Penelope (POL)
08-05-04, 21:22
da Libero di oggi:
Siamo un popolo strano, al punto da non sembrare vero di risponde MATTIAS MAINIERO
OPINIONI
Gli italiani sono un popolo strano. Anzitutto non sono italiani: sono padani, toscani, sardi, siculi, romanisti, laziali, juventini e milanisti. Manca un elemento unico in cui riconoscersi.
La stessa Resistenza è un elemento di odio e di divisione. Anche la pace è un fattore di scontro: se tu non concepisci la pace come bandiera technicolor non vuoi la pace.
Ma c'è di più: gli italiani non si amano.
Soffrono di complessi d'inferiorità.
La vacanza deve essere a Parigi, perché Parigi sì che è una città meravigliosa.
Le auto: la tecnologia tedesca è la migliore.
La fantasia francese meglio ancora; i giapponesi eccellenti. L'Alitalia? Fa schifo, ritarda sempre, a bordo non ti danno da mangiare, meglio le linee straniere.
E così via.
Ci resta la Ferrari. Ma è emiliana e pertanto non fa testo.
Giancarlo Manfredi e-mail Per la verità, ci restano molte altre cose che fanno purtroppo anche testo: la camorra (napoletana), la 'ndrangheta (calabrese), la mafia (siciliana), un po' di banditi sardi, qualche criminale milanese. E, naturalmente, potremmo continuare.
Mi fermo qui, per amor di patria. Comunque, il concetto mi sembra abbastanza chiaro, com'è chiaro il fatto che non c'è nulla di cui stupirsi.
Storia vecchia, vecchissima. Questa delle divisioni e dello scarso amore per la propria terra, accompagnato da un non comune amore per ciò che è straniero, è una nostra specialità. Roba doc, con tanto di brevetto made in Italy.
Ce l'abbiamo nel Dna fin dall'epoca dei Comuni e delle Signorie. Ludovico il Moro scrisse: "Perdonami se di te non mi fido, benché tu sia mio fratello". Figuriamoci cosa succedeva a quei tempi fra non consanguinei: manovre, trame, tradimenti, complotti, cospirazioni, assassini. Fu in quei secoli che cominciammo a non amarci molto, e da allora non ci siamo mai amati troppo. Da allora, ogni qualvolta bisogna risolvere un problema, più che al vicino di casa probabile aggressore, allo zio pronto a tradire, al nipote accoltellatore o al genero avvelenatore, preferiamo rivolgerci agli stranieri.
Abbiamo importato invasori così come oggi importiamo calciatori. Cominciò sempre lui, Ludovico il Moro, passato tra l'altro alla storia per aver chiamato in Italia Carlo III re di Francia. Poi una sequela quasi infinita di inviti. In fatto di ospitalità non siamo secondi a nessuno.
Apriamo la porta anche quando nessuno bussa, pensi un po' cosa può succedere - ed è successo quando valanghe di extracomunitari premono ai confini.
Giuseppe Prezzolini disse: «Gli italiani preferirono sempre distruggersi tra di loro, o subire il potere di uno straniero, piuttosto che riconoscere la superiorità di uno di loro. Ogni Comune cercò di diventare la potenza dominante della regione limitrofa e così facendo contribuiva alla formazione di uno dei fenomeni più caratteristici dell'Italia: il suo regionalismo». Lei ha ragione: siamo un popolo strano, tanto strano da non essere neppure un popolo vero. Su una cosa, però, almeno secondo me, ha torto: il complesso di inferiorità non c'entra. Fosse così semplice, potremmo andare tutti dallo psicanalista e farci curare. Difetto genetico, purtroppo.
Per guarire, ci vorrebbe un trapianto. Ma lei è tanto sicuro che in giro per il mondo ci sia un Dna migliore del nostro?
Che ne dici ZENA ? Ciao
Siamo un popolo strano, al punto da non sembrare vero di risponde MATTIAS MAINIERO
OPINIONI
Gli italiani sono un popolo strano. Anzitutto non sono italiani: sono padani, toscani, sardi, siculi, romanisti, laziali, juventini e milanisti. Manca un elemento unico in cui riconoscersi.
La stessa Resistenza è un elemento di odio e di divisione. Anche la pace è un fattore di scontro: se tu non concepisci la pace come bandiera technicolor non vuoi la pace.
Ma c'è di più: gli italiani non si amano.
Soffrono di complessi d'inferiorità.
La vacanza deve essere a Parigi, perché Parigi sì che è una città meravigliosa.
Le auto: la tecnologia tedesca è la migliore.
La fantasia francese meglio ancora; i giapponesi eccellenti. L'Alitalia? Fa schifo, ritarda sempre, a bordo non ti danno da mangiare, meglio le linee straniere.
E così via.
Ci resta la Ferrari. Ma è emiliana e pertanto non fa testo.
Giancarlo Manfredi e-mail Per la verità, ci restano molte altre cose che fanno purtroppo anche testo: la camorra (napoletana), la 'ndrangheta (calabrese), la mafia (siciliana), un po' di banditi sardi, qualche criminale milanese. E, naturalmente, potremmo continuare.
Mi fermo qui, per amor di patria. Comunque, il concetto mi sembra abbastanza chiaro, com'è chiaro il fatto che non c'è nulla di cui stupirsi.
Storia vecchia, vecchissima. Questa delle divisioni e dello scarso amore per la propria terra, accompagnato da un non comune amore per ciò che è straniero, è una nostra specialità. Roba doc, con tanto di brevetto made in Italy.
Ce l'abbiamo nel Dna fin dall'epoca dei Comuni e delle Signorie. Ludovico il Moro scrisse: "Perdonami se di te non mi fido, benché tu sia mio fratello". Figuriamoci cosa succedeva a quei tempi fra non consanguinei: manovre, trame, tradimenti, complotti, cospirazioni, assassini. Fu in quei secoli che cominciammo a non amarci molto, e da allora non ci siamo mai amati troppo. Da allora, ogni qualvolta bisogna risolvere un problema, più che al vicino di casa probabile aggressore, allo zio pronto a tradire, al nipote accoltellatore o al genero avvelenatore, preferiamo rivolgerci agli stranieri.
Abbiamo importato invasori così come oggi importiamo calciatori. Cominciò sempre lui, Ludovico il Moro, passato tra l'altro alla storia per aver chiamato in Italia Carlo III re di Francia. Poi una sequela quasi infinita di inviti. In fatto di ospitalità non siamo secondi a nessuno.
Apriamo la porta anche quando nessuno bussa, pensi un po' cosa può succedere - ed è successo quando valanghe di extracomunitari premono ai confini.
Giuseppe Prezzolini disse: «Gli italiani preferirono sempre distruggersi tra di loro, o subire il potere di uno straniero, piuttosto che riconoscere la superiorità di uno di loro. Ogni Comune cercò di diventare la potenza dominante della regione limitrofa e così facendo contribuiva alla formazione di uno dei fenomeni più caratteristici dell'Italia: il suo regionalismo». Lei ha ragione: siamo un popolo strano, tanto strano da non essere neppure un popolo vero. Su una cosa, però, almeno secondo me, ha torto: il complesso di inferiorità non c'entra. Fosse così semplice, potremmo andare tutti dallo psicanalista e farci curare. Difetto genetico, purtroppo.
Per guarire, ci vorrebbe un trapianto. Ma lei è tanto sicuro che in giro per il mondo ci sia un Dna migliore del nostro?
Che ne dici ZENA ? Ciao