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Davide (POL)
04-04-04, 17:44
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Wolfgang Feist è ospite a casa mia per qualche giorno. Nel paesino in cui abito sono iscritto a un’associazione culturale che lo ha invitato a fare la relazione introduttiva a un convegno sull’efficienza energetica degli edifici. Arriva da Darmstad, una piccola città tedesca vicina a Francoforte, dove dirige il Passivhaus Institut, un istituto che fornisce la certificazione di qualità agli edifici costruiti in modo da non aver bisogno dell’impianto di riscaldamento e ai materiali di costruzione che lo consentono. Ha 48 anni, una laurea in fisica, l’aria mite e l’espressione attenta. La sua competenza tecnica è sostanziata da motivazioni etiche. Anche se crede profondamente in ciò che fa e di cose da dire, tutte basate su esperienze concrete, ne ha parecchie, non c’è nessuna ansia didattica nel suo modo di rapportarsi con gli altri. Non parla per persuadere, ma per descrivere. Prima di parlare ascolta con attenzione e risponde in modi pacati senza dire una parola più del necessario.
«Wolfgang, quanta energia si consuma per riscaldare gli edifici che voi certificate come case passive?»
«Nulla o quasi nulla. Il loro fabbisogno di energia termica non deve superare i 15 chilowattora al metro quadrato di superficie calpestabile all’anno, ma deve essere soddisfatto senza l’apporto di un impianto di riscaldamento. Devono bastare i contributi dell’irraggiamento solare, del metabolismo delle persone che li abitano (circa 80 watt ciascuna), delle dispersioni termiche degli elettrodomestici e delle lampadine, del calore prodotto per cucinare. Nelle condizioni climatiche più rigide si può utilizzare un sistema centralizzato di ricambi d’aria con scambiatore di calore, che richiede consumi di energia elettrica così modesti da poter essere soddisfatti con fonti rinnovabili».
«Prima di continuare la conversazione vorrei fare una premessa. Una delle missioni che mi sono scelto in quanto ambientalista, è scoperchiare i bidoni “verdi”, che creano false aspettative di soluzioni miracolistiche e paradisi in terra dove tutto è abbondante, non costa nulla e non inquina. Invece inquinano più i venditori di fumo che il fumo delle ciminiere. Per cui giura di dire la verità e nient’altro che la verità».
«Lo posso anche giurare, ma a che servirebbe? A testimoniarlo ci sono oltre 3.000 «case senza riscaldamento dove nessuno ha freddo», come ha scritto una rivista tedesca. La prima è stata costruita a Darmstad nel 1990, è composta di quattro unità abitative dove vivono altrettante famiglie che non hanno mai speso un euro per riscaldarsi. Oltre che in Germania, ce ne sono anche nei paesi scandinavi, in Austria, Svizzera e Francia. In Italia solo nella provincia di Bolzano».
«Neanche una in area mediterranea. Tutte nell’Europa centro-settentrionale, dove le temperature sono molto rigide».
«Alcune sono state costruite in zone climatiche dove d’inverno la temperatura notturna scende regolarmente a 20 gradi sotto zero».
«Mi sembra incredibile. Spiegami come si fa».
«Bisogna ridurre al minimo gli scambi termici tra l’interno e l’esterno dell’edificio. D’inverno non deve entrare il freddo e non deve uscire il caldo. D’estate non deve entrare il caldo e non deve uscire il fresco. Per raggiungere questi obbiettivi si deve intervenire a tre livelli. Realizzando una accuratissima coibentazione dei muri perimetrali, del sottotetto e del pavimento del piano terreno. Installando finestre con telai coibentati e vetricamera termoisolanti, doppi o tripli in relazione alle caratteristiche climatiche della zona. Utilizzando, dove è necessario, sistemi di ventilazione meccanica con scambiatori di calore per i ricambi d’aria. Al fine di ottenere i massimi risultati col minimo costo d’investimento, sono stati studiati programmi di calcolo che consentono di valutare in fase di progettazione quale sia il mix ottimale degli interventi da realizzare a questi tre livelli in relazione alle caratteristiche dell’edificio, alla sua destinazione d’uso, ai dati climatici del luogo in cui verrà costruito. Un valido programma deve consentire di calcolare mese per mese il bilancio tra le perdite di calore per trasmissione e aerazione e i guadagni di calore forniti dall’irraggiamento solare; le perdite di calore causate da ponti termici e ombreggiature; il bilancio energetico dell’impianto di ventilazione; i guadagni di calore interni.
La coibentazione dell’involucro esterno dell’edificio si ottiene realizzando intercapedini di uno spessore variabile tra i 20 e i 60 centimetri riempite di materiali isolanti. Lo spessore delle intercapedini incide in maniera rilevante sugli extra-costi di costruzione rispetto a un edificio normale, non solo per il prezzo degli isolanti termici con cui si riempiono, ma anche perché accresce la superficie edificata. Naturalmente deve essere tanto maggiore quanto più basse sono le temperature minime della zona, ma sarà tanto minore quanto più efficaci sono i coibenti utilizzati, ovverosia quanto più basso è il valore della loro conduttanza termica l. Questo valore si misura in Watt al metro per grado di temperatura (W/mK, dove K indica i gradi Kelvin) ed è molto basso nelle fibre e nelle schiume minerali, nelle schiume di vetro e nel polistirolo. Una soluzione valida anche ecologicamente è la cellulosa in fiocchi, ricavata da carta di giornale sminuzzata opportunamente in modo da farle assumere la consistenza del cotone e trattata con sali di boro antimuffa e ignifughi. Con una efficiente coibentazione si realizza un involucro ermetico di cui si può misurare la tenuta d’aria con appositi strumenti.
Per ridurre al minimo le dispersioni termiche attraverso le finestre si utilizzano telai coibentati e vetri doppi o tripli, facendo molta attenzione ai ponti termici che si possono creare sulla cornice tra il telaio e il vetro. I vetricamera devono essere di tipo evoluto, con caratteristiche che consentono di ottenere un isolamento maggiore del 50/60 per cento rispetto ai vetricamera semplici. Il risparmio energetico che ne consegue va da 9 a 14 litri di gasolio, o metri cubi di metano all’anno per metro quadrato di superficie vetrata. Il mercato tedesco ormai offre una vasta gamma di finestre per case passive che noi abbiamo certificato come componenti di qualità.
Il terzo aspetto su cui occorre intervenire sono i ricambi d’aria, perché ogni volta che si aprono le finestre, quella che entra nelle stanze è fredda d’inverno e calda d’estate. Per evitare le perdite energetiche che ne conseguono, l’aria esterna viene introdotta in casa attraverso un impianto di distribuzione e trattamento dove viene riscaldata dal calore dell’aria viziata estratta dall’interno e portata all’esterno. Il rendimento dello scambio termico è del 75 per cento, per cui quando l’aria proveniente dall’esterno si diffonde nelle stanze è già quasi alla temperatura ambiente. I ricambi forzati evitano anche i ristagni di umidità perché il vapore acqueo fuoriesce con l’aria viziata. L’impianto è in grado di operare ricambi differenziati stanza per stanza, più frequenti nelle cucine e nei bagni, dove l’umidità è maggiore, meno frequenti nelle altre camere. Per potenziare il contributo dello scambiatore di calore al condizionamento termico degli ambienti, il condotto che preleva l’aria dall’esterno può essere fatto passare sotto terra a una profondità di circa 1 metro e mezzo, dove la temperatura è costante e si aggira intorno ai 15 gradi: ben più calda dell’aria esterna d’inverno e ben più fresca d’estate. Questa soluzione comporta però maggiori costi d’investimento, per cui viene adottata solo nelle situazioni in cui è necessaria. Risultati ancora più efficaci in termini di riscaldamento invernale e raffrescamento estivo si possono ottenere collegando al tubo sotterraneo una pompa di calore.
La somma dei risultati che si possono ottenere intervenendo a questi tre livelli consente di realizzare edifici con dispersioni termiche talmente basse da poter essere riscaldati con meno di 15 chilowattora al metro quadrato all’anno. Ma per ricevere lo standard di casa passiva non basta: questi chilowattora non devono essere ricavati da un impianto di riscaldamento. Oltre agli apporti interni dati dal metabolismo delle persone e al calore di scarto dei motori degli elettrodomestici e delle lampade, occorre pertanto sfruttare bene gli apporti gratuiti esterni dell’irraggiamento solare. A tal fine le finestre devono essere distribuite in modo da catturarne il più possibile d’inverno, evitando al contempo i rischi di surriscaldamenti estivi per non aver bisogno di condizionatori. Sul lato nord le superfici vetrate servono soltanto a garantire una luminosità sufficiente ed è bene che non superino il 10 per cento della facciata. Nel lato sud non possono essere inferiori al 40 per cento della facciata, altrimenti non basterebbero a captare la quantità necessaria di irraggiamento solare, ma è meglio che non siano superiori al 60 per cento, perché gli apporti ulteriori d’inverno non potrebbero essere utilizzati mentre d’estate porrebbero i problemi di surriscaldamento a cui ho fatto cenno. Sui lati ovest ed est la dimensione ottimale delle finestre può variare tra il 15 e il 30 per cento delle facciate, tenendo presente che i rischi di surriscaldamento estivo sono maggiori sul lato ovest».
«Quello che dici è molto interessante. Però permettimi di essere un po’ dissacrante anche con te. Con questo standard delle case passive non avete mica inventato nulla. Avete riscoperto le metodologie costruttive che si utilizzavano in passato, quando la disponibilità di energia per scaldare le case era poca e si doveva fare molta attenzione a non sprecarla. Poi è arrivata l’età delle fonti fossili e dell’abbondanza a basso prezzo che ha cancellato di colpo tutto un sapere e un saper fare nutrito da secoli di esperienza. La parsimonia e la sobrietà nella gestione delle risorse è stata considerata come sinonimo di miseria e taccagneria. Per progredire bisognava cambiare tutto. Le tradizioni sono state considerate fardelli che rallentavano il cammino della modernità. Voi invece riproponete un modello culturale antico rinnovato dalle più avanzate conoscenze scientifiche e tecnologiche».
«I tubi sotterranei in cui far passare l’aria per rinfrescare gli ambienti sono stati inventati dagli Assiro-Babilonesi, che li facevano anche attraversare vasche d’acqua fredda scavate sotto gli edifici. Sistemi analoghi venivano utilizzati dagli antichi romani. Lunghi camini di raffreddamento, che incanalano l’aria calda sottraendola per differenza di pressione agli ambienti da rinfrescare venivano utilizzati dagli arabi e sono ancora visibili nei castelli normanni in Sicilia. Intercapedini riempite di fibre vegetali per coibentare pareti e sottotetti; magazzini di calore realizzati con intercapedini riempite di cocci di laterizi sulle pareti dei camini; captazione dell’irraggiamento solare attraverso la distribuzione e l’ampiezza differenziata delle finestre e un opportuno orientamento delle case; utilizzo della morfologia dei suoli come barriera ai venti freddi del nord; sfruttamento del metabolismo animale: sistemi di questo genere sono sempre stati utilizzati dall’umanità per climatizzare le case prima che l’abbondanza delle fonti fossili li facesse apparire metodi primitivi e poco efficaci. Noi ci proponiamo invece di rivalutare questi metodi implementandoli con le più avanzate conoscenze tecnico-scientifiche e i più sofisticati sistemi di calcolo per ottenere risultati sempre più efficaci. La possibilità di costruire case senza impianto di riscaldamento anche nelle più avverse condizioni atmosferiche l’abbiamo ormai dimostrata. E le difficoltà crescenti poste dalle fonti fossili, sia in termini di esaurimento delle risorse, sia in termini di inquinamento ambientale, sia in termini di approvvigionamento, stanno facendo crescere l’interesse nei confronti dei prodotti che noi certifichiamo, tant’è che in Germania il settore delle case passive è l’unico in forte espansione nel mercato delle costruzioni, ormai in crisi da anni. Ma le motivazioni che ci spingono ad approfondire la ricerca e a migliorare la qualità non sono soltanto economiche. Sono anche e soprattutto ecologiche. I nuovi obbiettivi che ora ci proponiamo di raggiungere sono due. In primo luogo vogliamo ridurre gli extra-costi delle case passive, che in una decina d’anni sono già scesi fino a diventare appena il 10 per cento in più delle costruzioni normali. In secondo luogo vogliamo fare un salto di qualità, passando da edifici che non consumano energia per il riscaldamento a edifici che producono l’energia elettrica di cui hanno bisogno e l’energia termica per gli usi sanitari in modi efficienti e puliti».
«Insomma, dalle case passive alle case attive».
«Sì, perché siamo convinti che la transizione dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili non potrà avvenire se non insieme alla transizione dalla produzione centralizzata in grandi impianti alla produzione diffusa in piccoli e medi impianti finalizzati all’autoconsumo ma collegati alla rete, in modo da riversarvi i chilowattora eccedenti quando ne generano più di quelli che consumano e da attingervi quelli di cui hanno bisogno quando ne consumano più di quelli che producono».

Tratto dal libro di prossima pubblicazione: Maurizio Pallante, Un futuro senza luce?, Editori Riuniti, Roma, marzo 2004

Davide (POL)
06-04-04, 11:17
«La casa è il vostro corpo più vasto. Essa si espande nel sole e dorme nella quiete della notte, non è senza sogni» (Kahlil Gibran). Abitare non è solo scegliere un luogo dove stare e custodire tutte le nostre cose, ma deve rispondere ai nostri bisogni del corpo e dello spirito. E occorre procedere con la verifica se il luogo prescelto dove edificare, restaurare o semplicemente andare a vivere sia inquinato da perturbazioni e anomalie ricercando se ci si trovi in aree patogene determinate da faglie dalle quali il radon possa risalire (o che sia presente nei materiali utilizzati), corsi d’acqua sotterranei, se vi sia radioattività, disturbi provocati dall’alta tensione, da emittenti radio e radar, telefoniche, inquinamento chimico, elettrico, presenze di gas tossici.
Fin dall’inizio è necessario stabilire l’orientamento in relazione al clima e per poter utilizzare tutti i fattori energetici forniti gratuitamente dalla natura. «Case passive» si chiamano nell’Europa del nord, dove si stanno costruendo quei sistemi che sfruttano la radiazione solare per il riscaldamento e per il raffreddamento estivo senza utilizzare elementi motorizzati e con un uso di energia limitatissimo che potrebbe essere prodotta con fonti rinnovabili.
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Per ottenere questi risultati occorre ridurre al minimo gli scambi termici tra l’interno e l’esterno dell’edificio. D’inverno non deve entrare il freddo e non deve uscire il caldo, e il contrario d’estate, installando finestre con telai coibentati e vetricamera termoisolanti, doppi o tripli in relazione alle caratteristiche climatiche della zona. Si dovranno inoltre coibentare sia i muri, che i tetti ed anche il pavimento utilizzando scambiatori di calore a ventilazione meccanica. Un isolante molto usato per la casa ecologica è la cellulosa in fiocchi, ricavata da carta di giornale sminuzzata. Naturalmente la scelta dei materiali non tossici è d’obbligo, ma anche le materie prime usate, come le calci naturali al posto del cemento.
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Dopo gli aspetti fin qui esposti particolare importanza riveste il ricambio d’aria, perché ogni volta che si aprono le finestre entra il freddo d’inverno e il caldo d’estate. Per evitare ciò la casa passiva prevede un impianto di distribuzione e trattamento dell’aria sia esterna che interna la cui riammissione nella casa risulterà a temperatura ambiente. Con un rendimento del 75 per cento. Poi occorrerà anche pensare agli impianti elettrici e telefonici costruiti in modo da non rilasciare onde nocive alla salute e utilizzare materiali per la tinteggiatura senza arsenico, benzene, dicloroetano, etilene ossido ed altre centinaia di materiali tossici generalmente utilizzati.
Oggi nella bioedilizia si è tornati a produrre tinteggiature e vernici utilizzando pigmenti naturali, utilizzando colle fatte con albume e tuorlo d’uovo, caseina, cera d’api con coadiuvanti come il borace, borati di calcio, sali marini, aceto, estratti vegetali, saponi. Ancora, consiglierei la doppia conduttura di acqua per poter utilizzare per alcuni usi domestici l’acqua piovana dei tetti.
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È troppo importante la casa per lasciarne la progettazione nelle mani di professionisti che hanno perso il senso di cosa fosse la natura e il nostro rapporto con essa. Poi, una volta finita la casa, attenzione alla scelta dei mobili e ai materiali con cui sono stati costruiti, e se questa casa fosse allietata dalle risa e dai pianti di un bambino, attenzione a cosa dargli per nutrirlo, con quali giocattoli farli giocare e di quale biancheria intima rivestirlo poiché suscitò scalpore nei mesi scorsi la denuncia di Greenpeace sui pigiami e i giocattoli fatti con materiali tossici. Lo so che è diventato difficile vivere e che il Distruttore gode per tutta questa zizzania - che è bravissimo a seminare - ma far finta che tutto vada bene non servirebbe a nulla._

Gino Girolomoni
Fonte: www.avvenire.it
1.04.04
5 aprile 2004

Cattivo
01-09-13, 18:50
Una delle metropoli cinesi simbolo del nuovo corso capitalista del dragone tenta di rifarsi il look strizzando l’occhio alla sostenibilità. Parliamo di Shenzhen, metropoli di più di 10 milioni di abitanti sita in prossimità di Hong Kong: città che era un borgo di pescatori fino alla fine degli anni ’70, allorché venne individuata come “zona economica speciale”.

Da allora, il frenetico sviluppo di Shenzhen ha imposto le sfide comuni a tutte le megalopoli, inquinamento urbano e traffico in primis.

Tra i vari progetti che riguardano questa città, ve n’è uno particolarmente futuristico, opera dell’architetto belga Vincent Callebaut, che ha progettato per Shenzen un gruppo di torri con piani in vetro a forma di pietra. Strutture ecologiche, ecosostenibili, e del tutto autosufficienti. Nelle torri ci si abiterà e si lavorerà, per ridurre al minimo gli spostamenti.
Ma l’obiettivo principale è quello di ridurre soprattutto la densità, in un Paese già fittamente popolato ed edificato come la Cina; eliminare del tutto le periferie, rendendo le città più efficienti attraverso un consumo responsabile e, meglio ancora, accompagnato ad un’autoproduzione tale, da ripagare completamente i consumi ed eventualmente superarli.


Dei “farmscrapers“, ovvero delle fattorie formato grattacielo. Il cibo, verrà ricavato dagli alberi da frutto e dagliorti appositamente creati per e nella struttura. Gli scarti verranno riciclati. Pannelli solari e turbine eoliche faranno il resto, procurando agli edifici l’energia necessaria al loro funzionamento; che, in caso di sovrapproduzione, verrà riciclata o capitalizzata.
Un nuovo modo di vedere l’abitare, responsabile nei confronti dell’ambiente, totalmente confortevole per i cittadini e appetibile all’occhio. «Il verde non è più collocato affianco alle strutture, ma all’interno», ha dichiarato Callebaut; «L’architettura si fa dunque coltivabile, mangiabile, nutritiva».

Nessuna emissione di anidride carbonica: Asian Cairns è un gruppo di sei torri formate da una ventina di “sassi” accatastati gli uni sugli altri a mò di scacchiera. La curiosa forma verrà strutturata da una impalcatura in metallo; in cima ad ogni piano verranno montati i pannelli e disposte le turbine. Il futuro è già qui, ed è strabiliante.


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Tuttogreen.it

Cattivo
04-09-13, 14:44
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Nella regione Termenland Stiriana in Austria ci sono le Terme di Bad Blumau, un progetto assolutamente ecologico nato dalla fervida mente dell’artista Friedensreich Hundertwasser.

Alle terme di Bad Blumau gli alberi crescono negli edifici, i tetti sono ricoperti d’erba, l’impatto sull’ambiente e minimo e il parco di 13 ettari che circonda le terme e il suo hotel ospita due fattorie biologiche.L’acqua termale della fonte Vulkania, una delle tre di Bad Blumau, non solo rifornisce piscine e cabine per i trattamenti ma, grazie ai suoi 110 gradi centigradi, riscalda tutto il resort ed Inoltre il 30% dell’energia prodotta dalle terme con la geotermia viene venduta.

Ecologia a Bad Blumau significa anche mangiare i prodotti del territorio, senza troppi pasticci, presentati con il nome del contadino, del casaro, dell’allevatore che li hanno prodotti. E poi significa aria pura, energizzata, visto che ogni due ore un terapista reiki indiano depura le terme e l’hotel con l’incenso. E camere antiallergiche, arredate con materiali naturali. E un menù, nella spa, ricco di trattamenti antiossidanti, depurativi, che permettono di eliminare lo stress, di rilassare mente e corpo.
Anche grazie alle terapieTSM di medicina stiriana e agli oli, fatti in casa, a base di erbe officinali e fiori.

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