PDA

Visualizza Versione Completa : Farassino sull'immigrazione



Wyatt Earp
19-02-04, 23:05
Piemonte, l'assessore Farassino alla conferenza dei Consigli territoriali per l'immigrazione
«Integrazione nel rispetto»


Elena Maccanti
--------------------------------------------------------------------------------
Sono oltre 160 mila gli immigrati regolari che vivono in Piemonte, pari all'intera popolazione del Verbano Cusio Ossola. Di questi, la maggior parte proviene dall'Europa dell'Est, Romania in testa, che ha superato di gran lunga il Marocco, fino a qualche anno fa il paese d'origine più rappresentato sotto la Mole. Sono i dati emersi dalla terza conferenza regionale dei Consigli territoriali per l'immigrazione che si è svolta ieri a Torino.
«Un dato che deve farci riflettere» ha commentato il neo assessore regionale all'Identità piemontese e all'immigrazione Gipo Farassino, che per la prima volta ha presieduto la conferenza.
«La grande scommessa che il Piemonte deve vincere - ha subito precisato - è la realizzazione di un progetto comune, che punti all'integrazione nel rispetto però delle tradizioni e delle leggi. Chi sceglie di venire a vivere da noi sceglie di rispettare le nostre norme».
"Se ai 160 mila immigrati regolari sommiamo i ricongiungimenti e chi vive ancora nel sommerso - spiega Farassino - capiamo bene che gli immigrati rappresentano il 10 per cento della popolazione del Piemonte. E' evidente la necessità di un'integrazione e la grossa scommessa riguarda la ricerca di un minimo comune denominatore. Attenzione, però: nessuno di noi è disposto a essere colonizzato. Dobbiamo accogliere con grande rispetto chi viene in Piemonte, ma occorre che chi viene rispetti le leggi e la nostra cultura. Il crocifisso nella aule scolastiche, ad esempio, non si tocca: fa parte della nostra cultura. Così come per noi sono inaccettabili pratiche, usi e rituali che pregiudichino la dignità umana, nemmeno se sono tollerati da legislazioni di paesi con i quali abbiamo regolari relazioni diplomatiche. Mi riferisco ad esempio alla sanguinaria tradizione dell'infibulazione, che in 28 paesi africani umilia e mutila migliaia di donne. Non può essere cultura quella che accetta una simile barbarie. Non sono nemmeno tradizioni culturali condivisibili e tollerabili nel nostro paese quelle che discriminano i sessi, le donne e sfruttano l'infanzia".
"A me non dispiace - ha poi chiarito Farassino alla platea, composta anche dai rappresentanti delle otto prefetture piemontesi - che al mondo vi siano persone che desiderino diventare piemontesi, che scelgano di vivere qui, che apprezzino il nostro stile di vita, la nostra cultura, il nostro drapò, i nostri valori di operosa tenacia, di attaccamento al dovere e vogliano inserire il loro nome fra coloro che hanno contribuito allo sviluppo del Piemonte. Anzi desidero che la loro sia una scelta consapevole, non il risultato di casualità, per lo più determinate dalla facilità di sbarcare in Italia. Farò il possibile affinché chi sceglie di vivere in Piemonte lo faccia per determinata elezione, perché lo ritiene un paese dove merita vivere e avere discendenza. Perché questo avvenga bisogna che il Piemonte non sia solo generica terra da lavoro, isolato periferico di uno Stato più ricco di coste malamente presidiate che di certezze legislative. Chi decide di venire a vivere da noi deve sapere che cosa vi troverà, quali regole sociali sceglie di abbracciare, in quale cultura decide di far crescere i suoi figli. Perché tutto ciò sia desiderabile, bisogna che sia già chiaro ed evidente nelle menti dei residenti. Per tanto affermo che non può esistere una vera politica d'accoglienza senza una politica che valorizzi e restituisca identità specifica al territorio. E' necessario pertanto che i piemontesi trovino un tavolo dove riconoscersi, per poi confrontarsi con coloro che chiedono di diventare nuovi piemontesi, al fine di concertare centri di interesse e obiettivi comuni sotto la stessa bandiera".
L'assessore Farassino ha infine posto il problema delle risorse. "E' il caso, ad esempio, della carenza di personale che nelle Questure e nelle Prefetture stenta a fronteggiare i crescenti oneri burocratici previsti dalle normative riguardanti l'immigrazione. Ancora una volta - ha concluso - le dichiarazioni di principi fanno i conti con una quotidianità che non può più essere soddisfatta da uno Stato centralizzato".


[Data pubblicazione: 19/02/2004]