni Bosco che per continuare ad estendere sempre più il tuo santo apostolato fondasti la Società Salesiana e l'istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ottieni che i membri delle due Famiglie Religiose siano sempre pieni del tuo spirito e fedeli imitatori delle tue eroiche virtù.

Gloria al Padre...

VI - O glorioso San Giovanni Bosco che per ottenere nel mondo più abbondanti frutti di fede operosa e di tenerissima carità istituisti l'Unione dei Cooperatori Salesiani, ottieni che questi siano sempre modelli di virtù cristiane e sostenitori provvidenziali delle tue Opere.

Gloria al Padre...

VII - O glorioso San Giovanni Bosco che amasti con amore ineffabile tutte le anime e per salvarle mandasti i tuoi figli fino agli estremi confini della terra, fa' che anche noi pensiamo continuamente alla salvezza della nostra anima e cooperiamo per la salvezza di tanti nostri poveri fratelli.

Gloria al Padre...

VIII - O glorioso San Giovanni Bosco che prediligesti con amore particolare la bella virtù della purezza e la inculcasti con l'esempio, la parola e gli scritti, fa' che anche noi, innamorati di così indispensabile virtù, la pratichiamo costantemente e la diffondiamo con tutte le nostre forze.

Gloria al Padre...

IX - O glorioso San Giovanni Bosco che fosti sempre tanto compassionevole verso le sventure umane, guarda a noi tanto bisognosi dei tuo aiuto. Fa' scendere su di noi e sulle nostre famiglie le materne benedizioni di Maria Ausiliatrice; ottienici tutte le grazie spirituali e temporali che ci sono necessarie; intercedi per noi durante la nostra vita e nell'ora della morte, affinché possiamo giungere tutti in Paradiso e inneggiare in eterno alla Misericordia divina.

Gloria al Padre...

Preghiera a San Giovanni Bosco

(festa del 31 Gennaio)

O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù, che tanto lavorasti per la salvezza delle anime, sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre e la salvezza dei prossimo; aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano; insegnaci ad amare Gesù Sacramentato, Maria Ausiliatrice e il Papa; e implora da Dio per noi una buona morte, affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. Amen.

Augustinus
02-02-06, 23:43
LA SANTA FINE DI DON BOSCO

La malattia di Don Bosco fu un lento martirio, ma fu anche un crogiuolo, in cui rifulse l'oro puro della sua virtù. Una tranquillità inalterabile tra le sofferenze, una carità delicata verso coloro che lo assistevano, una rassegnazione perfetta ai divini voleri sono tre cose che più si ammirarono in lui sul letto de' suoi dolori. Il peggioramento, cominciato il 21, si accentuava ognor più. Il 22 lo visitarono i Monsignori Krementz, Arcivescovo di Colonia, e Korum, Vescovo di Treveri; con il loro seguito. Parlando a stento, raccomandò loro la gioventù derelitta. La mattina del 24 ricevette la visita di Monsignor Richard, Arcivescovo di Parigi. Don Bosco volle essere da lui benedetto. Lo contentò Monsignore; ma poi, piegate le ginocchia, pregò lui di benedirlo. - Sì, rispose, benedico lei e Parigi. - Al che l'Arcivescovo: - Annunzierò a Parigi che porto la benedizione di Don Bosco. Nel pomeriggio i medici trovarono che egli era tornato nelle peggiori condizioni. La difficoltà del parlare andava crescendo e stringeva il cuore a chi lo ascoltava: Chiedeva che gli si suggerissero giaculatorie divote. Non c'era mai nè acqua nè ghiaccio che valesse a spegnerne l'ardente sete; perciò si provvide acqua di seltz, che infatti gli arrecava sollievo. Ma, credendo che fosse una bevanda costosa, in principio la rifiutava. Se si volle che l'accettasse, bisognò dirgli che costava soltanto pochi centesimi alla bottiglia. La sera del 27 Monsignor Cagliero, ritornato dopo un'assenza di alcuni giorni e ancora propenso a sperare, fece un tentativo per conoscere il suo sentimento. Gli domandò licenza di andare a Roma. - Andrai, ma dopo - rispose con grande sforzo. - Ma, Don Bosco, replicò il Vescovo, mi dica se, andando dopo S. Francesco, posso stare tranquillo. Devo andare anche in Sicilia... - Ripetè: - Sì, andrai, ma aspetta dopo. - Era facile capire quale fosse il “dopo”. Ne' suoi dolori non poteva più nemmeno procurarsi il sollievo di cambiare posizione. Chi l'assisteva, lo esortò una volta a ricordarsi di Gesù, che sulla croce soffriva tanto senza potersi muovere. Rispose: - Sì, è quello che faccio sempre. - Nel trasportarlo di letto Don Bonetti gli disse: - Le facciamo male, povero Don Bosco! Siamo così inetti! Pensi alla Passione di Gesù Cristo. - Egli fe' cenno di sì. Sul tardi Don Sala si trovò solo nella camera. Colto il momento, in cui vide che l'infermo aveva più libero il respiro: - Don Bosco, gli domandò, si sente molto male, è vero? - Eh sì, rispose. Ma tutto passa, e passerà anche questo. - Che cosa potrei fare per sollevarla un poco? - Prega. Ciò detto, congiunse le mani in atto di preghiera. Lasciatolo riposare alcuni minuti, Don Sala ripigliò: - Don Bosco, ora sarà contento, pensando che dopo una vita di tanti stenti e fatiche è riuscito a fondare case in varie parti del mondo e stabilire bene la Congregazione. - Rispose: - Sì. Quello che ho fatto, l'ho fatto per il Signore... Si sarebbe potuto fare di più... Ma faranno i miei figli... La nostra Congregazione è condotta da Dio e protetta da Maria Ausiliatrice. La notizia che Don Bosco s'avvicinava alla guarigione, aveva riempito il mondo, procurando lettere gratulatorie da molte parti, anche da paesi assai remoti, perfino dalla Lituania. Era uno strazio al cuore il leggere, per esempio, la speranza della Contessa d'Oncieu di rivedere presto Don Bosco a Milano, o queste parole della Contessa Lemoyne: "A Genova non si parla che della sua malattia e della speranza della sua guarigione”. Durante il 27 e nella notte e al mattino seguente vaneggiava di quando in quando. Ascoltò tuttavia la Messa. All'Agnus Dei chi l'assisteva gli domandò se volesse fare la comunione. Egli disse fra se: - È tosto la fine... - Poi rispose: - Conto di fare la Santa Comunione. - Così dicendo, si tolse il berrettino e giunse le mani con un raccoglimento tale che nei riguardanti destava sensi di viva fede. I medici lo trovarono gravissimo. Il Fissore gli disse: - Don Bosco, si faccia coraggio... Vi è speranza che domani le cose vadano meglio. È già accaduto così altre volte... Oggi il cattivo tempo influisce... - Don Bosco, rimasto fino allora immobile, sorrise e minacciando col dito il dottore, riuscì a dire: - Dottore, che vuol far risorgere i morti! Domani?... Domani?... Farò un viaggio lungo. - La notte fu molto agitata. All'alba del 29, festa di S. Francesco di Sales, bisognò scampanare, cantare, pontificare; ma nei cuori regnava la mestizia. Quella mattina, sembrando che fosse fuori dei sensi, non si voleva dargli la comunione. Dopo l'elevazione disse a Don Sala: - E se dopo la comunione mi venisse vomito? - Don Sala lo rassicurò. Quando il celebrante si accostò con l'ostia, egli pareva assopito. Pochi minuti prima Don Sala l'aveva avvisato che presto sarebbe venuto il Signore a confortarlo e gli aveva messo la stola al collo e steso sul petto un candido lino, senza che l'infermo si movesse. Ma appena udito il Corpus Domini nostri Jesu Christi, si scosse, aprì gli occhi, fissò l'ostia, giunse le mani e, fatta la comunione, ripeteva le parole di ringraziamento suggeritegli da Don Sala. Quella fu l'ultima comunione di Don Bosco. Verso sera riconobbe ancora e benedisse il Conte Incisa, priore della Festa di S. Francesco, e Monsignor Rosaz, Vescovo di Susa, che aveva fatto il panegirico del Santo. Dopo nel suo assopimento non intendeva più nulla, eccetto che gli si parlasse del paradiso e di cose dell'anima. Allora faceva cenno di sì col capo; se gli si suggeriva qualche giaculatoria, egli, movendo leggermente le labbra, la compieva. Al suono dell'Avemaria Don Bonetti gli sussurrò: Viva Maria. Con voce appena percettibile ma divota ripetè: - Viva Maria. Nella notte salutò il vigilante Enria; poi adagio adagio recitò l'atto di contrizione. Qualche volta esclamò: Miserere nostri, Domine. Altre volte, alzando un tantino le braccia e giungendo le mani, diceva: - Sia fatta la vostra santa volontà! - Paralizzataglisi tutta la parte destra, il braccio destro posava abbandonato e immobile sul letto; tuttavia alzava il sinistro, ripetendo: - Sia fatta la vostra santa volontà. - Dopo la mezzanotte non parlò più; ma tutto il giorno 30 continuò a muovere così la sinistra. In casa tutti sapevano che Don Bosco era agli estremi. Pure nella festa di San Francesco dodici giovani dell'Oratorio avevano sottoscritto una supplica, nella quale per ottenere la sua conservazione offrivano a Dio in cambio la loro vita. Il foglio era stato posto sotto il corporale durante una Messa celebrata per Don Bosco e servita dall'alunno Orione Luigi, il cui nome figura tra le firme. Egli è Don Orione, il fondatore della Congregazione dei Figli della Provvidenza. La paralisi progrediva. Nel pomeriggio del 30 i medici dissero che al sorgere del nuovo sole Don Bosco non sarebbe stato più in vita. Saputosi questo, i Salesiani chiedevano di vederlo ancora una volta. Don Rua permise che tutti andassero a baciargli la mano. Silenziosi, dalla cappelletta sfilavano presso il sofferente. Egli era là disteso sul suo letticciuolo, col capo alquanto rialzato sui guanciali e chino un po' sull'omero destro. Calmo il viso, non scarno; gli occhi socchiusi; le mani distese sulla coltre. Aveva sul petto un crocifisso, un altro lo stringeva con la sinistra, e a piè del letto pendeva la stola violacea. Accorsero anche i Salesiani dei collegi vicini. Con questi si alternavano i giovani delle classi superiori e gli artigiani più grandicelli. La mesta processione continuò fino a tarda ora. Alle diciotto venne il confessore, che, indossata la stola, lesse alcune preci del Rituale. Poi, non sembrando prossima la fine, alcuni dei Superiori si ritirarono; ma Don Rua con qualche altro rimase. L'infermo respirava immobile e con affanno. All'una e tre quarti entrò in agonia. Don Rua, quando vide che le cose precipitavano, prese la stola e continuò le preghiere degli agonizzanti, già da lui cominciate due ore prima. Furono chiamati in fretta gli altri Superiori. Una trentina fra sacerdoti, chierici e laici inginocchiati intorno al letto pregavano. Sopraggiunto Monsignor Cagliero, Don Rua gli cedette la stola, passò alla destra di Don Bosco e, dette alcune acconce parole, ne alzò la mano paralizzata e la mosse in forma di croce, pronunciando la formula della benedizione sui Salesiani presenti e assenti e in particolare sui più lontani. Alle tre arrivò un telegramma dal Vaticano recante la benedizione papale. Mon. signore aveva già letto il Proficiscere. Alle quattro e mezzo la campana di Maria Ausiliatrice sonò l'Avemaria. Don Bonetti sussurrò all'orecchio del morente il Viva Maria dei giorni innanzi. Il rantolo, che durava da un'ora e mezzo, cessò. Il respiro divenne libero e tranquillo; ma fu cosa di brevi istanti, poi mancò. Don Bosco moriva. Emise tre respiri. Monsignore diceva: - Gesù, Giuseppe, Maria... - Don Bosco era morto. Tutti piangevano. Monsignore intonò il Subvenite, Saneti Dei. Com'ebbe terminato, si recitò il De profundis, rotto da gemiti e singhiozzi. Dinanzi alla spoglia esanime Don Rua parlò e disse: - Siamo doppiamente orfani. Ma consoliamoci. Se abbiamo perduto un padre in terra, abbiamo acquistato un protettore in cielo. Dimostriamoci degni di lui, seguendo i suoi santi esempi. I medici, volendo testificare il loro amore per l'estinto, vennero di buon'ora e mentre in tutta la casa si piangeva e pregava, diressero le operazioni per il trattamento della salma. I Superiori furono contrari a imbalsamarla. Lo stesso dottor Fissore disse: - Conosco Don Bosco da molti anni. Ho tanto rispetto al suo corpo, che non mi sentirei di profanarlo con l'imbalsamazione. Cominciò presto l'affollarsi dei cittadini per vedere la salma. Essendo troppo ristretto lo spazio, si concedette l'accesso unicamente alle persone più conosciute; agli altri si diceva che l'avrebbero veduta il giorno dopo nella chiesa di S. Francesco. Il morto era assiso sulla sua poltrona nella galleria retrostante alla cappella. Indossava i paramenti da Messa violacei e aveva il crocifisso nelle mani. I noti lineamenti apparivano inalterati. Se non fosse stato il pallore della morte che contrastava col paonazzo della pianeta, si sarebbe detto che placidamente dormiva. Stuoli di sacerdoti, patrizi in gran numero, pie signore stimavano somma grazia l'essere ammessi a vederlo. Nessuno mostrava ribrezzo accostando le labbra al candore di quelle mani. Il solerte Vicario Don Rua aveva dato sollecitamente per telegramma il doloroso annunzio al Santo Padre, al Cardinale Alimonda ancora assente da Torino, alle case salesiane e a un certo numero di benefattori. Stese pure e fece stampare una lettera circolare, di cui furono spedite trentaduemila copie, oltre le ottomila tradotte in spagnolo e le tredicimila in francese. Che immenso plebiscito di condoglianze! I vicini vennero in persona. Telegrammi e lettere arrivarono per più giorni a fasci, anche da remote contrade. Nelle lettere il tema obbligato era che Don Bosco non aveva più bisogno di preghiere, ma che piuttosto doveva essere pregato. In vario modo tutti lo proclamavano santo. Non pochi domandavano per sommo favore qualche oggetto da lui usato o un pizzico de' suoi capelli. La mattina del 1° febbraio quel benedetto corpo venne trasportato nella chiesa di S. Francesco, tutta vestita di ampie gramaglie. Non fu adagiato su letto funebre, secondo il costume, ma assiso in seggiolone sopra un palco rilevato da terra. I giovani furono i primi a sfilargli dinanzi. Essi lo contemplavano là nella sua posa di dormiente, con la testa leggermente inclinata a sinistra, col sembiante calmo, composto e quasi sorridente, con gli occhi non del tutto chiusi e come fissi nel Crocifisso, che pareva stringere fra le mani giunte. Aperta la chiesa al pubblico, il flusso e riflusso dei visitatori durò senza interruzione tutto il giorno. Chi vide allora i viali che portano a Valdocco, provò l'impressione che l'intera Torino si riversasse nell'Oratorio. Una voce si udiva continuamente ripetersi: - Era un santo. - Moltissimi facevano toccare le venerate spoglie con oggetti sacri, al che si prestavano vari sacerdoti e giovani. Alle venti si chiusero tutte le entrate; ma più tardi bisognò riaprire per contentare numerosi forestieri giunti da diversi luoghi del Piemonte. Il punto più commovente della giornata fu quando, prima di andare a riposo, tutti i giovani dell'Oratorio si radunarono nella chiesina a dire le preghiere intorno al loro padre. Come le preghiere furono terminate, si presentò, in mezzo a solenne silenzio, Don Francesia per dare la “buona notte”. Il cuore e la fantasia gli misero sulle labbra parole degne del momento. Durante la notte sacerdoti vegliarono per turno. Don Rua stette lungo tempo genuflesso accanto alla salma, assorto in profonda meditazione. Prima delle otto del 2 febbraio il cadavere fu rimosso e adagiato in triplice cassa, rivestito com'era dei paramenti sacri. Allora fu condotta presso la bara una Figlia di Maria Ausiliatrice, invocante la grazia della vista. Si chiamava Adele Marchese. Dal settembre.del 1887 medici specialisti l'avevano dichiarata affetta da incurabile gutta serena. Arrivata appena in tempo, prese la mano del defunto, se l'accostò agli occhi e vide e continuò a vedere finchè visse. Presente al fatto si trovò anche uno dei tre signori cileni, di cui si è parlato nel capo quarantaquattresimo. La bara venne portata nella chiesa di Maria Ausiliatrice e posata sul catafalco eretto dinanzi alla balaustra. Fecero ala al suo passaggio per il cortile molti pellegrini francesi, svizzeri e olandesi diretti a Roma. Nell'interno del tempio lo spazio riservato al pubblico era già occupato da parecchie ore. Dal di fuori saliva il mormorio dell'ingente moltitudine affollata sulla piazza. Pontificò Monsignor Cagliero. Fu eseguita una Messa funebre da lui composta nel 1862. Il feretro si sarebbe dovuto chiudere e sigillare già prima che fosse recato nel santuario; ma il Municipio concesse di sospendere, perchè avessero la consolazione di vedere il volto del padre tanti Salesiani che stavano per giungere da lontano. La chiusura ufficiale fu fatta alle quattordici, presenti i Superiori del Capitolo e un centinaio fra Salesiani ed estranei. Verso le quindici si eseguì il trasporto. La città di Torino alla periferia appariva quasi deserta; formicolavano invece di gente le vie e i corsi nella regione di Valdocco. A memoria d'uomo non si ricordava un sì grande concorso di popolo per assistere alla sepoltura di un semplice prete. Il feretro veniva portato a spalla da otto sacerdoti salesiani. Mentre la testa del corteo, dopo lungo percorso, rimontava la gradinata del santuario, l'estremità opposta era uscita appena dalla via Cottolengo. La piazza e i due tratti di questa via rigurgitavano di popolo. Annottava. Nella chiesa entrarono solo le Figlie di Maria Ausiliatrice, il numerosissimo clero e le rappresentanze. Un fascio luminoso, erompendo dall'aperto portone, accolse il feretro, che avanzò in un mare di luce. Tre Vescovi lo precedevano, i Monsignori Cagliero, Leto e Bertagna. Questi impartì la rituale assoluzione. Il trasporto era riuscito così solenne e imponente, che lo si diceva non un rito funebre, ma un trionfo, un'apoteosi. “Nulla, depose Don Rua nei processi, nulla vi fu di artificioso per promuovere tale concorso; si mandò appena, nel po' di tempo che si potè avere, la lettera mortuaria ai Cooperatori più vicini, e tutti i giornali, senza esserne incaricati, diedero l'annunzio della morte”. In verità, per quanto si sapesse che Don Bosco era a Torino molto amato, nessuno dell'Oratorio si sarebbe aspettato dalla cittadinanza un concorso così mirabile per numero, per contegno e senza distinzione di classe. Il redattore capo della Défense di Parigi, che vi aveva assistito, disse che due cose gli avevano fatto maggior impressione in Italia, il giubileo papale a Roma e il funerale di Don Bosco a Torino; aver anzi in qualche cosa trovato più sorprendente il funerale di Don Bosco. Nel numero del 3 febbraio l'Unità Cattolica scrisse: “Il trasporto funebre di Don Bosco non è stato inferiore a quello d'un Sovrano”. Impartita che fu l'assoluzione alla salma e dato adito al pubblico, accadde lo spettacolo che si legge nelle vite dei Santi. Il popolo si precipitò sul feretro per toccarlo, per baciarlo, per portar via qualche minuscola parte di quanto vi stava deposto sopra. Alcune corone di fiori andarono in mille pezzi. Così sarebbe avvenuto anche del drappo funebre, delle insegne sacerdotali e della medesima cassa, se un forte nucleo di guardie civiche non avesse repressa in tempo e arrestata l'onda minacciosa. Dopochè la moltitudine sfollò e le porte si poterono chiudere, i Salesiani con piccolo accompagnamento riportarono la bara nella chiesa di S. Francesco, dove la tennero finchè non furono condotte a termine le pratiche per il suo definitivo collocamento. Di mano in mano che gli abitatori dell'Oratorio rimettevano piede in casa e levavano istintivamente lo sguardo alle camere di Don Bosco rischiarate da fioca luce, provavano per la prima volta la sensazione del grande vuoto prodotto in mezzo a loro dalla scomparsa dell'angelo tutelare del luogo. Ma ecco un fatto attestato da tutti e che ha del prodigio. Allorche' tutta la comunità fu riunita, una pace, una serenità, una misteriosa gioia sembrò aleggiare in ogni angolo e in ogni cuore. Quelli che poc'anzi avevano pianto, si sentivano così tranquilli come nei giorni belli, in cui Don Bosco viveva tra i suoi figli. In realtà Don Bosco era vivo e non lontano; egli era che diffondeva negli animi tanta quiete. Quasi a coronare la tranquillità dell'Oratorio, più che a porgere conforto nel duolo, giunse una lettera del Cardinale Rampolla, per la quale lo stesso Leone XIII, come si seppe da poi, aveva voluto dettare le espressioni più significative. Diceva fra l'altro: “La perdita del sacerdote Don Giovanni Bosco, che godeva la stima, l'affetto e l'ammirazione universale per le Opere di cristiana carità da lui fondate, per lo zelo onde erasi studiato mai sempre di promuovere il bene delle anime, e per quanto aveva egli fatto perchè il nome santissimo di Dio risuonasse e fosse venerato in ogni più remoto angolo della terra, la perdita di quest'Apostolo forma un vuoto, di cui si duole la Chiesa, e con essa debbono meritamente dolersene i suoi figli, che lo ebbero Padre affettuosissimo ed esempio di ogni più bella virtù. E posso io dire che sull'animo della Santità di Nostro Signore, il tristissimo caso ha prodotto una impressione tanto più dolorosa, quanto maggiori erano la benevolenza, che portava al benemerito sacerdote, e il pregio, nel quale ha sempre tenuto le sue Opere, feconde di santi e salutari frutti. E rivolgendosi alla misericordia e bontà divina, la prega di darne alla di lui anima benedetta largo premio nella celeste gloria”. Si può ben dire che ai tanti elogi funebri pronunciati poi in solenni uffici di trigesima, questa lettera del 2 febbraio aperse pontificalmente la serie.

Fonte: Sac. Eugenio Ceria, San Giovanni Bosco nella vita e nelle opere, Torino, 1937

Augustinus
31-01-07, 12:20
È ora che Lutero passi le Alpi?

di Angela Pellicciari

Vi fu un connubio evidente tra protestantesimo e Risorgimento italiano. Entrambi miravano alla distruzione della Chiesa e a strappare dal cuore della nostra gente la fede cattolica. Per portarlo ad abbracciare il credo di Lutero.

[Da «il Timone» n. 58, Dicembre 2006]

Per capire la stretta alleanza che si realizza in Italia durante il Risorgimento fra mondo protestante ed élite liberale, conviene partire da una lapidaria affermazione comparsa sulla Civiltà Cattolica nel 1856: «il protestantesimo non è altro che la molla della rivoluzione».
Che cosa intendeva dire la rivista dei gesuiti? Intendeva dire che da quando Lutero comincia la sua violenta opposizione contro Roma, i protestanti di tutto il mondo non fanno che combattere in ogni possibile modo, onesto e disonesto, la cultura e la civiltà cattoliche. Su tutti i fronti: politico, economico e sociale oltre che, ovviamente, religioso. I protestanti costituiscono, ha ragione la Civiltà Cattolica, la vera molla della rivoluzione.
L'odio diffuso a piene mani dalla Riforma contro la «rossa prostituta di Babilonia» (appellativo da Lutero rivolto a Roma), fa sì che i Savoia, trasformatisi in persecutori della Chiesa, trovino i più fedeli alleati fra anglicani, calvinisti e luterani, d'Europa e d'America.
Lo storico valdese Giorgio Spini ricostruisce il clima di aspettativa ed entusiasmo che accompagna, all'estero, il processo di unificazione italiana, in Risorgimento e protestanti del 1989. Spini cita l'affermazione della Christian Alliance americana del 1842: «In questo momento i destini di una grande parte della razza umana dipendono dalle condizioni dell'Italia. L'impero che il pontefice romano tiene nel mondo del pensiero e della fede è legato da intima fratellanza, offensiva e difensiva, con sistemi secolari di malgoverno. Una rivoluzione intellettuale e morale in Italia sarebbe sentita ovunque si estende l'influenza di Roma».
Nel 1847, ricorda lo storico, «l'Italia è già circondata da una sorta di assedio protestante, stesole attorno dall'episcopato anglicano, dal presbiterianismo scozzese e dall'evangelismo "libero" di Ginevra e Losanna, con un appoggio anche dal protestantesimo americano». Spini si pone una domanda che non è retorica: «Quanti sono in Torino, o nell'Italia in genere, tra il 1849 e il 1860, a domandarsi se proprio quel problema della riforma religiosa non stia diventando il problema capitale della situazione italiana?». Sta di fatto che il conte di Cavour farà un esplicito, ripetuto e convinto affidamento sui sentimenti anticattolici della classe dirigente inglese, fiduciosa «che la politica ecclesiastica del Piemonte sia l'inizio di una Riforma analoga a quella dei sec. XVI», per dirla con Spini.
Si capisce con facilità che il Risorgimento in funzione anticattolica fosse accolto a braccia aperte dai protestanti di tutto il mondo. Si capisce meno l'aperta simpatia filo-protestante dei liberali italiani - molti dei quali hanno poco a che spartire con un genuino interesse religioso - ripetutamente manifestata su giornali, riviste ed opuscoli, e nelle stesse aule del Parlamento subalpino. Riteniamo che la motivazione dell'atteggiamento liberale vada ricercata nelle ricadute politiche ed economico-sociali che la Riforma porta con sé.
Dal punto di vista politico, dopo Lutero, potere temporale e potere spirituale vengono a coincidere. Lutero teorizza una perfetta democrazia all'interno della Chiesa: tutti sullo stesso piano, tutti ugualmente investiti dallo Spirito di Dio dal momento che il Magistero pontificio, espressione di un intollerabile sopruso, è soppresso. A questa perfetta uguaglianza sul piano spirituale corrisponde un'enorme disuguaglianza su quello temporale: è al principe, eletto dal Signore, che spetta la conservazione dell'ordine tanto nella Chiesa quanto nella società civile; è al principe che compete la vigilanza sul costume dei fedeli; è ancora al principe che spetta la nomina di pastori e visitatori. Il protestantesimo investe il principe di un potere assoluto. Evidente l'attenzione per il protestantesimo da parte dell'élite liberale: questa si ritiene investita del sacro compito di realizzare in Italia una riforma morale che coincide con la scomparsa del cattolicesimo, ma ha a che fare con una popolazione tutta cattolica. Per tradurre in pratica il proprio disegno, i rivoluzionari italiani hanno bisogno di uno Stato dai poteri veramente esorbitanti. Oltre all'aspetto politico, c'è un altro concretissimo interesse che sospinge i liberali verso il protestantesimo: le rivoluzionarie implicazioni socio-economiche della Riforma. Azzerando la gerarchia e gli ordini religiosi, le grandi proprietà che questi possiedono - frutto, vale la pena di ricordarlo, delle donazioni fatte dagli italiani alla loro Chiesa nel corso dei secoli - perdono i legittimi proprietari. Vescovi, parroci ed ordini religiosi, non essendo più ritenuti soggetti di diritto, perdono la personalità giuridica. Con la conseguenza che tutti i beni della Chiesa, divenuti beni di nessuno, vengono messi sul mercato a disposizione dei migliore offerente.
Grazie al Risorgimento, tutti i beni degli ordini religiosi sono caduti in mano all'uno per cento della popolazione, di fede liberale. I ripetuti, ingenti e costosi tentativi di protestantizzare l'Italia sono però caduti nel vuoto: troppo radicato si è rivelato l'attaccamento della popolazione al cattolicesimo.
Nel 1860, in La politica e il diritto cristiano, lo riconosce con molta lucidità Massimo D'Azeglio. Alcuni sperano di rendere l'Italia protestante?, si domanda il marchese. «No! Rinunziate ad un pensiero che era per voi una speranza. Le moltitudini in Italia o saranno cattoliche o nulla. Tutti gli sforzi delle società bibliche e dei missionari non riusciranno a sostituire un'altra credenza a quella che ha nutrito le nostre generazioni, che ha dato all'Italia le sue arti, le sue costumanze, tutta la sua vita sociale; si può di qua dalle Alpi giungere a una dissoluzione delle idee religiose, ad una decomposizione morale, ad un niente [...] si può corrompere, viziare, dissolvere [...] ma sostituire al cattolicesimo il protestantesimo, giammai!». Buon profeta, D'Azeglio. Rimane da domandarsi se col niente e la decomposizione morale seguita alla scomparsa del cattolicesimo, se con l'apostasia dalla religione nazionale, gli italiani abbiano fatto un buon affare.
Con tutto ciò la nostra élite cultural-politica continua a credere (o a far finta di credere), che i mali dell'Italia derivino dalla sua mancata Riforma. È di qualche mese fa una sibillina frase del governatore del Piemonte, la diessina Mercedes Bresso: «Se mai decidessi di convertirmi, ma lo escludo, non abbraccerei certo la religione cattolica. Diventerei valdese».
La nostra classe dirigente disprezza le masse cattoliche. E vuole che, una buona volta, i cattolici si mettano da parte e la smettano di intralciare il progresso che avanza. Che lascino tranquilli i governanti: loro sì che sanno cosa si deve fare. Va avanti così da quasi due secoli. Anche se ai nostri giorni, con la crisi di fede che il mondo protestante attraversa, è più un riflesso condizionato che vera propaganda filoriformata.

Fonte: Contro la leggenda nera (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=1726)

Augustinus
31-01-07, 12:22
Uniti per scristianizzare l’Italia

di Angela Pellicciari

Il Regno di Sardegna dichiarò il cattolicesimo religione di Stato ma era retto da nemici della Chiesa.

[Da "La Padania", 6 settembre 2001]

Importante è che l’arcano non sia svelato. Perché il progetto del Risorgimento vada in porto è fondamentale che i liberal-massoni che reggono le sorti del Regno di Sardegna non vengano riconosciuti per quello che sono. Altrimenti la pretesa di costruire uno stato liberale e costituzionale -essendo tutta la popolazione cattolica - va a farsi benedire. Il primo articolo dello Statuto dichiara la religione cattolica ‘unica religione di stato’? I liberali sono costretti a sbandierare ai quattro venti la propria incrollabile fede cattolica. La propaganda liberale definisce il regno di Sardegna l’unico moralmente degno di unificare l’Italia perché costituzionale? Il disprezzo per la quasi totalità della popolazione e le sue tradizioni va accuratamente celato.

Come reagisce la Chiesa, e per lei il papa, a questo lucido disegno di scristianizzare l’Italia? La maggiore preoccupazione di Pio IX è che i cattolici conoscano la verità e non cadano nell’insidiosa e martellante propaganda liberale. Per mettere in guardia i fedeli contro le menzogne del governo subalpino, il 22 gennaio 1855 Mastai Ferretti rende pubblici i documenti che mostrano l’effettivo stato delle relazioni diplomatiche fra Santa Sede e Regno di Sardegna a partire dal 1847. Il governo di Vittorio Emanuele sostiene di operare nella ricerca di un sincero accordo col papa: non è vero, scrive Pio IX. Come risulta in modo inoppugnabile dai documenti, la diplomazia sabauda si muove all’insegna della più radicale doppiezza; la falsificazione sistematica della posizione del pontefice è la sua arma preferita; il governo di Vittorio Emanuele manifesta solo un’esplicita e reiterata volontà di rottura. In chiusura del suo intervento il papa ricorda che la scomunica è l’inevitabile conseguenza della soppressione degli ordini religiosi che il regno sardo si accinge a sanzionare.

Il governo subalpino, che pur si definisce liberale, reagisce alla pubblicazione dei documenti gridando allo scandalo ed accusando il papa di confusione mentale. E’ quanto fa Carlo Cadorna, il difensore del principio del separatismo. Il papa, afferma Cadorna, fa ‘confusione’ e si espone ad ‘assurde conseguenze’. A parere del deputato ‘una prova evidente e recentissima delle assurde conseguenze del sistema della confusione dei poteri noi l’avevamo nei documenti che furono pubblicati per cura della Corte di Roma’: Cadorna ritiene di giudicare i fatti con più lucidità ed equanimità del papa, e pensa che quando Pio IX minaccia la scomunica sia in errore.

Il deputato è convinto di valutare l’appartenenza alla Chiesa cattolica meglio di Pio IX: ‘Dovetti quindi interrogare su di ciò la mia sola ragione. Ed essendo appunto venuto a confermarmi nella già antica mia convinzione, che gli oggetti di questa legge sono assolutamente estranei ad ogni ingerenza del potere ecclesiastico, ne ho dovuto necessariamente inferire che i fulmini della Chiesa non potevano farmi cessare d’essere né credente né cattolico’.

Il guardasigilli e ministro del culto Urbano Rattazzi condivide il parere del collega: ‘Se le censure- sostiene - avessero per fine la tutela dei beni spirituali, della giurisdizione spirituale della Chiesa, io non esiterei dall’invitarvi a dichiararvi affatto incompetenti ed a sottomettervi. Ma, siccome queste censure non hanno per iscopo che di mantenere certe temporalità, di assicurare alla Chiesa certi beni che la Corte di Roma stessa ed i nostri pastori dichiarano temporali, sui quali la potestà civile, ad esclusione di ogni altra, ha competenza [...] vi propongo di procedere oltre risolutamente e di votare il progetto di legge’.

Le motivazioni addotte da Cadorna e Rattazzi in parlamento sono alla lettera le stesse utilizzate dalla massoneria per negare alla Santa Sede il diritto di scomunicarla. Nell’opuscolo La Frammassoneria in dieci domande e risposte, pubblicato a Genova nel 1867, si legge: ‘I cattolici-romani non sono tenuti ad obbedire agli ordini del Pontefice, come Capo della Chiesa, se non nelle materie puramente ecclesiastiche, o di giurisdizione spirituale. Ora, l’Associazione Massonica non essendo ecclesiastica, né occupandosi menomamente di Religione, egli è evidente che nell’emanare un ordine a suo riguardo, i Papi oltrepassarono i limiti della loro giurisdizione’.

Dopo l’approvazione della legge contro i conventi, il 26 luglio 1855, tutti coloro che insieme col re l’hanno proposta, sostenuta e sanzionata, sono colpiti dalla scomunica maggiore. Il papa non può far altro che rendere pubblico lo stato dei fatti: il Regno di Sardegna, che dichiara il cattolicesimo religione di Stato, è retto da nemici della Chiesa. Per tutta risposta il governo Cavour impedisce la pubblicazione delle encicliche pontificie. Nonostante l’articolo 28 dello Statuto tuteli la libertà di stampa. In parlamento e fuori del parlamento i liberali scomunicati continuano a fare pubblica professione di fede cattolica: cosa il papa pensa dei liberali che si definiscono cattolici non si deve sapere.

La Padania - 6 settembre 2001

Fonte: Contro la leggenda nera (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=352)

Augustinus
31-01-07, 12:23
E il Parlamento si schierò contro la Chiesa

di Angela Pellicciari

È del 1855 la proposta di legge per la soppressione degli ordini contemplativi.

[Da "La Padania", 29 agosto 2001]

La proposta di legge di Cavour e Rattazzi per la soppressione degli ordini contemplativi e mendicanti è esaminata da una Commissione parlamentare le cui conclusioni sono esposte alla Camera dal relatore Carlo Cadorna. Il momento è delicatissimo perché il Parlamento subalpino sta per scatenare quella durissima persecuzione contro la Chiesa cattolica che gli consentirà di trasformare il Regno di Sardegna in Regno d’Italia.

Il 20 febbraio 1855, dunque, il lunghissimo intervento del relatore Cadorna è seguito con grandissimo interesse e la sua conclusione è accolta da un coro scrosciante di applausi liberatori. Cadorna ha infatti dimostrato come sia legittimo, corretto ed auspicabile che, nel nome della costituzione, si violi il primo articolo della medesima (quello che definisce "unica religione di stato" la religione cattolica). Come fa il relatore a mettere d’accordo il diavolo e l’acqua santa? Stabilendo i seguenti principi.

Primo: lo stato è nel suo pieno diritto quando sopprime una comunità religiosa perché questa è una sua creatura: la comunità religiosa - questo il pensiero della maggioranza liberale - è creata dallo stato che la dota di personalità giuridica. Lo stato crea, lo stato può distruggere quanto ha creato.

Secondo: introducendo il principio del separatismo. È volontà di Dio - questa l’argomentazione di Cadorna - che al potere spirituale spetti la giurisdizione sulla parte più nobile dell’uomo: sull’anima. Alla chiesa compete autorità sui "pensieri, le aspirazioni, le credenze". Al potere temporale, viceversa, appartiene la giurisdizione sulla parte dell’uomo esterna e visibile: "la potestà civile è necessariamente, ed essa sola, competente sopra i beni temporali e materiali". Senza paura di sbagliare possiamo riassumere il pensiero di Cadorna nei seguenti termini: tutto quello che si vede cade sotto il potere temporale e quindi dello stato; tutto quello che non si vede cade sotto la giurisdizione del potere spirituale e quindi della Chiesa. Definite così le rispettive zone di influenza è chiaro, a parere del deputato, che i beni della Chiesa "non divengono spirituali per ciò solo, che sono destinati al culto". È chiaro altresì che lo stato può a buon diritto disporre a piacimento dei beni della chiesa.

Siamo nel 1855 e la Commissione di cui Cadorna è relatore tiene a sottolineare la propria moderazione giuridica: non sviluppa fino in fondo tutte le conseguenze che si possono trarre dai principi stabiliti. La Commissione ha perfettamente ragione: è infatti ovvio che dall’enunciazione dei principi che fa propri, deriva la liceità per lo stato di sopprimere non solo gli ordini contemplativi e mendicanti, ma tutti gli ordini religiosi. È altresì evidente che non solo i beni degli ordini religiosi possono venire incamerati, ma anche quelli di parroci e vescovi. È chiaro soprattutto che se non appartengono alla Chiesa, perché non sono spirituali, i beni materiali degli ordini religiosi (le case e gli oggetti di proprietà di monaci e frati), a maggior ragione il Papa non può rivendicare alcun legittimo possesso di un intero, materialissimo, stato.

Perché allora i governanti sardi agiscono, come sottolineano, con moderazione e non tirano tutte le conseguenze da principi giuridici così ben stabiliti? Perché hanno paura della reazione popolare. Ad ammetterlo è lo stesso Boncompagni, presidente della Camera, quando apre la discussione sul progetto di legge. "Io avrei voluto che lo stato mettesse fin d’ora la mano sopra tutti i beni ecclesiastici"; purtroppo non è possibile per il momento - sostiene - perché "voi non potreste privare i parroci senza cozzare vivamente colle abitudini, colle affezioni della nostra popolazione".

Fin dall’inizio del processo denominato "Risorgimento" il programma politico liberale è perfettamente delineato. Si tratta di far pagare alla chiesa, e cioè a tutta la popolazione, il costo dell’operazione che porterà Vittorio Emanuele a regnare sulla penisola italiana. Si tratta anche di procedere con cautela perché gli italiani sono, sì, destinati ad essere emancipati dalla propria fede ma per il momento sono ancora tutti cattolici. La persecuzione anticattolica va quindi anzitutto negata, poi attuata con cautela e poco per volta.

Nella lotta contro gli ordini religiosi, Cadorna - e con lui tutta la maggioranza liberale - enunciano il principio dell’onnipotenza dello stato. Il totalitarismo in Italia non inizia col fascismo: Mussolini non è il primo fautore dello stato etico.

Fonte: Contro la leggenda nera (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=349)

Augustinus
31-01-07, 12:24
Le mani di Cavour sugli Ordini

di Angela Pellicciari

Monache e francescani furono giudicati "inutili, quindi dannosi" da Rattazzi.

[Da "La Padania", 25 agosto 2001]

Nel 1854 il governo del connubio Cavour-Rattazzi presenta in Parlamento un progetto di legge per la soppressione degli ordini religiosi contemplativi e mendicanti: il provvedimento riguarda 3.733 uomini e 1.756 donne, complessivamente 5.489 persone.

Il govreno Cavour decide di farla finita con alcuni degli ordini religiosi più rappresentativi della Chiesa cattolica: francescani, domenicani e monache di clausura. Perché? Perché - questa la strabiliante ragione addotta dal Guardasigilli e ministro del Culto, Urbano Rattazzi - "sono inutili e quindi dannosi". Deputati e senatori cattolici insorgono: con simili argomentazioni chi potrà più stare tranquillo? Chi ci assicura che, continuando per la stessa strada, non vengano considerate inutili e quindi "dannose" altre normali occupazioni civili? Se passa una legge simile - obiettano - chi potrà più arginare il totalitarismo di marca liberale?

All’opposizione cattolica risponde il presidente del Consiglio, onorevole Cavour. Nei suoi interventi in Parlamento il conte si propone di "dimostrare" che gli ordini religiosi non sono solo inutili - come sostiene Rattazzi - ma sono anche dannosi: la loro soppressione è quindi perfettamente legittima, per non dire doverosa. A cosa sono dannosi gli ordini religiosi? Al progresso. Proprio così, afferma Cavour. Bisogna ammettere che l’asserita "scientificità" dell’argomentazione del presidente non è meno fantasiosa dell’allegra noncuranza del Guardasigilli Rattazzi. Seguiamo il ragionamento di Cavour: "La società attuale ha per base economica il lavoro, laddove la società, in mezzo alla quale sorsero quegli ordini, riposava sulla base delle conquiste, della forza, della guerra. Nei tempi, nelle condizioni presenti nessuna società civile può prosperare, può mantenersi nello Stato, se non dà opera a favorire lo sviluppo del lavoro, a renderlo più efficace, a renderlo stimato e rispettato. Ora, o signori, gli ordini puramente contemplativi, come gli ordini mendicanti, si trovano in opposizione diretta contro questo principio sopra il quale riposa la società moderna".

Monaci e frati rifiutano di mettere la ricchezza al primo posto? Si sottraggono ostinatamente al lavoro che non produce ricchezza? E noi li sopprimiamo. La logica di Cavour non fa una grinza. Dopo aver matematicamente dimostrato - così ritiene - che gli ordini religiosi della "Chiesa di stato" sono dannosi al progresso economico, sociale e culturale, il conte si cimenta in un compito davvero improbo: pretende di dimostrare che francescani e domenicani sono nocivi allo stesso progresso religioso. Che monache e frati sono nocivi alla Chiesa cattolica cui appartengono. Ecco le incredibili parole del presidente del Consiglio: "Forse taluno mi dirà che se queste istituzioni non sono utili alla società civile, e quand’anche fossero per alcun che alla medisima dannose, riescono però utili e necessarie alla società religiosa". Falso, afferma, e "stimo di poterlo dimostrare".

Ecco la dimostrazione: "Un gran fatto si è compiuto in Europa in questi ultimi anni, fatto che viene ricordato con giusta soddisfazione da tutti coloro che hanno a cuore gl’interessi della religione. Si è manifestato in molte parti d’Europa sopra una grande scala una reazione religiosa, un ritorno all’idea verso i principii e le dottrine religiose". Ebbene, si domanda il conte, "dove si è manifestato con maggiore intensità? Dove questo ritorno degli spiriti e delle classi illuminate verso i principii e le idee religiose si è verificato? Forse in paesi in cui abbondino gli ordini religiosi, figli del medio evo? No certamente". Un gran ritorno, un rifiorire della religione non si è manifestato né in Spagna, né nello stato della Chiesa: si è manifestato invece in Germania, nel "Belgio liberale", nella "Francia illuminata" e nella "libera Inghilterra, là dove le antiche corporazioni religiose, figlie del medio evo, sono quasi interamente scomparse". La carta geografica dei territori in cui Cavour stima che la "idea" religiosa sia tenuta in maggiore considerazione coincide con quella dei paesi retti da governi protestanti, liberali e massonici.

Con le sue affermazioni Cavour "dimostra" di che natura siano le proprie convinzioni civili e religiose: secondo lui le cose vanno molto meglio nei paesi protestanti e massonici che in quelli cattolici. Davvero non c’è male per un presidente del Consiglio di uno stato ufficialmente costituzionale in cui la religione di tutta la popolazione, il cattolicesimo, è addirittura definita "unica religione di stato".

Fonte: Contro la leggenda nera (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=348)

Augustinus
31-01-07, 12:26
La guerra alle Dame del Sacro Cuore di Gesù

di Angela Pellicciari

Nella lotta alla potente Compagnia il Parlamento del ‘48 non risparmia neanche le suore.

[Da "La Padania", 15 agosto 2001]

Stato federale o stato centralizzato? Un dibattito che ha appassionato per più di un secolo la nostra storiografia nazionale, potrebbe avere un contributo decisivo dall’analisi delle discussioni del parlamento subalpino relative alla soppressione delle Dame del Sacro Cuore di Gesù.

Andiamo con ordine. La lotta contro gli ordini religiosi cominciata coi Gesuiti segue il suo corso naturale. Se i Gesuiti sono appestati e quindi contagiosi, è inevitabile che si ammalino di peste anche quanti vengono a contatto con loro. Nelle intenzioni degli illuminati liberali il piano è coerente: con la scusa del contagio tutti gli ordini religiosi della Chiesa cattolica (pur definita dallo Statuto albertino "unica religione di stato") possono venire aboliti uno dopo l’altro in un domino inarrestabile. In questo contesto un rilievo tutto particolare - anche per l’importanza della discussione che occupa il parlamento per tre mesi di fila - assume il caso delle Dame del Sacro Cuore di Gesù, definite "gesuitesse". Si tratta di una ventina di suore che a Chambéry reggono una scuola prestigiosa, accusate di "affiliazione gesuitica". Per farsi un’idea della serietà delle imputazioni addotte contro le suore basti citare un brano dell’intervento del loro principale accusatore, l’avvocato Cesare Dalmazzi. "È ben noto - afferma Dalmazzi - che queste Dame, giustamente chiamate gesuitesse, sono dirette dallo stesso principio [dei gesuiti], che ne sono totalmente dipendenti, e che per loro mezzo s’infondono nel cuore delle alunne sentimenti politici e pratiche religiose che non vanno d’accordo con quelli che debbono dominare in un generoso sistema di educazione. La tolleranza loro non è cosa che debba essere approvata dalla Camera. Se si lascia la male sequenza gesuitica in un luogo dello Stato, essa si spanderà presto come la gramigna nel rimanente del paese".

Nel 1848 un capo d’accusa come questo equivale alla sicura emissione di una condanna a morte. E infatti i parlamentari votano per la soppressione dell’ordine incriminato. Se non che le suore di Chambéry hanno dalla loro tutta la popolazione - liberali compresi - e i deputati savoiardi difendono in parlamento la presenza delle suore a casa loro con argomenti che paiono incontrovertibili.

Come si può sostenere di volere la libertà mentre la si nega ad "una ventina di suore"? Afferma Jacquemoud. Vogliamo forse la libertà solo per noi stessi e per le nostre idee senza rispettare quelle degli altri? Si domanda Costa de Beauregard. E soprattutto, continua, "Perché rifiutare alla Savoia la capacità di apprezzare quello che le conviene?"; "I savoiardi sono convinti di avere abbastanza discernimento per decidere cosa convenga loro" osserva Jacquemoud. Esasperati dalla sordità della maggioranza alle ragioni della regione che rappresentano, i deputati savoiardi invocano una consultazione popolare.

La proposta sembra ineccepibile ma non viene nemmeno presa in considerazione. Perché? Perché, come ricorda il ministro della pubblica istruzione, Carlo Boncompagni, "dalle informazioni che ci mandano le autorità preposte all’insegnamento in Savoia consta che veramente queste corporazioni hanno per sé l’opinione pubblica; abbiamo su questo informazioni di persone diverse di diverse opinioni".

Con quali motivazioni la maggioranza piemontese può ignorare le sacrosante proteste (suffragate fra l’altro da petizioni sottoscritte da moltissime persone, comprese tutte quelle che contano) di un’intera regione che difende un bene primario come l’istruzione? I deputati sostengono che si tratta di una questione di principio, tale quindi da non poter transigere al riguardo. La questione di principio - che la popolazione della Savoia non capisce ma che è perfettamente chiara all’uno per cento della popolazione di fede liberale - è che i gesuiti, e quindi le Dame, debbono essere soppressi perché altrimenti non è possibile che si sviluppino i "principi liberali".

Qualche anno dopo sarà sempre la stessa motivazione a imporre la costituzione di uno stato centralizzato. Lasciati a sé stessi, gli italiani non avrebbero capito la pericolosità degli ordini religiosi della Chiesa cattolica. Lasciati a sé stessi e alle proprie "superstizioni", gli italiani avrebbero continuato ad essere cattolici. Si trattava di convincere la popolazione a cambiare cultura, tradizioni e religione. L’immane compito che la classe liberale si attribuiva non poteva essere conseguito senza la ferrea imposizione di uno stato rigidamente centralizzato.

Fonte: Contro la leggenda nera (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=344)

Augustinus
31-01-07, 12:30
Quando i Gesuiti erano odiati come i tiranni

di Angela Pellicciari

Dal 1848 inizia la guerra del Parlamento subalpino alla potente Compagnia.

[Da "La Padania", 12 agosto 2001]

Con la proclamazione dello Statuto albertino il 4 marzo 1848 comincia, in Piemonte, il regno dell’uguaglianza, del diritto e della libertà. Fatto sta che mentre il primo articolo dello Statuto definisce la "Chiesa cattolica apostolica e romana la sola religione di stato", il Parlamento subalpino scatena una guerra senza frontiere contro la Compagnia di Gesù. Come se i gesuiti non fossero tutti cattolici, apostolici e romani.

Per capire questa vistosa incongruenza bisogna tenere presente che la guerra scatenata dal mondo protestante e massonico contro la chiesa cattolica ha nei gesuiti l’avversario principale e più temibile. Per combattere l’eccellenza dei gesuiti (nati proprio per contrastare la riforma protestante) la calunnia è sempre sembrata l’arma più appropriata. Nel 1614 vengono stampati a Cracovia i "Monita privata Societatis Jesus": supposte istruzioni segrete, radicalmente false, che i gesuiti avrebbero seguito per conquistare non il mondo a Cristo, ma il potere alla Compagnia. Da allora i gesuiti (salvo curiosamente negli ultimi decenni) non c’è mai stata tregua. Interessante da questo punto di vista la lettera che il generale dell’ordine, padre Giovanni Roothaan, invia il 25 agosto del 1850 all’imperatore Francesco Giuseppe per spiegargli l’origine dell’odio che circonda la Compagnia. Secondo padre Roothaan la macchinazione parte da quella che definisce una "empia setta": "per riuscire nei suoi disegni disastrosi, l’empia setta, alla quale è stato dato di prevalere un istante, si è sforzata soprattutto di combattere e di distruggere i sentimenti religiosi nei paesi cattolici, e a questo fine essa ha attaccato in primo luogo gli ordini religiosi, nella cui esistenza essa individuava un ostacolo alle sue mire. Ma tra tutti gli ordini religiosi quello che più eccitava il suo furore, quello di cui essa si sforzò con ogni mezzo di rendere financo il nome odioso a tutte le classi della società, è notoriamente la Compagnia di Gesù".

I liberali italiani si inseriscono questo filone collaudato che si accanisce contro i gesuiti per colpire la Chiesa. Le istruzioni di Mazzini al riguardo sono precise. Bisogna sfruttare al massimo la potenza delle parole: "Vi sono parole generatrici che contengono tutto - scrive l’avvocato genovese - e che devono ripetersi al popolo: libertà, diritti dell’uomo, progresso, eguaglianza, fratellanza; ecco quello che il popolo comprenderà, soprattutto quando vi si contrapporranno le parole di dispotismo, di privilegi, di tirannia, di schiavitù".

Chi è più dispotico, chi più tiranno dei gesuiti? "La potenza clericale - continua - è personificata nei Gesuiti; l’odioso di questo nome è una potenza pei socialisti".

E così, mentre l’esercito combatte una guerra rovinosa contro l’Austria, il Parlamento subalpino passa il tempo ad accumulare "prove"contro i figli di Sant’Ignazio. Definiti i gesuiti "lue", "peste", "vespe", "setta fatale", deputati e senatori sanzionano la soppressione della Compagnia, espropriano tutti i beni dell’ordine e costringono i padri al domicilio coatto non perché rei di qualche colpa ma perché membri di un ordine religioso considerato pericoloso per la libertà.

Perseguitati, cacciati dalle proprie case, espropriati di tutto, i gesuiti non possono nemmeno difendersi dalle calunnie lanciate dalla stampa ufficiale perché i giornali governativi non pubblicano le smentite. Ecco cosa scrive il 25 gennaio 1848 a Carlo Alberto il provinciale dei gesuiti piemontesi padre Francesco Pellico: "Era sapientemente dichiarato da V.[ostra] M.[aestà] nella nuova legge sulla stampa che dovesse rimaner inviolato l’onore delle persone e dei ministri della Chiesa. Ma pare che nell’avvilire e calunniare i Gesuiti non si tema di trasgredire la legge". I padri sono "esposti per la sola qualità di Gesuiti al pubblico odio o alla diffidenza e al dispregio. Intanto però i giornali e i libelli che ci fanno la guerra, approvati in ciò dalla censura, hanno diritto di rifiutare le nostre smentite; né tuttavia abbiamo noi un altro organo imparziale da stamparle con uguale pubblicità, se pure non ci venga concesso di farlo per via della gazzetta del Governo".

I Savoia e i liberali violano uno dopo l’altro tutti i principali articoli dello Statuto, compreso l’articolo 28 che tutela la libertà di stampa: "La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi".

Fonte: Contro la leggenda nera (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=343)

Augustinus
31-01-07, 12:31
D’Azeglio, cospiratore per noia

di Angela Pellicciari

Nei suoi Ricordi l’agente della massoneria confessa le sue vere motivazioni.

[Da "La Padania", 8 agosto 2001]

"Re galantuomo", "l’Italia è fatta, si tratta di fare gli italiani". Queste parole d’ordine, questi motti incisivi, perfetti dal punto di vista della propaganda, sono il frutto di un’intelligenza brillante e di una fantasia disinvolta: quelle del cavaliere Massimo D’Azeglio, uno dei principali protagonisti dell’epopea del nostro risorgimento nazionale.

Pittore, romanziere, genero di Manzoni, membro della migliore aristocrazia piemontese, amico di tutti i massimi governanti d’Europa, Massimo D’Azeglio è l’uomo che può riuscire dove altri hanno fallito. Così pensa la massoneria. Dopo i disastrosi tentativi insurrezionali di carbonari e mazziniani, si impone un cambiamento di strategia: bisogna puntare su un uomo moderato, ufficialmente conosciuto come cattolico, che dia alla strategia rivoluzionaria un’apparenza di riformismo e, sotto questo camuffamento, riesca dove tutti gli altri hanno fallito.

Narcisista come pochi, è lo stesso D’Azeglio a raccontare l’episodio del suo incontro romano col "settario" Filippo. Il compito che la massoneria affida a D’Azeglio non è semplice. Si tratta di convincere l’antico cospiratore Carlo Alberto a farsi promotore della lotta per la libertà e l’indipendenza della penisola e si tratta anche di convincere i vari "fratelli" sparsi per l’Italia centro-settentrionale a fidarsi di lui. Il problema è serio perché già una volta (in occasione dei moti del 1821) Carlo Alberto in un primo momento aderisce alla cospirazione ma poi si tira indietro e tradisce. D’Azeglio svolge brillantemente il compito affidatogli. La motivazione utilizzata per convincere i "fratelli" è davvero azzeccata: quando il ladro ruba per sé, si può star certi che faccia sul serio. Bisogna aver fiducia in Carlo Alberto, sostiene. Capeggiare la rivoluzione italiana è nel suo interesse perché alla fine dell’impresa avrà un regno immensamente più grande e prestigioso. D’Azeglio inizia così quella che con brillante giro di parole battezza "congiura all’aria aperta". La congiura, dopo tanto sangue sparso inutilmente, invece delle armi si serve della penna. L’arma prescelta, la penna della pubblicistica e della propaganda, è puntata contro l’Austria e contro lo Stato pontificio, accusati di essere la quintessenza dell’oppressione liberticida e del malgoverno.

È davvero tanto insopportabile la vita negli Stati preunitari? A tener conto di come la descrive lo stesso D’Azeglio ne I miei ricordi non sembrerebbe. "Qual è l’opinione - scrive - l’idea, il pensiero che non si possa dire o stampare oggi in Italia, e sul quale non si possa discutere e deliberare? Qual è l’assurdità o la buffonata, o la scioccheria che non si possa esporre al rispettabile pubblico in una sala o su un palco scenico di qualche teatrino (pur di pagar la pigione s’intende) col suo accompagnamento di campanello, presidente, vice presidente, oratori, seggioloni, candelieri di plaquè, lumi, ecc. ecc.? Basta andar d’accordo col codice civile e criminale; del resto potete a piacimento radunarvi, metter fuori teorie politiche, teologiche, sociali, artistiche, letterarie, chi vi dice niente?".

Il torinese D’Azeglio, per di più, non sopporta la tetraggine bacchettona della Torino sabauda: "Ed io, un odiatore di professione dello straniero, lo dico colla confusione più profonda, se volevo tirar il fiato, bisognava tornassi a Milano". E allora perché? Perché D’Azeglio si impegna con tanta tenacia nella "congiura" all’aria aperta? Perché tanta fatica spesa per organizzare una campagna di disinformazione e di odio contro il papa e contro l’imperatore austriaco? Per vincere la depressione. Questa la candida ammissione del cavalier D’Azeglio: "Per aver modo di passar la malinconia - scrive ne I miei ricordi -, e finalmente il mio gusto per la vita d’avventure e d’azione".

Alle motivazioni ufficiali che nel 1861 rendono possibile la nascita del Regno d’Italia - oltre all’unità, alla libertà e all’indipendenza per intenderci - ce n’è un’altra da non sottovalutare: la noia.

Fonte: Contro la leggenda nera (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=341)

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/80/Francesco_Hayez_048.jpg Francesco Hayez, Ritratto del marchese Massimo D'Azeglio, 1860, Pinacoteca di Brera, Milano

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/52/Adolphe_Eug%C3%A8ne_Disderi_%281819_-_1890%29%2C_Massimo_d%27Azeglio.jpg Adolphe Eugène Disderi, Marchese Massimo D'Azeglio (che ha ispirato il quadro di Hayez), XIX sec.

http://www.regione.piemonte.it/cultura/risorgimento/imm/00910.jpg Francesco Gonin, Marchese Massimo D'Azeglio, XIX sec., Museo Nazionale del Risorgimento italiano, Torino

Augustinus
31-01-08, 09:34
St. Giovanni Melchior Bosco

(Or St. John Bosco; Don Bosco)

Founder of the Salesian Society. Born of poor parents in a little cabin at Becchi, a hill-side hamlet near Castelnuovo, Piedmont, Italy, 16 August, 1815; died 31 January 1888; declared Venerable by Pius X, 21 July, 1907. [Note: Pope Pius XI beatified him in 1929 and canonized him in 1934].

When he was little more than two years old his father died, leaving the support of three boys to the mother, Margaret Bosco. John's early years were spent as a shepherd and he received his first instruction at the hands of the parish priest. He possessed a ready wit, a retentive memory, and as years passed his appetite for study grew stronger. Owing to the poverty of the home, however, he was often obliged to turn from his books to the field, but the desire of what he had to give up never left him. In 1835 he entered the seminary at Chieri and after six years of study was ordained priest on the eve of Trinity Sunday by Archbishop Franzoni of Turin.

Leaving the seminary, Don Bosco went to Turin where he entered zealously upon his priestly labours. It was here that an incident occurred which opened up to him the real field of effort of his afterlife. One of his duties was to accompany Don Cafasso upon his visits to the prisons of the city, and the condition of the children confined in these places, abandoned to the most evil influences, and with little before them but the gallows, made such a indelible impression upon his mind that he resolved to devote his life to the rescue of these unfortunate outcasts. On the eighth of December, 1841, the feast of the Immaculate Conception, while Don Bosco was vesting for Mass, the sacristan drove from the Church a ragged urchin because he refused to serve Mass. Don Bosco heard his cries and recalled him, and in the friendship which sprang up between the priest and Bartolomeo Garelli was sown the first seed of the "Oratory", so called, no doubt, after the example of St. Philip Neri and because prayer was its prominent feature. Don Bosco entered eagerly upon the task of instructing this first pupil of the streets; companions soon joined Bartolomeo, all drawn by a kindness they had never known, and in February, 1842, the Oratory numbered twenty boys, in March of the same year, thirty, and in March, 1846, four hundred.

As the number of boys increased, the question of a suitable meeting-place presented itself. In good weather walks were taken on Sundays and holidays to spots in the country about Turin where lunch was eaten, and realizing the charm which music held for the untamed spirits of his disciples Don Bosco organized a band for which some old brass instruments were procured. In the autumn of 1844 he was appointed assistant chaplain to the Rifugio, where Don Borel entered enthusiastically into his work. With the approval of Archbishop Franzoni, two rooms were secured adjoining the Rifugio and converted into a chapel, which was dedicated to St. Francis de Sales. The members of the Oratory now gathered at the Rifugio, and numbers of boys from the surrounding district applied for admission. It was about this time (1845) that Don Bosco began his night schools and with the closing of the factories the boys flocked to his rooms where he and Don Borel instructed them in rudimentary branches.

The success of the Oratory at the Rifugio was not of long duration. To his great distress Don Bosco was obliged to give up his rooms and from this on he was subjected to petty annoyances and obstacles which, at times, seemed to spell the ruin of his undertaking. His perseverance in the face of all difficulties led many to the conclusion that he was insane, and an attempt was even made to confine him in an asylum. Complaints were lodged against him, declaring his community to be a nuisance, owing to the character of the boys he befriended. From the Rifugio the Oratory was moved to St. Martin's, to St. Peter's Churchyard, to three rooms in Via Cottolengo, where the night schools were resumed, to an open field, and finally to a rough shed upon the site of which grew up an Oratory that counted seven hundred members. Don Bosco took lodgings nearby, where he was joined by his mother. "Mama Margaret", as Don Bosco's mother came to be known, gave the last ten years of her life in devoted service to the little inmates of this first Salesian home. When she joined her son at the Oratory the outlook was not bright. But sacrificing what small means she had, even to parting with her home, its furnishings, and her jewelry, she brought all the solicitude and love of a mother to these children of the streets. The evening classes increased and gradually dormitories were provided for many who desired to live at the Oratory. Thus was founded the first Salesian Home which now houses about one thousand boys.

The municipal authorities by this time had come to recognize the importance of the work which Don Bosco was doing, and he began with much success a fund for the erection of technical schools and workshops. These were all completed without serious difficulty. In 1868 to meet the needs of the Valdocco quarter of Turin, Don Bosco resolved to build a church. Accordingly a plan was drawn in the form of a cross covering an area of 1,500 sq. yards. He experienced considerable difficulty in raising the necessary money, but the charity of some friends finally enabled him to complete it at a cost of more than a million francs (about 200,000). The church was consecrated 9 June, 1868, and placed under the patronage of Our Lady, Help of Christians. In the same year in which Don Bosco began the erection of the church fifty priests and teachers who had been assisting him formed a society under a common rule which Pius IX, provisionally in 1869, and finally in 1874, approved.

Character and Growth of the Oratory

Any attempt to explain the popularity of the Oratory among the classes to which Don Bosco devoted his life would fail without an appreciation of his spirit which was its life. For his earliest intercourse with poor boys he had never failed to see under the dirt, the rags, and the uncouthness the spark which a little kindness and encouragement would fan into a flame. In his vision or dream which he is said to have had in his early boyhood, wherein it was disclosed to him what his life work would be, a voice said to him: "Not with blows, but with charity and gentleness must you draw these friends to the path of virtue." And whether this be accounted as nothing more than a dream, that was in reality the spirit with which he animated his Oratory. In the earlier days when the number of his little disciples was slender he drew them about him by means of small presents and attractions, and by pleasant walks to favorite spots in the environs of Turin. These excursions occurring on Sunday, Don Bosco would say Mass in the village church and give a short instruction on the Gospel; breakfast would then be eaten, followed by games; and in the afternoon Vespers would be chanted, a lesson in Catechism given, and the Rosary recited. It was a familiar sight to see him in the field surrounded by kneeling boys preparing for confession.

Don Bosco's method of study knew nothing of punishment. Observance of rules was obtained by instilling a true sense of duty, by removing assiduously all occasions for disobedience, and by allowing no effort towards virtue, how trivial soever it might be, to pass unappreciated. He held that the teacher should be father, adviser, and friend, and he was the first to adopt the preventive method. Of punishment he said: "As far as possible avoid punishing ... try to gain love before inspiring fear." And in 1887 he wrote: "I do not remember to have used formal punishment; and with God's grace I have always obtained, and from apparently hopeless children, not alone what duty exacted, but what my wish simply expressed." In one of his books he has discussed the causes of weakness of character, and derives them largely from a misdirected kindness in the rearing of children. Parents make a parade of precocious talents: the child understands quickly, and his sensitiveness enraptures all who meet him, but the parents have only succeeded in producing an affectionate, perfected, intelligent animal. The chief object should be to form the will and to temper the character. In all his pupils Don Bosco tried to cultivate a taste for music, believing it to be a powerful and refining influence. "Instruction", he said, "is but an accessory, like a game; knowledge never makes a man because it does not directly touch the heart. It gives more power in the exercise of good or evil; but alone it is an indifferent weapon, wanting guidance." He always studied, too, the aptitudes and vocations of his pupils, and to an almost supernatural quickness and clearness of insight into the hearts of children must be ascribed to no small part of his success. In his rules he wrote: "Frequent Confession, frequent Communion, daily Mass: these are the pillars which should sustain the whole edifice of education." Don Bosco was an indefatigable confessor, devoting days to the work among his children. He recognized that gentleness and persuasion alone were not enough to bring to the task of education. He thoroughly believed in play as a means of arousing childish curiosity -- more than this, he places it among his first recommendations, and for the rest he adopted St. Philip Neri's words: "Do as you wish, I do not care so long as you do not sin".

Statistics

At the time of Don Bosco's death in 1888 there were 250 houses of the Salesian Society in all parts of the world, containing 130,000 children, and from which there annually went out 18,000 finished apprentices. In the motherhouse Don Bosco had selected the brightest of his pupils, taught them Italian, Latin, French, and mathematics, and this band formed a teaching corps for the new homes which quickly grew up in other places. Up to 1888 over six thousand priests had gone forth from Don Bosco's institutions, 1,200 of whom had remained in the society. The schools begin with the child in his first instruction and lead, for those who choose it, to seminaries for the priesthood. The society also conducts Sunday schools, evening schools for adult workmen, schools for those who enter the priesthood late in life, technical schools, and printing establishments for the diffusion of good reading in different languages. Its members also have charge of hospitals and asylums, nurse the sick, and do prison work, especially in rural districts. The society has houses in the following countries: Italy, Spain, Portugal, France, England, Belgium, Switzerland, Austria, Palestine, and Algiers; in Central America, Mexico, in South America, Patagonia, Terra del Fuego, Ecuador, Brazil, Paraguay, The Argentine Republic, Bolivia, Uruguay, Chile, Peru, Venezuela, and Colombia. In the United States the Salesians have four churches: Sts. Peter and Paul and Corpus Christi in San Francisco, California; St. Josephs in Oakland, California; and the Transfiguration in New York City. Very Rev. Michael Borghino, Provincial for America, resides in San Francisco.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. II, 1907, New York (http://www.newadvent.org/cathen/02689d.htm)

Augustinus
31-01-08, 09:37
The Salesian Society

The Salesian Society, founded by Saint John Bosco, takes its distinctive name from its patron, Saint Francis de Sales. The object for which it was founded may be best seen from the opening words of its constitution: "the Christian perfection of its associates obtained by the exercise of spiritual and corporal works of charity towards the young, especially the poor, and the education of boys to the priesthood." The cradle of the institute may truthfully be said to have been the fields of Valdocco, at that time a suburb but now an integral part of the city of Turin. In the first half of the nineteenth century Italy had not recovered from the disastrous consequences of the false and atheistical philosophical teachings brought into the country at the time of the French Revolution. For this reason education, morality, and religion were then at their lowest ebb. To save the rising generation the Salesian Society was founded. In 1844 Don Bosco began to gather together poor and neglected boys. He found places for them to play in, taught them Catechism and heard their confessions in the open air, afterwards taking them to one of the churches in the city, where he used to say Mass for them and give them holy Communion. These gatherings, called "Festive Oratories", became one of the most important and useful works of the institute in attracting boys. In 1845 the first night-school was opened at Valdocco, and became a permanent institution in the course of a year. It proved such a success that a second one was opened (1847) at Porto Nuovo, and a third at Vanchiglia (1849). In the beginning Don Bosco, for lack of personnel, was forced to make use of the older and more advanced pupils, setting them as teachers and monitors over the others, but necessity soon forced him to form a regular and permanent trained staff. Many of his boys, too, began to develop vocations for the priesthood, and became clerics, while still continuing to assist in the work of education. Much opposition was made to the growing institute, but Mgr. Franzoni, then Archbishop of Turin, took it under his protection, and even the king, Charles Albert, who had heard of Don Bosco's work, became its patron, and it steadily grew. It was, however, found impossible, in many cases, to make a permanent impression on the character of the boys during the short time that they were under the influence of the teachers at the festive oratories and the night-schools. A very large number of the boys had not only to earn their living, but had to learn a trade beforehand to enable them to do so. Thus a new class of boys arose -- the boy-artisans -- which constituted the second division of good works in the rising institute.

In 1852 the Church of Saint Francis de Sales was completed and consecrated, and surrounding it large schools for the students and workshops for boy-artisans began to rise. During all this time the work was developing, and a and of devoted and efficient teachers slowly emerged from the chaos of evolution. About this time Don Bosco was urged to consolidate and perpetuate his work by forming a religious congregation, and in 1857 he drew up its first set of rules. In the following year he went to Rome to seek the advice and support of his benefactor, Pius IX, and in 1859 he summoned the first chapter of the congregation, and began the Society of Saint Francis de Sales. In 1863 and 1864 colleges were opened at Mirabello, Monferrato, and Lanzo. This was a new step, as hitherto the scope of the congregation had been almost entirely restricted to the poor. In 1874 the Rule and Constitutions of the Society were definitively approved by Pius IX, and the Salesian Society took its place among the orders of the Church. The development of the order was very rapid; the first Salesian house outside of Italy was opened at Nice in 1875. In the same year, the first band of Salesian missionaries was sent to South America, and houses were founded in Argentina and Buenos Ayres. In 1876 the Salesian co-operators were organized for the purpose of assisting in the good works of the congregation. They were enriched with many indulgences by Pius IX. The Figli di Maria Ausiliatrice, or the Sons of Mary, Help of Christians, were founded to assist tardy vocations to the priesthood. In 1877 the "Salesian Bulletin", the official organ of the congregation, made its first appearance, its object being to inform the Catholic world of the good works undertaken by the institute and to beg help to support them. The "Bulletin" is now printed in eight different languages.

In 1877 houses were opened in Spezia, Almagro, and Montevideo. In 1879 missionaries were sent to Patagonia, and houses were opened at Navarre, Marseilles, and Saint-Cyr (France). In 1880 the first house in Spain was opened at Utera, and in South America the mission at Viedma, capital of the Rio Negro, was established. In 1883 the first house in Brazil was opened at Nichteroy, and missions were established at Terra del Fuego and the Falkland Islands. In 1887 the first house was opened in Austria at Trent, and in the same year the Salesians established themselves at Battersea in London, England, and a large band of missionaries was sent to Ecuador. On 31 January, 1886, to the great grief of the congregation, Don Bosco died at the age of seventy-two. His successor, Don Rua, continued and developed the work of the congregation, and many more houses were opened in France, Spain, Italy, Belgium, Portugal, and South America. In 1889 houses were established in the Holy Land and in Africa. Between 1894 and 1911 houses have been founded in Mexico, Tunis, Venezuela, Patagonia, Lisbon, Bolivia, Colombia, Paraguay, Montpelier, Cape Town, England, Chili, San Salvador, Peru, India, and China. The first mission opened in the United States was at San Francisco in 1898. there are now two in that city, and another at Oakland on the other side of the bay. In New York there were two missions opened respectively in 1898 and 1902. A college was opened at Troy in 1903, but transferred (1908) to Hawthorne, Westchester County, in the State of New York.

Although the real object of the Salesian Society is the Christian education of the young, especially of the poorer and middle classes, it does not refuse any work of charity for which it has suitable members. In carrying out its principal work, instead of the old punitive or repressive system, it adopts the preventive one, thus promoting confidence and love among the children, instead of fear and hatred. The success of this method is seen from the number of vocations drawn from its ranks. The young aspirants are imbued with the Salesian spirit even before joining the congregation. One year is spent in the novitiate, after which triennial vows are taken before the tyro is admitted to his final profession. The growth of the congregation may be seen from the fact that it contains about 320 houses, distributed into 34 provinicalates, of which 18 are in Europe, and the remaining 16 in America. The houses in Asia and Africa belong to European provinces. There has been no diminution except in France, where most of the houses were suppressed during the regime of persecution under Combes. The houses in Portugal were left untouched during the late change in government. In 1910 the second father general of the congregation died, and was succeeded by Don Albera. The main work of the institute is the education and training of boys divided into two classes, students and artisans. The second branch is the missionary one, and it finds its scope principally in South America and Asia. The third branch is engaged in the education of adults for the priesthood and the fourth is occupied in the diffusion of good Catholic literature. The order obtains its support largely from the generosity of the Salesian co-operators, who, as a third order, contribute largely for this purpose, and to whom the "Salesian Bulletin" is sent monthly, to keep them informed on the progress of the work in distant lands, and to urge them to greater generosity.

Bibliography

HEIMBUCHER, Die Orden u. Kongregationen, III (Paderborn, 1908), 491 sqq.; Lives of Don Bosco by LEMOYNE, FRANCESIA, D'ESPINEY; BONETTI, I Cinque Lustri; The Salesian Bulletin.

Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. XIII, 1912, New York (http://www.newadvent.org/cathen/13398b.htm)

Augustinus
31-01-08, 10:21
Miei buoni Benefattori,
e mie buone Benefattrici,

Sento che si avvicina la fine di mia vita, ed è prossimo il giorno, in cui dovrò pagare il comune tributo alla morte e discendere nella tomba.
Prima di lasciarvi per sempre in questa terra, io debbo sciogliere un debito verso di voi e così soddisfare ad un grande bisogno del mio cuore.
Il debito che io debbo sciogliere è quello della gratitudine per tutto ciò, che voi avete fatto coll'aiutarmi nell'educare cristianamente e mettere sulla via della virtù e del lavoro tanti poveri giovanetti, affinché riuscissero la consolazione della famiglia, utili a se stessi ed alla società, e soprattutto affinché salvassero la loro anima e in tal modo si rendessero eternamente felici.
Senza la vostra carità io avrei potuto fare poco o nulla, colla vostra carità abbiamo invece cooperato colla grazia di Dio ad asciugare molte lagrime e a salvare molte anime. Colla vostra carità abbiamo fondato numerosi Collegi ed Ospizi, dove furono e sono mantenuti migliaia di orfanelli tolti dall'abbandono, strappati dal pericolo della irreligione e della immoralità, e mediante una buona educazione, collo studio e coll'apprendimento di un'arte, fatti buoni cristiani e savii cittadini.
Colla vostra carità abbiamo stabilito le Missioni sino agli ultimi confini della terra, nella Patagonia e nella Terra del Fuoco, e inviato centinaia di operai evangelici ad estendere e coltivare la vigna del Signore.
Colla vostra carità abbiamo impiantato tipografie in varie città e paesi, pubblicato tra il popolo, a più milioni di copie, libri e fogli in difesa della verità, a fomento della pietà e a sostegno del buon costume.
Colla vostra carità ancora abbiamo innalzato molte cappelle e chiese, nelle quali per secoli e secoli sino alla fine del mondo, si canteranno ogni giorno le lodi di Dio e della Beata Vergine, e si salveranno moltissime anime.
Convinto che, dopo Dio, tutto questo ed altro moltissimo bene fu fatto mediante l'aiuto efficace della vostra carità, io sento il bisogno di esternarvene, e perciò, prima di chiudere gli ultimi miei giorni, ve ne esterno la più profonda gratitudine, e ve ne ringrazio dal più intimo del cuore.
Ma se avete aiutato me con tanta bontà e perseveranza, ora vi prego che continuiate ad aiutare il mio Successore dopo la mia morte. Le opere che col vostro appoggio io ho cominciate non hanno più bisogno di me, ma continuano ad avere bisogno di voi e di tutti quelli che, come voi, amano di promuovere il bene su questa terra. A tutti pertanto io le affido e le raccomando.
A vostro incoraggiamento e conforto lascio al mio Successore che nelle private e comuni preghiere, che si fanno e si faranno nelle Case Salesiane, siano sempre compresi i . nostri Benefattori e le nostre Benefattrici, e che metta ognora l'intenzione che Dio conceda il centuplo della loro carità anche nella vita presente colla sanità e concordia nella famiglia, colla prosperità nelle campagne e negli affari, e colla liberazione ed allontanamento da ogni disgrazia.
A vostro incoraggiamento e conforto noto ancora che l'opera più efficace ad ottenerci il perdono dei peccati ed assicurarci la vita eterna, è la carità fatta ai piccoli fanciulli: Uni ex minimis, ad un piccolino abbandonato, come ne assicura il Divin Maestro Gesù. Vi fo eziandio notare come in questi tempi, facendosi molto sentire la mancanza dei mezzi materiali per educare e fare educare nella fede nel buon costume i giovanetti più poveri ed abbandonati, la santa Vergine si costituì essa medesima loro protettrice, perciò ottiene ai loro Benefattori e alle loro Benefattrici molte grazie e spirituali ed anche temporali straordinarie.
Io stesso, e con me tutti i Salesiani, siamo testimonii che molti nostri Benefattori, i quali prima erano di scarsa fortuna, divennero. assai benestanti dopo che cominciarono a largheggiare in carità verso i nostri orfanelli.
In vista di ciò e ammaestrati dalla esperienza parecchi di loro, chi in un modo e chi in un altro, mi dissero più volte queste ed altre consimili parole : Non voglio che lei mi ringrazi quando fo la carità a' suoi poverelli; ma debbo io ringraziare lei, che me ne fa domanda. Dacchè ho cominciato a sovvenire i suoi orfanelli, le mie so-stanze hanno triplicato. Un altro signore, il Comm. Antonio Cotta, veniva sovente egli stesso a portare limosine, dicendo: Più le porto danaro per le sue opere, e più i miei affari vanno bene. Io provo col fatto che il Signore mi dà anche nella vita presente il centuplo di quanto io dono per amor suo. Egli fu nostro insigne benefattore fino alla età di 86 anni, quando Iddio lo chiamò alla vita eterna, per godere colà il frutto della sua beneficenza.
Sebbene stanco e sfinito di forze, io non lascierei più di parlarvi e raccomandarvi i miei fanciulli, che sto per abbandonare; ma pur debbo far punto e deporre la penna.
Addio, miei cari Benefattori, Cooperatori Salesiani e Cooperatrici, addio. Molti di voi io non ho potuto conoscere di persona in questa vita, ma non importa: nell'altro mondo ci conosceremo tutti, e in eterno ci rallegreremo insieme del bene, che colla grazia di Dio abbiamo fatto in questa terra, specialmente a vantaggio della povera gioventù.
Se dopo la mia morte, la Divina Misericordia, pei meriti di Gesù Cristo, e per la protezione di Maria Ausiliatrice, mi troverà degno di essere ricevuto in Paradiso, io pregherò sempre per voi, pregherò per le vostre famiglie, pregherò pei vostri cari, affinché un giorno vengano tutti a lodare in eterno la Maestà del Creatore, ad inebriarsi delle sue divine delizie, a cantare le sue infinite misericordie.
Amen.

Sempre Vostro obb.mo Servitore
Sac. Gio. Bosco.

Augustinus
31-01-08, 18:16
http://www.joyceimages.com/images/HCW%20Blessing%20JohnBosco.JPG

Timoteo (POL)
20-04-08, 19:00
Combattere la Chiesa è lo stesso che dare un pugno sulla punta aguzza di un chiodo.

La religione di Gesù Cristo trovasi solamente nella chiesa cattolica: nessuno è cattolico senza il Papa, guai a chi si separa da questo capo supremo! Egli è fuori da quella religione, che unica può condurre a salvezza. Chi non ha la chiesa per Madre non può avere Dio per Padre.

Timoteo (POL)
03-05-08, 20:37
1854. A tu per tu con i protestanti.

«Scendevano a turno a Valdocco a disputare con me»
Le Letture Cattoliche furono accolte con consensi vastissimi. II numero dei lettori fu straordinario. Ma questo suscitò l'ira dei protestanti. Provarono a combatterle con i loro giornali, con le loro Letture Evangeliche, ma non trovarono lettori. Allora passarono ad ogni sorta di attacco contro il povero don Bosco. Scendevano a turno a Valdocco, a disputare con me, persuasi che nessuno potesse resistere ai loro argomenti. I preti cattolici, secondo loro, erano tutti gonzi, e con due parole si potevano mettere nel sacco.
Venivano a volte da soli, a volte in due, altre volte a gruppi. Io li ascoltavo sempre, e siccome non sapevano rispondere alle
mie domande imbarazzanti, raccomandavo che si facessero rispondere dai loro ministri, e poi mi riferissero le risposte.
Vennero Amedeo Bert, Meille, l'evangelico Pugno, poi tanti altri. Cercavano di persuadermi a non parlare, a interrompere
la stampa dei nostri libretti. Ma non ottennero nulla. Questo accese la loro ira. Credo opportuno riferire alcuni fatti.

« Lasci stare le Letture Cattoliche»
Una domenica sera del mese di maggio mi furono annunciati due signori che venivano per parlarmi. Entrarono e si complimentarono a lungo con me. Poi uno comincio a dire:
- Lei, signor Teologo, ha dalla natura un grande dono: quello di farsi capire e leggere dal popolo. Perciò dovrebbe sfruttare
questo dono prezioso in cose utili per l'umanità, mettendosi al servizio della scienza, delle arti, del commercio.
- II mio tempo è tutto assorbito dalle Letture Cattoliche, a cui voglio dedicare ogni mia forza.
- Sarebbe molto meglio che scrivesse qualche buon libro per la gioventù: un volume di storia antica, un trattato di geografia,
o di fisica, o di geometria.
- E perchè, secondo voi, non dovrei dedicarmi alle Letture Cattoliche?
- Perchè sono argomenti fritti e rifritti.
- Questi argomenti sono gia stati trattati in opere di cultura, è vero. Ma nessuno li ha affrontati in maniera popolare. Ed è
proprio questo lo scopo delle Letture Cattoliche.
- Questo lavoro, però, non le porta nessun vantaggio materiale. Se si mette invece a scrivere i libri che le abbiamo suggerito,
avrà un notevole guadagno da impiegare nel meraviglioso istituto che la Provvidenza le ha affidato. Possiamo addirittura
anticiparle una buona somma (mi porsero quattro biglietti da mille lire). E le assicuriamo che non sarà la nostra ultima
offerta: le porteremo somme maggiori.
- Perchè volete darmi tanto denaro?
- Per incoraggiarla a scrivere le opere che abbiamo suggerito, e per collaborare al suo splendido Oratorio.
- Scusatemi, signori, se non accetto il vostro denaro. Io non scriverò nessun altro libro. Continuerò a lavorare alle Letture
Cattoliche.
- Ma è un lavoro inutile.
- Se è un lavoro inutile, perchè preoccuparsi tanto? Perché spendere denaro per farmi smettere?

« Se esce di casa, è sicuro di rientrare? »
- Pensi bene a quello che fa. Rifiutando lei danneggia la sua opera, si espone a conseguenze e a pericoli ...
- Signori, capisco molto bene quel che volete dirmi. Ma vi dico chiaro e tondo che quando sto dalla parte della verità
non ho paura di nessuno. Facendomi prete, mi sono consacrato al bene della Chiesa e della povera gente. E intendo continuare a lavorare per questo, anche scrivendo e stampando le Letture Cattoliche.
- Lei fa male - dissero con voce minacciosa alzandosi in piedi. - Lei fa male, lei ci insulta. Se esce di casa, è sicuro di rientrare?
- Voi non conoscete i preti cattolici, signori. Finché vivono, lavorano per compiere il loro dovere. Se per far questo dovessero morire, per loro sarebbe la più grande fortuna, la massima gloria.
In quel momento li vidi cosi irritati che temevo mi picchiassero. Mi alzai, misi una sedia tra me e loro, e aggiunsi:
- Se volessi usare la forza, non avrei nessuna paura di voi. Ma la forza dei preti è la pazienza e il perdono. Andatevene.
Aprii la porta della camera:
- Buzzetti, dissi, conduci questi signori fino al cancello. Non conoscono bene la strada.
Rimasero confusi. Borbottarono:
- Ci rivedremo in un momento più opportuno.
Se ne uscirono con la faccia e gli occhi rossi di sdegno.
Questo fatto fu pubblicato da alcuni giornali, e fu riferito in lungo e in largo dall'Armonia.

San Giovanni Bosco, Memorie, Torino, 2002, pp. 208-210.

Timoteo (POL)
10-10-08, 09:37
Fuggite l’ozio e gli oziosi, lavorate secondo il vostro stato; quando siete disoccupati siete in gravissimo pericolo di cadere in peccato. L’oziosità insegna ogni sorta di vizi.

Sceglietevi un confessore di vostra confidenza, frequentate i Sacramenti della Confessione e Comunione. S. Filippo Neri, quel grande amico della gioventù, esortava i giovani a confessarsi ogni otto giorni e a comunicarsi anche più spesso, secondo gli avvisi del confessore.

Io tengo questa base in tutte le mie imprese. Cerco prima bene che quella tale opera ritorni a maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime; se così è, vado avanti sicuro, che il Signore non lascia mancare la sua assistenza.

Non si tolleri assolutamente ciò che reca sfregio alle cose di religione e di pietà.

Il prete per fare molto bene bisogna che unisca alla carità, una grande franchezza

Piuttosto qualunque fatica e qualunque patimento che dar mano a chi offende il Signore.

Non leggete mai libri della bontà dei quali non siete sicuri senza domandare consiglio a chi ve lo può dare con giusto criterio.

Non ho mai veduto alcuno che al punto della morte si lamentasse di aver fatto troppo bene.

Non ho mai udito che uno sia stato contento in punto di morte del male che aveva commesso.

Colui il quale vuol passare bene il suo ultimo istante in questo mondo, bisogna che viva bene.

Per decidere della vocazione bisogna portarsi in punto di morte, di là si vede ciò che è realtà e ciò che è vanità.

Le deliberazioni si prendono portandosi in punto di morte.


Fonte: http://gesu.altervista.org/doc/sangiovannibosco/massime/menu.html

Augustinus
31-01-09, 09:54
http://www.donbosco-torino.it/image/New/2-Camerette-15b.jpg Sogno di don Bosco

http://www.donbosco-torino.it/image/New/2-Camerette-28b.jpg

http://www.donbosco-torino.it/image/New/01-Chiesa_Francesco_Sales-07b.jpg Il Pinardi offre a don Bosco la tettoia-baracca dietro la casa per il suo oratorio

http://www.donbosco-torino.it/image/New/01-Chiesa_Francesco_Sales-02b.jpg Prima messa del Beato don Michele Rua assistito da don Bosco nella Chiesa di S. Francesco di Sales

http://www.donbosco-torino.it/image/New/01-Chiesa_Francesco_Sales-04b.jpg La Vergine indica a don Bosco dove erigere il suo Tempio

http://www.donbosco-torino.it/image/New/01-Chiesa_Francesco_Sales-13b.jpg Estasi di 6 ore di S. Domenico Savio dinanzi al Tabernacolo della Chiesa di S. Francesco di Sales

Augustinus
31-01-09, 10:00
Sul letto che si vede qui sotto, Don Bosco visse i suoi ultimi giorni. Non fu una malattia, la sua. Fu lo spegnersi lento di una candela che si era consumata tutta. Nell'ultimo viaggio compiuto elemosinando in Francia, un celebre medico di Marsiglia, il dottor Combai, l'aveva voluto visitare e gli aveva detto:


"Lei è un abito molto logoro. È stato indossato i giorni feriali e i giorni festivi. Per conservarlo ancora, l'unico mezzo è metterlo in guardaroba. Avrà capito che le consiglio il riposo assoluto".

"La ringrazio dottore - gli aveva risposto - ma è l'unica medicina che non posso prendere".

Morì all'alba del 31 gennaio 1888. Ai Salesiani che vegliavano attorno al suo letto mormorò nelle ultime ore:


"Vogliatevi bene come fratelli.
Facciamo del bene a tutti, del male a nessuno...
Dite ai miei ragazzi che li aspetto tutti in paradiso".

La salma di Don Bosco fu visitata da decine di migliaia di persone, salesiani, suore, cooperatori, amici e tantissimi semplici fedeli della città di Torino e anche di fuori. La sensazione generale era:


"E' morto un santo che ha voluto tanto bene a Dio e ai giovani".

Il funerale poi fu un vero trionfo con un enorme concorso di popolo. Proprio in questa stanza, servendosi della tavoletta di legno, il 19 dicembre 1887 Don Bosco scrisse le sue ultime parole. Le scrisse sul retro bianco di alcune immaginette: brevissimi pensieri da mandare ai benefattori come segno di riconoscenzaLe ultime cinque frasi che scrisse, con grafia ormai quasi illeggibile, furono:


* "Chi salva l'anima, salva tutto. Chi perde l'anima, perde tutto".
* "Chi protegge i poveri, sarà largamente ricompensato al divin Tribunale".
* "Che grande ricompensa avremo di tutto il bene che facciamo in vita!".
* "Chi fa bene in vita, trova bene in morte".
* "In Paradiso si godono tutti i beni, in eterno".

http://www.donbosco-torino.it/image/New/2-Camerette-2.jpg

Augustinus
31-01-09, 16:21
DIE 31 JANUARII

SANCTI JOANNIS BOSCO
CONFESSORIS

Duplex

Introitus

III Reg. 4, 29

DEDIT illi Deus sapiéntiam, et prudéntiam multam nimis, et latitúdinem cordis, quasi arénam quæ est in líttore maris. Ps. 112, 1. Laudáte, pueri, Dóminum, laudáte nomen Dómini. V/. Glória Patri. Dedit.

Oratio

DEUS, qui sanctum Joánnem Confessórem tuum adolescéntium patrem et magístrum excitásti, ac per eum, auxiliatríce Vírgine María, novas in Ecclésia tua famílias floréscere voluísti: concéde, quaésumus; ut eódem caritátis igne succénsi, ánimas quaérere, tibíque soli servíre valeámus. Per Dóminum.

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Philippénses

Philipp. 4, 4-9

FRATRES: Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte. Modéstia vestra nota sit ómnibus homínibus: Dóminus prope est. Nihil sollíciti sitis; sed in omni oratióne et obsecratióne, cum gratiárum actióne, petitiónes vestræ innotéscant apud Deum. Et pax Dei quæ exsúperat omnem sensum, custódiat corda vestra et intelligéntias vestras, in Christo Jesu. De cétero, fratres, quæcúmque sunt vera, quæcúmque púdica, quæcúmque justa, quæcúmque sancta, quæcúmque amabília, quæcúmque bonæ famæ, si qua virtus, si qua laus disciplínæ, hæc cogitáte. Quæ et didicístis, et accepístis, et audístis, et vidístis in me, hæc agite: et Deus pacis erit vobíscum.

Graduale. Ps. 36, 3-5. Spera in Dómino, et fac bonitátem, et inhábita terram, et pascéris in divítiis ejus. V/. Delectáre in Dómino, et dabit tibi petitiónes cordis tui; revéla Dómino viam tuam et spera in eo, et ipse fáciet.

Allelúja, allelúja. V/. Ps. 73, 21. Pauper et inops laudábunt nomen tuum. Allelúja.

Post Septuagesimam, omissis Allelúja, et Versu sequenti, dicitur:

Tractus. Ps. 60, 4-6. Factus es spes mea, Dómine: turris fortitúdinis a fácie inimíci. V/. Inhabitábo in tabernáculo tuo in saécula: prótegar in velaménto alárum tuárum. V/. Quóniam tu, Deus, exaudísti oratiónem meam: dedísti hereditátem timéntibus nomen tuum.

¶ In Missis votivis Tempore Paschali omittitur Graduale, et ejus loco dicitur:

Allelúja, allelúja. V/. Ps. 73, 21. Pauper et inops laudábunt nomen tuum. Allelúja. V/. Ps. 35, 9. Inebriabúntur ab ubertáte domus tuæ: et torrénte voluptátis tuæ potábis eos. Allelúja.

http://www.unavoce-ve.it/crux.gif Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthaéum

Matth. 18, 1-5

IN ILLO témpore: Accessérunt discípuli ad Jesum dicéntes: Quis, putas, major est in regno cælórum? Et ad vocans Jesus párvulum, státuit eum in médio eórum, et dixit: Amen dico vobis, nisi convérsi fueritis, et efficiámini sicut párvuli, non intrábitis in regnum cælórum. Quicúmque ergo humiliáverit se sicut párvulus iste, hic est major in regno cælórum. Et qui suscéperit unum párvulum talem in nómine meo, me súscipit.

Offertorium. Ps. 33, 12. Veníte, fílii, audíte me: timórem Dómini docébo vos.

Secreta

SÚSCIPE, Dómine, oblatiónem mundam salutáris Hóstiæ, et præsta: ut, te in ómnibus et super ómnia diligéntes, in glóriæ tuæ laudem vívere mereámur. Per Dóminum.

Communio. Rom. 4, 18. Contra spem in spem crédidit, ut fíeret pater multárum géntium, secúndum quod dictum est ei.

Postcommunio

CÓRPORIS et Sánguinis tui, Dómine, mystério satiátis, concéde, quaésumus; ut, intercedénte sancto Joánne Confessóre tuo, in gratiárum semper actióne maneámus: Qui vivis.

FONTE (http://www.unavoce-ve.it/mr-31jan=lat.htm)

Holuxar
31-01-17, 20:30
31 gennaio 2017: San Giovanni Bosco…





San Giovanni Bosco - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-bosco/)
http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-bosco/
“31 gennaio, San Giovanni Bosco, Confessore (Castelnuovo d’Asti, 16 agosto 1815 – Torino, 31 gennaio 1888).
“A Torino san Giovanni Bosco, Confessore, Fondatore della So­cietà Salesiana e dell’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insigne per lo zelo delle anime e la propagazione della fede, ascritto dal Papa Pio undecimo nei fasti dei Santi”.
Preghiera dei genitori a Don Bosco
O glorioso Apostolo della gioventù, che per migliaia di giovanetti aveste, durante la vostra vita, il forte amore di un padre, la dolce tenerezza di una madre, deh! prendete sotto la vostra valida protezione i figli miei. Anche al loro orecchio ripetete quei saggi consigli, quelle parole ispirate che trasformavano i cuori; rendete anche i miei figli persuasi che prima d’ogni altra cosa devono cercare la salvezza dell’anima con l’esercizio delle virtù cristiane. O San Giovanni Bosco, col cuore gonfio di mille trepidazioni vi prego e vi invoco. Voi sapete quanto sia difficile l’educazione dei figli, quanto tremenda la responsabilità di ogni padre, d’ogni madre. Venite in mio soccorso, aiutatemi ad educare cristianamente i miei figli nel tempo per vederli, con la vostra protezione, salvi nella beata eternità. O San Giovanni Bosco, tenero Padre ed Apostolo della gioventù, a Voi raccomando i figli miei. Come facevate con i Vostri giovinetti, fate spesso risuonare al loro orecchio parole sante e pensieri di vita eterna; fate ad essi comprendere che saranno felici in vita, e più ancora in punto di morte, se osserveranno fedelmente la legge di Dio sin dalla prima età. O caro San Giovanni Bosco, non si è mai udito che un padre od una madre Vi abbia raccomandato i propri figli, e che Voi non li abbiate aiutati. Accordate anche ai figli miei la vostra perenne protezione. Così sia.”


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/index-198x300.jpg







“Ligue Saint Amédée (https://www.facebook.com/SaintAmedee/?ref=page_internal&hc_ref=PAGES_TIMELINE&fref=nf)
31 Janvier : Saint Jean Bosco, prêtre, confesseur, fondateur des Salésiens (1815-1888)
Chant salésien traditionnel.
https://www.youtube.com/watch?v=HQ2I49SjDFU
Saint Jean Bosco, priez pour nous.”


https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/16265985_419895758343110_3824414864715706395_n.png ?oh=747b79052d82e92e5083a48552faf54d&oe=5949C858







www.sursumcorda.cloud/ (http://www.sursumcorda.cloud/)
San Giovanni Bosco e il dogma dell’infallibilità (https://www.sursumcorda.cloud/articoli/santi-padri-e-dottori/625-san-giovanni-bosco-e-il-dogma-dell-infallibilita.html)
(http://www.sursumcorda.cloud/)https://www.sursumcorda.cloud/articoli/santi-padri-e-dottori/625-san-giovanni-bosco-e-il-dogma-dell-infallibilita.html
https://www.facebook.com/carlomariadipietro/
"Pagina del giornalista e scrittore Carlo Di Pietro - Sursum Corda"







“SAN GIOVANNI BOSCO – Don Giugni (IMBC) intervistato da Elia Menta” (http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=27052)
http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=27052
?SAN GIOVANNI BOSCO ? Don Giugni (IMBC) intervistato da Elia Menta? « www.agerecontra.it (http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=27052)
Oggi, 31 Gennaio Festa di San Giovanni Bosco, riproponiamo questa intervista a don Ugolino Giugni, effettuata da Elia Menta durante il bicentenario del Santo, a Torino:
https://www.youtube.com/watch?v=E9UmtFJamlE
http://www.agerecontra.it/public/press40/wp-content/uploads/2017/01/11407003_1613219145624979_1657782713433616412_n1.j pg


http://www.agerecontra.it/public/press40/wp-content/uploads/2017/01/11407003_1613219145624979_1657782713433616412_n1.j pg









31/1: Preghiera a Gesù Sacramentato per ottenere grazie coll?intercessione di San Giovanni Bosco | Radio Spada (http://www.radiospada.org/2017/01/311-preghiera-a-gesu-sacramento-per-ottenere-grazie-collintercessione-di-san-giovanni-bosco/)
31/1: Preghiera a Gesù Sacramentato per ottenere grazie coll’intercessione di San Giovanni Bosco (http://www.radiospada.org/2017/01/311-preghiera-a-gesu-sacramento-per-ottenere-grazie-collintercessione-di-san-giovanni-bosco/)
“Preghiera a Gesù Sacramentato per ottenere grazie coll’intercessione di San Giovanni Bosco
O Divin Gesù, che ponete le Vostre compiacenze nel dimorare tra i figli degli uomini e nell’essere loro cibo spirituale, per i meriti di Santo Don Bosco, che zelò tanto in mezzo alla gioventù ed al popolo cristiano l’amore e la frequente unione a Voi, Sacramento, accordatemi la grazia che umilmente imploro con tutto il fervore dell’animo mio.
E Voi, oh San Giovanni Bosco, con la vostra benigna intercessione, avvalorate presso Gesù le mie preghiere acciò venga esaudito.
Pater, Ave, Gloria, con giaculatoria “Sia lodato e ringraziato in ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento”.
+IMPRIMATUR
in Curia Arch. Mediolani 8 Augusti 1934
don Bosco (http://www.radiospada.org/tag/don-bosco/), grazia (http://www.radiospada.org/tag/grazia/), preghiera (http://www.radiospada.org/tag/preghiera/), sacramento (http://www.radiospada.org/tag/sacramento/), San Giovanni Bosco (http://www.radiospada.org/tag/san-giovanni-bosco/)”


https://i2.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2017/01/Immagine-4.png?resize=574%2C427





31/1: Una preghiera a San Giovanni Bosco | Radio Spada (http://www.radiospada.org/2017/01/preghiera-a-san-giovanni-bosco/)
31/1: Una preghiera a San Giovanni Bosco (http://www.radiospada.org/2017/01/preghiera-a-san-giovanni-bosco/)
“O San Giovanni Bosco, quando eravate su questa terra,
non c’era persona che non ricorresse a voi,
senza essere da voi benignamente accolta, consolata ed aiutata.
Ora in cielo, dove la carità si perfeziona,
oh quanto il vostro gran cuore deve ardere d’amore verso i bisognosi!
Ebbene guardate la mia presente necessità ed aiutatemi
ottenendomi dal Signore (si nomini ciò che si richiede).
Anche voi in vita avete provato le privazioni, le malattie,
le contraddizioni, le incertezze dell’avvenire, le ingratitudini,
gli affronti, le calunnie, le persecuzioni…
e sapete che cosa è il soffrire…
Deh!, dunque, o San Giovanni Bosco, volgete benigno a me
il vostro sguardo e ottenetemi da Dio quanto domando,
se è vantaggioso per l’anima mia; se no, ottenetemi qualche
altra grazia maggiormente utile per me,
e una figliale conformità al divino volere in tutte le cose,
insieme con una vita virtuosa e una morte santa. Così sia.
Dopo la recita della preghiera aggiungere
tre Pater, Ave, Gloria, intercalandoli con l’invocazione
“San Giovanni Bosco, pregate per me” e tre Salve Regina, seguite
ognuna dall’invocazione “Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis”.
don Bosco (http://www.radiospada.org/tag/don-bosco/), grazia (http://www.radiospada.org/tag/grazia/), preghiera (http://www.radiospada.org/tag/preghiera/), San Giovanni Bosco (http://www.radiospada.org/tag/san-giovanni-bosco/)”


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Radio Spada (https://www.facebook.com/radiospadasocial/?fref=nf)
"Radio Spada è un sito di controinformazione cattolico http://www.radiospada.org e una casa editrice http://www.edizioniradiospada.com"

“31 GENNAIO 2017: SAN GIOVANNI BOSCO, CONFESSORE.
Alla fine del mese consacrato a onorare l'infanzia del Salvatore san Giovanni Bosco conduce a Gesù Bambino, a Gesù operaio, la moltitudine dei giovani e degli operai ai quali ha consacrato la sua vita.
Per salvare gli uomini, il Figlio di Dio si è degnato di farsi uomo e di provare tutte le debolezze della nostra natura, eccetto il peccato. Nato povero in una stalla, ha lavorato per guadagnarsi il pane; quindi, prima di morire, ha predicato il Vangelo ai poveri, e se ha avuto delle preferenze quaggiù, furono per i bambini: "Lasciate che i bambini vengano a me; perché di essi è il regno dei cieli, e di quelli che ad essi somigliano".
San Giovanni Bosco ha riprodotto questi aspetti della vita del Signore Gesù. Nato anch'egli povero, dovette lavorare per guadagnarsi il pane e compiere gli studi. Diventato sacerdote, ai poveri volle predicare la buona novella, ai fanciulli, agli operai abbandonati, a quelli che la pigrizia o il vizio trascinavano lontano da Dio. Per essi creò oratori, orfanotrofi, scuole primarie, scuole professionali: "Amo tanto questi poveri piccoli, e darei volentieri ad essi anche il mio cuore".
Per la santificazione personale e per il suo ministero, aveva fatto di san Francesco di Sales il proprio modello e maestro. E il vescovo di Ginevra gli aveva insegnato che "vi è un metodo sicuro per essere buoni educatori, ed è quello di essere santi", che se voleva far opera buona e duratura, doveva darsi e dare Dio. Allora egli si diede senza riserva: il tempo, le forze, i talenti, la reputazione, la salute, la vita, la mamma: tutto fu per quei fanciulli raccolti nelle strade. Diede loro pane, lavoro, asilo; comunicò ad essi soprattutto la gioia che risiede in una coscienza pura, in un'anima unita a Dio. Con le sue istruzioni familiari, con il sacramento della Penitenza e dell'Eucarestia, ne fece dei cristiani ferventi, dei cittadini esemplari. E si rivelò in tal modo, nel XIX secolo, un maestro delle questioni sociali e uno dei più grandi apostoli dell'Azione Cattolica tanto raccomandata dagli ultimi Pontefici.
Al pari del Signore, suscitò intorno molti generosi che vennero a porsi sotto la sua direzione, a condividere le sue preoccupazioni e le sue fatiche per salvare il mondo e ricondurlo a Dio. Presto fu formata la Società Salesiana, quindi la Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice e infine l'Unione dei Cooperatori Salesiani: immenso esercito che egli lanciò alla conquista delle anime e che è sparso ormai in tutto il mondo. "Il suo successo di quest'opera, diceva Pio X, non si può spiegare se non con la vita soprannaturale e la santità del Fondatore". Quanto a lui, diceva di essere stato un semplice strumento: "È la Madonna Ausiliatrice che ha fatto tutto". Ma Pio XI che l'aveva conosciuto e che gli decretò gli onori degli altari, ha potuto dire con ragione che "il suo nome è uno di quelli che i secoli benediranno per sempre".
VITA. - Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 a Castelnuovo d'Asti. Ancor giovane si distinse per pietà, purezza, allegria e viva intelligenza. Nel 1835 entrava nel Seminario Maggiore di Torino e il 5 giugno 1841 era ordinato sacerdote. Da allora si consacrò alla salvezza e all'educazione dei fanciulli poveri e degli operai, fondò la Società Salesiana, quindi una Congregazione di religiose sotto il patrocinio di Maria Ausiliatrice e infine un'associazione di Cooperatori. Morì il 31 gennaio 1888. Pio XI lo beatificò nel 1929 e quindi lo canonizzò cinque anni dopo.
Accorriamo anche noi a te, dopo tanti altri, per acclamarti insieme con la Chiesa, per implorare i tuoi favori e per chiedere i tuoi consigli. Ci piace sentire le tue esortazioni: "Voi che lavorate e siete onerati di pene e di fatiche, se volete trovare una fonte inesauribile di consolazione, se volete diventare felici, diventate santi. Per diventare santi, abbiamo bisogno di una sola cosa: volerlo. I santi si sono santificati ciascuno nel proprio stato. E come? Facendo bene ciò che dovevano fare". Chiedi per noi al Signore che ci faccia finalmente comprendere una lezione così semplice e così vera, ci dia la volontà sincera di metterla in pratica e ci faccia diventare santi.
Apostolo infaticabile e pieno di zelo, sostieni i sacerdoti e i missionari. "La prima cosa che ti consiglio per diventare un santo - dicevi a Domenico Savio, il fanciullo predestinato che hai guidato alla santità - è di guadagnare anime a Dio. Poiché non vi è nulla di più santo al mondo che cooperare al bene delle anime. Gesù Cristo ha versato per esse fino all'ultima goccia del suo sangue". Che questo zelo bruci tutti i fedeli, poiché tutti sono chiamati in un modo o nell'altro a cooperare all'opera della Redenzione.
Non solo ai giovani, ma a noi tutti insegna a frequentare i sacramenti della Penitenza e dell'Eucarestia per custodire la nostra anima monda dai peccati. Insegnaci a ricorrere spesso a Maria Ausiliatrice, la cui intercessione onnipotente ti ha fatto operare prodigi e moltiplicare i miracoli. La sua preghiera ci aiuterà a seguire i tuoi esempi, a restar fedeli alle lezioni di Betlemme e di Nazareth, a conservare come te una fiducia infantile nella divina Provvidenza e a vivere solo per lodare la gloria di Dio e rendergli una perenne azione di grazie (Secreta e Postcommunio della Messa). Infine, essa ci presenterà insieme con il suo Figliuolo al Padre celeste in cielo dove, sul punto di morte, tu davi "appuntamento a tutti".
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 396-398.”



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Guéranger, L'anno liturgico - San Giovanni Bosco, Confessore (http://www.unavoce-ve.it/pg-31gen.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-31gen.htm










Edizioni Amicizia cristiana - San Giovanni Bosco: Fondamenti della Cattolica Religione (http://www.edizioniamiciziacristiana.it/fondamenti.htm)
http://www.edizioniamiciziacristiana.it/fondamenti.htm
"Giovanni Bosco FONDAMENTI DELLA CATTOLICA RELIGIONE
La vera religione fu primieramente da Dio rivelata ad Adamo, che fu il primo uomo del mondo; quindi dallo stesso Dio, e talvolta col ministero degli Angeli, venne rivelata ai santi Patriarchi che la praticarono, ai Profeti, i quali coi loro miracoli dimostrarono che erano da Dio inspirati. Imperciocchè Dio solo è autore de' veri miracoli, nè li può fare o concedere che altri li faccia in prova dell'errore e della menzogna. Gli uni e gli altri confermarono questa rivelazione con profezie, cioè con predizioni riguardanti l'avvenire, che esattamente si avverarono; solamente Iddio sa l'avvenire, e può rivelarlo agli uomini.
Noi possiamo solamente trovare la vera religione nella Chiesa cattolica, romana, perchè essa sola conserva intatta la divina rivelazione, essa sola fu fondata da Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, propagata dagli Apostoli, e dai loro successori sino ai nostri giorni; motivo per cui essa sola presenta i caratteri della divinità."


http://www.edizioniamiciziacristiana.it/fondamenti.jpg




Edizioni Amicizia cristiana - San Giovanni Bosco: Una disputa tra un avvocato ed un ministro protestante (http://www.edizioniamiciziacristiana.it/unadisputa.htm)
http://www.edizioniamiciziacristiana.it/unadisputa.htm
"Giovanni Bosco UNA DISPUTA TRA UN AVVOCATO ED UN MINISTRO PROTESTANTE
Dramma
San Giovanni Bosco (1815-1888), fondatore della Congregazione dei Salesiani, pubblicò numerose opere rivolte al popolo e ai giovani per divulgare la dottrina cattolica. In molte di esse Don Bosco attinse ai temi tradizionali dell’apologetica della Chiesa, in particolare per contrastare la penetrazione dell’eresia protestante in Italia, favorita dagli ambienti liberali fautori del Risorgimento.
A Torino il Santo aveva frequentato il “Convitto Ecclesiastico” di san Giuseppe Cafasso, dove non si era persa l’eredità delle “Amicizie” del ven. Pio Bruno Lanteri, la cui azione era protesa alla diffusione della buona stampa cattolica contro gli errori del tempo. L’oratorio salesiano di Valdocco, dove fu poi costruita la chiesa in onore di Maria “Auxilium Christianorum”, divenne il punto di riferimento dei cattolici antiliberali della cittŕ, tra cui una delle piů importanti benefattrici di Don Bosco, la vandeana Giulia Colbert, Marchesa di Barolo.
Nel 1853, con l’aiuto di mons. Moreno, vescovo di Ivrea appartenente all’ala intransigente dell’episcopato, Don Bosco iniziò la pubblicazione delle “Lettere Cattoliche”, efficace mezzo di istruzione popolare, edificante e devota, che avranno una altissima tiratura di copie in tutta Italia.
L’operetta teatrale Una disputa tra un avvocato ed un ministro protestante rientra in questo genere di letteratura; nell’operetta Don Bosco, in modo divertente, illustra le “note della Chiesa”, mette in berlina i ministri protestanti e smaschera i mezzi di corruzione da essi utilizzati per adescare nuovi adepti. Durante le famose “passeggiate autunnali” nelle parrocchie piemontesi, le popolazioni attendeva con impazienza la recita di queste operette da parte degli alunni di Don Bosco nei teatri comunali.
Il testo, in controtendenza rispetto all’ecumenismo imperante, permette di apprezzare lo zelo apostolico che infiammava san Giovanni Bosco, il quale utilizzava ogni mezzo per preservare i giovani e i ceti più popolari dalle insidie dell’eresia. Ritornano alla mente le parole che gli alunni dei collegi salesiani cantavano a squarciagola: “Don Bosco ritorna!”.


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(http://www.edizioniamiciziacristiana.it/unadisputa.htm)
Edizioni Amicizia cristiana - San Giovanni Bosco: Conversione di una valdese (http://www.edizioniamiciziacristiana.it/conversionediunavaldese.htm)
http://www.edizioniamiciziacristiana.it/conversionediunavaldese.htm
"Giovanni Bosco CONVERSIONE DI UNA VALDESE
Il semplice confronto del protestantismo col cattolicismo, possiamo dire essere stato il lume che fece conoscere a Giuseppa la nullità della religione valdese.
Difatti, l'osservare una religione che lascia libertà a ciascuno di credere quel che più gli aggrada, e nel modo che gli pare di leggere nella Sacra Scrittura; una chiesa, che è una società senza presidente, un corpo senza capo, chiesa che non ha vescovi, non sacerdoti, non altare, non sacrifizio; una chiesa che si associa con tutte le stravaganze delle varie sette protestanti, ciascuna delle quali professa più articoli, che sono negati dalle altre; una chiesa di cui non mai si parlò ne' dodici primi secoli del cristianesimo, e che non può mostrare un SOLO di sua credenza, che valga a contare li suoi predecessori fino agli Apostoli; nè può mostrare un UOMO SOLO che abbia professato la medesima sua dottrina prima di Pietro Valdo; una Chiesa che s'intitola universale e non forma che 22 mila persone; e quindi il confrontarla colla Chiesa Cattolica, che fu in ogni tempo Una, Santa, Cattolica, Apostolica, che parte dal regnante Pio IX ed ascende da un Papa all'altro, fino a san Pietro stabilito da Gesù Cristo a governarla ed essere Vicario di lui in terra; Chiesa che in ogni tempo praticò sempre i medesimi Sacramenti, il medesimo culto, ebbe sempre i suoi pastori, gli uni successori degli altri, ma sempre uniti al Romano Pontefice, i quali praticarono sempre la medesima fede, la medesima legge, il medesimo Vangelo, adorando un solo vero Dio; il fare questo confronto, dico, deve naturalmente persuadere ogni uomo ragionevole e non guidato dalle passioni, a dare un pronto abbandono a qualsiasi setta, per rientrare nell'arca di salute, nell'ovile di Gesù Cristo, la Chiesa Cattolica."


http://www.edizioniamiciziacristiana.it/conversionediunavaldese.jpg




Edizioni Amicizia cristiana - San Giovanni Bosco: Storia Sacra (http://www.edizioniamiciziacristiana.it/storiasacra.htm)
http://www.edizioniamiciziacristiana.it/storiasacra.htm
"Giovanni BoscoSTORIA SACRA
Il metter mano a un nuovo corso di Storia Sacra parrà certamente a taluno fatica inutile, mentre ne esistono già tanti da poter soddisfare ogni condizione di persone. Così pareva anche a me, ma postomi a far l’esame di quelli che maggiormente vanno per le mani dei giovanetti, ebbi a convincermi che molti sono o troppo voluminosi, o troppo brevi, e spesso ancora per sfoggio di concetti e di frasi perdono la semplicità e la popolarità dei libri santi. Altri poi omettono quasi interamente la cronologia, di modo che l’inesperto lettore può difficilmente accorgersi a quale epoca appartenga il fatto che legge, se più si approssimi alla creazione del mondo, oppure alla venuta del Messia. Quasi in tutti poi s’incontrano espressioni che a me sembrano poter destare men puri concetti nelle mobili e tenere menti dei fanciulli.
Indotto da queste ragioni, mi proposi di compilare un corso di Storia Sacra, che contenesse le più importanti notizie dei libri santi e si potesse presentare ad un giovanetto qualunque, senza pericolo di risvegliare in lui idee meno opportune. A fine di riuscire in questo divisamento, narrai ad un numero di giovani d’ogni grado, ad uno ad uno, i fatti principali della Sacra Bibbia, notando attentamente quale impressione facesse in loro quel racconto e quale effetto producesse di poi. Questo mi servì di norma per tralasciarne alcuni, accennare appena altri, e corredarne non pochi di più minute circostanze.
Lo studio della Storia Sacra mostra l’eccellenza sua da se stesso, e non ha bisogno di essere raccomandato, ché la Storia Sacra è la più antica di tutte le Storie; è la più sicura, perché ha Dio per autore; è la più pregevole, perché contiene la divina volontà manifestata agli uomini; è la più utile, perché rende palesi e prova le verità della nostra Santa Religione. Nessuno studio adunque essendo di questo più importante, non deve esservene alcun altro più caro a chi ami davvero la Religione. Se questa mia fatica, qual ch’essa sia, sarà a taluno giovevole, ne sia gloria a Dio, per il cui onore fu da me unicamente intrapresa."


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Luca, Sursum Corda!

Holuxar
31-01-18, 22:45
31 GENNAIO 2018: SAN GIOVANNI BOSCO, CONFESSORE; MERCOLEDÌ DI SETTUAGESIMA…



MISSALE ROMANUM - Die 31 Januarii. S. Joannis Bosco Confessoris (http://www.unavoce-ve.it/mr-31jan=lat.htm)
http://www.unavoce-ve.it/mr-31jan=lat.htm

Guéranger, L'anno liturgico - San Giovanni Bosco, Confessore (http://www.unavoce-ve.it/pg-31gen.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-31gen.htm
“31 GENNAIO SAN GIOVANNI BOSCO, CONFESSORE.”




San Giovanni Bosco - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-bosco/)
http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-bosco/
“31 gennaio, San Giovanni Bosco, Confessore (Castelnuovo d’Asti, 16 agosto 1815 – Torino, 31 gennaio 1888).
“A Torino san Giovanni Bosco, Confessore, Fondatore della Società Salesiana e dell’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insigne per lo zelo delle anime e la propagazione della fede, ascritto dal Papa Pio undecimo nei fasti dei Santi”.
San Giovanni Bosco, amico e padre della gioventù, io invoco la tua protezione su tutti i giovani del nostro tempo e in particolare (..sui miei figli, sui miei nipoti, su …) Tu hai tanto amato i giovani e hai dedicato loro tutte le tue energie e il tuo tempo, li hai guidati sulla via del bene, della purezza e della preghiera. Ti prego di continuare anche oggi dal cielo la tua missione di salvezza. Fa’ che i nostri giovani crescano sani e buoni, che rifiutino le occasioni di male, che si impegnino con tutto il loro entusiasmo nella vita cristiana per essere sempre veri discepoli di Gesù Cristo. Così sia.”



http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/giovanni-bosco-198x300.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/giovanni-bosco-198x300.jpg







Ligue Saint Amédée (http://www.saintamedee.ch/)
http://www.saintamedee.ch/
https://www.facebook.com/SaintAmedee/
31 janvier : Saint Jean Bosco, Prêtre, confesseur, fondateur des Salésiens (1815-1888) :: Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/saint-du-jour/31-janvier-saint-jean-bosco-pretre-confesseur-fondateur-des-salesiens-1815-1888)
“31 Janvier : Saint Jean Bosco, prêtre, confesseur, fondateur des Salésiens (1815-1888).”


http://liguesaintamedee.ch/application/files/5115/1700/1350/01_31_don_bosco_2.png






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“IL DOGMA DELL'INFALLIBILITÀ DELLA CHIESA E DEL ROMANO PONTEFICE
https://www.youtube.com/watch?v=6wN3IlnkU7s”
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“SAN GIOVANNI BOSCO – Don Giugni (IMBC) intervistato da Elia Menta”
?SAN GIOVANNI BOSCO ? Don Giugni (IMBC) intervistato da Elia Menta? « www.agerecontra.it (http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=27052)
http://www.agerecontra.it/public/press40/2017/01/san-giovanni-bosco-don-giugni-imbc-intervistato-da-elia-menta/







Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale (http://www.radiospada.org/)
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“31 gennaio 2018: MERCOLEDÌ DI SETTUAGESIMA.”



https://www.radiospada.org/2017/01/preghiera-a-san-giovanni-bosco/


https://www.radiospada.org/2017/01/311-preghiera-a-gesu-sacramento-per-ottenere-grazie-collintercessione-di-san-giovanni-bosco/


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“31 GENNAIO 2018: SAN GIOVANNI BOSCO, CONFESSORE.”


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Luca, Sursum Corda!

Holuxar
01-02-19, 03:57
31 GENNAIO 2019: SAN GIOVANNI BOSCO, CONFESSORE…



«MISSALE ROMANUM - Die 31 Januarii. S. Joannis Bosco Confessoris»
MISSALE ROMANUM - Die 31 Januarii. S. Joannis Bosco Confessoris (http://www.unavoce-ve.it/mr-31jan=lat.htm)
http://www.unavoce-ve.it/mr-31jan=lat.htm


«31 GENNAIO SAN GIOVANNI BOSCO, CONFESSORE»
“Guéranger, L'anno liturgico - San Giovanni Bosco, Confessore”
Guéranger, L'anno liturgico - San Giovanni Bosco, Confessore (http://www.unavoce-ve.it/pg-31gen.htm)
http://www.unavoce-ve.it/pg-31gen.htm




http://www.donboscosanto.eu/index.php




“Roma S. S. Pio XI benedice la folla adunata in Piazza San Pietro in occasione della canonizzazione di Don Giovanni Bosco.
https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=fECsYZWWOPY
Giornale Luce B0446 del 1934. Descrizione sequenze: folla di fedeli a San Pietro; passa la banda, processione religiosa, con il ritratto di Don Bosco, corpi militari e guardie svizzere sfilano; le campane a festa; il Papa portato sulla sedia gestatoria benedice la folla; il Papa dal balcone di San Pietro benedice la folla; San Pietro illuminato a festa, di notte; Archivio Storico Luce http://www.archivioluce.com ”




San Giovanni Bosco - Sodalitium (http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-bosco/)
http://www.sodalitium.biz/san-giovanni-bosco/
«31 gennaio, san Giovanni Bosco, Confessore (Castelnuovo d’Asti, 16 agosto 1815– Torino, 31 gennaio 1888).
“A Torino san Giovanni Bosco, Confessore, Fondatore della Società Salesiana e dell’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insigne per lo zelo delle anime e la propagazione della fede, ascritto dal Papa Pio undecimo nei fasti dei Santi”.
O glorioso Santo, voi vedete da quanti mali noi siamo afflitti ed oppressi; è incerto l’oggi, più incerto il domani, e il dolore è divenuto il compagno indivisibile della nostra esistenza. Deh, o San Giovanni Bosco, muovetevi a pietà della nostra misera condizione! Anche voi soffriste il disagio, la miseria, l’abbandono, la calunnia, la persecuzione; e fu l’esperienza del dolore che vi rese il conforto, l’aiuto di quanti ricorsero a voi. Ora che siete in Cielo, presso la Sorgente Eterna della carità, voi sentite certamente più viva compassione per le nostre sventure, ed io a voi fiducioso ricorro per ottenere la grazia di…. (esprimere…). O glorioso Santo, a voi nulla nega il Signore, perchè tanto lavoraste in terra per la sua gloria e per il suo onore; intercedete per me, impetratemi la grazia implorata se essa torna utile all’anima mia, ed ottenetemi la conformità al divino volere e la perseveranza nel bene, onde anch’io possa venire un giorno a lodare e ringraziare insieme con voi il Signore in Paradiso. Così sia.»
http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/giovanni-bosco-1-198x300.jpg


http://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/giovanni-bosco-1-198x300.jpg



"Sante Messe - Sodalitium."
http://www.sodalitium.biz/sante-messe/

"S. Messa in provincia di Verona - Sodalitium."
http://www.sodalitium.biz/s-messa-provincia-verona/

“Sodalitium - IMBC.”
https://www.youtube.com/user/sodalitium

“Omelie dell'I.M.B.C. a Ferrara.”
https://www.facebook.com/OmelieIMBCFerrara/

http://www.oratoriosantambrogiombc.it/
“Oratorio Sant'Ambrogio, Milano - Offertur Oblatio Munda (Malachia 1, 11).”





«Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
http://www.domusmarcellefebvre.it/
III domenica dopo l'Epifania - (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=zHEiqmjKQNk
III dom. dopo l'Epifania
https://www.youtube.com/watch?v=vqLfMJ2qKmo
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php
La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso.»





Preghiamo per la conversione di talmudisti e cabalisti (ebrei e no), infedeli ed eretici vari - in questa fine del mese di Gennaio 2019 - al Cattolicesimo, unica vera religione...
Oggi 31 GENNAIO 2019 è la FESTA di SAN GIOVANNI BOSCO, il 27 GENNAIO 2019 è stata la FESTA di SAN GIOVANNI CRISOSTOMO ed il 25 GENNAIO 2019 è stata la FESTA della CONVERSIONE di SAN PAOLO, APOSTOLO DELLE GENTI...
Che gli ebrei, gli infedeli, gli eretici vari ed i loro complici e/o servi si convertano al Cattolicesimo!!!

Articoli su SAN GIOVANNI BOSCO da "AgereContra":


https://www.agerecontra.it/?s=Don+Bosco
“SAN GIOVANNI BOSCO – Don Giugni (IMBC) intervistato da Elia Menta”
https://www.agerecontra.it/2017/01/san-giovanni-bosco-don-giugni-imbc-intervistato-da-elia-menta/
“Giovanni Bosco, riproponiamo questa intervista a don Ugolino Giugni, effettuata da Elia Menta durante il bicentenario del Santo, a Torino: https://youtu.be/E9UmtFJamlE”
https://www.agerecontra.it/2019/01/don-bosco-e-la-setta-valdese/
«La Fede cattolica assalita dai Valdesi e difesa da Don Bosco» 23 giugno 2015
https://www.agerecontra.it/2015/06/la-fede-cattolica-assalita-dai-valdesi-e-difesa-da-don-bosco/
«Don Bosco: “Dopo la venuta di Gesù Cristo gli ebrei non possono più salvarsi senza credere in Lui”» 28 gennaio 2016
https://www.agerecontra.it/2016/01/don-bosco-dopo-la-venuta-di-gesu-cristo-gli-ebrei-non-possono-piu-salvarsi-senza-credere-in-lui/
«Don Bosco: “Dopo la venuta di Gesù Cristo gli ebrei non possono più salvarsi senza credere in Lui”» 26 luglio 2016
https://www.agerecontra.it/2016/07/don-bosco-dopo-la-venuta-di-gesu-cristo-gli-ebrei-non-possono-piu-salvarsi-senza-credere-in-lui-2/
«Don Bosco: buono, non buonista» 6 aprile 2018
https://www.agerecontra.it/2018/04/don-bosco-buono-non-buonista/
«Nell’educazione va messo al centro l’aspetto religioso, parola di don Bosco » 26 ottobre 2018
https://www.agerecontra.it/2018/10/nelleducazione-va-messo-al-centro-laspetto-religioso-parola-di-don-bosco/



http://www.centrostudifederici.org/
«Don Bosco e la setta valdese
Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 9/19 del 31 gennaio 2019, San Giovanni Bosco
“Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco”, Vol IV, ed. 1904 - Capo XXX.
Apostasie - Predica sulla Verginità di Maria SS. - Zelo e carità di D. Bosco per gli ingannati dagli eretici - Dispute coi partigiani de' Valdesi e co' loro ministri - Un perfido sermone; l'aquila e la volpe - Costruzioni de' Valdesi intorno al loro tempio.»
Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco. Vol. IV, Ed. 1904 (http://www.donboscosanto.eu/memorie_biografiche/Scritti/Don_Bosco-Memorie_biografiche_Vol_04.html#_Toc187580138)
Don Bosco e la setta valdese - Centro Studi Giuseppe Federici (http://www.centrostudifederici.org/don-bosco-la-setta-valdese/)
http://www.centrostudifederici.org/wp-content/uploads/2019/01/fronte_camerette-1-300x200.png


http://www.centrostudifederici.org/wp-content/uploads/2019/01/fronte_camerette-1-300x200.png







https://www.facebook.com/catholictradition2016/
«MARTIROLOGIO ROMANO, 1955 Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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https://stateettenetetraditiones.blogspot.com/2019/01/san-giovanni-bosco-confessore.html?m=1
«31 GENNAIO 2019: SAN GIOVANNI BOSCO, CONFESSORE»
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/51010712_1081298375364144_336087848111308800_n.jpg ?_nc_cat=111&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=0d2432104782cf3e4daeb751d8c82223&oe=5CC171F2


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«NOVENA DI MEDITAZIONI IN PREPARAZIONE DELLA FESTA DELLA PURIFICAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA (da VIA DELLA SALUTE di S. Alfonso Maria de' Liguori) Festa: 2 Febbraio.»
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“MESE DI GENNAIO: MESE DEL SANTISSIMO NOME DI GESÙ
In questo mese di Gennaio, dedicato alla devozione del Santissimo Nome di Gesù, preghiamo ogni giorno le litanie ad Esso dedicate.
Oleum effusum Nomen tuum.
Come olio sparso è il tuo Nome. (Cant. I, 2)”
https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/49033079_1665818896852759_9068611664961601536_n.jp g?_nc_cat=107&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=ce9c3886cd941e7e73badf568862c797&oe=5CFBB0BC


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“IL DOGMA DELL'INFALLIBILITÀ DELLA CHIESA E DEL ROMANO PONTEFICE
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"31 gennaio 1940. Or è più di un secolo, in un meschino casale del Piemonte viveva con i suoi due fratelli un fanciulletto di condizione ben modesta. Rimasto precocemente orfano di padre, egli, che doveva poi essere chiamato il padre degli orfani, non ebbe, dunque, che le cure di sua madre. Con quanta saggezza però questa semplice contadina, senza istruzione ma guidata dallo Spirito Santo, educasse il suo figlio nel senso più completo e più alto della parola, si può dire che la Chiesa stessa lo abbia riconosciuto, elevando sugli altari colui di cui oggi si celebra la festa col nome di San Giovanni Bosco. Questo umile sacerdote, divenuto più tardi una delle glorie più pure della Chiesa e dell'Italia, fu un meraviglioso educatore e perciò la sua vita offre a voi, diletti figli e figlie, futuri padri e madri di famiglia, le più utili e salutari lezioni.

Quando Iddio affida un fanciullo a sposi cristiani, sembra quasi ripeter loro ciò che la figlia di Faraone disse alla madre del piccolo Mosé : « Prendi questo bambino e allevamelo» (Es., II, 9). I genitori nell'intenzione divina sono i primi educatori dei loro figli. Conviene tuttavia riconoscere che nelle attuali condizioni della vita sociale l'urgente preoccupazione del pane quotidiano rende loro talvolta difficile il pieno compimento di un così essenziale dovere.

Tale era pure la situazione quando Giovanni Bosco sognava già di aiutare e al bisogno di sostituire i genitori in questo loro grave officio. Che egli fosse provvidenzialmente destinato a siffatta missione, il suo cuore glielo diceva con un'attrattiva precoce; la sua anima ne ebbe come una rivelazione in un sogno dei suoi primi anni, nel quale vide animali selvaggi mutati subitamente in agnelli mansueti, che egli conduceva docili al pascolo. Per conoscere come egli traducesse in atto questo sogno occorre ricordare l'educazione che ricevette e quella che diede; l'una è in lui congiunta con l'altra; la madre che egli ebbe spiega in gran parte il padre che egli fu per gli altri.

Don Bosco, fondando la sua prima casa di educazione e di insegnamento, volle chiamarla «non laboratorio, ma oratorio », come egli stesso disse, perché intese di farne anzitutto un luogo di preghiera, « una piccola Chiesa ove radunare dei giovanetti ». Ma il suo ideale era pure che l'oratorio divenisse per i ragazzi, che vi avrebbe raccolti, quasi un focolare domestico. Non era forse perché «mamma Margherita» aveva fatto per lui della casetta dei Becchi una specie di oratorio? Immaginatevi colà la giovane vedova con í tre fanciulli inginocchiati per l'orazione della mattina e della sera; vedeteli simili a piccoli angeli, nei loro abiti festivi che ella ha con ogni cura cavati dall'armadio, recarsi nella borgata di Murialdo per assistere alla Santa Messa. Nel pomeriggio, dopo la refezione frugale in cui la sola pasta dolce era un pezzo di pane benedetto, eccoli riuniti intorno a lei. Ella ricorda loro i comandamenti di Dio e della Chiesa; le grandi lezioni del catechismo, i mezzi di salute; poi racconta, con la delicata poesia delle anime pure e delle immaginazioni popolari, la tragica storia del dolce Abele e del cattivo Caino, l'idillio di Isacco e di Rebecca, il mistero ineffabile di Betlemme, la dolorosa morte del buon Gesù messo in Croce sul Calvario; chi può misurare l'influenza profonda dei primi insegnamenti materni? Ad essi Don Bosco, divenuto sacerdote, attribuiva la sua tenera e fiduciosa devozione verso Maria Santissima e l'Ostia divina, che un altro sogno gli mostrò più tardi come le due colonne alle quali le anime dei suoi alunni sbattuti come fragili navi nel mare tempestoso del mondo dovevano fortemente ancorarsi per trovare la salvezza e la pace.

La Religione è dunque il primo fondamento di una buona educazione. Ma ad essa Don Bosco voleva associata la ragione, la ragione illuminata dalla Fede; questa vera ragione, come indica l'origine stessa della parola latina ratio, consiste soprattutto nella misura e nella saggezza, nell'equilibrio e nell'equità. Sarebbe, per esempio, coerente il voler correggere in un fanciullo i difetti nei quali si incorre ogni giorno davanti a. lui? Il volerlo sottomesso e ubbidiente se in sua presenza si criticano i capi, i superiori ecclesiastici o civili, se si disubbidisce alle ordinazioni di Dio o alle giuste leggi dello Stato? Sarebbe ragionevole di volere che i vostri figli siano leali, se voi siete maliziosi; sinceri, se voi siete mentitori; generosi, se siete voi egoisti; caritatevoli, se voi siete avari; dolci e pazienti, se voi siete violenti e collerici?

La migliore lezione è sempre quella dell'esempio. Al casale dei Becchi la « mamma Margherita » non faceva troppe esortazioni al lavoro. Ma, poiché era scomparso il capo della famiglia, la coraggiosa vedova metteva essa stessa mano all'aratro, alla falce, alla correggia e col suo esempio — si legge — stancava gli stessi uomini di fatica, presi alla giornata nel tempo della mietitura e della trebbiatura. Formato a questa scuola, il piccolo Giovanni, all'età di quattro anni, prendeva già parte all'opera comune, sfilacciando i fusti di canapa, e, divenuto anziano, consacrava tutto il tempo al lavoro, dando soltanto cinque ore al sonno ed anzi vegliando un'intera notte ogni settimana. In ciò, bisogna confessarlo, egli oltrepassava i giusti limiti della ragione umana. Ma la ragione soprannaturale dei Santi ammette, senza imporli agli altri, questi eccessi di generosità, perché la loro saggezza è ispirata dall'insaziabile desiderio di piacere a Dio e il loro ardore è stimolato da una filiale tema di dispiacergli e da una vivissima brama di bene.

Dispiacere ad un padre o ad una madre: supremo dolore di un fanciullo ben educato! Ecco ciò che Giovanni Bosco aveva pure provato nel suo focolare domestico, ove un leggero segno, uno sguardo attristato della madre bastavano a farlo pentire di un primo movimento di gelosia infantile. Perciò egli voleva che l'educatore adoperasse come principale mezzo di azione una sollecitudine costante, animata da una tenerezza veramente paterna. Anche i genitori debbono dunque dare ai figli il miglior tempo a loro disposizione, invece di dissiparlo lungi da essi in distrazioni pericolose o in luoghi ove arrossirebbero di condurli.

Con questo amore diretto dalla ragione e con questa ragione illuminata dallo spirito di fede, la educazione familiare non sarà soggetta a quei deplorevoli sbalzi che troppo spesso la compromettono: alternative di una indulgente debolezza e di una burbera severità : passaggi da una condiscendenza colpevole, che lascia il fanciullo senza guida, ad una correzione violenta, che lo lascia senza soccorso. Invece la tenerezza sperimentata di un padre o di una madre, alla quale corrisponda la confidenza filiale, distribuisce con eguale moderazione, perché è padrona di se stessa, e con eguale successo, perché possiede il cuore dei suoi figli, gli elogi meritati ed i biasimi necessari.

« Cerca di farti amare — diceva San Giovanni Bosco — ed allora ti farai ubbidire con tutta facilità ». Possiate anche voi, o sposi novelli, futuri padri e madri di famiglia, riprodurre nelle vostre case qualche cosa di questo santo ideale!

Dopo tale augurio il Santo Padre annunciava la Sua Apostolica Benedizione, ma prima, rivolgendosi alle Figlie di Maria, così continuava :

Vediamo i bianchi veli di un numeroso gruppo di Figlie di Maria della parrocchia di Santa Maria in Aquiro. Se il Santo di oggi Ci ha condotti col suo esempio e con i suoi insegnamenti verso i novelli sposi, come non potrebbe guidarci anche, almeno per brevi istanti, a queste anime specialmente consacrate alla divozione ed al servigio di Maria, alla cui bontà egli attribuiva quanto di bene aveva potuto e poteva fare? E se il mondo intiero invoca questa Madre Divina come « Ausilio dei cristiani », se i Figli e le Figlie di San Giovanni Bosco sono posti sotto il particolare patrocinio di Maria Ausiliatrice, come si potrebbe dimenticare che questa nostra Roma ha tante volte sperimentato la protezione della potente Regina, che ama di essere chiamata « Salus populi Romani »?

Istruite e formate a virtù dall'assidua predicazione e direzione di zelanti Prelati a Noi così vicini, continuate, o dilette figlie, a camminare nei sentieri del giardino di Maria Immacolata. Coltivate in esso i fiori più delicati e più fragranti : i gigli della purezza, le viole dell'umiltà, le rose di una carità generosa ed attiva, protette dalle spine di una modestia sempre sveglia, di iena franca rinuncia alle frivolezze mondane e fatte rigogliose dal calore vivificante di una fede coraggiosa e forte, per cui la fedeltà ai divini precetti vale più che i successi terreni e i piaceri della vita. E poiché la vostra consacrazione a Maria vi dà un titolo speciale per essere da Lei esaudite, imploratela in questi torbidi giorni affinché gli uomini, le cui anime sono state tutte redente dal sangue prezioso del suo Figlio Divino, riconoscano i doveri dell'amore e della fratellanza cristiana e ritrovino, con un sincero ritorno al Vangelo, la via regale della tranquillità e dell'ordine in un desiderio infinito di pace.
Educatori di anime
PIO XII
UDIENZA GENERALE"


“Eterno Padre, pel Nome di Gesù fateci questa grazia. Eterno Padre, pel Cuore di Gesù Misericordia. Eterno Padre, pel Nome di Gesù Misericordia, grazia e perdono.”
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«31 GENNAIO 2019: SAN GIOVANNI BOSCO, CONFESSORE»
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«31/1: Preghiera a Gesù Sacramentato per ottenere grazie coll’intercessione di San Giovanni Bosco
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Preghiera a Gesù Sacramentato per ottenere grazie coll’intercessione di San Giovanni Bosco
O Divin Gesù, che ponete le Vostre compiacenze nel dimorare tra i figli degli uomini e nell’essere loro cibo spirituale, per i meriti di Santo Don Bosco, che zelò tanto in mezzo alla gioventù ed al popolo cristiano l’amore e la frequente unione a Voi, Sacramento, accordatemi la grazia che umilmente imploro con tutto il fervore dell’animo mio.
E Voi, oh San Giovanni Bosco, con la vostra benigna intercessione, avvalorate presso Gesù le mie preghiere acciò venga esaudito.
Pater, Ave, Gloria, con giaculatoria “Sia lodato e ringraziato in ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento”.
+IMPRIMATUR in Curia Arch. Mediolani 8 Augusti 1934»
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“Vita e miracoli di Don Bosco
Dalla Decretale “Geminata Laetitia” di Sua Santità Pio XI, data il primo Aprile 1934, domenica della Risurrezione di N. S. Gesù Cristo, con la quale si proclama Santo don Giovanni Bosco
https://www.radiospada.org/2019/01/vita-e-miracoli-di-don-bosco/
[…] Egli nacque in Murialdo, piccolo borgo campestre, e propriamente nella frazione detta volgarmente dei Becchi, vicino a Castelnuovo di Asti, il 16 agosto 1815 da Francesco e Margherita Occhiena di condizione contadini, ma di esimia pietà e ottimi costumi. […]
Sullo scorcio dell’anno del Signore 1887 cadde gravemente malato, e per quaranta giorni con molta pazienza e rassegnazione alla divina volontà, col volto sempre sereno e sorridente com’era suo costume, sopportò i dolori e gl’incomodi della sua malattia, e finalmente tra le lacrime di tutti i Superiori della sua Società e degli allievi più anziani che l’assistevano, dopo aver dato consigli pieni di sapienza, e ricevuti piissimamente gli estremi Sacramenti della Chiesa, sull’alba del 31 gennaio 1888 con placidissima morte se ne volò alla patria celeste. Il cadavere, vestito dei sacri paramenti, fu esposto nella chiesa di San Francesco di Sales; immenso fu l’accorrere del popolo a visitare la salma, e al solenne accompagnamento funebre, cui presero parte Vescovi, canonici, parroci, e moltissimi sacerdoti giunti anche da lontani paesi, ed una moltitudine di fedeli ascendente a circa seimila persone, mentre lungo il tragitto assistevano oltre centomila persone tra cui molte intervenute da altre città d’Italia, dalla Francia e dalla Svizzera, talmente che, più che un funerale, sembrò un vero trionfo o la traslazione delle reliquie di un Santo. Celebrate le esequie nel tempio di Maria Ausiliatrice, le sacre spoglie, per concessione delle Autorità civili furono trasportate al Seminario delle Missioni che prima il Servo di Dio aveva aperto in Val Salice presso Torino, ed ivi accolte con solenne pompa ed onorificamente deposte.
La fama di santità che giustamente si era meritato in vita, crescendo di giorno in giorno, moltissimi intrapresero a frequentare il sepolcro del Padre e fondatore, sia per onorarlo, sia in adempimento di voti, sia per invocarne l’aiuto presso Dio; e correndo la voce che non pochi miracoli fossero operati da Dio ad intercessione del suo Servo, nell’animo di tutti sorse fervente il desiderio che Giovanni Bosco fosse da questa Apostolica Sede posto nel novero dei Santi. E così appena dopo due anni dalla sua morte, anche ad istanza di uomini eletti per ingegno, virtù, e dignità ricoperte, si incominciò a trattare presso la Sacra Congregazione dei Riti, per la introduzione della Causa della sua Beatificazione e Canonizzazione, e terminato presso la Curia ecclesiastica di Torino con l’ordinaria autorità il così detto processo informativo sulla fama di santità della vita, delle virtù e dei miracoli dello stesso Servo di Dio, ed esaminato accuratamente dalla stessa Sacra Congregazione, il Nostro Predecessore Pio X di s. m. firmò la Commissione dell’Introduzione della Causa il 24 luglio del 1907. In seguito, compiuti, secondo le norme canoniche i processi Apostolici, Noi stessi il 20 febbraio 1927 con solenne decreto sancimmo che il Venerabile Servo di Dio Giovanni Bosco aveva esercitato in grado eroico le virtù teologali e cardinali.
Quindi si trattò di due miracoli operati da Dio ad intercessione dello stesso suo Servo, ed essendosi in ogni cosa proceduto a norma del diritto vigente, il 19 marzo 1929 Noi stessi solennemente decretammo: « Constare dell’istantanea e perfetta guarigione di Suor Provina Negro da ulcera rotonda allo stomaco », nonché della «istantanea e perfetta guarigione di Teresa Callegari da poliartrite acuta post-infettiva e da altre lesioni che avevano ridotto l’inferma allo stato di marasma». Pubblicato poi il 21 aprile dello stesso anno il cosiddetto decreto del “Tuto”, con Nostra lettera Apostolica in data 2 giugno decretammo gli onori dei Beati allo stesso Venerabile Giovanni Bosco, e nello stesso giorno con ingente concorso di popolo e col plauso di tutto l’orbe cattolico ebbe luogo nella Basilica Vaticana la solenne Beatificazione.
L’anno seguente, crescendo ognor più il fervore e la devozione dei fedeli verso il nuovo Beato, e correndo la fama che Iddio benignissimo con nuovi miracoli si era degnato confermarne ed aumentarne la gloria, fu ripresa la Causa per la canonizzazione dello stesso Beato: e il 18 giugno, dal Nostro diletto figlio Francesco Tomasetti, diligentissimo Procuratore e Postulatore Generale della Pia Società di San Francesco di Sales, furono proposte due guarigioni miracolose, che sarebbero state operate da Dio Onnipotente ad intercessione del Beato Giovanni Bosco, l’una a Rimini e l’altra a Innsbruck, intorno alle quali si istruirono i processi apostolici. Ma all’inizio dell’esame, essendosi per giusti motivi messa da parte la guarigione avvenuta a Innsbruck, si instituì il processo sopra un’altra guarigione miracolosa che, ad intercessione dello stesso Beato, si diceva Iddio avesse operato nella città di Torino.
La prima guarigione sarebbe così avvenuta: La signora Anna Maccolini nell’ottobre del 1930 fu colpita da bronco-polmonite influenzale che durò sino al febbraio dell’anno seguente. Verso la metà del dicembre dello stesso anno 1930 a detta malattia si aggiunse una flebite alla gamba ed alla coscia sinistra, la quale invase l’intiero arto sì da gonfiarlo oltre il doppio e immobilizzarlo. Ora la flebite, già grave nei giovani, nei vecchi riesce molto più grave per il pericolo della cancrena proveniente da arteriosclerosi. Pertanto i due medici curanti, d’accordo nella diagnosi, considerata l’età dell’inferma, che saliva a 74 anni e specialmente l’affezione influenzale, emisero prognosi quasi certamente infausta per la vita stessa dell’inferma. Che poi sia impossibile la guarigione istantanea della flebite è dottrina comune presso tutti i medici. Ed ecco che la signora Anna, una notte, sul finire dello stesso anno, dopo aver fatto un triduo al Beato Giovanni Bosco ed aver posto sull’arto una reliquia del medesimo, all’istante si trovò perfettamente guarita dalla flebite, senza più alcun dolore e senza gonfiezza all’arto, tornato libero e naturale il movimento e libera la flessione. Oltre i medici curanti, altri che, quali periti, più volte esaminarono la signora dopo parecchi mesi, attestarono della perfetta guarigione; così pure altri tre periti scelti dalla Sacra Congregazione dei Riti all’unanimità convennero nella diagnosi, nella prognosi, e nel riconoscere la guarigione come miracolosa.
La seconda guarigione, che, come s’è detto sopra, ebbe luogo in Torino, così sarebbe avvenuta. La signora Caterina Lanfranchi, moglie di Alessandro Pilenga, soffriva di diatesi artritica. L’artrite l’aveva colpita specialmente alle ginocchia e ai piedi con lesioni organiche, e per di più in forma gravissima riguardo alla funzione degli arti, sebbene senza pericolo per la vita. Riuscite vane tutte le cure, incominciate fin dal 1903, per ben due volte peregrinò a Lourdes, ma non avendo ottenuta la guarigione dalla Beata Vergine nemmeno nel secondo pellegrinaggio compiuto ai primi del maggio 1931, prima di ripartire da Lourdes, così pregò Maria Santissima: « Poiché qui a Lourdes non ho ottenuto la guarigione, concedetemi almeno per la devozione che nutro verso il Beato Giovanni Bosco che egli me la possa ottenere in Torino ». Di ritorno dalla Francia, trovandosi ella nelle stesse condizioni, il 6 maggio si recò alla Basilica di Maria Ausiliatrice in Torino; coll’aiuto della sorella e del vetturino discende dalla carrozza, entra nel tempio e si siede a pregare avanti all’urna ov’è il corpo del Beato Giovanni. Poco dopo per circa venti minuti rimane genuflessa. Sorge, va all’Altare della Beata Vergine e nuovamente s’inginocchia. Allora, come tornando in sé, si accorge d’essere guarita; senza alcuno aiuto, da quel momento, cammina liberamente tra lo stupore dei presenti, che la sapevano impedita di camminare; sale e discende la carrozza e le scale senza alcun impedimento. La guarigione da allora perdurò, come attestarono tre periti; i medici curanti poi, i testimoni ed i periti nominati d’ufficio dalla Sacra Congregazione dei Riti, unanimi attestarono il miracolo.
D’ambedue le guarigioni si discusse accuratamente secondo le norme del diritto, e finalmente Noi il 19 novembre dell’anno ora decorso, solennemente dichiarammo: «Constare dei due miracoli operati da Dio ad intercessione del Beato Giovanni Bosco, e cioè: della guarigione perfetta ed istantanea sia di Anna Maccolini da grave flebite all’arto sinistro, sia di Caterina Pilenga nata Lanfranchi, da grave artrite cronica alle ginocchia ed ai piedi». Un’ultima cosa rimaneva da discutere, cioè se, data l’approvazione dei due miracoli, operati dopo la venerazione concessa dalla Sede Apostolica allo stesso Beato, si potesse procedere con sicurezza [tutto, secondo la formula d’uso] alla sua solenne Canonizzazione. Il quale dubbio, discusso secondo le regole, Noi, già avuto in precedenza l’unanime voto favorevole sia dei Nostri venerabili Fratelli Cardinali, sia dei diletti figli, ufficiali, prelati e consultori della Sacra Congregazione dei Riti, il 3 dicembre dello stesso anno solennemente dichiarammo «potersi sicuramente procedere alla canonizzazione del Beato Giovanni Bosco».
[…] Decretammo pertanto che il solenne rito della Canonizzazione degli stessi Beati si celebrasse con la dovuta pompa e grandiosità nella Basilica Vaticana. Quanto poi al Beato Giovanni Bosco, per la sua iscrizione al catalogo dei Santi scegliemmo questo giorno cioè il primo del mese di aprile, solennità della Risurrezione di Nostro Signor Gesù Cristo. Ed al fine di compiere ciò in maniera fausta e felice, tutti i presenti caldamente esortammo nel Signore a conciliarCi con le preghiere l’aiuto celeste e, secondo l’uso, invitammo i Nostri diletti figli Protonotari Apostolici presenti di stendere pubblico strumento dei fatti compiuti. Venuto il designato giorno auspicatissimo, tutti gli ordini del clero sia secolare che regolare, moltissimi prelati ed ufficiali della Curia Romana, Abbati, Vescovi, Arcivescovi, Patriarchi e venerabili Nostri fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa si portarono nella Basilica di San Pietro, adornata sontuosamente e già stipata da una folla immensa di fedeli accorsi da tutte le nazioni del mondo, ed in essa anche Noi con solenne pompa facemmo il Nostro ingresso. Indi, adorato devotamente l’Augustissimo Sacramento, salimmo alla Nostra Cattedra e su di essa sedemmo. Allora il diletto Nostro Figlio Camillo Cardinale Laurenti, Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti e Procuratore di questa Canonizzazione, perorando il diletto figlio Giovanni Guasco, Avvocato dell’Aula Concistoriale, instantemente domandò che Ci degnassimo di elevare ai sommi onori celesti il Beato Giovanni Bosco: il che, ripetuto dallo stesso Cardinale, e dallo stesso avvocato una seconda ed una terza volta, e cioè, come dicesi, instantius, e poi instantissime, interposta, prima di esporre l’oracolo Nostro, la supplicazione alla Corte celeste, e devotissimamente implorato il lume del Superno Spirito, Noi, Vicario di Gesù Cristo e supremo Maestro della Chiesa Cattolica, proferimmo solennemente questa Nostra tanto desiderata sentenza: «Ad onore della Santa ed Individua Trinità, ad esaltazione delle fede cattolica e ad incremento della cristiana religione, con l’autorità di Gesù Cristo, Signore Nostro, dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, e Nostra, premessa matura deliberazione e implorato più volte l’aiuto divino, e col consiglio dei Nostri venerabili fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa, dei Patriarchi, degli Arcivescovi e dei Vescovi presenti nell’Urbe, decretiamo che il Beato Giovanni Bosco è santo, e lo ascriviamo nel catalogo dei Santi, stabilendo che la sua memoria ogni anno debba essere celebrata con pia devozione dalla Chiesa Universale nel giorno del suo natale, cioè 31 gennaio, tra i Santi Confessori non Pontefici. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». […]”
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“[DIFUNDE TU FE CATOLICA] SAN JUAN BOSCO, Padre y Maestro de la Juventud”
https://www.radiospada.org/2019/01/difunde-tu-fe-catolica-san-juan-bosco-padre-y-maestro-de-la-juventud/
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«In memoria di Guy Fawkes impiccato e squartato il 31 gennaio 1606:
“[…] Un principe o un'assemblea che pretendano regolare i costumi di un paese contro Dio, hanno solo il diritto alla rivolta e al disprezzo di ogni uomo ragionevole e dare il nome sacro di legge alle loro tiranniche elucubrazioni è indegna profanazione del cristiano e degli uomini liberi.
(dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 525-530)”.»
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Ligue Saint Amédée (http://liguesaintamedee.ch/)
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«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
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“SS le Pape Pie XI bénit la foule à l'occasion de la canonisation de Saint Jean Bosco
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“31 janvier : Saint Jean Bosco, Prêtre, confesseur, fondateur des Salésiens (1815-1888)”
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Lodato sempre sia il Santissimo nome di Gesù, Giuseppe e Maria!!!
Christus vincit! Christus regnat! Christus imperat!
Luca, Sursum Corda – Habemus Ad Dominum!!!