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Visualizza Versione Completa : Il Regno del Sud e i rapporti con la Chiesa



Ichthys
18-04-04, 22:16
Il Sud era considerato dal Papa uno stato vassallo e Re Carlo, coadiuvato nel governo dal ministro Bernardo Tanucci (1698-1782), cominciò un opera di affrancamento da questa secolare sudditanza: realizzò un catasto che permise la tassazione dei beni ecclesiastici [cosa più unica che rara in Europa, non esisteva neanche in Francia], stipulò il 2 giugno 1741 un Concordato col papa in cui i privilegi del clero, come il diritto di asilo e la sostanziale immunità penale, erano ridotti; nel 1767 cacciò addirittura tutti i gesuiti dal regno: il reddito e la vendita dei loro beni servirono per istituire le prime scuole pubbliche d’Italia (e ospedali per l’esercito); i sacerdoti esiliati erano circa 800 e furono portati su nave nello Stato della Chiesa assegnando loro un vitalizio.

Nel 1759, alla morte del fratello Ferdinando VI, Carlo fu proclamato re di Spagna e abdicò in favore del figlio Ferdinando IV (poi I) il quale inizialmente continuò l’opera di affrancamento dalla Chiesa: nel 1776 soppresse l’omaggio feudale della Chinea, “una cavalla bianca ingualdrappata, con sopra il basto uno scrigno di denari e gioielli che, dai tempi di Carlo d’Angiò, il re di Napoli ogni anno, il 29 giugno deve al papa in segno di vassallaggio” e fece dei tentativi per limitare l’esorbitante numero di ecclesiastici che nel 1786 erano circa centomila con un rapporto di 1 ogni 48 abitanti e che detenevano, non esistendo ancora l’anagrafe, il controllo dello stato civile delle persone (nascita, matrimonio,morte) nonchè la funzione di pubblica istruzione nella veste di insegnanti.

Col Concordato del 25 febbraio 1818, furono ridotte le diocesi del regno e solo 22 di esse erano direttamente soggette alla Santa Sede, nelle altre si confermò il diritto reale di nominare i vescovi; fu però riesumato il contributo annuo di dodicimila ducati, come pure il monopolio dell’insegnamento scolastico, la censura sulla stampa (che però raramente fu permessa) e il ristabilimento parziale del foro ecclesiastico; fu quindi complessivamente un grosso arretramento e questo disgustò gli intellettuali meridionali che vedevano in tutto ciò una lesione gravissima alla dignità dello Stato.

Rimase intatta la comune azione tra le istituzioni e il clero nei riguardi del mondo culturale, dell’istruzione e dell’assistenza; la religiosità del popolo meridionale rimase fortissima anche se alcuni viaggiatori stranieri, di religione protestante, affermavano che era una “cristianità senza Cristo” perchè tutti si affidavano ad un santo per intercedere presso Dio (S.Gennaro e S.Antonio solo per citare i due più “gettonati”).

Le funzioni religiose addirittura scandivano la vita quotidiana del Regno: la recita del rosario, le processioni come quella solenne dell’8 dicembre, festa Nazionale, la tradizione natalizia del presepio. A proposito di quest’ultimo “fu Carlo III di Borbone a favorire la creazione di un artigianato che si dedicasse alla sua costruzione, unanime e feconda fu la risposta del popolo meridionale; nel 1736 fondò a Capodimonte una bottega artigiana da cui uscirono ben presto piccoli capolavori di arte presepistica. Vi lavorava lui stesso, il re di Napoli, entusiasmando gli artisti e cimentandosi in geniale emulazione. E anche la regina Maria Amalia collaborava animando un laboratorio installato in un salone della corte per la confezione e l’adornamento degli abiti per le statuine. Il re promosse anche una specie di “concorso del presepio” nelle case private, visitando di persona quelli meglio riusciti“.

Nella Costituzione del 1848, nell’articolo 3 si affermava che “l’unica religione dello Stato era quella Cristiana Cattolica Romana, senza che possa essere mai permesso l’esercizio di alcun’altra Religione”; la Santa Sede ricominciò a pretendere l’omaggio feudale della Chinea, Ferdinando II risolse l’annosa questione, nel 1855, con un’offerta una tantum di 10 mila ducati [160 mila euro attuali] per la costruzione di un monumento, a piazza di Spagna di Roma, in onore dell’Immacolata Concezione il cui dogma era stato affermato dal pontefice. Ancora oggi il Papa si reca in quel luogo, ogni 8 dicembre, ad omaggiare la Madonna.