Davide (POL)
14-02-04, 09:51
Monsanto ci riprova: vuole brevettare il pane dei contadini. Parte la campagna per fermarli
http://www.outandoutnutter.co.uk/gmfood/images/monsanto.jpg
Evidentemente gli indiani ci hanno preso gusto. Il 31 gennaio scorso, ad appena un paio di settimane dalla conclusione del Wolrd Social Forum di Mumbai, un centinaio di rappresentanti delle associazioni agricole indiane si sono incontrati a Raispur, un piccolo villaggio a 50 chilometri da Delhi. Scopo della riunione era di definire la strategia con cui rispondere all'ennesimo atto di biopirateria da parte di una delle più note compagnie dell'agrobusiness, la Monsanto, che ha depositato un particolare tipo di grano all'Ufficio brevetti europeo come se fosse una propria invenzione. La giornata di discussioni ha dato i suoi frutti: è stato dato mandato a Greenpeace e ad altre organizzazioni che lottano contro la biopirateria - come la storica fondazione di Vandana Shiva - per mettere in atto ogni sorta di pressione politica e legale.
Detto fatto. Il 2 febbraio uno dei più grandi sindacati agricoli indiani, il Bharat Krishak Samaj, ha accompagnato la delegazione di Greenpeace India negli incontri ad alto livello con alcuni rappresentanti del governo di Delhi e con l'ambasciatore della Germania, paese che ospita l'Ufficio brevetti europeo, per ottenere il loro appoggio al ricorso presentato contro la Monsanto.
Brevettare il pane
dei poveri
EP 445 929 B1. E' la sigla del brevetto depositato dalla Monsanto il 21 maggio scorso per rivendicare la proprietà di un frumento particolare che presenta eccezionali doti nel processo di panificazione. La compagnia di Saint Louis è riuscita a far passare la pratica anche se, fino a questo momento, l'Ufficio brevetti di Monaco non ha mai accettato di brevettare una pianta non transgenica. Il motivo è semplice: gli europei vogliono evitare di fare la fine dell'Ufficio brevetti statunitense dove la corsa a brevettare l'ultimo gene ha finito per provocare la paralisi. Si brevetta solo ciò che s'inventa, dice in sintesi la normativa, proprio per scoraggiare chi pensa di mettere il copyright su ogni pianta che esiste in natura. Eppure, chissà perché, Monsanto è riuscita ad aggirare l'ostacolo e, chissà come, è riuscita a sviluppare una varietà - denominata Galatea - in tutto e per tutto identica all'antico Nap Hal, la pianta selezionata grazie all'esperienza millenaria dei contadini indiani da cui viene ricavato il pane nazionale, il famoso chapati.
«E' tutta un'altra cosa», dichiara Thomas McDermott, direttore delle relazioni esterne di Monsanto Europa-Africa «Non abbiamo rubato niente a nessuno». Peccato che, a risalire indietro, da Galatea ai semi e dai semi alle banche genetiche dove sono stati presi, ci si avvicina pericolosamente all'India. E peccato poi che, guarda caso, il brevetto copra specificamente alcune caratteristiche particolari - come la grande duttilità in fase di macina - che sono proprio quelle che hanno indotto i contadini indiani a selezionare la pianta di Nap Hal. Il che, in parole povere, si traduce nel fatto che Monsanto potrebbe chiedere a ogni contadino indiano che si ritrova nel campo delle piante con le stesse caratteristiche di pagare delle royalties, ovvero il diritto d'autore sull'invenzione.
Piante preziose
Non è la prima volta che gli indiani si trovano a combattere contro la biopirateria. La mobilitazione popolare ha costretto più volte i governi che si sono succeduti a Delhi a impugnare i brevetti di alcune corporation statunitensi e australiane, riuscendo così a disinnescare il pericolo che piante di uso comune soprattutto fra la popolazione che non ha soldi per comprare prodotti d'importazione, diventassero improvvisamente costosissime. Contro i brevetti sul riso basmati e sul neem - un antisettico naturale utilizzato da migliaia di anni - gli avvocati indiani hanno potuto mostrare i testi sacri dell'induismo che già descrivevano, quattromila anni fa, l'utilizzo sistematico di queste piante. E i tribunali statunitensi hanno dovuto dargli ragione.
Ma l'India non è l'unico territorio di caccia dei biopirati. Negli ultimi 10 anni, circa il 60 per cento dei nuovi principi attivi anticancro deriva dalle piante tropicali. Si va dalla rosa pervinca del Madagascar da cui, nel 1980, sono stati estratti alcuni alcaloidi antitumorali che ora vengono utilizzati per trattare la sindrome di Hodgkin e la leucemia infantile, al nuovo farmaco antitumorale proveniente dalla foresta del Suriname, situata sulla costa nord-orientale del Sud America, farmaco che ha già superato molte fasi della sperimentazione. La statunitense Università di Toledo è titolare di due brevetti che riguardano alcune bacche, selezionate dalle donne etiopi e in seguito sviluppate da scienziati etiopi, che vengono impiegate per curare o prevenire la schistososmiasi o febbre della lumaca, una malattia molto diffusa in Africa. Più di recente la ForBio Company australiana, insieme all'Università delle Hawaii, (Usa) ha chiesto di brevettare tre geni fondamentali di un albero di caffè a zero caffeina che proviene dalle isole Reunion le cui proprietà, naturalmente, erano note ai locali. Ma gli esempi potrebbero continuare.
Le norme internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale servono a poco e anzi favoriscono le imprese. E questo perché per brevettare una varietà non basta il semplice riconoscimento della comunità: sono essenziali tutti i passaggi ufficiali secondo standard burocratici e legali che richiedono un alto grado di specializzazione, di tecnologia e, non ultima, la disponibilità economica per seguire tutto l'iter. Insomma, fra un contadino combattivo ma analfabeta e il ricercatore di una multinazionale, è facile capire chi l'avrà vinta.
Sabina Morandi
Liberazione 14 02 04
http://www.outandoutnutter.co.uk/gmfood/images/monsanto.jpg
Evidentemente gli indiani ci hanno preso gusto. Il 31 gennaio scorso, ad appena un paio di settimane dalla conclusione del Wolrd Social Forum di Mumbai, un centinaio di rappresentanti delle associazioni agricole indiane si sono incontrati a Raispur, un piccolo villaggio a 50 chilometri da Delhi. Scopo della riunione era di definire la strategia con cui rispondere all'ennesimo atto di biopirateria da parte di una delle più note compagnie dell'agrobusiness, la Monsanto, che ha depositato un particolare tipo di grano all'Ufficio brevetti europeo come se fosse una propria invenzione. La giornata di discussioni ha dato i suoi frutti: è stato dato mandato a Greenpeace e ad altre organizzazioni che lottano contro la biopirateria - come la storica fondazione di Vandana Shiva - per mettere in atto ogni sorta di pressione politica e legale.
Detto fatto. Il 2 febbraio uno dei più grandi sindacati agricoli indiani, il Bharat Krishak Samaj, ha accompagnato la delegazione di Greenpeace India negli incontri ad alto livello con alcuni rappresentanti del governo di Delhi e con l'ambasciatore della Germania, paese che ospita l'Ufficio brevetti europeo, per ottenere il loro appoggio al ricorso presentato contro la Monsanto.
Brevettare il pane
dei poveri
EP 445 929 B1. E' la sigla del brevetto depositato dalla Monsanto il 21 maggio scorso per rivendicare la proprietà di un frumento particolare che presenta eccezionali doti nel processo di panificazione. La compagnia di Saint Louis è riuscita a far passare la pratica anche se, fino a questo momento, l'Ufficio brevetti di Monaco non ha mai accettato di brevettare una pianta non transgenica. Il motivo è semplice: gli europei vogliono evitare di fare la fine dell'Ufficio brevetti statunitense dove la corsa a brevettare l'ultimo gene ha finito per provocare la paralisi. Si brevetta solo ciò che s'inventa, dice in sintesi la normativa, proprio per scoraggiare chi pensa di mettere il copyright su ogni pianta che esiste in natura. Eppure, chissà perché, Monsanto è riuscita ad aggirare l'ostacolo e, chissà come, è riuscita a sviluppare una varietà - denominata Galatea - in tutto e per tutto identica all'antico Nap Hal, la pianta selezionata grazie all'esperienza millenaria dei contadini indiani da cui viene ricavato il pane nazionale, il famoso chapati.
«E' tutta un'altra cosa», dichiara Thomas McDermott, direttore delle relazioni esterne di Monsanto Europa-Africa «Non abbiamo rubato niente a nessuno». Peccato che, a risalire indietro, da Galatea ai semi e dai semi alle banche genetiche dove sono stati presi, ci si avvicina pericolosamente all'India. E peccato poi che, guarda caso, il brevetto copra specificamente alcune caratteristiche particolari - come la grande duttilità in fase di macina - che sono proprio quelle che hanno indotto i contadini indiani a selezionare la pianta di Nap Hal. Il che, in parole povere, si traduce nel fatto che Monsanto potrebbe chiedere a ogni contadino indiano che si ritrova nel campo delle piante con le stesse caratteristiche di pagare delle royalties, ovvero il diritto d'autore sull'invenzione.
Piante preziose
Non è la prima volta che gli indiani si trovano a combattere contro la biopirateria. La mobilitazione popolare ha costretto più volte i governi che si sono succeduti a Delhi a impugnare i brevetti di alcune corporation statunitensi e australiane, riuscendo così a disinnescare il pericolo che piante di uso comune soprattutto fra la popolazione che non ha soldi per comprare prodotti d'importazione, diventassero improvvisamente costosissime. Contro i brevetti sul riso basmati e sul neem - un antisettico naturale utilizzato da migliaia di anni - gli avvocati indiani hanno potuto mostrare i testi sacri dell'induismo che già descrivevano, quattromila anni fa, l'utilizzo sistematico di queste piante. E i tribunali statunitensi hanno dovuto dargli ragione.
Ma l'India non è l'unico territorio di caccia dei biopirati. Negli ultimi 10 anni, circa il 60 per cento dei nuovi principi attivi anticancro deriva dalle piante tropicali. Si va dalla rosa pervinca del Madagascar da cui, nel 1980, sono stati estratti alcuni alcaloidi antitumorali che ora vengono utilizzati per trattare la sindrome di Hodgkin e la leucemia infantile, al nuovo farmaco antitumorale proveniente dalla foresta del Suriname, situata sulla costa nord-orientale del Sud America, farmaco che ha già superato molte fasi della sperimentazione. La statunitense Università di Toledo è titolare di due brevetti che riguardano alcune bacche, selezionate dalle donne etiopi e in seguito sviluppate da scienziati etiopi, che vengono impiegate per curare o prevenire la schistososmiasi o febbre della lumaca, una malattia molto diffusa in Africa. Più di recente la ForBio Company australiana, insieme all'Università delle Hawaii, (Usa) ha chiesto di brevettare tre geni fondamentali di un albero di caffè a zero caffeina che proviene dalle isole Reunion le cui proprietà, naturalmente, erano note ai locali. Ma gli esempi potrebbero continuare.
Le norme internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale servono a poco e anzi favoriscono le imprese. E questo perché per brevettare una varietà non basta il semplice riconoscimento della comunità: sono essenziali tutti i passaggi ufficiali secondo standard burocratici e legali che richiedono un alto grado di specializzazione, di tecnologia e, non ultima, la disponibilità economica per seguire tutto l'iter. Insomma, fra un contadino combattivo ma analfabeta e il ricercatore di una multinazionale, è facile capire chi l'avrà vinta.
Sabina Morandi
Liberazione 14 02 04