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Visualizza Versione Completa : The Suffering



Nirvana
27-04-04, 20:59
Il survival horror secondo Midway

Quando si parla di Midway, non si può fare a meno di associare la software house d’oltre oceano con il suo prodotto più celebre, “Mortal Kombat”.
Viene quindi naturale pensare a litri e litri di sangue umano (o meno), spillati a suon di calci e pugni da avversari di ogni sorta.
È quindi cosa comune che ci si aspetti da quel manipolo di programmatori un titolo che non tradisca la loro fama, un gioco insomma, che ci dia nuovi mezzi per assaporare una buona dose di violenza virtuale e che dia ai media nuovi territori di scontro sul concetto di correttezza o meno nel trattamento videoludico di situazioni del genere.
Fortunatamente per noi (e per loro), Midway non si limita a creare esclusivamente nuovi capitoli del celebre picchiaduro, ma tenta sempre di proporre temi differenti, esplorando generi diversi dell’intrattenimento elettronico.
È questo il caso di The Suffering, un survival horror dai tratti davvero inquietanti, che promette abbondanti colpi di scena e scontri all’ultimo sangue, immersi in un’atmosfera di disperazione ed abbandono.

Il gioco che ci apprestiamo ad analizzare ci vede nei panni di tale Torque, un uomo condannato a morte tramite iniezione letale per l’omicidio di sua moglie e dei suoi due figli.
Il galeotto viene condotto nel penitenziario di stato di Abbott, su Carnate Island, nell’arcipelago delle Maryland, dove attenderà la fine dei suoi giorni in una fredda ed umida cella del braccio della morte.
Pochi giorni dopo il nostro arrivo nella gabbia un improvviso terremoto sconvolge la “tranquilla” routine del penitenziario, gettando la prigione in un’inquietante oscurità, tra crepe nei muri e soffitti cadenti.
In un attimo succede il finimondo, rinchiusi nella nostra cella siamo testimoni di morti inspiegabili, guardie trafitte da oggetti metallici, galeotti decapitati, urla di dolore ovunque e poi, d’improvviso di nuovo il silenzio.
Cos’è successo tutt’intorno, cosa sono i rumori striscianti e gli stridii metallici che di tanto in tanto rompono il polveroso silenzio?
Mentre aspettiamo indifesi di fare la stessa inspiegabile fine dei nostri compagni di sventura una seconda scossa scardina miracolosamente la porta dietro la quale siamo rinchiusi, dandoci la possibilità di uscire e tentare un’insperata fuga verso la libertà, armati di un solo pezzo di ferro.

La prima sensazione che questo gioco mi ha dato a pochi minuti dall’inizio, è un senso di abbandono, di silenziosa e dolorosa solitudine in un posto assolutamente sconosciuto e terribilmente vasto. La speranza di incontrare qualche superstite diventa ad un certo punto quasi una necessità, per continuare a sperare di non essere l’unica persona ancora viva e prossima al massacro.
L’ambientazione tetra del gioco, sempre scura, piena di corridoi e di angoli diventa presto una sorta di tortura psicologica, vi accorgerete a breve di affrontare ogni svolta col cuore in gola, in attesa di qualche sconvolgente creatura pronta a farvi a pezzi.
Oltre al vostro forzato isolamento, dovrete fare presto i conti con voi stessi, e con la vostra psiche, rappresentata da costanti voci nella testa e improvvise visioni sanguinose che vi appariranno davanti agli occhi facendovi letteralmente sobbalzare sulla sedia.
Vi troverete così, per esempio, ad incontrare persone gravemente ferite che chiedono il vostro aiuto, mentre le voci interiori vi suggeriscono di sgozzarle senza pietà in una sorta di tentazione costante ad abbandonarsi ad un’insana brutalità.
Il vostro procedere nell’esplorazione di questo luogo di sofferenza vi farà incappare in una buona quantità di documenti, che vi spiegheranno parte della storia del penitenziario di Abbott, e di come esso sia da sempre stato teatro di efferate violenze.
Tra i tanti scritti che reperirete, spiccano per altro degli appunti redatti da un tale dottor Killjoy, un medico dell’istituto, che testimoniano alcuni esperimenti fatti a mente sana sui detenuti, con esiti terribili nonché con l’inevitabile morte degli stessi tra atroci sofferenze.
Questo macabro panorama verrà ben presto popolato da mostruose creature assetate di sangue, strane fusioni di carne e metallo, dal comportamento animalesco e famelico, che vi costringeranno a lotte disperate per la vostra sopravvivenza.
Il confine tra le visioni (sempre più insistenti), e la realtà in cui vi sposterete, diverrà via via più sottile, sino a diventare un’unica cosa che vi porterà a prendere in seria considerazione la fondatezza delle accuse di omicidio per cui siete stati condannati alla pena capitale.

In pochi momenti di gioco salta all’occhio l’impronta che i programmatori della Midway hanno voluto dare a questo originale survival horror.
La forte presenza di armi, e soprattutto di munizioni per le stesse è di per se un invito lampante a fare delle maledette bestie il massacro più completo.
In un confronto diretto con i colleghi del genere, The Suffering è il titolo che riesce a fondere le sanguinose sparatorie con gli zombie di Resident Evil e le atmosfere tetre e misteriose di Silent Hill.
L’azione di gioco ha un’ottima alternanza tra le fasi di combattimento frenetico e quelle più esplorative, dove talvolta vi parrà di emulare le gesta della popputa Lara Croft nell’intento di spostare blocchi per raggiungere locazioni elevate.
Una novità davvero interessante per questo genere, è la possibilità di giocare sia nella tradizionale visuale in terza persona, sia in soggettiva.
Questa soluzione si dimostrerà davvero importante nelle fasi avanzate, dove una buona visione globale dell’ambiente vi consentirà di individuare più agevolmente le locazioni da raggiungere oltre che consentire una mira più accurata durante le complesse fasi di combattimento.
Premesso che il gioco può essere giocato utilizzando anche esclusivamente uno solo dei due metodi di visualizzazione, l’alternanza tra i due modi vi garantirà la miglior opportunità di lasciare vivi il penitenziario di Carnate Island.
Le armi che incontrerete durante la vostra “fuga per la vittoria” sono degne di uno sparatutto di prim’ordine, e comprendono, oltre al ferro appuntito di inizio gioco, un revolver, un fucile a pompa ed un mitragliatore Tommy gun (quello usato nei film di gangster, per intenderci). A seguire granate a frammentazione e granate flash e…
Udite udite, un meraviglioso lanciafiamme che dovrete montare recuperando le sue parti in giro per il carcere!
Oltre alle armi di cui sopra potrete utilizzare le postazioni delle guardie, dotate di micidiali mitragliatrici M60, davvero devastanti.
Ogni arma ha ovviamente i suoi pro e contro, per cui se un Tommy gun è in grado di sparare una consistente dose di colpi in un attimo, dovrete fare i conti con una precisione di tiro assai limitata, a differenza di una pistola che, a discapito della forza di fuoco, può garantire una miglior mira.
Le tipologie di avversari che dovrete affrontare non sono tantissime, ma bisogna riconoscere che le forme ed i comportamenti bizzarri a seconda della razza sono davvero ben rappresentate. Tutti i mostri che incontrerete hanno attinenza con una delle pene di morte utilizzate, vedi i decapitati, gli impiccati, i morti per iniezione letale e così via.
Il modus operandi dei singoli nemici è quindi ben differenziato in base al tipo di esecuzione capitale che essi rappresentano e mostra un’intelligenza artificiale davvero ben congegnata. Ad esempio, gli esseri dotati di coltelli (i decapitati) preferiranno un attacco piombandovi addosso da un soffitto (tipo ghigliottina), mentre i mostri con i cannoni (i fucilati), vi colpiranno a distanza con esplosioni pericolosissime. Aspettatevi orde ed orde di nemici, che tenteranno, piuttosto che affrontarvi in fila frontalmente, di accerchiarvi per mettervi alle strette. Non mancano momenti davvero memorabili e caratteristici, ma per non rovinarvi tutte le sorprese mi limiterò a darvi un solo piccolo esempio. Nel caso degli esseri morti per iniezione (li riconoscete dalle numerose siringhe piantate nella schiena), oltre a spararvi gli aghi avvelenati, tenteranno di saltarvi addosso per infilarvi le iniezioni direttamente nel collo, e a quel punto dovrete smanettare come i disperati per toglierveli di dosso per poi sistemarli con una bella fucilata!
All’insegna di un’impronta un po’ più arcade rispetto al tradizionale survival horror, non mancano gli scontri con degli pseudo boss di fine livello, anch’essi con le loro brave tattiche di attacco.
Una caratteristica interessante di questo gioco è un misuratore di brutalità (Insane Brutality Meter), che si riempirà durante i combattimenti ed una volta completo vi consentirà di trasformarvi in un colossale mostro in grado di fare a pezzi i nemici con un solo colpo.
Il prezzo di questa devastante arma è prima di tutto una modifica nel finale del gioco, ma solo se ne fate spesso utilizzo, e la perdita di preziosi punti vita in caso di uso prolungato.
Durante la trasformazione, infatti, la barra di brutalità scenderà ed una volta arrivata a zero comincerà a consumare la vostra vita.
I finali del gioco (in tutto tre), dipendo dal vostro comportamento e da come decidete di condurre la vostra partita. Se andrete avanti aiutando tutti quelli in difficoltà, senza dare retta alle voci nella testa otterrete un finale buono (capite che avete compiuto una buona azione perché avrete delle visioni positive della vostra famiglia), se invece avanzerete massacrando qualsiasi persona o creatura vi capiti a tiro avrete il finale malvagio (in questo caso avrete visioni da incubo). Al terzo finale, quello brutale accederete facendo uso costante del “Brutality Mode”.
In ogni caso a fine gioco avrete una bellissima sorpresa, che non voglio rivelarvi per non rovinare il gioco, ma vi posso garantire varrà le vostre fatiche!
Per quanto riguarda i puristi (se esistono) di questo genere di giochi, mi sento in dovere di assicurare la presenza dei tradizionali enigmi, anche se in quantità decisamente ridotta e limitati perlopiù ad un semplice “trova l’interruttore X per aprire la porta Y ma occhio perché si chiude la porta Z”.
La componente esplorativa è molto importante in questo gioco, che presenta un buon bilanciamento tra esterni ed interni, tutti comunque pervasi dalla stessa atmosfera desolata e minacciosa. Se ad un certo punto desidererete uscire all’aperto dopo una lunga sessione tra corridoi e stanze insanguinate, vi troverete improvvisamente all’aperto solo per desiderare poco dopo di essere di nuovo al chiuso.
D’obbligo segnalarvi la presenza di diversi contenuti speciali, tra cui indubbiamente spicca un lungo documentario sulle prigioni maledette cui questo gioco si ispira.
Il sistema di controllo che vi permetterà di condurre Torque nei meandri del carcere di Abbott è tra i più tradizionali per i giochi di questo tipo, anche se il passare dalla modalità in terza persona a quella soggettiva richiede un minimo di tempo di adattamento.

Dal punto di vista grafico gli sviluppatori della Surreal hanno fatto davvero un ottimo lavoro, costruendo ambienti dettagliati e polverosi davvero inquietanti e prendendo spunto da numerose immagini di carceri abbandonate per ricreare nel gioco quelle atmosfere opprimenti tipiche dei luoghi di condanna.
I numerosi elementi decorativi inseriti decorano degnamente ambienti poligonali più o meno vasti, caratterizzati da una buona complessità strutturale e dotati di un buon livello di interattività. Bossoli che rimangono per terra, segni nelle pareti, cadaveri, telefoni da utilizzare ed armadi da aprire concorrono a generare luoghi estremamente realistici e davvero molto suggestivi, anche quando le textures, non sempre eccelse, faticano a rivestire alcune strutture, lasciando qualche piccolo buco nei reticoli di costruzione.
Dettagli pregevoli come il sangue che macchia il nostro personaggio e le zone circostanti o la polvere sollevata al nostro passaggio mantengono vivo e realistico il rapporto con gli ambienti.
Un ottimo gioco di luci ed effetti speciali completa il quadretto visivo movimentando le spaventose aree e giocando ottimi tiri al nostro subconscio grazie alla creazione di ombre dalle forme minacciose.
La caratterizzazione grafica dei personaggi è indubbiamente di ottima qualità, grazie all’impiego di un buon numero di poligoni uniti a decorazioni di tutto rispetto.
Le animazioni sono per altro al livello della qualità grafica generale, grazie a movenze davvero realistiche, anche nel caso di mostri dalle sembianze tutt’altro che umane.
Solo qualche minimo rallentamento a livello di frame rate è stato riscontrato in un paio di occasioni in cui la presenza di nemici in contemporanea in zone molto ampie era davvero massiccia, a testimonianza di un lavoro fatto sul motore grafico davvero notevole.

Se la grafica è un vero punto a favore di questo titolo, non da meno è il sonoro, che vanta un ottimo insieme di effetti audio davvero ben campionati.
A dire il vero a farla da padrone è sempre il silenzio, utilizzato come tortura psicologica nei nostri confronti e rotto dai nostri passi, da lamenti lontani e lugubri stridii metallici.
La musica, fatta eccezione per qualche breve stacchetto, è totalmente assente, non per carenza di risorse, ma per scelta di atmosfere.
Il gioco dispone della modalità Dolby 5.1, che vi suggerisco caldamente per una miglior godibilità e coinvolgimento.
Attenzione al parlato, fortunatamente per molti ma non per tutti grazie ad uno slang molto accentuato e ricco di volgarità che, pur rispecchiando il classico linguaggio “da galera”, non faticherà a far storcere il naso alle orde di genitori/censori più acculturati in materia.

In conclusione, The Suffering non fatica ad inserirsi nell’ormai sfruttato genere dei Survival Horror, guadagnandosi un posto di tutto rispetto grazie ad un ritmo frenetico ma ben bilanciato tra azione ed esplorazione.
Grazie ad una constante suspance garantita dalle ottime ambientazioni tetre e dalle macabre scoperte questo gioco vi regalerà parecchie ore di paura, incollandovi alla console ed invitandovi, una volta terminato a rigiocarlo per scoprire i diversi finali possibili…oltre che la sorpresa in serbo per voi!

da: http://www.consolenetwork.it

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