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Gaudenzio
05-06-04, 12:25
Garibaldi rovina della Sicilia
di Angela Pellicciari

In un diario la spietata testimonianza di La Farina, che organizzò nell’ombra la spedizione dei Mille

"Non si deve lasciar credere in Europa che l’unità italiana, per realizzarsi, avea bisogno d’una nullità intellettuale come Garibaldi. Gli iniziati sanno che tutta la rivoluzione di Sicilia fu fatta da Cavour, i cui emissari militari, vestiti da merciaiuoli girovaghi, percorrevano l’isola e compravano a prezzo d’oro le persone più influenti": così scrive sulla Deutsche Rundschau nell’ottobre 1882 il massone Pietro Borrelli, che si firma con lo pseudonimo di Flaminio.

Che le cose stiano così i lettori di questo giornale ormai lo sanno. Prima di passare ad un altro argomento però, vista l’importanza della vicenda, conviene descrivere ulteriormente la condotta di Garibaldi in Italia meridionale. Per farlo torniamo a La Farina e al suo epistolario. Prima di essere cacciato dalla Sicilia da Garibaldi che vuole scuotere il giogo della sua dipendenza da Cavour, La Farina fa in tempo a raccontare al conte le prodezze del generale. Leggiamo per esteso l’autorevole testimonianza della persona che, nell’ombra, ha organizzato la spedizione dei Mille.

• 10 giugno 1860 a Cavour: "Un governo ch’è la negazione di ogni governo. In un paese in cui è ignota la coscrizione, si pensava sul serio a fare una levata di 300.000 uomini. Si decreta che dai consigli civici siano esclusi gli antichi impiegati regii, che in certi municipii sono i soli che sappiano leggere e scrivere. Si sminuzzano le province che sono 7, creando governatori in tutti i distretti che sono 25. Si fa governatore di Palermo un giovinetto di Marcilepre, che nessuno conosce".

• 12 giugno: "Il governo (o per dir meglio, Crispi e Raffaele) sapendosi avversato dalla maggioranza dei cittadini, cerca farsi partigiani negli uomini perduti".

• 18 giugno: "Fanno leggi sopra leggi [...] mettono le mani nei depositi dei particolari esistenti in tesoreria [...] non trovando partigiani nel partito liberale, cercano farsi amici negli uomini più odiati e spregiati [...]. La legge della leva così imprudentemente pubblicata e stoltamente redatta, già produce i suoi frutti: un grido d’indignazione s’è levato da per tutto [...] In molti Comuni sono avvenute delle vere sollevazioni".

• 28 giugno: "Io non debbo a lei celare che all’interno dell’isola gli ammazzamenti sieguono in proporzioni spaventose; che nella stessa Palermo in due giorni quattro persone sono state fatte a brani; e che tutto è stato disordinato e messo sossopra con una insensatezza da oltrepassare ogni limite del credibile".

• 29 giugno: "L’altro giorno si discuteva sul serio di ardere la biblioteca pubblica, perché cosa dei gesuiti: ieri il comandante della piazza, Cenni, ordinava di fare sgombrare le scuole. Si assoldano in Palermo più di 20.000 bambini dagli 8 ai 15 anni e si dà loro tre tari al giorno! Si mette la finanza della Sicilia in mano di quel ladrissimo e ignorantissimo B...! In una sola partita di cavalli requisita nella provincia di Palermo ne spariscono 200! Si dà commissione di organizzare un battaglione a chiunque ne faccia domanda; così che esistono gran’numero di battaglioni, che hanno banda musicale ed officiali al completo, e quaranta o cinquanta soldati! Si dà il medesimo impiego a 3 o a 4 persone! Si manda al tesoro pubblico a prendere migliaia di ducati, senza né anco indicarne la destinazione! Si lascia tutta la Sicilia senza tribunali né civili, né penali, né commerciali, essendo stata congedata in massa tutta la magistratura! Si creano commissioni militari per giudicare di tutto e di tutti, come al tempo degli Unni".

• 2 luglio a Davide Morchio: "Non abbiamo nulla che possa somigliarsi ad un governo civile: non vi sono tribunali [...] non ci è finanza, avendo tutto assorbito l’intendente militare; non v’è sicurezza, non volendo il dittatore né polizia, né carabinieri, né guardia nazionale, non v’è amministrazione, essendo state sciolte tutte le intendenze".

• 17 luglio ad Ausonio Franchi: "Garibaldi dichiara pubblicamente che non vuole tribunali civili, perché i giudici e gli avvocati sono imbroglioni; che non vuole assemblea perché i deputati sono gente di penna e non di spada; che non vuole niuna forza di sicurezza pubblica, perché i cittadini debbono tutti armarsi e difendersi da loro".

• 19 luglio a Giuseppe Clementi: "I bricconi più svergognati, gli usciti di galera per furti e ammazzamenti [sono] compensati con impieghi e con gradi militari. La sventurata Sicilia è caduta in mano di una banda di Vandali".

Il famigerato Pol Pot, lo spietato dittatore cambogiano, non è stato il primo ad avere l’idea di servirsi di ragazzini per realizzare la giustizia proletaria.

Gaudenzio
05-06-04, 12:31
Mille e non più mille
di Angela Pellicciari

L'invasione di uno Stato in pace senza dichiarazione di guerra, agevolata da fenomeni di corruzione e dalla connivenza della Massoneria. Questo fu lo sbarco dei Mille.

L'epopea dei Mille è nota in tutto il mondo. Mille uomini, e per di più 'civili', che conquistano un regno vecchio di oltre settecento anni. Un regno ricco, che vanta la seconda marina del continente dopo quella inglese. Episodio tanto incredibile da essere definito miracoloso da Ippolito Nievo, garibaldino della prima ora. Miracolo? Nulla di più lontano dalla realtà. L'impresa dei Mille è frutto di una preparazione meticolosa.

Per tre anni, tutti i giorni, Giuseppe La Farina (il siciliano massone divenuto segretario della Società Nazionale) ed il presidente del Consiglio del Regno di Sardegna Camillo di Cavour, si incontrano in camera da letto del conte per pianificare l'intervento armato in Italia meridionale. Lo fanno in gran segreto. Al punto che La Farina deve passare per una scala di servizio che comunica direttamente con l'appartamento di Cavour e deve farlo prima dell'alba. Che le cose stiano così è provato nel modo più inconfutabile dalle lettere e dagli articoli dello stesso La Farina.

Della minuziosa organizzazione dell'impresa dei Mille nessuno sa e nessuno deve sapere niente.

Ufficialmente il Regno di Sardegna e quello di Napoli sono in pace. Il re Francesco II per di più è cugino dì Vittorio Emanuele II. Ufficialmente si sa solo - come è stato sbandierato al Congresso di Parigi davanti a tutto il mondo, ricorrendo alle calunnie più spudorate e senza la presenza della controparte - che gli abitanti dell'Italia meridionale "gemono" oppressi dal malgoverno borbonico. La geniale trovata di Cavour consiste nel preparare un'invasione, e cioè una guerra, senza dichiarazione di guerra, facendo leva sulla potenza della corruzione e sulla connivenza dei massoni meridionali con quelli settentrionali ed europei. Ne sa qualcosa l'ammiraglio Persano che tallona Garibaldi - di cui Cavour si fida poco - per organizzare lo sbarco di armi e di uomini e per ultimare l'opera di corruzione capillare. A documentare con puntigliosa precisione la condotta davvero poco onorevole del regno sardo sono i diari di Persano. Dopo la sconfitta di Lissa (nel 1866 la flotta sarda è sbaragliata da quella austriaca significativamente più debole) e la successiva incriminazione, l'ammiraglio per difendersi ricorre all'inaudita pubblicazione di veri e propri segreti di Stato.

Arrivati a Palermo e Napoli, i Mille cosa fanno? Per saperlo basta leggere, oltre alle lettere di La Farina, qualche pagina di quanto scrive il deputato Pier Cesare Boggio, autorevole massone torinese. Il conquistatore Garibaldi, una volta arrivato in Sicilia, sembra essersi scordato di chi lo ha mandato e sembra aver preso gusto alla conquista-passeggiata: dando retta a Mazzini si scorda dei patti con Cavour e medita di marciare su Roma. Così l'intervento di Napoleone III in difesa del Papa è sicuro, e per il Regno di Sardegna è la bancarotta.

Indebitato fino al collo per organizzare la rivoluzione italiana, senza la possibilità di ricorrere alle finanze e alle ricchezze del Regno delle Due Sicilie, per il regno sardo è la fine. E così Boggio, nell'intento evidente di ricattare Garibaldi, mette nero su bianco le gesta davvero poco eroiche del generale. Cavour o Garibaldi? si intitola il prezioso libretto di cui oggi - come ovvio - nessuno sa nulla. Garibaldi pensa di poter fare a meno di Cavour? Il deputato incalza il generale con una batteria di domande retoriche. Eccone qualcuna: che fine hanno fatto le "somme di pubblica ragione trovate in Palermo, e delle altre della stessa natura, ma anche più considerevoli trovate in Napoli?".

"Volete un saggio di quel poco che moltissimo giunge insino a noi? La dittatura è fatta sinonimo di anarchia di qua e di là del Faro non sono più leggi, non è più amministrazione regolare, non tutela delle persone e delle proprietà, non tribunali, non ordine, nulla insomma di ciò che costituisce il vivere civile di uno Stato"; ai cittadini "è venuta meno la tutela delle leggi antiche, senzaché siasi introdotta la protezione delle leggi nuove; suppliscono alla lacuna il capriccio e l'arbitrio". I pro-dittatori si fanno e sì disfanno: "Pro-dittatore scelto con molta solennità fu il Depretis"; dopo una settimana si cambia e pro-dittatore diventa Mordini "senza che pur una parola, una sillaba accenni che egli surroga Depretis. Che pensare di tanta instabilità di persone e d'offici?". Boggio prosegue: l'ufficio di pro-dittatore "è nominale e illusorio; dietro e sopra il governo officiale, sta un governo segreto, che è il solo padrone vero di tutto e di tutti. Il Principe di Torrearsa legge nel foglio ufficiale la propria nomina a Presidente il Consiglio dei Ministri, della quale è affatto inconsapevole: attende l'annunzio diretto del Capo dello Stato: passa un giorno, passano due, nulla riceve; e intanto escono sulla Gazzetta decreti e provvisioni che appaiono da lui emanate.

Si presenta per tre volte al Dittatore per chiedere una spiegazione: gli dicono che non ha tempo di riceverlo; a gran fatica riesce il terzo giorno a farsi sentire, per protestare contro lo indegno abuso del nome". "Voi dovete ricordarvi che non siete in un paese di conquista", conclude Boggio. Conquista: la parola è esatta. Conquista, e per di più negata. Conquista in nome della libertà. Conquista senza pietà e senza vergogna. Ecco cosa scrive la Civiltà Cattolica il 14 settembre del 1861: "Negli Stati sardi esiste la tratta dei Napoletani. Si arrestano da Cialdini soldati napoletani in gran quantità, si stipano ne' bastimenti peggio che non si farebbe degli animali, e poi si mandano in Genova".

L'autore della corrispondenza dal capoluogo ligure racconta: "Ho dovuto assistere ad uno di que' spettacoli che lacerano l'anima. Ho visto giungere bastimenti carichi di quegli infelici, laceri, affamati, piangenti; e sbarcati vennero distesi sulla pubblica strada come cosa da mercato".

Per quanto tempo ancora ripeteremo giulivi la favola di Giuseppe Garibaldi 'eroe dei due mondi' e di Vittorio Emanuele il 'liberatore'?

Cronologia della invasione della Sicilia

5 maggio 1860: Garibaldi e i suoi Mille partono da Quarto (Genova) imbarcati sui piroscafi Piemonte e Lombardo alla volta del Regno delle Due Sicilie. A Garibaldi era stata segretamente versata dal governo inglese l'immensa somma 'di tre milioni di franchi francesi in piastre d'oro (molti milioni di dollari odierni) che sarebbe servita a corrompere i dignitari borbonici e comperare il loro tradimento.

11 maggio: Dopo una sosta a Porto Talamona, i Mille sbarcano a Marsala, protetti dalle navi inglesi ivi ancorate.

13 maggio: Con il proclama di Salemi, Garibaldi si nomina dittatore della Sicilia.

15 maggio: Vittoria dei garibaldini a Calatafimi.

30 maggio: Garibaldi occupa Palermo. La resa della città, inspiegabile dal punto di vista militare, essendo difesa da 25.000 uomini tutti ben equipaggiati, si spiega non con le gesta delle camicie rosse, ma con il denaro versato per corrompere il generale napoletano Lanza.

20 luglio: Inizia la vittoriosa battaglia di Milazzo. Impadronitosi della Sicilia, Garibaldi varcherà in agosto lo stretto dì Messina.

Ricorda:

"Chi sono i Mille che salpano accompagnati dalle benedizioni dei liberali di tuffi i continenti? Garibaldi li descrive cosi: 'Tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto'".

(Angela Pellicciari, L'altro Risorgimento Una guerra di religione dimenticata, Piemme, Casale Mon.to (AL) 2000, p. 232).

Bibliografia

Angela Pellicciari, L'altro Risorgimento. Una guerra di religione dimenticata, Piemme, Casale Mon.to (AL) 2000.

Lorenzo del Boca, Maledetti Savoia, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1998.

AAVV, La storia proibita. Quando i piemontesi invasero il Sud, controcorrente, Napoli 2001.

Geraldo Lentini, La bugia risorgimentale. Il Risorgimento italiano visto dalla parte degli sconfitti, Il Cerchio Iniziative Editoriali, Rimini 1999.

Antonio Nicoletta, "E furon detti briganti...". Mito e realtà della "Conquista del Sud", Il Cerchio Iniziative Editoriali, Rimini 2001.

Massimo Viglione [a cura di], La rivoluzione italiana. Storia critica del Risorgimento, Il Minotauro, Roma 2001.

© Il Timone - n. 20 Luglio/Agosto 2002

Gaudenzio
05-06-04, 12:36
Scusate se sottopongo alla vostra attenzione questi articoli:
sicuramente già ne siete al corrente;
in quest'epoca dei media occorre correggere alcune opinioni diffuse di elogio dell'unificazione: Angela Pellicciari è, per me, una grandissima e valente storica.
SE vi interessa aggiungerò altri articoli.

legio_taurinensis
05-06-04, 12:40
Garibaldi è stato un massone, al servizio delle potenze inglesi, e piemontesi.

Indi per cui non credo si possa giudicare l'uomo in sè, e addirittura cè chi lo paragona a Che Guevara.:fru

luigi maria op (POL)
29-12-08, 20:23
Garibaldi Spietato E Crudele Tiranno Del Sud

VENTO
29-12-08, 20:54
Garibaldi, un burattino mosso dai fili di sapienti burattinai.

G.Z. Volpe
31-12-08, 19:40
garibaldi un criminale di guerra, il bandito dei due mondi.