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Visualizza Versione Completa : uno scambio di battute sull'eurasiatismo, dalla discussione "presentazioni"



carlomartello
16-04-09, 09:38
Il modello Eurosiberiano è un'assurdità storica, figlia di un certo ideologismo politico biancocentrico.
Dove andrebbero messi i 20 milioni di musulmani russi, le popolazioni centro-asiatiche e mongole in una presunta "Russia etnica"?

Il modello eurosiberiano è l'Europa fino a Vladivostok di Jean Thiriart (ex combattente con l'OAS in Algeria, altro che gollismo di carta pesta), che poi è stato rielaborato da vari autori. Jean Thiriart nel '92 già ipotizzava da parte di Washington la strumentalizzazione di Pechino e del mondo islamico (dal Marocco al Pakistan) contro Mosca.

Anche altri autori francesi tra i quali Guillaume Faye sostenevano come Thiriart l'alleanza con alcune frazioni del Terzo mondo - Medio Oriente ed America Latina - contro Washington ma hanno rivisto questa posizione quando l'esplosione del Terzo mondo si è scatenata anche in Europa attraverso il comunitarismo degli immigrati.

La questione tartara è assai delicata, bisogna considerare che molti tartari sono etnicamente "russizzati", religiosamente sciamanisti o comunque maomettani atipici ben diversi dai maghrebini della Francia sobillati dall'organizzazione filo-saudita dei Fratelli mussulmani, in ogni caso Mosca stessa tiene sotto controllo sia i maomettani caucasici che i cinesi in Siberia guardandoli con diffidenza e contrastando di pari passo il calo demografico dei russi etnici.

Il modello eurosiberiano comunque è semplicemente pan-europeo pur includendo appunto la Siberia, in pratica l'Euro-Asia originale.

In Italia l'eurasiatismo ha subito soprattutto l'influenza di autori che lo hanno trasformato dalla triade chiave dell'indipendenza geopolitica europea costituita dall'ipotetico asse Parigi-Berlino-Mosca alla triade tutta antiamericanista di Teheran-Mosca-Pechino nonostante Pechino si sia dimostrata spesso amica di Washington contro l'influenza di Mosca e Khomeini propugnasse come Ceausescu la neutralità nello scontro tra USA e URSS facendo il gioco antirusso (Ceausescu è vero che si scrollò dall'influenza del FMI ma era anche una spina nel fianco all'URSS e filtrava con la Germania dell'Ovest e Khomeini decimò il Tudeh "servo di Mosca").

Anche Stalin è un personaggio ambiguo, riabilitò il nazionalismo grande-russo in chiave antitedesca e in Cina non si fidò mai dei maoisti e sostenne il Chan Kai Shek, inutile poi ricordarti che secondo molti studiosi comunisti Lenin non si fidava pienamente di Stalin e solo una sorta di 'golpe' permise la successione.

Sono cose che non piacciono sentire ma qualcuno ha il dovere di ricordarle.


carlomartello

Combat
16-04-09, 10:08
"La concezione dello stato politico (quale sistema aperto, in espansione) è diametralmente opposta a quella dello stato etnico (quale sistema chiuso, sistema fisso). Lo stato politico rappresenta l'espressione della volontà degli uomini liberi verso un futuro collettivo. Lo stato politico, o più esattamente lo stato-nazione politico, del quale - dopo Ortega y Gasset (5) - sono considerato il moderno teorico, consente agli individui di conservare l'individualità personale (perdonate questo pleonasmo barbaro, rozzo) nel quadro della società. Neppure due mesi fa mi sono espresso in merito all'importanza delle nozioni di Imperium e Dominium. (6) Dal 1946 non ho smesso di sviluppare questa concezione di origine romana. Ad un amico in politica, che mi definiva vallone (solo questo non mi bastava!), scrissi, come al solito, che io non sono né vallone, né fiammingo, né tedesco, né belga e nemmeno europeo. Io sono io. La persona di Jean Thiriart - questo è Jean Thiriart, gli scrivevo io".

Jean Thiriart

***
Continuo a non capire cosa centri il fatto che la Cina abbia rapporti con gli Usa (che devono fare? chiudere le frontiere?), quando poi tutti hanno rapporti con gli USa essendo questo inevitabile visto che, sebbene la situazione sia in cambiamento, rimangono ancora l'unica superpotenza globale.

***
Non capisco nemmeno i discorsi su Stalin e Lenin, che attinenza avrebbero ora?

carlomartello
16-04-09, 10:54
"La concezione dello stato politico (quale sistema aperto, in espansione) è diametralmente opposta a quella dello stato etnico (quale sistema chiuso, sistema fisso). Lo stato politico rappresenta l'espressione della volontà degli uomini liberi verso un futuro collettivo. Lo stato politico, o più esattamente lo stato-nazione politico, del quale - dopo Ortega y Gasset (5) - sono considerato il moderno teorico, consente agli individui di conservare l'individualità personale (perdonate questo pleonasmo barbaro, rozzo) nel quadro della società. Neppure due mesi fa mi sono espresso in merito all'importanza delle nozioni di Imperium e Dominium. (6) Dal 1946 non ho smesso di sviluppare questa concezione di origine romana. Ad un amico in politica, che mi definiva vallone (solo questo non mi bastava!), scrissi, come al solito, che io non sono né vallone, né fiammingo, né tedesco, né belga e nemmeno europeo. Io sono io. La persona di Jean Thiriart - questo è Jean Thiriart, gli scrivevo io".

Jean Thiriart

***
Continuo a non capire cosa centri il fatto che la Cina abbia rapporti con gli Usa (che devono fare? chiudere le frontiere?), quando poi tutti hanno rapporti con gli USa essendo questo inevitabile visto che, sebbene la situazione sia in cambiamento, rimangono ancora l'unica superpotenza globale.

***
Non capisco nemmeno i discorsi su Stalin e Lenin, che attinenza avrebbero ora?

Thiriart, criticando - analogamente a Putin e Solzhenitsyn - la catatrofe geopolitica dell'Impero russo con l'indipendenza delle ex-repubbliche socialiste, scrive: Washington senza il minimo dubbio giocherà contro Mosca la carta di Pechino, o la carta del mondo islamico (dal Pakistan al Marocco).

***

Il conflitto tra il nazionalcomunismo sovietico e cinese non può essere liquidato con i manifesti di Stalin e Mao inneggianti all'amicizia tra i popoli ma va interpretato all'interno del conflitto tra l'etnosfera russa e quella cinese che spinse i cinesi ad aprire a Washington e ad allontanarsi dal blocco del 'socialismo reale' europeo rappresentato dal Patto di Varsavia con cui entreranno in contrapposizione in vari scontri periferici come la Cambogia. Altro che real-politik della diplomazia...

***

Stalin era suo malgrado un nazionalista russo, Lenin no.


carlomartello

Spetaktor
16-04-09, 12:42
Thiriart, criticando - analogamente a Putin e Solzhenitsyn - la catatrofe geopolitica dell'Impero russo con l'indipendenza delle ex-repubbliche socialiste, scrive: Washington senza il minimo dubbio giocherà contro Mosca la carta di Pechino, o la carta del mondo islamico (dal Pakistan al Marocco).




Washington giocherà la carta contro Mosca?
Nessuno vieta a Mosca di giocare la stessa carta contro Washington.

Defender
16-04-09, 12:52
Washington giocherà la carta contro Mosca?
Nessuno vieta a Mosca di giocare la stessa carta contro Washington.

La "carta" ha anche ambizioni proprie.

Spetaktor
16-04-09, 12:58
La "carta" ha anche ambizioni proprie.

che non necessariamente sono quelle carlomartelliane.

Spetaktor
16-04-09, 13:02
Khomeini propugnasse come Ceausescu la neutralità nello scontro tra USA e URSS facendo il gioco antirusso (Ceausescu è vero che si scrollò dall'influenza del FMI ma era anche una spina nel fianco all'URSS e filtrava con la Germania dell'Ovest e Khomeini decimò il Tudeh "servo di Mosca").


Il figlio dell'Imam Khomeini, Ahmed, propose fin dai primi anni della rivoluzione islamica un'alleanza antiamericana con l'Unione Sovietica, che si formalizzò ufficialmente nel 1987.
http://it.danielpipes.org/1861/khomeini-i-sovietici-e-gli-stati-uniti

carlomartello
16-04-09, 13:04
Washington giocherà la carta contro Mosca?
Nessuno vieta a Mosca di giocare la stessa carta contro Washington.

Bisogna vedere se conviene a Pechino, vista l'importanza dell'area commerciale soprannominata Chi-merica e del confronto tra etnosfere nei prossimi decenni in Siberia che vede i cinesi assai avvantagiati, c'è voluto molto meno per avvicinare Washington non a Hu Jintao ma a Mao Tse Tung.
Recentemente Hu Jintao ha detto che i cinesi avranno "più diritti umani", un chiaro messaggio ad Obama che deve render conto a Hilary Clinton.

La parentesi dello scontro sino-america è stata aperta dall'ascesa dei neocons e dal loro sostegno a Taiwan, parentesi che si è concretizzata tra alti e bassi con un Bush che sulla Cina è stato molto più realista di quello che si dice sia quando furono catturati dei piloti americani (criricato per questo dal think thank neocon) sia quando Pechino ha represso il Tibet nelle scorse Olimpiadi, ora che i neocons per giunta sono stati liquidati, l'astuto Brzezinski torna a spingere all'apertura verso mondo islamico e Cina e all'isolamento della Russia.

La Russia gioca già la carta del Giappone con cui sta promuovendo una rinascita dei rapporti superando la questione delle isole contese. Molto probabilmente se arriverà a doversi confrontare con la Cina Mosca non esiterà a sbilanciarsi verso l'India.


carlomartello

Spetaktor
16-04-09, 13:05
Jean Thiriart (ex combattente con l'OAS in Algeria, altro che gollismo di carta pesta),


non mi risulta che Thiriart combattè in Algeria.

Spetaktor
16-04-09, 13:07
Bisogna vedere se conviene a Pechino, vista l'importanza dell'area commerciale soprannominata Chi-merica e del confronto tra etnosfere nei prossimi decenni in Siberia che vede i cinesi assai avvantagiati, c'è voluto molto meno per avvicinare Washington non a Hu Jintao ma a Mao Tse Tung.
Recentemente Hu Jintao ha detto che i cinesi avranno "più diritti umani", un chiaro messaggio ad Obama che deve render conto a Hilary Clinton.

La parentesi dello scontro sino-america è stata aperta dall'ascesa dei neocons e dal loro sostegno a Taiwan, parentesi che si è concretizzata tra alti e bassi con un Bush che sulla Cina è stato molto più realista di quello che si dice sia quando furono catturati dei piloti americani (criricato per questo dal think thank neocon) sia quando Pechino a represso il Tibet nelle scorse Olimpiadi, ora che i neocons per giunta sono stati liquidati, l'astuto Brzezinski torna a spingere all'apertura verso mondo islamico e Cina e all'isolamento della Russia.

La Russia gioca già la carta del Giappone con cui sta promuovendo una rinascita dei rapporti superando la questione delle isole contese. Molto probabilmente se arriverà a doversi confrontare con la Cina Mosca non esiterà a sbilanciarsi verso l'India.


carlomartello


La Cina "possiede" economicamente gli Stati Uniti ed è, contemporaneamente, legata con un'alleanza militare e strategica con la Russia.

Tra un "bisogna vedere", un "potrebbe" ed un "probabilmente" trai le tue conclusioni.

P.S.:non basarti sulle cartine di Limes, per quanto "ben disegnate" non sono la Bibbia.

Spetaktor
16-04-09, 13:08
Recentemente Hu Jintao ha detto che i cinesi avranno "più diritti umani", un chiaro messaggio ad Obama che deve render conto a Hilary Clinton.


Chiaro messaggio ad Obama? why??

carlomartello
16-04-09, 13:11
non mi risulta che Thiriart combattè in Algeria.

La Jeune Europe portò sostanziali aiuti all'OAS, inoltre l'appoggio ai francesi d'Algeria in funzione pro-europea contro le promesse wilsoniane d'indipendenza al FLN è notorio e puoi trovarlo ovunque.

carlomartello

carlomartello
16-04-09, 13:15
Chiaro messaggio ad Obama? why??

Perché Obama si trova a dover aprire alla Cina e a promuovere contemporaneamente "un mondo migliore etc.etc." quindi Hu Jintao che promette più diritti umani fa a Obama un bel regalo.

Sulla Cina e gli USA non si tratta della cartina di Limes, se hai letto il libro di Tremonti sulla crisi saprai che la "Chi-merica" è nata molto prima e ha una dimensione fondamentale.


carlomartello

carlomartello
16-04-09, 13:30
Il figlio dell'Imam Khomeini, Ahmed, propose fin dai primi anni della rivoluzione islamica un'alleanza antiamericana con l'Unione Sovietica, che si formalizzò ufficialmente nel 1987.
http://it.danielpipes.org/1861/khomeini-i-sovietici-e-gli-stati-uniti

Khomeini voleva che i russi con il crollo del comunismo abbracciassero l'islam per rifiutare la "decadenza occidentale", inoltre il Tudeh fu decimato con l'accusa di essere un burattino del Cremlino. Che a Teheran la bandiera dell'URSS sia stata denigrata al pari di quella USA lo testimoniano i murales ancora esistenti.

Che poi pure i russi durante le prime due guerre del Golfo arabo-persico furono piuttosto ingenerosi con gli iracheni a vantaggio degli iraniani nonostante l'Iran appoggiasse più o meno apertamente i ribelli afghani e poi quelli kosovaro-bosniaci è tutto un dire.

Tra l'altro anche Brzezinski, ex consigliere di Carter, sull'Iran ha le idee chiare, ora serve solo un successo elettorale dei conservatori realisti (Rafsanjani) o dei riformatori (Khatami) e si metteranno d'accordo per gestire la regione. E l'Europa si dovrà beccare la Turchia per una pace multiculturale con l'islam forzata.


carlomartello

Ierocle
16-04-09, 15:41
La Jeune Europe portò sostanziali aiuti all'OAS, inoltre l'appoggio ai francesi d'Algeria in funzione pro-europea contro le promesse wilsoniane d'indipendenza al FLN è notorio e puoi trovarlo ovunque.

carlomartello


Jeune Europe nacque nel 1963, quindi non poteva recare proprio nessun aiuto, "sostanziale" o no, all'OAS, che aveva cessato le sue attività nel giugno 1962.

ulver81
16-04-09, 16:18
Che poi pure i russi durante le prime due guerre del Golfo arabo-persico furono piuttosto ingenerosi con gli iracheni a vantaggio degli iraniani nonostante l'Iran appoggiasse più o meno apertamente i ribelli afghani e poi quelli kosovaro-bosniaci è tutto un dire.



Attenzione pero.Nelle prime due guerre del golfo l'Urss era gia in fase di deficit.Fu in quel periodo che rifiutarono gli aiuti per la sopravvivenza del governo sandinista in Nicaragua.Per cui furono alquanto ingenerosi con tutti e non solo: durante la prima invasione americana dell'Iraq, Shevarnadze fu rimproverato da molti membri del PCUS di accondiscendenza nei riguardi dei piani americani nel Golfo Persico.La realta fu che non solo l'Urss era praticamente agli sgoccioli, ma lo stesso Shevarnadze nei suoi viaggi negli Stati Uniti gia si era assicurato il ruolo di leader in caso di futura indipendenza georgiana.Tra l'altro gli iraniani punirono duramente gli Hazara per il sostegno alla repubblica popolare afghana (senza parlare delle diverse incursioni oltreconfine per sostenere la guerriglia).

ulver81
16-04-09, 16:25
La Cina "possiede" economicamente gli Stati Uniti ed è, contemporaneamente, legata con un'alleanza militare e strategica con la Russia.

.

La Cina non possiede un bel nulla.Si tratta di qui pro quo.Io compro i tuoi titoli di stato, tu le mie merci.Obama si incazza se i cinesi non comprano i titoli di stato, Hu Jintao bestemmia quando sente parlare di dazi e buy america.Stesso discorso per l'Europa.L'economia reale serve a ben poco se non hai potenziali acquirenti.

carlomartello
16-04-09, 16:32
Jeune Europe nacque nel 1963, quindi non poteva recare proprio nessun aiuto, "sostanziale" o no, all'OAS, che aveva cessato le sue attività nel giugno 1962.
La Jeune Europe era già attiva negli anni '60-2 e prestava aiuto all'OAS informati bene, nasce solo ufficialmente nel '63.

carlomartello

Ierocle
16-04-09, 17:13
La Jeune Europe era già attiva negli anni '60-2 e prestava aiuto all'OAS informati bene, nasce solo ufficialmente nel '63.

carlomartello


Prima del 1963 "Jeune Europe" era il nome di un progetto politico.
All'epoca J. Thiriart era un dirigente del Mouvement d'Action Civique e il settimanale sul quale egli esponeva le sue tesi si chiamava "Nation Belgique".
Gli ultimi numeri di "Nation Belgique", a partire dal novembre 1962, annunciano la nascita di "Jeune Europe" come movimento politico.
Il primo numero del settimanale "Jeune Europe", organo del nuovo movimento, reca la data del 4 gennaio 1963.

Ierocle
16-04-09, 17:28
Jean Thiriart (ex combattente con l'OAS in Algeria,

carlomartello


Sarei curioso di sapere dove, come e quando Thiriart abbia combattuto in Algeria. A me risulta che non ci abbia mai messo piede, ma forse sono male informato.

carlomartello
16-04-09, 17:33
Jeune Europe nacque nel 1963, quindi non poteva recare proprio nessun aiuto, "sostanziale" o no, all'OAS, che aveva cessato le sue attività nel giugno 1962.


Prima del 1963 "Jeune Europe" era il nome di un progetto politico.
All'epoca J. Thiriart era un dirigente del Mouvement d'Action Civique e il settimanale sul quale egli esponeva le sue tesi si chiamava "Nation Belgique".
Gli ultimi numeri di "Nation Belgique", a partire dal novembre 1962, annunciano la nascita di "Jeune Europe" come movimento politico.
Il primo numero del settimanale "Jeune Europe", organo del nuovo movimento, reca la data del 4 gennaio 1963.




Co-fondatore del Comité d'Action et de Défense des Belges d'Afrique (CADBA), costituito nel Luglio 1960 immediatamente dopo le violenze di Léopoldville e di Thysville, di cui furono vittime i Belgi del Congo, e co-fondatore del Mouvement d'Action Civique che successe al CADBA, il belga Jean Thiriart nel Dicembre 1960 lanciò l'organizzazione Jeune Europe che per diversi mesi sarà il principale sostegno logistico e base di retrovia dell'OAS

http://eurasiaunita.splinder.com/post/18106221/Jean+Thiriart,+il+Lenin+della+

Non vogliamo insistere, ma Thiriart era un nazionalista europeo, in Africa stava con gli europei. Adesso inserisci pure il solito papiro muttiano delle ex Waffen SS nell'FLN algerino (a noi ci risultano solo parecchi goumiers stupratori al servizio di Juin, tra cui lo stesso primo presidente algerino Ben Bella :446:) i fatti sono questi.


carlomartello

Prinz Eugen
16-04-09, 17:44
Il modello Eurosiberiano è un'assurdità storica, figlia di un certo ideologismo politico biancocentrico.

Originariamente Scritto da Jean Thiriart (http://www.geocities.com/eurasia_uk/responses3.html)
The concept of Asia as taught to school-children in geography classes is of no great value when it comes to geopolitics. The Ural Mountains do not exist. The Urals are not a coastline or even a frontier. Siberia is Russian, which means that it's European. The true frontier between China and Europe (Russia being a province of Europe) was established clearly and openly by the most powerful Chinese emperor, Shih Huang-Ti (3rd century BC). In general outline, this wall [the Great Wall of China] defines the limits of the European continent (The Eurasian continent, from Ostend to Vladivostok — the Eurasian plain).

One more digression, a subject I shall amplify later, but it is important to at least mention it at this juncture. The schoolroom concept of Asia must give way to a more rational geo-graphy. Let's say then that there is a Eurasian continent, from Dublin to Vladivostok, a Chinese continent, from Beijing to Java (or at least as far as Singapore) and an Indian continent, from Karachi to Rangoon.

.

Spetaktor
16-04-09, 17:45
La Jeune Europe portò sostanziali aiuti all'OAS, inoltre l'appoggio ai francesi d'Algeria in funzione pro-europea contro le promesse wilsoniane d'indipendenza al FLN è notorio e puoi trovarlo ovunque.

carlomartello

quindi Thiriart non combattè?

"Jeune-Europe non è peraltro alla sua prima esperienza d'azione diretta clandestina. Dal 1960 al 1962, l'organizza-zione offre l'appoggio delle sue reti belghe, francesi, spagnole, italiane e tedesche, all'OAS francese di cui costi-tuisce le principali strutture della "Mission III", incaricata dell'azione sul territorio metropolitono. Come riconosceran-no tutti gli osservatori, Jeune-Europe si mostrerà molto efficace (8).

Diversi suoi militanti, tra cui lo stesso Jean Thiriart, in questa occasione conosceranno la prigione. Si trattava allora di un'alleanza tattica destinata a procurare, in caso di vittoria dell'OAS, un polmone esterno, un "trampolino francese" all'organizzazione in vista di un'azione rivoluziona-ria in Europa. Ideologicamente, un fossato separava le posi-zioni atlantiste e pro-americane dei colonnelli d'Algeri e le opzioni rivoluzionarie anti-americane di Thiriart. "

Luc Michel, Giovane Europa: la nascita della nostra Organizzazione transnazionale

Ierocle
16-04-09, 17:47
http://eurasiaunita.splinder.com/post/18106221/Jean+Thiriart,+il+Lenin+della+

Non vogliamo insistere, ma Thiriart era un nazionalista europeo, in Africa stava con gli europei. Adesso inserisci pure il solito papiro muttiano delle ex Waffen SS nell'FLN algerino (a noi ci risultano solo parecchi goumiers stupratori al servizio di Juin, tra cui lo stesso primo presidente algerino Ben Bella :446:) i fatti sono questi.


carlomartello



In Africa, la rivista diretta da Thiriart fra il 1965 e il 1969 ("La Nation Européenne") aveva due uffici di rappresentanza:

1) uno ad Algeri (BP 617, Alger RP)
2) uno al Cairo (22 Wadi el-Nil, Maadi)

In Algeria "La Nation Européenne" era distribuita dalla S.N.E.D.; in Egitto da "Les Livres de France", 36 Qasr el-Nil, Al-Qahira.

Sempre in Africa, Thiriart fu invitato nel 1968 dal governo egiziano; fu presente all'inaugurazione del Congresso nazionale dell'Unione Socialista Araba ed ebbe un colloquio con Gamal 'Abd en-Nasser.

carlomartello
16-04-09, 17:58
In Africa, la rivista diretta da Thiriart fra il 1965 e il 1969 ("La Nation Européenne") aveva due uffici di rappresentanza:

1) uno ad Algeri (BP 617, Alger RP)
2) uno al Cairo (22 Wadi el-Nil, Maadi)

In Algeria "La Nation Européenne" era distribuita dalla S.N.E.D.; in Egitto da "Les Livres de France", 36 Qasr el-Nil, Al-Qahira.

Sempre in Africa, Thiriart fu invitato nel 1968 dal governo egiziano; fu presente all'inaugurazione del Congresso nazionale dell'Unione Socialista Araba ed ebbe un colloquio con Gamal 'Abd en-Nasser.

E allora? Thiriart si schierò con Nasser nella guerra in Sinai, quando Nasser si allontanò dagli americani - che lo avevano portato al potere contro il Re d'Egitto - e si avvicinò all'Unione Sovietica, resta il fatto che appoggiò l'OAS e gli europei in Africa, non il FLN o i compagni negri marxisti in Congo, come piattaforme nazional-rivoluzionarie.

Ma non stiamo a polemizzare su questi 'dettagli' più di tanto, l'idea di partenza eurasiatica cioè quella di Thiriart era geograficamente euro-siberiana, l'eurasiatismo era la dottrina dell'asse dell'indipedenza europea che passa da Parigi, Berlino e Mosca e per il resto rimane piuttosto 'flessibile' (l'Africa e il Medio Oriente, la Cina e il mondo islamico, etc.).


carlomartello

Prinz Eugen
16-04-09, 18:01
Si tratta di qui pro quo.
Si chiama do ut des. Qui pro quo è un malinteso.

Ierocle
16-04-09, 18:19
Ma non stiamo a polemizzare su questi 'dettagli' più di tanto, l'idea di partenza eurasiatica cioè quella di Thiriart era geograficamente euro-siberiana, l'eurasiatismo era la dottrina dell'asse dell'indipedenza europea che passa da Parigi, Berlino e Mosca e per il resto rimane piuttosto 'flessibile' (l'Africa e il Medio Oriente, la Cina e il mondo islamico, etc.).


carlomartello


Nelle "106 reponses à Mugarza", Thiriart dice: "L'Europa conterrà dei Turchi, dei Maltesi, dei Siciliani, degli Andalusi, dei Kazaki, dei Tatari di Crimea - se ne rimangono -, degli Afgani" (p. 141).
E ancora: "Il Bosforo costituisce il centro di gravità di un impero che in un senso va da Vladivostok alle Azzorre e nell'altro va dall'Islanda al Pakistan. Istanbul è il centro di gravità geopolitico di un Impero euro-sovietico. (...) E' il luogo in cui insediare la capitale di un Impero" (pp. 37-38).

A dir la verità, non mi sembra una visione molto "euro-siberiana".

carlomartello
16-04-09, 18:29
Nelle "106 reponses à Mugarza", Thiriart dice: "L'Europa conterrà dei Turchi, dei Maltesi, dei Siciliani, degli Andalusi, dei Kazaki, dei Tatari di Crimea - se ne rimangono -, degli Afgani" (p. 141).
E ancora: "Il Bosforo costituisce il centro di gravità di un impero che in un senso va da Vladivostok alle Azzorre e nell'altro va dall'Islanda al Pakistan. Istanbul è il centro di gravità geopolitico di un Impero euro-sovietico. (...) E' il luogo in cui insediare la capitale di un Impero" (pp. 37-38).

A dir la verità, non mi sembra una visione molto "euro-siberiana".
Bisogna vedere se si riferiva a "turcomanni" dei Balcani e della Russia asiatica a est degli Urali o della Turchia vera e propria che fra l'altro è sempre stata l'avanguardia della NATO, non per niente gli USA premono per l'ingresso della Turchia nella UE per rafforzarvi la posizione della NATO, Bush padre, Clinton, Bush figlio, Obama, tutti d'accordo.

Bisogna tenere conto che è una politica vecchia questa che isola la Russia e sacrifica l'Europa attraverso la Turchia, già gli inglesi lo fecero e impedirono la riconquista di Costantinopoli da parte russa.

Anche Dragos Kalajic chiamava quelli favorevoli alla Turchia in Europa 'traditori'.


carlomartello

Ierocle
16-04-09, 18:37
Bisogna vedere se si riferiva a "turcomanni" dei Balcani e della Russia asiatica a est degli Urali o della Turchia vera e propria che fra l'altro è sempre stata l'avanguardia della NATO, non per niente gli USA premono per l'ingresso della Turchia nella UE per rafforzarvi la posizione della NATO, Bush padre, Clinton, Bush figlio, Obama, tutti d'accordo.

Bisogna tenere conto che è una politica vecchia questa che isola la Russia e sacrifica l'Europa attraverso la Turchia, già gli inglesi lo fecero e impedirono la riconquista di Costantinopoli da parte russa.

Anche Dragos Kalajic chiamava quelli favorevoli alla Turchia in Europa 'traditori'.


carlomartello

Mi sembra evidente che parla sia degli uni sia degli altri, dal momento che dice: "L'Europa conterrà dei Turchi, dei Maltesi, dei Siciliani, degli Andalusi, dei Kazaki, dei Tatari di Crimea .

Inoltre, è noto che Thiriart non concepiva affatto l'Europa senza la Turchia. Lo cito testualmente:




"(…) I nazionalisti (così essi si autodefiniscono) sono individui di scarsa immaginazione e scarsa ambizione. (…) Il nazionalismo – nella semantica attuale del termine – è una filosofia e uno stile di vita per vecchi, anche se magari hanno diciassette anni nel senso fisiologico. Quando mi è capitato di dichiarare che la Turchia è Europa, ho sollevato un diluvio di proteste pedanti. Ma come? E il Turco nemico ereditario? E il musulmano aborrito? Non è mancato niente in questo caleidoscopio, neanche il massacro di Chio.
I nazionalisti hanno una visione estremamente sentimentale della storia: si potrebbe dire che hanno un’ottica rovesciata della realtà. Nel 1964 il problema politico-storico si pone nel modo seguente: i Turchi controllano l’accesso al Mediterraneo orientale, l’Europa deve controllare questo mare, dunque i Turchi sono Europei. Spetterà ai moralisti, agli scrittori, agli storici, in una parola agli intellettuali di aggiungere alle mie considerazioni realistiche gli ornamenti morali abitualmente richiesti dal galateo.
E’ criminalmente imbecille respingere la Spagna dal Mercato Comune in nome del democratismo, come fanno i socialisti fanatici; è stupido ostracizzare la Jugoslavia di Tito, così come fa la destra, perché la Spagna e la Jugoslavia sono in primo luogo territori europei e solo in maniera del tutto accessoria e precaria sono le sedi rispettive del franchismo e del titoismo.
Idem dicasi per la Turchia, della quale abbiamo bisogno. Non è affatto il caso di prendere partito, per motivi sentimentali, a favore dei Greci perché sono cristiani, mentre gli altri sono musulmani (…) "


Jean Thiriart, Criminelle nocivité du petit-nationalisme: Sud-Tyrol et Chypre, “Jeune Europe”, 6 mars 1964, p. 173.

carlomartello
16-04-09, 18:52
Bene, e fin qui è dura dar torto perché i russi hanno bisogno di una politica realista per l'accesso nel Mediterraneo. Sono comunque considerazioni realiste fatte nel '64 cioè prima che la dimensione della Turchia nella NATO fosse usata in chiave egemonica contro l'UE e il pan-turchismo fosse strumentalizzato contro l'Europa (cfr. Del Valle, Islamismo-Stati Uniti).

Diciamo che Thiriart includendovi parti del mondo iranico e turanico aveva allargato abbastanza l'Europa, che comunque non includeva Cina e India ma aree sensibili all'influenza europea. Insomma come per Ungher Khan le reclute asiatiche nella guerra per la creazione di un'apripista nell'Asia geografica (e anche in Africa a questo punto considerato l'appoggio agli europei di Algeria e Congo) erano accette.

E' comunque qualcosa di diverso da chi considera una sola realtà la Cina, l'Europa, l'India e il mondo islamico, qualcosa di più di 'europeo'.


carlomartello

Ierocle
16-04-09, 19:01
Bene, e fin qui è dura dar torto perché i russi hanno bisogno di una politica realista per l'accesso nel Mediterraneo. Sono comunque considerazioni realiste fatte nel '64 cioè prima che la dimensione della Turchia nella NATO fosse usata in chiave egemonica contro l'UE e il pan-turchismo fosse strumentalizzato contro l'Europa (cfr. Del Valle, Islamismo-Stati Uniti).





Del Valle non è una fonte attendibile, specialmente per quanto riguarda la Turchia.

carlomartello
16-04-09, 19:30
Del Valle non è una fonte attendibile, specialmente per quanto riguarda la Turchia.

Eppure specialmente in Francia le sue opere sulla sobillazione del mondo islamico da parte degli USA contro l'Europa hanno avuto un certo seguito, fra gli altri hanno fatto riferimento ai suoi libri su America e Islamismo Max Gallo, Sergio Romano, Dragos Kalajic...

carlomartello

Louis Ferdinand
16-04-09, 21:09
Eppure specialmente in Francia le sue opere sulla sobillazione del mondo islamico da parte degli USA contro l'Europa hanno avuto un certo seguito, fra gli altri hanno fatto riferimento ai suoi libri su America e Islamismo Max Gallo, Sergio Romano, Dragos Kalajic...

carlomartello

Un motivo in più per non dargli credito.....

carlomartello
16-04-09, 21:19
Un motivo in più per non dargli credito.....

Un suggerimento, invece di intervenire ogni volta così, senza cognizione di causa, evita di sprecare un messaggio. :rolleyes:
Buona serata. :cool:

carlomartello

Louis Ferdinand
16-04-09, 21:26
Un suggerimento, invece di intervenire ogni volta così, senza cognizione di causa, evita di sprecare un messaggio. :rolleyes:
Buona serata. :cool:


Non comprendo la tua avversione, hammer....:D:D:D

Giò
16-04-09, 22:13
Mi sembra evidente che parla sia degli uni sia degli altri, dal momento che dice: "L'Europa conterrà dei Turchi, dei Maltesi, dei Siciliani, degli Andalusi, dei Kazaki, dei Tatari di Crimea .

Inoltre, è noto che Thiriart non concepiva affatto l'Europa senza la Turchia. Lo cito testualmente:




"(…) I nazionalisti (così essi si autodefiniscono) sono individui di scarsa immaginazione e scarsa ambizione. (…) Il nazionalismo – nella semantica attuale del termine – è una filosofia e uno stile di vita per vecchi, anche se magari hanno diciassette anni nel senso fisiologico. Quando mi è capitato di dichiarare che la Turchia è Europa, ho sollevato un diluvio di proteste pedanti. Ma come? E il Turco nemico ereditario? E il musulmano aborrito? Non è mancato niente in questo caleidoscopio, neanche il massacro di Chio.
I nazionalisti hanno una visione estremamente sentimentale della storia: si potrebbe dire che hanno un’ottica rovesciata della realtà. Nel 1964 il problema politico-storico si pone nel modo seguente: i Turchi controllano l’accesso al Mediterraneo orientale, l’Europa deve controllare questo mare, dunque i Turchi sono Europei. Spetterà ai moralisti, agli scrittori, agli storici, in una parola agli intellettuali di aggiungere alle mie considerazioni realistiche gli ornamenti morali abitualmente richiesti dal galateo.
E’ criminalmente imbecille respingere la Spagna dal Mercato Comune in nome del democratismo, come fanno i socialisti fanatici; è stupido ostracizzare la Jugoslavia di Tito, così come fa la destra, perché la Spagna e la Jugoslavia sono in primo luogo territori europei e solo in maniera del tutto accessoria e precaria sono le sedi rispettive del franchismo e del titoismo.
Idem dicasi per la Turchia, della quale abbiamo bisogno. Non è affatto il caso di prendere partito, per motivi sentimentali, a favore dei Greci perché sono cristiani, mentre gli altri sono musulmani (…) "


Jean Thiriart, Criminelle nocivité du petit-nationalisme: Sud-Tyrol et Chypre, “Jeune Europe”, 6 mars 1964, p. 173.Scusa, ma vorresti paragonare la Turchia secolarizzata di allora con la Turchia di Erdogan?

ulver81
17-04-09, 06:07
Mi sembra evidente che parla sia degli uni sia degli altri, dal momento che dice: "L'Europa conterrà dei Turchi, dei Maltesi, dei Siciliani, degli Andalusi, dei Kazaki, dei Tatari di Crimea .

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Bellissimo questo definiamolo sogno. Ma chi spieghera ai tanti milioni di turchi che fanno affari con Israele (diciamolo che e il primo partner commerciale su!) o al governo turco che sviluppa tecnologie militari elettroniche (e dunque sistemi di difesa radar per dirla in parole povere, non petardi, con un giretto d'affari di qualche miliarduccio di dollari) o alla Finmeccanica/Alenia che ha gia delocalizzato alcuni reparti nella patria di Ataturk, che forse tirera una brutta aria?
Per favore, non ve ne uscite con lo scoop degli affari con i russi(che non si tratta di un'alleanza strategica nel cuore eurasiatico, ma una maggiore apertura semplicemente "commerciale", visto che i figli di Kemal hanno investito fortune nel settore immobiliare russo.....).

ulver81
17-04-09, 06:13
Si chiama do ut des. Qui pro quo è un malinteso.

Esattamente.Calza a pennello per definire la situazione sino-americana e diciamolo anche, sino-europea.Diciamo anche che i cinesi, che ne sanno una piu del diavolo, stanno mettendo gia in atto un trucchetto per evitare spiacevoli "dazi", delocalizzando in paesi vicini......

ulver81
17-04-09, 06:27
Bene, e fin qui è dura dar torto perché i russi hanno bisogno di una politica realista per l'accesso nel Mediterraneo.

Vero.Ma fino a quando non modernizzeranno il proprio comparto militare, cio restera solo un'utopia almeno fino al 2015.Lo si e visto in Georgia quali sono le condizioni delle truppe di terra.La marina necessita di una ristrutturazione.Certo sara dura iniziare a mandare a casa un gran numero di ufficiali, ma se non stanano la corruzione interna, si ritroveranno ancora a lungo con tecnologie e strategie da anni 60.....

Ierocle
17-04-09, 12:03
Eppure specialmente in Francia le sue opere sulla sobillazione del mondo islamico da parte degli USA contro l'Europa hanno avuto un certo seguito, fra gli altri hanno fatto riferimento ai suoi libri su America e Islamismo Max Gallo, Sergio Romano, Dragos Kalajic...

carlomartello



L'attendibilità del sedicente turcologo e islamologo Del Valle? E' presto dimostrata.



Alexandre Del Valle, La Turquie dans l’Europe. Un cheval de Troie islamiste, Éditions des Syrtes, Paris 2004, pp. 460, € 23,00


Alexandre Del Valle ama presentarsi come discendente di ebrei sefarditi e come marito di una donna la cui famiglia è miracolosamente scampata alla Shoah.
Da anni Alexandre Del Valle è uno dei più influenti maîtres à penser dell’estrema destra francese, in particolare di quella che agita tematiche “identitarie” declinandole in senso antislamico. A lui si deve la clamorosa conversione occidentalista di alcuni intellettuali d’Oltralpe (come ad esempio Guillaume Faye), che in passato avevano sostenuto le tesi europeiste e antiamericane di De Benoist. L’evoluzione di Del Valle (e, di riflesso, dei suoi allievi) è stata sinteticamente spiegata dallo scrittore eurasiatista Christian Bouchet, che in una recente intervista ha dichiarato: “Alexandre Del Valle ha scelto in maniera chiara e netta, coerentemente col suo antislamismo idrofobo, di attestarsi su posizioni di filosionismo militante. Non invento nulla: ci si può riferire ai testi che egli ha pubblicato sul ‘Figaro’ dell’11 aprile 2001, nel quindicinale ‘Le Lien Israel-Diaspora’, pubblicato dagli elementi più estremisti della comunità ebraica in Francia, o sul sito internet vicino al Likud ‘Les Amis d’Israel’ (www.amisraelhai.org)”.
Alcuni mesi or sono, Del Valle ha pubblicato presso le parigine Editions des Syrtes un libro, La Turquie dans l’Europe. Un cheval de Troie islamiste, il cui titolo sarebbe sufficiente per confermare l’idrofobia antislamica diagnosticata da Christian Bouchet.
Ma vale la pena di dare un’occhiata al libro, perché vi troveremo alcune tesi che sono circolate anche in Italia, in alcuni ambienti dell’estrema destra.
Del Valle esordisce dunque enunciando la formuletta levinasiana “la Bible plus les Grecs”, con la quale vorrebbe risolvere la questione dell’identità europea, indicandone come componente fondamentale l’apporto greco-romano accanto alla matrice spirituale giudeo-cristiana. Ci si aspetterebbe dunque da lui una adeguata conoscenza del patrimonio culturale antico, quanto meno dell’epica omerica. E invece, fin dalle prime righe di questo volume ponderoso (ponderoso, non poderoso), ci rendiamo conto che l’autore non conosce neppure l’Iliade. O forse confonde il poema di Omero con la recente pellicola americana. Altrimenti non esordirebbe affermando testualmente: “L’Iliade racconta che i re micenei avevano abbandonato davanti a Troia (…) un gigantesco cavallo di legno” (p. 15). Ed è probabilmente una qualche produzione hollywoodiana la fonte della notizia secondo cui “Europa è il nome di una dea di Tiro” (p. 16 nota); se Del Valle avesse letto l’Iliade (XIV, 321) o le Metamorfosi ovidiane (II, 858), saprebbe che Europa era una fanciulla mortale.
Evidentemente la specialità di Del Valle non è la cultura greca (nella trasmissione della quale, secondo la sua personalissima opinione, l’Islam non avrebbe svolto alcun ruolo, p. 285). Ma il nostro, proprio lui che alle pp. 20-21 scaglia contro i Turchi l’accusa di ignoranza della storia nonché le ancor più micidiali accuse di revisionismo e negazionismo, non ha le carte in regola neanche per quanto concerne la conoscenza della storia turca; e saranno sufficienti pochi esempi per dimostrarlo. A p. 21 Mehmed II Fatih viene collocato nel XVI secolo anziché nel XV; a p. 98 Selim III (1789-1807) e Mahmud II (1808-1839) passano per essere “due degli ultimi sultani ottomani”, mentre in realtà dopo Mahmud II ce ne furono altri sette; a p. 290 mostra di ritenere che l’invasione della Russia da parte dell’Orda d’Oro sia contemporanea alla battaglia di Lepanto e all’assedio di Vienna del 1629. Per chiarire l’estensione delle conoscenze turcologiche di Del Valle, d’altra parte, sarebbe sufficiente far notare che, secondo lui, l’Armenia e la Georgia sarebbero zone turcofone (p. 22).
Con il turco, e anche con le altre lingue, il nostro non se la cava molto meglio. A p. 88 l’epiteto tradizionalmente riferito all’Anticristo (arabo dajjāl, turco daccal, ossia “impostore”) diventa dadjal e viene reso con “apostata”, mentre a p. 418 è tradotto col sintagma “re degli apostati”; a p. 90 troviamo che il nome personale Kemal (“perfezione”) vuol dire “il Perfetto”; a p. 102 leggiamo che “millat o millet significa ‘nazionale’”, quando invece significa“comunità”; a p. 228 apprendiamo che i Musulmani bosniaci e del Sangiaccato parlano inglese, dato che, secondo Del Valle, “tra loro si chiamano turkish [sic]”. La scarsa familiarità con le lingue induce l’autore a ribattezzare il Baath con lo strano nome di Baa (pp. 109 e 170) e a scambiare un mese islamico per una casa editrice (p. 97, n.11).
Ma non si tratta solo di incompetenza linguistica. La dimestichezza di Del Valle con la cultura islamica è ai minimi termini, poiché è convinto che l’ummah (la comunità dei Credenti) sia un “califfato di fatto” (p. 111). D’altronde, sembra che egli non abbia mai sfogliato nemmeno una traduzione del Corano, visto che a p. 150 riesce a sbagliare perfino nel citare l’incipit della Fatihah, che nella sua traduzione diventa testualmente: “Lode a Dio, Signore dei due [sic] mondi”!
Per il resto, Del Valle è persuaso che il taoismo sia un fenomeno tipicamente giapponese (p. 286), che Nietzsche abbia elaborato la “teoria dei ‘nuovi’” [???] (p. 222, n. 3) e che Giovanni Boccaccio sia un esponente della letteratura turcofila fiorita in Europa nei secc. XVII e XVIII (p. 182).
Su questi solidi fondamenti di cultura generale e specialistica, Del Valle costruisce la sua teoria, che può essere sintetizzata nei termini seguenti: “in base ai quattro principali criteri che consentono di definire l’appartenenza all’Europa (geografico, linguistico, etnico e storico-religioso)” (p. 298), la Turchia non è Europa.
Per quanto riguarda i confini geografici dell’Europa, siccome Del Valle si richiama ripetutamente ai Greci, gli consigliamo di dare un’occhiata a Erodoto, IV, 45: scoprirà che il padre della storiografia greca situava i limiti orientali dell’Europa oltre la penisola anatolica, sulle coste della Georgia. Ma Erodoto, obietterà il nostro, era un extraeuropeo anche lui, in quanto nativo della Caria… Rinviamo allora Del Valle al più grande poeta dell’Europa cristiana, Dante Alighieri, che situava “lo stremo d’Europa” proprio in Anatolia (Paradiso, VI, 5). O anche Dante era, come Boccaccio, un letterato turcofilo?
Venendo al punto di vista linguistico, è fuor di dubbio che “la lingua turca non appartiene al gruppo degli idiomi ‘indoeuropei’” (p. 299). Ma neanche il basco appartiene alla famiglia linguistica indoeuropea, né lingue come l’ungherese, il finlandese, l’estone, il lappone e tutti gli altri idiomi ugrofinnici parlati al di qua degli Urali. E allora? I popoli che parlano queste lingue non sono popoli europei? Viceversa, dovrebbero essere considerati europei gli abitanti delle Americhe e dell’Australia, per il semplice fatto che da qualche secolo parlano lingue d’origine indoeuropea?
Anche l’appartenenza etnica, secondo Del Valle, renderebbe i Turchi estranei all’Europa, tant’è vero, dice, che “l’ideologia ufficiale dello Stato kemalista turco rammenta con fierezza l’origine specifica, asiatica e turano-altaica, dei Turchi” (p. 300). Qui si potrebbe obiettare che una cosa è l’ideologia kemalista, ma tutt’altra cosa è la reale etnogenesi dell’attuale popolazione anatolica, nella quale l’elemento turco rappresenta soltanto lo strato più recente, venutosi ad aggiungere a una molteplicità di componenti etniche d’origine ariana. In ogni caso, potremmo ricordare a Del Valle che c’è in Europa un’altra etnia che rivendica un’origine turano-altaica: sono i Székely della Romania, che orgogliosamente si dichiarano discendenti degli Unni. Che ne facciamo? Li scacciamo dai Carpazi e li rimandiamo in Asia? E assieme a loro ricacciamo in Asia i Tartari della Romania, della Polonia e della Finlandia? E delle comunità turche dei Balcani, della Bessarabia, della Russia, che dobbiamo farne? E delle varie popolazioni finniche stanziate tra il Golfo di Botnia, il Baltico, la Volga e gli Urali?
L’ultimo criterio che Del Valle accampa per negare l’appartenenza dei Turchi all’Europa è quello “storico-religioso”. Richiamandosi al principium auctoritatis, Del Valle cita questa apodittica sentenza del suo “amico e avvocato” (p. 7) Gilles-William Goldnagel, vicepresidente dell’Association France-Israël e dedicatario del libro: “La Turchia non ha nulla a che fare con l’Europa (…) e il fatto che essa sia alleata di Israele, dell’Europa o degli Stati Uniti non implica in alcun modo la sua adesione all’Unione, perché l’Europa è prima di tutto un insieme di cultura giudeo-cristiana” (pp. 70-71). La Turchia, in quanto paese musulmano, è stato dunque, “fino a una data recente, il nemico principale dell’Europa” (p. 302).
Che l’affermazione di una presunta identità giudaico-cristiana dell’Europa fosse uno strumento ideologico funzionale alla “difesa dell’Occidente” e alla strategia atlantista dello scontro di civiltà, per noi era chiaro da un pezzo. Così come ci era chiaro che tale strumento ideologico doveva avere, tra l’altro, la funzione di allontanare la prospettiva dell’ingresso della Turchia nell’Unione, in quanto ciò costituirebbe un ostacolo a certi disegni americani. E a confermarcelo sono proprio l’avvocato Goldnagel e il suo cliente. “La Turchia in Europa – scrive Del Valle – significherebbe che l’Unione, diventata la potenza geopolitica eurasiatica tanto temuta da tutti gli strateghi anglosassoni da Mackinder fino a Zbigniew Brzezinski, sfuggirebbe al controllo della potenza marittima americana e poi, successivamente, sarebbe in grado di rivoltarsi contro Washington” (p. 69).
In altre parole: qualora la Turchia venisse accolta nell’Unione Europea, la “coerenza geopolitica” (p. 28) dell’Europa egemonizzata dagli USA risulterebbe gravemente compromessa. È quindi necessario, se si vuole che la Turchia continui ad essere “un amico e un incontestabile alleato dell’Occidente” (p. 21), tenerla rigorosamente separata dal resto dell’Europa.


http://www.claudiomutti.com/index.php?url=6&imag=4&id_news=62

Ierocle
17-04-09, 12:08
Scusa, ma vorresti paragonare la Turchia secolarizzata di allora con la Turchia di Erdogan?



Non ho voluto fare proprio nessun paragone.

Siccome Carlo Martello aveva scritto "Bisogna vedere se [Thiriart] si riferiva a 'turcomanni' dei Balcani e della Russia asiatica a est degli Urali o della Turchia vera e propria", ho voluto dissipare il suo dubbio e la sua incredulità con una prova documentale.

carlomartello
17-04-09, 12:27
Ah beh, e invece sarebbe attendibile Mutti - di fede islamica - sulla Turchia. :rolleyes:

Comunque Del Valle è favorevole all'unione di Unione europea e Federazione russa, cosa che ha insistito anche nel suo "Totalitarismo islamista" tanto che Libero in una recensione ha fatto notare, stigmatizzandola, la posizione pro-russa e anti-turca di Del Valle, quindi le accuse di atlantismo militante non reggono, lui stesso si considera "pan-Occidentalista" al di là dell'atlantismo anti-serbo e anti-russo e della russofilia accompagnata da un certo terzomondismo.

Vedasi qui (http://eurosiberiacristiana.splinder.com/post/19048860/Alexandre+del+Valle+su+Russia+).

Del Valle sostiene la posizione della Serbia in Kosovo e la difende regolarmente in varie trasmissioni tv in Francia. Non ha abiurato i suoi libri contro la strategia pro-islamista degli USA, "Islamismo-Stati Uniti" in Russia è stato tradotto da Evgueni Primakov mentre in Francia la prefazione l'ha scritta il General Pierre Marie Gallois, iniziatore della 'force de frappe' atomica francese e consigliere del Generale De Gaulle.

I rapporti con certi circoli di destra sionisti sono equivalenti a quelli di "altri" con circoli culturali arabi-mussulmani, insomma ognuno è libero di scegliersi gli amici. :446:

Chi fosse interessato alla traduzione italiana di 'Guerre contro l'Europa' la trova qui (http://forum.politicainrete.net/showpost.php?p=26275&postcount=2).


carlomartello

Ierocle
17-04-09, 12:55
Del Valle è libero di prendere tutte le posizioni che vuole, ma non può pretendere di essere ritenuto esperto di argomenti dei quali ignora perfino l'abbiccì.
Con gli svarioni messi impietosamente in evidenza dalla recensione che ho riportata, Del Valle si rivela per quello che è: un puro e semplice ciarlatano.

carlomartello
17-04-09, 13:33
Del Valle è libero di prendere tutte le posizioni che vuole, ma non può pretendere di essere ritenuto esperto di argomenti dei quali ignora perfino l'abbiccì.
Con gli svarioni messi impietosamente in evidenza dalla recensione che ho riportata, Del Valle si rivela per quello che è: un puro e semplice ciarlatano.
Mutti nella recensione non si sofferma sui contenuti ma appunto sulle traduzioni che secondo lui sono errate, benissimo, ma l'argomento di Mutti alla fine è: siccome in Romania e in Bulgaria ci sono delle minoranze "turche", allora la Turchia è Europa, secondo questo stesso ragionamento la Turchia degli 'afro-turchi' (minoranza di origine africana residuo del periodo ottomano) è Africa. :rolleyes:

L'Europa è una concezione a cui la Turchia non è estranea, è nemica, perché l'odierna Turchia a maggioranza maomettana seppur ridimensionata da Mustapha Kemal è il risultato della sconfitta dei Greci Bizantini caduti sotto la conquista dell'islam. Ma qui ovviamente apriamo un discorso lunghissimo, il punto è che oggi la Turchia in Europa è un cavallo di Troia islamico, come ha preconizzato Muhammar Gheddafi, e non ci deve entrare, a questo sommiamo pure quanto già detto sul ruolo della Turchia atlantista nell'affossamento di una Unione europea più indipendente al mondo della NATO (dagli USA alla Turchia) e magari unita alla Russia per ragioni innanzitutto energetiche (questo sì pericolo per l'egemonia americana, altro che Turchia atlantista e filo-kosovara).


carlomartello

Ierocle
17-04-09, 15:56
Mutti nella recensione non si sofferma sui contenuti ma appunto sulle traduzioni che secondo lui sono errate, benissimo, ma l'argomento di Mutti alla fine è: siccome in Romania e in Bulgaria ci sono delle minoranze "turche", allora la Turchia è Europa, secondo questo stesso ragionamento la Turchia degli 'afro-turchi' (minoranza di origine africana residuo del periodo ottomano) è Africa. :rolleyes:

L'Europa è una concezione a cui la Turchia non è estranea, è nemica, perché l'odierna Turchia a maggioranza maomettana seppur ridimensionata da Mustapha Kemal è il risultato della sconfitta dei Greci Bizantini caduti sotto la conquista dell'islam. Ma qui ovviamente apriamo un discorso lunghissimo, il punto è che oggi la Turchia in Europa è un cavallo di Troia islamico, come ha preconizzato Muhammar Gheddafi, e non ci deve entrare, a questo sommiamo pure quanto già detto sul ruolo della Turchia atlantista nell'affossamento di una Unione europea più indipendente al mondo della NATO (dagli USA alla Turchia) e magari unita alla Russia per ragioni innanzitutto energetiche (questo sì pericolo per l'egemonia americana, altro che Turchia atlantista e filo-kosovara).


carlomartello


La recensione non pone in risalto banali errori di traduzione, ma l'ignoranza abissale di Del Valle, che non riguarda solo la Turchia e l'Islam, ma anche altri argomenti (ad es. il taoismo, che per Del Valle sarebbe un "fenomeno giapponese"; o Boccaccio, che secondo lui sarebbe un esponente della turcofilia seicentesca o settecentesca).
Con maestri di tal genere, i carlomartelli dello Zio Sam e dello Zio Giuda non potrebbero andare molto lontano...

Ben altri, poi, gli argomenti in base ai quali Mutti sostiene che la Turchia è Europa. Si veda per esempio l'articolo Roma ottomana, in "Eurasia", 1/2004.

Massimo Piacere
17-04-09, 16:56
ma è "eurasiatisti" o DR?

Spetaktor
17-04-09, 17:29
Jean Thiriart e la Turchia




Il brano di Jean Thiriart riportato nell'articolo odierno di Salvatore Francia La Turchia? Un cavallo di Troia... ("Rinascita", 7 Ottobre 2004) è stato tratto da un'edizione del 1985 di L'Europe: un empire de 400 millions d'hommes, che riproduce la prima edizione del 1964. Ma Jean Thiriart non è morto nel 1964; è morto nel 1992. Per tutto il resto della sua vita Jean Thiriart (che S. Francia chiama ironicamente "vate") rielaborò la propria visione geopolitica, scrivendo decine e decine di articoli, rilasciando interviste e redigendo scritti che sono rimasti inediti. Ignorare la produzione thiriartiana del trentennio successivo al 1964 significa dunque identificarsi con l'homo unius libri di oraziana memoria. Già nel 1964 Thiriart pubblicò su "Jeune Europe" (6 Marzo 1964, p. 173) un articolo intitolato Criminelle nocivité du petit-nationalisme: Sud-Tyrol et Chypre, nel quale, in un paragrafo intitolato "La Turchia è Europa", scriveva quanto segue. "(…) I nazionalisti (così essi si autodefiniscono) sono individui di scarsa immaginazione e scarsa ambizione. (…) Il nazionalismo - nella semantica attuale del termine - è una filosofia e uno stile di vita per vecchi, anche se magari hanno diciassette anni nel senso fisiologico. Quando mi è capitato di dichiarare che la Turchia è Europa, ho sollevato un diluvio di proteste pedanti. Ma come? E il Turco nemico ereditario? E il musulmano aborrito? Non è mancato niente in questo caleidoscopio, neanche l'oleografia del massacro di Chio. I nazionalisti hanno una visione estremamente sentimentale della storia: si potrebbe dire che hanno un'ottica rovesciata della realtà. Nel 1964 il problema politico-storico si pone nel modo seguente: i Turchi controllano l'accesso al Mediterraneo orientale, l'Europa deve controllare questo mare, dunque i Turchi sono Europei. Spetterà ai moralisti, agli scrittori, agli storici, in una parola agli intellettuali di aggiungere alle mie considerazioni realistiche gli ornamenti morali abitualmente richiesti dal galateo. E' criminalmente imbecille respingere la Spagna dal Mercato Comune in nome del democratismo, come fanno i socialisti fanatici; è stupido ostracizzare la Jugoslavia di Tito, così come fa la destra, perché la Spagna e la Jugoslavia sono in primo luogo territori europei e solo in maniera del tutto accessoria e precaria sono le sedi rispettive del franchismo e del titoismo. Idem dicasi per la Turchia, della quale abbiamo bisogno. Non è affatto il caso di prendere partito, per motivi sentimentali, a favore dei Greci perché sono cristiani, mentre gli altri sono musulmani (…)". Nel 1967 Thiriart ritornava sull'argomento, pubblicando su "La Nation Européenne" (n. 16, Aprile-Maggio 1967, pp. 32-33) un articolo di Leonardo Fiori significativamente intitolato Turquie, Gibraltar du Bosphore. L'articolo concludeva così: "L'Europa ha bisogno della Turchia, non solo per la sua grandissima importanza strategica, ma soprattutto perché la Turchia è in primo luogo una provincia della nostra Europa". All'articolo di L. Fiori si accompagnava un riquadro, nel quale era riportata una dichiarazione del ministro degli esteri turco Cemal Erkin, secondo il quale "la Turchia aspira a integrarsi definitivamente nell'Europa unita di domani". Nella lunga intervista rilasciata a Bernardo Gil Mugarza nel 1983 (Les 106 réponses à Mugarza, Bruxelles 1983, vol. II, p. 141), Thiriart aggiungeva altre considerazioni. "I Dardanelli costituiscono un luogo strategico dell'Europa. (...) La Turchia è una provincia della Grande Europa. Quindi, le campagne di stampa turcofobe non soltanto sono di pessimo gusto, ma sono idiozie politiche. Certo, c'è il problema degli immigrati turchi nei due comuni di Bruxelles. Ma è un problema sociale. Gli autori delle campagne di stampa suddette si rivelano politici di sottoprefettura, che si pavesano del titolo di 'Europei' senza neanche sapere che cosa sia l'Europa. (...) Bisogna condannare con estrema severità tutta la letteratura nazionalista tedesca antitaliana e tutta la letteratura nazionalista belga antiturca. Si tratta di sentimentalismo e di xenofobia pericolosi per l'unità politica dell'Europa". Per quanto riguarda l'Eurasia, se è vero che Thiriart non sembra aver mai usato questo termine, ha tuttavia espresso il medesimo concetto attraverso il sintagma "impero euro-sovietico". Che secondo Thiriart tale impero debba essere - come sostiene Salvatore Francia - "epurato dalle popolazioni mongole e dalle altre popolazioni ecc.", Thiriart non lo ha mai detto. Anzi, ha detto il contrario, poiché nell'intervista a Mugarza si legge: "L'Europa conterrà dei Turchi, dei Maltesi, dei Siciliani, degli Andalusi, dei Kazaki, dei Tatari di Crimea - se ne rimangono -, degli Afgani. Per il semplice fatto che l'Europa non potrebbe esistere in modo vitale senza possedere e controllare i territori abitati da questi popoli" (p. 141). E ancora: "Il Bosforo costituisce il centro di gravità di un impero che in un senso va da Vladivostok alle Azzorre e nell'altro va dall'Islanda al Pakistan. Istanbul è il centro di gravità geopolitico di un Impero euro-sovietico. (...) E' il luogo in cui insediare la capitale di un Impero" (pp. 37-38).

http://www.claudiomutti.com/index.php?id_news=7&imag=1&url=6

Ierocle
17-04-09, 17:46
ma è "eurasiatisti" o DR?

Nonostante la presenza di qualche corpo estraneo, si tratta di "Eurasiatisti".

Combat
18-04-09, 18:25
.

Ierocle
19-04-09, 10:29
Mutti nella recensione non si sofferma sui contenuti ma appunto sulle traduzioni che secondo lui sono errate, (...)
carlomartello


Mutti nella recensione non si sofferma affatto su "traduzioni che secondo lui sono errate", per il semplice fatto che il libro di Del Valle da lui recensito non è mai stato tradotto.
La recensione si basa sull'edizione francese (Editions des Syrtes, Paris 2004).
Non si tratta dunque di traduzioni errate, ma di strafalcioni e di abnormità uscite dalla penna di maitre Del Valle.

carlomartello
19-04-09, 18:52
La recensione non pone in risalto banali errori di traduzione, ma l'ignoranza abissale di Del Valle, che non riguarda solo la Turchia e l'Islam, ma anche altri argomenti (ad es. il taoismo, che per Del Valle sarebbe un "fenomeno giapponese"; o Boccaccio, che secondo lui sarebbe un esponente della turcofilia seicentesca o settecentesca).
Con maestri di tal genere, i carlomartelli dello Zio Sam e dello Zio Giuda non potrebbero andare molto lontano...

Ben altri, poi, gli argomenti in base ai quali Mutti sostiene che la Turchia è Europa. Si veda per esempio l'articolo Roma ottomana, in "Eurasia", 1/2004.

Zio Sam? Ma non è diventato Zio Husseyn? :446:

Rimaniamo nel merito dai, i fatti sono - e non ci vuole Del Valle è Storia - che la Turchia è stata prima alleata della Francia già "sovvertita" contro il Sacro Impero, dell'Inghilterra mercantile contro la potenza russa, e oggi continua ad essere il grimaldello degli USA (da Bush padre a Obama) per rinforzare la presenza atlantica nell'Unione europea di contro ad un asse russo-tedesco pan-europeo neo-bismarchiano.

La Turchia ha contribuito a sostenere l'economia del narcostato atlantista in Kosovo e ne ha riconosciuto l'indipendenza. L'Azerbaijan filo-turco nemico dell'Armenia filo-russa è uno dei feudi americani assieme all'Ucraina e alla Georgia nell'ex CSI. Demograficamente i turchi (in crescita) e gli slavi (in declino) sono destinati a contendersi molte terre. Se gli americani vogliono combattere - come vogliono secondo Brzezinski - l'impero Russo potranno benissimo sfruttare l'alleanza con la Turchia.

"Roma ottomana" di Mutti non l'abbiamo letto ma se vi si cerca di spacciare Istambul per una "Roma islamica" anziché per l'ennesimo baluardo "miscredente" caduto in mano maomettana dopo Alessandria, Gerusalemme, Antiochia basterebbe ricordare che la CADUTA della Romanità (le due Rome dei tempi del 'profeta') rientra nella profezia orale dello stesso Maometto. Per questo i turchi dopo aver preso Costantinopoli attraverso Vienna tentarono di prendere Roma.
E' un odio atavico quello islamico contro la Romanità tipico del mondo semita. Non a caso nel lessico islamico gli occidentali di oggi sono stati definiti i nuovi romani.


carlomartello

Logomaco
19-04-09, 18:55
E' un odio atavico quello islamico contro la Romanità tipico del mondo semita.



Dunque anche gli ebrei...ma allora Romanità (in senso lato, sia chiaro...niente fole nazionaliste) e filosionismo sono incompatibili.

Ierocle
19-04-09, 19:07
Zio Sam? Ma non è diventato Zio Husseyn? :446:

Rimaniamo nel merito dai, i fatti sono - e non ci vuole Del Valle è Storia - che la Turchia è stata prima alleata della Francia già "sovvertita" contro il Sacro Impero,

(...) carlomartello


Se vogliamo parlare di alleanze, l'ultimo alleato della Turchia ottomana è stato proprio (prima guerra mondiale) l'impero austro-ungarico, erede del Sacro Romano Impero.

Ierocle
19-04-09, 19:13
(...)

"Roma ottomana" di Mutti non l'abbiamo letto ma se vi si cerca di spacciare Istambul per una "Roma islamica" anziché per l'ennesimo baluardo "miscredente" caduto in mano maomettana dopo Alessandria, Gerusalemme, Antiochia basterebbe ricordare che la CADUTA della Romanità (le due Rome dei tempi del 'profeta') rientra nella profezia orale dello stesso Maometto. Per questo i turchi dopo aver preso Costantinopoli attraverso Vienna tentarono di prendere Roma.
E' un odio atavico quello islamico contro la Romanità tipico del mondo semita. Non a caso nel lessico islamico gli occidentali di oggi sono stati definiti i nuovi romani.


carlomartello





ROMA OTTOMANA

Claudio Mutti


(Prima parte)









Noi siamo quei forti e strenui di alto valore
Che da una tribù fecero uscire un Impero.

Namïq Kemâl


Fuerunt Itali rerum domini, nunc Turchorum inchoatur imperium.

Enea Silvio Piccolomini






Che fosse figlia di Fenice e di Perimede oppure di Agenore e Telefassa (1), in ogni caso la principessa Europa, la fanciulla “dai grandi occhi” rapita da Zeus e resa madre di Minosse, Radamanto e Sarpedone, era originaria del Libano. E fratello d’Europa era Cadmo, l’eroe che fondò Tebe e insegnò ai Greci l’alfabeto. Un altro eroe civilizzatore, l’avo di Agamennone e Menelao, quel Pelope che vinse la prima Olimpiade e diede il nome al Peloponneso, veniva dalla Lidia: sul monte Sipilo, le cui cime dominano Smirne, suo padre Tantalo aveva fondato una città, la più antica del mondo.
Se è vero che “matrice tradizionale della geopolitica” (2) è la geografia sacra, ne consegue che la geopolitica non può ignorare né il mito né le analoghe forme di trasmissione del sapere che caratterizzano le culture tradizionali. Ebbene, i miti relativi ad Europa, a Cadmo ed a Pelope comportano anche un evidente significato geografico, al quale d’altra parte corrisponde la rappresentazione dell’ecumene mediterranea lasciataci dagli antichi: infatti nella percezione dei Greci, come poi in quella dei Romani, il margine orientale dell’Europa coincideva coi territori asiatici bagnati dal Mediterraneo.
Lo stesso Erodoto, che era nativo di Alicarnasso nella Caria, situava i confini orientali dell’Europa oltre la penisola anatolica: sul fiume Fasi (Rion), nella Colchide, nei pressi degli odierni porti georgiani di Poti e Batumi (3). Né diversa è l’immagine dell’Europa che troviamo nel Medioevo: secondo Dante, l’Aquila imperiale (“l’uccel di Dio”) ebbe i suoi natali “ne lo stremo d’Europa” (4), cioè in Anatolia, là dove sorgeva Troia, patria di Enea.
La prima attestazione del nome Europa (5) si trova in un Inno attribuito ad Omero, il quale, stando alle testimonianze più antiche, sarebbe nato sulle coste anatoliche (a Smirne o a Colofone) o nella vicina isola di Chio. Dell’Anatolia erano originari altri esponenti della poesia greca: Mimnermo e Senofane erano di Colofone, Ipponatte era di Efeso, Arato era di Soli. I primi filosofi (Talete, Anassimene, Anassimandro) erano di Mileto, mentre Eraclito era di Efeso; Epitteto era di Ierapoli; Proclo era oriundo della Licia. Sempre in Anatolia nacquero Ecateo di Mileto, Dione di Prusa, Dionigi di Alicarnasso, Apollodoro di Pergamo, Apollonio di Tiana, Caritone di Afrodisia, Senofonte di Efeso, Temistio di Paflagonia. Tra gli esponenti della cultura cristiana dei primi secoli, ci limitiamo a citare Basilio di Cesarea, Gregorio di Cesarea, Gregorio Nazianzeno. Oggi quei luoghi si chiamano Izmir, Selçuk, Bodrum, Bursa, Bergama, Geyre, Antakya, Kayseri e quella regione si chiama Turchia.
“Omero, Eraclito, Pitagora erano dunque degli ‘asiatici’?” (6) Basterebbe questa domanda di Oswald Spengler per rimettere in discussione le certezze di chi pretenderebbe di estraniare dall’Europa una regione che è stata la culla della sua cultura.

*

I Turchi d’Anatolia cominciarono ad esser chiamati rumi, cioè “romani”, nell’età selgiuchide, quando l’Islam affondò le sue radici nella penisola e la civiltà musulmana si sostituì a quella bizantina, assorbendone numerosi elementi. Se diversi aspetti della religiosità locale vennero integrati nell’Islam e in particolare nelle pratiche degli ordini iniziatici, “scritte greche e latine sulle monete di dinasti turchi e diplomi in greco degli stessi Selgiuchidi testimoniano il rilievo dei rapporti con i cristiani; l’arte selgiuchide, che in Anatolia ha lasciato monumentali ricordi, si avvale di schemi architettonici e di elementi decorativi greci ed armeni ed incorpora antichi resti archeologici; parole e versi greci ed armeni figurano in poeti musulmani” (7). Scrivendo nella prima metà del XIV secolo le biografie dei fondatori dell’Ordine Mevlevi, Shams ed-dîn Ahmed Aflâkî attesta l’esistenza coeva di un centro iniziatico chiamato “convento di Platone”, col quale ebbero frequenti contatti a Konya (l’antica Ikonion) Gelaleddin Rumi ed i suoi successori. Rumi, d’altronde, era solito giustificare il carattere peculiare delle sue tecniche di realizzazione spirituale (musica, danza ecc.) appellandosi all’indole specifica delle popolazioni che abitavano il “territorio dei Greci” (8), particolarmente influenzate dal segno di Venere.
Il passo successivo lo fecero gli Ottomani: integrando l’Oriente europeo nell’area geopolitica del loro Sultanato e facendo di Costantinopoli la loro capitale, una capitale “ingrandita, ripopolata, profondamente amata dai basileis di stirpe ottomana” (9), i nuovi conquistatori assunsero una buona parte del retaggio bizantino (10), sicché in pratica diventarono i successori degli Imperatori di Roma. A ciò si aggiunga il fatto che l’Impero ottomano annoverò tra i protagonisti della sua azione storica numerosissime personalità di origine non turca: per lo più Europei originari delle regioni dell’Impero, ma anche Europei provenienti da zone che dell’Impero non facevano parte.
Per quanto concerne il primo punto, è opportuno osservare che, di fronte all’evento epocale della conquista musulmana di Costantinopoli e al conseguente insediarsi della nuova dinastia nella capitale dell’Impero Romano (divenuta nel 1453 la capitale di un Impero che estendeva la sua giurisdizione sui territori di tre continenti), i capi della Cristianità si resero conto di assistere a un trapasso di autorità e di poteri che trasferiva alla Casa di Osman l’eredità dei Cesari bizantini. Lo stesso Papa di Roma, Pio II, proponeva a Mehmed II il Conquistatore di farsi riconoscere “legittimo imperatore dei Greci e dell’Oriente mediante un pochino d’acqua (aquae pauxillum)”, mostrandosi desideroso di battezzarlo e di accoglierlo nella cerchia dei sovrani cristiani e ammettendo in tal modo, sia pure implicitamente, che il Sultano era già, quanto meno de facto, “imperatore dei Greci”.
D’altronde, come scriveva testualmente Giorgio Trapezunzio (1395-1484) in una delle due orationes indirizzate al Sultano nel 1466, a Roma “nessuno dubitava ch’egli fosse di diritto imperatore dei Romani”. Infatti, argomentava il filosofo cretese, ripetendo un’argomentazione consueta in quegli anni, “imperatore è colui che a giusto titolo possiede la sede dell’Impero, e la sede dell’Impero Romano è Costantinopoli. Chi dunque possiede di diritto Costantinopoli è imperatore”. E proseguiva: “Ma non dagli uomini, bensì da Dio tu desumi, mediante la tua spada, il possesso del trono suddetto. Quindi tu sei legittimo imperatore dei Romani! Chi dunque continua ad essere imperatore dei Romani, è anche imperatore di tutto l’orbe terracqueo!” Nessuno, concludeva il Trapezunzio, avrebbe potuto meglio di Mehmed fondere in un solo impero, con l’aiuto di Dio, tutte le genti dell’Europa e dell’Oriente (11).
Va poi menzionato il riconoscimento ufficiale ed esplicito proveniente dalla Repubblica di Venezia: Mehmed II era Imperatore di Costantinopoli e quindi gli spettavano di diritto tutti i territori dell’Impero bizantino, tra cui anche le vecchie colonie greche della Puglia: Brindisi, Taranto e Otranto. Quanto a Firenze (12), Lorenzo il Magnifico fece coniare una medaglia sulla quale, accanto all’immagine del Sultano Conquistatore, si leggeva: “Mahumet, Asie ac Trapesunzis Magneque Gretie Imperat[or]”. L’espressione Magna Gretia designa qui non l’Italia meridionale, bensì quella che, a paragone di Trebisonda (Trapesus), cioè della “piccola Grecia”, è la “grande Grecia”, vale a dire Bisanzio col suo vasto entroterra. Altre due medaglie, che parlano anch’esse un linguaggio inequivocabile in ordine al riconoscimento del carattere romano rivestito dall’imperium ottomano, furono fatte coniare nel 1481 da Ferrante d’Aragona. Le rispettive iscrizioni qualificavano Mehmed II “Asie et Gretie imperator” e “Bizantii imperator”. Dunque: imperatore bizantino, imperatore della Grecia e dell’Asia.
Ma il primo ad essere consapevole di ciò era lo stesso Mehmed, che sul modesto abito di panno nero portava l’aquila bicefala dei basileis. Oltre ad Alessandro Magno, il modello ideale scelto da Mehmed era Giulio Cesare; “e dice che la sede di Costantino gli è concessa dal cielo e che questa sede sembra esser in verità Roma, non Costantinopoli (hanc vero Romam esse, non Constantinopolim videri), e ciò esser giusto e corrispondere bene, come se, presa la figlia con la forza, possa prendersi anche la madre…” (13). Lo storico romeno Nicolae Iorga, per il quale “il dominio ottomano non significava che una nuova Bisanzio, con un altro carattere religioso per la dinastia e per l’esercito” (14), ha paragonato il Conquistatore proprio a Costantino il Grande: “Dopo più di mille anni il Sultano turco rifaceva l’opera di Costantino il Grande” (15).
Insomma, “persino la corte dei sultani, eredi della potenza bizantina (…), prese ad imitare nell’organizzazione e nello splendore quella che Costantino VII Porfirogenito ci ha così efficacemente rappresentato nel suo de coeremoniis. Lo stesso titolo sultaniale di “ombra di Dio sulla terra” riecheggiava la dottrina che era stata esposta nel 527 da Agapito, diacono di Santa Sofia, in occasione dell’incoronazione di Giustiniano. Degno di nota è in particolare il fatto che Solimano il Magnifico “pretese di assumere il titolo di ‘imperatore’ e di negarlo, secondo la politica di Bisanzio nei confronti dell’occidente, a Carlo V” (16). D’altronde Solimano I era solito presentarsi come “Signore dei Signori (…) Signore della Grecia, della Persia e dell’Arabia (…) Signore del Mar Nero e d’ogni altro mare, nonché della città santa della Mecca, fulgente di tutta la luce di Allah, della città di Medina e della santa e casta città di Gerusalemme; Principe di tutta l’Ungheria e sovrano di molti altri regni e territori, sui quali esercito la mia autorità imperiale (…)” (17). Già nel 1538, dopo il trionfo moldavo, il Magnifico si era proclamato, in una sua poesia, “Scià dell’Iran, imperatore dei Romani, sultano dell’Egitto”. Nei versi di un altro sultano, viene ripetuto il titolo di zar: “Sono zar di Zarigrado (= Istanbul) – e zar di Macedonia, - zar dei greci, dei serbi e dei moldavi, - e zar di Babilonia. – Sono zar di Podolia e di Galizia, - e della nobile Crimea, - zar d’Egitto e d’Arabia – e zar di Gerusalemme” (18). D’altra parte, la vedova di Murad III, la serba Mara, portava correntemente il titolo di zarina (tzaritza).




(1) “Figlia del glorioso Fenice” si legge in Iliade, XIV, 321. “Nata da Agenore” la dice invece Ovidio, Metamorfosi II, 858.
(2) Alessandro Grossato, La visione geopolitica di Ernst Jünger, in: AA. VV., Ernst Jünger. L’Europa cioè il coraggio, Milano 2003, p. 111.
(3) “(…) furono segnati come suoi confini il fiume egiziano Nilo e il fiume colchico Fasi (mentre alcuni dicono il fiume Tanai della Meotide e lo stretto Cimmerio)” (Erodoto, Storie, IV, 45).
(4) Dante, Paradiso, VI, 5.
(5) Se nell’Iliade Europa è il nome della fanciulla eponima, nell’Inno ad Apollo, 251 e 291, è il nome del continente.
(6) Oswald Spengler, Il tramonto dell’Occidente, Milano 1970, p. 1424.
(7) Alessio Bombaci, La letteratura turca, Milano 1969, p. 266.
(8) “Tu mi hai tratto fuori dal Khorasan per condurmi nel territorio dei Greci, affinché mi unissi a loro e li conducessi alla buona dottrina” (Aflâkî, Les Saints des Derviches tourneurs, Paris 1978, vol. I, p. 90).
(9) Nicolas Iorga, Byzance après Byzance, Paris 1992, p. 10.
(10) A cominciare, probabilmente, dallo stesso emblema bizantino della Mezzaluna accostata alla Stella, che diventò l’emblema della sovranità ottomana. “Si può ammettere come possibile, anche se non certo, il fatto che Mehmed II dopo la conquista abbia assunto la luna falcata con la stella, desumendole da una tradizione bizantina, come una specie di segno di sovranità. Che la mezzaluna sulla bandiera rossosangue, conferita, a quanto si dice, dall’emiro Orchan alla truppa dei giannizzeri, sia molto più antica, è dimostrato da numerose narrazioni dell’epoca anteriore al 1453. Poiché tuttavia sulle bandiere manca sempre la stella, la quale si trova insieme con una mezzaluna, tra l’altro su monete cittadine dei Sassanidi e dei Bizantini, può darsi che essa si debba considerare un’aggiunta di Mehmed II” (Franz Babinger, Maometto il Conquistatore e il suo tempo, Torino 1967, p. 115).
(11) A. Mercati, Le due lettere di Giorgio da Trebisonda a Maometto II, “Orientalia Christiana Periodica”, IX, 1943, pp. 65-99.
(12) “Numerosi erano i fiorentini presso il sultano e l’esercito ottomano; e Maometto II mostrava, nei confronti di Firenze, un costante atteggiamento amichevole” (Franco Cardini, L’invenzione dell’Occidente, Rimini 2004, p. 47.
(13) Nicola Sagundino, in: AA. VV., La caduta di Costantinopoli, Milano 1976, II, pp. 132-133.
(14) Nicolas Iorga, Byzance après Byzance, cit., p. 48.
(15) N. Iorga, Formes byzantines et réalités balkaniques, Paris-Bucarest 1922, p. 189.
(16) Pietro de Francisci, Arcana Imperii, Roma 1970, III, t. II, p. 239.
(17) Fairfax Downey, Solimano il Magnifico, Milano 1974, p. 307.
(18) Gianroberto Scarcia, Storia della letteratura turca, Milano 1971, p. 68.

carlomartello
19-04-09, 19:13
Dunque anche gli ebrei...ma allora Romanità (in senso lato, sia chiaro...niente fole nazionaliste) e filosionismo sono incompatibili.

Diciamo che il rancore per Roma nelle scritture ebraiche è innegabile. Comunque non sono certo gli unici a riserbare questo rancore per aver subito il dominium imperiale. Resta il fatto che il sionismo è un movimento complesso che non si può limitare ad un "nazionalismo della Bibbia", e non dimentichiamoci che anche l'imperatore Giuliano era un filo-sionista ante litteram.

Israele ha una geopolitica per nulla identica a quella degli USA (vedi Balcani, contrarietà all'intervento NATO di Sharon e rifiuto della dichiarazione d'indipendenza del Kosovo di Tzipi Livni) e l'influenza russa attraverso la folta comunità di russi immigrati in Israele che ha costituito l'ago della bilancia nelle scorse elezioni israeliane che hanno visto il trionfo del partito russofono di Lieberman, vicino a Lukashenko e ammiratore dell'autoritarismo putiniano.

D'altronde, lo stesso Alexandr Dugin, pur stigmatizzando il sionismo, non ha avuto problemi a prendersi nel movimento un ex colono estremista di origini russe come Avigdor Eskin, certo ci sono anche aderenti maomettani, ma intanto sui siti russi eurasiatisti ogni tanto compare qualcosa di Eskin...

Ad esempio questo (http://evrazia.org/article/723) dove parla della sempre maggiore propensione israeliana verso la Russia.


carlomartello

carlomartello
19-04-09, 19:14
Se vogliamo parlare di alleanze, l'ultimo alleato della Turchia ottomana è stato proprio (prima guerra mondiale) l'impero austro-ungarico, erede del Sacro Romano Impero.

Restano quei precedenti però, che oggi si rivedono in Obama ed Erdogan che 'tubano' inneggiando all'ingresso turco in UE.

carlomartello

Ierocle
19-04-09, 19:15
*

Alla coscienza imperiale dei sultani e al generale riconoscimento proveniente dai rappresentanti della Cristianità occidentale corrispose l’adesione all’Islam da parte di alcuni membri dell’ultima famiglia imperiale bizantina: fatto, questo, che sanciva ulteriormente la legittimità del nuovo ordine. Un nipote del despota Tommaso, Andrea, entrò infatti in Islam col nome di Mehmed; diventato funzionario del Sultano, fu noto come Mehmed Pascià. Un altro Paleologo, diventato musulmano col nome di Murad, ricevette nel 1468 il titolo di pascià e la carica di visir; suo fratello, Mesih Pascià, lo troviamo, una decina d’anni più tardi, governatore dell’Anatolia.
“Pareva veramente – ha scritto uno storico tedesco – che al tempo del Conquistatore fosse tornata la sicurezza bizantina del glorioso passato, la pax Romana, e che tutti potessero goderne” (19). Lo stesso autore, inoltre, ha visto nell’organizzazione statale ottomana la presenza di istituzioni equiparabili ad analoghi elementi dello Stato romano: ad esempio, egli riconduce ad un unico modello i sangiaccati e le provinciae, la carica di sancâqbey e quella di proconsole ecc. (20). Nicolae Iorga, autore di una monumentale Geschichte des Osmanischen Reiches, ha visto nella “Roma musulmana dei Turchi” (21), ossia nell’Impero ottomano, “l’ultima ipostasi di Roma” (22), mentre Arnold Toynbee ha parlato di “un Impero romano turco-musulmano” (23).
Roma, d’altronde, era il traguardo ideale dello sforzo ottomano. Il grido di guerra delle schiere d’assalto di Mehmed II era appunto: “Lâ ilâha illâ Allâh! Roma! Roma!”; e Roma veniva identificata con la “mela rossa” del mito, che un Sultano avrebbe prima o poi afferrata e stretta saldamente in pugno. Di tale designazione simbolica si serviva il Sultano, allorché, subito dopo la sua assunzione al soglio imperiale, visitava una caserma dei giannizzeri (24) e formulava, al soldato che gli porgeva una tazza colma di sorbetto, l’augurio di rivederlo a Roma. Questo auspicio si fondava su un celebre hadîth del Messo di Dio, il quale, essendogli stato chiesto se sarebbe toccato a Costantinopoli o a Roma di venire integrata per prima nel territorio dell’Islam, rispose: “Costantinopoli”. Da tale risposta, che costituiva un annuncio profetico di cui venne constatata nel 1453 la realizzazione storica, si dedusse la promessa della successiva conquista di Roma.
Circolava poi, all’epoca della presa di Costantinopoli, un altro mito, un mito d’origine relativo alla parentela fra Turchi e Romani, che dovette anch’esso contribuire a rafforzare, nella coscienza degli uomini di quel periodo, l’idea di una qualificazione dell’Impero ottomano a raccogliere e far proprio il retaggio di Roma. Agli occhi di molti, infatti, Mehmed II era un discendente di Teucro e i Turchi stessi venivano detti Teucri. Pio II (che, ironia della sorte, si chiamava Enea Silvio) non riusciva a far comprendere la differenza fra Turcae e Teucri a coloro i quali, a Roma e in Italia, ritenevano che il Conquistatore avesse compiuto sui discendenti dei Greci le vendette dei Troiani. Per di più, nella seconda metà del secolo XV circolava in Francia una lettera, che si diceva scritta da Mehmed al papa Niccolò V, nella quale il Sultano manifestava la sua meraviglia per il fatto che gl’Italiani lo avversassero, nonostante essi discendessero, al pari dei Turchi, dal medesimo ceppo troiano. Il tema delle origini troiane dei Turchi ricorre anche nel discorso, riferito dallo storico greco Michele Critobulo, che Mehmed pronunciò accanto alle rovine di Ilio, dove si era recato con un piccolo contingente di giannizzeri per rendere omaggio agli eroi troiani.
L’amore per gli antenati teucri non impedì però a Mehmed di essere “filelleno”, come lo definisce lo stesso Critobulo (“saggio, filelleno e gran re”) e di essere assiduo studioso dell’antichità greca (25), nella quale lo affascinavano soprattutto le gesta dei grandi condottieri, a cominciare da quell’Alessandro che i Musulmani generalmente identificano con il coranico Dhû’l-qarnayn (“il Bicorne”), soggiogatore di Gog e di Magog. È ancora Critobulo a testimoniare che il Sultano nutriva un grande affetto per quella che i Turchi chiamavano la “città dei saggi”, cioè Atene. Il Conquistatore, animato dal desiderio di conoscere bene i monumenti del passato (tà pànta tôn palaiôn eidênai kalôs), vi si recò in visita ufficiale nell’agosto del 1458 e trattò gli Ateniesi con generosità, confermando le libertà e i privilegi già concessi loro dal suo luogotenente Ömer Bey. La “città dei saggi” sarebbe rimasta nel territorio dell’Islam per più di tre secoli e mezzo.


*

Abbiamo detto che il ceto dirigente ottomano, lungi dall’esser costituito esclusivamente di Turchi, comprendeva numerose personalità provenienti dalle più diverse regioni d’Europa, e non solo da quelle che facevano parte dell’Impero. Le donne dell’harem erano circasse, georgiane, armene, greche, slave, anche italiane (come la veneziana Cecilia Baffo, che fu la favorita di Selim II), sicché ad ogni generazione la casa di Osman diventava, sotto il profilo etnico, meno turca di quelle precedenti. L’aristocrazia militare dell’Impero, il corpo dei giannizzeri, affondava le sue radici per lo più nei territori balcanici. Se dobbiamo menzionare alcune personalità di spicco, preferiamo sceglierle nell’arco di tempo che va da Mehmed II a Solimano I, perché tale periodo, compreso fra i due eventi fondamentali e simbolici della conquista di Costantinopoli e dell’assedio di Vienna, ha un rilievo centrale nel processo di integrazione di una parte dell’Europa entro i confini dell’Impero islamico e nel relativo processo di parziale assunzione dell’eredità europea entro il quadro della civiltà ottomana.
Occorre citare, in primo luogo, Mahmud Pascià Angelovic, che nell’anno dell’espugnazione di Costantinopoli ricevette la carica di gran visir. Mahmud Pascià proveniva dalla più nobile famiglia del despotato serbo, quella degli Angeli di Tessaglia. Oltre che nell’impresa del 1453, Mahmud Pascià ebbe una parte importante nelle successive conquiste di Mehmed II e legò il proprio nome a iniziative di mecenatismo e di assistenza dei bisognosi. Veniva dai Balcani un altro protagonista dell’assedio di Costantinopoli, il comandante della flotta ottomana; si trattava del bulgaro Suleyman Baltaoglu, governatore di Gallipoli, che prima del 1453 aveva svolto, agli ordini di Mehmed, missioni di guerra e di pace. Tra coloro che presero parte all’assedio della capitale bizantina va poi ricordato l’albanese Balaban Badera, che pare sia stato il primo a metter piede dentro la città.
La rassegna potrebbe proseguire con Stepan Vukcic (figlio minore del duca dell’Erzegovina, annessa nel 1466 all’Impero ottomano), il quale entrò in Islam col nome di Hersek Ahmed e ricoprì più volte la carica di gran visir, sotto i sultanati di Bayazid II e di Selim I. Al tempo di Bayazid II troviamo un grand’ammiraglio di origini dalmate, Dawud Pascià: fu lui che comandò la flotta ottomana nelle operazioni militari contro le basi veneziane in Dalmazia, nel 1499. La spedizione che in quello stesso anno ebbe luogo contro il Friuli vide la partecipazione di duemila cavalleggeri slavi e fu guidata dal figlio di un genovese e di una greca: era Iskender Bey, che aveva percorso i gradi di una fulminea carriera diventando uno dei più validi comandanti delle formazioni di aqinci (26), nonché beylerbey di Bosnia. Nel 1477 Iskender Bey aveva già fatto un’incursione nel Friuli e un suo drappello era giunto fino a Udine.
All’epoca di Solimano il Magnifico appartiene Ibrahim Pascià, greco, che fu gran visir del Sultano; gli altri due visir di quel periodo, Mustafa e Ayas, erano albanesi. Bosniaco era invece un altro gran visir di Solimano, Mehmed Sokolovic, il quale ricoprì la medesima carica sotto i due Sultani successivi. Ammiragli di Solimano furono Khayr ed-din Barbarossa, figlio di un giannizzero che forse era originario della Sicilia, e il celebre geografo Piri Reis, nato a Gallipoli da famiglia greca.
La galleria delle personalità militari dovrebbe necessariamente comprendere il calabrese (27) Giovanni Dionigi Galeni, alias Ulug Alì (quindi noto come Occhialì o Luccialì), il quale ricevette dal Sultano Selim II il titolo di Spada dell’Islam e la nomina di grand’ammiraglio della flotta ottomana. Dopo aver combattuto a Lepanto contro le forze di Andrea Doria, dopo aver minacciato da vicino lo stesso Don Giovanni d’Austria e catturato un paio di navi cristiane, l’Italiano riuscì a condurre in salvo un centinaio di navi ottomane e a portare a Istanbul, come trofeo, lo stendardo dei Cavalieri di Malta.
Nel XVIII secolo emerge la figura del conte de Bonneval (1675-1747), il quale, entrato in Islam col nome di Ahmed, oltre a svolgere importanti funzioni diplomatiche, ricevette l’incarico di riorganizzare l’esercito ottomano e ottenne i titoli di governatore di Qaramania e beylerbey di Rumelia, col rango di pascià a due code. Assieme a lui (e al suo figlio adottivo Suleyman, pure francese, che gli succedette nel comando dei bombardieri) va ricordato il barone François de Tott, nato nel 1737 da un ungherese rifugiato in Francia. Dopo essere stato console generale della Francia presso il khan di Crimea, tra il 1773 e il 1787 il barone de Tott fu al servizio del Sultano, organizzando un corpo di artiglieria per la difesa dei Dardanelli ed effettuando ispezioni di carattere militare a Candia, in Egitto e in Siria.
Per quanto concerne la letteratura ottomana, vi troviamo autori d’origine albanese come il gran visir Ayas Pascià e il suo successore Lutfi (m. 1564), come Yahya Bey (m. 1582) e Qoci Bey (sec. XVII); cosovari come Mesihi (m. 1512) e Yahya di Tascligia (m. 1575); bosniaci come Hasan Kâfî (1578-1606) e Sabit (m. 1712); slavi come il gran visir Rustem (m. 1561). Se è vero che, come dice il poeta József Erdélyi, “anche il pascià turco scrisse in ungherese”, è altrettanto vero che compose poesie in turco il primo grande lirico ungherese, Bálint Balassi (1551-1594) (28). E nel 1727 fu concesso a un tipografo ungherese, Ibrahim Mutafarriqa, di stampare libri nell’Impero ottomano. Ungherese, d’altronde, era stato un altro artigiano: quell’Orbán che col suo prodigioso cannone aveva svolto un ruolo decisivo nell’espugnazione di Costantinopoli. Dopo la morte di Orbán, fu un altro ungherese a spiegare al nuovo artigliere come dirigere i colpi: “così due ungheresi concorsero decisamente alla caduta di Costantinopoli” (29).








(19) F. Babinger, op. cit., p. 470.
(20) F. Babinger, op. cit., p. 478.
(21) N. Iorga, The Background of Romanian History, Cleveland, 17 febbraio 1930, cit. in: Ioan Buga, Calea Regelui (La Via del Re), Bucuresti 1998, p. 138.
(22) Ibidem.
(23) “The Greek Christian Roman Empire fell to rise again in the shape of a Turkish Muslim Roman Empire” (A. Toynbee, A Study of History, 2a ed., London-New York-Toronto 1948, vol. XII, p. 158).
(24) L’origine dei giannizzeri (dal turco yeni çeri, “nuova milizia”) risale probabilmente all’epoca di Murâd I (1359-1389), ossia ad un periodo di poco posteriore alla morte di Hâggî Bektâsh (1335), fondatore dell’Ordine iniziatico (la tarîqa Bektâshiyya) dalla quale il corpo in questione sembra trarre origine e con la quale esso mantenne sempre uno strettissimo rapporto. Costituiti con la quota dei prigionieri di guerra spettante al Sultano, i ranghi di questa milizia vennero in seguito alimentati mediante la devsirme o “leva dei ragazzi”; in virtù di tale istituzione il fior fiore della gioventù dell’Europa balcanica veniva trasferito nella Capitale dell’Impero, istruito nell’Islam e addestrato nell’uso delle armi. Questa aristocrazia guerriera era posta agli ordini di un aga, che aveva residenza e cancelleria a Istanbul; nello schieramento dell’esercito, la “nuova milizia” occupava il centro, vicino al Sultano. Il già citato Babinger ha scritto: “Rinomato era l’ordine del loro accampamento. Dal lato morale essi superavano certamente tutti i loro avversari. Imprecazioni e litigi erano severamente proibiti tra loro e la massima pulizia costituiva per loro un dovere. La loro fede,che ordinava gli usuali lavacri, li manteneva sempre temperati, dato che l’uso del vino era loro vietato. Gioco e, soprattutto, meretrici da strada erano loro ignote. L’alimentazione era regolata in modo eccellente, perché al trasporto di viveri e munizioni i sultani attribuirono sempre particolare importanza” (F. Babinger, op. cit., p. 481). Il corpo dei giannizzeri venne sciolto nel 1826 dal “sultano infedele” Mahmûd II.
(25) “Cinquanta manoscritti greci e latini, ritrovati nel Serraglio, insieme a libri orientali scritti per Maometto II, sono la migliore prova di siffatti interessi del Conquistatore: libri di storia e di arte militare ed altri che sembra vogliano dare la quintessenza della civiltà greca” (A. Bombaci, op. cit., p. 315).
(26) Gli aqinci erano saccomanni organizzati in unità di cavalleria leggera; specializzati nelle incursioni, si spingevano per lo più all’interno dei territori di difficile accesso e dove non era possibile impegnare a lungo l’esercito regolare.
(27) “Per l’Italia meridionale, e la Calabria in particolare, è accertata una consistente fuga di uomini verso l’impero ottomano. (…) Anche i progetti insurrezionali del Campanella affondavano le radici in questo ambiente. (…) Il rappresentante di Venezia a Costantinopoli riferiva il 12 luglio 1603 la notizia (…) della presenza in Calabria di ‘… forse 300… et fra questi alcuni di conto, li quali tengono la setta Maumetana’. Dopo il fallimento della congiura si parla della fuga in Turchia di numerosissimi calabresi (…) ma non erano né i primi né gli ultimi abitanti della regione a lasciare la fede cristiana per quella musulmana” (Lucia Rostagno, Mi faccio turco. Esperienze ed immagini dell’islam nell’Italia moderna, Roma 1983, p. 63 n.).
(28) Cfr. Armando Nuzzo, Letteratura danubiana del periodo ottomano, “Islam. Storia e civiltà”, a. XI, n. 2, aprile-giugno 1992, pp. 103-115, dove sono riportate alcune poesie di Balassi.
(29) Arduino Cremonesi, La sfida turca contro gli Asburgo e Venezia, Udine 1976, p. 62. “C’era un cannoniere del sultano di nome Urban, originario della Dacia (…) fu egli che, largamente stipendiato, preparò le bombarde” (Laonico Chalcocondyles, in: AA. VV., La caduta di Costantinopoli, cit., II, 203). “Secondo i miei calcoli, la famosa grande bombarda fusa dal cannoniere Urban avrebbe avuta una canna della lunghezza di m. 3,51, del calibro di cm. 81,8 oppure 89,4, dello spessore quindi di cm. 28,6 oppure 37,2, del peso totale o di tonnellate 48,90, secondo Critobulo, oppure di tonnellate 16,920, secondo Khodja Sa’d ed-Dîn. I proiettili sparati avevano dunque una circonferenza di più di m. 2,50, e un peso che si aggirava sui quattro quintali, e forse anche più, a seconda del tipo di pietra usata” (Agostino Pertusi, Introduzione a: AA. VV., La caduta di Costantinopoli, cit., I, p. xxii).

Ierocle
19-04-09, 19:17
ROMA OTTOMANA (terza parte)



“È meglio vedere in città il potere del turbante turco che non quello della tiara latina”. La celebre frase del megas doux Luca Notaras è emblematica del fatto che nel 1453 la popolazione ortodossa di Costantinopoli era più ostile all’unione con la chiesa cattolica che non all’accettazione della protezione islamica. Ma anche in seguito i sudditi greci del Sultano continuarono ad esprimere il loro attaccamento alla nuova dinastia, rifiutando l’ipotesi di sottomettersi a dominatori diversi da quelli ottomani, fossero pure cristiani: “nollent alium sibi dominari quam Turcam: ne christianum quidem”. Così si legge in un documento della seconda metà del XVI secolo, che Iorga commenta così: “Essi sentivano bene che questo Impero ridiventava il loro. (…) Un sentimento di fierezza cominciò dunque ad animare i Greci rimasti sotto lo scettro di un Sultano che, con un decreto imperiale, aveva proibito qualunque offesa contro i cristiani” (30). E il Sultano, da parte sua, poteva dichiararsi “molto soddisfatto di essere il signore e l’imperatore (authentes kai basileus) di una tale nazione” (31).
Al lealismo dei sudditi greci corrispose il comportamento tenuto dagli Ottomani nei confronti delle comunità cristiane che si vennero a trovare sotto la loro giurisdizione. Fin dal 1453 il Patriarca costantinopolitano venne considerato dagli Ottomani come il responsabile del popolo cristiano (32) e i luoghi santi dell’Ortodossia (a Gerusalemme, a Costantinopoli e sul Monte Athos) furono sempre tutelati.
Non solo. Anche principati cristiani come quelli valacco e moldavo, vassalli della Sublime Porta ma del tutto autonomi al loro interno, guardarono a Istanbul come alla loro capitale spirituale, perché dalla città del Sultano si irradiava la luce del patriarcato ecumenico della Chiesa ortodossa; da parte loro, le stesse autorità dell’Islam ottomano indicavano i Domni della Valacchia e della Moldavia come “modello per i capi del popolo del Messia, esempio per i primi fra il popolo del Cristo” (33). A Istanbul i cristiani potevano assistere allo spettacolo dei voivodi romeni che tornavano “dalla chiesa, dove erano stati benedetti dal patriarca come gli antichi imperatori ortodossi, ed osservavano anche gli orgogliosi musulmani inchinarsi di fronte ad essi” (34). Fu così che i principati valacco e moldavo (due regioni strategicamente importanti, perché controllavano il corso e il Delta del Danubio, nonché l’accesso ai territori della Russia) poterono rivestire “un ruolo egemone, fino a Tiflis, ad Antiochia, al Cairo” (35); attraverso i due principati romeni, la civiltà bizantina dell’Impero ottomano poté annettersi “forme di cultura provenienti dal mondo gotico della Transilvania e della Polonia (…) e tutto ciò che, per diverse vie, le sarà inviato dall’Occidente in epoca rinascimentale” (36). I principati romeni, diventati epicentri del mondo ortodosso, favorirono il lealismo dei sudditi cristiani dell’Impero e collaborarono al mantenimento di quella che Toynbee ha chiamato Pax Ottomanica (37).
Le relazioni intrattenute dalle aristocrazie della Valacchia e della Moldavia con i vertici dell’Impero furono spesso cordiali. Dopo la battaglia di Lepanto, Selim II si rivolgeva al principe valacco Alessandro chiamandolo “figlio mio” (paidì mou) ed esortandolo a prepararsi per la riscossa. Murad III sposò una principessa valacca. Serban Cantacuzino ottenne dal gran visir Mehmed Köprülü il permesso di costruire a Istanbul un numero di chiese così grande, che Dimitrie Cantemir lo paragonò a Giustiniano.
In tal modo il cristianesimo orientale poté vivere per secoli in un clima favorevole, al riparo dalle correnti devastatrici della modernità, sicché la cultura bizantina poté continuare a fiorire, dopo il 1453, entro i confini dell’”Impero romano turco-musulmano”. Nicolae Iorga ha rappresentato questa continuità culturale mediante la celebre formula “Bisanzio dopo Bisanzio” (38); ma per quanto riguarda il significato imperiale della Pax Ottomanica, c’è un’altra formula che potrebbe forse essere evocata: Roma dopo Roma.







(30) N. Iorga, Byzance après Byzance, cit., pp. 60-61. La citazione latina è in Martinus Crusius, Turco-Graecia, Basilea, p. 250.
(31) M. Crusius, op. cit., p. 120.
(32) L’elezione e la consacrazione di un nuovo patriarca fu il provvedimento più importante tra quelli avviati da Mehmed II dopo la conquista di Costantinopoli: il monaco Gennadios, sul nome del quale si accordarono i cristiani rimasti nella città, fu insediato il 6 gennaio 1454. Il Conquistatore “lo ricevette con tutti gli onori e con squisita gentilezza. Quando se ne andò, gli fece omaggio di un prezioso scettro e perfino lo accompagnò sino al cortile, benché Gennadios volesse respingere tale onore, e ordinò che tutti i dignitari lo accompagnassero fino al patriarcato” (F. Babinger, op. cit., p. 111).
(33) H. Dj. Siruni, Hasmetlü. Pe marginea titulaturii domnilor români în cancelaria otomana (Hasmetlü. In margine al conferimento del titolo ai principi romeni nella cancelleria ottomana), “Hrisovul”, II, 1942, pp. 139-202.
(34) Cesare Alzati, Terra romena tra Oriente e Occidente. Chiese ed etnie nel tardo ‘500, Milano 1982, p. 145.
(35) N. Iorga, Byzance après Byzance, cit., p. 13.
(36) N. Iorga, Byzance après Byzance, cit., p. 8.
(37) A. Toynbee, op. cit., vol. VI, p. 300.
(38) “Nessuno storico più nega che per secoli interi, fino all’inizio dell’età contemporanea, fino alla nascita degli Stati nazionali dell’Europa del Sud-Est, le istituzioni e le idee in questa parte del mondo abbiano continuato e difeso le sole forme di civiltà alle quali esse si sentivano strutturalmente legate: quelle di Bisanzio” (Virgil Cândea, Postface, in: N. Iorga, Byzance après Byzance, cit., p. 253).

Ierocle
19-04-09, 19:20
Restano quei precedenti però, che oggi si rivedono in Obama ed Erdogan che 'tubano' inneggiando all'ingresso turco in UE.

carlomartello




Obama erede di Francesco I ?
Chi lo avrebbe mai pensato ?

Logomaco
19-04-09, 20:01
Diciamo che il rancore per Roma nelle scritture ebraiche è innegabile. Comunque non sono certo gli unici a riserbare questo rancore per aver subito il dominium imperiale. Resta il fatto che il sionismo è un movimento complesso che non si può limitare ad un "nazionalismo della Bibbia", e non dimentichiamoci che anche l'imperatore Giuliano era un filo-sionista ante litteram.



Giuliano era un infame, San Basilio pregò per la sua morte e fece bene.

E Mercurio, il soldato che l'uccise fu fatto santo ed è venerato ancor'oggi.



Israele ha una geopolitica per nulla identica a quella degli USA (vedi Balcani, contrarietà all'intervento NATO di Sharon e rifiuto della dichiarazione d'indipendenza del Kosovo di Tzipi Livni) e l'influenza russa attraverso la folta comunità di russi immigrati in Israele che ha costituito l'ago della bilancia nelle scorse elezioni israeliane che hanno visto il trionfo del partito russofono di Lieberman, vicino a Lukashenko e ammiratore dell'autoritarismo putiniano.


Le differenze fra USA e sion sono a livello tattico, non strategico.
Esempio: il Kosovo che tu citi. Gli USA e servitorame vario ne riconoscono l'indipendenza, per farla pagare alla Serbia e indebolire la Russia. Israele se ne astiene, per non dare il fianco ai palestinesi, com'è logico del resto.
Ma in fondo anche Israele sostiene il Kosovo indipendente, o comunque non sostiene certo la Serbia, che poi in questa situazione è lo stesso.

(http://en.wikipedia.org/wiki/International_recognition_of_Kosovo#States_which_d o_not_recognise_Kosovo_as_independent)




D'altronde, lo stesso Alexandr Dugin, pur stigmatizzando il sionismo, non ha avuto problemi a prendersi nel movimento un ex colono estremista di origini russe come Avigdor Eskin, certo ci sono anche aderenti maomettani, ma intanto sui siti russi eurasiatisti ogni tanto compare qualcosa di Eskin...


Se un ebreo è una persona valida non vedo perchè bisogni escluderlo a priori.



Ad esempio questo (http://evrazia.org/article/723) dove parla della sempre maggiore propensione israeliana verso la Russia.


Forse perchè l'attuale presidente russo è uno di "loro"?

carlomartello
19-04-09, 20:17
Le differenze fra USA e sion sono a livello tattico, non strategico.
Esempio: il Kosovo che tu citi. Gli USA e servitorame vario ne riconoscono l'indipendenza, per farla pagare alla Serbia e indebolire la Russia. Israele se ne astiene, per non dare il fianco ai palestinesi, com'è logico del resto.
Ma in fondo anche Israele sostiene il Kosovo indipendente, o comunque non sostiene certo la Serbia, che poi in questa situazione è lo stesso.

(http://en.wikipedia.org/wiki/International_recognition_of_Kosovo#States_which_d o_not_recognise_Kosovo_as_independent)


No, veramente lo stesso Elsässer dimostra che il Mossad appoggiava i serbo-bosniaci contro la "Bosnia islamica" di Izetbegovic sostenuta dall'Iran.

Inoltre i rapporti tra Serbia e Israele sono molto buoni, e in Israele si trova uno dei pochissimi uffici della Republika Srpska nel mondo (ne esistono solo altri tre: Belgrado, Mosca e Stoccarda), e ci sono rapporti tra intellettuali e associazioni del nazionalismo serbo e di quello israeliano.


Se un ebreo è una persona valida non vedo perchè bisogni escluderlo a priori.

Sì ma ciò dimostra che il movimento eurasiatico di Dugin non sottovaluta il sionismo integralista del russo Eskin in funzione antiamericana, antiliberaldemocratica ed eurasiatica.


Forse perchè l'attuale presidente russo è uno di "loro"?

Guarda che è stato Putin l'artefice dell'avvicinamento della Russia a Israele (con il governo Sharon) e del riconoscimento dell'antisemitismo nell'URSS (con Berel Lazar). Medvedev poi non è così pessimo, ha dimostrato di essere più liberale in economia ma sempre legato alla difesa della sovranità russa.


carlomartello

carlomartello
19-04-09, 20:18
Obama erede di Francesco I ?
Chi lo avrebbe mai pensato ?

Ci riferivamo agli esempi portati dal sottoscritto, e poi se è per questo Obama non è lontanamente paragonabile nemmeno a un Disraeli.

carlomartello

Logomaco
19-04-09, 20:26
No, veramente lo stesso Elsässer dimostra che il Mossad appoggiava i serbo-bosniaci contro la "Bosnia islamica" di Izetbegovic sostenuta dall'Iran.


Ammesso che sia vero, quella era una situazione del tutto diversa...non possono proprio paragonarsi.

Resta però il fatto reale che da Israele ad oggi non è venuto nessun sostegno alla causa serba in Kosovo.



Inoltre i rapporti tra Serbia e Israele sono molto buoni, e in Israele si trova uno dei pochissimi uffici della Republika Srpska nel mondo (ne esistono solo altri tre: Belgrado, Mosca e Stoccarda), e ci sono rapporti tra intellettuali e associazioni del nazionalismo serbo e di quello israeliano.


Visto l'assetto politico attuale della Serbia, la cosa non mi stupisce affatto, anzi.



Sì ma ciò dimostra che il movimento eurasiatico di Dugin non sottovaluta il sionismo integralista del russo Eskin in funzione antiamericana, antiliberaldemocratica ed eurasiatica.


Mi sembra abbastanza fuori dalla realtà questa cosa.



Guarda che è stato Putin l'artefice dell'avvicinamento della Russia a Israele (con il governo Sharon) e del riconoscimento dell'antisemitismo nell'URSS (con Berel Lazar). Medvedev poi non è così pessimo, ha dimostrato di essere più liberale in economia ma sempre legato alla difesa della sovranità russa.



Riavvicinamento più che altro strumentale. Ma ora, col cripto-giudeo al timone, le cose potrebbero cambiare, e non certo in meglio. Già si vedono i primi segni...

carlomartello
19-04-09, 20:35
Riguardo l'articolo del prof. Mutti: sicuramente il Sultanato prese il meglio della cultura greca e bizantina come già avvenne con altre culture soggiogate, a Cordova e nelle Indie.

Resta il fatto che i rapporti tra Occidente e Oriente, Cristianità ed Islam, Europa e Asia sono complessi e noi da sempre siamo una 'cittadella assediata' come disse Gonzague de Reynold, oggi ancora più di prima a causa di un'immigrazione di massa ingovernabile che rischia di trasformare l'Europa in declino demografico in un'insieme di enclaves terzomondiste gestite dalla Washington negrificata (e non solo da Obama, la città è a maggioranza di colore) alfiere della società multirazziale e pronta a sedurre le comunità allogene.

Oggi più che mai è attuale il discorso di Europa come baluardo antimussulmano e antiasiatico, con l'Europa che si africanizza e la Russia che si asiatizza (Caucaso e cinesi in Siberia stanno esplodendo demograficamente da molti anni).

L'ingresso della Turchia in Europa aspicato da Gheddafi per islamizzarla entro il 2020 non è affatto indispensabile a renderla indipendente da Washington ma solo a renderla una colonia semi-islamica, in questo senso è molto più valida un'alleanza eurosiberiana costituita dall'asse energetico russo-tedesco più Francia, Grecia e Italia come principali attori filo-russi.

L'America salvo un'improbabile vittoria di Ron Paul è destinata a sfaldarsi come ipotizzato da Panarin, anche solo a causa della pressione fiscale centralista se non per conflitti razziali.


carlomartello

ulver81
20-04-09, 04:58
Resta però il fatto reale che da Israele ad oggi non è venuto nessun sostegno alla causa serba in Kosovo.



.

Milosevic in passato ebbe il sostegno di un certo personaggio del Likud, salvo poi esser lasciato solo.Come ebbe prima del crollo della Jugoslavia una certa carta bianca dagli Stati Uniti (essendo stato un pezzo grosso della Beobank....)..Dai un'occhiata agli archivi dei giornali.

ulver81
20-04-09, 05:08
Inoltre i rapporti tra Serbia e Israele sono molto buoni, e in Israele si trova uno dei pochissimi uffici della Republika Srpska nel mondo (ne esistono solo altri tre: Belgrado, Mosca e Stoccarda), e ci sono rapporti tra intellettuali e associazioni del nazionalismo serbo e di quello israeliano.






Guarda che è stato Putin l'artefice dell'avvicinamento della Russia a Israele (con il governo Sharon) e del riconoscimento dell'antisemitismo nell'URSS (con Berel Lazar). Medvedev poi non è così pessimo, ha dimostrato di essere più liberale in economia ma sempre legato alla difesa della sovranità russa.


carlomartello


1)Israele pero ha sempre sostenuto apertamente Tudjman e l'indipendenza croata (dai un'occhiata alle vecchie conferenze dei radicali proprio in Croazia), oltre al Vaticano e alla Germania come sponsor ovviamente.
Nei balcani succede di tutto e di piu.Se si pensa che Pristina sta diventando una meta d'affari anche per russi......

2)Vero.Ed e stato il primo ad introdurre leggi ferree su tale questione.Oltre a finanziarne iniziative di stampo culturale (la famosa mostra al museo di San Pietroburgo) e a facilitare per la prima nella storia, il regime dei visti con Israele(tant'e che e iniziato il boom turistico dei russi verso Gerusalemme).Sta storiella del Putin anti-sionista solo Blondet poteva spararla.

Spetaktor
20-04-09, 09:43
2)Vero.Ed e stato il primo ad introdurre leggi ferree su tale questione.Oltre a finanziarne iniziative di stampo culturale (la famosa mostra al museo di San Pietroburgo) e a facilitare per la prima nella storia, il regime dei visti con Israele(tant'e che e iniziato il boom turistico dei russi verso Gerusalemme).Sta storiella del Putin anti-sionista solo Blondet poteva spararla.

Solo Blondet poteva sparare il "Putin antisionista" e solo carlomartello può sparare il "Putin filo-sionista ed etno-nazionalista" (daltronde vivono entrambi nell'estremizzazioni delle loro fobie).
Sono due banalizzazioni che non danno giustizia ad uno statista (buono o cattivo che sia).

Colonna
20-04-09, 12:01
Solo Blondet poteva sparare il "Putin antisionista" e solo carlomartello può sparare il "Putin filo-sionista ed etno-nazionalista" (daltronde vivono entrambi nell'estremizzazioni delle loro fobie).
Sono due banalizzazioni che non danno giustizia ad uno statista (buono o cattivo che sia).

Bisogna evitare di ideologizzare la politica internazionale e le misure attuate dalle grandi potenze, un pò di sano Realismo.

carlomartello
20-04-09, 16:47
Solo Blondet poteva sparare il "Putin antisionista" e solo carlomartello può sparare il "Putin filo-sionista ed etno-nazionalista" (daltronde vivono entrambi nell'estremizzazioni delle loro fobie).
Sono due banalizzazioni che non danno giustizia ad uno statista (buono o cattivo che sia).
Oggettivamente, uno che apre e restaura le relazioni con Israele dopo decenni di URSS politicamente può essere definito "filo-sionista" (cosa che comunque di Putin non abbiamo detto).
Etno-nazionalismo bisogna vedere cosa significa, Putin sembra rifarsi più a Solzhenitsyn e all'idea dell'Unione Russa neo-zarista riallacciata all'eredità di Piotr Stolypin ma volta a riparare al disastro geopolitico della disgregazione dell'Impero sovietico che ha prodotto una Russia più debole e isolata.

carlomartello

Spetaktor
20-04-09, 18:05
Oggettivamente, uno che apre e restaura le relazioni con Israele dopo decenni di URSS politicamente può essere definito "filo-sionista" (cosa che comunque di Putin non abbiamo detto).
Etno-nazionalismo bisogna vedere cosa significa, Putin sembra rifarsi più a Solzhenitsyn e all'idea dell'Unione Russa neo-zarista riallacciata all'eredità di Piotr Stolypin ma volta a riparare al disastro geopolitico della disgregazione dell'Impero sovietico che ha prodotto una Russia più debole e isolata.

carlomartello

Solzhenystin non mi pare abbia mai parlato di unità etnica della Russia.
E l'unità etnica mi sembra sia il "collante" dell'Eurosiberia.

ulver81
20-04-09, 18:11
Solzhenystin non mi pare abbia mai parlato di unità etnica della Russia.


In realta (e per fortuna) non lo ascolto nessuno quando propose di andarsi a riprendere i territori periferici abitati dai russi divenuti indipendenti, rischiando di trasformare l ex unione sovietica in una grande Jugoslavia (i vari Karimov,Nazarbajev e compagnia bella han sempre difeso le minoranze russe, specie quando gli "indigeni" pretendevan di occuparne le case.....).Classico personaggio bravo a fare il martire con il culo degli altri e a sputare contro quell'occidente che gli ha riempito le tasche (conti in Sguizzera compresi, in cui rischio anche un bel processo per frode.....).

Logomaco
20-04-09, 19:24
Milosevic in passato ebbe il sostegno di un certo personaggio del Likud, salvo poi esser lasciato solo.Come ebbe prima del crollo della Jugoslavia una certa carta bianca dagli Stati Uniti (essendo stato un pezzo grosso della Beobank....)..Dai un'occhiata agli archivi dei giornali.


Ma dopo la caduta di Milosevic non mi risulta nessun sostegno alla causa serba in Kosovo da parte israeliana. Meno che mai recentemente.

Spetaktor
20-04-09, 19:38
Milosevic in passato ebbe il sostegno di un certo personaggio del Likud, salvo poi esser lasciato solo.Come ebbe prima del crollo della Jugoslavia una certa carta bianca dagli Stati Uniti (essendo stato un pezzo grosso della Beobank....)..Dai un'occhiata agli archivi dei giornali.

Il sostegno al "Milosevic della BeoBank" non era sicuramente in chiave "sovranista".

carlomartello
20-04-09, 19:52
Ma dopo la caduta di Milosevic non mi risulta nessun sostegno alla causa serba in Kosovo da parte israeliana. Meno che mai recentemente.

Ti risulta male. Tzipi Livni quando era agli affari esteri ha rafforzato la cooperazione con la Serbia e ha sottoscritto una posizione comune di non riconoscimento di Pristina. Il nazionalista e membro Knesset, Arieh Eldad, ha definito il Kosovo "la 'Gaza' dell'Europa cristiana" e il serbo Vuk Jeremic in una visita in Israele ha definito 'Gerusalemme serba' il Kosovo. Inoltre Israele ha lasciato aprire a Gerusalemme uno dei pochi uffici al mondo della Srpska serbo-bosniaca.

carlomartello

carlomartello
20-04-09, 19:59
Solzhenystin non mi pare abbia mai parlato di unità etnica della Russia.
E l'unità etnica mi sembra sia il "collante" dell'Eurosiberia.

L'Unione Russa poggerebbe le sue basi sulla comune fratellanza dei popoli Rus' di etnia slava e di fede cristiana.

carlomartello

Logomaco
20-04-09, 20:05
Ti risulta male. Tzipi Livni quando era agli affari esteri ha rafforzato la cooperazione con la Serbia e ha sottoscritto una posizione comune di non riconoscimento di Pristina. Il nazionalista e membro Knesset, Arieh Eldad, ha definito il Kosovo "la 'Gaza' dell'Europa cristiana" e il serbo Vuk Jeremic in una visita in Israele ha definito 'Gerusalemme serba' il Kosovo. Inoltre Israele ha lasciato aprire a Gerusalemme uno dei pochi uffici al mondo della Srpska serbo-bosniaca.



Comunque, i fatti parlano. Se gli ebrei avessero voluto, col potere che hanno, avrebbero certo impedito la sciagurata seccessione. Ma non l'hanno fatto, quindi...

Spetaktor
20-04-09, 20:09
Comunque, i fatti parlano. Se gli ebrei avessero voluto, col potere che hanno, avrebbero certo impedito la sciagurata seccessione. Ma non l'hanno fatto, quindi...

Resta il fatto che i patrioti serbi hanno accusato apertamente (anche in maniera violenta) la NATO e gli Stati Uniti (oltre che l'Unione Europea) e non la Turchia, l'Arabia Saudita o la Conferenza Musulmana.

carlomartello
20-04-09, 20:14
Resta il fatto che i patrioti serbi hanno accusato apertamente (anche in maniera violenta) la NATO e gli Stati Uniti (oltre che l'Unione Europea) e non la Turchia, l'Arabia Saudita o la Conferenza Musulmana.

Lo dici tu, a noi risulta che invece accusino entrambe le realtà, a cominciare dal prof. Dragos Kalajic fino a alle varie associazioni nazionaliste, ai vari accademici, non parliamo poi dei cetnik che i maomettani li vorrebbero impalati.

carlomartello

ulver81
21-04-09, 05:05
Ti risulta male. Tzipi Livni quando era agli affari esteri ha rafforzato la cooperazione con la Serbia e ha sottoscritto una posizione comune di non riconoscimento di Pristina. Il nazionalista e membro Knesset, Arieh Eldad, ha definito il Kosovo "la 'Gaza' dell'Europa cristiana" e il serbo Vuk Jeremic in una visita in Israele ha definito 'Gerusalemme serba' il Kosovo. Inoltre Israele ha lasciato aprire a Gerusalemme uno dei pochi uffici al mondo della Srpska serbo-bosniaca.

carlomartello


Dai un'occhiata alle rassegne stampa dei vari Jerusalem Post e affini sui rapporti tra Thaci ed Israele e i finanziamenti delle banche israeliane al neonato stato Kosovaro.Questo conta.Non le sterili polemiche religiose tra ortodossi e islamici fatti a cazzi loro..........

ulver81
21-04-09, 05:38
Il sostegno al "Milosevic della BeoBank" non era sicuramente in chiave "sovranista".

Milosevic si e formato professionalmente negli Stati Uniti nelle prime fasi di passaggio ad una economia diversa.Il sostegno era per favorire la cosiddetta balcanizzazione.

ulver81
21-04-09, 05:48
Ma dopo la caduta di Milosevic non mi risulta nessun sostegno alla causa serba in Kosovo da parte israeliana. Meno che mai recentemente.

In quanto non ebbe piu il sostegno sperato come per esempio lo ebbe dai cinesi (altro che russi, fratellanza ortodossa e cazzate varie) che lo invitarono a Pechino con la moglie dopo avergli fornito le coordinate per tirare giu gli Stealth americani.A che pro sostenere la Serbia quando da Tel Aviv possono organizzare un paradiso fiscale in Kosovo?Agli ebrei frega qualcosa dell'Islam quando possono guadagnarci???Basti pensare all'attuale campagna elettorale in Albania ed ai finanziatori dei vari partiti.Gli israeliani attendono il momento che a Dubai gli rilasceranno i visti business facilmente: i magnati del posto questo stanno aspettando.Gli schemini religiosi stanno purtroppo solo nella testa degli stolti e dei poveri cristi, chi fa affari se ne frega altamente.Per adesso e Thaci il personaggio da finanziare.

Spetaktor
21-04-09, 09:37
Milosevic si e formato professionalmente negli Stati Uniti nelle prime fasi di passaggio ad una economia diversa.Il sostegno era per favorire la cosiddetta balcanizzazione.

appunto.