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23-11-02, 16:18
CONOSCERE IL COMUNISMO di Jean Daujat
CONOSCERE IL COMUNISMO
di Jean Daujat
- JEAN DAUJAT, ex allievo della Ecole Normale Superieure, dottore in Lettere, laureato dall'Académie francaise e dall'Académie des
Scíences, ha pubblicato numerose opere sia in campo scientifico che in quello religioso. Collaboratore di periodici come La France
Catholique e Fédération, Jean Daujat occupa un posto di prim'ordine nella letteratura e nel pensiero contemporaneo.


PENSIERO CRISTIANO E PENSIERO MODERNO

Si tratta dunque anzitutto di mettere in rilievo alcune convinzioni fondamentali del pensiero cristiano e
tradizionale, per meglio comprendere, confrontandole con esse, le posizioni marxiste che vi si
oppongono. Sono convinzioni molto elementari, di cui la maggior parte delle persone è impregnata
senza pensare di esprimerle in generale, tanto sembrano scontate: ed è per questo che tali persone
sono sconcertate dal comunismo, che sembra loro impenetrabile, dato che non possono neppure
concepire che tali convinzioni prime possano essere messe in discussione. Perciò è indispensabile
formulare queste convinzioni prime, presupposte dal pensiero comune della maggior parte degli
uomini, per farne loro prendere coscienza e prepararli ad afferrare meglio i segreti di una filosofia che
rifiuta appunto questi fondamenti del pensiero comune.

La prima convinzione fondamentale, non soltanto del pensiero cristiano, ma di tutto il pensiero umano
fino a due secoli fa, e che l'affermazione umana abbia un significato; che "sì" e "no" siano due parole
con un senso compiuto e non intercambiabili (il "sì, sì; no, no" proclamato da Gesú nel Vangelo: che
si sia sí e che no sia no) (2); che sí non sia no, che sí sia sí e che no sia no; che non si possa dire un
giorno il contrario di quanto si è detto il giorno precedente senza essere infedele al proprio pensiero e
senza essere almeno una delle due volte in errore; in altre parole, che esista una verità e un errore che
non si confondano tra loro. Ecco perché la maggior parte dei nostri contemporanei sono così,
sconcertati nel sentire i comunisti affermare tranquillamente un giorno il contrario di quanto hanno
affermato il giorno precedente, e sono indotti a interpretare questo fatto come una conversione o un
rinnegamento della loro affermazione precedente.

Procediamo: è convinzione spontanea di ogni uomo, non solo che esista una verità distinta dall'errore,
ma anche che questa verità non dipenda da noi; che noi non ne siamo arbitri; che essa si desuma da
ciò che è e s'imponga alla nostra intelligenza. Per esempio, un fatto che s'impone alla nostra
intelligenza è il riconoscere che 2 + 2 = 4 e non dipende da noi che sia diversamente, come pure
riconoscere che l'uomo è bipede e non dipende da noi che sia diversamente. Si e no hanno un senso
per la generalità degli uomini, perché la generalità degli uomini pensa che la nostra intelligenza debba
riconoscere la realtà quale essa è, e che le cose siano quelle che sono e che non dipenda da noi che
esse siano diversamente. La prima convinzione fondamentale del pensiero comune è la dipendenza
della nostra intelligenza dalla verità o dalla realtà da conoscere.

La seconda convinzione fondamentale è che esistano un bene e un male; cose buone e cose cattive;
che il bene e il male non siano la stessa cosa; e che il bene sia da amare e da ricercare. Per l'uomo
comune, la parola "buono" ha un senso, come la parola "sì" e la parola "vero". E anche qui bisogna
andare oltre la convinzione spontanea che non dipenda da noi che ciò che è buono sia cattivo e ciò
che è cattivo sia buono; che il bene e il male esistono nella realtà; e che ciò che è bene s'imponga alla
nostra volontà per essere amato e ricercato; e ciò che è male, per essere evitato. Per esempio: non
abbiamo inventato noi che la lealtà e la sincerità sono cose buone e che la menzogna è, invece, una
cosa cattiva. Anche in questo caso la convinzione fondamentale del pensiero comune afferma una
dipendenza: la dipendenza della nostra volontà dal bene da amare e da volere.

Precisiamo e approfondiamo il significato di queste due convinzioni, usando un linguaggio piú
filosofico. Esse affermano la necessaria sottomissione del nostro pensiero e della nostra volontà a un
oggetto che si impone loro e da cui esse dipendono, cioè la sottomissione del nostro pensiero alla
verità da conoscere, e della nostra volontà al bene da amare e da volere. La sottomissione all'oggetto
(3): ecco la regola spontanea della coscienza umana che il pensiero moderno si è accanito a demolire e
che il marxismo ha abbattuto completamente. Ma perché questa sottomissione all'oggetto nel pensiero
tradizionale? Per la convinzione che l'uomo sia un essere imperfetto, limitato, incompleto, che tende a
perfezioni da acquisire, che deve dunque sottomettersi e subordinarsi a ciò che lo completa, lo
perfeziona, lo realizza. La nostra intelligenza, inizialmente priva di ogni conoscenza e immersa
nell'ignoranza, trova il suo arricchimento e la sua perfezione nella sottomissione alla verità, grazie alla
quale acquisisce la scienza. L'uomo, cui mancano tante cose, trova il suo bene, si perfeziona e diventa
migliore subordinandosi al bene da amare e da volere.

Le convinzioni prime che abbiamo ora indicato, sono alla base tanto del pensiero greco (4) che del
pensiero cristiano: esse sono puramente e semplicemente tradizionali. Ma il cristianesimo le spiega e
dà loro fondamenti piú profondi: la ragione della imperfezione umana, che esige la sottomissione
dell'uomo su un oggetto per perfezionarsi, sta nel fatto che l'uomo è creatura; che non si è fatto da sé
e che non ha creato la realtà che lo circonda, ma che tutto questo - sé stesso e tutte le cose - sono
opera di Dio. Da ciò deriva una dipendenza radicale da Dio, che si trova alla base stessa dell'esistenza
di ogni creatura. Perché la nostra intelligenza deve sottomettersi a una verità che le si impone e che
non ne dipende? Perché non siamo noi ad aver fatto la realtà, ma è Dio che l'ha creata, e noi
possiamo solo arricchire la nostra intelligenza - che nulla ha creato - con la conoscenza di questa realtà
cosi com'è, cioè come Dio l'ha creata. La sottomissione al reale è, in ultima analisi, la sottomissione
dell'intelligenza creata da Dio, creatore di questa realtà (5). Perché diventiamo migliori soltanto se la
nostra volontà si sottomette a un bene da amare e da volere, che le si impone e non ne dipende, e se
si subordina a fini da perseguire, nei quali troviamo le perfezioni che ci mancano? Perché Dio ci ha
creati cosi. Perché non ci siamo fatti da noi stessi e non abbiamo deciso noi stessi la nostra natura, le
sue leggi e le sue esigenze, ma siamo come Dio ci ha fatti, con in noi esigenze e bisogni di cui è
autore. Se è questo o quel bene che bisogna amare e volere, questo o quel fine che bisogna perseguire
per diventare migliori e perfezionarci, ciò deriva dal fatto che noi siamo cosí come siamo, dunque dal
fatto che Dio ci ha creati cosí come siamo. Le leggi che ci conducono al nostro bene - cioè le leggi
morali - derivano da ciò che siamo e, di conseguenza, derivano dall'Autore della nostra esistenza, dal
quale dipendiamo; e noi non ne siamo gli arbitri. Creatura, l'uomo non ha niente da sé stesso: dipende
da Dio, nella sua esistenza, nella verità da conoscere, nel bene da amare per perfezionarsi. La base del
pensiero cristiano è l'affermazione di questa dipendenza radicale dell'uomo da Dio, dipendenza che
non è affatto per lui una costrizione esterna, ma l'intima sorgente della sua stessa esistenza, come di
ogni bene e di ogni perfezionamento.

Ecco il pensiero contro il quale, di fronte al quale si è costituito il pensiero moderno fino ad approdare
al marxísmò, che ne è la negazione radicale.

La corrente dominante che ha guidato tutto questo pensiero moderno e ne ha segnato le tappe
principali, è ciò che in filosofia si chiama idealismo. Ci si stupirà, forse, che da lí si debba approdare al
marxismo, che è comunemente conosciuto come materialista; eppure Marx è un discepolo di Hegel e
il suo pensiero si è formato alla scuola di Hegel che per altro è all'origine di tutti i grandi totalitarismi
contemporanei. Ora Hegel è precisamente il termine della corrente idealista, il filosofo che ha
professato ciò che si chiama l'idealismo assoluto, e vedremo che, per capire il marxismo, bisogna
spiegarlo con quanto chiameremo un rovesciamento materialista dell'idealismo hegeliano.

Che cos'è dunque l'idealismo? Alla base di tutto il pensiero moderno vi è un atteggiamento d'orgoglio,
una rivendicazione d'indipendenza totale dello spirito umano che si manifesta nel rifiuto di quella
sottomissione all'oggetto che era alla base del pensiero cristiano: l'uomo vuole trovare tutto in sé
stesso e solo in sé stesso, senza dover riconoscere alcuna dipendenza né doversi sottomettere.
L'idealismo è l'intelligenza che vuole trovare tutto in sé stessa, nelle proprie idee o concezioní, e rifiuta
qualsiasi sottomissione a una verità che le si imponga, che da lei non dipenda e che non sia una
costruzione dello spirito. L'idealismo è lo spirito umano che vive nelle sue proprie costruzioni, senza
dipendere da alcuna realtà da conoscere cosi come essa è. Il pensiero, per l'idealismo, non è
conoscenza di una realtà oggettiva che lo domini e lo modelli, ma è semplicemente ideale e pura
costruzione dello spirito, che si sviluppa secondo le proprie leggi, che sono le leggi dello spirito
indipendente da qualsiasi realtà che non sia in tale convinzione. E' facile vedere fino a che punto
questo sistema filosofico abbia impregnato gran parte della psicologia contemporanea. Basta osservare
come gli uomini, in tutte le loro attività, si allontanino sempre piú dalla sottomissione al reale, dalla
docilità a ciò che e' per ascoltare solo le costruzioni del loro spirito, fino al giorno in cui esse si
infrangono contro la realtà esistente, di cui non hanno voluto tenere conto. In modo particolare si può
notare come l'uomo contemporaneo sia fecondo di costruzioni sociali che sono pure creazioni dello
spirito, puri schemi geometrici e giuridici concepiti a priori e vuoti di qualsiasi realtà umana: quasi
bastasse un decreto della "Gazzetta Ufficiale", che crei un quadro giuridico e amministrativo, per fare
esistere una società reale fatta di uomini vivi.

Bisogna anche rilevare - cosa che sulle prime sorprende e richiede riflessione per essere compresa - le
solidarietà profonde esistenti tra idealismo e materíalismo. Infatti, il nostro pensiero non ci è imposto
dalla realtà da conoscere, se i nostri giudizi non sono regolati dalla pura verità oggettiva, se sono pure
creazioni del nostro spirito, da dove mai potranno derivare? Se il nostro pensiero e i nostri giudizi non
sono piú sottomessi alla verità, essi si formeranno secondo l'arbitrio delle nostre passioni, delle nostre
preferenze sentimentali, dei nostri istinti animali, dei nostri interessi materiali; vale a dire, insomma,
che dipenderanno dalla struttura del nostro organismo, dallo stato dei nostri nervi e delle nostre
ghiandole, e tutto alla fine dipenderà dalle sole forze materiali; vediamo già come il materialismo
marxista potrà allacciarsi a un principio idealista.

Un'altra solidarietà è quella che lega l'idealismo al pragmatismo, vale a dire alla filosofia che afferma il
primato dell'azione e che basa tutto su di essa. Anche questo a prima vista sorprende, ma riflettendo si
capisce che, se non esiste piú una realtà da conoscere una verità da contemplare, se esistono solo le
costruzioni dello spirito, ne deriva che c'è solo da agìre (essendo il pensiero stesso creazione, cioè
azione), c'è solo da vivere in una funzione perpetuamente e unicamente costruttrice. Per contemplare
è necessario un oggetto: la contemplazione è assimilarsi all'oggetto, abbandono e sottomissione di sé
all'oggetto. Il rifiuto dell'oggetto e di ogni sottomissione o dipendenza, conduce fatalmente all'azione
pura. Anche qui si vede come il puro pragmatismo marxista si possa allacciare a una origine idealista.
Ogni atteggiamento anticontemplativo, ogni attivismo, è sulla via del marxismo.

Ci rimane ora da esaminare come l'idealismo, che guida tutto il pensiero moderno sulla china che
conduce al marxismo, abbia potuto nascere e svilupparsi per tappe. Il primo germe di questo idealismo
si trova nel secolo XVII in Cartesio, per il quale l'anima umana è un puro pensiero, un puro spirito del
tutto indipendente dal corpo e dai sensi (di modo che tutta la vita animale, tutto ciò che non è
nell'ordine del puro pensiero, è abbandonato a un completo materialismo, materialismo oltre il quale
presso gli enciclopedisti del secolo XVIII non sussisterà piú nulla). Ne deriva che per Cartesio il
pensiero non dipende dal reale, è separato dal reale e basta a sé stesso. Se Cartesio mantiene,
malgrado questo, una verità che domina il pensiero, ciò avviene perché questo pensiero per lui
dipende direttamente da Dio, che è l'unico garante della verità di esso. Circolo vizioso, perché bisogna
supporre la verità del pensiero per scoprire la verità di Dio, che diventerà poi la garanzia della verità
del pensiero stesso.

Basterà sopprimere questo intervento divino, che assicura al pensiero la sua conformità al reale,
perché il pensiero sia definitivamente rinchiuso in sé stesso, senza alcun legame possibile con una
realtà, che diventa cosí inconoscibile. Questo passo è compiuto da Kant, primo maestro dell'idealismo
moderno e della filosofia tedesca che, da Kant a Fichte e da Hegel a Marx, dominerà tutto il pensiero
moderno. Attraverso il kantismo, sorgente profonda del liberalismo sotto il quale abbiamo vissuto per
un secolo e mezzo, come attraverso il marxismo, che sta assumendo oggi una cosí grande influenza,
l'imperio intellettuale e spirituale del pensiero tedesco si esercita sull'Europa e ne penetra i costumi e le
istituzioni. Per Kant, il pensiero è ormai solo creazione dello spirito umano, secondo lo sviluppo
autonomo delle sue proprie leggi. Allora non vi e più una verità che s'impone, e questa autonomia del
pensiero genera la dottrina della libertà di pensiero, con la quale ogni uomo diventa padrone del suo
pensiero, senza che alcuna regola di verità s'imponga a lui. D'altra parte la stessa cosa Kant sostiene
riguardo alla coscienza umana, che sarà l'uníca sorgente della propria legge, si creerà da sola la sua
regola di condotta o la sua morale, da cui la libertà di coscienza. Queste due libertà, questo
fondamentale rifiuto di necessità oggettive che non dipendono dall'uomo e alle quali l'uomo deve
sottomettersi, costituiscono l'origine di tutto il liberalismo moderno, della totale rivendicazione
d'indipendenza assoluta dell'uomo.

Questa è solo la prima tappa dell'idealismo. La seconda sarà percorsa da Fichte, un discepolo di Kant.
Kant supponeva, al di fuori dello spirito creatore del suo pensiero, una realtà inconoscibile: questo
reale inconoscibile è ancora troppo per l'idealismo; e in Fichte non rimane che l'Io autore del pensiero,
quell'Io il cui dinamismo operante crea il pensiero. Non bisogna credere che queste siano solo
fantasticherie di filosofi, senza conseguenze per la vita dei popoli. Costui è quel Fichte dei Discorsi
alla nazione tedesca, che sollevò la Germania contro Napoleone (6), discorso che si riallaccia
strettamente alla sua filosofia, perché in esso l'autore si richiama al dinamismo germanico contro il
feticismo latino e occidentale della realtà stabile. Se non vi è piú una realtà stabile che sia e duri,
rimane solo il dinamismo dello spirito operante, ed è finita per le forme stabili del diritto e della
morale; resterà solo un'azione senza regola morale, che si adatta al dinamismo della vita e si conforma
a tutti i bisogni vitali della potenza germanica. Si comprende quindi che in questo sta la sorgente di
tutto ciò che ha costituito la base del germanesimo da piú di un secolo: la rivendicazione dei bisogni
della vita, dell'azione, dello spazio vitale, contro il diritto e la morale. Proprio a tale filosofia la Francía
deve quattro invasioni.

L'idealismo assoluto, tuttavia, è ancora ben lontano dall'essere realizzato con Fichte, e lo sarà soltanto
grazie a Hegel, che regna all'Università di Berlino nel secolo scorso e che avrà Marx come discepolo.
In effetti l'Io di Fichte è ancora una realtà con la quale l'idealismo, negatore di qualsiasi realtà, non ha
niente da spartire: Hegel percorre l'ultima tappa dell'idealismo ammettendo solo l'Idea pura, la cui
evoluzione genera contemporaneamente tutte le coscienze individuali, e tutta la storia del mondo.
Nella filosofia di Hegel non esiste piú alcuna realtà, l'Idea è tutto: ecco l'idealismo assoluto. Ma se
l'Idea permane, essa non può evolversi e costituire tutta la storia. La storia nascerà da ciò che Hegel
chiama la dialettica, e questo è di importanza capitale, perché il materialismo di Marx si caratterizzerà
come " materialismo diatettico ". Abbiamo già osservato che l'uomo comune ammette
spontaneamente che sí non è no, che sí e no si escludono a vicenda, che ogni cosa è ciò che è, e che
l'assurdo o la contraddizione sono impossibili. Hegel (e Marx lo seguirà) rifiuta questa convinzione
spontanea: l'Idea non è ciò che essa è, perché diviene, cambia continuamente ed esiste solo per
contraddirsi, per rinnegare sé stessa incessantemente, di modo che il sí chiama il no, e si confonde
con il no nel mutamento; cosí non vi è nulla di ciò che esiste che perduri se non la contraddizione
continua in una continua evoluzione. Con la dialettica, l'idealismo assoluto diventa un evoluzionismo
assoluto e se Marx cambierà l'idealismo in materialismo, conserverà però la dialettica e
l'evoluzionismo, in modo che si potrà comprendere il suo pensiero solo riallacciandolo a quello di
Hegel. La dialettica presenta tre fasi: la tesi, in cui l'idea compare; l'antitesi, in cui si passa alla
contraddizione; la sintesi, punto di partenza di una nuova evoluzione. Ogni momento nega il momento
precedente, ed è cosí che si crea la storia: la storia è una rivoluzione continua, l'idea è in un
movimento continuo di azione rivoluzionaria per far la storia negando, contraddicendo e mutando ciò
che è. Tutto ciò che si presenta come realtà si deve negare, distruggere, perche si faccia la storia nella
contraddizione e nella rivoluzione continua. Non vi è piú alcuna verità stabile, che sia vera oggi, ieri,
domani: affermare e negare non hanno piú senso, l'uno e l'altro si chiamano e si confondono, resta
solo l'azione che fa la storia.

Hegel trova nello Stato e nella sua organizzazione militare e amministrativa l'idea che fa la storia; lo
Stato è un'idea, una concezione creatrice di storia. E sarà lo Stato prussiano di Bismarck, che non
conosce altra legge se non quella del suo proprio sviluppo, o lo Stato totalitario di Mussolini, che
assorbe in sé gli individui, poiché le coscienze individuali hanno esistenza solo nell'idea che le produce
nella sua evoluzione.

Hegel in realtà è all'origine di tutti i totalitarismi, che cosí sono tutti fratelli, poiché il razzismo
hitleriano e il marxismo ne derivano entrambi, sebbene sotto aspetti diversi. Il nostro scopo, in queste
pagine, è di soffermarci piú a lungo sul marxismo: occorre tuttavia far notare in poche frasi la
derivazione dell'hitlerismo da Hegel. L'hitlerismo è ciò che si potrebbe chiamare una trasposizione
vitalistica della filosofia di Hegel: esso si oppone all'idealismo facendo delle idee un semplice prodotto,
un semplice strumento o un organo della vita, delle forze vitali che sono il vero agente creatore di
storia. E ritroviamo l'evoluzionismo assoluto applicato alla forza creatrice, al dinamismo della vita che
si trova al piú alto grado nella razza superiore: la sola legge della storia sarà l'espansione vitale della
razza superiore, e non vi sarà altra verità né altro diritto all'infuori delle esigenze continuamente
mutevoli dell'espansione vitale della razza. Ed è questa razza superiore il grande agente di rivoluzione,
che modella la storia e crea la verità e il diritto con le sue necessità vitali (7). Da tutto ciò derivano
quelle che ci sembrano le contraddizioni continue dell'hitlerismo: Hitler potrà dichiarare che riconosce
le frontiere della Polonia quando l'espansione tedesca ha bisogno della benevolenza polacca per
attaccare i Ceki; poi, sei mesi piú tardi, si scaglierà contro le stesse frontiere polacche quando
l'espansione tedesca si volge verso la Polonia. La verità e il diritto in tal modo cambiano con le
esigenze di espansione vitale della razza, che fanno la verità e il diritto; la storia è fatta di
contraddizioni perenni della vita, il cui dinamismo rivoluzionario unisce il sí con il no, l'affermazione
con la negazione, per realizzare un'opera gigantesca di trasformazione.

Ma l'hitlerismo è solo una trasposizione vitalistica dell'idealismo hegeliano. Il marxismo ne è una
trasposizione piú completa, una trasposizione materialistica, e quindi un vero capovolgimento.


NOTE
(2) Matteo, 5, 3 7.
(3) L'oggetto è, nel senso etimologico della parola, ciò che sta di fronte, ciò che si ha davanti a sé, ciò
che è posto davanti a noi e a noi si impone.
(4) Anche se Protagora e alcuni altri greci - ma sono eccezioni hanno aperto la strada al pensíero
moderno.
(5) Ciò non vuol dire, beninteso, che noi non possiamo esercitare un'azíone sulla realtà per
trasformarla: questo stesso potere ci è stato dato da Dio. Ma esso può essere esercitato solo in
conformità a ciò che è: non si trasforma la realtà se non sottomettendosi a essa e secondo le finalità
che il Creatore vi ha incluso.
(6) Kant era contemporaneo della rívoluzíone dei 1789.
(7) L'individuo è ormai soltanto un elemento, una cellula nella vita collettiva della razza.




LA FILOSOFIA MARXISTA

Il marxismo è una trasposizione materialista della filosofia di Hegel: vogliamo con ciò dire che esso si
oppone all'idealismo (e opera un vero e proprio capovolgimento del sistema hegeliano) facendo delle
idee un semplice prodotto dell'evoluzione delle forze materiali nel cervello umano, di modo che le
forze materiali vengano a essere il vero agente creatore di storia. L'Idea, che era tutto per Hegel, non
è niente per Marx, se essa non è il prodotto di un cervello, esso stesso prodotto delle forze materiali
(8): in questo modo il materialismo è integrale. Ma questo materialismo conserva l'evoluzionismo
assoluto di Hegel: non c'è alcuna realtà che sia, che resti o che perduri, vi sono solo forze materiali in
perenne conflitto e, di conseguenza, in perenne contraddizione; l'azione e il conflitto di tali forze,
creatori di perenni trasformazioni, fanno della storia - che ne è il frutto - una perpetua evoluzione nella
contraddizione e nella lotta. Questo materialismo è dunque un materialismo storico, un materialismo
per il quale non esiste niente altro che la storia, ed essa stessa è solo un cambiamento incessante,
generato dalle forze materiali in incessante lotta. Esso, poi, è anche un materialismo dialettico,
essendo l'evoluzione storica fatta di un ritmo di opposizioni generatrici di cambiamento ed essendo
ritmata per tesi, antitesi e sintesi, come in Hegel. Non vi è dunque per Marx alcuna verità che meriti
un sì o un no, che darebbe un senso a un'affermazione, ma sí e no, affermare e negare, si chiamano e
si confondono nella contraddizione, principio del cambiamento; l'evoluzione nega domani ciò che oggi
afferma, soltanto la contraddizione è regina e non esiste alcuna verità da affermare.

Ci si inganna dunque profondamente quando si dà alla parola "materialismo" il suo significato piú
comune, per attribuirlo al marxismo. Marx ha definito la sua filosofia come materialismo "storico" o
"dialettico": la maggior parte dei nostri contemporanei, ignorando Hegel e non sapendo ciò che questo
significhi, dimenticano le parole "storico" o "dialettico" e perciò considerano il marxismo come un
materialismo comune, non ricordando altro che la parola "materialismo". Ora, si chiama normalmente
materialismo la filosofia che considera la materia come l'unica realtà; tuttavia questo materialismo
ammette una realtà, quella della materia, di una materia che esiste e che dura e che è la sostanza di cui
sono fatte tutte le cose. Essa ammette dunque una verità, la verità che afferma la realtà della materia e
spiega tutto con la sola materia. Marx ha solo, sarcasmi per questo materialismo, che qualifica come
materialismo "contemplativo" o "dogmatico" (contemplatívo, perché considera la materia come una
realtà o un oggetto da conoscere; dogmatico, per la sua affermazione della realtà della materia)
opponendolo al suo materialismo storico o dialettico. Per Marx non vi è alcuna realtà materiale che
esista e duri, vi sono solo forze materiali la cui azione perennemente trasformatrice non lascia esistere
nulla (9). Non è dunque la materia, ma il conflitto incessante delle forze materiali in azione, a
costituire la base della sua filosofia. Ricordiamo di aver sentito qualcuno affermare, con lo scopo di
spiegare che il marxismo è il materialismo piú totale che possa esistere, definirlo come "la filosofia
che fa della materia un assoluto": è impossibile mostrare una incomprensione piú completa del
marxismo, poiché il primo principio del marxismo è precisamente che non vi è alcun assoluto, che non
vi è niente che possa essere posto come avente un'esistenza che basti a sé stessa e che duri, che vi
sono soltanto le forze in lotta, le quali non lasceranno mai esistere né durare nulla (10).

Lo spirito, per Marx, non ha un grado maggiore di esistenza della materia stessa: esso è il prodotto
delle forze materiali. Ma può essere uno strumento potente dell'azione d'elle forze materiali agenti
nella storia; e i marxisti non temeranno - a causa della natura del loro materialismo - di servirsi
all'occorrenza di un linguaggio spiritualista, per prendere in esame l'azione storica delle idee o di altre
forze spirituali (morali o religiose, per esempio) quali organi potenti per l'azione delle forze materiali
che lottano e agiscono attraverso i cervelli umani. Dottrina, ideali, costumi, doveri, religione, tutto
questo è solo il prodotto delle forze materiali e lo strumento della loro azione. Neppure l'individuo ha
un grado maggiore di esistenza propria: egli è solo una rotella dell'immenso conflitto delle forze
materiali che modella la storia.
Quale sarà il posto e il destino dell'uomo in una simile concezione? L'uomo non ha piú verità da
conoscere: non c'è alcuna realtà esistente o stabile che possa essere oggetto di conoscenza, neppure la
materia, come nel materialismo contemplativo o dogmatico (11).
Ogni ricerca di verità, ogni affermazione di dottrina, ogni atteggiamento contemplativo, sono
impietosamente rifiutate. Non resta che agire, realizzarsi per mezzo dell'azione, coinvolgendo sé stessi
nella lotta e nel conflitto, esercitare l'azione trasformatrice, che plasma l'evoluzione perpetua della
storia. Non v'è esistenza che nell'azíone, e nell'azione materiale: non si esiste se non agendo e
trasformando continuamente sé stessi attraverso la propría azione. Per Marx l'uomo non è niente altro
all'infuori dell'azione materiale che svolge, e non possiede realtà diversa dall'azione materiale da lui
esercitata. Questa è l'essenza stessa del marxismo, che è una filosofia dell'azione materiale pura, un
totalitarismo dell'azione materiale (come l'hitlerismo è un totalitarismo dell'espansione vitale). Ne
risulta immediatamente che per il marxismo l'uomo tanto piú esisterà e tanto piú sarà uomo, quanto
piú eserciterà un'azione materiale potente: e qui è contenuto tutto il marxismo.
Con la sua azione materiale l'uomo fa la storia, cosí che tutta la storia umana, è solo la storia
dell'azione produttiva dell'umanitá e nient'altro che il conflitto tra le forze produttive; ogni epoca della
storia è solo un sistema e una lotta di forze produttive. L'uomo esiste perché modifica il mondo con il
suo lavoro, l'umanità si genera dal conflitto delle forze produttive. L'uomo è lavoro ed esiste solo
modificando il mondo col suo lavoro: nell'uomo vi è solo il lavoratore. Il lavoratore è l'essenza
dell'umanità, il marxismo è un totalitarismo del lavoro.
Pertanto non è solo la storia che l'uomo crea e trasforma senza tregua con la sua azione materiale, ma
anche e soprattutto sé stesso.
Cogliamo qui fino a che punto marxismo e cristianesimo siano agli antipodi e diametralmente opposti .
Il cristianesimo pensa che l'uomo sia stato creato da Dio e abbia ricevuto da Dio una natura umana
stabile che lo fa essere e rimanere uomo, il marxismo invece pensa che l'uomo si crei da sé, si dia da
sé la propria esistenza e si modifichi senza tregua per mezzo della propria azione materiale. Non si
può elíminare l'idea di Dio in un modo piú totale che sopprimendo l'idea di qualsiasi esistenza che
venga da lui per riconoscere soltanto quella di un'azione eternamente modificatrice.
Il marxismo non riconosce alcuna natura umana stabile che faccia sí che l'uomo sia uomo. L'uomo
con la sua azione si dà da sé stesso la sua natura e la modifica senza sosta; l'uomo cambia la sua
natura cambiando il sistema delle forze produttive. Il lavoratore industriale di oggi non è piú lo stesso
uomo che era il contadino e l'artigiano di un tempo; ha cambiato natura, è un'altra umanità che si è
generata attraverso la rivoluzione industriale, come è una nuova umanità che deve generarsi attraverso
la rivoluzione marxista (12). Ogni grande opera storica è dunque un vero snaturamento dell'uomo:
essa consiste nel cambiare l'essenza dell'umanità. Da qui la volontà marxista di strappare il piú
possibile l'uomo alla natura, al ritmo naturale delle stagioni e della vegetazione, che sfugge in parte alla
sua azione (13), per giungere a un mondo completamente meccanizzato che sia pura creazione del
lavoro umano. Si tratta di ricreare un mondo che non sia quello creato da Dio, ma soltanto opera
dell'uomo. In questo senso il marxismo è un umanesimo totale; per esso niente esiste se non
attraverso l'azione umana, e non riconosce niente altro che l'uomo, il quale si fa da sé attraverso la
propria azione (14).
L'azione umana, come la concepisce il marxismo, è essenzialmente rivoluzionaria: l'uomo tanto piú
esisterà e sarà tanto piú uomo, nella misura in cui trasformerà piú profondamente ciò che esiste e
trasformerà piú profondamente sé stesso Nel rifiuto assoluto di ogni verità da conoscere o
ríconoscere, di ogni contemplazione di ciò che è, il marxismo chiama l'uomo alla piú gigantesca opera
di rivoluzione, alla piú potente azione di trasformazione e di sconvolgimento. Per Marx non vi è altra
verità all'infuori delle esigenze dell'azione materiale piú potente e delle necessità dell'azione
rivoluzionaria. A seconda del cambiamento di queste esigenze e di questi bisogni, la verità cambierà
dall'oggi al domani, il sí si muterà in no, poiché l'affermazione non esprime alcuna verità e ha il solo
scopo di esprimere le esigenze dell'azione. Non è dunque per conversione, né per ipocrisia che i
comunisti cambiano senza tregua, e dicono e fanno ogni giorno il contrario di ciò che hanno fatto e
detto il giorno precedente; ciò è conforme alle piú pure esigenze del marxismo ed essi non sarebbero
marxisti se agissero diversamente; poiché il marxismo è un evoluzionismo integrale, essi devono - in
quanto sono marxisti - evolversi e contraddirsi senza tregua. Bisogna, una volta per tutte, convincersi
che ciò che essi dicono non esprime alcuna verità, ma unicamente le esigenze della loro azione, poiché
per essi niente esiste all'infuori di questa azione. L'azione è una evoluzione perpetua in cui il sí diventa
no a ogni momento. Riconoscere una verità, equivarrebbe a riconoscere qualche cosa che esiste, e
con ciò rinunziare a trasformarla con la propria azione. Per Marx, conoscere è niente, condurre
un'azíone è tutto (15).
Marx non s'interessa maggiormente a un ateismo contemplativo o dogmatico che a un materialismo
ugualmente contemplativo o dogmatico: il suo è un ateismo pratico, un rifiuto di Dio attraverso
l'azione creatrice di una umanità e di un mondo che non vengono da Dio. Ma il rifiuto di Dio è in
questo modo molto piú totale che in un ateismo dottrinale. Per rifiutare completamente Dio occorre
un rifiuto totale di tutto ciò che è stato creato da Lui o che viene da Lui. Dunque non bisogna
accettare nessuna realtà stabile, nessuna natura durevole che sarebbe nell'uomo e nelle cose, nessuna
verità costante, ma occorre opporsi sempre a ciò che esiste trasformandolo con l'azione rivoluzionaria.
Con essa ci si crea e si crea la storia, nel rifiuto di ogni dipendenza da Dio, e ci si pone in un
atteggiamento che cosi è totalmente "senza Dio". Non solo in modo dottrinale, ma con il rifiuto pratico
e totale di Dio i comunisti sono senza Dio, perciò essi si professano "senza Dio militanti". E qui, per
qualificare il loro materialismo, bisogna porre l'accento sulla parola "militanti", come sulla parola
"storico". Questa parola, "militanti", significa che si sopprime Dio non con una negazione intellettuale,
come nell'ateismo dottrinale, ma con l'azione e la lotta rivoluzionaria contro tutto ciò che viene da Lui,
contro tutta la sua creazione. Vedremo piú avanti come ciò può, in certe tappe dell'azione
rivoluzionaria, accordarsi perfettamente con la tolleranza religiosa e perfino con la mano tesa alla
religione.
Il marxismo va all'estremo della rivendicazione d'indipendenza totale della creatura, ed è con ciò
soprattutto che esso è l'ultimo frutto di tutto il pensiero moderno: è il rifiuto definitivo di qualsiasi
realtà da cui l'uomo dipenderebbe e che gli si imponesse, sia che si tratti di una verità qualsiasi, di una
realtà da conoscere cosí com'è, o che si tratti della sua stessa natura umana. Con l'azione, e l'azione
sola, facendo sé stesso e la storia senza dipendere da nulla e da nessuno e senza accettare alcunché di
esistente, l'uomo conquista una indipendenza assoluta, essendo solo creatore e trasformatore
attraverso l'azione e nient'altro. Non è possibile un rifiuto piú assoluto di ogni oggetto, di ogni
esistenza che sia posta dinanzi e prima dell'attività umana che s'imponga a questa e la sottometta: la
nostra azione non è sottomessa a niente e non dipende da nulla di esistente, c'è solo ciò che essa fa,
nient'altro che l'azione pura.

Occorre qui fare bene attenzione a ciò che è la pura azione materiale rivoluzionaria per un marxista.
Per l'uomo comune l'azione ha uno scopo, si agisce per ottenere o realizzare un bene, di modo che
l'azione è subordinata o sottomessa a questo bene ricercato, il quale costituisce cosí un oggetto posto
dinanzi al nostro volere come la realtà da conoscere dinanzi alla nostra intelligenza. E' evidente che il
marxismo, non ammettendo alcuna dipendenza né alcun oggetto, non ammetterà neppure un bene da
amare o realizzare in misura maggiore di quanto ammette che vi sia una verità da conoscere. Un bene
e un male la cui distinzione e opposizione si impongano a noi, sono altrettanto inaccettabili per il
marxismo quanto un sí e un no, una verità e un errore. Per il marxismo non vi è bene da amare né da
realizzare, non c'è che l'azione da condurre. Ammettere un bene che sia un fine, qualche cosa di
buono che si debba amare perché è buono, significherebbe imporre una dipendenza all'azione umana.
Il marxista che vive il suo marxismo non può amare nulla, poiché l'amore mette in dipendenza
dell'oggetto amato; il marxismo è il rífiuto definitivo di ogni amore come di ogni verità (16). Se un
comunista ci presenta qualche ideale come un fine, per esempio l'ideale di giustizia sociale messo
innanzi alle rivendicazioni operaie, oppure l'ideale patriottico, proposto oggi al popolo russo o al
popolo cinese, è unicamente perché la presenza di un ideale nei cervellí umani diventa in questi casi
un mezzo efficace per trascinarli all'azione e alla lotta, un organo o uno strumento d'azione e di lotta
delle forze materiali. Stiamo certi, però, che il comunista che vive il suo marxismo, ha in vista solo
l'azione rivoluzionaria e la lotta da condurre (17); l'ideale che mette avanti è solo un mezzo per
condurre meglio tale azione e tale lotta, e non ha, in sé stesso, alcun valore ai suoi occhi: esiste solo in
funzione di questa azione e di questa lotta e solo per tutto il tempo che è utile a essa.

Questa esposizione del marxismo ci mostra a qual punto, in tutto e totalmente, il marxismo stesso sia
esattamente il contrario e l'opposto del cristianesimo e di tutte le concezioni cristiane, e con quale
intelligenza inaudita e a dire il vero sovrumana, esso prenda di contropiede il cristianesimo e realizzi
praticamente il materialismo e l'ateismo infinitamente meglio delle dottrine materialiste o atee. La
filosofia cristiana dimostra l'esistenza di Dio partendo dall'esistenza dell'uomo e dell'universo e come
causa e origine di questa esistenza; essa insegna che, se non ci fosse Dio a comunicare l'esistenza a
esseri che non se la sono potuta dare da soli, bisognerebbe concludere che niente esiste. Il marxismo
fa fronte rigorosamente a questa prova ammettendo che, effettivamente, niente esiste, e conclude che
Dio non esiste poiché niente esiste; supponendo poi che si trovi, di fronte a noi o in noi, qualche
esistenza che sia il segno e la traccia di Dio, esso insegna che non bisogna accettarla, ma sopprimerla
attraverso l'azione rivoluzionaria che gli è propria. Cosí il marxismo resta solo un umanesimo
esclusivo, che ammette solo l'azione umana. A questo umanesimo esclusivo il pensiero moderno,
imperniato esclusivamente sull'uomo, doveva fatalmente pervenire. Chiunque vuole riconoscere
soltanto la crescita e l'indipendenza dell'individuo o della persona umana, o anche della collettività o
della società umana, e rifiuta di sottomettere tale crescita e indipendenza a Dio e alla sua legge e di
orientarle verso Dio, apre fatalmente la strada al marxismo, sebbene solo il marxismo giunga al
termine di questa strada. Chiunque rifiuterà il primato della contemplazione, l'abbandono
dell'intelligenza a una verità da conoscere e della volontà a un bene da amare, per rifugiarsi
nell'ebrezza dell'azione pura e curarsi solo di agire, è sulla strada del marxismo. Il capitale o
l'industriale del secolo scorso o di oggi, che fa del lavoro produttivo e dei suoi risultati materiali lo
scopo e l'essenza della vita umana, pianta un albero di cui il marxismo sarà il frutto. Tutti coloro che
annunciano che la civiltà futura sarà una "civiltà del lavoro", ossia una civiltà in cui il lavoro è il valore
supremo della vita, sanno poi che l'unica civiltà totalmente e unicamente "del lavoro" è il marxismo?
Ma al punto di crisi a cui siamo giunti oggi, le soluzioni di compromesso non sono piú possibili: si
tratta di essere o marxisti o cristiani. Tra comunismo e cristianesimo bisogna scegliere: non si possono
associare le due cose, o metterle d'accordo, o farle collaborare.
Lo studio della filosofia marxista che abbiamo fatto sarebbe sufficiente se il marxismo fosse una
dottrina. Ma esso non è una dottrin7a, nel senso corrente di questo termine, poiché non ammette
alcuna verità da affermare al di fuori delle verità continuamente mutevoli e contradditorie che
risultano dalle esigenze dell'azione rivoluzionaria (18). Abbiamo mostrato la sua natura profonda
dicendo che il marxismo è la ricerca dell'azione materiale piú potente, dato che l'uomo esiste ed è
uomo solo per mezzo di questa azione. Ne deriva che, nel marxismo, la filosofia non esiste senza
l'azione, che essa si confonde con l'azione stessa, poiché afferma soltanto ciò che l'azione le fa
affermare; di conseguenza non vi è filosofia marxista senza azione marxista e l'azione rivoluzionaria
appartiene all'essenza stessa della filosofia, non avendo la filosofia altra funzione che non sia quella di
realizzare l'azione materiale piú potente. Per un comunista cosciente del proprio marxismo, il
comunismo non è una verità (ed è per questo motivo che egli potrà senza tregua contraddirsi senza
conversione e senza ipocrisia, ma in virtú del suo stesso comunismo e rimanendo perfettamente
comunista), il comunismo è un'azione. Se ci si vuol rendere conto fino a che punto i capi del
comunismo francese abbiano coscienza di ciò, c'è solo da citare la conferenza di Jacques Duclos, già
citata all'inizio dì questo studio: "Ciò che la la forza della teoria marxista leninista è cbe essa
permette al partito di orientarsi in una situazione data [...] La teoria marxista-leninista non è un
dogma, ma una guida per l'azione". Questa teoria ha solo il significato di dire in quale modo sia possi
bile realizzare l'azione materiale piú potente (19). Nel marxismo vi sono soltanto prese di posizione
per l'azione - dunque mutevoli e contradditorie - perché la sola realtà del marxismo è l'azione (20).
Ciò ha come conseguenza capitale che non avrebbe alcun senso dire che si collabora o ci si allea con
l'azione dei marxísti pur rifiutandone la dottrina: poiché il marxismo si identifica con l'azione marxista,
collaborare o allearsi con l'azione marxista significa collaborare o allearsi con il marxismo stesso.

Dunque, la natura stessa del marxismo esige che completiamo il nostro studio, esponendo l'azione
marxista e il suo sviluppo da Marx e da Lenin ai giorni nostri.



NOTE

(8) L'idealísmo era obbligato ad arrivare a questo punto: se l'idea non è piú l'espressione -
evidentemente spirituale - di una realtà conosciuta, la si deve ormai considerare soltanto un prodotto
del cervello.
(9) "Tutto ciò che esiste merita di morire", dice Engels.
(10) Per il filosofo che riflette, il marxismo è, per questo evoluzíonístno e relativismo assoluti, proprio
il materialismo piú materialista che possa esistere. Infatti, una materia che fosse una sostanza avente
una realtà durevole, avrebbe una natura stabile e determinata. Ciò sarebbe qualcosa di diverso dalla
pura passività e in eterminazione de a materia stessa, potendosi incontrare questa pura passività e
indeterminazione solo nella instabilità perpetua.
(11) Engels dice: "Questa filosofia dialettica dissolve tutte le nozioni di verità assoluta, definitiva,
e le condizioni umane assolute che vi corrispondono. Non vi è niente di definitìvo, di assoluto, di
sacro davanti a essa; essa mostra la caducità di tutte le cose e non esiste altro per essa che il
processo ininterrotto del divenire e del transitorio".
(12) Marx scrive: "Tutta la storia è solo una trasformazione continua della natura umana".
(13) Questo è stato mirabilmente chiarito in Taille de l'bomme di Ramuz.
(14) Marx scrive: "La filosofia non si nasconde, che la professione di Prometeo - in una parola
Odio tutti gli dei - è la sua professione, il discorso cbe essa tiene e terrà sempre contro tutti gli dei
del cielo e della terra che non riconoscono la coscienza umana come la piú alta divinità". "La
critica della religione perviene alla dottrina che l'uomo è l'Essere supremo per l'uomo".
(15) "Non si tratta di conoscere il mondo, ma di trasformarlo" (Marx).
(16) Lunaciarsky scrive: "Abbasso l'amore del prossimo. Ciò che ci occorre è l'odío. Dobbiamo
ímparare a odiare: cosí arriveremo a conquistare il mondo".
(17) "La nostra morale è interamente subordinata alla lotta di classe" dice Lenin. Perciò bisogna
essere pronti a usare "tutti gli stratagemmi, le astuzie, i metodi illegali, essere decisi a tacere, a
celare la verità".
(18) Stalin ha definito il leninismo "il marxismo dell'epoca dell'imperiatismo e della rivoluzione
proletaria" per ben sottolineare che c'è una filosofia solo per una certa epoca, in funzione delle
condizioni dell'azione. "La strategia - dice - muta ogni volta che la rivoluzione passa da una tappa
all'altra".
(19) Stalin afferma: "il leninismo è la teoria e la tattica della rivoluzione proletaria".
(20) Lenin dice: "La teoria rivoluzionaria non è un dogma: essa si forma definitivamente solo in
stretto legame con la pratica di un movimento realmente di massa e realmente rivoluzionario". E
Stalin aggiunge: "Basata su una data tappa della rivoluzíone, la tattica può variare a piú riprese,
secondo i flussi e i riflussi, secondo il progresso o il declino della rivoluzione".







L'AZIONE MARXISTA

L'azione rivoluzionaria marxista, in seguito a ciò che abbiamo appena spiegato, è molto diversa dalla
nozione corrente di rivoluzione. Per l'uomo comune, che si propone di realizzare un bene, una
rivoluzione è un mezzo in vista di un fine, che è una società migliore e durevole. Tale non è
evidentemente la concezione del marxista, per il quale non vi è un bene da realizzare, ma soltanto
un'azione da condurre. L'azione rivoluzionaria non è per lui un mezzo: essa stessa è voluta come
l'opera gigantesca nella quale l'uomo nuovo creerà sé stesso, si tratta di trovare i mezzi di quella
azione rivoluzionaria. Ora, all'epoca di Marx, si presenta un mezzo eccellente: l'estrema miseria e la
totale insoddisfazione della classe proletaria. La felicità del proletariato non rappresenta un fine per il
marxista, come si crede comunemente, ma la miseria del proletariato un mezzo per l'azione
rivoluzionaria.

Niente poteva essere più conforme ai bisogni del marxismo quanto la condizione del proletariato nel
secolo XIX. Per sviluppare una volontà rivoluzionaria totale, che non voglia conservare niente, che
non mantenga niente di conservatore, che voglia trasformare tutto, creare una società completamente
nuova, ci volevano uomini che non avessero rigorosamente niente, che fossero strettamente spogli di
tutto. Ciò non fu sempre il caso del povero o dell'operaio, ma nel secolo scorso fu esattamente il caso
del proletario. Supponiamo una classe di uomini che siano poveri, persino molto poveri, ma che per
l'insieme delle istituzioni, delle abitudini, dei costumi, dispongano ciò nonostante di un certo numero di
diritti, di una certa stabilità delle loro condizioni di vita e per conseguenza di una certa sicurezza di
durata; che, tutto sommato, abbiano una condizione di vita assicurata e un posto riconosciuto nella
società, per quanto piccolo esso sia. Questi uomini saranno forse malcontenti della loro situazione, ne
reclameranno forse il miglioramento: reclameranno dunque certe trasformazioni, ma non
reclameranno mai una trasformazione totale, non saranno mai totalmente rivoluzionari; essi hanno
ancora qualche cosa da conservare, per quanto poco sia, e ancora per qualche aspetto parteggiano per
l'ordine stabilito.

In tal modo l'operaio delle antiche corporazioni poteva in certi periodi vivere molto poveramente, ma
aveva nella sua corporazione uno stato di vita riconosciuto, certi diritti, qualche cosa di sicuro. Era
perciò radicato nel l'ordine sociale, non era "proletario" nel senso in cui questa parola significa che non
si è più partecipi, attraverso nessuna radice, dell'ordine sociale esistente, perché non vi si ha nessun
diritto riconosciuto, nessuno stato di vita stabilito, nessuna sicurezza, e vi ci si trova come un semplice
straniero, un viandante o un vagabondo, cioè in una instabilità totale. Ora, per il marxismo, tutto ciò
che è stabilito o esistente, tutto ciò che ha stabilità o durata, è una abominazione, perché ostacola
l'azione rivoluzionaria. Ciò di cui il marxismo ha bisogno è precisamente il proletariato.

A causa del liberalismo che ha soppresso ogni istituzione professionale per lasciare sussistere solo
individui isolati completamente liberi, soltanto coloro che possiedono strumenti di lavoro avranno una
certa sicurezza, un regime stabilito e durevole di vita e di lavoro.

Gli altri hanno per vivere solo la forza delle loro braccia da affittare giorno per giorno a quelli che
possiedono gli strumenti di lavoro, che li adoperano a loro piacimento, avendo tutta la libertà di
sfruttarli; essi divengono proletari, che non hanno nessun diritto da far valere, nessuna certezza del
domani, nessuna di vita e di lavoro; costoro non sono più legati da nulla a una società che li ignora,
non riconosce loro alcun posto, non fa che utilizzarli. In breve, essi sono abbandonati a uno
sfruttamento totale, non avendo alcun diritto sugli strumenti di lavoro né sui frutti del loro lavoro,
interamente posseduti da altri. Marx, che ha mirabilmente analizzato ciò, dirà che non si è fatto loro
un torto parziale, ma un "torto totale"; essi si troveranno dunque di fronte al mondo esistente come
inesistenti, in uno stato di negazione totale: cioè essi sono pronti per l'azione rivoluzionaria totale che
Marx cerca. Non essendo inquadrati in alcuna forma sociale esistente, essendo sradicati da tutto ciò
che ha esistenza stabile nella società, essi hanno la perfetta instabilità e l'indeterminazione della pura
materia, e saranno la materia con cui si farà l'azione rivoluzionaria.

Il marxismo, che si identifica con l'azione materiale più potente, si identificherà dunque con l'azione
rivoluzionaria del proletariato e consisterà nel determinare l'azione rivoluzionaria del proletariato. Il
proletariato, per Marx, è la classe il cui stato completamente spoglio e sradicato creerà una potenza
rivoluzionaria che permetterà l'azione più gigantesca di trasformazione e di produzione di un mondo
nuovo. Tutto dunque consisterà nel fatto che i proletari prendano coscienza della loro solidarietà di
classe nella loro comune miseria, e del loro ruolo rivoluzionario, del loro stato comune di sfruttamento
e dell'azione rivoluzionaria alla quale questo stato li chiama: in poche parole, tutto consisterà nel far
nascere in loro ciò che Marx chiama la "coscienza di classe" (21), la coscienza di essere una classe
sfruttata, di essere solidali in questo sfruttamento, e, cominciando da questo, solidali anche nel
condurre una lotta di classe, la lotta di coloro che non soltanto non hanno nulla, ma che non sono
nulla, contro tutti i possidenti, tutti gli inseriti, tutti coloro che sono qualcosa nell'ordine sociale
esistente. Bisognerà anche far prendere coscienza ai proletari della forza materiale del loro numero,
della potenza materiale che essi rappresentano una volta uniti tutti nella solidarietà di classe e
nell'azione rivoluzionaria. La lotta di classe dovrà essere interamente materialista: ogni ricerca di un
bene spirituale, di un ideale religioso o morale distoglierebbe il proletariato dalla pura rivendicazione
dei beni materiali di cui è stato spossessato secondo la formula classica, essa sarebbe per lui un
"oppio" e gli impedirebbe di essere totalmente dedito all'azione rivoluzionaria di classe.

Ogni legame religioso, ogni legame con la famiglia o la patria, che rappresenti una stabilità qualsiasi,
che porti il proletario a legarsi a qualche cosa, a non essere totalmente escluso, dovrà essere
combattuta: il proletario deve essere totalmente dedito alla sua coscienza rivoluzionaria, alla sua lotta
di classe al di sopra delle frontiere di tutti i legami umani (22). Da qui la formula internazionale:
"Proletari di tutto il mondo, unitevi".

La sola collettività che il proletario deve conoscere è dunque la collettività di classe: è la sola dove non
sia uno straniero, poiché non è più legato da nulla ad alcun ordine esistente. Ma dal disegno di questa
collettività di classe, emerge il collettivismo integrale (da cui il nome di comunismo preso dal
marxismo). La potenza materiale che deve imporsi e creare un mondo nuovo esiste soltanto nella
collettività proletaria unita: l'individuo di per sé non è nulla, esisterà solo acquisendo la coscienza di
classe, fondandosi nella sua collettività di classe, diventando un elemento della forza materiale
collettiva della sua classe. Non si tratta di ottenere che gli strumenti di produzione cambino di mano
rimanendo oggetto di proprietà individuale (23): si tratta di ottenere, e in questo consisterà il
comunismo, la loro appropriazione collettiva da parte della classe proletaria organizzata per lo
Sfruttamento collettivo di tutte le ricchezze del mondo; di realizzare così la più grande potenza
materiale di produzione, la gigantesca potenza materiale collettiva di trasformazione della terra per
mezzo dell'industria umana che oggi la Russia sovietica vuole incarnare (24). Per quest'opera del
proletariato organizzato, l'individuo dovrà piegarsi a una disciplina di ferro: sarà solo una rotella
dell'azione rivoluzionaria collettiva, un meccanismo della potenza materiale collettiva, utilizzato come
uno strumento per la potenza collettiva, come lo era lo schiavo dell'antichità.

Abbiamo visto che il proletario è lo strumento privilegiato per l'azione marxista a causa del suo stato di
sfruttamento completo, che gli permette di essere totalmente rivoluzionario; ma lo è anche perché
questo stato di proletario si riscontra proprio nella classe dei lavoratori dell'industria, e sappiamo che
per Marx l'uomo non è nient'altro che il lavoratore: esiste solo trasformando il mondo con la sua
industria. Basterà dunque che il proletariato organizzato si impadronisca collettivamente degli
strumenti di lavoro per realizzare una società nuova che sarà solo lavoro, e in cui nessuna vita
familiare, morale o religiosa distoglierà gli uomini dall'unica attività di lavoro dall'attività di potenza
materiale di produzione per trasformare il mondo; in tale società tutta l'umanità sarà solo un unico
produttore collettivo infinitamente potente, essendo ormai il singolo individuo soltanto un membro, un
organo della potenza collettiva. Il marxismo viene così a identificarsi con la volontà di potenza
materiale collettiva della classe proletaria.

Anche qui, sul piano del lavoro e della vita economica, l'opposizione assoluta tra il comunismo e il
cristianesimo appare evidente. Nella concezione cristiana della vita, il lavoro è un mezzo, mezzo
necessario che costituisce anche un dovere, ma soltanto un mezzo, per assicurare all'uomo le risorse
materiali che gli sono necessarie e permettergli con questo di conseguire la perfezione della sua vita
umana nelle attività superiori di ordine intellettuale, artistico, educativo, familiare e sociale, religioso. Il
marxismo non ammette un bene superiore in vista del quale il lavoro sarebbe un mezzo: l'uomo si
realizza nel lavoro e con il lavoro stesso. Il cristianesimo considera tutte le attività economiche (25) -
produzione, scambio, attività di qualsiasi mestiere - come destinate ad assicurare il benessere delle
famiglie dove gli uomini nascono, sono educati, conducono la loro vita, poiché la produzione materiale
ha valore solo nella misura in cui serve alla vita degli uomini. L'economia marxista mira solo alla
potenza materiale collettiva più gigantesca che possa esistere e riduce gli uomini a strumento di questa
potenza (26): poco importa alla Russia sovietica che in un certo anno, masse di esseri umani siano
morte di fame, se ciò ha permesso di realizzare una certa tappa del piano quinquennale, mirante
all'instaurazione della più grande potenza collettiva. Come l'hitleriano vive solo nella potenza vitale
della razza, a causa di essa e per essa, così il comunista vive solo nella potenza materiale collettiva, a
causa di essa e per essa.

Sappiamo, d'altronde, che per Marx la società umana è solo un insieme di rapporti di forze materiali di
produzione, e che questi rapporti di forze devono causare la rivoluzione proletaria. Le idee che la
propaganda fa nascere e diffonde sono soltanto le leve o le chiavi con le quali le forze materiali fanno
presa sui cervelli per trascinare gli individui alla lotta. Ciò spiega perché la propaganda comunista -
esattamente come quella hitleriana - non cerchi affatto di convincere di una verità, ma di trovare i
mezzi più efficaci e gli slogan più adatti a far presa sui cervelli, poco importa se siano veri o falsi:
l'importante è che siano efficaci e, in ogni caso, li si cambierà secondo le circostanze (27).
L'espressione "imbottire i cervelli" trova qui il suo significato più letterale, che non ha niente di
peggiorativo da un punto di vista marxista: la propaganda e l'introduzione materiale nei cervelli della
massa di idee-forza (28) che li faranno agire per la lotta rivoluzionaria (29).

Chiarita la natura dell'azione rivoluzionaria marxista, ci resta ora da esaminare il suo sviluppo storico.
Quando l'azione rivoluzionaria marxista comincia a porsi come tesi (non dimentichiamo la dialettica e
l'evoluzione tesi - antitesi - sintesi), essa trova come ostacolo tutto ciò che esiste e costituisce un
fattore qualsiasi di stabilità, tutto l'ordine sociale esistente, ed essa si opporrà alla totalità di questo
ordine stabilito e a tutto ciò che può rappresentarvi una parte di conservazione o di durata (30).
Questa totale opposizione potrà dare allora al marxismo un aspetto anarchico o nichilista: in realtà non
vi è in esso un solo atomo di anarchia, poiché la lotta rivoluzionaria distruttrice è condotta con una
disciplina di ferro e una coesione formidabile (31), che devono portare alla disciplina di ferro della
collettività proletaria trionfante. Lo Stato comunista sarà il più dittatoriale e il più totalitario degli Stati
(32), poiché deve asservire totalmente l'individuo alla potenza materiale collettiva.

L'opposizione totale a tutto ciò che è stabilito, opposizione che costituisce la tesi marxista - cioè la
prima fase dell'azione rivoluzionaria - prende di mira particolarmente la proprietà, l'esercito e la patria,
la famiglia e la religione.

La proprietà sarà considerata come una abominazione, perché lega l'uomo a qualche cosa di esistente
e lo radica. Essa impedisce agli uomini di essere proletari interamente disponibili per l'azione
rivoluzionaria e, inoltre, per la potenza materiale collettiva. Ci si è talvolta stupiti nel vedere l'azione
politica dei marxisti favorire lo sviluppo delle grosse, concentrazioni anonime capitaliste e danneggiare
la piccola proprietà personale, contadina e artigiana. Questo stupore dimostra che non si è compreso
niente del marxismo e che lo si immagina sotto la forma semplicistica della difesa dei "piccoli" contro i
"grandi": il marxismo, al contrario, è la ricerca di una azione rivoluzionaria per la quale occorre il più
grande numero di grossi possidenti. I piccoli proprietari, i piccoli padroni, non sono proletari; essi
costituiscono qualche cosa di stabile, il cui grande numero sarebbe un ostacolo all'azione
rivoluzionaria (33). Il grande numero dei piccoli proprietari soddisfatti renderebbe impossibile, alla
collettività proletaria, l'appropriazione collettiva di tutti i beni. Il marxismo si comporta dunque in
modo da favorire una proletarizzazione crescente, cioè da aumentare ogni giorno la grande massa dei
proletari. Bisogna perciò che tutta la proprietà sia sempre più concentrata nelle mani di pochi: la più
forte concentrazione capitalistica prepara la rivoluzione proletaria, che avrà solo da espropriare
qualche grosso organismo capitalista per rimettere tutto nelle mani della collettività proletaria. Si
nazionalizzano gli stabilimenti Renault, non si nazionalizza un garage o un meccanico di paese.
Dunque, la Renault apre la via al marxismo, mentre il garagista di paese gli sbarra la strada. Il
supercapitalismo è d'altronde un inizio di collettivismo, perché concentra una proprietà immensa nelle
mani di un solo organismo capitalista. Un piccolo numero di grossi organismi capitalisti anonimi,
proprietari di tutto, si avvicina molto di più all'unica collettività proletaria anonima, proprietaria di
tutto, che non milioni di piccoli proprietari e di piccoli padroni. Nel supercapitalismo, come nel
collettivismo, il lavoratore è solo una rotella di un formidabile meccanismo anonimo. Marx, d'altra
parte, ha analizzato con una lucidità mirabile come il desiderio sfrenato di guadagni sempre maggiori,
desiderio scatenato dal liberalismo, trascina con sé fatalmente una concentrazione di capitali sempre
maggiore e una proletarizzazione delle masse sempre in aumento, e come ciò a sua volta porti
fatalmente alla rivoluzione proletaria e alla concentrazione totale nelle mani della collettività proletaria.
Il marxismo deve, dunque combattere particolarmente tutto ciò che potrebbe sostenere la piccola
proprietà personale e il piccolo padronato. Allo stesso modo deve combattere ogni tentativo di
restaurazione corporativa che restituirebbe al lavoratore un posto riconosciuto e uno stato di vita in
una organizzazione professionale e lo toglierebbe dalla condizione proletaria, radicandolo in un ordine
sociale esistente.

Quando il marxismo si pone - al tempo della tesi - come lotta rivoluzionaria contro l'ordine stabilito,
deve inoltre combattere l'esercito, la cui forza è al servizio di questo ordine stabilito, e la patria, nella
quale gli uomini potrebbero trovare qualche legame con la società esistente, qualche radice nelle
tradizioni stabilite. Se il proletario è uno sradicato totale, è anche un senza patria o non ha altra patria
che la patria internazionale della classe proletaria rivoluzionaria. Questa fase dell'azione marxista è
espressa da un inno come L'Internazionale.

Anche la famiglia è un elemento di continuità sociale, di durata, dunque di radicamento; essa non
potrebbe trovare posto nella lotta rivoluzionaria, perché potrebbe solo impedire di darsi totalmente
all'azione rivoluzionaria.

Quanto alla religione, sarà evidentemente la peggiore abominazione per il marxismo, poiché pretende
di legare l'uomo a una verità e a un bene assoluti, in ultima analisi a Dio. "Ogni idea religiosa è
un'abominazione indicibile", diceva Lenin. Abbiamo già spiegato l'opposizione totale esistente tra il
marxismo e ogni idea religiosa (34).

Ma l'azione marxista non si arresta alla tesi: essa si sviluppa nella storia e deve essere perpetuamente
creatrice e contraddittoria, secondo le leggi della dialettica. La lotta rivoluzionaria deve sfociare nella
presa del potere da parte del proletariato e nella costituzione dello Stato comunista di dittatura del
proletariato (35). Ed ecco l'antitesi contrariamente alla lotta condotta precedentemente contro gli Stati
esistenti, lo Stato comunista dovrà essere il più forte, il più potente e il più stabile degli Stati, che
metta tutta la popolazione al proprio servizio con una disciplina implacabile, e che eserciti su di essa la
dittatura più assoluta. Riguardo alla società comunista universale costituita dalla collettività proletaria
organizzata, sarà il termine o la sintesi, ma si situa in un avvenire più o meno lontano; occorre tornare
al presente, alla fase dell'antitesi, per esaminare l'azione marxista dello Stato comunista.

Non dimentichiamo che il marxismo non è altro che la ricerca dell'azione materiale più potente: ormai
l'azione materiale più potente si trova nella potenza materiale dello Stato comunista. Ecco perché oggi
il marxismo più puro non consiste in niente altro che nell'assicurare la più grande potenza materiale
della Russia sovietica. Lo Stato comunista dispone della potenza rivoluzionaria per trasformare il resto
del mondo (36), con la sua forza materiale realizzerà l'opera gigantesca di trasformazione del mondo,
dalla quale deve nascere una umanità nuova.

Allora - ed è qui che l'aspetto dell'antitesi è più tipico -, diventerà possibile recuperare tutti gli elementi
che hanno potuto servire ai vecchi ordini stabili per farli contribuire alla potenza dello Stato comunista:
si potrà dunque essere condotti a "tendere la mano" a tutto ciò che era stato dapprima rigettato, per
recuperarne la forza per l'azione rivoluzionaria, donde una serie di posizioni contraddittorie imposte
soltanto dalle esigenze dell'azione e che stupiranno solo coloro che ignorano la dialettica e la logica
interna del marxismo (37).

Se, per esempio, lo Stato comunista ha bisogno di incremento demografico per essere potente, e se la
famiglia appare in determinate circostanze storiche come il mezzo più efficace di incremento, si
incoraggerà la famiglia, per metterla al servizio della maggiore potenza dello Stato comunista.

Se la conservazione di certe forme di proprietà privata o di responsabilità personale appare come
favorevole al rendimento della produzione, industriale o agricola, potendo con ciò contribuire alla
maggiore potenza materiale dello Stato comunista, si giudicherà che queste forme di proprietà privata
sono completamente conformi al comunismo.

Allo stesso modo si instaurerà una forte gerarchia e quadri privilegiati, se ciò è necessario ad
accrescere la potenza dello Stato comunista.

Ma i due campi in cui la contraddizione tra le due fasi dell'azione marxista è più sorprendente, sono
certamente quelli che riguardano l'esercito e la patria e quello che riguarda la religione. Certamente qui
la politica di Mosca sorprende di più, ed è qui che essa è più conforme alle esigenze più profonde del
marxismo e che le segue con la maggiore intelligenza.

Mentre l'azione marxista era antimilitarista prima della presa del potere e contro gli eserciti che
sostenevano l'ordine stabilito da rovesciare, è evidente che lo Stato comunista, per avere la più grande
potenza materiale, deve avere non soltanto l'industria più potente, ma anche l'esercito più potente ed
essere il più militarista degli Stati, come ne è il più totalitario e il più dittatoriale.

La propaganda anticomunista di prima della guerra ha dato la misura della sua stupidità e della sua
ignoranza cercando di far credere che il regime sovietico fosse un fallimento materiale: è evidente,
invece, che si sarebbe dovuto accumulare la più formidabile potenza materiale là dove si metteva tutto
in azione per questo, e solo per questo, facendo di una intera popolazione lo strumento integralmente
consacrato a questa sola potenza materiale.

La stessa stupidità e la stessa ignoranza hanno impedito di capire che questo regime doveva tutto
sacrificare per assicurare innanzi tutto la potenza del suo armamento e del suo esercito. La disciplina
di ferro necessaria a un forte esercito è in tutto conforme alla costituzione di uno Stato in cui
l'individuo è solo un ingranaggio dell'organizzazione collettiva messa interamente al servizio della
potenza collettiva, e in cui ha esistenza solo dentro questa potenza collettiva. E' d'altronde facile fare
rilevare le affinità profonde che esistono tra comunismo e militarismo. Il comunismo è il regime di
caserma esteso a tutta quanta la vita e a tutto quanto il popolo; la caserma è l'istituzione più
completamente comunista che possa esistere, poiché non lascia alcuna parte alla vita privata, fissa
tutto con un regolamento nei minimi particolari, stabilisce rigidamente la parte di lavoro che ognuno
dovrà fornire e la parte di vitto, vestiario e mobilio che riceverà, con una ripartizione e una
distribuzione interamente collettive.

In ciò che riguarda la patria, lo Stato comunista dovrà dapprima utilizzare il sentimento patriottico
delle popolazioni che esso domina come un mezzo particolarmente efficace per farle contribuire alla
sua potenza e ai suoi successi, esattamente come nella fase precedente dell'azione marxista il
sentimento di giustizia delle masse operaie era un mezzo particolarmente efficace per farle contribuire
all'azione rivoluzionaria. Quanto a coloro che vivono all'estero, e non sono cittadini dello Stato
comunista, è evidente che, se sono marxisti, dovranno considerare questo Stato (38) come la loro
vera patria e tutto sacrificare ai suoi interessi. Per ciò che si riferisce al loro atteggiamento verso la
patria alla quale appartengono legalmente, dipenderà esattamente da quanto esigono gli interessi dello
Stato comunista, e, a seconda del variare di tali interessi, il loro atteggiamento potrà variare da un
giorno all'altro. Questo atteggiamento sarà antipatriottico, antimilitarista, e spingerà alla sedizione e alla
diserzione se la loro patria legale è in conflitto con lo Stato comunista. Se, al contrario, la loro patria
legale è alleata dello Stato comunista, essi saranno i più patrioti, i più militaristi, i più zelanti. I loro
cambiamenti di atteggiamento, le loro contraddizioni, sono perfettamente logiche: le esigenze
dell'azione marxista, che costituiscono per loro la sola verità, richiedono che servano con tutti i mezzi
gli interessi dello Stato comunista e seguano esattamente le fluttuazioni della sua posizione
diplomatica. E quando lo Stato comunista è in guerra, il marxismo non può evidentemente consistere
in niente altro che nel contribuire con tutti i mezzi alla vittoria dei suoi eserciti.

Più incompreso ancora è l'atteggiamento attuale del comunismo nei riguardi della religione, la
tolleranza religiosa praticata nella Russia sovietica e la "mano tesa" dai comunisti ai cattolici. Questa
incomprensione deriva dal fatto che si considera sempre il comunismo come un ateismo dottrinale
invece di capire che esso è, come abbiamo spiegato, un ateismo pratico. Non si tratta affatto, per il
comunismo, di opporre una verità atea a una verità religiosa. La propaganda dottrinale antireligiosa in
sé stessa, se non è richiesta dalle esigenze dell'azione rivoluzionaria materialista, non interessa il
marxismo, come tutto ciò che è dottrinale. Parlando del combismo e dell'anticlericalismo massonico,
Lenin definisce ciò "dilettantismo di intellettuali borghesi", e si capirà facilmente ciò che questa
espressione sulla sua bocca può avere di sovranamente sprezzante. Il marxismo farà propaganda
antireligiosa soltanto se ciò è utile all'azione rivoluzionaria, cioè soltanto nella misura, continuamente
mutevole da un'ora all'altra, in cui la religione apparirà come un ostacolo attuale all'azione
rivoluzionaria. Ma la vera azione antireligiosa del marxismo non consiste affatto nel combattere la
religione da fuori con una propaganda contraria: consiste nel sopprimere la religione da dentro, nello
svuotare gli uomini di ogni vita religiosa e di ogni concezione religiosa, prendendoli e trascinandoli
interamente nell'azione puramente materialista. Vi saranno dunque molti casi in cui, per trascinare i
cristiani in questa azione

puramente materialista e con ciò svuotarli dall'interno di tutto il loro cristianesimo, bisognerà "tendere
loro la mano" e offrire loro la collaborazione (39). Poco importa se con ciò si contraddice un
atteggiamento che in precedenza era ostile: non si tratta né di conversione, né di ipocrisia: comandano
soltanto le esigenze dell'azione. Se il successo dell'azione da condurre richiede la collaborazione dei
cristiani, questo successo per un marxista deve evidentemente passare innanzi a tutto, e allora la verità
marxista sarà "la mano tesa".
E non è una scoperta recente, ma è conforme a una logica sviluppatasi da lungo tempo. Abbiamo
detto che bastava prendersi la pena di leggere Lenin, - e il Lenin precedente la presa del potere - per
trovarvi annunciata tutta la politica che è venuta dopo. Ecco un esempio particolarmente
sorprendente. Nel 1909, allorché l'azione marxista è ancora nella fase della lotta antireligiosa aperta,
Lenin spiega chiaramente ciò che sarà la politica della "mano tesa". Leggiamo dunque questo testo di
una logica marxista implacabile: "Bisogna saper lottare contro la religione [...] non si deve confinare
la lotta contro la religione in una predicazione ideologica astratta [...]. Bisogna collegare questa
lotta alla pratica concreta del movimento di classe [...] Prendiamo un esempio. Immaginiamo il
proletariato di una regione o di un ramo industriale formato da uno strato di socialisti molto
illuminati, che, beninteso, sono atei, e di operai molto retrogradi, che hanno ancora dei legami
con la campagna e la condizione contadina, che credono in Dio e frequentano la chiesa o perfino
sono sottomessi all'influenza del prete del luogo, che, per esempio, sta per fondare un sindacato
operaio cristiano. Supponiamo che la lotta economica in questo luogo abbia portato allo sciopero.
Un marxista è forzatamente tenuto a collocare il successo dello sciopero in primo piano, a reagire
risolutamente contro la divisione - durante questa lotta - degli operai in atei e cristiani, e
combattere risolutamente questa divisione. In queste circostanze la propaganda atea può rivelarsi
superflua e nociva [...] dal punto di vista del progresso reale della lotta di classe che, nelle
condizioni della società capitalista moderna, condurrà gli operai cristiani al socialismo e
all'ateismo cento volte meglio di un sermone ateo esplicito".

Non si potrebbe essere più chiari. Facciamo bene attenzione alla frase essenziale: in circostanze in cui
l'azione marxista consiste in uno sciopero, "un marxista è forzatamente tenuto a collocare il successo
dello sciopero in primo piano". Ne deduciamo che, nelle circostanze attuali, un marxista è
forzatamente tenuto a collocare la potenza dello Stato sovietico innanzi tutto.



NOTE
(21) "Elevare le masse al livello della coscienza degli interessi di classe del proletariato", dice
Stalin.
(22) Stalin scrive: "La disciplina di ferro nel parti . to non potrebbe essere concepita senza l'unità
di volontà, senza l'unità di azione completa e assoluta di tutti i membri dei partito", Lenin afferma
che "il partito comunista non potrà compiere il suo dovere se non è organizzato nel modo più
centralizzato, se non è retto da una disciplina di ferro che rasenta da vicino la disciplina
militare".
(23) "Nel comunismo dice Lenin tutti i cittadini sì trasformano in impiegati salariati dallo Stato".
"Bisognerà - dice Marx - centralizzare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato".
(24) Marx dà per programma allo Stato comunista: "Aumentare al più presto la quantità delle forze
produttive".
(25) La stessa parola "economico", deriva del greco oìkos, che significa "casa" o "focolare" e nel suo
senso originario si applica a tutto ciò che possa servire alla vita dei focolari, cioè delle famiglie.
(26) Si vede da ciò l'assurdità dell'atteggiamento di colui che arrivasse al marxismo per combattere il
capitalismo, quando il marxismo è il frutto del supercapitalismo e completa la sua ricerca della sola
potenza materiale; il cristianesimo rifiuta contemporaneamente il materialismo capitalista e il
marxismo, subordinando l'uomo a valori superiori alla sola potenza materiale.
(27) Lenin vuole che il partito comunista sia "un partito capace dì seguire la mentalità delle masse e
di influenzarle".
(28) Queste idee - forza possono avere un aspetto religioso o mistico: il proletariato, mondo dal
peccato di sfruttamento capitalistico e interamente vittima, appare come un messia collettivo da cui
deve nascere una nuova umanità attraverso l'opera di salvezza dell'azione rivoluzionaria.
(29) Lenin raccomanda "l'arte di acconsentire ai compromessi politici, il barcamenarsi, gli zigzag,
le manovre di conciliazione e di ritirata, in breve tutte le manovre necessarie ad affrettare la presa
del potere politico".
(30) Lenin scrive: "La dittatura del proletariato è una lotta ostinata, cruenta e incruenta, violenta e
pacifica, militare ed economica, pedagogica e amministrativa. contro le forze e le tradizioni della
vecchia società".
(31) Stalin dice che il partito "deve inculcare, nella innumerevole massa degli operai senza partito e
disorganizzati, lo spirito di disciplina e di metodo di lotta" e "può assolvere questi compiti
soltanto se è esso stesso la personificazione della disciplina e dello spirito di organizzazione".
(32) Lenin scrive: "La dittatura del proletariato è un dominio non limitato dalla legge, si regge
sulla violenza".
(33) Lenin scrive: "Vi è ancora nel mondo, disgraziatamente, una grandissima proporzione di
piccola produzione [...] è mille volte più facile trionfare sulla grande borghesia centralizzata, che
vincere milioni e milioni di piccoli padroni".
(34) "La critica della religione è la prima condizione di ogni critica" dice Marx.
(35) Marx scrive: "Il proletariato deve impadronirsi del potere politico, erigersi in classe nazionale
dirigente, costituirsi lui stesso in nazione". Da cui Stalin: "Tutto consiste nel conservare il potere,
nel consolidarlo, nel renderlo invincibile".
(36) Stalin scrive: "Il fine: consolidare la dittatura del proletariato in un solo Paese e servirsene
come punto d'appoggio".
(37) Stalin scrive: "In certi casi, in certe condizioni, il potere proletario può trovarsi costretto ad
abbandonare provvisoriamente la via del cambiamento rivoluzionario dell'ordine di cose esistente,
per impegnarsi sulla via della trasformazione graduale, [...] sulla via delle riforme e delle
concessioni alle classi non proletarie al fine di disgregare queste stesse classi".
(38) L'URSS è "la patria di tutti i lavoratori", dice Maurice Thorez.
(39) "Non bisogna - dice Galperin - che vi presentiate alla gioventù cristiana con espressioni di
lotta antireligiosa: sarebbe un grosso errore psicologico. Ma è facile trascinarla per qualche cosa:
per la conquista del pane quotidiano, per la libertà, per la pace, per la società ideale i Nella
misura in cui attireremo i giovani cristiani in questa lotta per obiettivi precisi, li strapperemo alla
Chiesa".



CONCLUSIONE

Chi non ha compreso tutto ciò, non può comprendere nulla del comunismo, né - di conseguenza - dei
problemi attuali dominati dalla presenza e dalla potenza formidabile del comunismo. Fare conoscere il
comunismo cosí com'è, in un modo puramente oggettivo, per permettere ai nostri lettori di giudicare i
problemi di oggi e di prendervi posizione con conoscenza di causa, è tutta la ragion d'essere di questo
libro.

E' chiaro che al giorno d'oggi, quando il pensiero moderno e il movimento d'indipendenza assoluta
dell'uomo - che portano al primato dell'azione - hanno dato il loro frutto supremo nel marxismo, è
vano cercare nella crisi attuale del mondo compromessi o soluzioni intermedie tra il cristianesmo e
comunismo. Bisogna scegliere l'uno o l'altro, il primato marxista della potenza materiale e dell'azione
trasformatrice del mondo, o il primato cristiano della contemplazione che subordina l'uomo, in cerca
della sua perfezione, alla verità da conoscere, al bene da amare e, infine, a Dio.

Edíficare il regno di Dio o generare una potenza indefinita di trasformazione della natura: questo è il
dilemma; ebrezza orgogliosa dell'azione rivoluzionaria che domina il mondo, o dono di sé per la
costruzione della Città di Dio: i nostri lettori sceglieranno.



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21-11-2002 11:57



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Affus
02-06-03, 20:00
di Massimo Caprara

Sua madre lo voleva sacerdote. Studiò in un seminario ortodosso. Ma Stalin
divenne uno spietato persecutore dei cristiani. Voleva cancellare una volta
per tutte il "cattolicesimo romano papista".

Cinquant'anni fa, il 5 marzo 1953 morì Giuseppe Stalin. Anche quest'anno in
Italia gruppi circoscritti di nostalgici hanno voluto ricordare la
ricorrenza con intenti celebrativi. Assente in questi riti è stata la
vergogna, che non può essere trascurata quando si tratta del nefasto
personaggio in questione. Vogliamo scriverne anche noi con convinzioni del
tutto opposte, di circostanziata condanna della ideologia chiamata
comunismo, ricordando quelli che furono tra i peggiori delitti di
quell'epoca "dalle idee assassine"; le persecuzioni della Chiesa cattolica
in Urss, glorificando assieme il martirio di quanti lo patirono per aver
mantenuto ferma la loro fede. Saremmo, però, incompleti se non precisassimo
con cura le date di quel continuato eccidio.

Fu nella primavera del 1922, quando la Russia sovietica si trovava stretta
nella morsa della carestia e del massacro dei piccoli proprietari contadini,
i kulak, che Lenin scrisse in un Memorandum per il Politbjuro: "È
precisamente ora e solo ora che nelle regioni in cui c'è la fame la gente
mangia carne umana e centinaia se non migliaia di cadaveri ingombrano le
strade, che possiamo e perciò dobbiamo confiscare i beni della Chiesa con la
più selvaggia e spietata energia (...) per assicurarci un tondo di molte
centinaia di milioni di rubli d'oro".

Dieci mesi dopo, egli morì. Nello stesso 1922, Stalin, nominato Segretario
Generale del Partito comunista bolscevico, di fatto isola Lenin
convalescente e interpreta, allargandola, la sua politica spietata. Essa
compie con lui un salto di qualità e di quantità.

Stalin ha ricevuto dal seminario teologico cristiano ortodosso di Tiflis,
dov'è stato dal 1895 al 29 maggio 1899, una istruzione umanistica, anche di
lingua francese, di consistente misura. Figlio di un ciabattino buono a
nulla di nome Vissarion Dzugasvili che beveva e lo picchiava, mentre sua
madre lo difendeva e voleva che diventasse un sacerdote, non perdette mai,
ma rifiutò e nascose, il suo accento della Georgia, anzi dell'Ossezia
orientale che, nel mondo, può essere solo messo in relazione con la lingua
basca di Spagna, lontana dal Caucaso migliaia di chilometri. Egli fu,
infatti, un grande russificatore slavofilo.

Come perdette la fede, semmai l'avesse davvero avuta, è cosa poco nota, ma
il suo interesse perverso per la religione è accertato: per ferirla e
sradicarla. Eqli ebbe uno scopo dichiarato e organizzato: cancellare
soprattutto il "cattolicesimo romano papista" e a questo scopo introdusse un
sistema poliziesco polivalente, considerando i fedeli e il clero portatori
d'una fede attentatrice dello Stato e del Partito.

La struttura della Chiesa cattolica, dopo aver ricevuto assicurazioni nei
giorni del colpo di stato bolscevico, venne colpita e sbaragliata fin dal
1926 e l'esistenza delle comunità cattoliche fu ridotta alla pura
sopravvivenza, in condizioni dì clandestinità e isolamento, sempre
controllata a vista. Alla fine degli anni '30, la Chiesa ortodossa fu
ammessa, invece, ad usufruire di un sostanziale compromesso con il regime,
rappresentato dalla "Dichiarazione di lealtà" firmata dal Metropolita Sergj
(Stragorodskij) il 29 luglio 1927. Ciononostante, in un solo anno, nel
1931-'32, vennero passati per le armi 19.812 fedeli ortodossi. Non restava
nemmeno uno dei quasi mille monasteri esistenti prima della Rivoluzione e si
trovavano in libertà solo quattro vescovi ordinari.

Dal 1937 al '41 vennero fucilati 110.700 membri del clero ortodosso, tra cui
il locum tenens patriarcale Petr (Poljanskij), recluso da dodici anni in
prigione. Nel 1939, sul territorio dell'unione Sovietica rimanevano aperte
non più di cento chiese parrocchiali delle 55.000 funzionanti nel 1917, in
cui celebravano circa 500 sacerdoti, contro i li 5.000 del 1917.

Nello stesso tempo, la lotta contro la Santa Sede divenne uno degli elementi
fondamentali di un vero e proprio piano elaborato da Stalin per creare un
"Centro religioso mondiale" a Mosca, celebrata come la "Terza Roma". Nella
relativa Risoluzione ufficiale, sì calcava l'accento "sul carattere
reazionario, antipopolare dei Vescovi romani", condannati come
"anticristiani, antidemocratici e antinazionali". In particolare, si
auspicava "la riunione delle Chiese dell'Europa orientale sotto la guida del
Patriarcato di Mosca", in chiara alternativa al magistero di Roma. Nel
dicembre 1943, Stalin personalmente chiese all'NKVD, la polizia segreta, un
rapporto dettagliato sulla "situazione delle Chiese cattolico-romane" nel
territorio sovietico, stabilendo che di esse avrebbero dovuto soprattutto
occuparsi gli Agenti dei Servizi di sicurezza e il Soviet per gli Affari dei
culti religiosi, appositamente costituito nella successiva estate del 1944.

L'intero complesso di misure repressive era stato originato da un atto
solenne: il 10 maggio del 1937 era stata disposta per legge "la messa al
bando della stessa idea di Dio".

La Chiesa del Cristo Salvatore venne demolita a Mosca per essere sostituita
dal Palazzo dei Soviet, il cui progetto di 500 metri di altezza non riuscì
mai ad essere realizzato. La Cattedrale della Madonna dì Kazan a Leningrado
fu trasformata in "Museo della religione e dell'ateismo". Fedeli e clero
andarono quindi a costituire, senza essere più neanche distinti, la spina
dorsale e numericamente qualificata dell'esercito dei detenuti nei gulag. Si
trattò di 2.500.000 persone, suddivise in 500 colonie di lavoro, una
sessantina di grandi campi e una quindicina di campi a regime speciale;
inoltre, sì contarono 2.750.000 "coloni speciali" come gli altri obbligati
al lavoro coatto e non retribuito, ma in condizioni ancora più feroci.

La Chiesa cattolica contrappose sempre una resistenza ostinata con il
dissenso e con la pratica catacombale, come soprattutto la Chiesa
greco-cattolica, della Polonia e dell'Ucraina. Nella sua Presentazione al
bel libro di Michail Skarovskij, che uscirà fra breve per le Edizioni La
Casa di Matriona, dal titolo "La Croce e il Potere", Giovanna Parravicini
conclude: "Quando tutto sembra essersi consumato, profanato, quando è stata
tirata una linea e satana si prepara a mietere il suo raccolto, proprio
allora succede quello che nessun computer al mondo sarebbe in grado di
preventivare, e chissà perché tutto ricomincia da capo".


Stalin - il mito 50 anni dopo

Dopo mezzo secolo, del "Padre dei popoli" si discute ancora. Dal giudizio
che si dà di questa figura storica dipende In gran parte la valutazione del
totalitarismo nel XX secolo. Nonostante si sappia tutto sui crimini efferati
di questo periodo, il mito staliniano si dimostra più resistente di quanto
si potesse credere: un mito d'acciaio inossidabile come sottolinea Adriano
Dell'Asta, nell'articolo che apre il numero dl marzo del prestigioso
bimestrale La Nuova Europa, edito dalla casa di Matriona (tel 035/294021).
Vladimir Kotel'nikov fa un'interessante rassegna di quello che si dice oggi
di Stalin in Russia. Michail Skarovskij ricostruisce il progetto staliniano
di usare il patriarcato di Mosca come un "Vaticano rosso", punta avanzata
della politica internazionale sovietica. Seguono una rassegna sulla
"revisione storica" del mito staliniano nei libri di testo per le scuole in
Italia e in Russia e un retroscena poco noto della politica internazionale
di Stalin: l'evacuazione in URSS di tremila bambini spagnoli durante la
guerra civile, esempio eloquente della forza dell'ideologia. Il numero della
rivista si conclude con una intervista a un sopravvissuto.

Cronologia sommaria:

Nella parte settentrionale e occidentale dell'Urss e nelle principali città,
i cattolici erano costituiti da polacchi, bielorussi, lituani, lettoni e
tedeschi. Nella parte meridionale e centrale della Russia europea, le
comunità cattoliche erano formate per l'80% da tedeschi (coloni nella
regione del Volga), da armeni (di rito armeno), da polacchi (di rito
latino), da ucraini (di rito slavo) e da georgiani (di rito
bizantino-georgiano). Nella Russia asiatica, i cattolici si trovavano lungo
le linee ferroviarie ed erano di provenienza polacca, tedesca e lituana.

23 gennaio 1918. Separazione della Chiesa dallo Stato.

26 febbraio 1922. Decreto di confisca dei beni preziosi della Chiesa.

Marzo 1923. Primi processi dei cattolici. Fucilazione di monsignor Costantin
Budkevic, parroco di Santa Caterina a Petrograd, primo martire cattolico.

20 febbraio 1935. Arresto di monsignor Bartolomeo, vescovo ortodosso
divenuto cattolico. Condannato a morte il 17 giugno.

1937. Più di cento preti cattolici sono fucilati a Solovki e nell'intera
URSS. Vescovi e preti ortodossi vengono fucilati a migliaia. Mons.
Alessandro Frizon, amministratore apostolico di Odessa, viene fucilato (2
agosto).

29 aprile 1945. Arresto, a Odessa, di padre Leoni, gesuita, e di padre
Nicolas, condannati il 13 settembre a dieci e otto anni di lavori
correzionali.

Lettonia 1940-41. Circa 34.000 lettoni, tra cattolici e luterani, ivi
compresi 6.000 intellettuali cattolici, trovano la morte durante
l'occupazione sovietica che ha termine, temporaneamente, con l'avanzata dei
tedeschi, per riprendere con il ritorno dei sovietici (ottobre 1944). Dei
187 sacerdoti lettoni che si contavano nel 1939, circa 50 (quasi il 30%)
sono rimasti vittime del terrore comunista.

Lituania 1939. Si contano circa 900 tra chiese e cappelle, 800 delle quali
parrocchie, oltre 1500 sacerdoti e circa 3.000.000 di cattolici, l'80% della
popolazione. Dopo le due occupazioni sovietiche, inframmezzate da quella
tedesca, rimanevano (nel 1948) circa 700 sacerdoti, il che significa che le
perdite, a quell'epoca dovute all'imprigionamento, alle deportazioni e alle
esecuzioni del clero erano di circa il 53%. Nel 1954, un anno dopo la morte
di Stalin, i sacerdoti erano scesi a soli 400.

Ucraina 1945. Nel mese di aprile vengono arrestati i vescovi e la Chiesa
greco cattolica è messa fuorilegge. Secondo la testimonianza del cardinale
Josyf Slipyj, la persecuzione costò la vita a dieci vescovi, a più di 1.400
sacerdoti e 800 suore, oltre a un numero notevole di semplici fedeli.

Bibliografia:

Antoine Wenger, La persecuzione dei cattolici in Russia. Gli uomini, il
processo, lo sterminio, San Paolo, Cinisello Bal.mo 1999.

Jurij Brodskij, Solovki, le isole del martirio. Da monastero a primo lager
sovietico, La Casa di Matriona, 1998.

Mara Quadri - Alessandro Rondoni, Pietro Leoni, La casa di Matriona - Aiuto
alla Chiesa che soffre, Milano 1999.

Làsflò Puskàs, Teodor Romza, La casa di Matriona - Aiuto alla Chiesa che
soffre, Milano 2000.

Ivan Choma, Josyf Slipyi, La casa di Matriona - Aiuto alla Chiesa che
soffre, Milano 2001.

Antonio Costa Enrlca Zinì, La fede e il martirio. P. Pietro Leoni: un
missionario italiano nell'interno del Gulag, Il Cerchio Iniziative
Editoriali, Rimini 2001.

(c) Il Timone - n. 25 Maggio/Giugno 2003

ariel
26-08-03, 06:30
http://www.cronologia.it/storia/a1948b.jpg

possiamo considerare ancora in vigore la scomunica del 1948 ai comunisti?
oggi che la bestia rossa ha rialzato il capo, i cattolici sono obbligati ad intervenire, se è vero che come dice Don Baget Bozzo, c'è il DOVERE MORALE di combattere il comunismo.

saluti anticomunisti

agaragar
26-08-03, 08:21
Originally posted by ariel
http://www.cronologia.it/storia/a1948b.jpg

possiamo considerare ancora in vigore la scomunica del 1948 ai comunisti?

si a bertinotti :rolleyes:

Colombo da Priverno
26-08-03, 13:49
Non mi risulta che la scomunica sia mai stata tolta. Comprenderai però che la situzione dal 1949 è cambiata e quei comunisti oggi non esistono più. Ci sono patetici residui e per tenerli a bada non c'è bisogno di scomodare il Sant'Uffizio (oggi Congregazione per la Dottrina e la Fede).

Shambler
26-08-03, 22:00
ariel (sharon?) torna a leggerti topolino che è meglio.

Manuel
26-08-03, 22:04
I nostri comunisti oggi sono più Cattolici dei democristiani ,quelli di una volta atei e mangiapreti non esistono più o sono in via d'estinzione.

Colombo da Priverno
26-08-03, 22:18
Oggi ci sono ben altri nemici dei comunisti...

etilico
28-08-03, 00:15
Originally posted by Manuel
I nostri comunisti oggi sono più Cattolici dei democristiani ,quelli di una volta atei e mangiapreti non esistono più o sono in via d'estinzione.


si vede ad occhio................... ;) non c'è nemmeno un crocifisso davanti alle sezioni dei comunisti e questo taglia la testa al toro


etilico :D

ariel
28-08-03, 02:58
ma non sono pur sempre nemici di Dio, della Chiesa e dei cristiani?!

... e le persecuzioni anticlericali e anticristiane dei comunisti ce le siamo scordate?! :rolleyes:

Manuel
28-08-03, 20:15
Cuba. A Fidel Castro i cattolici fanno sempre più paura
Il regime mette in prigione decine di oppositori. Ma la Chiesa leva alta la sua voce. Ecco integrale la dichiarazione di protesta della diocesi di Pinar del Rio

di Sandro Magister






ROMA – In perfetta sincronia con l’inizio e la fine della guerra in Iraq, Fidel Castro ha ordinato l’arresto, il processo e la condanna di 83 oppositori al suo regime.

Gli arresti sono scattati il 17 marzo. Le condanne sono state pronunciate il 7 aprile e subito dopo. I processi si sono svolti a porte chiuse e hanno comminato pene dai 15 ai 27 anni di carcere.

Tra i condannati vi sono figure celebri dell’opposizione democratica cubana (nella foto, la cattedrale dell’Avana):

– Omar Rodríguez Saludes, giornalista, condannato a 27 anni di carcere;

– Héctor Palacios, 72 anni, leader del movimento Todos Unidos, condannato a 25 anni;

– Raúl Rivero, direttore dell’agenzia alternativa Cuba Press, commentatore per la rivista spagnola Encuentro, per il giornale on line Encuentro en la Red e per l’agenzia Reporteros sin Fronteras, poeta, già direttore dell’ufficiale Unión de Escritores y Artistas de Cuba prima di passare all’opposizione all’inizio degli anni Novanta con una lettera a Castro firmata con altri nove intellettuali, condannato a 20 anni;

– Martha Beatriz Roque, economista, animatrice della Asamblea para la Promoción de la Sociedad Civil, già imprigionata più volte negli anni scorsi, condannata a 20 anni.

– Ricardo Severino González, giornalista, condannato a 20 anni;

– Ricardo Gonzales Alfonso, corrispondente di Reporteros sin Fronteras, condannato a 20 anni;

– Oscar Espinosa Chepe, economista, condannato a 20 anni;

– Maseda Gutierrez, giornalista, condannato a 20 anni.

Il crimine commesso da tutti i condannati, stando alle sentenze, è d’aver messo in pericolo la sicurezza dello Stato. Ossia d’aver scritto e detto cose contrarie al regime castrista.

Ma un buon numero di loro ha fatto di più: ha sostenuto il Proyecto Varela, una richiesta pubblica di referendum popolare per introdurre a Cuba le libertà democratiche.

La richiesta, firmata da più di 11 mila cittadini e depositata un anno fa in parlamento, ha avuto come promotori soprattutto dei gruppi cattolici, in particolare il Movimiento Cristiano Liberación animato da Oswaldo Payá Sardiñas.

Payá, troppo noto a livello internazionale, è stato risparmiato, ma agli arresti sono finiti diversi suoi collaboratori. Per José Daniel Ferrer Garcia, 32 anni e padre di due bambini, segretario del Mcl, l’accusa ha chiesto addirittura l’ergastolo. E su tutti sono cadute pesanti condanne: 25 anni di prigione per Luis Milan Fernandez, Ricardo Silva Gual, Alexis Rodriguez Fernandez, Leonel Grave de Peralta e Jesus Mustava; 20 anni per Miranda Díaz e Antonio Díaz; 18 per Regis Iglesia; 12 per Efraín Fernández. Fidel Castro ha detto di loro il 4 aprile in tv: «Non merita l’impunità chi ha tradito la patria al soldo degli Stati Uniti».

Castro ha deciso questa stretta proprio mentre a Ginevra le Nazioni Unite stanno per esaminare la situazione dei diritti umani a Cuba. Ma là sa di non aver nulla da temere. La Commissione dell’Onu per i diritti umani è attualmente presieduta dalla Libia ed è composta da rappresentanti delle peggiori tirannidi, Cuba compresa.

Piuttosto, è a Cuba che Castro deve stare attento. La Chiesa cattolica, che da qualche tempo si è fatta più critica, non è rimasta in silenzio dopo quest’ultima ondata di repressione.

Il 3 aprile, la Conferenza dei religiosi di Cuba ha tenuto una giornata di preghiera per il rilascio dei dissidenti imprigionati per delitti d’opinione. Numerosi religiosi e fedeli hanno gremito la chiesa di San Giovanni in Laterano all’Avana.

E il 6 aprile, vigilia delle prime condanne, il Consiglio diocesano dei laici della diocesi di Pinar del Rio ha pubblicato una dichiarazione di forte denuncia del «rincrudimento dell’intolleranza e della persecuzione» contro chi è semplicemente colpevole di «pensare e agire pacificamente in modo diverso».

Ma nello stesso tempo, la dichiarazione ha gettato luce sulla crescita di spirito libero tra i cubani, sulla «maturazione dell’opposizione politica», sull’«apertura di nuovi spazi di solidarietà e partecipazione nell’insieme della società civile».

La diocesi di Pinar del Rio è quella dove si scrive e si stampa Vitral, il più vivace think tank dell’opposizione cattolica e liberale al regime, diretto da Dagoberto Valdés Hernández.

Ecco qui di seguito, in lingua originale, la dichiarazione del 6 aprile del Consiglio diocesano dei laici di Pinar del Rio:


“Para la superación pacífica de la crisis que vivimos...”

Declaración del Consejo Diocesano de Laicos – Pinar del Río


El Consejo Diocesano de Laicos de la Diócesis de Pinar del Río, reflexionando sobre la situación actual en Cuba, percibe una realidad cualitativamente nueva en la vida de nuestro pueblo y manifiesta su preocupación por el rumbo futuro que pueda tomar el acontecer nacional.

Se evidencia descontento y confusión crecientes en nuestro pueblo, debido a las condiciones críticas para la subsistencia, agudizadas por el freno a nuevos proyectos viables, al trabajo por cuenta propia y a otras formas de independencia económica éticamente aceptables, lo que deja a muchas personas sin recursos para vivir dignamente.

También vivimos un recrudecimiento de la intolerancia y la persecución manifestado en detenciones y juicios sumarísimos a opositores o disidentes, para los que se pide severas sanciones, que nunca deberían ser aplicadas a persona alguna por el hecho de pensar y actuar pacíficamente de modo diverso.

Por otro lado, se puede percibir una madurez gradual de la oposición política que ha sido puesta a prueba en esta coyuntura, y al mismo tiempo una apertura de nuevos espacios de solidaridad y participación del resto de la sociedad civil.

Por esto creemos que son tiempos de:

– Mantenernos fieles a nuestra Fe, viviendo su dimensión profética y solidaria desde nuestro compromiso personal y comunitario, especialmente con los que sufren.

– Manifestar total transparencia, cordura y serenidad, en lo que se dice y se hace.

– Buscar siempre el diálogo como vía de solución a los conflictos y desterrar la violencia como actitud y como modo de vida. La cerrazón, el endurecimiento, y el ataque a las personas, desde cualquiera de las partes, nunca son métodos válidos para salir de las crisis.

– Promover la comprensión y la solidaridad entre personas y grupos más allá de las diferencias, acompañando a todo aquel que sufre la injusticia (Cfr. Homilía del Papa en la Plaza José Martí de La Habana).

De la buena voluntad y el espíritu de concertación de todos, depende en gran medida la superación pacífica de la crisis que vivimos, con el menor costo humano posible. Pongamos todo nuestro empeño para que así sea. Elevemos nuestra oración confiada a la Virgen de la Caridad, madre de todos los cubanos, para que haga de la nación cubana un hogar de hermanos y hermanas.

6 de abril de 2003
Quinto Domingo de Cuaresma

__________




http://213.92.16.47/ESW_articolo/0,2393,41369,00.html

etilico
28-08-03, 22:24
Originally posted by ariel
ma non sono pur sempre nemici di Dio, della Chiesa e dei cristiani?!

... e le persecuzioni anticlericali e anticristiane dei comunisti ce le siamo scordate?! :rolleyes:


Chi crocifigge due volte è maledetto.......................:D


etilico ;)

Sùrsum corda! (POL)
29-08-03, 00:42
Ariel scrive: "ma non sono pur sempre nemici di Dio, della Chiesa e dei cristiani?!
... e le persecuzioni anticlericali e anticristiane dei comunisti ce le siamo scordate?!"

Personalmente no.....se le scordano i cainisti e i falsi misericordiosi meaculpisti.

Giusto per ricordare l'odio verso anche solo l'immagine di N.S.Gesù Cristo:

http://members.fortunecity.com/ramonruiz/guerra/gal02/GC077.jpg

Il 30 maggio, re Alfonso XIII inaugurava solennemente il Monumento del Sacro Cuore di Gesù Jesús presso il Cerro de los Angeles, centro geografico delle Spagne.

Nel 1936, banditi comunisti e anarchici lo fucilavano simbolicamente dando inizio a una delle persecuzioni anticattoliche più virulente del secolo XX.

Infatti durante la guerra civile furono assassinati dai social-comunisti 13 vescovi, 4.184 sacerdoti e seminaristi, 2.365 religiosi, 283 suore. In tutto quasi settemila uomini e donne di chiesa. E un numero non calcolabile, ma nell'ordine delle decine di migliaia, di laici. La persecuzione colpì anche gli edifici sacri: chiese e conventi furono chiusi e espropriati. Religiosi e preti scacciati. Associazioni laicali e caritative soppresse. Oggetti e arredi sacri, capolavori artistici, intere biblioteche distrutti. Furono eliminati i simboli religiosi da scuole ed edifici pubblici. Una repressione iniziata già con la seconda repubblica.

La mentalità del comunismo è l'odio verso il Cristo e la sua Regalità sociale....oggi sotto altri aspetti senza contare che in Italia esistono due partiti comunisti e tre partiti socialisti che insieme hanno un consenso elettorale e culturale notevole si manifesta semplicemente nel non prendere minimamente in considerazione Gesù; loro hanno vinto nonostante tutto, perché hanno sradicato la società cristiana dalle sue fondamenta.

Vi ricordo che l'ideologia socialista come anche quella democratico-liberale è frutto della giudeo-massoneria:

http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=58411

Daniele

etilico
29-08-03, 15:21
per finirli ci vogliono Credenti veri, che alla venuta di Cristo non abbiano paura a perdere la vita combattendo per la Chiesa.
Ho come un sesto senso....... e questo mi dice che è arrivato......


etilico ;) :D

cesare (POL)
26-04-04, 14:08
SACERDOTI UCCISI DAI PARTIGIANI COMUNISTI
In occasione del 25 aprile, anniversario della vittoria degli anglo-americani in Italia, riportiamo un elenco parziale degli ecclesiastici uccisi dai partigiani comunisti, alleati dei vincitori (fonte: la rivista bresciana Chiesa Viva, 1986).


>Don Giuseppe Amateis. Parroco di Coassolo (Torino), ucciso a colpi di ascia dai partigiani comunisti il 15 marzo 1944, perché aveva deplorato gli eccessi dei guerriglieri rossi.
>Don Gennaro Amato. Parroco di Locri (Reggio Calabria), ucciso nell'ottobre 1943 dai capi della repubblica comunista di Caulonia.
>Don Ernesto Bandelli. Parroco di Bria, ucciso dai partigiani slavi a Bria, il 30 aprile 1945.
>Don Vittorio Barel. Economo del seminario di Vittorio Veneto, ucciso il 26 ottobre 1944 dai partigiani comunisti.
>Don Stanislao Barthus. Della Congregazione di Cristo Re (Imperia), ucciso il 17 agosto 1944 dai partigiani perchè in una predica aveva deplorato le "violenze indisciminate dei partigiani".
>Don Duilio Bastreghi. Parroco di Cigliano e Capannone Pienza, ucciso la notte del 3 luglio 1944 dai partigiani comunisti che lo avevano chiamato con un pretesto.
>Don Carlo Beghè. Parroco di Novegigola (Apuania), sottoposto il 2 marzo 1945 a finta fucilazione che gli produsse una ferita mortale.
>Don Francesco Bonifacio. Curato di Villa Gardossi (Trieste), catturato dai miliziani comunisti iugoslavi l'11 settembre 1946 e gettato in una foiba.
>Don Luigi Bordet. Parroco di Hône (Aosta), ucciso il 5 marzo 1946 perché aveva messo in guardia i suoi parrocchiani dalle insidie comuniste.
>Don Sperindio Bolognesi. Parroco di Nismozza (Reggio Emilia), ucciso dai partigiani comunisti il 25 ottobre 1944.
>Don Corrado Bortolini. Parroco di Santa Maria in Duno (Bologna), prelevato dai partigiani il 1° marzo 1945 e fatto sparire.
>Don Raffaele Bortolini. Canonico della Pieve di Cento, ucciso dai partigiani la sera del 20 giugno 1945.
>Don Luigi Bovo. Parroco di Bertipaglia (Padova), ucciso il 25 settembre 1944 da un partigiano comunista poi giustiziato.
>Don Miroslavo Bulleschi. Parroco di Monpaderno (diocesi di Parenzo e Pola), ucciso il 23 agosto 1947 dai comunisti iugoslavi.
>Don Tullio Calcagno. Direttore di Crociata Italica, fucilato dai partigiani comunisti a Milano il 29 aprile 1945.
>Don Sebastiano Caviglia. Cappellano della G.N.R., ucciso il 27 aprile 1945 ad Asti.
>Padre Crisostomo Ceragiolo o.f.m.. Cappellano militare decorato al valor militare, prelevato il 19 maggio 1944 da partigiani comunisti nel convento di Montefollonico e trovato cadavere in una buca con le mani legate dietro la schiena.
>Don Aldemiro Corsi. Parroco di Grassano (Reggio Emilia), assassinato nella sua canonica, con la domestica Zeffirina Corbelli, da partigiani comunisti, la notte del 21 settembre 1944.
>Don Ferruccio Crecchi. Parroco di Levigliani (Lucca), fucilato all'arrivo delle truppe di colore nella zona su false accuse dei comunisti del luogo.
>Don Antonio Curcio. Cappellano dell'11° Btg. Bersaglieri, ucciso il 7 agosto 1941 a Dugaresa da comunisti croati.
>Padre Sigismondo Damiani o.f.m.. Ex-cappellano militare, ucciso dai comunisti slavi a San Genesio di Macerata l'11 marzo 1944.
>Don Teobaldo Dapporto. Arciprete di Castel Ferrarese (diocesi di Imola), ucciso da un comunista nel settembre 1945.
>Don Edmondo De Amicis. Cappellano pluridecorato della prima guerra mondiale, venne colpito a morte dai "gappisti", a Torino, sulla soglia della sua abitazione, nel tardo pomeriggio del 24 aprile 1945, e spirò dopo 48 ore di atroce agonia.
>Don Aurelio Diaz. Cappellano della Sezione Sanità della divisione "Ferrara", fucilato nelle carceri di Belgrado nel gennaio del '45 da partigiani "titini".
>Don Adolfo Dolfi. Canonico della Cattedrale di Volterra, sottoposto il 28 maggio 1945 a torture che lo portarono alla morte l'8 ottobre successivo.
>Don Enrico Donati. Arciprete di Lorenzatico (Bologna), massacrato il 23 maggio 1945 sulla strada di Zenerigolo.
>Don Giuseppe Donini. Parroco di Castagneto (Modena). Trovato ucciso sulla soglia della sua casa la mattina del 20 aprile 1945. La colpa dell'uccisione fu attribuita in un primo momento ai tedeschi, ma alcune circostanze, emerse in seguito, stabilirono che gli autori del sacrilego delitto furono i partigiani comunisti.
>Don Giuseppe Dorfmann. Fucilato nel bosco di Posina (Vicenza) il 27 aprile 1945.
>Don Vincenzo D'Ovidio. Parroco di Poggio Umbricchio (Teramo), ucciso nel maggio '44 sotto accusa di filo-fascismo.
>Don Giovanni Errani. Cappellano militare della G.N.R., decorato al valor militare, condannato a morte dal Comitato di Liberazione Nazionale di Forlì, risparmiato dagli alleati e deceduto in seguito a causa delle sofferenze subite.
>Don Colombo Fasce. Parroco di Cesino (Genova), ucciso nel maggio del '45 dai partigiani comunisti.
>Padre Giovanni Fausti s.j.. Superiore generale dei Gesuiti in Albania, fucilato il 5 marzo 1946 perché italiano. Con lui furono trucidati altri sacerdoti dei quali non si è mai potuto conoscere il nome.
>Padre Fernando Ferrarotti o.f.m.. Cappellano militare reduce dalla Russia, ucciso nel giugno 1944 a Champorcher (Aosta) dai partigiani comunisti.
>Don Gregorio Ferretti. Parroco di Castelvecchio (Teramo), ucciso dai partigiani slavi ed italiani nel maggio 1944.
>Don Giovanni Ferruzzi. Arciprete di Campanile (Imola), ucciso dai partigani il 3 aprile 1945.
>Don Achille Filippi. Parroco di Maiola (Bologna), ucciso la sera del 25 luglio 1945 perché accusato di filofascismo.
>Don Sante Fontana. Parroco di Comano (Pontremoli), ucciso dai partigiani il 16 gennaio 1945.
>Don Giuseppe Gabana. Della diocesi di Brescia, cappellano della VI Legione della Guardia di Finanza, ucciso il 3 marzo 1944 da un partigiano comunista.
>Don Giuseppe Galassi. Arciprete di San Lorenzo in Selva (Imola), ucciso il 1 maggio 1945 perché sospettato di filofascismo.
>Don Tiso Galletti. Parroco di Spazzate Sassatelli (Imola), ucciso il 9 maggio 1945 perché aveva criticato il comunismo.
>Don Domenico Gianni. Cappellano militare in Jugoslavia, prelevato la sera del 21 aprile 1945 e ucciso dopo tre giorni.
>Don Giovanni Guicciardi. Parroco di Mocogno (Modena), ucciso il 10 giugno 1945 nella sua canonica dopo sevizie atroci da chi, col pretesto della "lotta di liberazione", aveva compiuto nella zona una lunga serie di rapine e delitti, con totale disprezzo di ogni legge umana e divina.
>Don Virginio Icardi. Parroco di Squaneto (Aqui), ucciso il 4 luglio 1944, a Preto, da partigiani comunisti.
>Don Luigi Ilarducci. Parroco di Garfagnolo (Reggio Emilia), ucciso il 19 agosto 1944 da partigiani comunisti.
>Don Giuseppe Jemmi. Cappellano di Felina (Reggio Emilia), ucciso il 19 aprile 1945 perché aveva deplorato gli "eccessi inumani" del movimento partigiano.
>Don Serafino Lavezzari. Seminarista di Robbio (Piacenza), ucciso il 25 febbraio 1945 dai partigiani, insieme alla mamma e a due fratelli.
>Don Luigi Lenzini. Parroco di Crocette di Pavullo (Modena), trucidato il 20 luglio 1945. Nobile, autentica figura di Martire della fede. Prelevato nottetempo da un'orda di criminali, strappato dalla sua chiesa, torturato, seviziato, fu ucciso dopo lunghissime ore di indescrivibile agonia, quale raramente si trova nella storia di tutte le persecuzioni. Il processo, celebrato in un¹atmosfera di terrore e di omertà, non seppe assicurare alla giustizia umana i colpevoli, mandanti ed esecutori dell'orribile delitto.
>Don Giuseppe Lorenzelli. Priore di Corvarola di Bagnone (Pontremoli), ucciso dai partigiani il 27 febbraio 1945, dopo essere stato obbligato a scavarsi la fossa.
>Don Luigi Manfredi. Parroco di Budrio (Reggio Emilia), ucciso il 14 dicembre 1944 perché aveva deplorato gli "eccessi partigiani".
>Don Dante Mattioli. Parroco di Coruzzo (Reggio Emilia), prelevato dai partigiani rossi la notte dell'11 aprile 1945.
>Don Fernando Merli. Mensionario della Cattedrale di Foligno, ucciso il 21 febbraio 1944, presso Assisi, da jugoslavi istigati dai comunisti italiani.
>Don Angelo Merlini. Parroco di Fiamenga (Foligno), ucciso il medesimo giorno dagli stessi, presso Foligno.
>Don Armando Messuri. Cappellano delle Suore della Sacra Famiglia in Marino, ferito a morte dai partigiani comunisti e deceduto il 18 giugno 1944.
>Don Giacomo Moro. Cappellano militare in Jugoslavia, fucilato dai comunisti "titini" a Micca di Montenegro.
>Don Adolfo Nannini. Parroco di Cercina (Firenze), ucciso il 30 maggio 1944 da partigiani comunisti.
>Padre Simone Nardin o.s.b.. Dei benedettini olivetani, tenente capellano dell'ospedale militare "Belvedere" in Abbazia di Fiume, prelevato dai partigiani jugoslavi nell'aprile 1945 e fatto morire tra sevizie orrende.
>Don Luigi Obid. Economo di Podsabotino e San Mauro (Gorizia), prelevato da partigiani e ucciso a San Mauro il 15 gennaio 1945.
>Don Antonio Padoan. Parroco di Castel Vittorio (Imperia), ucciso da partigiani l'8 maggio 1944 con un colpo di pistola in bocca ed uno al cuore.
>Don Attilio Pavese. Parroco di Alpe Gorreto (Tortona), ucciso il 6 dicembre 1944 da partigiani dei quali era cappellano, perché confortava alcuni prigionieri tedeschi condannati a morte.
>Don Francesco Pellizzari. Parroco di Tagliolo (Aqui), chiamato nella notte del 10 maggio 1945 e fatto sparire per sempre.
>Don Pombeo Perai. Parroco dei SS. Pietro e Paolo di città della Pieve, ucciso per rappresaglia partigiana il 16 giugno 1944.
>Don Enrico Percivalle. Parroco di Varriana (Tortona), prelevato da partigiani e ucciso a colpi di pugnale il 14 febbraio 1944.
>Don Vittorio Perkan. Parroco di Elsane (Fiume), ucciso il 9 maggio 1945 da partigiani mentre celebrava un funerale.
>Don Aladino Petri. Parroco di Pievano di Caprona (Pisa), ucciso il 2 giugno 1944 perché ritenuto filo-fascista.
>Don Nazzareno Pettinelli. Parroco di Santa Lucia di Ostra di Snigallia, fucilato per rappresaglia partigiana l'1 luglio 1944.
>Don Umberto Pessina. Parroco di San Martino di Correggio, ucciso il 18 giugno 1946 da partigiani comunisti.
>Seminarista Giuseppe Pierani. Studente di teologia della diocesi di Apuania, ucciso il 2 novembre 1944, sulla Linea Gotica, da partigiani comunisti.
>Don Ladisalo Pisacane. Vicario di Circhina (Gorizia), ucciso da partigiani slavi il 5 febbraio 1945 con altre dodici persone.
>Don Antonio Pisk. Curato di Canale d'Isonzo (Gorizia), prelevato da partigiani slavi il 28 ottobre 1944 e fatto sparire per sempre.
>Don Nicola Polidori. Della diocesi di Nocera e Gualdo, fucilato il 9 giugno 1944 a Sefro da partigiani comunisti.
>Don Giuseppe Preci. Parroco di Montalto (Modena), chiamato di notte col solito tranello, fu ucciso sul sagrato della chiesa il 24 maggio 1945.
>Don Giuseppe Rasori. Parroco di San Martino in Casola (Bologna), ucciso la notte sul 2 luglio 1945 nella sua canonica, con l'accusa di filo-fascismo.
>Don Alfonso Reggiani. Parroco di Amola di Piano (Bologna), ucciso da marxisti la sera del 5 dicembre 1945.
>Seminarista Rolando Rivi. Di Piane di Monchio (Reggio Emilia), di 16 anni, ucciso il 10 aprile 1945 da partigiani comunisti, solo perché indossava la veste talare.
>Don Giuseppe Rocco. Parroco di Santa Maria, diocesi di San Sepolcro, ucciso da slavi il 4 maggio 1945.
>Padre Angelico Romiti o.f.m.. Cappellano degli allievi ufficiali della Scuola di Fontanellato, decorato al valor militare, ucciso la sera del 7 maggio 1945 da partigiani comunisti.
>Don Leandro Sangiorgi. Salesiano, cappellano militare decorato al valor militare, fucilato a Sordevolo Biellese il 30 aprile 1945.
>Don Alessandro Sanguanini. Della Congregazione della Missione, fucilato a Ranziano (Gorizia) il 12 ottobre 1944 da partigiani slavi per i suoi sentimenti di italianità.
>Don Lodovico Sluga. Vicario di Circhina (Gorizia), ucciso insieme al confratello.
>Don Luigi Solaro. Di Torino, ucciso il 4 aprile 1945 perché congiunto del federale di Torino Giuseppe Solaro anch'egli trucidato.
>Don Emilio Spinelli. Parroco di Campogialli (Arezzo), fucilato il 6 maggio
>1944 dai partigiani sotto accusa di filo-fascismo.
>Padre Eugenio Squizzato o.f.m.. Cappellano partigiano ucciso dai suoi il 16 aprile 1944 fra Corio e Lanzo Torinese perché impressionato dalle crudeltà che essi commettevano, voleva abbandonare la formazione.
>Don Ernesto Talè. Parroco di Castelluccio Formiche (Modena), ucciso insieme alla sorella l'11 dicembre 1944.
>Don Giuseppe Tarozzi. Parroco di Riolo (Bologna), prelevato la notte sul 26 maggio 1945 e fatto sparire. Il suo corpo fu bruciato in un forno di pane, in una casa colonica.
>Don Angelo Taticchi. Parroco di Villa di Rovigno (Pola), ucciso dai partigiani jugoslavi nell'ottobre 1943 perchè aiutava gli italiani.
>Don Carlo Terenziani. Prevosto di Ventoso (Reggio Emilia), fucilato la sera del 29 aprile 1945 perché ex-cappellano della milizia.
>Don Alberto Terilli. Arciprete di Esperia (Frosinone), morto in seguito a sevizie inflittegli dai marocchini, eccitati da partigiani, nel maggio 1944.
>Don Andrea Testa. Parroco di Diano Borello (Savona), ucciso il 16 luglio 1944 da una banda partigiana perché osteggiava il comunismo.
>Mons. Eugenio Corradino Torricella. Della diocesi di Bergamo, ucciso il 7 gennaio '44 ad Agen (Francia) da partigiani comunisti per i suoi sentimenti d'italianità.
>Don Redolfo Trcek. Diacono della diocesi di Gorizia, ucciso il 1 settembre 1944 a Montenero d'Idria da partigiani comunisti.
>Don Francesco Venturelli. Parroco di Fossoli (Modena), ucciso il 15 gennaio 1946 perché inviso ai partigiani.
>Don Gildo Vian. Parroco di Bastia (Perugia), ucciso dai partigiani comunisti il 14 luglio 1944.
>Don Giuseppe Violi. Parroco di Santa Lucia di Medesano (Parma), ucciso il 30 novembre 1945 da partigiani comunisti.
>Don Antonio Zoli. Parroco di Morra del Villar (Cuneo), ucciso dai partigiani comunisti perché, durante la predica del Corpus Domini del 1944, aveva deplorato l'odio tra fratelli come una maledizione di Dio.

S.P.Q.R.
01-05-04, 03:17
lo riporto sul principale:)

Augustinus
02-05-04, 07:08
http://www.totustuus.org/Martiri/Italia/Rolando_Rivi.jpg

Dal sito http://www.totustuus.org/Martiri/Italia/Rolando_Rivi.htm:

ROLANDO RIVI
(7 gennaio 1931 - 13 aprile 1945)
seminarista quattordicenne ucciso dai partigiani comunisti

I genitori gli dicevano: «Togliti la veste nera. Non portarla per ora ... ». Ma Rolando rispondeva: «Ma perché? Che male faccio a portarla? Non ho motivo di togliermela». Gli fecero notare che forse era conveniente farlo in quei momenti, così insicuri.

IL SANGUE PER GESÙ - testo tratto da P. RISSO, Rolando Rivi, un ragazzo per Gesù, Camposampiero (PD), 1997, pp. 47-60

Fuori dal seminario

Al termine della seconda ginnasio, nel giugno del 1944, il seminario di Marola, occupato dai tedeschi, fu chiuso e i seminaristi mandati a casa. Rolando dovette tornare in famiglia, portando con sé i libri e proponendosi di studiare latino, italiano, matematica e le altre materie, per non perdere tempo.
A casa continuò a sentirsi seminarista. Buttato nel mondo, come un fuscello nella bufera, la sua gioia erano la messa quotidiana con la comunione, la meditazione, la visita pomeridiana a Gesù Eucaristico, il rosario alla Madonna. Il luogo prediletto era sempre la casa parrocchiale. Quando poteva posare le mani sulla tastiera dell'harmonium, quasi si estasiava a suonare. Certamente soffriva, ma si dimostrava sereno, anche allegro. Non abbandonava mai un istante la veste da prete.
Mai si era chiuso in se stesso negli anni di seminario; ma sempre vivace si rivelava mite e socievole, così che si stava bene con lui. Ed era talmente simpatico che tutti si fermavano a parlargli. Riprese i contatti con i bambini, con i coetanei. In casa, alla sera, guidava lui la preghiera, il rosario, accanto alla nonna.
Ai bambini, anche solo di cinque sei anni, insegnava a servire la messa e giocava con i più piccoli, per diffondere serenità in quei giorni così tristi. Li invitava in chiesa a pregare davanti al tabernacolo e insegnava loro a cantare le lodi del Signore. Con qualcuno più grande, si propose di imparare l'esecuzione in canto di una nuova messa.
Don Olinto lo guardava compiaciuto. In quei mesi, lontano dal seminario, nello scontro di diverse fazioni, poteva essere facile per un ragazzo perdere, quasi senza accorgersene, lo stile fervoroso del seminarista. Rolando, invece, continuo a manifestarsi a tutti sempre più convinto della sua vocazione, buono e sereno anche nelle difficoltà.
«Non diede mai l'impressione - ricordano familiari e amici - di voler lasciare la strada intrapresa». E chi lo avvicinò in quei giorni dichiarava: «Questo ragazzo riuscirà a diventare prete e sarà un prete esemplare». Alcuni compagni di seminario dicono di lui: «Era il ragazzo migliore. Non aveva malizia, era un puro di cuore. Un vero agnello».

Nell'odio: fratello

La vita a San Valentino trascorse abbastanza tranquilla per due tre mesi, fino al settembre del 1944. Poi iniziarono scorribande di tedeschi, di fascisti e di partigiani. Si ebbero ruberie, razzie, fatti spiacevoli e violenze anche contro i sacerdoti.
«Il sacerdote, servo del Vangelo, era diventato veramente il segno di contraddizione, prima, durante e dopo la guerra. Chiunque negava l'amore, se la prendeva con questo testimone di Cristo» (1).
Diventava pertanto sempre più forte l'odio contro i preti, che operavano per la pacificazione degli animi e denunciavano le violenze, da qualunque parte venissero compiute. I preti uccisi, e quelli che si volevano eliminare, erano i veri amici del popolo, nel momenti più oscuri: davanti al bisogno di pane, di protezione, di lavoro e di aiuto, essi sapevano offrire tutto, anche privandosi di persona. Ma il sistema di "percuotere il pastore per disperdere il gregge" (Zc 13,7) è proprio dei nemici di Dio in qualsiasi paese e di qualsiasi colore, come la storia dimostra (2) .
Rolando sperimentò questo clima, quando gli capitò di essere deriso dai partigiani comunisti che scorrazzavano per le colline. Forse era meno bersagliato di altri seminaristi, perché abitava in un luogo più isolato; tuttavia capì molto bene la situazione...
Ma questo non gli chiuse mai il cuore verso alcuno. Continuò ad essere il ragazzo buono e socievole con tutti. Nella sua semplicità, credeva alla bontà degli altri, parendogli impossibile che qualcuno potesse far davvero del male.
A San Valentino fu preso di mira il parroco don Marzocchini. Una mattina si venne a sapere che durante la notte precedente, alcuni l'avevano aggredito e umiliato. Così era stato trattato il padre, che aveva avuto come unica preoccupazione quella di provvedere ai poveri, di condividere con il suo popolo ogni genere di dolore, che "durante la guerra partecipava alle sofferenze delle famiglie con tanti giovani della comunità sui vari fronti, con in più il rimpianto accorato per i parrocchiani caduti" (3).
Qualche giorno dopo, don Marzocchini riparò in un luogo più sicuro. Questo fatto impressiono tutti i buoni e Rolando soffri per il suo parroco maltrattato, ma non disse parole di odio verso quei partigiani. Le simpatie di Rolando andavano agli uomini delle "Fiamme Verdi" della brigata "Italia", partigiani di ispirazione cattolica, organizzati nell'autunno del 1944 da don Domenico Orlandini (detto "Carlo" che si proponeva di agire nel rispetto della dignità umana e con equità verso tutti (4).
Ma non si chiuse verso alcuno, e nessuno era escluso dal suo cuore. Parlava con tutti, offrendo la sua parola gentile, il suo sorriso. Per lui non c'erano nemici, ma solo fratelli da amare.

«Io sono di Gesù»

Dopo la partenza del parroco, venne a San Valentino un giovane prete, don Alberto Camellini, assai preparato e molto attivo, verso il quale Rolando dimostrò subito grande simpatia.
Tutti vedevano passare per la strada il giovane seminarista, tutti conoscevano il suo stile di vita, indicato come "il pretino". I genitori gli dicevano: «Togliti la veste nera. Non portarla per ora ... ». Ma Rolando rispondeva: «Ma perché? Che male faccio a portarla? Non ho motivo di togliermela». Gli fecero notare che forse era conveniente farlo in quei momenti, così insicuri. Replicò Rolando: «Io studio da prete e la veste è il segno che io sono di Gesù».
Certo, quella veste, richiamo al Dio eterno e a Cristo che salva e giudica, irritava quelli che non ne volevano sapere. Irrita anche oggi: costringe a pensare a Qualcuno più facile da bestemmiare che da dimenticare.
Nonostante A rischio, Rolando non volle togliersi mai quell'abito, che per lui significava già un impegno per tutta la vita. Affezionatissimo alla talare, riteneva onore e gloria indossarla sempre, senza lasciarla mai, come una dichiarazione di amore e di appartenenza, come se proclamasse: «Gesù mi chiama ad essere sacerdote. lo sono di Gesù e della sua chiesa. lo amo Gesù e ho la passione di servirlo nel sacerdozio. lo per Lui sono nel mondo, ma non del mondo».
Rolando, ragazzo mite e puro, inerme e armato solo di amore, gridava più con la vita che a parole: «Chi è come Dio?».
I primi due giorni di novembre, festa dei santi e commemorazione dei defunti, c'era grande mestizia in casa Rivi, per il ricordo struggente dei figli perduti: Rino, Adolfo, Lina. Alla messa, Rolando ascoltò la parola di Gesù nel vangelo: "Beati i poveri... i piangenti... i puri di cuore... i portatori di pace... Beati voi quando vi perseguiteranno per causa mia... Grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,1-12). Egli sentiva che Gesù, il Povero, il Piangente, il Puro di cuore, il Pacificatore, il divino Sofferente associava a sé in quei giorni tutti i sofferenti. Anche lui era chiamato a seguirlo sulla stessa via, verso la sublime meta indicata: "Grande sarà la tua ricompensa nei cieli".
Con i suoi cari, visitò in preghiera il cimitero. Poi, nel silenzio della sera, rientrò a casa. Gli sembrava più vuota, più fredda... e allora con i familiari pregò la Madonna con il rosario, per i suoi defunti, per le vittime della guerra, per la pace.
Ora che le giornate erano più brevi e l'aria pungente, Rolando dedicava maggior tempo alla lettura e allo studio e faceva compagnia alla mamma, al papà, alla nonna; sempre con la segreta speranza di poter presto tornare in seminario. Lontano dal suo «nido", non aveva mai dimenticato gli insegnamenti del rettore, anzi li viveva con fedeltà "Per Gesù e per i fratelli".
Con gli amici, parlava delle cose del momento, ma al di sopra di tutto amava indugiare sui suoi impegni: «Dobbiamo studiare anche a casa, per non perdere tempo»; «Preghiamo ogni giorno, così non dimenticheremo quanto ci hanno insegnato i nostri superiori»; «Speriamo di tornare presto in seminario».
Era attirato dalla vita missionaria: «Quando sarò prete - diceva - partirò, andrò in terre lontane a far conoscere Gesù. Voglio che Lui sia conosciuto e amato». Il progetto che più lo affascinava era quello di diventare prete per andare missionario.

Lo sguardo al futuro

Nel dicembre del 1944 cadde in abbondanza la neve e tutto quell'inverno fu particolarmente freddo e nevoso. Rolando partecipò alla festa dell'Immacolata, l'8 dicembre, come faceva in seminario, affidandosi a Lei, la Tutta Pura. Si avvicinava il natale. Nel giorni della novena, accompagnò all'harmonium il canto delle profezie, unendo la sua voce a quella dei cantori e dei fedeli ad invocare Gesù: «Regem venturum Dominum: venite, adoremus!» (Il Signore sta per nascere: venite, adoriamolo!). Alla messa di natale, sentì l'anima riempirsi di serenità e di speranza (5).
Capodanno 1945: dopo quasi sei anni di guerra, qualche spiraglio di pace. Il 7 gennaio, tra l'affetto dei suoi, Rolando compì 14 anni. «La guerra finirà presto - pensavano papa e mamma - e il nostro ragazzo potrà tornare in seminario e diventare prete». Nonna Anna lo guardava, piena di speranza: «Chissà se ti vedrò salire l'altare?». «Oh, sì, nonna! - rispondeva Rolando - Canterò la messa a San Valentino... Lo pensi che bello, nonna?».
Sulle colline coperte di neve gelata tornò a splendere il sole. Rolando, con due doghe di botti in disuso preparò un paio di sci e suggerì l'idea ad alcuni coetanei, i quali fecero altrettanto. Chiamò a godere lo spettacolo - e a parteciparvi se non avessero avuto troppa paura - anche i bambini più piccoli.
Poi, dal "Poggiolo", dove abitava, si buttò lungo il pendio a sciare, svelto, veloce, nonostante la veste, seguito a distanza dagli amici più coraggiosi. «Sembrava un folletto», ricorda qualcuno che era presente a quell'avventura.
Continuava frattanto a frequentare la casa parrocchiale, dove si intratteneva con gli amici a studiare, a discorrere dei suoi progetti e ad esercitarsi all'harmonium.
Arrivava la primavera. Ancora forte l'odio ai preti e ai credenti: il sangue degli innocenti sarebbe continuato a scorrere anche dopo la fine della guerra. Il 14 febbraio, mercoledì delle ceneri, inizio della quaresima e festa di san Valentino, Rolando cominciò a prepararsi alla Pasqua, pregando e offrendo a Dio gli impegni e i piccoli sacrifici quotidiani. Aveva dentro una forte nostalgia del seminario. Lo diceva ai familiari e agli amici seminaristi: «Desídero tornare in seminario al più presto. Là i nostri superiori mi aiuteranno a diventare prete».
Pregava ogni giorno affinché Gesù affrettasse il fortunato giorno del suo rientro in seminario.
La sua presenza in quei giorni stupiva: aveva solo 14 anni ed era poco più di un bambino, ma non si era mai mimetizzato né aveva nascosto la sua chiara identità di aspirante appassionato al sacerdozio. Continuava ad indossare la veste nera e spesso il cappello da prete.
Tutti lo conoscevano e lo incontravano così: sull'aia di casa, per la strada, in chiesa. Il volto pallido, lo sguardo dolcissimo, gli occhi buoni e penetranti; l'aspetto sorridente e gioioso, semplice e aperto con tutti, pronto a parlare con intelligenza e coraggio. Ma quando pregava in chiesa, inginocchiato davanti al tabernacolo, le mani giunte, assorto e come rapito da Dio, sembrava un angelo.
Spesso in paese scoppiavano dispute alle quali non era facile rispondere. Era più conveniente tacere. Capitò che in una discussione alcuni attaccarono ingiustamente la Chiesa e l'attività dei sacerdoti. Rolando difese a fronte alta Gesù, il Papa, la Chiesa e i sacerdoti, senza paura alcuna. Era conosciuto per la sua fede e il suo coraggio; era ammirato, ma anche da taluni malvisto perché aveva apertamente dimostrato che voleva diventare prete.

Immolato

Il primo aprile di quell'anno, Pasqua di resurrezíone, don Olinto Marzocchini è già rientrato a San Valentino e al suo fianco è rimasto il giovane curato. Durante la settimana santa Rolando ha partecípato alle celebrazioni liturgiche con grande entusiasmo. E giovedì, davanti all'altare dell'Eucaristia, ornato di fiori e di ceri accesi, ha pregato: «Grazíe, Gesù, perché ci hai donato Te stesso nell'Ostia santa e rimani sempre con noi... Aiutami a ritornare presto in seminario e a diventare sacerdote ... ». Il venerdì, baciando il Crocifisso, ha ripetuto l'offerta al suo grande Amico: «Tutta la mia vita per Te, o Gesù, per amarti e farti amare».
Il giorno di Pasqua, durante le messe, Rolando suona l'organo accompagnando i canti. Riceve Gesù nella comunione. In sacrestia, il parroco gli dice: «Sei stato bravo, Rolando! Per tutti i servizi fatti nella settimana santa, accetta questo piccolo dono... E che il Signore ti benedica», e gli mette in mano una piccola somma.
Si sente nell'aria qualcosa di nuovo. C'è ancora guerra, ma tutti sentono che volge alla fine.
Nei giorni successivi, Rolando non manca mai alla messa e alla comunione. Poi, tornato a casa, esce con un libro sotto braccio e va a studiare presso un boschetto non lontano dalla sua abitazione.
Il 10 aprile, martedì dopo la domenica in Albis, al mattino presto, è già in chiesa: si celebra la messa cantata in onore di san Víncenzo Ferreri, che non si è potuta celebrare il 5 aprile, giorno anniversario, essendo l'ottava di pasqua. Suona e accompagna all'organo i cantori, tra i quali c'è anche il papà. Si accosta alla comunione e si raccoglie in preghiera a ringraziare il Signore. Prima di uscire, prende accordi con i cantori, per "cantare messa" anche l'indomani.
Torna a casa. I suoi genitori vanno a lavorare nel campi. Rolando, con i libri sottobraccio, si reca come al solito a studiare nel boschetto a pochi passi da casa. Indossa, come sempre, la sua veste nera.
A mezzogiorno, non vedendolo ritornare, i genitori lo vanno a cercare. Tra i libri, sull'erba, trovano un biglietto: «Non cercatelo. Viene un momento con noi, partigiani». Il papà e il curato di San Valentino, in forte ansia, cominciano a girare nei dintorni alla ricerca del ragazzo. Cosa sarà mai capitato?...
Alcuni partigiani comunisti lo hanno portato nella loro "base". Rolando capisce con chi si trova. Quelli lo spogliano della veste talare, che li irrita troppo.
Ora hanno davanti a loro un povero ragazzo di quattordici anni, tremante, vestito poveramente, come Gesù nel pretorio di Pilato. Alle loro beffe, Rolando risponde: «Sono un ragazzo, si, un seminarista... e non ho fatto nulla di male».
Quelli lo insultano, lo percuotono con la cinghia sulle gambe, lo schiaffeggiano. Adesso hanno davanti un ragazzino coperto di lividi, piangente. Così era stato fatto, un giorno lontano, a Gesù.
Rolando, innocente, prega nel suo cuore e chiede pietà. Qualcuno si commuove e propone di lasciarlo andare, perché è soltanto un ragazzo. Ma altri si rifiutano: prevale l'odio al prete, all'abito che lo rappresenta. Decidono di ucciderlo.
Lo portano in un bosco presso Piane di Monchio (Modena). Davanti alla fossa già scavata, Rolando comprende tutto. Singhiozzando implora di essere risparmiato. Gli viene risposto con un calcio. Allora dice: «Voglio pregare per la mia mamma e per il mio papà». Si inginocchia sull'orlo della fossa e prega per sé, per i suoi cari, forse per i suoi stessi uccisori
Due scariche di rivoltella lo rotolano a terra, nel suo sangue. Un ultimo pensiero, un ultimo palpito del cuore per Gesù, perdutamente amato... Poi la fine.
Quelli lo coprono con poche palate di terra e di foglie secche. La veste da prete diventa un pallone da calciare; poi sara appesa, come trofeo di guerra, sotto il porticato di una casa vicina (6).
Era il 13 aprile 1945, ricorrenza del giovane martire sant'Ermenegildo (+585 d.C.), venerdì, come quando Gesù si immolò sulla croce. Rolando aveva 14 anni e tre mesi.
In quell'istante il cielo si apri e Gesù accolse nella sua gloria Rolando Maria Rivi, piccolo angelo, martire della fede. Con la vita, con la parola e perfino con il suo sangue aveva proclamato: «Quanto ho di più caro al mondo è Cristo: Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui! ».

http://www.totustuus.org/Martiri/Italia/Tomba_R_Rivi.jpg il luogo dove il giovane Rolando fu ucciso

NOTE

(1) Dall'articolo «Tutti ce l'avevano con il prete», in Avvenire, 25 gennaio 1992, p. 15.

(2) Si veda: M. MARTELLI, Una guerra, due resistenze, Ed. Paoline, Bari 1976, pp. 275-277. E inoltre gli articoli: «Resistenza partigiana, ultimo atto», in Avvenire, 22 febbraio 1992, p. 13; Le ricerche storiche e il martirologio del clero, in Avvenire, 25 gennaio 1992, p. 15.

(3) AA.VV., Torniamo a San Valentino, 40 anni dopo: 1945-1985, Reggio Emilia 1985; in particolare il capitolo: Una straordinaria figura di sacerdote, don Olinto Marzoccbini, p. 18.

(4) M. MARTELLI, Una guerra, due resistenze, cit., pp. 61-62.

(5) In quei giorni terribili, l'Azione Cattolica di Reggio mandò ai giovani un messaggio ispirato dal vescovo monsignor Eduardo Brettoni, nel quale si richiamavano, in nome di Cristo, le scelte di legalità e di democrazia attraverso la fraternità e l'amore (si veda l'articolo: «Resistenza partigiana, ultimo atto», cit.).

(6) Sulla tragica fine di Rolando Rivi, si vedano:

- gli articoli su Il Mattino dell'Italia centrale dei giorni 9, 10, 11, 12, 13 gennaio 1951;

- La Libertà, Reggio Emilia, 7 febbraio 1954.

- A.C.I., Martirologio del clero italiano, 1940-1946, Roma 1963, p. 191.

- E. GORRIERI, La repubblica di Montefiorino, Il Mulino, Bologna 1966, p. 644.

- M. MARTELLI, Una guerra, due resistenze, cit., p. 277.

- AA.VV., Torniamo a San Valentino, cit., pp. 5-6.

- «La tragica fine di Rolando Rivi», in Avvenire, del 25 aprile 1985, p. 9.

- «A 45 anni dall'uccisione delseminarista Rolando Rivi», in La Voce del Seminario (trimestrale - Modena), gennaio-febbraio-marzo 1990, p. 38.

- «Don Pessina non fu il solo», in Il nostro tempo, Torino, 22 settembre 1991, p. 1.

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Altro che liberatori erano i partigiani comunisti!!! Erano bestie fameliche che scatenavano il loro odio contro la Santa Chiesa non meno dei nazisti
:( :( :(

Ferrer
01-06-04, 23:42
Nell'attuale panorama politico, devo ammettere che non è facile trovare dei politici davvero cattolici, tuttavia quelli che mi preoccupano maggiormente sono i comunisti.


Essi infatti dopo aver duramente "guerreggiato" per poter approvare la legge che consente agli sposi di divorziare e di risposarsi civilmente con un altro coniuge (un vero e proprio adulterio legalizzato) e dopo aver contribuito ad approvare la legge che permette di praticare (impunemente e a spesa dello Stato) l'aborto cioè l'abominevole e crudele massacro dei bimbi nei grembi materni, adesso vogliono legalizzare il suicidio dei malati terminali (eutanasia), vogliono legalizzare la vendita di alcune droghe (come l'hascisc e la marijuana), vogliono dare la possibilità anche alle coppie omosessuali di celebrare il matrimonio civile e addirittura di adottare i bambini orfani (come già avviene in Svezia ed Olanda), vogliono strappare i crocifissi dalle scuole, ospedali e tutti gli uffici pubblici.

http://www.luigigedda.it/comitati/famiglia160.jpg

I Sommi Pontefici hanno giustamente condannato le dottrine socialiste-comuniste. Tra i numerosi documenti in proposito basti ricordare la splendida enciclica di Pio XI "Divini Redemptoris" e l'enciclica del beato Giovanni XXIII "Mater et magistra" nella quale vi è scritto: "Tra comunismo e cristianesimo, il Pontefice ribadisce che l'opposizione è radicale, e precisa che non è da ammettersi in alcun modo che i cattolici aderiscano al socialismo moderato."

http://www.luigigedda.it/comitati/Bifronte160.jpg

Purtroppo oggi sono tanti i cattolici che sono diventati seguaci del comunismo ateo e materialista.

http://www.luigigedda.it/comitati/bomba160.jpg

Coloro che scelgono di non andare a votare non fanno altro che avvantaggiare indirettamente i comunisti.

http://www.luigigedda.it/comitati/scarpone160.jpg

Quindi invito tutti i cattolici in occasione delle prossime elezioni a recarsi alle urne e votare per quei candidati che sembrano dare maggiore garanzia di rispettare in parlamento i diritti di Dio.

http://www.luigigedda.it/comitati/lavoratore160.jpg

Minoretti
02-06-04, 08:57
PIANGO pure io questa situazione ambigua di tanti cattolici.

Mi guardo attorno e vedo che la vita politica si impone a ciasuno di noi come una grave responsabilità: il mio voto conta molto ed io ho il dovere di eleggere chi mi rappresenta. Se poi sono cristiano, ho il dovere di pretendere che chi mi rappresenta serva Iddio e lavori per costruire uno Stato che non sia bestemmia a Nostro Signore! Mi guardo intorno: tutti i governi del mondo, meno uno, procedono dimentichi di Dio e succede che la gente si elegge dei capi che sono la loro sferza. E lo predisse Isaia -piglio la citazione dall'omelia del Card. Siri al giovedì santo del 1985: sua eminenza non riporta la frase correttamente, però rende la idea- "Dabo vobis reges molles et effeminates!" Ed oggi pare che non ci siano più profeti a ricordarlo...

Leggendo l'ultimo messaggio posted il 31 maggio scorso, mi vengono in mente molte amarezze. Questa estate al meeting di Rimini intervenne Sua Eminenza il Cardinale Bertone Arcivescovo di Genova-Bobbio. Prendeva atto della penosa situazione politica e diceva che era impensabile pensare che si sarebbe avuto un unico partito che potesse rappresentare il cattolico romano. Questo passo mi ha rattristato parecchio perché a mio avviso se noi cattolici fossimo rappresentati in un unico schieramento, certamente riusciremmo a meglio lavorare per una società cristiana.

Qualcheduno potrebbe pensare che guardi con nostalgia alla DC. Ma se lo so che aveva dei buchi spaventosi ed era tutta marcia, ma era la trave che reggeva la plitica italiana, e, secondo me, i vescovi hanno fatto male a disinteressarsene.

Tuttavia anche io rimango amareggiato da tanti sedicenti cattolici che bruciano il loro preszioso voto in modo irresponsabile, chiedendo a divorzisti, abortisti e formali eretici di rappresentarli nelle istituzioni politiche.

Amareggiato, non scandalizzato. Noi tutti che ci gloriamo del nome di cristiani sappiamo che non è stata abrogata la indissolubilità del matrimonio, né che hanno tolto il divieto di uccidere! Amareggiato, e assai, perché chi ci va di mezzo sono i piccoli li quali, vedendo tanto scempio, hanno pretesti per vacillare e mancare di Fede.

Nell'ora grave che volge tutti i cristiani debbono quanto mai curarsi di seguire, in perfetta obbedienza -come a un cristiano si addice- la Gerarchia Ecclesiastica, ed esprimere nel loro voto la volontà di questa ultima. Certo, dal canto mio, spero vivamente che la Sacra Gerarchia sia sempre più precisa e sollecita nel guidare il popolo nelle scelte politiche!

Minoretti

Ferrer
02-06-04, 11:56
Riporto alcuni brani della splendida enciclica "Divini Redemptoris" scritta dal grande Pontefice Pio XI.

http://www.fuenterrebollo.com/Pio%20XI.jpg

Il comunismo bolscevico e ateo minaccia tremenda per la civiltà umana

[...] nel corso dei secoli uno sconvolgimento è succeduto all'altro fino alla rivoluzione dei nostri giorni, la quale o già imperversa o seriamente minaccia, si può dire, dappertutto e supera in ampiezza e violenza quanto si ebbe a sperimentare nelle precedenti persecuzioni contro la Chiesa. Popoli interi si trovano nel pericolo di ricadere in una barbarie peggiore di quella in cui ancora giaceva la maggior parte del mondo all'apparire del Redentore. Questo pericolo tanto minaccioso, Voi l'avete già compreso, Venerabili Fratelli, è il comunismo bolscevico ed ateo che mira a capovolgere l'ordinamento sociale e a scalzare gli stessi fondamenti della civiltà.


Distruzione dei valori fondamentali del matrimonio e della famiglia

Rifiutando alla vita umana ogni carattere sacro e spirituale, una tale dottrina naturalmente fa del matrimonio e della famiglia una istituzione puramente artificiale e civile, ossia il frutto di un determinato sistema economico; viene rinnegata l'esistenza di un vincolo matrimoniale di natura giuridico-morale che sia sottratto al beneplacito dei singoli o della collettività, e, conseguentemente l'indissolubilità di esso. In particolare per il comunismo non esiste alcun legame della donna con la famiglia e con la casa. Esso, proclamando il principio della emancipazione della donna, la ritira dalla vita domestica e dalla cura dei figli per trascinarla nella vita pubblica e nella produzione collettiva nella stessa misura che l'uomo, devo1vendo alla collettività la cura del focolare e della prole. È negato infine ai genitori il diritto di educazione, essendo questo concepito come un diritto esclusivo della comunità, nel cui nome soltanto e per suo mandato i genitori possono esercitarlo.

La diffusione del comunismo frutto di una propaganda astuta

Inoltre la diffusione così rapida delle idee comuniste che si infiltrano in tutti i paesi grandi e piccoli, colti e meno sviluppati, sicché nessun angolo della terra è libero da esse, si spiega con una propaganda veramente diabolica quale forse il mondo non ha mai veduto: propaganda diretta da un solo centro e che abilissimamente si adatta alle condizioni dei diversi popoli; propaganda che dispone di grandi mezzi finanziari, di gigantesche organizzazioni, di congressi internazionali di innumerevoli forze ben addestrate; propaganda che si fa attraverso fogli volanti e riviste, nei cinematografi, nei teatri, con la radio, nelle scuole e persino nelle Università, penetra a poco a poco in tutti i ceti delle popolazioni anche migliori, senza che quasi si accorgano del veleno che sempre più pervade le menti e i cuori.

Il comunismo è antireligioso per natura e lotta contro tutto ciò che è divino

È quello che purtroppo stiamo vedendo: per la prima volta nella storia stiamo assistendo ad una lotta freddamente voluta e accuratamente preparata dall'uomo contro "tutto ciò che è divino". Il comunismo è per sua natura antireligioso, e considera la religione come "l'oppio del popolo" perché i princìpi religiosi che parlano della vita d'oltre tomba, distolgono il proletario dal mirare al conseguimento del paradiso sovietico, che è di questa terra.

Il comunismo ha imposto la schiavitù a milioni di uomini

Ma non si calpesta impunemente la legge naturale e l'Autore di essa: il comunismo non ha potuto né potrà ottenere il suo intento neppur nel campo puramente economico. È vero che nella Russia ha potuto contribuire a scuotere uomini e cose da una lunga e secolare inerzia, e ottenere con ogni sorta di mezzi, spesso senza scrupoli, qualche successo materiale; ma sappiamo per testimonianze non sospette, anche recentissime, che di fatto neppur là ha raggiunto lo scopo che aveva promesso; senza contare poi la schiavitù che il terrorismo ha imposto a milioni di uomini. Anche nel campo economico è pur necessaria qualche morale, qualche sentimento morale della responsabilità, che invece non trova posto in un sistema prettamente materialistico come il comunismo. Per sostituirlo non rimane che il terrorismo, quale appunto vediamo ora nella Russia, dove gli antichi compagni di congiura e di lotta si dilaniano a vicenda; un terrorismo, il quale per altro non riesce ad arginare non che la corruzione dei costumi, ma neppure il dissolvimento della compagine sociale.


http://www.totustuus.biz/users/magistero/p11divir.htm

Oli
02-06-04, 12:40
Si ricorda alla gentile clientela che ormai il comunismo è morto.

Augustinus
02-06-04, 13:24
Originally posted by Oli
Si ricorda alla gentile clientela che ormai il comunismo è morto.

No, non è morto. Esso come un'araba fenice rinasce sempre dalle sue ceneri. E' terminata una fase storica del comunismo (quello statale, sebbene vi siano ancora delle roccaforti come Cuba, legate però al carisma del capo, e la Cina). Non è, però, terminata la fase storica dell'ideologia, dal momento che esso è ancora presente e determina le scelte politiche di molti stati.
Del resto, può una pianta prediletta del demonio essere estirpata così facilmente??? Evidentemente no. Purtroppo.

Augustinus

Dreyer
04-06-04, 22:44
Buonasera a tutti,

è la prima volta che scrivo sul vostro forum, e volevo riallacciarmi al 3d sul comunismo che avete inaugurato qualche giorno fa; non ho aggiunto questo post a quelli perchè non sapevo se potesse c'entrare.

Il mio è un quesito, ossia per quale/i partito/i attualmente può votare un buon cattolico in Italia.
Chiedo questo perchè, a parte le elelzioni imminenti, in generale ci sono in tutti i partiti forti componenti che frenano un potenziale elettore cattolico (intendo seriamente cattolico, non cattolico "di facciata").

Gradirei sentire il parere di qualche forumista, un parere motivato su basi cristiane, poichè la politica "è la forma più alta della carità", coem diceva papa Paolo VI.

Una volta c'era il partito unico dei cattolici, su cui la Chiesa ci ha sempre indirizzato, ma adesso?

Grazie.

Augustinus
04-06-04, 23:43
Originally posted by Dreyer
Buonasera a tutti,

è la prima volta che scrivo sul vostro forum, e volevo riallacciarmi al 3d sul comunismo che avete inaugurato qualche giorno fa; non ho aggiunto questo post a quelli perchè non sapevo se potesse c'entrare.

Il mio è un quesito, ossia per quale/i partito/i attualmente può votare un buon cattolico in Italia.
Chiedo questo perchè, a parte le elelzioni imminenti, in generale ci sono in tutti i partiti forti componenti che frenano un potenziale elettore cattolico (intendo seriamente cattolico, non cattolico "di facciata").

Gradirei sentire il parere di qualche forumista, un parere motivato su basi cristiane, poichè la politica "è la forma più alta della carità", coem diceva papa Paolo VI.

Una volta c'era il partito unico dei cattolici, su cui la Chiesa ci ha sempre indirizzato, ma adesso?

Grazie.

Caro Dreyer,
innanzitutto benvenuto sul Forum di CT.
La Chiesa, in questo contesto politico di grave incertezza, non ha mancato di dare delle precise linee direttive a cui ogni buon cattolico deve attenersi.
Esse sono state chiaramente espresse in alcuni recenti documenti. In primo luogo, fondamentale, è la NOTA DOTTRINALE circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, della Congregazione per Dottrina della fede del 24.11.2002. In essa si danno dei criteri generali che intendono illuminare uno dei più importanti aspetti dell’unità di vita del cristiano: la coerenza tra fede e vita, tra vangelo e cultura. Innanzitutto, grande criterio di discrimine nella scelta, è l'adesione al valore intangibile della vita umana. Infatti, vige l’impossibilità di partecipare, per qualsiasi cattolico, politico o meno, a campagne di opinione in favore di leggi contro tale valore né ad alcuno è consentito dare ad esse il suo appoggio con il proprio voto. E’ questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da non confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione umano. Analogamente, devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale. Così pure la garanzia della libertà di educazione ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile. Non può essere esente da questo elenco il diritto alla libertà religiosa e lo sviluppo per un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà umana e di quello di sussidiarietà. Ancora, un cattolico non potrebbe dare il suo assenso a partiti che operano per la marginalizzazione del Cristianesimo; opera che, d’altronde, non potrebbe giovare al futuro progettuale di una società e alla concordia tra i popoli, ed anzi insidierebbe gli stessi fondamenti spirituali e culturali della civiltà.
Ancora, non si può appoggiare un partito o movimento che nega, anche solo di fatto, il diritto alla libertà di coscienza e in special modo alla libertà religiosa, specialmente proponendo l'indifferentismo religioso. Papa Paolo VI, infatti, ha affermato che «il Concilio, in nessun modo, fonda questo diritto alla libertà religiosa sul fatto che tutte le religioni, e tutte le dottrine, anche erronee, avrebbero un valore più o meno uguale; lo fonda invece sulla dignità della persona umana, la quale esige di non essere sottoposta a costrizioni esteriori che tendono ad opprimere la coscienza nella ricerca della vera religione e nell’adesione ad essa» (PAOLO VI, Discorso al Sacro Collegio e alla Prelatura Romana, in: “Insegnamenti di Paolo VI” 14 (1976), 1088-1089). L’affermazione della libertà di coscienza e della libertà religiosa, in effetti, non contraddice affatto la condanna dell’indifferentismo e del relativismo religioso da parte della dottrina cattolica (Cfr. PIO IX, Lett. Enc. Quanta cura, ASS 3 (1867) 162; LEONE XIII, Lett. Enc. Immortale Dei, ASS 18 (1885) 170-171; PIO XI, Lett. Enc. Quas primas, AAS 17 (1925) 604-605; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2108; CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dich. Dominus Iesus, n. 22), anzi con essa è pienamente coerente.
Altro fondamentale documento da tener presente sono, sempre dello stesso Dicastero vaticano, le CONSIDERAZIONI CIRCA I PROGETTI DI RICONOSCIMENTO LEGALE DELLE UNIONI TRA PERSONE OMOSESSUALI del 3.6.2003. Si legge nel documento: "Laddove lo Stato assuma una politica di tolleranza di fatto (nei confronti del fenomeno delle unioni omosessuali, ndr.), non implicante l'esistenza di una legge che esplicitamente concede un riconoscimento legale a tali forme di vita, occorre ben discernere i diversi aspetti del problema. La coscienza morale esige di essere, in ogni occasione, testimoni della verità morale integrale, alla quale si oppongono sia l'approvazione delle relazioni omosessuali sia l'ingiusta discriminazione nei confronti delle persone omosessuali. Sono perciò utili interventi discreti e prudenti, il contenuto dei quali potrebbe essere, per esempio, il seguente: smascherare l'uso strumentale o ideologico che si può fare di questa tolleranza; affermare chiaramente il carattere immorale di questo tipo di unione; richiamare lo Stato alla necessità di contenere il fenomeno entro limiti che non mettano in pericolo il tessuto della moralità pubblica e, soprattutto, che non espongano le giovani generazioni ad una concezione erronea della sessualità e del matrimonio, che le priverebbe delle necessarie difese e contribuirebbe, inoltre, al dilagare del fenomeno stesso. A coloro che a partire da questa tolleranza vogliono procedere alla legittimazione di specifici diritti per le persone omosessuali conviventi, bisogna ricordare che la tolleranza del male è qualcosa di molto diverso dall'approvazione o dalla legalizzazione del male. In presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali, oppure dell'equiparazione legale delle medesime al matrimonio con accesso ai diritti che sono propri di quest'ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all'applicazione di leggi così gravemente ingiuste nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. In questa materia ognuno può rivendicare il diritto all'obiezione di coscienza" (punto 5).
Ecco, dunque, i criteri che dovrebbero guidare un vero cattolico, sia nella vita politica attiva sia in quella passiva. Alla fin dei conti, questo è il metro con il quale misurare i programmi e le persone.
Cordialmente

Augustinus

Dreyer
05-06-04, 15:49
Originally posted by Augustinus
Caro Dreyer,
innanzitutto benvenuto sul Forum di CT.
La Chiesa, in questo contesto politico ....
Cordialmente

Augustinus
Caro Augustinus,
grazie per il benvenuto e per la documentatissima risposta.
Il problema però non è tanto l'insegnamento della CHiesa- che è noto e idniscutibile- ma la sua applicazione pratica: ossia, se questo magistero si incarni nel programma politico di uno specifico partito italiano.

Voglio dire, io ammiro molto la storia della DC, però devo constatare che la DC era già in crisi, bene o male, nel 1953, con il ritiro e la successiva morte di De Gasperi, il quale s'era accorto che la DC si trasformava un partito formato da tante correnti concorrenti (scusate l'allitterazione).
Già Pio XII s'era lamentato della DC (si vedano le memorie di Gedda) perchè occupata più a seguire poltrone che a realizzare il programma cristiano.
Oggi, con una classe politica di mezze tacche- eccezion fatta per una o due personalità- si sente quasi volgia di dire "ritroni la DC!", nonostante sappaimo come la DC sia andata avanti a governare solo perchè no nc'erano alternative milgiori e perchè noi cattolici eravamo "obbligati" a votarla dail clero e dalla CEI.

Io sto svolgendo la tesi di laurea su un argomento affine, e debbo dire che quando leggo certe invocazioni a supportare la DC ben dopo il 1953, magari ad opera del grande card. Siri, mi vien tristezza.

Epperò se mi guardo oggi attorno non vedo partiti che possan seriamente realizzare il famoso motto che Armida Barelli lanciò all'Azione Cattolica per le elezioni del 1948 "Un governo cristiano per un'Italia cristiana".

krentak the Arising!
05-06-04, 16:15
Caro Dreyer,

non condivido il tuo stato d'animo riguardo alla situazione attuale. Infatti, dovremmo essere tutti molto soddisfatti del fatto che non esista più un "partito cristiano" e della trasversalità dei cattolici inseriti in diverse forze politiche (cosa che ha ricevuto anche l'approvazione del Card. Ruini). Dobbiamo ricordarci infatti di come la c.d. Democrazia Cristiana abbia per lunghi decenni raccolto il voto dei cattolici per approntare le politiche gradite a socialisti e comunisti (e Gramsci l'aveva previsto addirittura nel 1919!). Dunque, oggi, il nostro compito è quello di valutare i singoli politici in base ai valori che sostengono, indipendentemente da quale sia la loro appartenenza partitica.

In particolare, in riferimento alle imminenti elezioni europee, può risultare come strumento utile il monitoraggio effettuato da Euro-Fam e che assegna un punteggio ai vari parlamentari europei in base ai voti da loro espressi in materia di difesa della vita, bioetica, famiglia etc..

http://www.euro-fam.org/eurunion/eu-parl/votes/votes-eu-parl.php?LG=IT&LJ=FR

Dreyer
05-06-04, 19:09
Originally posted by krentak
Caro Dreyer,

non condivido il tuo stato d'animo riguardo alla situazione attuale. Infatti, dovremmo essere tutti molto soddisfatti del fatto che non esista più un "partito cristiano" e della trasversalità dei cattolici inseriti in diverse forze politiche (cosa che ha ricevuto anche l'approvazione del Card. Ruini). Dobbiamo ricordarci infatti di come la c.d. Democrazia Cristiana abbia per lunghi decenni raccolto il voto dei cattolici per approntare le politiche gradite a socialisti e comunisti (e Gramsci l'aveva previsto addirittura nel 1919!). Dunque, oggi, il nostro compito è quello di valutare i singoli politici in base ai valori che sostengono, indipendentemente da quale sia la loro appartenenza partitica.

In particolare, in riferimento alle imminenti elezioni europee, può risultare come strumento utile il monitoraggio effettuato da Euro-Fam e che assegna un punteggio ai vari parlamentari europei in base ai voti da loro espressi in materia di difesa della vita, bioetica, famiglia etc..

http://www.euro-fam.org/eurunion/eu-parl/votes/votes-eu-parl.php?LG=IT&LJ=FR
E' vero che la DC ha realizzato la famigerata "apertura a sinistra" che, se in un primo tempo su certe cose era auspicabile, dopo non ha fatto che danni, col risultato che adesso siamo pieni di comunisti travestiti da cattolici.
Basti pensare che Rutelli è ex radicale ed ex verde...senza contare che l'alleanza stessa con i partiti comunisti, postcomunisti, ex comunisti e paracomunisti è già di per sè peccato mortale e buon motivo per non votarli.

Credo fra l'altro che siano ancora valide le scomuniche lanciate da Pio XII nel 1949 e da Giovanni XXIII nel 1959 contro i comunisti e i partiti A LORO APPARENTATI...peccato che non le citi più nessuno e che anzi ci sia un fitto gruppo di "preti" (lo metto fra virgolette perchè mi vergogno a definirli davvero sacerdoti) quali don Ciotti, padre Zanotelli, don Vitaliano e compagnia marciando che ormai sono sponsor e organici della peggiore sinistra anticristiana.

Questo per dire però che, sgombrato il campo a sinistra dai lupi travestiti da agnelli, rimangono però vari dubbi sul voto al "male minore", ossia lo schieramento di centro-destra e di destra.

Io, per conto mio, potrei definirmi un democristiano di destra, tipo Scelba o Pella, di quelli che andavano negli anni '50 e che poi purtoppo sono stati messi in minoranza ed emarginati dalla apertura sinistra.
Il che significa che sono parimenti anticomunista e antifascista.

Dreyer
05-06-04, 22:44
Uffa...cercavo di allegare alcune immagini ai post precedenti ma non riesco...scusate, mi dite come si fa?

Augustinus
05-06-04, 23:21
Originally posted by Dreyer
Uffa...cercavo di allegare alcune immagini ai post precedenti ma non riesco...scusate, mi dite come si fa?

caro Dreyer
per inserire un'immagine, devi trovarla in rete. Dopo di che col mouse ne vedi le "Proprietà" (si apre il menù a tendina e scegli "proprietà"). Ne copi l'URL e lo incolli nella striscia che si apre quando selezioni il tasto "IMG" in editing post.
E' un'operazione semplice. Più facile a farsi che a dirsi. Se devi inserire immagini da te archiviate sul tuo PC, devi inserirle prima in rete in tuo album in un sito.
Questa è la prassi.
Cordialmente

Augustinus

P.S.: Ma maggiori dettagli te li possono dare dei tecnici come "Bellarmino" del Forum amico di TC

ariel
13-06-04, 17:26
http://www.ciccioelela.it/misc/storico/a1948b.gif
Avviso Sacro

Fa peccato Mortale e non può essere assolto

1. Chi è iscritto al Partito Comunista.
2. Chi ne fa propaganda in qualsiasi modo.
3. Chi vota per esso e per i suoi candidati.
4. Chi scrive, legge e diffonde la stampa comunista.
5. Chi rimane nelle organizzazioni comuniste: Camera del
Lavoro, Federterra, Fronte della Gioventù, CGIL, UDI,
API, ecc…

È scomunicato e Apostata

Chi, iscritto al Partito Comunista, ne accetta la dottrina atea e anticristiana; chi la difende e chi la diffonde. Queste sanzioni sono estese anche a quei partiti che fanno causa comune con il comunismo.
Decreto del Sant’Uffizio - 28 Giugno 1949

N.B. Chi in confessione tace tali colpe fa sacrilegio: può invece essere assolto chi sinceramente pentito rinuncia alle sue false posizioni.

Augustinus
15-06-04, 23:07
Formalmente, la scomunica contro i comunisti non è mai stata revocata. Anzi, sotto Giovanni XXIII, il 25 marzo 1959, la Chiesa non si limitò a rinnovare la scomunica che Pio XII, nel 1949, aveva lanciato contro chi si iscriveva a partiti comunisti o filocomunisti, o alleati con essi, ma venne estesa persino a coloro che votano per tali partiti.
Quindi, la quella condanna non è venuta formalmente mai meno.
In ogni caso qualora si ritenesse ciò, nondimeno sarebbe pur sempre operativo il disposto di cui al can. 1374 del c.i.c. che sanziona l'iscrizione a sette o associazioni che tramano contro la Chiesa o, ancora, soccorre anche il can. 1373 che punisce l'incitamento all'avversione, odio o disobbedienza contro la Sede Apostolica o l'Ordinario.
Quanto ai toni adoperati, devo precisare che sino a quando la discussione rimane piana e garbata, ognuno è libero di poter esprimere il proprio pensiero. Quando questo deborda i limti della decenza e le regole della niquette dei forum di POL ... beh ... allora inevitabile sarà la censura ...

Augustinus

Dreyer
16-06-04, 13:04
Originally posted by Criceto Nero
Beh,
per quanto riguarda i toni, credo sempre di aver cercato il dialogo cortesemente.

La scomunica, correggimi se sbaglio, era stata inferta al comunismo in quanto materialista e anticristiano: non penso che oggi chi vota rifondazione comunista sia necessariamente materialista e anticristiano, e non penso nemmeno che di questi tempi i comunisti siano un pericolo come in passato, penso che sia venuta meno la "ratio" della scomunica, anche se rimane formalmente. In pratica però non sono considerati scomunicati i comunisti, almeno quelli di oggi, almeno non tutti.
Con questo non sto dicendo che va bene il comunismo; anzi....

CN
Intervengo giusto per precisare alcune cosine.
Innanzitutto, la scomunica, per quel che ne so io, è ancora pienamente valida in quanto mai abrogata.
Secondariamente, bisogna tenere presenti le encicliche dei papi, fra cui quelle di Leone XIII e soprattutto di PIo XI "Divini redemptoris" proprio sul comunismo; infine, lo stesso Concilio Vaticano II, pur senza nominarlo, parla chiaramente del comunismo e della sua totale estraneità alla visione cristiana del mondo.

A prescindere da ciò, il comunismo è per sua natura ateo e anticristiano, altrimenti non sarebbe comunismo: Marx, Lenin e tutti iteorici del comunismo hanno sempre parlato chiaramente di abolire la religione, nel migliore dei casi vista come sovrastruttura ingannatrice destinata a sparire e come "oppio dei popoli" in quanto non li renderebbe liberi.

Se rifondazione comunista usa quel nome e si ispira a quei principii, è quindi in pieno colpita dalla scomunica, e con lei tutti i suoi aderenti, simpatizzanti e soprattutto partiti collegati.
Il che significa che, poichè i nItalia c'è un certo APrtit odei Comunisti Italiani, dichiaratamente ateo e materialista, ecco che automaticamente la scomuncia si estende a tutti i aprtit che fanno comunella con lui, ossia all'intero centrosinistra.

Il problema è che oggi si tende a dire, anche daparte cattolica, che "il comunismo non esiste più" perchè, se si ammettesse che esiste ancora (ed è sotto gli occhi di tutti), bisognerebeb far rispettare la scomunica del 1949 e 1959, e questo contrasterebbe con le regole non troppo segrete della Cei che ha invitato i fedeli e specialmente i religiosi a votare la margherita e l'ulivo, alleati degli scomunicati.

Personalmente, quindi, ritengo che sia in peccato perlomeno veniale chiunque voti un partito di centrosinistra o collegato.
Inoltre i partiti comunisti sono opposti alla Chiesa e intendono portare la loro visione materialistica nella società, su temi quali il divorzio, l'aborto, il libero amore, la fecondazione, i contraccettivi, al presenza della Chiesa nella società, l'insegnamento della religione e la presenza degli stessi crocifissi nelle strutture pubbliche.

Forti dubbi permangono, a dire il vero, anche sullo schieramento di centrodestra, per la presenza del PSI, ma per ora è troppo presto per emettere un giudizio, che invece sul centrosinistra è definitivo.

Augustinus
16-06-04, 14:59
Originally posted by Criceto Nero
E' falso:
molti comunisti oggi non sono materialisti,
cioè sono aperti alla trascendenza,
e a Cristo quindi.

Cmq la scomunica non è una questione dottrinale ma disciplinare.

I Comunisti, mi duole dirlo, per essere veramente tali, devono essere per ciò stesso materialisti, perchè è la loro ideologia. Non è possibile conciliare una dottrina intrinsecamente demoniaca con Cristo, le due cose farebbero a pugni.
Poi occorre chiarirsi su cosa s'intenda "aperti alla trascendenza". Se si intende aperti a Dio, allora puoi avere ragione; se intendi "aperti agli dèi" (laddove manca Dio ... sovrabbondano gli idoli ...) o a dottrine esoteriche o pagane, beh ... allora avrei qualche perplessità.
Essi, quindi, per essere fedeli alla propria ideologia devono essere - laddove furono cattolici - anche apostati. Di qui la scomunica ancora valida nei loro riguardi.

Augustinus

Dreyer
16-06-04, 15:42
Originally posted by Criceto Nero
Per comunista intendo chi vota Rifondazione Comunista o i Comunisti Italiani oggi.
L'Otto per cento degli italiani circa.
Sebbene in linea teorica il comunismo implichi il materialismo,
molti di quelli che hanno sostenuto questi partiti non hanno voluto solamente difendere i loro diritti, più o meno giustamente,
e molti di questi senza alcuna intenzione di ledere i diritti della Chiesa o di ostacolare in qualche modo la Chiesa.

Credo che questi Italiani non siano scomunicati,
appunto perchè la loro intenzione non è quella di dare l'assenso ad una ideologia anticristiana, ma solamente di sostenere una certa corrente politica.

L'apertura alla trascendenza è l'opposto del materialismo dal punto di vista razionale.

Non solo dal punto di vista teorico, ma anche in pratica.
Pensa, appunto, alla questione del Crocifisso, della religione, del gay pride e di tutte le altre schifezze che combinano e approvano i comunisti, compresi i DS che sono comunisti travestiti (e neanche tanto bene).

Indovina chi sono i maggiori sostenitori del referendum radicale sulla fecondazione?

Thomas Aquinas
16-06-04, 15:58
Concordo con Dreyer.
Il problema però è che oggi entrambi gli schieramenti, anche se in diversa misura, sono difficilmente accettabili per un cattolico.
E' sufficiente pensare alla legalizzazione del divorzio, vero fattore di disgregazione della società.
Sicuramente il centro destra è decisamente il meno peggio.
Ci sarebbe da discutere sulla liceità del sostegno elettorale del meno peggio.

Dreyer
16-06-04, 16:18
Originally posted by Thomas Aquinas
Concordo con Dreyer.
Il problema però è che oggi entrambi gli schieramenti, anche se in diversa misura, sono difficilmente accettabili per un cattolico.
E' sufficiente pensare alla legalizzazione del divorzio, vero fattore di disgregazione della società.
Sicuramente il centro destra è decisamente il meno peggio.
Ci sarebbe da discutere sulla liceità del sostegno elettorale del meno peggio.
Appunto...tanto più che partiti quali Forza Italia candidano omosessuali dichiarati nelle loro file...e che l'illustre Bondi ha detto, a proposito della faccenda checca-paone, di "non assumere atteggiamenti da bigotti", il che fa pensare che, essendo il tizio in questione un ex comunista- la sua mentalità sia rimasta tale e perciò non sia molto compatibile con quella cattolica...

piuttosto, l'attuale presidente del consiglio è divorziato e pubblico concubino...secondo voi, seriamente, è giusto votarlo?

Dreyer
16-06-04, 16:19
Dimenticavo...innanzitutto un benvenuto a Thoma Aquinas, con un nick molto ben promettente!

:) :) :cool:

Thomas Aquinas
16-06-04, 16:22
Originally posted by Dreyer
Dimenticavo...innanzitutto un benvenuto a Thoma Aquinas, con un nick molto ben promettente!

:) :) :cool:

Grazie mille!
Scusa l'ignoranza, ma non so a chi si riferisce il tuo nick..
Immagino che sia la persona raffigurata dalla tua immagine personale, ma non la conosco.

:)

Dreyer
16-06-04, 16:49
Originally posted by Thomas Aquinas
Grazie mille!
Scusa l'ignoranza, ma non so a chi si riferisce il tuo nick..
Immagino che sia la persona raffigurata dalla tua immagine personale, ma non la conosco.

:)
In effetti sì...tutte le spiegazioni sul vero Dreyer sono sul 3d "Guelfo Nero e l'università cattolica di Milano" sul forum di "tradizione cattolica", con tanto di link...:cool:

Thomas Aquinas
16-06-04, 17:07
Originally posted by Dreyer
In effetti sì...tutte le spiegazioni sul vero Dreyer sono sul 3d "Guelfo Nero e l'università cattolica di Milano" sul forum di "tradizione cattolica", con tanto di link...:cool:

Grazie, ora vado a vedere. :)
Come mai ci sono due forum cattolici?

:)

Dreyer
16-06-04, 17:25
Originally posted by Thomas Aquinas
Grazie, ora vado a vedere. :)
Come mai ci sono due forum cattolici?

:)
Il nostro è quello dei cattolici normali fedeli a Roma; l'altro, "tradizione cattolica", come t'accorgerai è di "cattolici" del dissenso di matrice sedevacantista, ossia che non riconoscono Giovanni Paolo II come Pontefice regnante...

Si caratterizzano per il rifiuto dei dogmi del Concilio Vaticano II e di riconoscere i papi succeduti a Pio XII.
Qualcuno è una brava persona, qualcun altro utilizza la copertura di cattolico come camuffamento del suo pensiero di estrema destra di tipo nazista...

Thomas Aquinas
16-06-04, 17:59
Originally posted by Dreyer
Il nostro è quello dei cattolici normali fedeli a Roma; l'altro, "tradizione cattolica", come t'accorgerai è di "cattolici" del dissenso di matrice sedevacantista, ossia che non riconoscono Giovanni Paolo II come Pontefice regnante...

Si caratterizzano per il rifiuto dei dogmi del Concilio Vaticano II e di riconoscere i papi succeduti a Pio XII.
Qualcuno è una brava persona, qualcun altro utilizza la copertura di cattolico come camuffamento del suo pensiero di estrema destra di tipo nazista...

Capisco, a dir la verità non mene ero accorto (ma ho letto poco di quel forum): abbiamo pur sempre 1900 di storia comune, un po' di più.

Ferrer
17-06-04, 12:50
In un'intervista concessa il 13 aprile 1966 il cardinale Alfredo Ottaviani ( di santa memoria ) dichiarava che il decreto di scomunica ai comunisti del 1949 restava in vigore ma aggiungeva che "a proposito di questo decreto c'è stata molta confusione. Bisogna difatti ricordare che la scomunica si applica a coloro che professano dottrine marxiste, non a coloro che adesriscono sic et simpliciter al partito comunista. Chi vota per i comunisti o è iscritto al partito, ma non aderisce al materialismo dialettico, non è scomunicato. In Italia, molte persone non sanno niente del marxismo, vanno in chiesa, credono in Dio e votano per i comunisti. Essi non sono scomunicati. Però commettono un'azione illecita cioè peccano."

Thomas Aquinas
17-06-04, 18:45
Originally posted by Ferrer
In un'intervista concessa il 13 aprile 1966 il cardinale Alfredo Ottaviani ( di santa memoria ) dichiarava che il decreto di scomunica ai comunisti del 1949 restava in vigore ma aggiungeva che "a proposito di questo decreto c'è stata molta confusione. Bisogna difatti ricordare che la scomunica si applica a coloro che professano dottrine marxiste, non a coloro che adesriscono sic et simpliciter al partito comunista. Chi vota per i comunisti o è iscritto al partito, ma non aderisce al materialismo dialettico, non è scomunicato. In Italia, molte persone non sanno niente del marxismo, vanno in chiesa, credono in Dio e votano per i comunisti. Essi non sono scomunicati. Però commettono un'azione illecita cioè peccano."

L'ignoranza li scusa insomma.
Mi sembra giusto, ovviamente quando l'ignoranza è vera, radicale e invincibile; non certo quando è una scusa.

Ritengo tuttavia che se non conoscono le implicazioni della dottrina marxista non dovrebbero nemmeno peccare,
se invece le conoscono penso che pecchino e siano scomunicati.

Sono incerto tuttavia riguardo a questa questione,
mi informerò.

cordialmente

Thomas Aquinas

Dreyer
17-06-04, 21:34
Bisogna inoltre considerare che all'epoca del card. Ottaviani non erano conosciuti ufficialmente tantissimi misfatti del comunismo, che invece oggi sono conosciuti; nessuno oggi può definirsi cristiano e votare comunista senza sapere che le due cose sono discordanti nella maniera più assoluta.

Inoltre, anche a voler presupporre un'ignoranza da parte di eventuali elettori sulla questione, questa è un'ignoranza colpevole, perchè essi non si sono informati e non si informano sulle posizioni e sulle dottrine assunte dal movimento che sostengono.

Rimanhgo quindi dell'idea che ci sia comunque peccato grave a votare comunisti e apparentati.

Thomas Aquinas
17-06-04, 21:42
Io direi che l'ignoranza può essere più o meno colpevole a seconda della cultura della persona e delle possibilità che ha di conoscere: l'uomo che ha modo di leggere, studiare ed informarsi non è scusato;
l'anziano sempliciotto che fa fatica a leggere pare molto meno colpevole.

Certo che così come il "comunismo", anche altri partiti o movimenti politici paiono incompatibili con il Magistero della Santa Chiesa.

cordialmente

Thomas Aquinas

Ferrer
19-06-04, 20:15
Io interpreto così le parole del card. Ottaviani:

-votare per i comunisti è peccato grave perchè essi vogliono approvare leggi contrarie alla morale cattolica.

-se uno aderisce al comunismo solo perchè spera di "migliorare la sua situazione economica", commette peccato grave.

-se uno invece aderisce al comunismo perchè ne accetta la dottina atea e materialistica, oltre a commettere peccato grave, incorre nella scomunica. Ancora oggi, nell'attuale codice di diritto canonico, per coloro che diventano apostati o eretici vi è la pena della scomunica e secondo me i comunisti (quelli che professano la dottrina atea e anticristiana ) sono apostati della Fede come afferma il manifesto:

http://www.codicebarra.net/images/scomunica.gif

Shambler
20-06-04, 23:29
CHi sono i comunisti? Quelli che non votano berlusconi e vogliono tenersi l'articolo 18. Questi sono peccati gravi...:rolleyes:

Thomas Aquinas
20-06-04, 23:34
Originally posted by shambler
CHi sono i comunisti? Quelli che non votano berlusconi e vogliono tenersi l'articolo 18. Questi sono peccati gravi...:rolleyes:

Un problema è anche la definizione di "comunista"..
1)E' comunista chi è vota partititi alleati con i comunisti?
2)E' comunista chi vota Rifondazione o i Comunisti Italiani?

Io sarei, data la situazione attuale, per l'interpretazione restrittiva: la seconda.

Cordialmente

Thomas Aquinas

Bellarmino
20-06-04, 23:44
Originally posted by Thomas Aquinas
Un problema è anche la definizione di "comunista"..
1)E' comunista chi è vota partititi alleati con i comunisti?
2)E' comunista chi vota Rifondazione o i Comunisti Italiani?

Io sarei, data la situazione attuale, per l'interpretazione restrittiva: la seconda.

Cordialmente

Thomas Aquinas

Mi pare che il primo punto della scomunica sia inequivocabile: Non è lecito iscriversi a partiti comunisti o dare ad essi appoggio.

Bellarmino
20-06-04, 23:47
Originally posted by shambler
CHi sono i comunisti? Quelli che non votano berlusconi e vogliono tenersi l'articolo 18. Questi sono peccati gravi...:rolleyes:

I peccati gravi sono insiti nella dottrina filosofica comunista poggiante sul materialismo dialettico storico.
Non votare Berlusconi e difendere l'articolo 18 è lecito e ammissibile anche senza essere comunisti.

Thomas Aquinas
21-06-04, 00:03
Originally posted by Bellarmino
I peccati gravi sono insiti nella dottrina filosofica comunista poggiante sul materialismo dialettico storico.
Non votare Berlusconi e difendere l'articolo 18 è lecito e ammissibile anche senza essere comunisti.

Sono d'accordo.

Dreyer
21-06-04, 12:37
Originally posted by Thomas Aquinas
Un problema è anche la definizione di "comunista"..
1)E' comunista chi è vota partititi alleati con i comunisti?
2)E' comunista chi vota Rifondazione o i Comunisti Italiani?

Io sarei, data la situazione attuale, per l'interpretazione restrittiva: la seconda.

Cordialmente

Thomas Aquinas

In sneso stretto sicuramente sono scomunicati quelli al punto 2.

Riguardo al punto primo, bisogna distinguere, in quanto la momento laconfusa situazione politica impedisce di capire chiaramente quanta colpa abbiano movimenti parasinistri ma non dichiaratamente tali quali "la margherita" o i socialisti (di destra e di sinistra) non marxisti.

Thomas Aquinas
21-06-04, 18:58
Il triciclo dovrebbe essere composto anche dalla Margherita, la quale a sua volta dovrebbe essere composta da un partito di ispirazione cattolica....

Misterbianco
21-06-04, 21:47
Originally posted by Bellarmino
I peccati gravi sono insiti nella dottrina filosofica comunista poggiante sul materialismo dialettico storico.
Non votare Berlusconi e difendere l'articolo 18 è lecito e ammissibile anche senza essere comunisti.

Il comunismo in ogni caso non è una religione, almeno credo :K

Thomas Aquinas
21-06-04, 21:51
Originally posted by Misterbianco
Il comunismo in ogni caso non è una religione, almeno credo :K

Il comunismo implica delle affermazioni "filosofiche" in contrasto con la retta ragione e con la dottrina della Chiesa, è quindi, così com'è, incompatibile col cattolicesimo.

Augustinus
21-06-04, 22:00
Originally posted by Misterbianco
Il comunismo in ogni caso non è una religione, almeno credo :K

No, il comunismo è una religione; una religione materialista, così come lo era il fascismo che aveva il suo calendario ed i suoi "martiri". Si trattava, nell'uno e nell'altro caso di ideologie totalizzanti, intese nel senso hegeliano del termine. Erano, dunque, vere e proprie religioni pagane, come tali incompatibili col Cristianesimo. :) :) :)

Thomas Aquinas
21-06-04, 22:07
Originally posted by Augustinus
No, il comunismo è una religione; una religione materialista, così come lo era il fascismo che aveva il suo calendario ed i suoi "martiri". Si trattava, nell'uno e nell'altro caso di ideologie totalizzanti, intese nel senso hegeliano del termine. Erano, dunque, vere e proprie religioni pagane, come tali incompatibili col Cristianesimo. :) :) :)

Il tuo intervento mi ricorda i calendari della Rivoluzione Francese, con il cambiamento dei nomi dei mesi, i mesi non più divisi in settimane, ma in periodi di dieci giorni, e l'abolizione dei santi per ogni giorno...

Misterbianco
21-06-04, 22:16
Nell'ex unione sovietica nelle scuole veniva insegnato l'ateismo per cui totalmente incompatibile era il comunismo con qualsiasi altra religione, un comunista credente non si poteva definire comunista.

Augustinus
21-06-04, 22:17
Originally posted by Thomas Aquinas
Il tuo intervento mi ricorda i calendari della Rivoluzione Francese, con il cambiamento dei nomi dei mesi, i mesi non più divisi in settimane, ma in periodi di dieci giorni, e l'abolizione dei santi per ogni giorno...

Infatti, i comunisti hanno i loro martiri e "santi". Per rendersi conto di ciò basta cliccare qui (http://www.pane-rose.it/pagina_art.php?id_art=1984&loc=1).
Lo stesso dicasi del Fascismo che venerava nel suo pantheon pagano dei "martiri" morti negli scontri con i socialisti fra il 1919 e il 1922, tra i quali figuravano tre ebrei (Duilio Sinigaglia, Gino Bolaffi e Bruno Mondolfo).
Dunque, si tratta di religioni materialiste, di stampo hegeliano, che avevano (ed ancora oggi hanno) un proprio calendario con rispettive ricorrenze "religiose" e propri "dei" o "santi" da invocare.
Proprio come durante l'empio periodo della Rivoluzione Francese.
Cordialmente

Augustinus

nazgul
24-06-04, 02:33
Originally posted by Bellarmino
I peccati gravi sono insiti nella dottrina filosofica comunista poggiante sul materialismo dialettico storico.
Non votare Berlusconi e difendere l'articolo 18 è lecito e ammissibile anche senza essere comunisti.

la condanna al comunismo è rivolta anzitutto ai suoi principii materialisti e immanentisti.
Un cattolico non può votare o appoggiare un partito che si richiami al comunismo senza contraddire le verità della sua Fede....

Shambler
24-06-04, 02:45
Originally posted by Bellarmino
I peccati gravi sono insiti nella dottrina filosofica comunista poggiante sul materialismo dialettico storico.
Non votare Berlusconi e difendere l'articolo 18 è lecito e ammissibile anche senza essere comunisti.

Non per il berlusconi medesimo.

Thomas Aquinas
24-06-04, 02:45
Originally posted by nazgul
la condanna al comunismo è rivolta anzitutto ai suoi principii materialisti e immanentisti.
Un cattolico non può votare o appoggiare un partito che si richiami al comunismo senza contraddire le verità della sua Fede....

Concordo.
L'importante però è che si parta dalla Fede, e non da motivazioni politiche che poi trovano una comoda legittimazione a questo livello.

saluti.

ariel
26-06-04, 04:19
Originally posted by Thomas Aquinas
Un problema è anche la definizione di "comunista"..
1)E' comunista chi è vota partititi alleati con i comunisti?
2)E' comunista chi vota Rifondazione o i Comunisti Italiani?

Io sarei, data la situazione attuale, per l'interpretazione restrittiva: la seconda.

Cordialmente

Thomas Aquinas

numero uno. I DS sono ex-comunisti che hanno ancora la mentalità materialista anticristiana tipica dei rossi.
Se si votano o si appoggiano i DS o l'Ulivo, ci dev'essere scomunica...

Minoretti
26-06-04, 14:11
Buon giorno!

La scomunica è una pena gravissima, non ne è una maggiore. Io tremo al solo pensiero di non potere partecipare al Santo Sacrificio, di essere interdetto dalla Comunione Eucaristica proprio da Santa Madre Chiesa.
Eppur noi qui si parla di scomuniche come si parlerebbe di rose...
chi vota qui, chi vota là... anathema sit... haeresim sapiens, temeraria... e si dan di censure!

E si dicono castronerie, per ignoranza, non dico teologica, ma catechistica...

Io proporrei di ragionare su come un cristiano può esercitare con costante virtù ed eroicità il suo diritto al voto, senza gettar scomuniche.

E poi vi faccio una domanda: se uno vota DS deve essere scomunicato, uno che pratica l'autoerotismo, fa esercizio illecito della genitalità, insomma, chi attenta alla virtù della purezza, che fine dovrebbe essere? Vitandus?
E ricordo che il mio illustrissimo confratello, San Tommaso d' Aquino, riecheggiando i libri sapienziali diceva: "Omnia autem bona, venerunt mihi pariter cum illa". Cioè che tutte le grazie gli sono venute insieme a quella della purezza.

18 Io proporrei di ragionare su come un cristiano può esercitare con costante virtù ed eroicità il suo diritto al voto, senza gettar scomuniche.

Pace in Cristo,
Minoretti

Thomas Aquinas
26-06-04, 16:42
Originally posted by ariel
numero uno. I DS sono ex-comunisti che hanno ancora la mentalità materialista anticristiana tipica dei rossi.
Se si votano o si appoggiano i DS o l'Ulivo, ci dev'essere scomunica...

Questo non sei certo tu a doverlo decidere: non apprezzo certo quei partiti alleati con i comunisti, ma sulla scomunica non mi pronuncio.

saluti.

Bellarmino
26-06-04, 16:45
Originally posted by Minoretti
Buon giorno!

La scomunica è una pena gravissima, non ne è una maggiore. Io tremo al solo pensiero di non potere partecipare al Santo Sacrificio, di essere interdetto dalla Comunione Eucaristica proprio da Santa Madre Chiesa.
Eppur noi qui si parla di scomuniche come si parlerebbe di rose...
chi vota qui, chi vota là... anathema sit... haeresim sapiens, temeraria... e si dan di censure!

E si dicono castronerie, per ignoranza, non dico teologica, ma catechistica...

Io proporrei di ragionare su come un cristiano può esercitare con costante virtù ed eroicità il suo diritto al voto, senza gettar scomuniche.

E poi vi faccio una domanda: se uno vota DS deve essere scomunicato, uno che pratica l'autoerotismo, fa esercizio illecito della genitalità, insomma, chi attenta alla virtù della purezza, che fine dovrebbe essere? Vitandus?
E ricordo che il mio illustrissimo confratello, San Tommaso d' Aquino, riecheggiando i libri sapienziali diceva: "Omnia autem bona, venerunt mihi pariter cum illa". Cioè che tutte le grazie gli sono venute insieme a quella della purezza.

18 Io proporrei di ragionare su come un cristiano può esercitare con costante virtù ed eroicità il suo diritto al voto, senza gettar scomuniche.

Pace in Cristo,
Minoretti

La scomunica ai comunisti è stata comminata da Santa Madre Chiesa. Qui non si faceva altro che ribadirlo.
Chi pratica autoerotismo, od altro affine, commette peccato mortale ma non incorre certamente in scomunica.
Tutto il suo ragionamento è campato in aria.

Thomas Aquinas
26-06-04, 16:55
Originally posted by Bellarmino
La scomunica ai comunisti è stata comminata da Santa Madre Chiesa. Qui non si faceva altro che ribadirlo.
Chi pratica autoerotismo, od altro affine, commette peccato mortale ma non incorre certamente in scomunica.
Tutto il suo ragionamento è campato in aria.

Ho aspettato a rispondere perchè volevo vedere cosa dicevi tu, Bellarmino.
Condivido.

saluti

Dreyer
26-06-04, 16:57
Pare incredibile, ma condivido pure io.

Bellarmino
26-06-04, 17:09
...e godiamoci questa bella condivisione... :)

Thomas Aquinas
26-06-04, 17:18
da compagni.
Nel senso letterale, di coloro che dividono il pane.

Augustinus
26-06-04, 17:21
Nel rispondere brevemente al forumista Minoretti, vorrei ricordare che l'ideologia comunista e socialista sono state condannate, non da ora, da diversi Sommi Pontefici (in special modo Pio XI). E del resto, l'incompatibilità della fede cattolica con dette ideologie appare chiaro da un articolo che, alcuni anni fa avevo spulciato da un giornale comunista, il Kommunist Tadgikistana (organo ufficiale di stampa dell’allora Repubblica Socialista Sovietica del Tadgikistan), del 16 dicembre 1965, dove si leggeva una ferma condanna della religione quale «oppio» dei popoli e si lanciava un invito ai comunisti ad essere educati ed a educare ai valori (ammesso che ve ne siano!) dell’ateismo, per essere affrancati dalla superstizione religiosa. Era scritto: «… comunismo e religione sono incompatibili. L’ideologia religiosa è estranea e nemica del comunismo. Il comunismo è la massima conquista del progresso sociale e culturale; … è un sistema che ha per principio: tutto per l’uomo. La religione, predicando la “felicità eterna” nell’aldilà, inculca negli uomini la rassegnazione, uccide in essi le qualità più attive, toglie la ragione, trasforma l’uomo in “servo di Dio”, capace solo di stare in ginocchio e di chiedere la carità al Signore. … Ecco perché le organizzazioni di partito, sindacali, della gioventù, ecc., devono rafforzare al massimo l’attività ateistica tra i lavoratori», utilizzando «tutte le forme e i metodi di influenza ideologica, avvicinarsi alle masse, come indicò Lenin, “per risvegliarle dal torpore religioso e per scuoterle con tutti i mezzi possibili”. …» (Il testo è riprodotto, in italiano, in Documentazione sui paesi dell’Est, 1966, 162-163).
Conseguentemente non è irragionevole nè errato parlare di scomunica. La Chiesa ha infatti il precipuo compito di guida e maestra dei suoi fedeli e, quindi, non deve aver paura di additare l'errore nascosto sotto molteplici forme.
Il forumista Minoretti, poi, trema al pensiero che la Chiesa possa escludere qualcuno dalla Comunione Eucaristica. Ma non v'è chi non veda in questo una forzatura. Non esclude forse i divorziati risposati? Dove allora lo scandalo?
Dimentica poi Minoretti che le pene nella Chiesa sono essenzialmente medicinali, cioè tali da suscitare la resipiscienza per il male compiuto, affinchè il reo ritorni pentito nel grembo materno della Chiesa.
E poi diciamocelo chiaramente: un comunista, che sia tale per davvero, di accostarsi alla Comunione non gliene importerà nulla ... Di conseguenza perchè tremare?

Bellarmino
26-06-04, 17:26
Originally posted by Thomas Aquinas
da compagni.
Nel senso letterale, di coloro che dividono il pane.

Ovvio che sì! Compagno è un termine assolutamente cristiano e usato da sempre. (Tra le tante compagnie cattoliche spicca quella di Sant'Ignazio di Loyola: la Compagnia di Gesù, altrimenti chiamati "Gesuiti").
I comunisti che se ne sono appropriati indebitamente ed illecitamente.

Bellarmino
29-06-04, 15:47
http://www.cattolicesimo.com/immsacre/GuevaraCocaCola.jpg
:rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:

Augustinus
29-06-04, 19:09
Originally posted by Bellarmino
http://www.anti-comunismo.blogger.com.brr/GuevaraCocaCola.jpg
:rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:

Carissimo,
non si vede!!!!

Bellarmino
30-06-04, 00:23
Voila...
http://www.cattolicesimo.com/immsacre/GuevaraCocaCola.jpg
:lol :lol

gualdo_sarna
16-01-07, 23:25
Un problema è anche la definizione di "comunista"..
1)E' comunista chi è vota partititi alleati con i comunisti?
2)E' comunista chi vota Rifondazione o i Comunisti Italiani?

Io sarei, data la situazione attuale, per l'interpretazione restrittiva: la seconda.

Cordialmente

Thomas Aquinas

:-0#09o
Partiamo dal Principio
Marx era satanista!
Lenin: Quel che è buono per il partito è buono. Lui latifondista perseguitò i suoi contadini, Lui dittatore volle il terrore per tutti i sudditi, come Stalin! Ordinò lo sterminio della famiglia dello Zar, Zar oggi martire per la chiesa ortodossa russa! Lui fece sterminare i marinai della corazzata potionkin che da subito compresero l'errore madornale compiuto!

Non dice il vangelo: o con me o contro di me! Se sei contro sei scomunicato! o no!

Gramsci: per il partito bisogna essere pronti a ... mentire, rubare, dire falsa testimonianza, uccidere, ... Ma, consensiente, fu ospitato e curato al "qui si sana", da Mussolini!

infatti: Spagna, Triangolo della morte, Nova Huta!
Infatti: medio evo cristiano: per loro oscurantismo
Infatti: diffamazione di Pio XII, forse per non aver Sua Santità aderito al patto Molotov-Ribbentrop
Infatti: Ungheria, Polonia, Berlino, Praga, Mao, Pol Pot, Afganistan, Sovranità limitata, Gulag, Laogai, persecuzione generalizzata per i credenti, cattolici in particolare!

Come si fa, per un cattolico, a NON SAPERE
se nel Vangelo c'è scritto: vi perseguiteranno per causa mia!

Come fa un cattolico a dimenticare la persecuzione diabolica contro Pio XII

Come fa un cattolico a dimenticare i lager (nazional-socialisti o Internazional-socialisti, russi o cinesi o cambogiani o cubani! Los Morros) diabolica negazione assoluta della dignità soprannaturale dell'uomo, immagine e somiglianza di Dio! (o Coreani, la Corea una dittatura ove stanno morendo di fame, letteralmente)

Come fa un cattolico a sentirli parlare (i rossi d'ogni colore o comunque camuffati) dei poveri e poi dimenticarsi i loro lager, i loro Vopos, la loro Lubianca, la loro criminalizzazione del pensiero, la loro criminalizzazione della Fede, dimenticarsi via Rasella, la malga Porzius, l'isola Calva, Borovnica, le Foibe, Tito a Trieste, dimenticarsi questi signori che gridavano Zivio Tito, reminiscenza del cuginesco Heil Hitler!

Come può il cattolico dimenticare che un comunista fra La Verità e la Rivoluzione sceglie sempre la Rivoluzione?

Come fa un cattolico a lasciarli parlare dei poveri mentre loro sciorinano tenori di vita da nababbi, con case di lusso ad equo canone, barchette e cachemere, consulenze miliardarie, tasse da non pagare, doppie pensioni mai lavorate!

Come fa un cattolico a dimenticare La scorta di Moro, Moro, la Rote armé fraction, Action directe, le Brigate Rosse, il Pkk ed Ocalan ed Ocalan ricevuto con gli onori di stato!

Come fa un cattolico a sentirli cianciare contro la pena di morte di Saddam, quando in Cina, la favolosa Cina di Mao e di oggi, si uccide per atto costituzionale il secondo figlio, si uccide non meno di diecimila poveri disgraziati all'anno e si commercia in organi umani? Essere ricchi è glorioso, dicono e fanno per sé sulla pelle della povera gente, letteralmente!

Come fa un cattolico a dimenticare le parole evangeliche: Quel che farete a uno di questi ultimi lo avrete fatto a me!

Il voto comunista è accettare integralmente quel che i possessori reali del potere decisionale decideranno di fare, ogni altra considerazione è mera dissertazione goliardica!
e loro mai accettano vincoli di sorta, loro (il poltburo) sono la veità ed il bene!

Quindi chi vota per i comunisti o loro alleati o loro camuffamenti si mette nelle mani di ... come fecere i marinai della corazzata Potionkin e mal gliene incolse, morirono tutti trucidati!
Divorzio, aborto, eutansia erano gia nel programma leninista del 1917!

Come fa un cattolico ... ? Ma quello non è cattolico è ... comunista, inteso nel senso peggiore del termine ...
Dio è morto, io sono dio! Tutto mi è permesso, gli altri sono strumenti buoni per le mie voglie!

:-00w09d facciamo luce:-01#32

DanielGi.
17-01-07, 00:07
avrà il sor gaetano la voglia di leggersi tutta sta zuppa ?

Quanto bene gli farebbe!

giovannipresbit
17-01-07, 00:32
avrà il sor gaetano la voglia di leggersi tutta sta zuppa ?

Quanto bene gli farebbe!

Vedi xenia45...a me fa solo bene leggere il Vangelo e i Padri..a quanto pare abbiamo idee diversa di e su ciò che edifica il cuore e lo scalda...

Ovviamente mi hai chiamato con il mio nome civile ed anagrafico ed io invece rispondo nella mia pienezza presbiterale...

Lo so lo so ti dà fastidio questo...ma rassegnati .Mi hanno chiamato al ministero del presbiterato in una delle chiese ortodosse canoniche ...se il tuo sinodo sia tale...cioè se sia sinodo..se sia cristiano..sei sia ortodosso..io non so ...so sicuramente che spesso ,non sempre per la verità,tu nei forum anteponi il dato politico del tuo schieramento alla priorità della fede...E questo anteporre al paese mio si chiama-sia che accada a destra sia che accada a sinistra-peccato di idolatria. Io me ne sono liberato...Liberatene anche tu

Padre Giovanni Festa,presbitero ortodosso del Patriarcato Ecumenico di Costanitinopoli Arcidiocesi ortodossa d'Italia e Malta..Parroco a Palermo,Ma questo ti è noto...La verità è che sei-e questo spesso,non sempre,assolutamente strumentale,in fondo una marxista....di destra...ma marxista

Zapatista
17-01-07, 10:03
Non conosco Marx, Lenin non lo leggo, Gramsci non so neppure chi fosse, Stalin era un fascista come Hitler.
Io sono cristiano(cattolico non saprei) ma fermamente comunista in quanto è il vangelo che m'insegna l'amore per i poveri e ghli ultimi.
Che i padroni son condannati all'inferno ed i servi al paradiso(anche ammettendo la grazia divina un servo ci va prima in paradiso).
Che i poveri sono beati, che gli afflittio vanno consolati...

SE è il vangelo che insegna queste cose allora non posso che stare dalla parte di chi le pratica(o ci prova)

VeteroCatholico
17-01-07, 10:30
Non conosco Marx, Lenin non lo leggo, Gramsci non so neppure chi fosse, Stalin era un fascista come Hitler.
Io sono cristiano(cattolico non saprei) ma fermamente comunista in quanto è il vangelo che m'insegna l'amore per i poveri e ghli ultimi.
Che i padroni son condannati all'inferno ed i servi al paradiso(anche ammettendo la grazia divina un servo ci va prima in paradiso).
Che i poveri sono beati, che gli afflittio vanno consolati...

SE è il vangelo che insegna queste cose allora non posso che stare dalla parte di chi le pratica(o ci prova)
Si ti ritieni comunista faresti bene a conoscere meglio i fondamenti filosofici del comunismo e chi sono questi signori, nonchè quello che sotto la bandiera comunista è accaduto e sta accadendo.

Tuttavia, ritengo che il comunismo come altre esperienze non debba essere demonizzato in se stesso. Ha almeno un merito: di aver riportato prepotentemente, violentemente l'attenzione sul debole, sul povero. Altra cosa sono i "mezzi" che si propone per la liberazione del povero, il concetto di divisione (le classi) non propriamente cristiano (fratellanza), il concetto di assoluto appiattimento, contro quello cristiano ("vi ho chiamati per nome") che esalta la comunità in equilibrio con l'individualità (ho detto individualità e non individualismo), l'esaltazione della povertà spirituale, contro l'abbattimento dei ricchi.

In passato, io che mi ritengo fondamentalmente ANTI-COMUNISTA, mi sono trovato a votare comunista, senza esserlo. A votare persone o proposte che mi apparivano senza dubbio più concrete delle parti avversarie. Allora?
Si deve necessariamente votare un partito che pur non richiamandosi a principi comunisti, magari richiamandosi a valori cristiani, poi DI FATTO è solo uno strumento di potere e di oppressione, che non porta avanti la democrazia, ma l'oligarchia?
Ecco, credo che il cristiano sia prima di tutto una persona libera, perchè LIBERATA dallo Spirito. Non soggioghiamolo sotto una qualche ideologia, comunista o anti-comunista, democristiana, o anti-democristiana!

Infine, riporto un passo che mi è piaciuto molto, per l'amico Zapatero che spiega la differenza "filosofica" cristiana, nella lotta di classe, nella lotta per i poveri. E' una lettera di don Lorenzo Milani al suo amico Pipetta, sindacalista, comunista.



Caro Pipetta,
ogni volta che ci incontriamo tu mi dici che se tutti i preti fossero come me, allora... […]
Mi piego, Pipetta, a soffrire con te delle ingiustizie. Ma credi, mi piego con ripugnanza. Lascia che te lo dica a te solo. Che me ne sarebbe importato a me della tua miseria?
Se vincevi te, credimi Pipetta, io non sarei più stato dalla tua. Ti manca il pane? Che vuoi che me ne importasse a me, quando avevo la coscienza pulita di non averne più di te, che vuoi che me ne importasse a me che vorrei parlarti solo di quell'altro Pane che tu dal giorno che tornasti da prigioniero e venisti colla tua mamma a prenderlo non m'hai più chiesto.
Pipetta, tutto passa. Per chi muore piagato sull'uscio dei ricchi, di là c'è il Pane di Dio.
È solo questo che il mio Signore m'aveva detto di dirti. È la storia che mi s'è buttata contro, è il 18 aprile che ha guastato tutto, è stato il vincere la mia grande sconfitta.
Ora che il ricco t'ha vinto col mio aiuto mi tocca dirti che hai ragione, mi tocca scendere accanto a te a combattere il ricco.
Ma non me lo dire per questo, Pipetta, ch'io sono l'unico prete a posto. Tu credi di farmi piacere. E invece strofini sale sulla mia ferita. […]
Hai ragione, sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero a aver ragione.
Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione.
Ma come è poca parola questa che tu m'hai fatto dire. Come è poco capace di aprirti il Paradiso questa frase giusta che tu m'hai fatto dire. Pipetta, fratello, quando per ogni tua miseria io patirò due miserie, quando per ogni tua sconfitta io patirò due sconfitte, Pipetta quel giorno, lascia che te lo dica subito, io non ti dirò più come dico ora: "Hai ragione". Quel giorno finalmente potrò riaprire la bocca all'unico grido di vittoria degno d'un sacerdote di Cristo: "Pipetta hai torto. Beati i poveri perché il Regno dei Cicli è loro".
Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò.
Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso.
Quando tu non avrai più fame né sete, ricordatene Pipetta, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno finalmente potrà cantare l'unico grido di vittoria degna d'un sacerdote di Cristo: "Beati i... fame e sete"".

(Don Lorenzo Milani, 1950)

Mappo
17-01-07, 10:32
avrà il sor gaetano la voglia di leggersi tutta sta zuppa ?

Quanto bene gli farebbe!

Colgo l'occasione per ribadire che chiamare Padre Giovanni con il suo nome di battesimo precedente è una cosa senza senso e solo fonte di polemica sterile.
Chiunque può criticare le sue posizioni, possibilmente con argomentazioni valide, ma attaccarsi a questi espedienti non mi sembra particolarmente brillante.
Invito i forumisti a rivolgersi a lui con il nome che si è scelto.
Grazie

Zapatista
17-01-07, 11:01
La ringrazio di aver riporttao un brano cosi bello di un uomo cosi intelligente e pieno d'amore.

Sa anche se la mia fede cattolica non è più quella di una volta(tendo infatti a vedere con maggiore simpatie le chiese Luterane evangeliche), continuo a lavorare in chiesa a stretto contatto con i ragazzi e Don MIlani è sempre fonte di ispirazione e di forza anche quando si sarebbe deciso di mabdare tutto al macero(anche nei momenti più tetri le fatiche del povero prete mi convincono a non fare marcia indietro ed a continuare a sudare)

Non ritengo, però, che per essere un buon comunista io debba conoscere i fondamenti filosofici del comunismo(in realtà era un ipebole, certo che ho letto Marx, Lenin e Mao...Stalin no, lui non l'ho letto, e Gramsci ed il comandante Guevara ed il sub-comadante Marcos).
Non tanto perchè non sia buona ma quanto, e questo purtroppo accade anche quando si fa filosofia del cristianesimo, le filosofie ragionano per massimi sistemi, insegnano come le cose debbono andare e se non vanno come previsto dalla filosofia allora si devono cambiare i fatti(non le filosofie :fru :fru !!!!)
Non è la teoria del plusvalore o della decadenza finale del capitalismo che mi spinge ad essere comunista, ma l'idea che il povero, il debole non debba soffrire più, che i ricchi, deposta l'usata superbia imparino a dividere le loro sostanze con chi non ha nulla.
Stufo e stanco di vedere preti missionari che si fanno un C°°°o cosi mentre i miliardari, vescovi, aparatik di partito, industriali o chi per loro vivono delle splendide vite circondati dal lusso e dalle ricchezze, quando, se volessero, con poco del loro potrebbero alleviare le sofferenze di tutti.

Ora, se non la disturbo, le racconto una cosa:
Mia bis-nonna è stata Partigiana, una di quelle che non hanno ricevuto nulla dallo stato perchè la sua lotta non fu nei boschi ma in casa a rammentare ai figli il valore della libertà e della giustizia, a soccorrere le famiglie in difficoltà, roba silenziosa, piccola.
Finita la guerra il parroco del paese le chiese che cosa votasse e mia nonna disse "Comunista"
Il prete le fece notare che sarebbe andata all'inferno e lei rispose "Non credo visto che è stato cristo ad insegnarmelo nel vangelo"

Con questo le voglio dire che esistono diversi comunismi, uno è il fascio-comunismo sovietico, l'altro è quello della gente semplice che CREDE nella giustizia, che crede, come diceva il comandante Guevara(anche lui, ahimè non scevro da errori) che(Cito a memoria, mi scusi) "si deve sentire un ingiustizia fatta in ogni luogo del mondo, su qualunque persona, come fatta su di noi adesso"
Ecco spiegato il perchè del mio Nick.
Inoltre a mio avviso condannare TUTTI i comunisti per le azioni di alcuni(anche fossero la maggioranza) sarebbe accusare TUTTI i cattolic per le azioni della Santa Inquisizione, anche perchè poi io sono convinto che tra cristiensimo(buono) e comunismo(buono) non ci sia differenza e che uno debba per forza essere anche l'altro

pfjodor
17-01-07, 13:00
Colgo l'occasione per ribadire che chiamare Padre Giovanni con il suo nome di battesimo precedente è una cosa senza senso e solo fonte di polemica sterile.
Chiunque può criticare le sue posizioni, possibilmente con argomentazioni valide, ma attaccarsi a questi espedienti non mi sembra particolarmente brillante.
Invito i forumisti a rivolgersi a lui con il nome che si è scelto.
Grazie
concordo

per rispetto solo per rispetto

buona giornata

giovannipresbit
17-01-07, 14:22
concordo

per rispetto solo per rispetto

buona giornata


Ovviamente amico mio..il senso del rispetto e dell'onore dovuto alla coscienza di ciascuno di noi e alla sincerità del proprio cuore. e se non per rispetto..per cosa?

Ringrazio Mappo Tappo ancora una volta perchè con chiara legittimità egli è intervenuto restando ovviamente enorme la distanza contenustica globale che ci separa. E questo gli fa onore...

Padre Giovanni Festa

VeteroCatholico
17-01-07, 14:30
Inoltre a mio avviso condannare TUTTI i comunisti per le azioni di alcuni(anche fossero la maggioranza) sarebbe accusare TUTTI i cattolic per le azioni della Santa Inquisizione, anche perchè poi io sono convinto che tra cristiensimo(buono) e comunismo(buono) non ci sia differenza e che uno debba per forza essere anche l'altro

Grazie amico mio e mio fratello comunista. Benvenuto in questo forum.

PAce & bene.