PDA

Visualizza Versione Completa : Berigantino "intervista" Ferdinando II delle Due Sicilie...



legio_taurinensis
19-04-04, 21:23
Ferdinando II

Re delle due Sicilie (Palermo 1810 - Caserta 1859)



Viva 'o Rre!
Scesi a sera in Via Santa Lucia.

Tremule luci illuminavano l'aria tersa, ed i riflessi si perdevano nel mare che lambiva il lato opposto alla Chiesa della Catena. La brezza ondeggiava le barche nel piccolo golfo. Ecco nella via deserta scalpitare gli zoccoli di un cavallo: era la mia carrozza! Montai rapido, e risalendo Santa Lucia e Palazzo Reale, giunsi in Piazza di San Ferdinando. La vecchina che mi aprì la porta mi ricordò di prendere il cappello. "Il cappello? Quale cappello, io non ho ..." Invece il cappello c'era, sul sedile, di foggia antica, come sono ora i miei vestiti. La vecchina mi accompagnò al San Carlo. Davanti al teatro c'era un grande largo. "Che cosa manca?". Cercai di ricordare invano, così come prima non avevo ricordato che a Santa Lucia non c'è più né mare né golfo. "iate, Signurì", disse la vecchina, e si dileguò nella notte. Entrai nel teatro e salii di corsa la grande scala. Giunsi al palco reale, esitai, con il cuore in tumulto. Spalancai infine la porta con forza non voluta.

V'era un uomo seduto, in abito borghese. Non alto, rivolto al palcoscenico, le sottili mani appoggiate al velluto del davanzale. Girò il capo verso di me e, quando incontrai la luce del suo sguardo, seppi di avere di fronte a me Ferdinando Carlo Maria di Borbone, Ferdinando II, il grande Re! Restai immobile, avevo preparato frasi ed inchini, ma ero troppo emozionato.








Ferdinando: 'uagliò! Chiudi quella porta, chè viene aria, e assiettate cà. Stasera siamo gli unici due spettatori.

Brigantino: Maestà ..., io ho una venerazione per Voi!

Ferdinando: Grazie, Brigantì! Siente, io non vorrei perdermi l'ultimo atto del Guglielmo Tell. Mò stiamo nell'intervallo e, se vuoi fare l'intervista, approfitta!

Brigantino (aprendo il taccuino): Maestà, che definizione dareste di Voi stesso?

Ferdinando: L'8 novembre 1830, a vent'anni, diventai il Re del Regno delle Due Sicilie, per grazia di Dio. Tu vuoi una definizione? Eccola: fui totalmente meridionale e restai per sempre tenace, geloso difensore dell'indipendenza della nostra Patria. Chi ancora oggi serba il ricordo dell'Antico Stato, e lo ama, si riferisce al mio Regno, con i primati sociali, civili, culturali ed economici. Senza la mia impronta, si sarebbe perso anche il ricordo delle Due Sicilie. Questo dovete tenerlo a mente, quando parlate di me!

Brigantino: Il primo Vostro atto?

Ferdinando: Un'austera riforma finanziaria ed amministrativa. Le Due Sicilie divennero uno degli Stati più floridi del Mondo.

Brigantino: Vi fu offerta la corona d'Italia

Ferdinando: I liberali bolognesi mi chiesero di appoggiare l'unificazione d'Italia, di cui sarei divenuto Re. Rifiutai perché credo nei diritti dei principi e del Papa. Ma, soprattutto, perché non credo nell'unità italiana: io ho già una Patria.

Brigantino: I liberali ci rimasero male. Fu per questo che Vi contrastarono sempre?

Ferdinando: I liberali non sono affidabili, come i fatti dimostrarono. Erano schiavi degli inglesi e corrotti dalla massoneria. Essi però non mi contrastarono per ciò che non feci, ma piuttosto per quello che realizzai.

Brigantino: Vi imparentaste con i Savoia

Ferdinando: Tu mi adori, eh? ... Così hai detto, e mò te ne vieni ...! Ah, ah, pennarulo, non impallidire, stò pazziando! Sposai Maria Cristina, nipote di Carlo Felice, l'ultimo vero Savoia. Quando morì, la corona andò a Carlo Alberto, settimo principe di Carignano. Mia moglie distava perciò sette generazioni da quel ramo cadetto. Tu ci vedi una parentela?

Brigantino: La questione degli zolfi siciliani aprì una crisi internazionale

Ferdinando: L'Inghilterra sosteneva il libero scambio, ma solo se le conveniva! La questione degli zolfi dimostrò la vera natura delle Potenze liberali: prepotenti e colonizzatrici. Eppure ci fu a Napoli chi continuò a fingere di non capire!

Brigantino: La Vostra famiglia non sembrò alla Vostra altezza

Ferdinando: Sì, qualcosa c'è stato. Mio fratello Carlo mi diede dei pensieri, plagiato da una ... signorina ... inglese, Penelope Smith, nipote di Palmerston.

Brigantino: Anche Leopoldo e Luigi tradiranno il Paese dopo la Vostra morte. La Vostra seconda moglie inoltre ...

Ferdinando: Pennarù, ma tu fusse nu poco giacobbe? Parliamo del mio Regno.

Brigantino: Cosa successe nel 1848?

Ferdinando: Il 29 gennaio concessi, primo in Italia, la costituzione. A marzo il governo liberale inviò truppe a combattere l'Austria, a fianco dei Sardi. In Sicilia un gruppo di traditori settari, al soldo dello straniero, aveva intanto provocato la rivolta. Il 15 maggio i liberali tentarono in Napoli il colpo di Stato violento. Sciolsi la camera, richiamai l'esercito. Nel maggio 1849 domai la sommossa in Sicilia.

Brigantino: Perché negare l'indipendenza ai Siciliani? Vi guadagnaste il titolo di "Re bomba"!

Ferdinando: 'Uagliò! Io ero Sua Maestà Siciliana! Io sono Siciliano! I separatisti erano pochi, finanziati da potentati stranieri. Il popolo invece era con me! I traditori erano degli inetti, che offrivano corone di Sicilia a destra e a manca! Non avrei lasciato il mio popolo nelle mani di quella canaglia neanche per tutto l'oro del mondo! Re "bomba"! Ah, ah! Per il bombardamento di Messina ... che non avvenne mai! Questa storia ti dà la misura delle menzogne dei nostri massoni-liberali, di quanto odiassero la Patria. Per loro fui "bomba", mentre Vittorio Emanuele, che bombardò le case di Genova, Ancona, Gaeta, Palermo, fu "galantuomo"!

Brigantino: Venite accusato di isolazionismo, di non aver capito l'evolversi dei tempi, di esserVi fidato dell'Austria, che invece era finita come Potenza. Di aver costretto all'esilio "cervelli" utili alla Nazione. Dopo di Voi lo Stato crollò: fu conseguenza della Vostra politica?

Ferdinando: Ah, ah, Brigantì! Hai girato tuorno tuorno e mò ci sì arrivato al dunque! Sappi dunque che per sette secoli il Regno fu un gigante dai piedi d'argilla, alla mercé dello straniero. Io mi adoperai per dare allo Stato solide fondamenta, e rendere orgogliosa la Nazione. Mi sono mancati dieci anni di vita, questo è il punto!

Brigantino: Come moriste, Maestà? C'è qualche mistero?

Ferdinando: Morii come sono vissuto: da solo.

Brigantino: Ho intervistato personalità all'Inferno, in Paradiso, ... Voi, adesso, dove state?

Ferdinando: Stò a Santa Chiara.

Brigantino: Parlavate dell'isolamento

Ferdinando: Il Regno doveva crescere nella pace. Posi tutte le energie a sottrarre lo Stato dalle mire di Inghilterra e Francia, che si disputavano la supremazia nel Mediterraneo. Questo mio slancio lo chiami isolazionismo?! Avevo accordi di cooperazione con l'Austria, la Russia, la Turchia ... ma io non puntavo sull'aiuto degli altri, ho sempre cercato di "aiutarmi" da solo! Il Regno era difeso dall'acqua salata e ... santa! Avevo un esercito di 100 mila ed una poderosa marina.

Brigantino: L'assolutismo e l'evolversi dei tempi

Ferdinando: Ma cosa credi, che passassi le giornate assiso sul trono, rincorrendo dispotici capricci?! Non fu così! Il Regno era uno Stato costituito, con leggi, governo, ministeri, magistrati, militari e tutti questi erano Meridionali, che condividevano le mie responsabilità: fu quanto di meglio il Sud non abbia mai saputo, in completa autonomia, esprimere in campo istituzionale. I liberali non avevano potere, questo sì. Avevo dato loro la possibilità nel '48, ma si dimostrarono nemici della Patria.

Brigantino: La fuga dei "cervelli.

Ferdinando: Ma quali "cervelli", ma famme 'o piacere! Primeggiammo in ogni campo, Napoli era una capitale della cultura, avevamo una florida economia: questo significa che i cervelli, quelli veri, c'erano e lavoravano per la Patria! Pennaruli e avvocati paglietti pensarono invece solo a denigrare il Regno, con le menzogne! Erano peggio degli aristocratici.

Brigantino: Inghilterra e Francia Vi osteggiarono.

Ferdinando: Le potenze liberali, ah, ah! ... L'affare degli zolfi, l'appoggio ai sovvertitori violenti, le macchinazioni di Gladstone, il caso del "Cagliari" ... Brigantì, e quelli erano liberali?! Avevano prezzolato perfino i malviventi per boicottare il nostro esperimento costituzionale! Per giustificare l'isolamento! Nei vostri studi dimenticate di descrivere la vita di tutti i giorni nel Regno. Sappi che i Meridionali erano felici. Lo sono ai tuoi giorni?

Brigantino: Perché il crollo dopo di Voi?

Ferdinando: Lo Stato stava generando la Nazione. Mi mancò un po' di tempo: pensa a quanto ci avevano messo paesi come Francia, Inghilterra, Spagna. Il popolo continuò ad essere al centro della mia attenzione. Avevo la siderurgia, l'industria tessile, meccanica, navale. Il mio Regno aveva più industria di tutto il resto d'Italia messo insieme. Costruii strutture, strade, porti. Sviluppai commerci, la flotta raggiungeva ogni angolo del mondo, la vita artistica e culturale trionfava ... altro che isolamento! Ci si poteva arricchire, ma non a danno del mio popolo! Io ho inventato 150 prima ciò che ora chiamate: partecipazioni statali, previdenza sociale, federalismo, usufrutto delle terre, decentramento fiscale! Il mio modello di sviluppo era originale e meridionale. La produzione doveva soddisfare prima di tutto il consumo interno, per il benessere del popolo.

Brigantino: il mondo andava verso il liberismo.

Ferdinando: Vedi, Brigantì, io non considerai il liberalismo adatto alle Due Sicilie: l'aristocrazia era ancora feudataria, ed i borghesi si erano dimostrati incapaci di uscire dalle sette al servizio dello straniero. Proprio come i giacobbi al tempo di mio nonno. La società meridionale mancava di reciproca confidenza, e aveva bisogno di me quale garante super partes dei rapporti sociali. Io formavo la nuova classe dirigente, che doveva nascere dal popolo. Feci di tutto per difendere i ceti popolari. Tenevo ad assicurare la maggiore prosperità possibile al popolo. Non avevo altra preoccupazione che quella di contentare il popolo, perchè il benessere sociale è più importante della speculazione individuale. Per tutto questo le Potenze liberali mi detestavano: il mio modello di sviluppo poteva essere pericoloso e imitato! Ma il crollo non ci sarebbe stato se fossi vissuto un po' in più! La massoneria non sarebbe diventata la metastasi della società, che pur di distruggermi, distrusse lo Stato e lo consegnò allo straniero!








Nel grande teatro vuoto le luci delle fiaccole si abbassarono tre volte. Iniziò l'ultimo atto del Guglielmo. Il Re ascoltò attento; all'inizio del coro finale, mi fece cenno con la mano di prestare attenzione. La più bella musica che mai fu scritta inneggiò alla libertà di un popolo dallo straniero. Guardai il mio Re: sorrideva entusiasta, accompagnando la musica con decisi gesti delle braccia. Sorrisi anch'io e pensai "Ci vediamo a Santa Chiara, Maestà!".



da www.brigantino.org

Fante d'Italia
20-04-04, 16:09
Originally posted by Emiliano
Ferdinando II

Re delle due Sicilie (Palermo 1810 - Caserta 1859)



Viva 'o Rre!
Scesi a sera in Via Santa Lucia.

Tremule luci illuminavano l'aria tersa, ed i riflessi si perdevano nel mare che lambiva il lato opposto alla Chiesa della Catena. La brezza ondeggiava le barche nel piccolo golfo. Ecco nella via deserta scalpitare gli zoccoli di un cavallo: era la mia carrozza! Montai rapido, e risalendo Santa Lucia e Palazzo Reale, giunsi in Piazza di San Ferdinando. La vecchina che mi aprì la porta mi ricordò di prendere il cappello. "Il cappello? Quale cappello, io non ho ..." Invece il cappello c'era, sul sedile, di foggia antica, come sono ora i miei vestiti. La vecchina mi accompagnò al San Carlo. Davanti al teatro c'era un grande largo. "Che cosa manca?". Cercai di ricordare invano, così come prima non avevo ricordato che a Santa Lucia non c'è più né mare né golfo. "iate, Signurì", disse la vecchina, e si dileguò nella notte. Entrai nel teatro e salii di corsa la grande scala. Giunsi al palco reale, esitai, con il cuore in tumulto. Spalancai infine la porta con forza non voluta.

V'era un uomo seduto, in abito borghese. Non alto, rivolto al palcoscenico, le sottili mani appoggiate al velluto del davanzale. Girò il capo verso di me e, quando incontrai la luce del suo sguardo, seppi di avere di fronte a me Ferdinando Carlo Maria di Borbone, Ferdinando II, il grande Re! Restai immobile, avevo preparato frasi ed inchini, ma ero troppo emozionato.








Ferdinando: 'uagliò! Chiudi quella porta, chè viene aria, e assiettate cà. Stasera siamo gli unici due spettatori.

Brigantino: Maestà ..., io ho una venerazione per Voi!

Ferdinando: Grazie, Brigantì! Siente, io non vorrei perdermi l'ultimo atto del Guglielmo Tell. Mò stiamo nell'intervallo e, se vuoi fare l'intervista, approfitta!

Brigantino (aprendo il taccuino): Maestà, che definizione dareste di Voi stesso?

Ferdinando: L'8 novembre 1830, a vent'anni, diventai il Re del Regno delle Due Sicilie, per grazia di Dio. Tu vuoi una definizione? Eccola: fui totalmente meridionale e restai per sempre tenace, geloso difensore dell'indipendenza della nostra Patria. Chi ancora oggi serba il ricordo dell'Antico Stato, e lo ama, si riferisce al mio Regno, con i primati sociali, civili, culturali ed economici. Senza la mia impronta, si sarebbe perso anche il ricordo delle Due Sicilie. Questo dovete tenerlo a mente, quando parlate di me!

Brigantino: Il primo Vostro atto?

Ferdinando: Un'austera riforma finanziaria ed amministrativa. Le Due Sicilie divennero uno degli Stati più floridi del Mondo.

Brigantino: Vi fu offerta la corona d'Italia

Ferdinando: I liberali bolognesi mi chiesero di appoggiare l'unificazione d'Italia, di cui sarei divenuto Re. Rifiutai perché credo nei diritti dei principi e del Papa. Ma, soprattutto, perché non credo nell'unità italiana: io ho già una Patria.

Brigantino: I liberali ci rimasero male. Fu per questo che Vi contrastarono sempre?

Ferdinando: I liberali non sono affidabili, come i fatti dimostrarono. Erano schiavi degli inglesi e corrotti dalla massoneria. Essi però non mi contrastarono per ciò che non feci, ma piuttosto per quello che realizzai.

Brigantino: Vi imparentaste con i Savoia

Ferdinando: Tu mi adori, eh? ... Così hai detto, e mò te ne vieni ...! Ah, ah, pennarulo, non impallidire, stò pazziando! Sposai Maria Cristina, nipote di Carlo Felice, l'ultimo vero Savoia. Quando morì, la corona andò a Carlo Alberto, settimo principe di Carignano. Mia moglie distava perciò sette generazioni da quel ramo cadetto. Tu ci vedi una parentela?

Brigantino: La questione degli zolfi siciliani aprì una crisi internazionale

Ferdinando: L'Inghilterra sosteneva il libero scambio, ma solo se le conveniva! La questione degli zolfi dimostrò la vera natura delle Potenze liberali: prepotenti e colonizzatrici. Eppure ci fu a Napoli chi continuò a fingere di non capire!

Brigantino: La Vostra famiglia non sembrò alla Vostra altezza

Ferdinando: Sì, qualcosa c'è stato. Mio fratello Carlo mi diede dei pensieri, plagiato da una ... signorina ... inglese, Penelope Smith, nipote di Palmerston.

Brigantino: Anche Leopoldo e Luigi tradiranno il Paese dopo la Vostra morte. La Vostra seconda moglie inoltre ...

Ferdinando: Pennarù, ma tu fusse nu poco giacobbe? Parliamo del mio Regno.

Brigantino: Cosa successe nel 1848?

Ferdinando: Il 29 gennaio concessi, primo in Italia, la costituzione. A marzo il governo liberale inviò truppe a combattere l'Austria, a fianco dei Sardi. In Sicilia un gruppo di traditori settari, al soldo dello straniero, aveva intanto provocato la rivolta. Il 15 maggio i liberali tentarono in Napoli il colpo di Stato violento. Sciolsi la camera, richiamai l'esercito. Nel maggio 1849 domai la sommossa in Sicilia.

Brigantino: Perché negare l'indipendenza ai Siciliani? Vi guadagnaste il titolo di "Re bomba"!

Ferdinando: 'Uagliò! Io ero Sua Maestà Siciliana! Io sono Siciliano! I separatisti erano pochi, finanziati da potentati stranieri. Il popolo invece era con me! I traditori erano degli inetti, che offrivano corone di Sicilia a destra e a manca! Non avrei lasciato il mio popolo nelle mani di quella canaglia neanche per tutto l'oro del mondo! Re "bomba"! Ah, ah! Per il bombardamento di Messina ... che non avvenne mai! Questa storia ti dà la misura delle menzogne dei nostri massoni-liberali, di quanto odiassero la Patria. Per loro fui "bomba", mentre Vittorio Emanuele, che bombardò le case di Genova, Ancona, Gaeta, Palermo, fu "galantuomo"!

Brigantino: Venite accusato di isolazionismo, di non aver capito l'evolversi dei tempi, di esserVi fidato dell'Austria, che invece era finita come Potenza. Di aver costretto all'esilio "cervelli" utili alla Nazione. Dopo di Voi lo Stato crollò: fu conseguenza della Vostra politica?

Ferdinando: Ah, ah, Brigantì! Hai girato tuorno tuorno e mò ci sì arrivato al dunque! Sappi dunque che per sette secoli il Regno fu un gigante dai piedi d'argilla, alla mercé dello straniero. Io mi adoperai per dare allo Stato solide fondamenta, e rendere orgogliosa la Nazione. Mi sono mancati dieci anni di vita, questo è il punto!

Brigantino: Come moriste, Maestà? C'è qualche mistero?

Ferdinando: Morii come sono vissuto: da solo.

Brigantino: Ho intervistato personalità all'Inferno, in Paradiso, ... Voi, adesso, dove state?

Ferdinando: Stò a Santa Chiara.

Brigantino: Parlavate dell'isolamento

Ferdinando: Il Regno doveva crescere nella pace. Posi tutte le energie a sottrarre lo Stato dalle mire di Inghilterra e Francia, che si disputavano la supremazia nel Mediterraneo. Questo mio slancio lo chiami isolazionismo?! Avevo accordi di cooperazione con l'Austria, la Russia, la Turchia ... ma io non puntavo sull'aiuto degli altri, ho sempre cercato di "aiutarmi" da solo! Il Regno era difeso dall'acqua salata e ... santa! Avevo un esercito di 100 mila ed una poderosa marina.

Brigantino: L'assolutismo e l'evolversi dei tempi

Ferdinando: Ma cosa credi, che passassi le giornate assiso sul trono, rincorrendo dispotici capricci?! Non fu così! Il Regno era uno Stato costituito, con leggi, governo, ministeri, magistrati, militari e tutti questi erano Meridionali, che condividevano le mie responsabilità: fu quanto di meglio il Sud non abbia mai saputo, in completa autonomia, esprimere in campo istituzionale. I liberali non avevano potere, questo sì. Avevo dato loro la possibilità nel '48, ma si dimostrarono nemici della Patria.

Brigantino: La fuga dei "cervelli.

Ferdinando: Ma quali "cervelli", ma famme 'o piacere! Primeggiammo in ogni campo, Napoli era una capitale della cultura, avevamo una florida economia: questo significa che i cervelli, quelli veri, c'erano e lavoravano per la Patria! Pennaruli e avvocati paglietti pensarono invece solo a denigrare il Regno, con le menzogne! Erano peggio degli aristocratici.

Brigantino: Inghilterra e Francia Vi osteggiarono.

Ferdinando: Le potenze liberali, ah, ah! ... L'affare degli zolfi, l'appoggio ai sovvertitori violenti, le macchinazioni di Gladstone, il caso del "Cagliari" ... Brigantì, e quelli erano liberali?! Avevano prezzolato perfino i malviventi per boicottare il nostro esperimento costituzionale! Per giustificare l'isolamento! Nei vostri studi dimenticate di descrivere la vita di tutti i giorni nel Regno. Sappi che i Meridionali erano felici. Lo sono ai tuoi giorni?

Brigantino: Perché il crollo dopo di Voi?

Ferdinando: Lo Stato stava generando la Nazione. Mi mancò un po' di tempo: pensa a quanto ci avevano messo paesi come Francia, Inghilterra, Spagna. Il popolo continuò ad essere al centro della mia attenzione. Avevo la siderurgia, l'industria tessile, meccanica, navale. Il mio Regno aveva più industria di tutto il resto d'Italia messo insieme. Costruii strutture, strade, porti. Sviluppai commerci, la flotta raggiungeva ogni angolo del mondo, la vita artistica e culturale trionfava ... altro che isolamento! Ci si poteva arricchire, ma non a danno del mio popolo! Io ho inventato 150 prima ciò che ora chiamate: partecipazioni statali, previdenza sociale, federalismo, usufrutto delle terre, decentramento fiscale! Il mio modello di sviluppo era originale e meridionale. La produzione doveva soddisfare prima di tutto il consumo interno, per il benessere del popolo.

Brigantino: il mondo andava verso il liberismo.

Ferdinando: Vedi, Brigantì, io non considerai il liberalismo adatto alle Due Sicilie: l'aristocrazia era ancora feudataria, ed i borghesi si erano dimostrati incapaci di uscire dalle sette al servizio dello straniero. Proprio come i giacobbi al tempo di mio nonno. La società meridionale mancava di reciproca confidenza, e aveva bisogno di me quale garante super partes dei rapporti sociali. Io formavo la nuova classe dirigente, che doveva nascere dal popolo. Feci di tutto per difendere i ceti popolari. Tenevo ad assicurare la maggiore prosperità possibile al popolo. Non avevo altra preoccupazione che quella di contentare il popolo, perchè il benessere sociale è più importante della speculazione individuale. Per tutto questo le Potenze liberali mi detestavano: il mio modello di sviluppo poteva essere pericoloso e imitato! Ma il crollo non ci sarebbe stato se fossi vissuto un po' in più! La massoneria non sarebbe diventata la metastasi della società, che pur di distruggermi, distrusse lo Stato e lo consegnò allo straniero!








Nel grande teatro vuoto le luci delle fiaccole si abbassarono tre volte. Iniziò l'ultimo atto del Guglielmo. Il Re ascoltò attento; all'inizio del coro finale, mi fece cenno con la mano di prestare attenzione. La più bella musica che mai fu scritta inneggiò alla libertà di un popolo dallo straniero. Guardai il mio Re: sorrideva entusiasta, accompagnando la musica con decisi gesti delle braccia. Sorrisi anch'io e pensai "Ci vediamo a Santa Chiara, Maestà!".



da www.brigantino.org
superbamente bello!!!
È stato un piacere vero, per la mente e per il cuore, leggerlo e rileggerlo. Grazie.