Shambler
19-04-04, 23:00
ROMA – Nell’arco di due mesi sono usciti in Italia due libri importanti su Chiesa ed ebraismo. L’uno e l’altro decisamente anticonformisti: contrari, cioè, ai giudizi che corrono in larga parte dell’opinione pubblica italiana e internazionale.
Il giudizio contraddetto dal primo libro è che vi sia rottura insanabile tra fede ebraica e fede cristiana. E che il passaggio dall’una all’altra sia tradimento ed abiura.
Il giudizio contrastato dal secondo libro è che la Chiesa e il papato siano stati cedevoli, se non complici, con Hitler e lo sterminio degli ebrei.
* * *
Il primo libro è l’autobiografia di Eugenio Zolli, che fu rabbino capo degli ebrei di Roma tra il 1939 e il 1945.
Il suo nome originario era Israel Zoller. Nacque nel 1881 a Brodj, villaggio della Galizia austro-ungarica che oggi è dentro i confini della Polonia. A 6 anni emigrò con la famiglia a Stanislavia, l’attuale Ivano-Frankovsk, in Ucraina. Studiò a Leopoli e poi a Firenze. Stabilitosi in Italia, il suo cognome fu mutato in Zolli. Fu rabbino capo a Trieste e insegnò letteratura ebraica all’università di Padova. Passato a Roma, fu eletto rabbino capo e direttore del collegio rabbinico. All’inizio del 1945 si dimise e nel febbraio chiese d’essere battezzato nella Chiesa cattolica. Assunse il nome di Eugenio, lo stesso del papa di allora, Pio XII. Morì nel 1956. Questa sua autobiografia la scrisse nel 1947 e nel 1954 uscì in inglese, negli Stati Uniti. Ma l’originale – con importanti differenze – era in italiano, in un dattiloscritto scoperto successivamente e pubblicato per la prima volta quest’anno, con la prefazione del nipote Enrico de Bernart.
Le recensioni al libro si sono concentrate su un episodio controverso della vita dell’autore, nel settembre 1943 quand’era rabbino capo di Roma. Per salvare la comunità ebraica dalla minaccia nazista, egli propose di chiudere i luoghi di culto, distruggere i registri dei nomi e rifugiarsi in clandestinità. Non fu ascoltato e arrivò il disastro. Zolli si salvò con la famiglia, nascosto dall’organizzazione “Giustizia e Libertà”. Reintegrato dagli alleati, dopo la liberazione di Roma, nella carica di rabbino capo, e poi fattosi cristiano, l’accompagnò sino ai giorni nostri l’accusa, da parte di molti suoi correligionari, d’essere stato un rinnegato.
Ma le pagine più rilevanti e toccanti dell’autobiografia sono altre. Sono quelle che raccontano l’infanzia e la giovinezza.
Leggerle è come veder apparire davanti a sé dei quadri di Chagall (vedi foto), il pittore ebreo nato e vissuto in quelle stesse terre orientali tra l’Europa e la Russia: col villaggio, la sinagoga, il granturco sulla neve, la scuola ebraica col maestro severo, l’inchiostro rovesciato, la mela “calda e abbronzata con due chicchi di zucchero sopra”, il galletto sui tetti... E tante figure volanti, nel cielo stellato: i personaggi della Bibbia.
Ma c’è anche Gesù, da subito. C’è il crocefisso nella casa del compagno di scuola:
“Perché fu crocefisso, Lui? Perché noi ragazzi diventiamo così diversi al cospetto di Lui? No, no, Lui non può essere stato cattivo. Forse era e forse non era – chi lo sa – il Servo di Dio i cui canti abbiamo letto a scuola. Io non so nulla, ma d’una cosa sono certo: Lui era buono, e allora... E allora, perché lo hanno crocefisso?”.
Ci sono da subito i Vangeli e il Nuovo Testamento:
“Solo soletto, leggevo il Vangelo e provavo un piacere infinito. Che sorpresa ebbi in mezzo al prato verde: ‘Ma io vi dico: amate i vostri nemici’. E dall’alto della croce: ‘Padre, perdona loro’. Il Nuovo Testamento è davvero un testamento... nuovo! Tutto ciò mi appariva d’una importanza straordinaria. Insegnamenti sul tipo: ‘Beati i puri di cuore’ e la preghiera sulla croce segnano una linea di demarcazione tra il mondo di idee antiche e un cosmo morale nuovo. Eh sì! Qui sorge un mondo nuovo. Si delineano le forme sublimi del Regno dei Cieli, dei perseguitati che non hanno perseguitato, ma che hanno amato”.
Il battesimo arriverà molti, molti anni dopo. E appare come naturale fioritura messianica di un ceppo ebraico sempre vivo, già dall’inizio carico di destino.
Il titolo del libro è “Prima dell’alba”. Eugenio Zolli ha prefigurato nella sua vita il sorgere di un rapporto fraterno tra cristianesimo ed ebraismo che oggi è divenuto programma del vertice stesso della Chiesa.
* * *
Il secondo libro, fresco di stampa, è un grosso volume di 558 pagine, per metà documenti, dal titolo: “Hitler, la Santa Sede e gli ebrei”.
L’autore, lo storico Giovanni Sale, è gesuita della “Civiltà Cattolica”, la rivista stampata col controllo e l’autorizzazione della segreteria di stato vaticana. E questo fa pensare, a ragione, che anche il libro sia stato voluto dalla Santa Sede: con l’obiettivo di contrastare – con documenti inediti e accurate ricostruzioni – le ricorrenti accuse di filonazismo e di antiebraismo scagliate contro la Chiesa degli anni di Hitler.
Basta scorrere l’indice del volume per cogliere l’interesse dei temi trattati.
C’è la vicenda del “Zentrum”, il partito cattolico che collaborò col nazismo nascente e poi fu sciolto da Hitler col consenso del Vaticano.
C’è la genesi e la diffusione segreta in Germania dell’enciclica di Pio XI “Mit Brennender Sorge” contro l’ideologia del Reich.
C’è la ricostruzione della visita di Hitler a Roma ma non in Vaticano, col papa che ostentatamente lascia la città.
C’è il capitolo intitolato: “Il ‘silenzio’ di Pio XII e l’olocausto”.
C’è un altro capitolo dal titolo: “L’attentato a Hitler, la Santa Sede e i gesuiti”.
E molto altro ancora. Ecco qui di seguito la presentazione del volume apparsa il 14 aprile sul quotidiano della conferenza episcopale italiana, “Avvenire”. L’autore, Gian Maria Vian, è storico della Chiesa e ordinario di filologia patristica all’università di Roma “La Sapienza”. Il suo ultimo saggio, in libreria in questi giorni per i tipi del Mulino, ha per titolo “La donazione di Costantino” e ha per oggetto l’intricata vicenda, nei secoli, dei rapporti tra il papato e i poteri politici.
Il giudizio contraddetto dal primo libro è che vi sia rottura insanabile tra fede ebraica e fede cristiana. E che il passaggio dall’una all’altra sia tradimento ed abiura.
Il giudizio contrastato dal secondo libro è che la Chiesa e il papato siano stati cedevoli, se non complici, con Hitler e lo sterminio degli ebrei.
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Il primo libro è l’autobiografia di Eugenio Zolli, che fu rabbino capo degli ebrei di Roma tra il 1939 e il 1945.
Il suo nome originario era Israel Zoller. Nacque nel 1881 a Brodj, villaggio della Galizia austro-ungarica che oggi è dentro i confini della Polonia. A 6 anni emigrò con la famiglia a Stanislavia, l’attuale Ivano-Frankovsk, in Ucraina. Studiò a Leopoli e poi a Firenze. Stabilitosi in Italia, il suo cognome fu mutato in Zolli. Fu rabbino capo a Trieste e insegnò letteratura ebraica all’università di Padova. Passato a Roma, fu eletto rabbino capo e direttore del collegio rabbinico. All’inizio del 1945 si dimise e nel febbraio chiese d’essere battezzato nella Chiesa cattolica. Assunse il nome di Eugenio, lo stesso del papa di allora, Pio XII. Morì nel 1956. Questa sua autobiografia la scrisse nel 1947 e nel 1954 uscì in inglese, negli Stati Uniti. Ma l’originale – con importanti differenze – era in italiano, in un dattiloscritto scoperto successivamente e pubblicato per la prima volta quest’anno, con la prefazione del nipote Enrico de Bernart.
Le recensioni al libro si sono concentrate su un episodio controverso della vita dell’autore, nel settembre 1943 quand’era rabbino capo di Roma. Per salvare la comunità ebraica dalla minaccia nazista, egli propose di chiudere i luoghi di culto, distruggere i registri dei nomi e rifugiarsi in clandestinità. Non fu ascoltato e arrivò il disastro. Zolli si salvò con la famiglia, nascosto dall’organizzazione “Giustizia e Libertà”. Reintegrato dagli alleati, dopo la liberazione di Roma, nella carica di rabbino capo, e poi fattosi cristiano, l’accompagnò sino ai giorni nostri l’accusa, da parte di molti suoi correligionari, d’essere stato un rinnegato.
Ma le pagine più rilevanti e toccanti dell’autobiografia sono altre. Sono quelle che raccontano l’infanzia e la giovinezza.
Leggerle è come veder apparire davanti a sé dei quadri di Chagall (vedi foto), il pittore ebreo nato e vissuto in quelle stesse terre orientali tra l’Europa e la Russia: col villaggio, la sinagoga, il granturco sulla neve, la scuola ebraica col maestro severo, l’inchiostro rovesciato, la mela “calda e abbronzata con due chicchi di zucchero sopra”, il galletto sui tetti... E tante figure volanti, nel cielo stellato: i personaggi della Bibbia.
Ma c’è anche Gesù, da subito. C’è il crocefisso nella casa del compagno di scuola:
“Perché fu crocefisso, Lui? Perché noi ragazzi diventiamo così diversi al cospetto di Lui? No, no, Lui non può essere stato cattivo. Forse era e forse non era – chi lo sa – il Servo di Dio i cui canti abbiamo letto a scuola. Io non so nulla, ma d’una cosa sono certo: Lui era buono, e allora... E allora, perché lo hanno crocefisso?”.
Ci sono da subito i Vangeli e il Nuovo Testamento:
“Solo soletto, leggevo il Vangelo e provavo un piacere infinito. Che sorpresa ebbi in mezzo al prato verde: ‘Ma io vi dico: amate i vostri nemici’. E dall’alto della croce: ‘Padre, perdona loro’. Il Nuovo Testamento è davvero un testamento... nuovo! Tutto ciò mi appariva d’una importanza straordinaria. Insegnamenti sul tipo: ‘Beati i puri di cuore’ e la preghiera sulla croce segnano una linea di demarcazione tra il mondo di idee antiche e un cosmo morale nuovo. Eh sì! Qui sorge un mondo nuovo. Si delineano le forme sublimi del Regno dei Cieli, dei perseguitati che non hanno perseguitato, ma che hanno amato”.
Il battesimo arriverà molti, molti anni dopo. E appare come naturale fioritura messianica di un ceppo ebraico sempre vivo, già dall’inizio carico di destino.
Il titolo del libro è “Prima dell’alba”. Eugenio Zolli ha prefigurato nella sua vita il sorgere di un rapporto fraterno tra cristianesimo ed ebraismo che oggi è divenuto programma del vertice stesso della Chiesa.
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Il secondo libro, fresco di stampa, è un grosso volume di 558 pagine, per metà documenti, dal titolo: “Hitler, la Santa Sede e gli ebrei”.
L’autore, lo storico Giovanni Sale, è gesuita della “Civiltà Cattolica”, la rivista stampata col controllo e l’autorizzazione della segreteria di stato vaticana. E questo fa pensare, a ragione, che anche il libro sia stato voluto dalla Santa Sede: con l’obiettivo di contrastare – con documenti inediti e accurate ricostruzioni – le ricorrenti accuse di filonazismo e di antiebraismo scagliate contro la Chiesa degli anni di Hitler.
Basta scorrere l’indice del volume per cogliere l’interesse dei temi trattati.
C’è la vicenda del “Zentrum”, il partito cattolico che collaborò col nazismo nascente e poi fu sciolto da Hitler col consenso del Vaticano.
C’è la genesi e la diffusione segreta in Germania dell’enciclica di Pio XI “Mit Brennender Sorge” contro l’ideologia del Reich.
C’è la ricostruzione della visita di Hitler a Roma ma non in Vaticano, col papa che ostentatamente lascia la città.
C’è il capitolo intitolato: “Il ‘silenzio’ di Pio XII e l’olocausto”.
C’è un altro capitolo dal titolo: “L’attentato a Hitler, la Santa Sede e i gesuiti”.
E molto altro ancora. Ecco qui di seguito la presentazione del volume apparsa il 14 aprile sul quotidiano della conferenza episcopale italiana, “Avvenire”. L’autore, Gian Maria Vian, è storico della Chiesa e ordinario di filologia patristica all’università di Roma “La Sapienza”. Il suo ultimo saggio, in libreria in questi giorni per i tipi del Mulino, ha per titolo “La donazione di Costantino” e ha per oggetto l’intricata vicenda, nei secoli, dei rapporti tra il papato e i poteri politici.