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Visualizza Versione Completa : Una preghiera ad Iside con qualche nota sull'egittismo romano e rinascimentale



Satyricon
20-03-04, 15:04
Il 5 marzo, nell’ Impero romano, veniva festeggiato il Navigium Isidis che faceva inoltrare nella fioritura e riapriva la navigazione affidandola ad Iside Pelagia sposa felice di Osiride il verde.
La sapienza egizia ebbe una vasta eco nel mondo romano (anche pre-imperiale, basta ricordare il legame di Pitagora con l’Egitto), e il ristabilimento di tale aurea catena fu voluto proprio da Cesare che nel tempio egizio di Denderah appare a fianco di Cleopatra cinto dalla corona di Faraone dell’Alto e del basso Egitto.
Antonio e Cleopatra poi, narra Dione Cassio, si fecero effiggiare in affreschi e statue lui come Osiride-Dioniso lei come Iside-Selene.
Nerone fece includere le festività egizie nel calendario romano e Vespasiano fu pellegrino al Serapeum di Menfi dove officiò come sacerdote isiaco alle cerimonie per la morte di un Apis e all’insediamento del nuovo; di ritorno dalla vittoriosa guerra giudaica passò la notte precedente il trionfo a Roma in meditazioni e preghiere di ringraziamento nell’ Iseum Campense.
Adriano invece proclamò l’omonoia, l’affratellamento tra Roma e l’Egitto nel simbolo del Nilo che confluisce nel sacro Tevere ed affida così alla romanità il pegno della sua successione spirituale e fece ereggere un Serapeum semicircolare ornato di statue egizie o egitizzanti nella sua villa a Tivoli ispirata alla città di Canopo.
Non era raro incontrare per la Roma imperiale i sacerdoti isiaci glabri, rasati e avvolti nel candido lino roteanti il sistro ed a Iside fu dedicata addirittura la Regio III “Isis et Serapis” fatto unico non riscontrabile nei confronti di nessun altro culto, incluso quello di Mithra, molto diffuso nell’ambiente militare.
Nel Rinascimento l’idea che l’origine della civiltà andasse ricercata in Egitto riaffiorò attraverso gli scritti del Corpus Hermeticum (la cui traduzione fu priviligiata rispetto a quella platonica da parte di Cosimo il Vecchio); i dettati ermetici si fusero con quelli platonici e divennero un filone centrale della cultura rinascimentale che vide (a mio modo di vedere giustamente) l’Egitto come “luogo” della Sapienza totale che abbraccia ogni ramo della conoscenza fondendo la figura di Ermete (l’egizio Thoth scriba divino) con quella di Mosè.
Esemplificazione di questo clima culturale fu il romanzo iniziatico Hypnerotomachia Poliphili (Il sogno di Polifilo) dove il corteo del figlio di Venere è palesemente ispirato alla processione di Iside descrita da Apuleio ed è accompagnato dal simulacro di Osiride, Iside e Serapide ed introduce alla contemplazione della “divina genitrice” nell’atteggiamento di allattare il figlio (ovvero l’iconografia tradizionale di Iside che allatta il figlio Horo).
A questa visione del mondo che fu così feconda di dotta Sapienza per l’Italia e l’Europa dedico quest’inno di Apuleio ad Iside la Vergine primaverile, che sia foriera di nuovi inizi per ciò che abbiamo di più caro.

PREGHIERA AD ISIDE

“Tu, invero, santa e sempre pronta a venire in soccorso di tutti gli uomini, sempre generosa nei confronti dei mortali, ai miseri in disgrazia accordi l’amore dolce della madre. Neanche un giorno o una notte e neanche un solo momento, per quanto breve possa essere, passa privo della tua benedizione, senza che tu protegga gli uomini in terra e mare e offra la tua destra che offre soccorso, allontanate le tempeste dell’esistenza, grazie alla quale sciogli anche i lacci inestricabilmente aggrovigliati di ogni destino, calmi le tempeste della fortuna e arresti i crudeli corsi degli Astri.
Gli Dei superstiti ti venerano, gli inferi ti onorano, tu fai ruotare la sfera del cielo, illumini il sole, governi il mondo e calchi il Tartaro. Grazie a te le stelle diventano propizie, grazie a te tornano le stagioni, gli Dei si rallegrano e gli elementi sono tuoi schiavi. Ad un tuo cenno soffiano i venti, le nubi danno nutrimento, i semi germogliano, i germogli crescono. Gli uccelli che attraversano il cielo, le fiere che si aggirano suoi monti, i serpenti che si nascondono sul terreno, i mostri che nuotano nel mare temono la tua maestà.
Ma le mie capacità sono troppo deboli per far riecheggiare le tue lodi, né sono così ricco da poterti offrire dei sacrifici, né ho una così grande fecondia da poter dire quelle cose che provo per la tua maestà, né sarebbero sufficienti mille bocche ed altrettante lingue, né una concatenazione senza fine di un sermone instancabile. Pertanto cercherò di fare soltanto quello che invero può fare uno che è devoto ma per il resto è povero: contemplerò le tue sembianze divine e il tuo santissimo nume riposti nei più segreti recessi del mio cuore custodendoli in eterno”.
(APULEIO, Metamorphoses, XI, 25)


http://etext.lib.virginia.edu/kinney/small/isis.jpg

Iside secondo la descrizione di Apuleio, da Athanasius Kircher, Oedipus aegyptiacus (Roma, 1652).

janus77 (POL)
21-03-04, 00:17
Complimenti per la sintetica ma densa riflessione...la farò girare nel mailing list del Cuib Mikis Mantakas (http://communities.msn.it/CuibMikisMantakas/)!

Ave atque Vale

janus77

Mjollnir
21-03-04, 02:07
Eh sì è proprio vero che negli ultimi secoli a Roma si trovava di tutto un pò, etnie da ogni angolo del mondo conosciuto con i relativi culti e credenze, e tutti che cercano di "tirare" l'impero dalla loro parte, finchè alla fine esplode.
Mutatis mutandis è quello che accade adesso, ognuno vorrebbe conformare l'Europa all'esotismo e/o al mito fondatore di cui è innamorato, ma quasi tutti si guardano bene dal riconoscere le radici autentiche, che rimangono svilite e ignorate.

Veramente un triste spettacolo... :(
Saluti

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21-03-04, 10:36
bhé Mjollnir, noi lo facciamo, noi sappiamo quali sono le vere radici. E ne andiamo fieri a testa alta!!!!
Dovremmo gridarlo ad alta altissima voce!!!!

Satyricon
21-03-04, 16:30
Originally posted by janus77
Complimenti per la sintetica ma densa riflessione...la farò girare nel mailing list del Cuib Mikis Mantakas (http://communities.msn.it/CuibMikisMantakas/)!

Ave atque Vale

janus77

Grazie, ma mi sembra onesto anche citare le opere che ho usato come fonte per queste brevi note e che suggerisco come bibliografia ragionata per chi è interessato all’argomento.
Innanzi tutto gli scritti del grande egittologo Boris De Rachewiltz, su tutti Boris De Rachewiltz, I miti egizi, TEA edizioni e poi Boris de Rachewiltz - A. Partini, Roma Egizia -Culti, templi e divinità egizie nella Roma imperiale, Ed. Mediterranee; Jurgis Baltrusaitis, La ricerca di Iside, Adelphi (del quale riporto l’illuminante nota di copertina); Maurizio Calvesi, Il mito dell’egitto nel Rinascimento, Giunti editore, oltre naturalmente ad Apuleio “L’asino d’oro” [I]e Plutarco [I]“De Iside et Osiride".

Nota di Copertina di “La ricerca di Iside” .

Sin dai tempi di Erodoto, l'Egitto ha esercitato una singolare fascinazione sull'Occidente. In confronto agli Egiziani, i Greci si sentivano "giovani" - e nella sapienza egizia vedevano un antico e ben custodito tesoro. Da allora a oggi, si può dire che tale fascinazione non sia mai cessata, assumendo le più varie forme: l'Egitto ispira il Rinascimento ermetico e i progetti rinnovatori di Giordano Bruno così come, secoli più tardi, ispirerà la moda dei mobili Impero o i camini di Piranesi. Chiunque si accingesse a una ricerca delle origini approdava all'Egitto. E un'immensa attrazione esercitava la scrittura geroglifica, in cui molti riconoscevano una forma di comunicazione non discorsiva, superiore a quella della scrittura alfabetica, più adatta di questa a trasmettere i segreti celati sotto il velo di Iside. Il mito della dea sembra così presiedere, in tutte le epoche, alle speculazioni più ardite, compositi grovigli dove l'erudizione e la fantasticheria spesso si intrecciano inestricabilmente. Occorreva allora il maestro delle anamorfosi, degli specchi e delle aberrazioni - Jurgis Baltrusaitis - per ricostruire alcuni dei passaggi più oscuri e sorprendenti di quel sinuoso percorso che Iside ha compiuto nell'immaginazione occidentale, percorso che si iscrive a pieno diritto nella storia e nella dottrina delle "prospettive depravate". Di questo "Egitto assoluto" troveremo le tracce nei luoghi più distanti: dalle pagine del pansofo Athanasius Kircher alle scene del Flauto magico, dalla Lapponia alla Bastiglia, dai templi druidici a quelli massonici. Sotto il sigillo dell'"egittomania", l'Europa ha raccolto molta della sua follia e della sua sapienza. "Un'iconografia fantasiosa aggiunge una nota di bizzarria a queste evocazioni dell'Egitto esteriore. Quest'ultimo si trasfigura continuamente sconfinando in regioni nuove, teologiche, scientifiche ed etnografiche ma rimane sempre un miscuglio di stranezze, paradossi, ragionamenti rigorosi e falsi poetici, corrispondenti in un certo senso agli "aromi" che Iside, secondo gli autori dell'Antichità, aveva fatto amalgamare alla cera colata nelle false immagini del morto Osiride. La leggenda del mito egizio non è soltanto la nostalgia di un paradiso perduto. E anche una logica implacabile che sfiora il delirio e un'erudizione posta al servizio del sogno".

Satyricon
21-03-04, 18:00
Originally posted by Mjollnir
Eh sì è proprio vero che negli ultimi secoli a Roma si trovava di tutto un pò, etnie da ogni angolo del mondo conosciuto con i relativi culti e credenze, e tutti che cercano di "tirare" l'impero dalla loro parte, finchè alla fine esplode.
Mutatis mutandis è quello che accade adesso, ognuno vorrebbe conformare l'Europa all'esotismo e/o al mito fondatore di cui è innamorato, ma quasi tutti si guardano bene dal riconoscere le radici autentiche, che rimangono svilite e ignorate.

Veramente un triste spettacolo... :(
Saluti

Su questi argomenti, caro Mjollnir, permettimi di dissentire; innanzitutto quello dell'ultimo Impero Romano come percorso da schiavi semiti e negroidi tutti intenti a disseminare i loro credi (ed il loro seme) ovunque è un vecchio clichè ottocentesco che risale al De Gobineau e soci; alcuni studi ci indicano come la vita media degli schiavi fosse sui 17/18 anni e come il loro apporto (sia etnico che "culturale" fosse minore di quello che generalmente si suppone), e poi l'Impero stesso possedeva un potente sistema politico-archetipale che faceva si che i vari culti fossero ricompresi nell'ecumene imperiale quasi senza conflitti (il cristianesimo sarà la triste eccezione).
Quest'idea della pluralità delle forme del sacro sarà ripresa in epoca rinascimentale grazie all'ellenismo rifiorito; Giordano Bruno, Pico della Mirandola, Pomponio Leto (che volle restaurare il Pontificato Massimo nella Roma rinascimentale), il Cusano studieranno ed apprezzeranno la Cabala ebraica, i trattati ermetici, la filosofia pagana in una nuova-antica sintesi (ben diversa dall'odierno sincretismo!) il cui frutto maturo sarà la civiltà che tutti ammiriamo...
Quale sarebbero poi le vere radici? se sono quelle indoeuropee sai bene come la penso sul tentativo di traslare una categoria linguistica sul piano etnico-razziale il che potrebbe portare a divisioni piuttosto che unità (ne abbiamo una prova anche in Italia); in definitiva credo che solo la "tolleranza romana" possa fornire un'agile guida in un mondo dominato dai molteplici e concorrenti messaggi religiosi.
Saluti

Mjollnir
22-03-04, 01:50
Ma io veramente non pensavo espressamente agli schiavi, osservavo semplicemente che la situazione religiosa e spirituale del basso Impero era molto variegata e caotica. I culti cmq potevano essere introdotti anche dall'alto, o anche da persone che godevano della cittadinanza. Non penso che si debba necessariamente ipotizzare lo spostamento di immani compagini etniche. Questa frammentazione comunque fu una caratteristica che indubbiamente indebolì la struttura e la rese + fragile contro la diffusione del cristianesimo.
Se vogliamo, ciò fu la controparte della spropositata espansione dell'impero, inevitabile e forse anche "giusta".

Per venire all'attualità, non credo che la "tolleranza romana" possa essere un principio pratico sufficiente per districarci, poiché non avremmo la solida base di una tradizione culturale che possa organizzare le varie componenti con cui viene a contatto; anzi è già tanto se conserviamo ancora un barlume di consapevolezza culturale. Come sempre, la tolleranza è permessa ai soggetti forti, e noi non lo siamo affatto.

Poi ci sarebbe qualcosa da dire anche sul piano teorico, perchè il modello del sincretismo romano ad una osservazione attenta non era poi così efficace, pacioso ed elastico come spesso lo si dipinge; si pensi ad es alle continue eccezioni pratiche e normative che le autorità romane dovevano concedere all'ebraismo per via dei suoi rigorosi divieti. Tutti "strappi" alla politica religiosa che altri culti non avrebbero mai ottenuto. Si pensi anche alla messa fuorilegge della classe druidica celtica, che nella Gallia continentale porta di fatto al declino della tradizione celtica ancor prima del cristianesimo. Un fatto molto grave, che mi fa a volte pensare che se i Romani fossero rimasti nel Lazio sarebbe stato meglio per tutti.

Nel merito dell' argomento, non vedo proprio come l'Egitto potrebbe essere per l'Europa una fonte di ispirazione. Finchè si fa un discorso di tipo accademico e storico, si può ritenere interessante, ma se si cerca di proporlo come archetipo, mi sembra solo un esotismo, una infatuazione culturale come altre che imperversano oggigiorno. Senza tener conto che qui si parla di conoscenze esoteriche, mentre un archetipo che deve risvegliare delle potenzialità sociali e comunitarie ha bisogno anche di forti radici "exoteriche", nella storia dei popoli.

Mjollnir
22-03-04, 01:55
La res indoeuropea non è solo una categoria linguistica; è una Weltanschauung completa ed autonoma, che si dispiega nella religione, nel diritto, nelle istituzioni politiche e sociali, ecc...
Sarebbe ora di prenderne atto :rolleyes:
Che poi non piaccia è un altro discorso.

nhmem
22-03-04, 19:33
Due erano le grandi feste pubbliche che riattualizzavano alcuni episodi del mito di Iside e Osiride: la prima, il Navigium o <<Vascello di Iside>>, che si teneva ogni anno all’inizio di marzo, inaugurava la navigazione di primavera dopo la sosta invernale (mare clausum) (...)Alla sua celebrazione fu certo connesso il restauro dell'Iseum ostiense nel 376 ad opera del praefectus annonae Sempronius Faustus, il terminale sacro di molte processioni in onore della dea che con la sua protezione permetteva alle navi di uscire al largo per il rifornimento annonario della capitale. Addirittura la sua pratica travalicò i limiti cronologici del paganesimo e divenne una festività di cui si persero col tempo i connotati religiosi, se è vero che Vegezio, nell’età di Teodosio II (425-450), ricordava che la ricorrenza del <<Vascello di Iside>> era festeggiata con la consueta rivalità e pompa in molte città, e ormai in pieno VI secolo, Giovanni Lido assicurava che la ricorrenza primaverile di Iside era ancora festeggiata ai suoi tempi alla data del 5 marzo, così come già quasi due secoli prima aveva indicato il calendario di Filocalo. Le feste iliache liturgicamente più suggestive erano tuttavia quelle che si celebravano dal 29 ottobre al 1° novembre, allorché si ricordava l'inventio di Osiride.

Da: Andrea Pellizzari, Storia, cultura e istituzioni nell’opera di un grammatico tardoantico , Leo S. Olschki, 2003 Firenze, pp. 192-193 (non sono state riportate le note).

nhmem
22-03-04, 19:37
Da: Andrea Pellizzari, Storia, cultura e istituzioni nell’opera di un grammatico tardoantico , Leo S. Olschki, 2003 Firenze, pp. 192-193 (non sono state riportate le note). [/B]

:( Scusate il titolo esatto è:Servio. Storia, cultura e istituzioni nell’opera di un grammatico tardoantico

Satyricon
26-03-04, 22:35
Ecco la descrizione di Apuleio alla sua iniziazione ai Misteri Isiaci:

“Allora copertomi d’uno stendardo di lino il sacerdote mi condusse allo stesso ardito del sacrario. Mi accostai alla morte, e calpestata la soglia di Proserpina, trasportato per tutti gli elementi, feci ritorno. Nel mezzo della notte vidi il sole corrusco di un candido lume, venni alla presenza degli Dei superi, e degli Dei inferi, e gli adorai d’appresso”.

La chiusura da parte di Giustiniano del tempio di Philae nel VI secolo fu la fine ufficiale del culto isiaco; esso sopprivvisse però negli archetipi eterni che incarnava: la madre, la Vergine, la sposa.

Mjollnir
30-04-04, 17:04
Secondo R. Del Ponte, il rapporto di Iside con Roma non fu così idilliaco come è stato qui tratteggiato:


Se il Dioniso dei Baccanali aveva contorni troppo sfuggenti per soddisfare le esigenze delle autorità romane, quello della Grande Madre Cibele, una volta circoscritta la sua esoticità a gruppi sacerdotali estranei alla vita cittadina, ebbe subito diritto di cittadinanza.
Non così facilmente avvenne per Iside: per gli anni 59, 58, 53, 50, 48 a.e.v. si ha notizia dell'avvenuta distruzione di altari privati eretti a Iside e Serapide. All'indomani della morte di Cesare, nel 43, i triumviri autorizzano la costruzione di un tempio a Iside, ma nel 29 Augusto emana un divieto di costruzione di cappelle private a Iside e Osiride entro l'area sacra del pomerio. Un divieto che sarà ribadito dal genero Agrippa nel 21; viene anzi precisato: ogni costruzione dovrà avvenire ad oltre un miglio di raggio al di là del pomerio.
Tiberio nel 19 e.v. dà disposizione di demolire l'Isaeum, il santuario privato della dea, la cui statua viene ritualmente gettata nel Tevere.
Solo con Caracalla (215) Iside farà il suo trionfale ingresso nel pomerio, godendo di un tempio sul Quirinale.


Da: R. Del Ponte, La religione dei Romani. Rusconi, Milano, 1992

nhmem
01-05-04, 19:39
Originally posted by Mjollnir
Secondo R. Del Ponte, il rapporto di Iside con Roma non fu così idilliaco come è stato qui tratteggiato:


Se il Dioniso dei Baccanali aveva contorni troppo sfuggenti per soddisfare le esigenze delle autorità romane, quello della Grande Madre Cibele, una volta circoscritta la sua esoticità a gruppi sacerdotali estranei alla vita cittadina, ebbe subito diritto di cittadinanza.
Non così facilmente avvenne per Iside: per gli anni 59, 58, 53, 50, 48 a.e.v. si ha notizia dell'avvenuta distruzione di altari privati eretti a Iside e Serapide. All'indomani della morte di Cesare, nel 43, i triumviri autorizzano la costruzione di un tempio a Iside, ma nel 29 Augusto emana un divieto di costruzione di cappelle private a Iside e Osiride entro l'area sacra del pomerio. Un divieto che sarà ribadito dal genero Agrippa nel 21; viene anzi precisato: ogni costruzione dovrà avvenire ad oltre un miglio di raggio al di là del pomerio.
Tiberio nel 19 e.v. dà disposizione di demolire l'Isaeum, il santuario privato della dea, la cui statua viene ritualmente gettata nel Tevere.
Solo con Caracalla (215) Iside farà il suo trionfale ingresso nel pomerio, godendo di un tempio sul Quirinale.


Da: R. Del Ponte, La religione dei Romani. Rusconi, Milano, 1992

Gli atteggiamenti di Augusto e di Agrippa erano conseguenti alla battaglia di Azio. Cmq una delle quattordici regioni augustee in cui era divisa Roma (la terza) era "Isis et Serapis".

Tra le affiliazioni o cariche religiose rivestite da Vettio Agorio Pretestato Renato del Ponte (in La città degli Dei, La tradizione di Roma e la sua continuità. Ecig, Genova, 2003) ricorda anche quelle di jerofante e neocoro legate ai culti isiaci.

Satyricon
03-05-04, 10:14
Originally posted by Mjollnir
Secondo R. Del Ponte, il rapporto di Iside con Roma non fu così idilliaco come è stato qui tratteggiato:


Da: R. Del Ponte, La religione dei Romani. Rusconi, Milano, 1992

Narra Zolla, in un suo trattatino sull'argomento, che Tiberio crocifisse tutti i sacerdoti isiaci quando scoprì che avevano fatto credere ad una fedele di poterle elargire gli amplessi di Anubis testa-di-cane per concederla in realtà ad uno spasimante, protetto da una maschera del Dio, che lei aveva respinto...
Al di là delle iniziali resistenze (più di carattere "politico" che religioso) Iside rientrò ben presto nel Pomerio e a Roma spadroneggiò: fu maga (e Eliodoro ci narra di come ci fossero due tipi di magia egizia, una sacra che si impara con studi di ventitrè anni nei sotterranei isiaci e l'altra popolare quella delle misture magiche che i ciarlatani vendono nei mercati ed entrambe hanno Iside come protettrice; fu alchimista con il racconto di come resuscitò grazie ad inni, invocazioni ed operazioni alchemiche il defunto sposo (un papiro custodito a Torino racconta di come strappò al Sole, Ra, il suo nome segreto, il nome magico).

Mjollnir
04-05-04, 01:36
Mah... non mi pare una visione convincente.
Partendo da + lontano, si potrebbe guardare al panorama religioso romano come un ricorrente alternarsi di cedimenti e assorbimento di culti esotici ed orientalismi da un lato, e da movimenti di reazione e restaurazione della più autentica tradizione romano-italica dall'altra. E non ci sarebbero nemmeno problemi a far partire questa decomposizione già abbastanza presto, dal III-II sec a.e.v. Solo che il culto della Grande Madre era stato abbastanza efficacemente romanizzato, mentre successivamente i nuovi acquisti avrebbero trovato lo spirito romano + debole ed accondiscendente.

Secondo Altheim,
"gli ultimi anni della Repubblica erano stati segnati dall'allontanamento dagli Dèi tradizionali.
La diffusione dei culti orientali ebbe inizio con l'introduzione della Magna Mater nel 204. In connessione con tale culto, Roma sarebbe stata invasa da altre credenze e superstizioni orientali, cosa che alla fine avrebbe condotto al tramonto della religione romana. (...)
Nobiltà e Senato, difensori del mos maiorum cercavano di opporsi a tale proliferazione. Nella lotta contro i culti orientali ed orientaleggianti si manifesta una viva coscienza dell'originalità della religione romana. Essa viene intesa come un sistema ben definito, formatosi per volontà comune degli antenati, dal valore imperativo." (Storia della religione romana. Settimo Sigillo, 1996, pg.165-166)


Indubbiamente l'opera di Augusto si colloca anche a questo livello, più elevato, religioso e non solo politico; sarebbe piuttosto riduttivo infatti pensare che per i Romani, come per qualsiasi altra civiltà non-moderna, i fatti e le scelte religiose fossero soltanto paravento di fini e utilità politiche. Io ribalterei il concetto affermato da nhmem, e vedrei piuttosto il contrasto tra Ottaviano Augusto e Antonio anche come la reazione del mondo romano alla egittizzazione ed orientalizzazione che le scelte di Antonio sottendevano e avevano rafforzato.

Non è un caso, infatti, che poi la figura di Augusto si leghi in particolare ad Apollo nelle sue caratteristiche luminose ed olimpiche: viene costruito un nuovo tempio vicino alla residenza imperiale, e sul Palatino viene edificato il nuovo tempio di Vesta. Compaiono statue di Augusto con le insegne o la veste di Apollo.

É invece interessante notare come proprio 2 imperatori non-romani (nel senso del territorio laziale) e non-italici - in altri fora si direbbe allogeni, abbiano contribuito a proseguire ulteriormente tale deriva.
Settimio Severo si fa ritrarre sotto le sembianze di Serapide, mentre prima di lui tutti si erano associati alla figura di Giove. Caracalla, africano, è detto philosarapis, e inoltre caratterizza proprio in senso etnico e locale (africano) Serapide e Iside, che fino ad allora avevano sostanzialmente incarnato archetipi universali (Sole e Luna).

Col passare del tempo, poi, la situazione si aggrava, nonostante fulgidi esempi e ferree volontà in senso contrario, come Aureliano e poi Giuliano. Libera poi Iside di "spadroneggiare", come non molto + tardi lo sarà il cristianesimo stesso; ma c'è da rallegrarsene ? La realtà è che man mano che ci si avvicina a Costantino e Teodosio c'è sempre di meno da salvare, a Roma.

Mjollnir
04-05-04, 01:40
In Origine Postato da nhmem
Tra le affiliazioni o cariche religiose rivestite da Vettio Agorio Pretestato Renato del Ponte (in La città degli Dei, La tradizione di Roma e la sua continuità. Ecig, Genova, 2003) ricorda anche quelle di jerofante e neocoro legate ai culti isiaci.

Come anche il pontificato di Vesta e quello del Sole. Indubbiamente è stato una figura storica molto ricca, avendo cumulato molte cariche.

nhmem
04-05-04, 22:04
Originally posted by Mjollnir
Indubbiamente l'opera di Augusto si colloca anche a questo livello, più elevato, religioso e non solo politico; sarebbe piuttosto riduttivo infatti pensare che per i Romani, come per qualsiasi altra civiltà non-moderna, i fatti e le scelte religiose fossero soltanto paravento di fini e utilità politiche. Io ribalterei il concetto affermato da nhmem, e vedrei piuttosto il contrasto tra Ottaviano Augusto e Antonio anche come la reazione del mondo romano alla egittizzazione ed orientalizzazione che le scelte di Antonio sottendevano e avevano rafforzato.

Non è un caso, infatti, che poi la figura di Augusto si leghi in particolare ad Apollo nelle sue caratteristiche luminose ed olimpiche: viene costruito un nuovo tempio vicino alla residenza imperiale, e sul Palatino viene edificato il nuovo tempio di Vesta. Compaiono statue di Augusto con le insegne o la veste di Apollo.

Hai ragione. Forse sono stato troppo conciso e, purtroppo, precipitoso ed ho scritto "conseguenti" mentre avevo in mente "contingenti".
Vale.:(

Satyricon
14-05-04, 21:18
Caro Mjollnir, non credo che si possano innalzare alcuni contrasti relativi e contingenti ad assoluti e metafisici come fa spesso un certo tradizionalismo che fa della ‘Tradizione’ l’opposto della ‘Modernità’ salvo poi usare metodi di distinzione per così dire un po’ moderni (ad esempio invece di usare gli autori latini per interpretare la romanitas si preferiscono gli studiosi degli anni ’40).
La Tradizione non è certo una prigione nella quale rimanere incatenati, nuove rappresentazioni del divino, sintesi e adattamenti di culti stranieri alla sensibilità locale non solo sono perfettamente legittimi e ortodossi ma a volte assolutamente necessari per mantenere saldi i principi pur variando la forma; ci sono sempre stati nelle società politeiste: “ Gli induisti hanno sempre cercato di stabilire corrispondenze tra le forme usate dai diversi filosofi e dalle diverse religioni per esprimere un aspetto delle forze cosmiche. D'altronde, questo era un comportamento comune a tutto il mondo antico: il Rudra vedico veniva spontaneamente identificato con lo Shiva dravidico, con il Dioniso greco e con l'Osiride egizio” (Alain Danièlou) e questo nonostante spesso ci siano state forze contrarie e scontri tra le varie forme tradizionali che, a mio modo di vedere, non vanno mai assolutizzati.
Ad esempio, nonostante il Tibet sia un paese permeato in ogni suo aspetto dalla cultura buddista, l’introduzione di questa religione nel paese delle nevi non fu affatto semplice visto che ci furono uccisioni di monaci, biblioteche date alla fiamme e monasteri distrutti da parte di principi e fedeli dell’antico Bon-po (la religione sciamanica prebuddista).
Se la chiave interpretativa che usi fosse corretta bisognerebbe trarre dagli accadimenti tibetani la considerazione che la l’introduzione del buddismo fu un episodio negativo e decadente nella millenaria storia del Tibet il che sarebbe veramente paradossale (anche se ci fu chi tentò, per vie simili, di far passare il buddismo come un’ “eresia”) invece che un positivo apporto di spiritualità che diede origine ad una bellissima sintesi culturale e spirituale.
Così nella secolare storia di Roma ci furono imperatori e senatori ostili ai culti orientali, altri amanti invece di quei culti (molti dei quali grandi imperatori come Adriano, Marco Aurelio o Antonino Pio) senza che nell’introduzione di queste fedi si debba vedere un episodio dell’”asiatizzazione” di Roma, ma piuttosto come una maniera di rappresentare il divino più consona ad una nuova epoca: l’epoca dell’Imperium destinata, inevitabilmente dall’Archetipo che rappresentava, ad una spiritualità diversa da quella Prisca.
Per quanto riguarda Augusto poi, vorrei sottolineare come, per celebrare il suo trionfo imperiale, si fosse rifatto anche al simbolismo egizio; chiamò, infatti, astronomi e matematici da Alessandria per la costruzione del suo famoso gnomone o orologio cosmico formato dall’obelisco di Psammetico II (fatto portare apposta da Heliopolis) orientato in modo che il 23 settembre (anniversario di Augusto) e il giorno dell’equinozio di autunno l’ombra dell’obelisco si allungasse verso il centro dell’Ara Pacis con evidente effetto celebrativo e scenografico; l’obelisco era inoltre angolato in modo tale che una delle sue facce salutasse il sole nascente del 21 aprile per amplificare la divina reggenza di Augusto restauratore dell’aurea aetas.

http://digilander.libero.it/ombredeltempo/capitoli/anteprime/06a.jpg
Horologium solarium di Augusto: l'Obelisco di Psammetico II oggi si trova in Piazza Montecitorio

Risulta quindi incomprensibile il perché Augusto avesse usato uno schema cosmologico egittizzante se fosse stato quel campione di conservatorismo antiorientale che si vuol far passare, tanto più che poi fece erigere un altro obelisco al Circo Massimo e addirittura, secondo Dione Cassio, fece innalzare personalmente santuari agli Dei egizi!!
Anche per Giuliano ci sarebbero da fare alcune obiezioni visto che comunque il grande imperatore considerava perfettamente lecito l’ebraismo (mi sembra che considerasse i patriarchi ebrei di origine caldea) ed era permeato di quel neoplatonismo che, secondo Strabone, proprio i filosofi d’Alessandria d’Egitto avevano portato a Roma (insieme alla dottrine gnostiche) e comunque il suo anticristianesimo deriva da critiche di natura spirituale e politica non certo etnica o razziale.
Vorrei poi ricordare per ultimo come quasi tutti i dotti dell’antichità videro l’Egitto come la Terra della sapienza totale e bramarono per iniziarsi al suo sapere (tra gli altri Solone, Pitagora, Talete, Licurgo, Platone, Erodoto, Apuleio, Plutarco e Giambico) e lo stesso Giulio Cesare campione della romanità che vi attinse per la riforma del suo calendario imitando gli egizi unici possessori della divina Sapienza: imitatus Aegyptios, solos divinarum rerum omnium conscios (Macrobio, Saturnali).

Mjollnir
15-05-04, 04:17
Dunque, anzitutto preciso che io non sono perennialista, quindi non credo alla Tradizione Unica. Guenon non mi ha ancora convinto :D
Ma anche volendo utilizzare le categorie guenoniane come ipotesi di lavoro, il perennialismo stesso mi sembra non concedere così facilmente questa osmosi e sovrapposizione di simboli e forme da una tradizione essoterica all'altra, da una compagine etnostorica all'altra. Ricordo infatti che il concetto perennialista di giurisdizione antropogeografica delle varie forme pone dei limiti abbastanza precisi, voler superare i quali potrebbe configurarsi come prometeica antitradizionalità.

In secondo luogo, il tuo metodo mi sembra molto unilaterale. Le fonti antiche avrebbero dunque un valore assoluto e a prova non solo di smentita, ma anche di integrazione e di intepretazione. Già questo è scorretto, perchè non è detto a priori che un antico fosse in una posizione migliore rispetto alla nostra per capire o interpretare un elemento. Ad es, se dovessimo basarci solo sulla interpretatio romana per descrivere la religione e i pantheon di altri popoli. Noi possiamo spesso confrontarli con quelli di popoli vicini, gli antichi non avevano sempre questa possibilità.


Inoltre il fatto che tendi a nascondere nella tua argomentazione è che fai una selezione preventiva delle fonti. Ad es non è vero che nelle fonti classiche l'Egitto spopoli in maniera così evidente; è ugualmente potente e viva l'idea di un legame con l'estremo Nord iperboreo, da Plutarco e Diodoro Siculo, fino a Virgilio e Seneca.
Ora, con le acquisizioni degli ultimi secoli, questi richiami altrettanto presenti guadagnano un valore conoscitivo ed esplicativo a mio parere molto maggiore rispetto alla vecchia immagine dell' ex oriente lux. Bisogna semmai dire a gran voce ex septemtrione lux. Tuttavia, se rimanessimo fermi - come in sostanza sembri fare tu - alla poesia e all'annalistica "ufficiale", saremmo ancora qui a crederci lontani discendenti dei Troiani, ma senza sospettare che questi "Troiani" in realtà con l'Asia non c'entravano un fico secco.

Per quanto riguarda Giuliano, mi sembri in errore nella volontà di scindere i contenuti spirituali dalle rispettive realtà etnico-nazionali. Tant'é che l'imperatore parla espressamente di Dèi etnarchi, ministri della Divinità Suprema presso le varie genti.

Infine, l'espressione unici possessori della divina Sapienza, riferita agli Egizi o a chiunque altro, non mi sembra congeniale al paganesimo. Anzi, la tua stessa idea precedente di una facilità di passaggio e trasformazioni, non esclude che anche gli Egizi possano essere in debito con qualcun altro :D

E qui mi ricollego ad un fatto curioso. Mentre rileggevo i messaggi sullo smembramento di Osiride, ho notato che un episodio molto simile è contenuto nel poema finnico Kalevala. Cercherò prossimamente di trovare il testo preciso.

Otto Rahn
15-05-04, 13:07
Originally posted by Mjollnir
Per quanto riguarda Giuliano, mi sembri in errore nella volontà di scindere i contenuti spirituali dalle rispettive realtà etnico-nazionali. Tant'é che l'imperatore parla espressamente di Dèi etnarchi, ministri della Divinità Suprema presso le varie genti.


Se mi posso permettere di intervenire brevemente in questa interessante discussione trovo questo punto molto interessante.
Io credo fermamente che gli antichi percepissero la realtà del mondo in maniera fortemente unitaria rispetto a noi moderni;
distringuere quindi arbitrariamente l' aspetto spirituale e religioso da quello etnico e di appartenenza a un sangue, a una stirpe
è secondo me sbagliato. Vero è che proprio nei periodi più tardi dell' Impero romano a causa dello sfaldarsi progressivo di questi vincoli assistiamo a un sincretismo sempre più diffuso e invadente.

Senatore
16-05-04, 00:33
Originally posted by Mjollnir
Dunque, anzitutto preciso che io non sono perennialista, quindi non credo alla Tradizione Unica. Guenon non mi ha ancora convinto :D
Ma anche volendo utilizzare le categorie guenoniane come ipotesi di lavoro, il perennialismo stesso mi sembra non concedere così facilmente questa osmosi e sovrapposizione di simboli e forme da una tradizione essoterica all'altra, da una compagine etnostorica all'altra. Ricordo infatti che il concetto perennialista di giurisdizione antropogeografica delle varie forme pone dei limiti abbastanza precisi, voler superare i quali potrebbe configurarsi come prometeica antitradizionalità.

In secondo luogo, il tuo metodo mi sembra molto unilaterale. Le fonti antiche avrebbero dunque un valore assoluto e a prova non solo di smentita, ma anche di integrazione e di intepretazione. Già questo è scorretto, perchè non è detto a priori che un antico fosse in una posizione migliore rispetto alla nostra per capire o interpretare un elemento. Ad es, se dovessimo basarci solo sulla interpretatio romana per descrivere la religione e i pantheon di altri popoli. Noi possiamo spesso confrontarli con quelli di popoli vicini, gli antichi non avevano sempre questa possibilità.


Inoltre il fatto che tendi a nascondere nella tua argomentazione è che fai una selezione preventiva delle fonti. Ad es non è vero che nelle fonti classiche l'Egitto spopoli in maniera così evidente; è ugualmente potente e viva l'idea di un legame con l'estremo Nord iperboreo, da Plutarco e Diodoro Siculo, fino a Virgilio e Seneca.
Ora, con le acquisizioni degli ultimi secoli, questi richiami altrettanto presenti guadagnano un valore conoscitivo ed esplicativo a mio parere molto maggiore rispetto alla vecchia immagine dell' ex oriente lux. Bisogna semmai dire a gran voce ex septemtrione lux. Tuttavia, se rimanessimo fermi - come in sostanza sembri fare tu - alla poesia e all'annalistica "ufficiale", saremmo ancora qui a crederci lontani discendenti dei Troiani, ma senza sospettare che questi "Troiani" in realtà con l'Asia non c'entravano un fico secco.

Per quanto riguarda Giuliano, mi sembri in errore nella volontà di scindere i contenuti spirituali dalle rispettive realtà etnico-nazionali. Tant'é che l'imperatore parla espressamente di Dèi etnarchi, ministri della Divinità Suprema presso le varie genti.

Infine, l'espressione unici possessori della divina Sapienza, riferita agli Egizi o a chiunque altro, non mi sembra congeniale al paganesimo. Anzi, la tua stessa idea precedente di una facilità di passaggio e trasformazioni, non esclude che anche gli Egizi possano essere in debito con qualcun altro :D

E qui mi ricollego ad un fatto curioso. Mentre rileggevo i messaggi sullo smembramento di Osiride, ho notato che un episodio molto simile è contenuto nel poema finnico Kalevala. Cercherò prossimamente di trovare il testo preciso.

Caro Mjollnir,
concordo essenzialmente con quanto da te sostenuto. Per la precisione, ritengo che in quanto scrive Satyricon ci sia moltissimo di vero, da un punto di vista della ricostruzione storica, e tuttavia che ogni infatuazione per l'Egitto, cosa che nella storia - è un fatto curioso!- si ripete ciclicamente nei periodi di decadenza, sia qualcosa di simile a una malattia dello spirito. L'Egitto per quanto mi riguarda è una sorta di emblema dell'esotismo, dell'occultismo instabile e proteiforme, della mescolanza di tradizioni; intendo riferirmi al fatto, molto noto, che l'Egitto che influenza l'Impero romano è già un contesto cosmopolita e sincretistico.
D'altro canto non voglio negare che vi siano culti e misteri legittimamente trasmessi e accolti da taluni sapienti con piena cognizione di causa, ma quello che è vero per degli alti iniziati (come Macrobio e Pretestato citati in questo thread) , e cioè che vi è un solo "mistero", una sola tradizione che si riveste di forme molteplici, non sempre lo è, anzi per lo più è assai problematico, per la generalità della comunità. E così il pullulare di sette e misteri isiaci allora, come dei vari egittismi e cabalismi dell'ottocento-novecento, dei celtismi e druidismi di oggi, ha sempre molto di losco e sospetto.
Inoltre concordo sul fatto che, si accetti o meno l'ipotesi, chiamiamola così, perennialista, i giudizi di valore di Satyricon rimangono passibili di critica, perchè dalla circostanza che vi sia una sola Tradizione non deriva, per ciò stesso, la legittimità di ogni sintesi, quale ne sia il livello e la modalità.

Mjollnir
17-05-04, 02:52
In Origine Postato da Senatore
Caro Mjollnir,
concordo essenzialmente con quanto da te sostenuto. Per la precisione, ritengo che in quanto scrive Satyricon ci sia moltissimo di vero, da un punto di vista della ricostruzione storica, e tuttavia che ogni infatuazione per l'Egitto, cosa che nella storia - è un fatto curioso!- si ripete ciclicamente nei periodi di decadenza, sia qualcosa di simile a una malattia dello spirito. L'Egitto per quanto mi riguarda è una sorta di emblema dell'esotismo, dell'occultismo instabile e proteiforme, della mescolanza di tradizioni; intendo riferirmi al fatto, molto noto, che l'Egitto che influenza l'Impero romano è già un contesto cosmopolita e sincretistico.
D'altro canto non voglio negare che vi siano culti e misteri legittimamente trasmessi e accolti da taluni sapienti con piena cognizione di causa, ma quello che è vero per degli alti iniziati (come Macrobio e Pretestato citati in questo thread) , e cioè che vi è un solo "mistero", una sola tradizione che si riveste di forme molteplici, non sempre lo è, anzi per lo più è assai problematico, per la generalità della comunità. E così il pullulare di sette e misteri isiaci allora, come dei vari egittismi e cabalismi dell'ottocento-novecento, dei celtismi e druidismi di oggi, ha sempre molto di losco e sospetto.
Inoltre concordo sul fatto che, si accetti o meno l'ipotesi, chiamiamola così, perennialista, i giudizi di valore di Satyricon rimangono passibili di critica, perchè dalla circostanza che vi sia una sola Tradizione non deriva, per ciò stesso, la legittimità di ogni sintesi, quale ne sia il livello e la modalità.

Carissimo Senatore, anche tu fai parte di quei mariuoli che non tornano mai abbastanza presto da queste parti :D :p :)

Cmq, per rimanere in tema, proprio oggi mi sono imbattuto in un monito egitto-scettico proveniente proprio da Guenon:

(...) una tradizione si presterà tanto meglio a tutte le ricostruzioni fantastiche quanto più essa è perduta e dimenticata, e quantomeno se ne sa sul significato reale delle vestigia che ne rimangono, ed alle quali si potrà far dire tutto quel che si vorrà. Ciascuno vi metterà naturalmente quel che sarà conforme alle sue proprie idee: senza dubbio non c'è altra ragione che questa da ricercare per spiegare il fatto che la tradizione egizia è così particolarmente sfruttata sotto questo aspetto, e che tanti "pseudo-iniziati" appartenenti a scuole assai diverse le attestino una predilezione che altrimenti non si comprenderebbe affatto.

R. Guenon, Le contraffazioni dell'idea tradizionale in La tradizione e le tradizioni. Mediterranee, 2003 pg 197-198

Satyricon
17-05-04, 16:24
Dunque, anzitutto preciso che io non sono perennialista, quindi non credo alla Tradizione Unica. Guenon non mi ha ancora convinto
Ma anche volendo utilizzare le categorie guenoniane come ipotesi di lavoro, il perennialismo stesso mi sembra non concedere così facilmente questa osmosi e sovrapposizione di simboli e forme da una tradizione essoterica all'altra, da una compagine etnostorica all'altra. Ricordo infatti che il concetto perennialista di giurisdizione antropogeografica delle varie forme pone dei limiti abbastanza precisi, voler superare i quali potrebbe configurarsi come prometeica antitradizionalità.

In secondo luogo, il tuo metodo mi sembra molto unilaterale. Le fonti antiche avrebbero dunque un valore assoluto e a prova non solo di smentita, ma anche di integrazione e di intepretazione. Già questo è scorretto, perchè non è detto a priori che un antico fosse in una posizione migliore rispetto alla nostra per capire o interpretare un elemento. Ad es, se dovessimo basarci solo sulla interpretatio romana per descrivere la religione e i pantheon di altri popoli. Noi possiamo spesso confrontarli con quelli di popoli vicini, gli antichi non avevano sempre questa possibilità.

Caro Mjollnir,
come hai intuito, nello studio della Tradizione io preferisco un approccio, per così dire, fenomenologico che, pur avendo lo svantaggio di non essere aperto a nuove e mirabolanti chiavi interpretative, ha l’indubbio vantaggio di cercar di vedere la romanità con gli occhi di un romano evitando di attribuire ai nostri avi caratteristiche e intenzioni che forse essi mai ebbero.
Come preferisco leggere testi religiosi induisti e buddisti e relativi commentari orientali rispetto agli studiosi occidentali di sanscrito, così amo leggere le fonti originali delle dottrine e delle filosofie antiche convinto che chi visse poté conoscere meglio certe tematiche rispetto a chi, semplicemente, le studiò e le “interpretò” (soprattutto secoli dopo).
E’ un approccio scorretto? Antitradizionale? Onestamente non credo visto che è tutto da dimostrare che il Gunther e il Bachofen ci abbiano lasciato un ritratto più veritiero della classicità rispetto a Plutarco e a Macrobio.



Inoltre il fatto che tendi a nascondere nella tua argomentazione è che fai una selezione preventiva delle fonti. Ad es non è vero che nelle fonti classiche l'Egitto spopoli in maniera così evidente; è ugualmente potente e viva l'idea di un legame con l'estremo Nord iperboreo, da Plutarco e Diodoro Siculo, fino a Virgilio e Seneca.
Ora, con le acquisizioni degli ultimi secoli, questi richiami altrettanto presenti guadagnano un valore conoscitivo ed esplicativo a mio parere molto maggiore rispetto alla vecchia immagine dell' ex oriente lux. Bisogna semmai dire a gran voce ex septemtrione lux. Tuttavia, se rimanessimo fermi - come in sostanza sembri fare tu - alla poesia e all'annalistica "ufficiale", saremmo ancora qui a crederci lontani discendenti dei Troiani, ma senza sospettare che questi "Troiani" in realtà con l'Asia non c'entravano un fico secco.

A parte il fatto che l’Iperborea, secondo la mia opinione e negli autori che citi, va considerata quasi come il famoso Regno del Prete Gianni medioevale una terra simbolica e spirituale, dell’immaginario (il che non nega la sua esistenza reale beninteso); una terra, va ricordato, dal clima mite e temperato (e questo pone degli interrogativi su quali popolazioni conservarono meglio l’antico retaggio se quelle che migrarono per prime in terre simili a quelle che avevano lasciato o quelle che rimasero e subirono la glaciazione e le relativi trasformazioni culturali e forse fisiche).
Comunque, al di là di tutto, ad Alessandria d’Egitto gli intellettuali dell’epoca cercavano Sapienza e Cultura e non a Stoccolma, effettuando viaggi reali e non immaginari e questo vorrà pur dir qualcosa…:rolleyes:



Per quanto riguarda Giuliano, mi sembri in errore nella volontà di scindere i contenuti spirituali dalle rispettive realtà etnico-nazionali. Tant'é che l'imperatore parla espressamente di Dèi etnarchi, ministri della Divinità Suprema presso le varie genti.
Infine, l'espressione unici possessori della divina Sapienza, riferita agli Egizi o a chiunque altro, non mi sembra congeniale al paganesimo. Anzi, la tua stessa idea precedente di una facilità di passaggio e trasformazioni, non esclude che anche gli Egizi possano essere in debito con qualcun altro

Su Giuliano confermo la mia posizione, anzi aggiungo che egli fu anche un iniziato ai misteri di Mitra e di Eleusi (e quindi perfettamente integrato in quel clima misteriosofico che si vorrebbe “decadente”), misteri eleusini legati, come si sa, al culto di Demetra cioè una delle maggiori identificazioni di Iside (Cfr. Plutarco); abbiamo quindi un Imperatore che rispetta e stima i culti caldei-mesopotamici, gli ebrei (di cui progetta la ricostruzione del Tempio), critica i cristiani perché eretici rispetto all’ebraismo e nei cui scritti emergono evidenti echi dei maggiori neoplatonici dell’epoca: Plotino (egizio), Giamblico (siriano) e Porfirio (fenicio) e quest’Imperatore sarebbe però l’araldo del conservatorismo ario contro l’”asiatizzazione” dell’Impero? Pur non condividendo molte tue posizioni caro Mjollnir, comunque le seguo sempre con attenzione ma questa volta mi costringi proprio ad un bello sforzo interpretativo!
Per il resto beh…la frase è di Macrobio e quindi declino ogni responsabilità ;)


E qui mi ricollego ad un fatto curioso. Mentre rileggevo i messaggi sullo smembramento di Osiride, ho notato che un episodio molto simile è contenuto nel poema finnico Kalevala. Cercherò prossimamente di trovare il testo preciso.

Riguardo a questo interessante punto mi sembra di ricordare che il De Santillana nel suo magnifico saggio sulla struttura del mito, “Il mulino di Amleto”, compari il Kalevala finnico (i Finni vengono considerati, al pari dei loro cugini ungheresi, di origini non indoeuropee) ad un topos molto diffuso in Europa (quello di Amleto e del fraticidio appunto) a dimostrazione dell’universalità di certi archetipi non caratteristici solo dei popoli indoeuropei.

Satyricon
17-05-04, 16:26
Se mi posso permettere di intervenire brevemente in questa interessante discussione trovo questo punto molto interessante.
Io credo fermamente che gli antichi percepissero la realtà del mondo in maniera fortemente unitaria rispetto a noi moderni;
distringuere quindi arbitrariamente l' aspetto spirituale e religioso da quello etnico e di appartenenza a un sangue, a una stirpe
è secondo me sbagliato. Vero è che proprio nei periodi più tardi dell' Impero romano a causa dello sfaldarsi progressivo di questi vincoli assistiamo a un sincretismo sempre più diffuso e invadente.

Ma qui bisogna intendersi…sai bene infatti che io non considero affatto il razzismo biologico una diretta filiazione della teoria qualitativa indù dei tre gunas; non vedo nessuna connessione tra uno studio di cosmologia indù e la proibizione dei matrimoni interrazziali, se qualcuno ce le vede beh, mi presti i suoi occhiali...;)
Al massimo si potrebbe dire, seguendo il Guenon (che fu sempre alieno a simili fraintendimenti), che i popoli occidentali abbiano una tendenza all’azione kshâtram, per usare i termini indù al contrario degli orientali più portati alla Conoscenza; ma la distinzione qualitativa si fa anche e soprattutto all’interno di uno stesso popolo, mentre il moderno razzismo zoologico agisce su un piano meramente quantitativo.
Per ampliare questo discorso, si può ricordare che esiste anche chi vede la Tradizione in termini di Imperium, di Alessandrinismo ed ellenismo e quindi cercando una sintesi superiore rispetto a chi vede la Tradizione in termini di etnia e di razza.
Perché questo approccio non dovrebbe essere valido? Lo stesso Alessandro Magno che è sempre stato il modello a cui i grandi imperatori romani si sono rifatti da Cesare fino a Giuliano (dice una leggenda che quando morì, gli astanti videro uscire dal corpo di lui due anime: prima quella di Giuliano, poi quella di Alessandro) cercò di realizzare quest’ideale necessariamente “universalistico” senza essere meramente sincretista.
Il grande macedone incarnò infatti l’Archetipo del ‘Signore Universale’ che in India va sotto il nome di cakravartî ottenendo l’incoronazione imperiale (non a caso) in Egitto facendosi incoronare solare figlio di Ammon e dal lato opposto, in India, l’Imperatore Asoka ne cercò di ricalcare le orme in senso inverso usando però monaci buddisti invece di falangi greche (tra i territori di apostolato vi furono la Macedonia e l’Egitto).
Sull’ultimo numero de “La Cittadella” dedicato, emblematicamente, a “Roma e l’Oriente” figura una bella foto della Lupa romana effigiata in un palazzo nel Tagikistan (risalente all’VIII IX sec.) a testimonianza del perdurare del Mito di Roma in Oriente e dei fecondi scambi culturali con quei popoli….può essere tutto ciò solo un volgare simbolo del decadente sincretismo tardo imperiale?
Perché ad esempio un razzista positivista come De Gobineau fa parte della “cultura Tradizionale” e, ad esempio, Giordano Bruno, che nello Spaccio de la bestia trionfante rimpiange la “religione magica degli egizi” citando passi delCorpus Hermeticum è invece un pericoloso liberale massoneggiante?
In finale siamo sicuri che tutto quello che scrissero gli autori cosiddetti tradizionalisti discenda da presunte civiltà antiche e non dalle loro personali idiosincrasie e volontà politiche?

Saluti

Mjollnir
17-05-04, 17:58
In Origine Postato da Satyricon
Caro Mjollnir, come hai intuito, nello studio della Tradizione io preferisco un approccio, per così dire, fenomenologico che, pur avendo lo svantaggio di non essere aperto a nuove e mirabolanti chiavi interpretative, ha l?indubbio vantaggio di cercar di vedere la romanità con gli occhi di un romano evitando di attribuire ai nostri avi caratteristiche e intenzioni che forse essi mai ebbero.
Come preferisco leggere testi religiosi induisti e buddisti e relativi commentari orientali rispetto agli studiosi occidentali di sanscrito, così amo leggere le fonti originali delle dottrine e delle filosofie antiche convinto che chi visse poté conoscere meglio certe tematiche rispetto a chi, semplicemente, le studiò e le ?interpretò? (soprattutto secoli dopo).
E? un approccio scorretto? Antitradizionale? Onestamente non credo visto che è tutto da dimostrare che il Gunther e il Bachofen ci abbiano lasciato un ritratto più veritiero della classicità rispetto a Plutarco e a Macrobio.


Il tuo approccio, Satyricon, è corretto se l'esame dei testi antichi è la base di partenza. Diventa limitante quando non scorretto se tutto finisce lì e se non tieni conto delle acquisizioni successive.
Ti faccio un solo banale esempio: nella interpretatio romana Thorr è stato equiparato a Giove a causa dell'attributo della folgore, e oggi nelle lingue germaniche Thorsdag è il Giovedi. Errore, perchè Thor è il dio della guerra e non il dio sovrano.
Certo non si può fare il processo per es a Cesare (o ad altri) quando incappa in errori simili descrivendo i pantheon, ma se noi siamo a conoscenza di altri dati e perseveriamo nell'errore allora la colpa è tutta nostra.
Sul Günther, ti consiglierei di odiarlo di meno e leggerlo di più, nel senso che le tue critiche sfondano una porta aperta. Lui stesso in Religiosità indoeuropea ha riconosciuto che determinati tratti della spiritualità aria risaltavano + chiaramente in tradizioni non strettamente nordiche (geograficamente), ma in quelle greche, iraniche, indiane. O anche nella Roma arcaica. E un concetto simile è proprio anche ad Evola che, in vari luoghi, riconosce l'affievolimento spirituale dei popoli del Nord appena prima delle grandi migrazioni.



In Origine Postato da Satyricon
A parte il fatto che l?Iperborea, secondo la mia opinione e negli autori che citi, va considerata quasi come il famoso Regno del Prete Gianni medioevale una terra simbolica e spirituale, dell?immaginario (il che non nega la sua esistenza reale beninteso); una terra, va ricordato, dal clima mite e temperato (e questo pone degli interrogativi su quali popolazioni conservarono meglio l?antico retaggio se quelle che migrarono per prime in terre simili a quelle che avevano lasciato o quelle che rimasero e subirono la glaciazione e le relativi trasformazioni culturali e forse fisiche).
Comunque, al di là di tutto, ad Alessandria d?Egitto gli intellettuali dell?epoca cercavano Sapienza e Cultura e non a Stoccolma, effettuando viaggi reali e non immaginari e questo vorrà pur dir qualcosa?:rolleyes:

Ma certo, l'Iperborea è anzitutto l'Origine spirituale e metafisica, e come dici tu appunto questo non nega la sua esistenza reale. D'altro canto anche l'Egitto di cui andavano in cerca occultisti e alchimisti potrebbe essere visto come un riferimento simbolico e archetipico prima che (e piuttosto che) un luogo storico reale, quindi potremmo svalutare il fatto che il tardo Impero si abbeverava alle sue fonti come poco significativo.

E anche il Lazio e l'Italia, che tu ritieni ancora Saturnia Tellus potrebbero essere solo riferimenti simbolici, un "Lazio" latente e una Vitalia (=terra della vita) mistica. Ricordo infatti che i Romani definivano Mare Cronium il mare polare e non certo il mediterraneo. Tant'è che nel 306 e.v. l'imperatore Costanzo Cloro organizza una spedizione proprio a nord della Britannia per trovare "la terra della purezza e della sapienza, dove il Sole non tramonta mai".
Del resto Roma si è abbeverata, nella storia, alla Grecia prima dell'Egitto, e comunque lo ha fatto non senza opporre prima resistenza.
Tuttavia sarebbe totalmente assurdo porre, nella situazione di pienezza spirituale propria delle origini, una dissociazione radicale tra la sede spirituale e la sede fisica. Questo va contro il principio di analogia ed armonia tra le varie dimensioni dell'essere che invece dobbiamo presupporre per l'Età dell'Oro, che altrimenti non sarebbe tale.

Rimane comunque il fatto che Cesare (e non solo lui) riferisce, a proposito dei Galli, che i druidi di tutta la Gallia andavano a perfezionare i propri studi in Britannia, già nota nell'antichità come grande centro spirituale. E i druidi non erano certo ciarlatani da quattro soldi, ma sacerdoti, filosofi, astronomi, medici, giuristi, ecc... che diventavano tali dopo una preparazione di 20 anni. É fin troppo noto poi il continuo legame e interscambio tra i Greci collocati nel mediterraneo e gli Iperborei (vengono proprio chiamati così), il che implica che fino a poco prima dell'età del bronzo nelle contrade nordiche vi erano attivi centri spirituali e sedi del culto di Apollo (uno degli epiteti del dio è leukos, che si ricollega all'isola Leuké o Albio). Sicuramente in Britannia, ma molto probabilmente anche in Groenlandia, Scandinavia, e dove adesso ci sono arcipelaghi come le Svalbard, Spitzberg ecc... (A questo proposito segnalo che recenti scavi archeologici hanno ritrovato in quelle zone resti di una civiltà antica molto evoluta, a dispetto dell'opinione comune sulla preistoria europea).

Per riepilogare, quindi, finché si constata che una determinata eredità con lo sviluppo storico e le vicende politiche si disperde e si altera, possiamo concordare tutti.

Un conto ben diverso è invece se per principio e sistematicamente si sceglie di riferirsi ad una eredità diversa, che provenga dal Sud, dall'Oriente o da chissà dove.. Come ripeto, questo per me è un punto fondamentale, non credendo all'unicità della tradizione. Se poi tu ci credi, bene, però considera il monito di Senatore, per cui questo carattere di unicità non autorizza nessuno ad improvvisarsi esoterista eclettico o a giocar con gli elementi più disparati.


In Origine Postato da Satyricon
Su Giuliano confermo la mia posizione, anzi aggiungo che egli fu anche un iniziato ai misteri di Mitra e di Eleusi (e quindi perfettamente integrato in quel clima misteriosofico che si vorrebbe ?decadente?), misteri eleusini legati, come si sa, al culto di Demetra cioè una delle maggiori identificazioni di Iside (Cfr. Plutarco); abbiamo quindi un Imperatore che rispetta e stima i culti caldei-mesopotamici, gli ebrei (di cui progetta la ricostruzione del Tempio), critica i cristiani perché eretici rispetto all?ebraismo e nei cui scritti emergono evidenti echi dei maggiori neoplatonici dell?epoca: Plotino (egizio), Giamblico (siriano) e Porfirio (fenicio) e quest?Imperatore sarebbe però l?araldo del conservatorismo ario contro l??asiatizzazione? dell?Impero? Pur non condividendo molte tue posizioni caro Mjollnir, comunque le seguo sempre con attenzione ma questa volta mi costringi proprio ad un bello sforzo interpretativo!
Per il resto beh?la frase è di Macrobio e quindi declino ogni responsabilità ;)

Calma. La restaurazione del culto solare comincia con l'illirico Aureliano. A proposito di questa l'essenziale è stabilire come essa non debba nulla a culti siriaci, Elagabalo e manfrine esotiche varie che si trovano nei manuali scolastici ecc... Poi non mi pare che qualcuno abbia parlato di Giuliano come "conservatore ario"; l'Imperatore è una figura molto complessa ed è anzitutto il campione dell'ultimo paganesimo. Certo non è un Catone.
Si parlava di Giuliano a proposito della relazione tra etnia e spirito, cosa che lui teorizza apertamente e che invece tu tendi a negare, il che è inaccettabile. Vedi, il problema (ricorrente) è che molto spesso tu ti fermi troppo presto: è vero che Giuliano riteneva l'ebraismo una religio licita, ma se si va un attimino + avanti non esprime certo un giudizio lusinghiero né su ebrei né su cristiani presi come tali. I cristiani sono definiti come una setta innovatrice ed "eretica" dell'ebraismo, ma l'ebraismo stesso è ritenuto da Giuliano arrogante e settario per la pretesa di detenere in esclusiva la sapienza tradizionale. Infatti declassa YHWH ad una divinità tutelare di second'ordine, propria di un popolo periferico.



In Origine Postato da Satyricon
Riguardo a questo interessante punto mi sembra di ricordare che il De Santillana nel suo magnifico saggio sulla struttura del mito, ?Il mulino di Amleto?, compari il Kalevala finnico (i Finni vengono considerati, al pari dei loro cugini ungheresi, di origini non indoeuropee) ad un topos molto diffuso in Europa (quello di Amleto e del fraticidio appunto) a dimostrazione dell?universalità di certi archetipi non caratteristici solo dei popoli indoeuropei.

I Finni sono certamente non-Indoeuropei; bisogna ricordare però che sono arrivati là dove sono stanziati adesso relativamente tardi, e quindi è probabile che elementi contenuti nel poema siano molto + arcaici, come accade del resto per i Veda od Omero.
Ma in ogni caso è molto difficile ipotizzare una influenza diretta degli Egizi storici sui Finni.

Mjollnir
17-05-04, 18:13
In Origine Postato da Satyricon
In finale siamo sicuri che tutto quello che scrissero gli autori cosiddetti tradizionalisti discenda da presunte civiltà antiche e non dalle loro personali idiosincrasie e volontà politiche?Saluti

E siamo sicuri a contrario che tutto quello scrissero gli autori antichi sia veritiero o non sia misto alle loro personali idiosincrasie e volontà politiche del tempo ?
Tipo descrivere i popoli assoggettati come barbari ?

A prescindere da questo, la tua accezione di razza e del discorso etnico in generale è talmente riduttiva e banale che è da tempo stata superata da un discorso differenzialista o morfologico che dir si voglia. Il biologismo stretto è insufficiente, e siamo tutti d'accordo. Resta il fatto che Indiani ed altre civiltà agirono, col divieto di matrimoni misti, anche sul piano naturalistico, in quanto necessario ma non sufficiente. Quindi mi viene da dubitare che la tua volontà di riferirti alle fonti reali rimanga a volte sulla carta.

Mjollnir
18-05-04, 01:36
In Origine Postato da Satyricon
Narra Zolla, in un suo trattatino sull'argomento, che Tiberio crocifisse tutti i sacerdoti isiaci quando scoprì che avevano fatto credere ad una fedele di poterle elargire gli amplessi di Anubis testa-di-cane per concederla in realtà ad uno spasimante, protetto da una maschera del Dio, che lei aveva respinto...
Al di là delle iniziali resistenze (più di carattere "politico" che religioso) Iside rientrò ben presto nel Pomerio e a Roma spadroneggiò: fu maga (e Eliodoro ci narra di come ci fossero due tipi di magia egizia, una sacra che si impara con studi di ventitrè anni nei sotterranei isiaci e l'altra popolare quella delle misture magiche che i ciarlatani vendono nei mercati ed entrambe hanno Iside come protettrice; fu alchimista con il racconto di come resuscitò grazie ad inni, invocazioni ed operazioni alchemiche il defunto sposo (un papiro custodito a Torino racconta di come strappò al Sole, Ra, il suo nome segreto, il nome magico).

Tutti caratteri emblematici, non c'è dubbio. E non è certo un caso che Iside sia una delle figure + gradite alla moderna Wicca.
E non è difficile nemmeno ritrovare quei caratteri di madre, vergine, sposa nella figura di Maria, la quale conferisce al cattolicesimo quella peculiare vena lunare e materna.

Senatore
18-05-04, 18:46
Originally posted by Mjollnir
Tutti caratteri emblematici, non c'è dubbio. E non è certo un caso che Iside sia una delle figure + gradite alla moderna Wicca.
E non è difficile nemmeno ritrovare quei caratteri di madre, vergine, sposa nella figura di Maria, la quale conferisce al cattolicesimo quella peculiare vena lunare e materna.

Caro Mjollnir, io non sono sicuro che Maria si possa riferire alo stesso tipo di Iside. Certo, di "Madonne" nel cattolicesimo ce ne sono "tante" (nel senso di diversi culti che ne sottolineano ora questo ora quell'aspetto) e così Iside è una sintesi di varie divinità femminili. Però in generale ci sono degli attributi che le distinguono: Iside è una dea "nera", maestra di iniziazioni e maga, il suo culto è essenzialmente misterico e ha carattere "chiuso". Invece il culto di Maria è quanto di più aperto ed esterno vi sia nel cristianesimo; esemplificando Iside è piuttosto sotterranea e ctonia, mentre Maria è superficiale e tellurica, la prima non ha caratteri morali e non esercita una sovranità generale a prescindere dall'iniziazione, ciò che invece accade per Maria, che è regina dell'Universo. Semmai sarebbe più avvicinabile a figure come Cerere e Demetra, ma ancora ha degli aspetti di co-redenzione che non permettono di ascriverla alle "divinità" preposte alla vita vegetativa e al ciclo annuale.
Tralaltro la Vergine è una specie di nemesi di Eva, quindi assume una valenza attiva e teleologica che di solito è estranea alle dee femminili che sono statiche o al limite "cicliche". Sarà forse perchè la Madonna non è una dea?
Comunque adesso chiudo con queste digressioni semi-cristiane che rischiano di rendermi inviso tanto ai cristiani quanto ai pagani - anche se io stimo entrambe le categorie!

Satyricon
22-05-04, 15:01
E siamo sicuri a contrario che tutto quello scrissero gli autori antichi sia veritiero o non sia misto alle loro personali idiosincrasie e volontà politiche del tempo ?
Tipo descrivere i popoli assoggettati come barbari ?

Caro Mjollnir, quando ero un evoliano di ferro lessi che avevano chiesto al Dalai Lama, in visita in Italia, lumi sulla misteriosa città dell’Agartha o Agarthi sede del “Re del Mondo” che il Guénon illustra in suo libro magistrale.
Nonostante, secondo il pensatore francese, questo nome sia molto diffuso in Tibet e in Mongolia non solo il Dalai Lama, dopo aver consultato il suo consigliere spirituale, ammetteva di non averne mai sentito parlare ma smentiva l’esistenza di qualsiasi città sotterranea dicendo che forse chi aveva formulato quelle ipotesi aveva ripreso e adattato, mal comprendendolo, il mito di Shambala (così come non c’è nessuna traccia nei miti indiani, tibetani o mongoli o nei loro testi sacri di una qualsiasi Agartha ).
Così come credo che non sia difficile scegliere chi, tra il Guénon (pensatore che comunque stimo) e il Dalai Lama, sia la fonte più autorevole nell’ambito del buddismo, allo stesso modo penso che le auctoritas ci mostrino, abbastanza semplicemente, la romanità con gli occhi di un pagano romano per il semplice fatto che loro, quella spiritualità, l’hanno realmente vissuta (nel bene e nel male) e che quindi siano da preferire a chi quel mondo vuole ricostruirlo su basi intellettualistiche (archeologiche, filologiche, linguistiche); mi offrono se non l’assoluta imparzialità (chi potrebbe mai garantirla?) almeno una visione autenticamente pagana.
Tra le altre cose mi accusi di “parzialità” ma sei poi tu che scrivi che questi "Troiani" in realtà con l'Asia non c'entravano un fico secco dando ad una semplice ipotesi dignità di verità dimostrata, ed allora viene da chiedersi perché quando Plutarco enumera i filosofi greci che si sono recati in Egitto a farsi istruire dai sacerdoti sarebbe quantomeno “dubbio” e invece il Vinci no…forse che “Hera Magazine” ha più autorevolezza di De Iside et Osiride?? ;)
Tra le altre cose, nel 3d su Giamblico, tendi appunto a sminuire, sulla scia di Giovanni Reale, quest’ influenza egizia sul mondo greco; ora a parte il fatto che altri illustri cattedratici la pensano in maniera diversa (uno dei post che ho inviato era di un presidente di un’associazione filosofica ex docente) e minimizzi anche qui le fonti classiche ” Orfeo invero portò indietro dagli Egizi la maggior parte delle iniziazioni mistiche, i riti segreti intorno alle sue proprie peregrinazioni e l’invenzione dei miti riguardanti l’Ade. Infatti il rito di iniziazione di Osiride è lo stesso di quello di Dioniso, mentre quello di Iside risulta quasi identico a quella di Demetra, e soltanto i nomi sono scambiati. Egli introdusse poi le punizioni degli empi nell’Ade, le praterie per gli uomini pii e la produzione di immagini suscitate in presenza della moltitudine, imitando ciò che accadeva intorno ai luoghi di sepoltura in Egitto come attesta Diodoro Siculo, I, 96, 4-5 (in G. Colli,La sapienza greca, I Adelphi).
Sicuramente la speculazione filosofica greca fu creazione originale dei greci (ricordando come secondo il Guénon gli antichi non avevano certo pretese di originalità) ma è inequivocabile un certo raccordo con la sapienzalità egizia, raccordo che si può spiegare benissimo anche senza ricorrere alla teoria dei prestiti culturali; secondo me infatti l’Egitto mantenne più “pura” (come anche, ad esempio, la Cina arcaica) la Tradizione Primordiale rispetto ad altri luoghi e vi fu quindi la necessità, in tempi storici, di riallacciarsi, in un certo senso, a quest’aurea catena.
In questo ricollegamento non si deve vedere lo snaturasi del politeismo romano come vorrebbe qualcuno, ma anzi la sua capacità di adeguarsi e adattarsi alle nuove/antiche istanze religiose e di farle proprie in una sintesi politico-sacrale di più ampio respiro rispetto a quelle dell’età monarchica o Repubblicana.
Fu il pitagorismo (il vero occulto tramite ieratico tra Roma e l’Egitto) che si occupò in maniera più organica di questo compito e la storia ci narra come il celebre pitagorico Filolao stabilitisi a Taranto istruì Archita l’insegnante, per l’appunto, di Platone la cui opera è impregnata di dottrine orfico-pitagoriche, dottrine la cui chiave interpretativa è sicuramente di tipo cosmologico/astrologico e quindi di origine ben più arcaica di quanto si pensi (i “diluvi” sarebbero così il mutamento della costellazione “portatrice” del sole secondo il fenomeno noto come Precessione degli equinozi).



Si parlava di Giuliano a proposito della relazione tra etnia e spirito, cosa che lui teorizza apertamente e che invece tu tendi a negare, il che è inaccettabile. Vedi, il problema (ricorrente) è che molto spesso tu ti fermi troppo presto: è vero che Giuliano riteneva l'ebraismo una religio licita, ma se si va un attimino + avanti non esprime certo un giudizio lusinghiero né su ebrei né su cristiani presi come tali. I cristiani sono definiti come una setta innovatrice ed "eretica" dell'ebraismo, ma l'ebraismo stesso è ritenuto da Giuliano arrogante e settario per la pretesa di detenere in esclusiva la sapienza tradizionale. Infatti declassa YHWH ad una divinità tutelare di second'ordine, propria di un popolo periferico.

Per l’appunto Giuliano critica l’ebraismo per la sua arroganza di rappresentare l’unica vera fede e NON perché gli ebrei sono di razza semitica (cioè usando categorie moderne); tra le altre cose sono sicuro che leggendo la descrizione fisica dell’Imperatore tramandatoci da Ammiano Marcellino un De Gobineau, un Chamberlain o un Rosemberg vi vedrebbero i tratti fisici del tipico romano della decadenza già “meticciato” e “asiatizzato” e anche questa considerazione banale dovrebbe far riflettere chi alle idee del grande Romano si rifà…
Riguardo il tema del razzismo in ambito tradizionale il problema è ampio e di lunga disquisizione, mi riprometto per cui di affrontarlo in un apposito 3d successivo, ricordo solo come la concezione tradizionale induista delle caste sia di tipo prettamente cosmologico avendo la gerarchia sociale una diretta relazione con la dottrine delle età del mondo o Yuga più che con le diversità etniche delle popolazioni che gli invasori arii incontrarono e a cui non vollero mescolarsi (approccio questo che molto spesso i Pandit e i gli studiosi indù rifiutano come eterodosso ed occidentale).



I Finni sono certamente non-Indoeuropei; bisogna ricordare però che sono arrivati là dove sono stanziati adesso relativamente tardi, e quindi è probabile che elementi contenuti nel poema siano molto + arcaici, come accade del resto per i Veda od Omero.
Ma in ogni caso è molto difficile ipotizzare una influenza diretta degli Egizi storici sui Finni.

Onestamente non mi sembra di aver mai affermato nulla del genere!! Non sono un “diffusionista” anzi, le concordanze così nette tra miti di diversissima origine mostrano una base sapienzale più antica e primaria rispetto ai rami dottrinari storicamente conosciuti.




Un conto ben diverso è invece se per principio e sistematicamente si sceglie di riferirsi ad una eredità diversa, che provenga dal Sud, dall'Oriente o da chissà dove.. Come ripeto, questo per me è un punto fondamentale, non credendo all'unicità della tradizione

Infatti questa è la parte centrale del tuo discorso…parti da una visione per me totalmente superata della romanità che è quella dell’ariosofia germanica (e dei loro vassalli italiani), della suggestione al mito nordico, per cui ogni spiritualità e ogni apporto extra rispetto a questo (considerato quello fondante) rappresenterebbe un apporto esotico, orientale, mediterraneo (rappresentando anche questo termine, per alcuni, quasi un insulto come se Roma non si fosse espansa su questo mare); un approccio metodologico ormai superato persino dalla pubblicistica di orientamento evoliano …voler ostinarsi a contrapporre al sorgere e all’affermarsi di Roma realtà sacrali quali quelle del retaggio pelagico e della civiltà etrusca, e persino quelle dell’etnia sabina col suo re Numa e di Pitagora e del Pitagorismo, tutte viste come “lunari” e “degenerescenti” forme della “Civiltà del Sud”, temiamo non porti ad una comprensione profonda e sicura di quell’autentico “mistero” che fu la nascita e l’espansione dell’Urbe. (così Sandro Consolato nell’ultimo numero de “La Cittadella”).




Come ripeto, questo per me è un punto fondamentale, non credendo all'unicità della tradizione. Se poi tu ci credi, bene, però considera il monito di Senatore, per cui questo carattere di unicità non autorizza nessuno ad improvvisarsi esoterista eclettico o a giocar con gli elementi più disparati.

Beh, se vuoi te li dico io quelli che furono in passato accusati di “eclettismo” (da fonti cattoliche guarda un po’): Marsilio Ficino, Tommaso Campanella, Giordano Bruno, il Cusano, Gemisto Pletone….


Saluti

Satyricon
22-05-04, 15:05
Originally posted by Senatore
Caro Mjollnir, io non sono sicuro che Maria si possa riferire alo stesso tipo di Iside. Certo, di "Madonne" nel cattolicesimo ce ne sono "tante" (nel senso di diversi culti che ne sottolineano ora questo ora quell'aspetto) e così Iside è una sintesi di varie divinità femminili. Però in generale ci sono degli attributi che le distinguono: Iside è una dea "nera", maestra di iniziazioni e maga, il suo culto è essenzialmente misterico e ha carattere "chiuso". Invece il culto di Maria è quanto di più aperto ed esterno vi sia nel cristianesimo; esemplificando Iside è piuttosto sotterranea e ctonia, mentre Maria è superficiale e tellurica, la prima non ha caratteri morali e non esercita una sovranità generale a prescindere dall'iniziazione, ciò che invece accade per Maria, che è regina dell'Universo. Semmai sarebbe più avvicinabile a figure come Cerere e Demetra, ma ancora ha degli aspetti di co-redenzione che non permettono di ascriverla alle "divinità" preposte alla vita vegetativa e al ciclo annuale.
Tralaltro la Vergine è una specie di nemesi di Eva, quindi assume una valenza attiva e teleologica che di solito è estranea alle dee femminili che sono statiche o al limite "cicliche". Sarà forse perchè la Madonna non è una dea?
Comunque adesso chiudo con queste digressioni semi-cristiane che rischiano di rendermi inviso tanto ai cristiani quanto ai pagani - anche se io stimo entrambe le categorie!


Buon Senatore, mi sembra, innanzi tutto, che tu confonda l’Egitto e ciò che rappresentò per il mondo greco-romano con l’egittismo napoleonico fatto di esotiche incisioni del Piranesi e di massonerie di frangia; la parodia di una forma tradizionale non coinvolge certo i principi a cui l’originale si ispirò…
Detto questo, la tua volontà di prendere le distanze da Iside e dalle possibili influenze che il suo culto ebbe in quello successivo di Maria non mi sembra storicamente sostenibile.
Certò Iside fu anche culto esoterico, ma non solo; sorgevano infatti numerosi i tempietti della Dea dove ci si poteva recare, come adesso nelle varie edicole mariane, per trovare conforto o esprimere un voto, tempietti e statue che furono “marianizzate” abbastanza velocemente (ancora adesso il sistro è strumento liturgico nella Chiesa Copta).
I poeti latini rimproverano le loro amanti che durante gli Isia di ottobre/novembre dormono caste per dieci giorni perché Iside ha perduto il divino Osiride, fino a festeggiare insieme quando lo sposo rinasce.
Furono inoltre i vescovi cristiani si riuniti ad Efeso nel 431, la città sacra alla dea Artemide, una delle manifestazioni della Grande Madre a decretare che Maria madre di Gesù, doveva essere chiamata Theotokos, Mater Dei, Madre di Dio che era proprio l'antico titolo della grande dea Iside.
Per me poi solo questo passaggio garantisce una certa “tradizionalità” al cristianesimo che come tale cercò sempre di combattere ogni riferimento all’Egitto spaventato che una tale antichità e spiritualità avrebbe potuto superare persino quella biblica (cosa che avvenne nel Rinascimento che fu in un certo modo una ripresa del paganesimo).


REGINA CAELI LAETARE
REGINA DEL CIELO RALLEGRATI

http://www.mt.net/~watcher/isis_harpocrates.jpg

Iside che allatta Horus
(Pittura murale - Epoca romana - Karanis, Fayyum)

Senatore
23-05-04, 00:35
Originally posted by Satyricon
Buon Senatore, mi sembra, innanzi tutto, che tu confonda l’Egitto e ciò che rappresentò per il mondo greco-romano con l’egittismo napoleonico fatto di esotiche incisioni del Piranesi e di massonerie di frangia; la parodia di una forma tradizionale non coinvolge certo i principi a cui l’originale si ispirò…
Detto questo, la tua volontà di prendere le distanze da Iside e dalle possibili influenze che il suo culto ebbe in quello successivo di Maria non mi sembra storicamente sostenibile.
Certò Iside fu anche culto esoterico, ma non solo; sorgevano infatti numerosi i tempietti della Dea dove ci si poteva recare, come adesso nelle varie edicole mariane, per trovare conforto o esprimere un voto, tempietti e statue che furono “marianizzate” abbastanza velocemente (ancora adesso il sistro è strumento liturgico nella Chiesa Copta).
I poeti latini rimproverano le loro amanti che durante gli Isia di ottobre/novembre dormono caste per dieci giorni perché Iside ha perduto il divino Osiride, fino a festeggiare insieme quando lo sposo rinasce.
Furono inoltre i vescovi cristiani si riuniti ad Efeso nel 431, la città sacra alla dea Artemide, una delle manifestazioni della Grande Madre a decretare che Maria madre di Gesù, doveva essere chiamata Theotokos, Mater Dei, Madre di Dio che era proprio l'antico titolo della grande dea Iside.
Per me poi solo questo passaggio garantisce una certa “tradizionalità” al cristianesimo che come tale cercò sempre di combattere ogni riferimento all’Egitto spaventato che una tale antichità e spiritualità avrebbe potuto superare persino quella biblica (cosa che avvenne nel Rinascimento che fu in un certo modo una ripresa del paganesimo).


REGINA CAELI LAETARE
REGINA DEL CIELO RALLEGRATI

http://www.mt.net/~watcher/isis_harpocrates.jpg

Iside che allatta Horus
(Pittura murale - Epoca romana - Karanis, Fayyum)

Caro Satyricon,
devo dire che io esprimevo un parare dubitativo ("non sono sicuro" era l'incipit). Ho già sentito del fatto che il culto mariano soppiantò in molti luoghi quello di varie divinità femminile e in particolare di Iside. Questo ovviamente fa pendere la bilancia dalla parte delle posizioni tua e di Mjollnir. Tuttavia a prescinere da questo fatto storico indubitabile io facevo valere delle ragioni teologiche abbastanza precise. Ragioni che i tuoi argomenti scalfiscono solo in parte. Comunque tieni presente che io mi riferisco primariamente alle fonti più note, Apuleio e Plutarco, dove appunto di Iside appare soprattutto l'aspetto misterico e che, se il culto di questa dea era così diffuso negli ultimi secoli dell'Impero, ciò mi pare anche dovuto a una certa volgarizzzione dei riti che la riguardavano. Ora, se tu mi fai notare che il culto era praticato anche al di fuori dei tiasi e dei cenacoli di iniziati, io ti credo sulla parola; però, concedimi almeno questo, voglio riaffermare che il culto della Vergine Maria non è nella sua essenza egizio.
Quanto poi alla tradizionalità del cristianesimo mi trovo in non piccolo disaccordo con te. Per me tale tradizionalità non può che essere nel cristianesimo in quanto tale ed anzi dubito piuttosto della "regolarità" delle credenze ellenistiche.
Infine vi è il punto più dibattuto di questo thread: cosa si deve pensare delle cicliche riemergenze della "moda" egizia? Secondo te sono buone quella romana e quella rinascimentale, pessima quella che si può collocare nell'ambito dell'occultismo francese dell'ottocento. Io non faccio tutta questa differenza: questione di gusti, forse. Eppure c'è un dato positivo che accomuna storicamente questi periodi tra loro, e tutti all'impero di Alessandro Magno. Sono periodi politicamente e culturalmente febbrili, in cui i principii della sovranità e spesso i confini stessi dei regni vengono stravolti, in cui si affermano individualità carismatiche, le quali non solo si arrogano più o meno legittimamente i diritti di governo, ma anche una investitura eccezionale e in rottura con i valori tradizionalemente accolti dalle rispettive comunità, le quali d'altronde perdono gran parte delle proprie prerogative. Ecco, a mio avviso non l'Egitto in quanto tale, ma il modello alessandrino è il termine fisso di questo confronto. Non vedo in queste figure, è inutile dirlo, il tipo del sovrano universale, del volgitore della ruota, al quale tanto -l'essere al centro della ruota...-basta, e tiene il posto di una corte erudita, e di una lunga lista di titoli sacerdotali, qualifiche e identificazioni con questa e quella divinità.
Peraltro ho notato che critichi chi preferisce Heramagazine alle fonti dirette. Non dirò che hai torto, ma chi si basasse solo su Hera potrebbe farsi sull'Egitto una idea non troppo distante dalla tua- sia pure senza un briciolo della tua competenza.
;)
Un saluto

ps Se hai potuto credere che io confonda l'Egitto con gli egittismi è perchè mi devo essere espresso male. Ciò non toglie che io non veda nell'Egitto la sede di qualcosa di diverso dalla tradizione... egizia e che convenga con il giudizio di Mjollnir circa il carattere "ariano" della filosofia di Platone. Non è forse un gran titolo di merito, ma la forma mentis filosofica non è orientale.

Mjollnir
23-05-04, 18:08
In Origine Postato da Senatore
Caro Mjollnir, io non sono sicuro che Maria si possa riferire alo stesso tipo di Iside. Certo, di "Madonne" nel cattolicesimo ce ne sono "tante" (nel senso di diversi culti che ne sottolineano ora questo ora quell'aspetto) e così Iside è una sintesi di varie divinità femminili. Però in generale ci sono degli attributi che le distinguono: Iside è una dea "nera", maestra di iniziazioni e maga, il suo culto è essenzialmente misterico e ha carattere "chiuso". Invece il culto di Maria è quanto di più aperto ed esterno vi sia nel cristianesimo; esemplificando Iside è piuttosto sotterranea e ctonia, mentre Maria è superficiale e tellurica, la prima non ha caratteri morali e non esercita una sovranità generale a prescindere dall'iniziazione, ciò che invece accade per Maria, che è regina dell'Universo. Semmai sarebbe più avvicinabile a figure come Cerere e Demetra, ma ancora ha degli aspetti di co-redenzione che non permettono di ascriverla alle "divinità" preposte alla vita vegetativa e al ciclo annuale.
Tralaltro la Vergine è una specie di nemesi di Eva, quindi assume una valenza attiva e teleologica che di solito è estranea alle dee femminili che sono statiche o al limite "cicliche". Sarà forse perchè la Madonna non è una dea?
Comunque adesso chiudo con queste digressioni semi-cristiane che rischiano di rendermi inviso tanto ai cristiani quanto ai pagani - anche se io stimo entrambe le categorie!

Certo, caro Senatore, non volevo porre una relazione così stretta tra le 2 figure, ma solo far notare che determinati caratteri isiaci sono probabilmente passati anche in Maria - e non solo loro, per carità. :)

Mjollnir
23-05-04, 19:15
In Origine Postato da Satyricon
Caro Mjollnir, quando ero un evoliano di ferro lessi che avevano chiesto al Dalai Lama, in visita in Italia, lumi sulla misteriosa città dell?Agartha o Agarthi sede del ?Re del Mondo? che il Guénon illustra in suo libro magistrale.
Nonostante, secondo il pensatore francese, questo nome sia molto diffuso in Tibet e in Mongolia non solo il Dalai Lama, dopo aver consultato il suo consigliere spirituale, ammetteva di non averne mai sentito parlare ma smentiva l?esistenza di qualsiasi città sotterranea dicendo che forse chi aveva formulato quelle ipotesi aveva ripreso e adattato, mal comprendendolo, il mito di Shambala (così come non c?è nessuna traccia nei miti indiani, tibetani o mongoli o nei loro testi sacri di una qualsiasi Agartha )


Beh, certamente non tocca a me difendere Guenon. Compito comunque non facile, visto che si è reso autore di alcuni vistosi svarioni. Ma soprattutto ha compiuto la grave scelta di disprezzare ed ignorare la tradizione europea classica per volgersi senza appello all'oriente. É anche a causa sua che si perpetua l'insano stereotipo dell'ex oriente lux, considerando dunque tutta la nostra civiltà senza una sua peculiare forma spirituale e dipendente da altri. Se non ricordo male, in un articolo sullo stato spirituale dell'occidente, constatava la rapida scomparsa di un livello esoterico anche nel cattolicesimo, per cui la conclusione che se ne poteva trarre era che in Europa si brancolasse nel buio spirituale. Ovviamente non voglio difendere il cattolicesimo; ciò era per dire che chi in Europa avesse voluto - nel linguaggio guenoniano - superare il piano "devozionale" avrebbe dovuto "trapiantarsi" spiritualmente in contesti non adatti a lui. Che poi è quello che ha fatto lui stesso.

Per rimanere al tuo aneddoto, comunque, non si possono escludere vari motivi soggiacenti alla risposta del Dalai Lama; ad es. che egli fosse a conoscenza delle speculazioni fiorite su Agartha e che volesse consapevolmente scoraggiarle. Io poi, francamente, le autorità religiose contemporanee, di qualsiasi tipo e provenienza, le prenderei con molta cautela; pensa solo a ciò che proviene dal vaticano... E sarei anche curioso di sapere meglio chi sarebbero questi indù "ortodossi" che rifiutano caratteri evidenti della tradizione e della storia indiana, come la radice aria e la proibizione dei matrimoni misti.
In ogni caso non sono sicuro che non esistano riferimenti ad Agarthi, poichè mi pare di ricordare che nei luoghi dove se ne occupa, Guenon abbia portato anche dei riferimenti precisi. Ma è un punto da controllare, se ci si tiene...




In Origine Postato da Satyricon
Così come credo che non sia difficile scegliere chi, tra il Guénon (pensatore che comunque stimo) e il Dalai Lama, sia la fonte più autorevole nell?ambito del buddismo, allo stesso modo penso che le auctoritas ci mostrino, abbastanza semplicemente, la romanità con gli occhi di un pagano romano per il semplice fatto che loro, quella spiritualità, l?hanno realmente vissuta (nel bene e nel male) e che quindi siano da preferire a chi quel mondo vuole ricostruirlo su basi intellettualistiche (archeologiche, filologiche, linguistiche); mi offrono se non l?assoluta imparzialità (chi potrebbe mai garantirla?) almeno una visione autenticamente pagana.


Invece la situazione non è così facile, e continuo a ritenere un errore la tua accettazione acritica delle fonti classiche (fra l'altro molto selettiva, ripeto). Proprio perchè determinati uomini in un certo contesto erano immersi e coinvolti, possono avere avuto svariati fattori che ne hanno limitato ed influenzato la comprensione.

Anche gli antichi a volte incorrevano in errore, avevano informazioni parziali, utilizzavano fonti dubbie, o magari ci mettevano del loro per interesse o utilità.

Mi sembra una cosa evidente e non mi spiego la tua refrattarietà ad accettare questa possibilità.

Un esempio: i Romani non potevano certo immaginare che il loro Muzio Scevola non era altro che la storicizzazione epica di un archetipo divino, il Dio-monco garante. Archetipo che si ritrova, in questo caso, in forma più pura presso il Tyr germanico (e forse anche il Nuadu irlandese). Oggi noi lo sappiamo, quindi sarebbe deplorevole ignorare questo fatto semplicemente perchè non è affermato dai classici.
Altro esempio: mancando completamente di ciò che è oggi archeologia, i Romani non erano certo a conoscenza di quella particolare cultura detta degli Streitaxenvölker e del fatto che l'ascia bipenne è un frequentissimo simbolo celeste nelle tombe a tumulo scandinave. Non potevano dunque sapere che la bipenne inserita nel fascio romano era un simbolo indoeuropeo che li accomunava a qui popoli che poi invece combatteranno senza posa. Noi sì, quindi la nostra valutazione non può non cambiare.




In Origine Postato da Satyricon
Tra le altre cose mi accusi di ?parzialità? ma sei poi tu che scrivi che questi "Troiani" in realtà con l'Asia non c'entravano un fico secco dando ad una semplice ipotesi dignità di verità dimostrata, ed allora viene da chiedersi perché quando Plutarco enumera i filosofi greci che si sono recati in Egitto a farsi istruire dai sacerdoti sarebbe quantomeno ?dubbio? e invece il Vinci no?forse che ?Hera Magazine? ha più autorevolezza di De Iside et Osiride??


Ma è una ipotesi tutt'altro che debole, perchè Vinci si è fondato su elementi acquisiti già in precedenza da altre ricerche (elementi che trovi in dettaglio nella discussione dedicata).
2 sole osservazioni:

dall'Iliade risulta in modo incontrovertibile che Achei e Troiani parlano la stessa lingua: e poichè gli Achei parlano greco, i Troiani non possono certo essere asiatici.
il sito stesso di Troia, non era riconosciuto in quello anatolico già dagli antichi.

Anzi, direi che è una ipotesi talmente forte che ha solo bisogno di conferme archeologiche.
Fra l'altro la sua ricerca è partita proprio da una frase di Plutarco. Nonostante questo, anch'io ho criticato talune sue argomentazioni che mi sembravano deboli, non essendo obbligato a dare a tutto ciò che dice uguale valore. Per Vinci come per Plutarco.





In Origine Postato da Satyricon
nel 3d su Giamblico, tendi appunto a sminuire, sulla scia di Giovanni Reale, quest? influenza egizia sul mondo greco; ora a parte il fatto che altri illustri cattedratici la pensano in maniera diversa (uno dei post che ho inviato era di un presidente di un?associazione filosofica ex docente) e minimizzi anche qui le fonti classiche ? Orfeo invero portò indietro dagli Egizi la maggior parte delle iniziazioni mistiche, i riti segreti intorno alle sue proprie peregrinazioni e l?invenzione dei miti riguardanti l?Ade. Infatti il rito di iniziazione di Osiride è lo stesso di quello di Dioniso, mentre quello di Iside risulta quasi identico a quella di Demetra, e soltanto i nomi sono scambiati. Egli introdusse poi le punizioni degli empi nell?Ade, le praterie per gli uomini pii e la produzione di immagini suscitate in presenza della moltitudine, imitando ciò che accadeva intorno ai luoghi di sepoltura in Egitto come attesta Diodoro Siculo, I, 96, 4-5 (in G. Colli,La sapienza greca, I Adelphi).


Il punto è che non tutte le ipotesi devono necessariamente essere considerate allo stesso livello di probabilità: se si hanno elementi che rafforzano l'ipotesi di un'altra collocazione per Troia, non è detto che questi ci siano anche per la derivazione egizia di dottrine greche. In ogni caso questi riscontri li si deve produrre, non presupporre.
Per quanto riguarda nello specifico l'orfismo, bisognerebbe mostrare le dottrine già egizie che poi sarebbero transitate in esso. E possibilmente anche le modalità. Non che l'orfismo sia per me capitale, visto che:


non mi rivolgo tanto ad esso quanto alla religione civile greca;
posto che ci sia una influenza egizia sull'orfismo - tutta da dimostrare - altre sono più probabili;
l'orfismo è a sua volta solo una componente del platonismo, e non egemonica.





In Origine Postato da Satyricon
Sicuramente la speculazione filosofica greca fu creazione originale dei greci (ricordando come secondo il Guénon gli antichi non avevano certo pretese di originalità) ma è inequivocabile un certo raccordo con la sapienzalità egizia, raccordo che si può spiegare benissimo anche senza ricorrere alla teoria dei prestiti culturali; secondo me infatti l?Egitto mantenne più ?pura? (come anche, ad esempio, la Cina arcaica) la Tradizione Primordiale rispetto ad altri luoghi e vi fu quindi la necessità, in tempi storici, di riallacciarsi, in un certo senso, a quest?aurea catena.
In questo ricollegamento non si deve vedere lo snaturasi del politeismo romano come vorrebbe qualcuno, ma anzi la sua capacità di adeguarsi e adattarsi alle nuove/antiche istanze religiose e di farle proprie in una sintesi politico-sacrale di più ampio respiro rispetto a quelle dell?età monarchica o Repubblicana.



Se si parte dall'idea di archetipi universali, la questione dell'origine di questi elementi e gli eventuali prestiti perde di importanza. Però rimane da giustificare l'idea - molto discutibile - che l'Egitto abbia conservato questi archetipi in forma più pura. A questo punto, io mi rivolgerei all'India.




In Origine Postato da Satyricon
Per l?appunto Giuliano critica l?ebraismo per la sua arroganza di rappresentare l?unica vera fede e NON perché gli ebrei sono di razza semitica (cioè usando categorie moderne)


Ma qui sei tu che adotti una prospettiva sfacciatamente moderna, intendendo il termine razza in maniera naturalistica e biologica. Basta infatti portarsi sul piano dei tipi spirituali (cioé di un etnicismo completo), e i 2 fenomeni sono tutt'altro che disgiunti, ossia: questo determinato atteggiamento nel campo della religione si può dire peculiare di un determinato tipo umano.



In Origine Postato da Satyricon
Riguardo il tema del razzismo in ambito tradizionale il problema è ampio e di lunga disquisizione, mi riprometto per cui di affrontarlo in un apposito 3d successivo, ricordo solo come la concezione tradizionale induista delle caste sia di tipo prettamente cosmologico avendo la gerarchia sociale una diretta relazione con la dottrine delle età del mondo o Yuga più che con le diversità etniche delle popolazioni che gli invasori arii incontrarono e a cui non vollero mescolarsi (approccio questo che molto spesso i Pandit e i gli studiosi indù rifiutano come eterodosso ed occidentale).


Tuttavia, come ha osservato puntualmente Otto, ogni concezione "tradizionale" tende ad una piena corrispondenza delle varie dimensioni della realtà, per cui sarebbe del tutto artificiale e moderno legare la dottrina delle caste solo al piano cosmologico e non a quello antropologico. Anche perchè le varie versioni di questa dottrina ci mostrano chiaramente che in ogni età prevalgono dei tipi umani ben caratterizzati. Da Esiodo fino alla cosmologia germanica, dove gli antenati mitici delle 3 "classi" - Jarl, Karl, e Thraell, sono inequivocabilmente caratterizzati sia in senso etico che fisico.

Per parte mia, trovo che questa tua sistematica volontà di dissociare il dato etnico da tutti gli altri sia molto sospetta...





In Origine Postato da Satyricon
Infatti questa è la parte centrale del tuo discorso?parti da una visione per me totalmente superata della romanità che è quella dell?ariosofia germanica (e dei loro vassalli italiani), della suggestione al mito nordico, per cui ogni spiritualità e ogni apporto extra rispetto a questo (considerato quello fondante) rappresenterebbe un apporto esotico, orientale, mediterraneo (rappresentando anche questo termine, per alcuni, quasi un insulto come se Roma non si fosse espansa su questo mare); un approccio metodologico ormai superato persino dalla pubblicistica di orientamento evoliano ?voler ostinarsi a contrapporre al sorgere e all?affermarsi di Roma realtà sacrali quali quelle del retaggio pelagico e della civiltà etrusca, e persino quelle dell?etnia sabina col suo re Numa e di Pitagora e del Pitagorismo, tutte viste come ?lunari? e ?degenerescenti? forme della ?Civiltà del Sud?, temiamo non porti ad una comprensione profonda e sicura di quell?autentico ?mistero? che fu la nascita e l?espansione dell?Urbe. (così Sandro Consolato nell?ultimo numero de ?La Cittadella?)..


Ma quale ariosofia ! Mi sembra che a volte si esageri con un certo "esoterismo" che, oltre a criticare giustamente le interpretazioni naturalistiche e primitivistiche delle religioni, arrivi però a squalificare tutte le conoscenze in materia di scienze dello spirito che datano da dopo il Medioevo, con la solita accusa di modernismo !
L'origine comune indoeuropea delle tradizioni e miti di popoli fra i quali i Romani è un fatto, che piaccia o no. Dopo 2 secoli di ricerche in questo campo, non è più un oggetto di contestazione. Lo sono aspetti secondari, non ancora chiariti a sufficienza.
Qualcuno avrebbe preferito altre radici ? É un problema suo, che non infirma le evidenze di cui sopra. Si smetta però di parlare di ariosofia pangermanica, perchè allora si potrebbe parlare a fortiori di occultismo orientalizzante ed egittofilo. Di suggestioni al mito orientale.

Che poi le radici non spieghino tutto è ovvio, perchè, come dici tu, ci sono stati degli apporti ( e non solo presso i Romani). Non ho mai sostenuto, infatti, che le radici spiegassero tutto e ci dessero una chiave interpretativa assoluta.

Qui entriamo in un campo che non è solo più conoscitivo, ma anche regolativo e pratico: quello che dicono Del Ponte e Consolato sugli apporti, le assimilazioni ecc..., è verissimo, ma a me interessa meno accentuare le particolarità, quanto mettere l'enfasi sul patrimonio comune. E questa scelta si basa sull'osservazione disincantata del presente, per cui vediamo che l'impero romano non esiste più, e che non è concepibile guardare al mediterraneo come una ecumene. L'avanzata arabo-islamica ha definitivamente rotto l'omogeneità del Mare Nostrum.
Nel futuro, se ci sarà qualcosa che potrà assomigliare all'organismo che fu l'impero romano, non potrà essere che un impero europeo, con un baricento continentale e non mediterraneo.

Otto Rahn
23-05-04, 21:48
Originally posted by Mjollnir


Per parte mia, trovo che questa tua sistematica volontà di dissociare il dato etnico da tutti gli altri sia molto sospetta...


Non lo volevo dire perchè del resto ho buona stima dell' amico Satyricon ma l' ho constatato anch' io.

Un' altra cosa...perfettamente d' accordo con quel che dice Mjollnir sulle "autorità" spirituali contemporanee che non perdono occasione per dimostrare la loro scarsa autorevolezza.
Con questo non dico di intendermene più io del Dalai Lama sui miti tibetani ma volevo far notare che Agartha, Shambala ecc...
non sono che adattazioni varie dell' unico archetipo della città dei beati che ritroviamo in tutte le religioni.


Ma quale ariosofia ! Mi sembra che a volte si esageri con un certo "esoterismo" che, oltre a criticare giustamente le intepretazioni naturalistiche e primitivistiche delle religioni, arrivi però a squalificare tutte le conoscenze in materia di scienze dello spirito che datano da dopo il Medioevo, con la solita accusa di modernismo !

Vero anche questo.

saluti

Satyricon
25-05-04, 11:39
Per parte mia, trovo che questa tua sistematica volontà di dissociare il dato etnico da tutti gli altri sia molto sospetta...

Questa ve la potevate anche risparmiare…no non ho sangue “allogeno” nelle vene (non che io sappia almeno) è solo che, more aegyptico, sono un seguace di Maat-Verità ed a Lei mi ispiro…

D’altronde, riprendendo, il discorso razziale mi riesce difficile comprendere come i principi ispiratori del complesso sistema di caste e sottocaste indiane (circa 3000 di cui ormai resta soltanto l’aspetto formale nella stessa India) possano essere trasposti qui senza effettuare un pericoloso e ambiguo “adattamento”; come si possa passare dalle dotte disquisizioni sui rapporti tra Micro e Macro cosmo alla prassi più strettamente profana (ricordando come anche molte sette indù di orientamento specificatamente tantrico sono acastali poiché nel Kaly-Yuga le caste “perdono” le loro connotazioni specifiche), quali sarebbero in concreto le misure adottate?
Per fare un paragone, nonostante io non sia certo favorevole alla democrazia parlamentare rispetto alla Stato aristocratico, avrei molta paura, oggi, di una eventuale Nuova Atlantide: società di illuminati alla ricerca del Bene e della Sapienza comune...chi controllerebbe i controllori del Bene? I sapienti della Città di Platone??
Tra le altre cose non credo nemmeno in una sorta di determinismo biologico legato in modo indissolubile ad una certa etnia e razza; sicuramente il passato ci condiziona e noi siamo eredi di una certa cultura e di un certo pensiero, ma abbiamo anche la possibilità e libertà (almeno entro limiti ampi) di cambiarlo.
Ad esempio, siamo (credo) tutti di estrazione cattolica, e quindi il cristianesimo fa parte di noi, del nostro genos, del nostro sentire collettivo, della nostra cultura, della nostra stirpe (nel bene e nel male), però siamo qui a parlare di paganesimo vivente e quindi a modificare e “reinterpretare” il modo di sentire il divino dei nostri padri (che a loro volta si convertirono al cristianesimo e quindi ebbero la libertà di cambiare).
La Tradizione non può essere vista come una prigione, un punto d’arrivo immodificabile, non fu mai così…io cerco di salvare i principi e di portare avanti, nel mio piccolo, certe idee, non cerco di replicare in modo pedissequo quello che “fecero i padri” o peggio ancora di proporre modelli improponibili nell’Italia attuale (magari storicamente anche validi, ma sicuramente improponibili).
Sicuramente pensare la Tradizione in termini di etnia e razza è legittimo come, secondo me, è pensarla in termini di Imperium e di alessandrinismo e quindi nella ricerca di nuove sintesi come fecero gli imperatori filosofi Adriano e Marco Aurelio che inserirono elementi egizi nel mito imperiale dell’aurea aetas, altrimenti la storia imperiale di Roma non sarebbe che la storia di una banda di volgari razziatori ed imperialisti (opinione del resto diffusa in ambienti ultra-etnicisti).


Certo l’Egitto attuale è portatore, purtroppo, di valori quasi opposti a quelli greco-romani, ma qui si discuteva dei rapporti tra il mondo classico e la Terra del Nilo che furono invece reciprocamente fecondi; a quell’antico Archetipo sapienzale mi rifacevo non certo a Nasser o ai Fratelli Mussulmani :D


P.S. Nel precedente post mi sono dimenticato di puntualizzarlo: c’è molto di vero quando Mijolnir afferma che la visione che gli storici e gli annalisti romani hanno dei “barbari” è parziale e limitata, su questo concordo che le fonti originali (nel qual caso i miti e le leggende) e le acquisizioni archeologiche e filologiche siano da preferire; naturalmente il discorso è diverso per quanto riguarda la romanitas.

P.P.S. Certo, la Terra dei beati è dottrina tradizionale, ma non risulta (in testi mongoli, indù o tibetani) nessun centro sotterraneo chiamato Agartha (anche il nome credo sia sconosciuto); ben diverso è, naturalmente, il caso di Shambala regno sovramondano..non credo si possano sovrapporre così semplicemente due immaginari specie quando uno di questi è di semplice derivazione occultista e non centra nulla con la reale tradizione tibetana.

Mjollnir
25-05-04, 13:07
In Origine Postato da Satyricon
Questa ve la potevate anche risparmiare?no non ho sangue ?allogeno? nelle vene (non che io sappia almeno) è solo che, more aegyptico, sono un seguace di Maat-Verità ed a Lei mi ispiro?

Caro Satyricon, non volevo certo offenderti e se è successo, mi spiace molto.
A dire il vero non pensavo necessariamente ad una spiegazione di questo tipo: le motivazioni alla base di determinate scelte culturali possono essere molteplici.
Tuttavia la pressochè totale svalutazione di questo piano è evidente nelle tue parole. É tanto più evidente in quanto non è suffragata dalle tradizioni antiche, per cui essa spicca come una mosca su un foglio bianco. Ed inoltre appare davvero moderna, per cui non può non colpire chi ha superato da tempo certi riduzionismi.

Saluti

Praef_Praetorio
09-01-05, 22:54
Azz, sta discussione è lunghissima, mi ci vorrà un pò a leggerla tutta (abbiate pietà, sto con un 56k e costa...). Tuttavia ho visto un paio di temi su cui mi piacerebbe dire la mia.

Ho notato che buona parte della discussione si fonda tra culti egizi e Tradizione (o Tradizionalismi).

Giusto qualche appunto voglio proporre, su cui riflettere:

- Per l'accoglienza dei culti egizi a roma: teniamo presente nell'eneide il passo in cui viene sconfitto anubi ed altre divinità egizie.

- per le fonti antiche: le storielle sono belle, soprattutto quando raccontate da Plutarco. Ma con le favolette non si fanno i riti, ne tantomeno le iniziazioni. L'egittologia, soprattutto a livello amatoriale, è fin troppo presa dai miti osiriaci, che a parer mio rimangono storielle per le caste basse. Personalmente ritengo che il culto osiriaco (cfr Filoramo, Scarpi, Massenzio: MANUALE DI STORIA DELLE RELIGIONI) in origine non fosse neanche dotato di cuore esoterico o iniziatico. Pensate anche al fatto che, a differenza delle altre divinità, non ha due aspetti, ovvero uno "bianco" ed uno "nero" o positivo/negativo, bensì solo positivo, costituendosi cosi come un salvatore, fin troppo simile ai salvatori per pashu e similari. In ciò và aggiunta anche iside, che poco rispecchia poi le altre divinità femminili egizie o semitiche. è probabile che quello che noi conosciamo come culto isideo sia più la manifestazione ellenica di tale culto, piuttosto approssimativa ed imprecisa rispetto all'originale. Da tale favola và estrapolato Horus, in quanto prima di essere figlio, era HORUS IL VECCHIO, dio della luce del giorno, che ben si confà peraltro all'Apollo iperboreo.

- la religione egizia, parlando di Tradizioni o Tradizione Unica, aveva un corpus aristocratico (religione solare) ed uno popolare (religione osiridea) - cfr B.De Rachewiltz, Il libro egizio degli Inferi e S.Donadoni, Testi religiosi egizi - che si sono fusi insieme nella religione nazionale. Pur tuttavia, è curioso notare come nelle dinastie con connotazioni fortemente solari - ovvero la XVII dei tutmosidi e la successiva dei primi seti-ramessidi - siano state dinastie a forte propensione guerriera. quindi alcuni motivi tradizionali sicuramente ritornano... ma non tutti.

- la tripartizione funzionale degli indoeuropei secondo me và presa molto alla leggera, o meglio, non in uno schema troppo rigido. Essa può modificarsi nell'arco di centinaia di anni, divergendo in molte parti, pur rimanendo la base.

- il sincretismo va bene per generalizzare, ma come già qualcuno ha dimostrato più sopra parlando di Thorr, può indurre in errore

- le fonti: ci sono tanto bene quasi tutti i testi religiosi egizi tradotti in inglese: i testi delle piramidi, i testi dei sarcofagi, il libro delle porte, il libro dei due cammini, il libro degli inferi o Am Duat, il libro dell'uscita al giorno o libro dei morti. Quest'ultimo è secondo me il peggiore, in quanto formulario usato persino per gli schiavi, quindi poco attendibile filologicamente, ritualmente ed esotericamente.

Mi riprometto di darvi riferimenti più precisi appena avrò tempo, sperando di esservi d'aiuto...


A.

ulfenor
08-03-06, 23:24
Il 5 marzo, nell’ Impero romano, veniva festeggiato il Navigium Isidis, festa del vascello di Iside, che faceva inoltrare nella fioritura e riapriva la navigazione affidandola ad Iside Pelagia sposa felice di Osiride il verde, rinato nel rinnovarsi delle stagioni.
Durante tale festa culminava l'iniziazione isiaca di cui Apuleio ci ha lasciato un vivido ricordo narrandoci come Lucio dalle fattezze asinine (evidente allusione al nemico Seth-Tifone) recuperi quelle umane grazie all'intervento della Dea: "Eccomi, o Lucio, sono qui, commossa dalle tue preghiere. I miei svariati nomi. Il mio vero nome, egizio, è Iside. Sono qui, mossa a pietà dalle tue vicende".



PREGHIERA AD ISIDE

“Tu, invero, santa e sempre pronta a venire in soccorso di tutti gli uomini, sempre generosa nei confronti dei mortali, ai miseri in disgrazia accordi l’amore dolce della madre. Neanche un giorno o una notte e neanche un solo momento, per quanto breve possa essere, passa privo della tua benedizione, senza che tu protegga gli uomini in terra e mare e offra la tua destra che offre soccorso, allontanate le tempeste dell’esistenza, grazie alla quale sciogli anche i lacci inestricabilmente aggrovigliati di ogni destino, calmi le tempeste della fortuna e arresti i crudeli corsi degli Astri.
Gli Dei superstiti ti venerano, gli inferi ti onorano, tu fai ruotare la sfera del cielo, illumini il sole, governi il mondo e calchi il Tartaro. Grazie a te le stelle diventano propizie, grazie a te tornano le stagioni, gli Dei si rallegrano e gli elementi sono tuoi schiavi. Ad un tuo cenno soffiano i venti, le nubi danno nutrimento, i semi germogliano, i germogli crescono. Gli uccelli che attraversano il cielo, le fiere che si aggirano suoi monti, i serpenti che si nascondono sul terreno, i mostri che nuotano nel mare temono la tua maestà.
Ma le mie capacità sono troppo deboli per far riecheggiare le tue lodi, né sono così ricco da poterti offrire dei sacrifici, né ho una così grande fecondia da poter dire quelle cose che provo per la tua maestà, né sarebbero sufficienti mille bocche ed altrettante lingue, né una concatenazione senza fine di un sermone instancabile. Pertanto cercherò di fare soltanto quello che invero può fare uno che è devoto ma per il resto è povero: contemplerò le tue sembianze divine e il tuo santissimo nume riposti nei più segreti recessi del mio cuore custodendoli in eterno”.
(APULEIO, Metamorphoses, XI, 25)

FONTE:FORUM SATURNIA TELLVS