legio_taurinensis
26-04-04, 15:32
Un giusto trampolino di lancio, verso la libertà e l'indipendenza dell'Ausonia, a mio avviso è la componente economico-finanziaria.
Si sa che le cose che (volgarmente detto) mandano avanti la baracca, in questo caso la nazione sono la produttività, il PIL, il lavoro e quindi l'economia. Se mancano queste basi, come si può discutere di creare una piattaforma di sviluppo politico e istituzionale?
Va bene il patrimonio storico-culturale da difendere, va bene la promozione dell'immagine, tutela linguistica ed etnica che si vuole, ma serve un impianto economico forte e stabile per permettere ad uno stato di esistere e di essere efficiente.
E siccome qui abbiamo a che fare con il Meridione d'Italia, per molti è ancora più difficile, se non impossibile cercare di impostare un ragionamento efficace in materia di sviluppo economico. Quale ricetta è la migliore, molti si chiederanno? un'economia di mercato liberistico e selvaggio, un'economia pianificata di tipo socialistico? un'economia mista a capitalismo europeo? Tutto e niente.
Nel senso, creare un circuito economico che prima di tutto badi alle risorse disponibili di un territorio è la cosa primaria, è fuori discussione al meno in termini teorici, che le NOSTRE risorse non devono essere sfruttate da nessun altro, sono nostre e tali rimangono. Basti pensare al turismo, un settore in via d'espansione al Sud, esso rappresenterebbe già un terzo dell'economia nazionale italiana. Poi c'è l'agricoltura settore che nel Sud non ha mai mancato d'intenti e possibilità, che se fosse completamente lasciato nelle mani delle persone giuste, darebbe risultati ancor maggiori. In fine il settore industriale, quello forse meno sviluppato in Ausonia; quello su cui si dovrebbe porre un occhio di riguardo maggiore, e fare in modo che diventi come il turismo e l'agricoltura, un settore di rilancio della nostra economia. Seguire l'esempio di altri paesi europei, sarebbe la prima cosa che viene in mente, ma non bisognerebbe nemmeno trascurare la possibilità di rilanciare accordi commerciali con i paesi del mediterraneo, riavvicinarci economicamente a loro, per i comuni interessi che condividiamo può diventare fondamentale. Creando un bacino di cooperazione economico-produttivo-finanziaria con loro, potrebbe voler dire non avere più bisogno dei soldi "assistiti" padani, nemmeno del cordone ombelicale che lega il Sud agli interessi dei palazzi romani.
Se tutto ciò venisse preso in considerazione da quei meridionalisti che veramente vogliono la libertà ed il rispetto internazionale della nostra terra, non diventerebbe un'utopia il sogno dell'indipendenza.
Guadagnandosi un'immagine economia prima ancora che civile internazionalmente parlando, significherebbe in tanto per il sud ristabilire quel suo ruolo che gli spetta di diritto, e poi rilanciare il progetto di diventare quello che era fino a un secolo fa: un Nazione nel mediterraneo.
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Vi piace? mi sono impegnato?
:)
Si sa che le cose che (volgarmente detto) mandano avanti la baracca, in questo caso la nazione sono la produttività, il PIL, il lavoro e quindi l'economia. Se mancano queste basi, come si può discutere di creare una piattaforma di sviluppo politico e istituzionale?
Va bene il patrimonio storico-culturale da difendere, va bene la promozione dell'immagine, tutela linguistica ed etnica che si vuole, ma serve un impianto economico forte e stabile per permettere ad uno stato di esistere e di essere efficiente.
E siccome qui abbiamo a che fare con il Meridione d'Italia, per molti è ancora più difficile, se non impossibile cercare di impostare un ragionamento efficace in materia di sviluppo economico. Quale ricetta è la migliore, molti si chiederanno? un'economia di mercato liberistico e selvaggio, un'economia pianificata di tipo socialistico? un'economia mista a capitalismo europeo? Tutto e niente.
Nel senso, creare un circuito economico che prima di tutto badi alle risorse disponibili di un territorio è la cosa primaria, è fuori discussione al meno in termini teorici, che le NOSTRE risorse non devono essere sfruttate da nessun altro, sono nostre e tali rimangono. Basti pensare al turismo, un settore in via d'espansione al Sud, esso rappresenterebbe già un terzo dell'economia nazionale italiana. Poi c'è l'agricoltura settore che nel Sud non ha mai mancato d'intenti e possibilità, che se fosse completamente lasciato nelle mani delle persone giuste, darebbe risultati ancor maggiori. In fine il settore industriale, quello forse meno sviluppato in Ausonia; quello su cui si dovrebbe porre un occhio di riguardo maggiore, e fare in modo che diventi come il turismo e l'agricoltura, un settore di rilancio della nostra economia. Seguire l'esempio di altri paesi europei, sarebbe la prima cosa che viene in mente, ma non bisognerebbe nemmeno trascurare la possibilità di rilanciare accordi commerciali con i paesi del mediterraneo, riavvicinarci economicamente a loro, per i comuni interessi che condividiamo può diventare fondamentale. Creando un bacino di cooperazione economico-produttivo-finanziaria con loro, potrebbe voler dire non avere più bisogno dei soldi "assistiti" padani, nemmeno del cordone ombelicale che lega il Sud agli interessi dei palazzi romani.
Se tutto ciò venisse preso in considerazione da quei meridionalisti che veramente vogliono la libertà ed il rispetto internazionale della nostra terra, non diventerebbe un'utopia il sogno dell'indipendenza.
Guadagnandosi un'immagine economia prima ancora che civile internazionalmente parlando, significherebbe in tanto per il sud ristabilire quel suo ruolo che gli spetta di diritto, e poi rilanciare il progetto di diventare quello che era fino a un secolo fa: un Nazione nel mediterraneo.
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